Lungo le vie del mare

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Una favola moderna per ricordare a tutti, giovani e meno giovani, il valore dei sentimenti, il rispetto della natura e la gioia insita nelle piccole cose. Lungo le vie del mare, una favola per grandi e per piccini, per non scordare mail l'importanza dei sogni. 2014 - ISBN 9788896926406- brossura - pp. 114

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Walter Vincenzo Maria Capponi

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A mio Padre, sempre vivo nei miei ricordi.

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Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice AntipodesVia Toscana, 290144 [email protected]

ISBN: 978-88-96926-40-6

In copertina: disegno di Anna Maria Giarrizzo.

Walter Vincenzo Maria Capponi, Lungo le vie del mare, Antipodes,Palermo 2014

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Prologo

Ricordo con malinconia quella giornata di fine ottobre dimolti anni fa…L’inverno pareva arrivato con qualchemese d’anticipo e stavo passeggiando lungo l’intermi-

nabile spiaggia della “baia incantata” con l’unica compagnia deimiei pensieri. Pensieri affranti e malinconici. Un gelido vento pro-veniente dal mare mi sferzava con violenza il viso quasi a volermiridestare dalle mie malinconie. Al solo ricordo rivivo ancora quelprofumo un po’ acre della salsedine armonizzato dal fresco aromadei pini: quelle due essenze, l’una di mare e l’altra di terra, fon-dendosi davano origine a una magica fragranza…

Quell’aroma spirava nell’aria e riportava la mia mente ad anti-chi e magnifici ricordi. Da bambino andavo spesso con mio padrea passeggiare lungo quel litorale e lì, mentre i nostri piedi nudi ri-manevano impressi sulla rena, mi raccontava storie di mare e di

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avventura, tutte improntate al rispetto per la natura. Rievoco iltono calmo e fioco della sua voce, quando mi sussurrava le parole,quasi a non voler disturbare le dolci note effuse dalle onde delmare. Rivivo il senso di protezione e calore datomi dalla suagrande mano, dura e callosa, mentre stringeva la mia, liscia edelicata.

Quanti ricordi…È stato lui a tramandarmi la passione per ilmare e, soprattutto, mi ha sempre insegnato a rispettarlo e amarlo,non commettendo l’errore di considerarlo come un “oggetto” dinostra proprietà: una cosa da usare per poi essere gettata viaquando esaurita. Quante notti abbiamo passato assieme, in com-pagnia di un termos di cioccolata calda e delle nostre canne dapesca e anche se il carniere rimaneva vuoto, non aveva impor-tanza; l’importante era l’essere lì, l’uno accanto all’altro. Mi fa-voleggiava delle sue improbabili battute di pesca, in cui sitrasformava nel più esperto dei pescatori, io facevo finta di cre-derci e mi complimentavo con lui. Era felice e orgoglioso di ap-parire un piccolo eroe agli occhi della sua creatura. È sempre statolui a insegnarmi ad ascoltare il mare, a percepire il fremito delleonde come fosse parte di un’unica armonia: tante piccole note mu-sicali, l’una diversa dall’altra. Note che prese da sole non dicononulla, ma unite danno origine a una splendida musica, la più bellasinfonia dell’universo. Ricordi…ricordi bellissimi, ma rimarrannoper sempre solo e unicamente dei ricordi. Lui non c’è più e queitempi non potranno mai più ritornare.

Col calar della sera il freddo si faceva sempre più intenso ed ioero protetto solo da uno spesso pullover di lana a collo alto di co-lore blu, mentre una berretta rossa mi copriva sino alla fronte, dan-domi sicuramente un’aria alquanto buffa; ma io ero talmenteimmerso nei miei tristi e malinconici pensieri, da non sentire ne-anche più le gelide gocce di acqua marina portate dal vento. Di

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tanto in tanto incontrollabili brividi di freddo mi provocavano untremito lungo tutto il corpo, ma l’intensità dei miei pensieri eracosì profonda da farmene accorgere solo a posteriori. La baia eradeserta e silenziosa, le immagini e i suoni della trascorsa estate:gli ombrelloni, le sdraio, i bambini mentre giocavano allegramentesulla riva, le grida e gli schiamazzi in mezzo all’acqua, le urla deivenditori ambulanti di colore mentre decantavano la loro merce…erano visioni ormai lontane.

Di quei momenti rimanevano solamente le piccole baracche dilegno, dove erano deposte le attrezzature estive e le rosse torrette,da cui i bagnini vegliavano il mare. Non c’era nessuno.

Il silenzio, quasi irreale attorno a me, mi trasmetteva allo stessotempo uno stato d’ansia e di gioia, potevo addirittura sentire il ru-more dei miei passi affondare sulla rena, accompagnati dal dolcesuono delle onde mentre accarezzavano teneramente la battigia.Ogni tanto si sentiva in lontananza il rauco strido di un gabbianoin cerca di cibo e quando mi voltavo, lo immortalavo nel momentoin cui, con estrema grazie e maestria, s’immergeva nell’acqua,uscendo poi con la sua piccola preda nel becco, per poi riprendereil volo. La mia mente fu rapita da quelle immagini e iniziai a pen-sare alla forza del mare. Mi girai su me stesso e vidi i miei passisulla rena fondersi con le onde del mare.

Pensai a quei granelli di sabbia: un tempo dure rocce erose dallostesso abbraccio che oggi le protegge. Il mare l’anima stessa dellavita: dalle sue acque tutto ebbe inizio e forse un giorno tutto avrà fine.

Mi destai dai miei pensieri per soffermarmi alcuni istanti aguardare un’immagine magnifica, talmente bella da non sembrarevera, ma frutto della fantasia di un abile pittore. Rividi quellostesso gabbiano ora stava volando con le sue ali spiegate versol’orizzonte, sembrava quasi voler raggiungere quello splendidotramonto, per riuscire ad anticiparlo in fondo al mare. Quella ma-

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gica visione risvegliò in me tristi pensieri e mi resi improvvisa-mente conto di com’era vuota e senza senso la mia esistenza.

Ero sempre indaffarato a rincorrere il successo senza aver tempodi osservare il mondo circostante. A quel punto i torbidi pensieridella pessima giornata appena trascorsa presero il sopravvento,oscurando quel meraviglioso paesaggio. Eppure cosa avevo da la-mentarmi? La vita mi aveva dato una bella famiglia, agio, benessere,un lavoro di prestigio. Probabilmente la maggior parte degli uominiavrebbe invidiato la mia situazione. Ma io mi sentivo vuoto dentro,come se avessi perduto una parte di me, quella più importante.

Assorto nei miei tetri pensieri, avevo perso la cognizione deltempo. In lontananza vidi un bagliore: qualcuno aveva fatto ungrande falò sulla spiaggia. Mi avvicinai e scorsi vicino al fuocoun anziano pescatore mentre stava intrecciando delle reti.

Lo faceva con straordinaria maestria. Rimasi immobile, per al-cuni interminabili istanti, a fissare quella straordinaria figura, senzadire alcuna parola. Improvvisamente dopo quella visione, come pereffetto di una non so quale magia, tutti i miei tristi ricordi eranoscomparsi, lasciando il posto a un ritrovato sorriso. Diverso eraanche il paesaggio, senza rendermene conto di aver camminatomolto, ero giunto in una parte dell’insenatura a me sconosciuta.

Il sole era completamente tramontato e al suo posto c’era unamagnifica luna piena. Il paesaggio era meraviglioso e i piccoliciottoli di ghiaia dai mille colori, quando erano raggiunti dall’ac-qua e colpiti dai raggi della luna, assumevano la brillantezza ditante minuscole gemme. La scogliera circostante era di un biancocandido quasi irreale, su cui si alternavano grandi e piccoli trattidi roccia colorata, dove erano cresciuti dei minuscoli ciuffi d’erbadisseminati qua e là. Sembrava quasi di essere di fronte a un’im-mensa tela dipinta da un abile pittore. In mezzo al mare, decine dipiccoli scogli formavano una sorta di fragile barriera quasi invisi-

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bile, su cui s’infrangevano le onde prima di raggiungere l’arenile.In quell’istante la mia mente fu rapita dal rumore emesso dal bat-tito delle ali di alcuni gabbiani che si stavano levando in cielo.Quei suoni si accompagnavano magistralmente alle note emessedal mare e quell’anziano pescatore sembrava quasi, con i suoi lentie ritmati movimenti, esserne il direttore d’orchestra. C’era qualchecosa di magico in lui, trasferiva in me un senso di straordinaria si-curezza e di pace interiore. I suoi lunghi capelli bianchi ondeggia-vano alla fredda brezza, proveniente dal mare e creavano delleonde perfette di straordinaria bellezza. Il suo viso sembrava scol-pito dalle onde e dal vento, con dei lineamenti dolcissimi, induritisolamente dai lunghi solchi scavati dai tanti anni passati per mare.

Ad adornare quell’antico viso c’era una folta barba, soffice ecandida come la bianca spuma marina. I suoi grandi occhi, purstanchi e affaticati da quell’antico mestiere, trasmettevano unaluce speciale e un’incredibile voglia di vivere e mi ricordarono imiei, quando ero ancora un fanciullo, pieno di sogni e di speranze.

In quel momento mi ricordai dei tempi in cui ero bambino econ la fantasia riuscivo a viaggiare in mondi lontani e sconosciuti,vivendo delle incredibili avventure. Quante volte nelle piovosegiornate d’inverno guardando fuori dalla finestra della mia came-retta, in una piccola e grigia casa di un sobborgo di periferia, avevoosservato le gocce di pioggia mentre cadevano dal cielo e avevoimmaginato che ognuna di esse avesse una propria storia da rac-contare. Non ricordo a che età e per quale motivo smisi di sognare,in quel momento rimpiansi di non avere più il dono di viaggiarecon le ali della fantasia.

Quel vecchio pescatore aveva delle grandi mani callose induritedal tempo, ma le muoveva con delicatezza, sembrava quasi acca-rezzare i bianchi fili della rete con la stessa dolcezza di una madrecon il suo piccolo. Il suo corpo, nonostante l’età, era forte e vigo-

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roso come se l’avesse forgiato il mare stesso durante una violentamareggiata. A un certo punto alzò gli occhi e guardò dritto neimiei, con uno sguardo talmente intenso, da lasciarmi impietritoper alcuni istanti, ma poi scorsi nascere dalla sua folta barba unosmagliante sorriso che sembrò illuminargli il viso.

Con un po’ di timore, presi coraggio, e con voce arrochita glirivolsi la parola:

«Buonasera, stavo facendo una passeggiata e devo averperso la cognizione del tempo, le dispiace se mi siedo qui ac-canto a lei? Sa, fa tanto freddo e il tepore del suo fuoco è moltoinvitante.»

«Ci mancherebbe altro, la spiaggia è un bene di tutti, chi sonoio per impedirle di sedersi qui? E poi se devo essere sincero, mifa piacere avere un po’ di compagnia. Questo tratto di spiaggia èsempre così deserto in questo periodo dell’anno!»

Poi con tono ironico aggiunse: «Mi potrebbe fare un favore?Le dispiacerebbe molto se ci dessimo del tu? Sa, non sono abituatoal lei e poi mi fa sentire molto più vecchio di quello che sono,anche se di anni ne ho veramente tanti.»

Scoppiammo in una fragorosa risata ed io gli risposi che mi fa-ceva un immenso piacere potergli dare del tu. Poi lui aggiunse:

«Qui tutti mi conoscono come nonno Martino, se ti fa piacere,puoi chiamarmi anche tu così.»

«Scusami nonno Martino, ero talmente intento a guardartimentre intrecciavi le reti, che mi sono scordato di presentarmi. Iosono Vincenzo, per gli amici Enzo.»

Martino prese una bottiglia e due bicchieri da un piccolo cane-stro e m’invitò a bere con lui. Mi accomodai al suo fianco, ma nonriuscivo a distogliere lo sguardo dal suo viso, di nuovo illuminatoda quel sorriso così rassicurante. Ebbi in quel momento una speciedi flashback e mi ricordai di quando ero un bambino: avrò avuto

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sì e no cinque o sei anni e, davanti al caminetto scoppiettante, se-devo sulle ginocchia del mio amato nonno e mentre sorseggia-vamo una tazza di cioccolata bollente, lui mi raccontava dellesplendide storie, dove realtà e fantasia divenivano un tutt’uno.

Ritornato in me, iniziai a sorseggiare quel dolce nettare deglidei: era un ottimo sciacchetrà, un dolce e raro vino liquoroso delleterre di Liguria, ottenuto dall’essiccazione delle uve esposte al solee al vento del mare, dal profumo intenso.

Rimanemmo in silenzio ad ascoltare il mormorare delle onde,fu lui a un tratto a infrangere quell’incanto:

«Caro Enzo ti piacerebbe se ti raccontassi una storia fantasticarealmente accaduta tanti anni fa? Una storia che parla d’amore,fantasia e amicizia?»

«Certamente, mi farebbe un immenso piacere.» Risposi io.Bevve in un unico sorso il vino rimasto nel bicchiere, tirò un

sospiro e iniziò a raccontare…

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