lobiettivo della strategia cinese in Africa è di concentrare lattenzione del Continente Africano...
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CHINA’S AFRICA STRATEGY
l’obiettivo della strategia cinese in Africa è di concentrare l’attenzione del Continente
Africano sull’interazione tra la sua economia, che abbonda di risorse umane e naturali
e quella cinese, fondata sul possesso della tecnologia, delle capacità manageriali e dei
capitali di cui hanno bisogno i paesi africani.
La motivazione di questa attenzione verso il Continente Africano, è da ricercare nella
necessità di procurasi le materie prime e fonti energetiche, infatti dal 2000 in poi la
Cina ha reso il Continente Africano la sua principale riserva di materie prime. Nel
2010 i dati relativi all’import cinese di materie prime dall’Africa si attestava al 91,86%
sul totale delle importazioni delle stesse.
la Cina per poter usufruire delle materie prime avanza di continuo nuove proposte di
cooperazione economica, culturale e scientifica con le comunità africane con promesse
di investimento, aperture di credito, cancellazioni di debito. Questi aiuti vengono
forniti secondo tre modalità principali: donazioni, prestiti a interessi zero e prestiti di
natura concessionale.
Paese IDE( US$ MLN.)
Sudafrica 411,17
Repubblica democratica del Congo 236,19
Niger 196,25
Algeria 186
Nigeria 104,89
Kenya 101,22
Angola 101,11
Zambia 75,05
Etiopia 58,53
Ghana 55,98
DATI RELATIVI AGLI IDE DELLA CINA IN AFRICA, 2011
Fonte: CeSIF, Fondazione Italiana Cina
Il fondamento politico-ideologico del rapporto che intercorre attualmente tra la
Cina e il Continente Africano risale al 1955.
Le due realtà si sono scambiate ufficialmente una solidarietà reciproca durante
la conferenza di Bandung che segnò l’inizio di un movimento dei paesi in via
di sviluppo in contrapposizione ai blocchi USA e URSS.
Nella dichiarazione finale della conferenza venne proclamata l’eguaglianza tra
tutte le nazioni e i principi fondamentali di cooperazione politica
internazionale fra i Paesi aderenti.
È il 1963 l’anno fondamentale nei rapporti tra Cina e Africa: risale ad allora il
primo viaggio di Zhou Enlai nel Continente Africano, questo viaggio diede
l’idea di una mutua cooperazione e assistenza economica tra nazioni povere.
LE STRATEGIE DELLA CINA IN AFRICA
Fu con Mao-Tse Tung che la Repubblica popolare Cinese, con uno dei più
bassi redditi pro-capite si trasformò in dispensatrice di aiuti allo sviluppo del
“terzo mondo”. Nello stesso tempo l’Africa andava incontro alla
decolonizzazione e i nascenti stati erano alla ricerca di punti di riferimento
ideologici ed economici.
L’alleanza auspicata da Mao ha lasciato una traccia concreta in Africa, la
ferrovia TamZam, chiamata “Freedom Railway”.
Questo progetto è così importante perché segnò l’inizio della causa
rivoluzionaria internazionale antimperialista cinese e permise di stipulare
l’amicizia con i movimenti di liberazione africana. Nel 1976 il successivo
sviluppo economico fu dovuto a Deng Xiaoping.
L’analisi cinese della situazione politica internazionale degli anni Novanta
combaciò perfettamente con gli interessi della classe dirigente africana, questa
situazione prefigurò la condizione ideale per l’affermazione di un nuovo
modello di relazione politica, la cosiddetta “ win-win cooperation”, ovvero un
modello di cooperazione in cui entrambe le parti coinvolte dalla relazione
possono trarre un profitto.
Nel 2000 si è registrato un grande successo nella cooperazione economica e
commerciale sino-africano grazie al Focac, il Forum di Cooperazione Cina-
Africa che ha registrato grandi successi.
Il 2006 è considerato l’anno della Cina in Africa poiché la presenza cinese è
cresciuta in maniera esponenziale ed è diventata visibile a tutti.
Questa pubblicità all’evento è dovuta principalmente a tre ragioni:
in primo luogo il processo di penetrazione soprattutto economico era
arrivato alla sua maturazione;
in secondo luogo perché il 2006 rivestiva un valore simbolico nei rapporti
Cina-Africa.
Nello stesso anno è stato pubblicato un documento programmatico il
“libro bianco”, si tratta di un privilegio che i governanti cinesi, non
accordano spesso, rappresenta l’articolazione di una politica specifica nei
riguardi del Continente Africano.
SINTESI DELLE PRINCIPALI MISURE
ADOTTATE DURANTE I FOCAC
Fonte: Elaborazione su informazioni ufficiali e sul numero speciale di China Monitor
La politica estera africana della Cina si regge su tre livelli fondamentali:
il primo è costituito da una fitta rete di rapporti bilaterali (government to
government) che costituisce il mezzo privilegiato dal governo di Pechino
per perseguire la sua diplomazia energetica.
un secondo livello è rappresentato dalle relazioni diplomatiche stabilite
nelle varie istituzioni multilaterali dove la Cina incontra i leader africani.
l’ultimo livello è caratterizzato dalla decentralizzazione della politica
interna cinese e la devolution operata su temi quali l’economia e il
commercio che hanno incoraggiato un gran numero di iniziative intraprese
da attori sub-statali che hanno favorito un nuovo tipo di relazione, meno
rigida e più dinamica, ma anche difficile da regolamentare.
Il fattore decisivo che ha permesso alla Cina di entrare nei mercati africani è la
decisione di promuovere un approccio senza vincoli politici, caratterizzato da
due principi fondamentali:
1. il “principio di non interferenza” negli affari dei singoli stati, dà la
percezione di un rispetto della sovranità nazionale di gran lunga
superiore a quello osservato dai principali attori occidentali;
2. il “principio di uguaglianza in diritto” significa che gli Stati, grandi o
piccoli, ricchi o poveri hanno tutti il diritto di intervenire liberamente su
questioni internazionali e di gestire i propri affari interni senza subire
l’ingerenza di altri;
Il modello di sviluppo cinese d’esportazione è denominato Beijing Consensus,
in questo concetto sono incluse la proiezione globale del soft power cinese e
l’ideologia, le caratteristiche e gli effetti dell’approccio diplomatico della Cina
in un territorio come quello africano.
Un altro elemento fondamentale è quello relativo al disconoscimento e alla
delegittimazione di Taiwan da parte dei paesi africani quale vera Cina a favore
del governo di Pechino, a cui sarebbe spettata la sovranità su Taiwan.
Analizzando la strategia e i risultati ottenuti dalla Cina nel Continente Africano
si possono individuare tre aree di interesse che muovono l’impresa cinese:
1. la prima leva è rappresentata dalle materie prime, infatti la Cina riceve
dall’Africa più del 30% del totale delle sue importazioni, al momento la
priorità assoluta del governo cinese e quello di espandere il bacino e i canali
per un rifornimento stabile e certo di risorse energetiche, un altro aspetto
della corsa alle materie prime è rappresentata dalla food security, ovvero il
tentativo di assicurare un accesso continuativo e diretto a cereali e altri beni
primari;
2. la seconda leva è rappresentata dall’apertura di nuovi mercati, già nei primi
del 2009 la produzione cinese ha subito un rallentamento della sua costante
crescita, quindi la Cina è interessata all’Africa per la potenzialità
dei suoi mercati;
3. l’ultima leva che muove l’interesse cinese in Africa è la ricerca di fonti
diplomatiche affidabili. L’importanza strategica dell’Africa sta nel suo
vantaggio numerico e nella tendenza a votare in blocco in contesti
multilaterali quali l’ONU e le sue agenzie
Il progressivo rafforzamento dei legami politici-economici tra la Cina e
l’Africa risulta ancora più chiaro se si coglie l’importanza che gli aspetti
socio-culturali rivestono in questo tipo di relazione gerarchica con sfumature
neo-mercantilistiche, il consenso socio-politico di cui gode la Cina è alto. Alla
luce dei risultati raggiunti fin ad ora, il modello cinese si può ritenere più
efficace di quello adottato dalle potenze occidentali.
I legami economici sempre più stretti pongono alcune incognite:
1. la prima riguarda il possibile spiazzamento di quel poco di industria
locale che esiste in Africa;
2. la seconda riguarda l’introduzione di nuove forme di sfruttamento che
causano l’ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro;
3. la terza riguarda le conseguenze che l’atteggiamento cinese potrebbe
avere sui governi africani inducendoli ad abbandonare qualsiasi politica di
riforma, alimentando la corruzione e togliendo qualsiasi freno ad
aggressioni verso altri paesi e a repressioni e abusi sul fronte interno.
La chiave per comprendere l’evoluzione economica del
rapporto Cina - Africa va ricercata nell’analisi dei
rapporti con i partner petroliferi. Un caso che espone le
contraddizioni e gli effetti di una politica estera fondata
su una concezione a “scatola nera” dello stato é il
coinvolgimento cinese in Sudan. Il Sudan e la Cina hanno sviluppato le loro
relazioni diplomatiche secondo il principio della non-interferenza fondato sul
rispetto reciproco e sul mutuo beneficio economico, chiunque voglia immettersi nel
mercato petrolifero del Sudan deve passare al vaglio dei cinesi, ormai il 60% del
petrolio sudanese è diretto in Cina, ma la cooperazione tra i due paesi si estende
oltre il settore estrattivo.
Il Sudan è un caso che definisce perfettamente le mutevoli relazioni della Cina
con l’Africa e sintetizza bene l’approccio cinese agli affari internazionali. Da una
parte l’influsso della Cina si è rilevato decisivo per la ripresa economica e lo
sviluppo industriale di un paese al collasso da svariati anni; dall’altra la
percezione della comunità internazionale è che l’ideologia della non interferenza
negli affari politici interni al Sudan sia stato un principio che è stato compromesso
più volte nell’azione diplomatica e politica cinese e che gli effetti di tali interventi
siano stati negativi per l’avanzamento qualitativo della vita istituzionale e politica
del paese e deleteri per il benessere di quella parte di popolazione che non viene
coinvolta dallo sviluppo economico.
Un altro caso da analizzare é la Nigeria che è il secondo più importante partner
commerciale della Cina. Per Pechino è una fonte strategica fondamentale da tre
punti di vista:
1. per i ricchi giacimenti di petrolio e di riserve di materie prime;
2. perché è lo stato più popoloso dell’Africa, é il mercato più grande per le
merci cinesi;
3. grazie al suo ruolo politico di primo d’ordine nell’Unione Africana e
all’ambizione del governo di Lagos di conquistare il seggio permanente
all’ONU proposto per l’Africa, é alleato politico di altissimo profilo.
Negli ultimi anni la relazione tra Cina e Nigeria è diventata la più forte
partnership che il governo di Pechino ha saputo costruire sul Continente, la
percezione più diffusa della società nigeriana è che in ogni caso la partnership
con la Cina offre più benefici rispetto alla collaborazione con l’Occidente.
Questo interesse è dovuto alla grande possibilità d’investimento per le
multinazionali in moltissimi settori.
L’influenza cinese in Africa é ancora più evidente nell’unico paese africano
che presenta sia un’economia diversificata che un sistema politico che si possa
definire pienamente democratico: il Sudafrica. Dopo la liberazione di Nelson
Mandela nel 1990 si crearono le condizioni per ristabilire un dialogo
diplomatico con la Cina. Dal punto di vista sudafricano questa mossa era
finalizzata a rompere l’isolamento internazionale, infatti la partnership con la
Cina avrebbe potuto creare la situazione giusta per il riconoscimento ufficiale
a livello internazionale. La prospettiva cinese era quella di incrementare il
distacco tra il Sudafrica e il Taiwan. In un certo senso tra Sudafrica e Cina vi
fu un incrocio naturale d’intenti tra due paesi alle prese con cambiamenti
enormi.
Il processo di regionalizzazione crea delle sfide per gli Stati-nazione e per i
blocchi regionali. In Africa pochi paesi si sono dotati di forme di governo
regionali, le caratteristiche positive della regionalizzazione africana vanno
ricercate nella necessità di affrontare le sfide della globalizzazione e nella
necessità di creare condizioni per offrire risposte univoche alle sfide
internazionali. Questo processo è visto positivamente dalla Cina perché ci
guadagnerebbe sia sul piano commerciale che sul piano geopolitico,
l’intervento più importante nella promozione del processo unitario è costituito
nella partecipazione diretta nel capitale e nella direzione della Banca per il
commercio e lo sviluppo dell’Africa sud-orientale.
.
IL PROCESSO DI REGIONALIZZAZIONE
SUDDIVISIONE DEL TERRITORIO AFRICANO IN MACRO-REGIONI
Fonte: WIKIPEDIA
Le macro-regioni presenti in Africa sono:
L’ECOWAS che è un gruppo regionale di 15 Stati dell’Africa occidentale ed
è stata fondata nel 1975, con la missione di promuovere l’integrazione
economica in tutta la regione, il fine del gruppo è quello di ottenere la
“collettiva autosufficienza” per i suoi membri creando un blocco commerciale
di grandi dimensioni attraverso un’unione economica e commerciale. Nel
2004 la Cina e l’ECOWAS hanno sottoscritto un accordo in base al quale la
Cina si impegnava a fornire aiuti allo sviluppo del valore.
La Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) è il più grande
blocco commerciale africano. La SADC esiste sin dal 1980, oggi sono 15 gli
stati membri e senz’altro l’organizzazione regionale africana con cui la Cina
ha i rapporti più importanti.
LE MACRO-REGIONI AFRICANE
Il mercato comune per l’Africa orientale e meridionale, la COMESA, è una
zona di libero scambio con venti Stati membri, si è formata nel dicembre del
1994, in sostituzione di uno spazio commerciale preferenziale, nel 2008 ha
aderito all’area di libero scambio africana, che include i membri di altri due
blocchi commerciali l’EAC e la SADC. La COMESA ha scopi solo di apertura
commerciale.
Per concludere analizziamo l’EAC (East African Community) che può
essere considerata l’organizzazione regionale dotata di maggior particolarità
tra tutte le esperienze associative, questa organizzazione si propone di
realizzare una totale integrazione dei suoi membri, non solo in campo
economico e politico ma anche in quello sociale, culturale e della difesa,
questa cooperazione deve realizzarsi per tappe.
La Francia ha cercato di mantenere e coltivare rapporti con gli Stati Africani
che sono state sue colonie, per comprendere fino in fondo l’ampiezza
dell’impegno francese basti pensare che attualmente 2/3 dell’esercito francese é
impegnato in territorio africano. Nel 2010 la Francia ha deciso di lanciare il
progetto dell’Unione per il Mediterraneo che ha destato molte perplessità dopo
la primavera araba.
Invece la Gran Bretagna non fa altro che appoggiare la politica americana in
Africa, preoccupata di perdere il suo stato più importante, il Kenya, che è ormai
ridotto ad un “failed state”, ma sostenuto da Londra grazie ai continui
finanziamenti di denaro pubblico.
MODELLI ALTERNATIVI ALLA STRATEGIA CINESE IN AFRICA
L’Unione Europea ha notevoli difficoltà a promuovere una propria strategia per
l’Africa, infatti alcuni suoi membri portano avanti strategie ambigue e poco, o per
nulla, coordinate.
Negli ultimi decenni, l’Unione Europea e i suoi stati membri hanno concluso
sempre più accordi con l’Africa, infatti è il primo donatore con il 57% dell’aiuto
mondiale allo sviluppo, un aiuto costante , storico, che dura da più di 50 anni. Nel
2005 l’Unione Europea si è impegnata ad aumentare entro il 2010 l’aiuto pubblico
dello 0,56% e nel 2015 dello 0,7%, ma questo non basta ha controbilanciare la
presenza cinese in Africa. Se l’UE vuole realmente conservare la sua preminenza
deve cominciare a relazionarsi come un reale partner commerciale e economico.
LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA NEI
CONFRONTI DELL’AFRICA
UE-27: I flussi di IDE da e verso l’Africa, 2008 (in milioni di Euro)
Fonte: EUROSTAT
INVESTIMENTI DELL’UNIONE EUROPEA IN AFRICA
Gli ultimi dati evidenziano come la spesa pubblica per le infrastrutture da
parte degli Stati Uniti è diminuita del 50% negli ultimi anni, questo è dovuto
al fatto che questi investimenti sono poco remunerativi o troppo rischiosi a
causa dell’instabilità politica. Al contrario la Cina eroga sempre nuovi
investimenti attraverso degli accordi conosciuti come << Angola mode>>
questo prevede che il paese che ricevi i prestiti per i progetti infrastrutturali
rientri dal finanziamento sottoforma di risorse naturali.
Naturalmente la rilevanza degli Stati Uniti può riemergere grazie ad una presa
di coscienza da parte del governo americano.
LA POLITICA ESTERA DEGLI STATI UNITI
CONFRONTO TRA GLI INVESTIMENTI DEGLI STATI UNITI VERSO L’AFRICA E DELLA CINA VERSO
L’AFRICA
Gli FDI ( milioni di US$ ) verso le sub-regioni dell’Africa,2000-2009Fonte:UNCTAD,FDI-TNC
Flussi di investimenti diretti esteri dalla Cina verso l’Africa (milioni di US$)Fonte: Ministero del Commercio Estero Cinese
L’Africa è diventata oggetto di un approccio più morbido da parte dell’India, un
sub continente che sta crescendo e ha bisogno di legarsi all’Africa per
raggiungere una certa sicurezza in campo energetico. Il 2008 é stato
caratterizzato da un vertice che ha imitato quello sino-africano dell’anno
precedente. La strategia indiana è diversa da quella cinese perché ha scelto un
profilo più basso, la differenza principale sta nell’anima stessa dell’espansione
in Africa: un impegno guidato dal settore privato. L’unico elemento che
accomuna la Cina all’India è l’avversione occidentale. Dagli studi della Banca
Mondiale del 2006 si evince che l’India importa circa metà del suo fabbisogno
di petrolio dall’Africa, questi dati sono destinati ad aumentare.
L’EMERGERE DELLA STRATEGIA INDIANA IN AFRICA
Giunti a questo punto del nostro studio dobbiamo analizzare i costi e i benefici
della presenza cinese in Africa, che è diventata la soluzione al problema
energetico della Cina.
Emerge anche la necessità di comprendere come e in che misura l’interesse
commerciale e diplomatico della Cina verso l’Africa sia diventato parte di una
strategia di sviluppo alternativa a quella Occidentale.
I risultati raggiunti dallo studio evidenziano come la Cina sta perseguendo i
suoi interessi senza tendere al bene comune e principalmente in totale assenza
di risposta ai bisogni reali della popolazione africana. Quindi il primo passo che
il Continente Africano deve percorrere é la diversificazione della propria
economia.
CONCLUSIONI