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60 VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12 MARKETING&NORMATIVA n LUCIANO PILATI* STEFANO BORTOLOTTI** Trentodoc è il marchio collettivo applicato, attualmente, da 37 aziende trentine. Alla base del marchio collettivo Trentodoc si colloca un disciplinare di produzione che permette di utilizzare esclusivamente il metodo di produzione definito classico . Nell’ottica del mercato, Trentodoc identifica un prodotto di eccellenza, come dimostrano i numerosi riconoscimenti a esso conferiti dalle guide enogastronomiche italiane, basti citare la Guida Vini d’Italia 2011. Negli ultimi anni si è fatta strada la convinzione che il marchio Trentodoc, grazie all’immagine acquisita nella sua lunga storia – la Denominazione d’Origine Controllata Trento Doc risale al 1993. Già nell’anno 1984 era nato l’Istituto Trento Doc metodo classico, l’Istituto che gestisce la denominazione – possa costituire il portabandiera dell’intera filiera vitivinicola trentina, con ricadute, si crede, anche sulle altre produzioni del territorio. Assumere il ruolo di portabandiera della filiera vitivinicola trentina offre a Trentodoc alcune interessanti opportunità, ma porta con sé anche una serie di interrogativi circa le innovazioni e gli adattamenti da apportare ai diversi livelli, non da ultimo alla struttura organizzativa e gestionale del marchio. Si discute in primis sulla possibile evoluzione da Trentodoc a Trentodocg; si prospetta poi una revisione di alcuni punti del disciplinare di produzione, in particolare di I RISULTATI DI UN’INDAGINE CONDOTTA PRESSO I PRODUTTORI DI QUESTO MARCHIO COLLETTIVO PER DELINEARNE UN FUTURO CONDIVISO IL TRENTODOC ALLO SPECCHIO

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    marketing&normativa

    n Luciano PiLati* Stefano BortoLotti**

    Trentodoc è il marchio collettivo applicato, attualmente, da 37 aziende trentine. Alla base del marchio collettivo Trentodoc si colloca un

    disciplinare di produzione che permette di utilizzare esclusivamente il metodo di produzione definito classico. Nell’ottica del mercato,

    Trentodoc identifica un prodotto di eccellenza, come dimostrano i numerosi riconoscimenti a esso conferiti dalle guide enogastronomiche

    italiane, basti citare la Guida Vini d’Italia 2011.Negli ultimi anni si è fatta strada la convinzione che il marchio

    Trentodoc, grazie all’immagine acquisita nella sua lunga storia – la Denominazione d’Origine Controllata Trento Doc risale al 1993.

    Già nell’anno 1984 era nato l’Istituto Trento Doc metodo classico, l’Istituto che gestisce la denominazione – possa costituire il

    portabandiera dell’intera filiera vitivinicola trentina, con ricadute, si crede, anche sulle altre produzioni del territorio.

    Assumere il ruolo di portabandiera della filiera vitivinicola trentina offre a Trentodoc alcune interessanti opportunità, ma porta con sé

    anche una serie di interrogativi circa le innovazioni e gli adattamenti da apportare ai diversi livelli, non da ultimo

    alla struttura organizzativa e gestionale del marchio. Si discute

    in primis sulla possibile evoluzione da Trentodoc a Trentodocg; si prospetta poi

    una revisione di alcuni punti del disciplinare di produzione, in particolare di

    i risultati di un’indagine condotta presso i produttori di questo marchio collettivo per delinearne un futuro condiviso

    IL TRENTODOc ALLO SPECCHIO

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    quelli riguardanti la resa colturale e il limite minimo d’altitudine; viene, ancora, ipotizzata una concertazione dei prezzi praticati dai produttori di Trentodoc. Poiché sulla validità delle ipotesi sopra prospettate si riscontrano valutazioni divergenti all’interno del sistema vitivinicolo trentino, diventa strategico conoscere le opinioni dei produttori che applicano il marchio Trentodoc. A tale scopo è stato predisposto e somministrato ai produttori di Trentodoc un apposito questionario. Si tratta di un metodo d’indagine già sperimentato con successo da ricerche sulla filiera vitivinicola trentina. Il presente articolo si propone di discutere i risultati più significativi ottenuti dall’elaborazione dei dati raccolti con il questionario. Per rendere più agevole la comprensione delle risposte e delle osservazioni fornite degli intervistati, sarà preliminarmente tracciato il quadro della base produttiva di Trentodoc, spiegato brevemente il profilo organizzativo dell’Istituto Trento Doc nonché proposta un’analisi comparata con il disciplinare del Franciacorta Docg, l’altro marchio collettivo di punta dello spumante italiano a metodo classico.

    LA BASE PRODUTTIVALa base produttiva riferita alle uve che sono trasformate in spumante Trentodoc è costituita da circa 1.500 ettari, 1.000 dei quali sono iscritti alla Doc Trento, mentre i restanti 500 ettari derivano da scelte vendemmiali di vigneti iscritti alle Doc Trentino Chardonnay, Trentino Pinot nero e Trentino Pinot bianco. La superficie vitata dei produttori di Trentodoc è coperta al 90% circa da Chardonnay; in seconda posizione si colloca il Pinot nero, mentre sono marginali le percentuali di Pinot bianco e di Pinot meunier. Relativamente all’attività di trasformazione delle uve, si possono individuare tre classi prevalenti di produttori di Trentodoc: le grandi imprese formate da società per azioni e da alcune cooperative, le imprese di medie dimensioni in forma di S.r.l. e S.a.s. e infine le piccole imprese agricole. La stragrande maggioranza delle imprese oggetto d’indagine ha piccole e medie dimensioni, e rientra quindi nelle ultime due classi.

    L’ASSETTO ORGANIZZATIVO Trento Doc è il nome dell’Istituto, costituitosi come consorzio di imprese, che gestisce la Denominazione di Origine Controllata. L’Istituto Trento Doc ha un proprio Statuto che specifica le finalità da perseguire. Quella prioritaria è “promuovere l’immagine e la notorietà del Trentodoc, pertanto la qualità, l’origine, il metodo e la diffusione dello spumante di sicura origine trentina ottenuto con il metodo classico”. Per beneficiare di economie di scala e sinergie con altre produzioni del territorio trentino, la funzione di comunicazione/promozione è stata delegata a Trentino Marketing S.p.A., una società pubblica che svolge le funzioni in parola per l’intera enogastronomia trentina. La funzione di tutela della denominazione Trento Doc è invece svolta dal Consorzio Vini del Trentino.La gestione dell’Istituto Trento Doc compete al Consiglio di Amministrazione e all’Assemblea dei soci. Le deliberazioni vengono assunte seguendo il principio una testa un voto, ovverosia ogni impresa associata ha uguale peso. Si prescinde dunque nella fattispecie dal numero di bottiglie prodotte dall’azienda associata. A ogni modo è bene precisare che per diventare soci dell’Istituto Trento Doc occorre raggiungere una produzione annua di almeno 3.000 bottiglie. Trentodoc dispone di un rigoroso disciplinare di produzione che: elenca le varietà ammesse; prescrive le regole per la produzione dell’uva; impone la spumantizzazione secondo il metodo classico; delimita il territorio di produzione; stabilisce la resa massima a ettaro. Altre prescrizioni attengono: il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve; la resa di trasformazione; il periodo minimo di affinamento sui lieviti di rifermentazione; l’estratto secco netto minimo; l’acidità totale minima.Alcune prescrizioni del disciplinare sembrano obsolete e meritevoli di rivisitazione, in modo da rendere il marchio collettivo più adatto a svolgere le proprie funzioni e in grado di assumere il ruolo di portabandiera della filiera vitivinicola trentina.

    LE POchE gRANDI

    a fronte di un’incidenza numerica assai ridotta, il ruolo produttivo delle grandi imprese che applicano il marchio trentodoc è del tutto preponderante: ferrari con circa 4,8 milioni di bottiglie all’anno e rotari – prodotto da nosio S.p.a., controllata dalle Cantine mezzacorona – con 2,5 milioni di bottiglie all’anno rivestono un ruolo predominante nell’ambito di trentodoc. Questa forte concentrazione della produzione di trentodoc rappresenta un punto di forza se si ragiona in termini di capacità di penetrazione del mercato, ma diventa un punto di debolezza nella misura in cui tende a conferire rilevanza alla marca aziendale. non sorprende allora che l’analisi del mercato italiano dello spumante a metodo classico sia spesso sviluppata (osservatorio delle produzioni trentine, 2009) su base aziendale piuttosto che territoriale.

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    IL cONFRONTO cOI cUGINI BREScIANILa Franciacorta è, come noto, una zona vitivinicola situata in provincia di Brescia, sulla sponda sud del lago d’Iseo. Grazie alla vocazione del suo territorio e alla capacità imprenditoriale dei produttori, la Franciacorta ha guadagnato nel corso dell’ultimo decennio una posizione di spicco sul mercato italiano dello spumante a metodo classico. Il marchio Franciacorta Docg possiede una particolarità: a partire dal 1998 il Consorzio di gestione – il Consorzio per la tutela della denominazione Franciacorta è nato nel 1990 e nel 1995 è stato approvato il disciplinare di produzione del Franciacorta Docg – ha deciso che la sigla Vsqprd e il termine spumante dovessero scomparire dalle etichette dei soci produttori. Con questa decisione il Consorzio Franciacorta ha inteso, crediamo, conformarsi alla strategia del leader del mercato mondiale dello spumante, lo Champagne, il cui prodotto viene identifi cato esclusivamente dal nome della zona di produzione. Franciacorta Docg rappresenta oggi il principale concorrente nazionale di Trentodoc. Nell’ultimo lustro Franciacorta Docg ha superato Trentodoc in

    fatto di numero di bottiglie prodotte: produce, tra le incertezze dei numeri, un po’ meno di 10 milioni di bottiglie, cifra superiore ai 9 milioni di bottiglie tirate nel 2010 da Trentodoc. L’aspetto più interessante del confronto tra i due marchi riguarda le prescrizioni dei rispettivi disciplinari di produzione. Franciacorta Docg dispone di un disciplinare maggiormente impegnativo rispetto a quello di Trentodoc, in quanto si fregia della Denominazione d’Origine Garantita oltre che Controllata. Anche l’Istituto Trento Doc si sta attivando per acquisire la “G”; si tratta di un passaggio eminentemente formale, posto che le condizioni sostanziali per conseguire la Docg sono già rispettate dalla produzione dei soci di Trentodoc.Dal confronto tra il disciplinare di Franciacorta Docg e quello di Trentodoc emergono differenze relativamente alla resa a ettaro nonché alla resa di trasformazione dell’uva in vino. Mentre Trentodoc ammette una resa massima di 150 quintali di uva a ettaro, Franciacorta Docg prescrive una resa massima di 100 quintali a ettaro. Altra differenza rilevante riguarda i tempi minimi di permanenza sui lieviti di rifermentazione. Se la produzione di una bottiglia di Trentodoc classico richiede al minimo 15 mesi di affi namento, per una bottiglia di Franciacorta Classico tale periodo non può avere una durata inferiore a 18 mesi. Una divergenza ancora maggiore si riscontra con riferimento all’affi namento dei prodotti Riserva: per poter applicare tale qualifi ca Trentodoc impone almeno 36 mesi di affi namento, mentre Franciacorta Docg non meno di 60 mesi. Le divergenze sopra rilevate potrebbero far pensare che il Consorzio Franciacorta presti maggior attenzione alla qualità sia nella fase di produzione della materia prima sia in quella della trasformazione, segnatamente nell’affi namento del prodotto. In realtà le prescrizioni del disciplinare sono solo condizioni limite, massime o minime a seconda del parametro considerato. La grande maggioranza dei produttori di Trentodoc in concreto consegue rese medie a ettaro nettamente inferiori a quelle stabilite dal disciplinare. La stessa permanenza in

    affi namento delle bottiglie di Trentodoc raggiunge spesso durate anche doppie rispetto a quelle normalmente prescritte dal disciplinare.

    L’INDAGINE SUI SOcI

    Il questionario Per rilevare le opinioni dei produttori di Trentodoc è stato predisposto un questionario contenente 19 domande. La somministrazione ha interessato 30 produttori ed è stata effettuata agli inizi del 2011 in collaborazione con l’Istituto Trento Doc. La scelta di non somministrare il questionario a 3 imprese socie (erano 33 nel 2011) è spiegata dal fatto che le stesse, avendo aderito da poco tempo all’Istituto Trento Doc,

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    L’EXPORT SEcONDO LE FONTI ISTITUZIONALI

    Ciò che i due marchi collettivi trentodoc e franciacorta Docg hanno in comune dal punto di vista del mercato è la scarsa vocazione all’export. entrambi, infatti, collocano la stragrande parte della produzione sul mercato nazionale; solamente una percentuale dell’ordine del 10%, per entrambe le produzioni, varca i confi ni italiani. Questo è un grosso limite, in quanto la vitivinicoltura italiana è obbligata a esportare una quota ingente dell’offerta se vuole salvaguardare la propria base produttiva. L’orientamento verso il mercato interno potrebbe dipendere dal fatto che i due marchi, presentandosi separatamente, mancano di massa critica per entrare in alcuni circuiti commerciali esteri. Se così fosse, avrebbero ragione quanti (manager soprattutto) ritengono indispensabile applicare il marchio collettivo talento all’export italiano di spumante a metodo classico.

    L’EXPORT SEcONDO LE AZIENDE INTERVISTATE

    Dalla ponderazione delle percentuali rilevate con il questionario si ricava che mediamente viene esportato il 23% della produzione di trentodoc; questo dato contrasta apertamente con quello del 10% riferito da altre fonti (per es. Cciaa trento). La divergenza riscontrata deriva presumibilmente da una sovrastima della percentuale dell’export effettuata dalle grandi imprese. L’analisi delle esportazioni di trentodoc ha evidenziato inoltre che le S.p.a. esportano quasi il 25% della loro produzione, mentre la percentuale esportata dalle altre classi risulta molto bassa. C’è dunque una maggior capacità di penetrazione dei mercati esteri da parte delle grandi imprese che applicano il marchio trentodoc, a fronte di un’omogeneità su livelli bassi delle imprese di piccole e medie dimensioni.

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    non avevano le informazioni necessarie per rispondere alle domande più importanti.I produttori che hanno fatto pervenire in tempo utile i questionari compilati sono stati 20. Il campione delle risposte corrisponde numericamente all’incirca al 67% delle imprese che applicano il marchio Trentodoc. Ben superiore risulta la copertura del campione nell’ottica del numero di bottiglie di Trentodoc prodotte dalle stesse, che raggiunge il 95%. Le principali tematiche trattate dall’indagine sono elencate di seguito: • punti deboli del disciplinare di produzione;• eventuale passaggio alla Docg;• canali della distribuzione; • promozione del marchio; • complementarità con il marchio Talento;• posizionamento di prezzo.Per raccogliere le opinioni in merito a tali argomenti è stato privilegiato lo schema di domanda a risposta chiusa (crocette). È stato però frequentemente lasciato uno spazio per consentire agli intervistati di motivare la scelta effettuata.

    I risultatiLa discussione dei risultati ottenuti dalla somministrazione del questionario non considera tutte le domande/risposte, ma si limita solo a quelle maggiormente signifi cative per disegnare il futuro del marchio Trentodoc.Riguardo alle modifi che da apportare al disciplinare di produzione di Trentodoc, anche in un’ottica di passaggio alla Docg (vedere box), le domande più importanti poste dal questionario riguardavano: a) il contenimento

    delle rese a ettaro; b) il livello ideale della resa di trasformazione dell’uva; c) l’introduzione di un limite minimo di altitudine dei vigneti. La modifi ca che ha incontrato il maggior consenso è quella del contenimento della resa massima ammessa, oggi fi ssata a 150 q/ha. A tale riguardo va precisato che sarebbe molto più appropriato assumere a riferimento la resa a ceppo anziché la resa a ettaro; il disciplinare di Trentodoc non stabilisce di fatto alcun limite al numero di ceppi per ettaro; viene solo specifi cato, molto sbrigativamente, che: “I sesti d’impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere atti a non modifi care le caratteristiche qualitative delle uve e del vino”. Si tratta di un’affermazione di principio, piuttosto vaga, che non trova una diretta valenza operativa. Prescrivere un intervallo numerico di ceppi per ettaro, com’è stato fatto dal disciplinare Franciacorta Docg (densità non inferiore ai 4.500 ceppi per ettaro nel caso di nuovi impianti, eccezion fatta per i terreni terrazzati, il cui limite minimo risulta inferiore) rafforzerebbe la fondazione viticola dell’eccellenza dello spumante Trentodoc e fornirebbe ai soci un’indicazione assai utile per il rinnovo dei loro vigneti. In ogni caso, siccome è fuori discussione che la qualità delle uve dipenda dalla produzione a ceppo (nell’ordine di 1-2 kg), il riferimento alla resa a ceppo è quello più corretto. Imporre limiti alla resa a ettaro anziché alla resa a ceppo può comportare, ceteris paribus, livelli divergenti e disomogenei di qualità delle uve prodotte dai soci se il numero di ceppi per unità di superfi cie non viene prefi ssato. L’aspetto della qualità dell’uva è stato ulteriormente affrontato nel questionario dalla domanda sul livello massimo della resa a ettaro da prescrivere. I produttori hanno optato nella stragrande maggioranza per il range 101-120 q/ha, avvicinandosi molto alla resa massima stabilita dal disciplinare Franciacorta Docg. Riguardo invece al livello della resa di trasformazione dell’uva in vino spumante a metodo classico, le valutazioni dei produttori di Trentodoc divergono e non si raggiunge un’indicazione univoca: le risposte sono distribuite equamente fra due range 60-65% e 65-70%.

    Riceve d’altra parte un consenso suffi cientemente ampio l’ipotesi di introdurre un limite minimo d’altitudine per i vigneti. Si tratta di un’indicazione molto interessante non tanto nella prospettiva, assai improbabile, di esclusioni di alcune superfi ci vitate oggi ammesse, quanto per un’eventuale segmentazione territoriale della produzione di Trentodoc.Una domanda del questionario (la numero 7) richiedeva ai produttori di Trentodoc di articolare le loro vendite in funzione dei canali della distribuzione. Dai dati raccolti è emerso che, in media, il Retail assorbe il 47,5% della produzione e l’Horeca il 42,5%. Seguono nell’ordine d’importanza le enoteche con il 7% e la vendita diretta al minuto con il 3%. Queste percentuali sono congruenti con quelle fornite da altri studi su Trentodoc. Emerge un’incidenza elevata della produzione indirizzata al canale Retail, gestito per lo più dalla Grande distribuzione Organizzata (Gdo). Ciò è spiegato dal ruolo produttivo nettamente dominante rivestito dalle 4 grandi imprese nell’ambito della produzione di Trentodoc. I dati sulle vendite per canale distributivo dimostrano infatti che esiste all’interno di Trentodoc una forte differenziazione in funzione delle classi di imprese produttrici; solo quelle più grandi si avvalgono massicciamente della Gdo. Un altro aspetto cruciale per il futuro del marchio Trentodoc è costituito dalle iniziative di promozione/comunicazione. Un’ampia maggioranza dei produttori ritiene sia preferibile concentrare la promozione/comunicazione nel Nord Italia. Tra i Paesi esteri su cui concentrare queste iniziative, gli intervistati privilegiano il mercato tedesco. Sempre in merito alla promozione/comunicazione,

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    LA DOP LAScIA PERPLESSI

    una questione controversa di grande rilievo riguarda il passaggio alla Docg. Su questo punto non si rileva una posizione chiara degli intervistati, né a favore né contraria: i numeri si equivalgono. Da notare che, tra i motivi della contrarietà alla Docg segnalati dagli intervistati spicca il fatto che la nuova ocm vino prevede l’abolizione delle Doc e Docg a favore della Dop.

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    i produttori di Trentodoc sono stati chiamati a esprimere una valutazione dell’attività svolta da Trentino Marketing S.p.A. Nessun intervistato ha espresso un giudizio negativo a tale riguardo. Viene però auspicato un maggiore coinvolgimento dei produttori nella progettazione delle iniziative di promozione/comunicazione. Gli spunti propositivi più importanti forniti dai produttori di Trentodoc relativamente alle iniziative di promozione/comunicazione sono i seguenti: investire di più sulla stampa specializzata; comunicare maggiormente la specificità del territorio di origine; orientare la comunicazione e promozione verso la ristorazione. Le ultime due domande del questionario (quindicesima e sedicesima) chiedevano le opinioni dei produttori in merito alla scelta di posizionamento, indicando un prezzo medio e un prezzo minimo al dettaglio per una bottiglia di Trentodoc. Relativamente al prezzo medio, i produttori di Trentodoc individuano come ottimale un range di prezzi che va da 10 a 15 €, in linea con quanto riportato da altre fonti, che indicano un prezzo medio di circa 13 € a bottiglia. La scelta del prezzo minimo presenta invece una dispersione molto elevata. Le risposte indicano un’ampia forbice, che va da 6 a 12 € alla bottiglia.

    SEGmENTAZIONI INNOVATIVE NELLA STORIcITà DEL mARchIODall’indagine condotta sui produttori di Trentodoc emerge la necessità di un

    aggiornamento del disciplinare della denominazione d’origine; innanzitutto va precisato il numero massimo di ceppi per ettaro. Il livello massimo della resa di uva a ettaro prescritto dal disciplinare è stato giudicato bisognoso di una correzione verso il basso in prossimità di quota 100 q/ha. I produttori poi convergono sull’ipotesi di introdurre un limite minimo d’altitudine per i vigneti. L’altitudine potrebbe quindi diventare uno dei criteri di segmentazione territoriale della produzione di Trentodoc. Posizioni divergenti tra i produttori si riscontrano in merito al possibile passaggio dalla Doc alla Docg. Non emerge, in buona sostanza, una convinzione forte e diffusa tra i produttori di Trentodoc che fregiarsi della Docg migliori la competitività. La modifica del logo Trentodoc, con il suo particolare richiamo al remuage non sarebbe invece così impattante, a differenza di quanto sostengono alcuni, qualora fosse abbracciata la Docg. L’indicazione relativa al prezzo minimo di una bottiglia di Trentodoc al dettaglio si attesta in media a 8,5 €. La prescrizione di una soglia minima di questa consistenza avrebbe chiare

    ripercussioni sulle politiche di prezzo dei grandi produttori. La maggioranza degli intervistati ritiene che l’unico marchio collettivo da comunicare per valorizzare lo spumante trentino a metodo classico sia Trentodoc. L’ipotesi di utilizzare il marchio Talento in aggiunta a Trentodoc raccoglie poco consenso; è sostenuta solo da alcune grandi imprese. In conclusione, per conferire a Trentodoc il ruolo di portabandiera dell’intera filiera vitivinicola trentina si ritiene sia necessario salvaguardare l’identità storica del marchio collettivo, lasciando spazio a segmentazioni innovative. n

    La Bibliografia può essere richiesta a

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    * Luciano Pilati - Dipartimento di Economia Università degli Studi di Trento ** Stefano Bortolotti Laureato in Viticoltura ed EnologiaGli autori desiderano ringraziare Enrico Zanoni e

    Fausto Peratoner, rispettivamente presidente in carica e

    presidente uscente dell’Istituto Trento Doc.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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    E IL mARchIO TALENTO?

    il questionario ha affrontato anche il tema del possibile accostamento in etichetta dei marchi collettivi talento e trentodoc. tre quarti degli intervistati ritengono sbagliato l’accostamento dei due marchi adducendo come motivazioni, in ordine d’importanza, il fatto che si crei confusione tra i consumatori e che il marchio talento non sia conosciuto e comunque non abbia un significato commerciale. Solo quattro produttori sostengono che i due marchi siano complementari: talento attesterebbe il metodo classico di produzione per tutti gli spumanti italiani e trentodoc l’origine del prodotto. affiora qui l’essenza del progetto talento: coprire sotto un unico marchio collettivo tutta la produzione italiana a metodo classico al fine di presentarsi uniti sui mercati esteri.

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