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LA DONNA e IL NOVECENTO

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LA DONNA e IL NOVECENTO

Manica Valentina

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Premessa

Il ventesimo secolo ci appare drammatico da molti punti di vista. In esso si sono infatti consumate tragedie senza precedenti. Non è raro sentire parlare del Novecento come secolo horribilis o come secolo dei totalitarismi. Esso è però un periodo storico straordinario perché è stato, senza ombra di dubbio, il secolo dell’emancipazione delle minoranze. Vanno ricordate innanzitutto le cosiddette "minoranze sociali" dei paesi occidentali, formate essenzialmente da operai e contadini; vi sono poi, però, altre minoranze che entrano prepotentemente nella storia, tra le quali la più importante è rappresentata dalle donne. II XX° secolo è infatti da molti definito come il “ secolo delle donne “, nel senso che per la prima volta i due sessi hanno un posto visibile nella società, mentre tutti gli altri secoli furono secoli decisamente maschili. Questa rivoluzione mi ha fortemente incuriosita e portata a scavare la questione in profondità. A me, personalmente, incuriosiva il fatto che si trattasse di un mutamento condotto e portato avanti in un’unica direzione. Negli ultimi anni abbiamo visto infatti nascere ruoli professionali come quelli delle donne-soldato o delle donne- tassiste, o ancora delle donne minatrici, ma non abbiamo ancora assistito alla comparsa di un vero e proprio uomo casalingo. La riflessione che mi passava per la testa era questa: se una donna oggi svolge un "lavoro da uomo" sembra quasi che le venga concesso un grande privilegio ; se, invece, al contrario, un uomo svolge un "lavoro da donna" esso spesso viene considerato un "degradato". Dunque perché i lavori femminili per l’uomo vengono ancora considerati dequalificanti , mentre i lavori maschili per le donne possono essere fonte di prestigio e stima ? Proprio a partire da queste banali considerazioni ho inteso scavare più a fondo sulla condizione femminile nel secolo appena trascorso. Ho cercato di affrontare la questione tentando una ricostruzione storica della posizione della donna In Italia nella famiglia e nella società; dopo questa contestualizzazione storica ho preso ad esempio alcuni personaggi che hanno vissuto e operato in alcuni particolari decenni di questo secolo, osservando quindi come il ruolo della donna sia cambiato anche a distanza di poco tempo.

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1. IL FEMMINISMO E LE SCIENZE SOCIALI

Con il termine “differenze di genere” viene indicato il modo in cui le società si rappresentano la natura e le caratteristiche “tipiche” del maschile e del femminile.In seguito alle trasformazioni socio-culturali della seconda metà del XX secolo vengono ridisegnate le identità, i ruoli, la qualità dei rapporti tra uomini e donne.Negli ultimi decenni in Occidente si è assistito ad una rivoluzione culturale che ha prodotto una modificazione della percezione dei ruoli di genere. La differenza dei sessi non è più espressa in termini di disuguaglianza; ma cultura maschile e femminile sono dei “serbatoi culturali” dai quali entrambi possono attingere liberamente. Nella seconda metà del Novecento, grazie anche alla trasformazione della società italiana e alle battaglie femministe, si è visto un cambiamento dell’identità femminile e del ruolo sociale della donna. Nonostante essa abbia conquistato la parità giuridica, non ha ancora raggiunto un’uguaglianza sul piano delle opportunità sociali e professionali, della rappresentanza politica e della distribuzione dei carichi di lavoro familiare.Per quanto riguarda le scienze sociali, esse vengono investite dalla critica femminista solo dai primi anni ’60. Ciò avviene in tre direzioni: in primo luogo le donne escono dalla loro invisibilità ottenendo una propria definizione sociale e, nel lungo periodo, anche giuridica sviluppando così un ricco lavoro di ricerca sulle donne nel corso della storia. In secondo luogo queste ricerche vengono rilette criticamente facendo attenzione alle effettive esperienze delle donne al di là degli stereotipi. Infine la ricerca femminista ha mostrato la rilevanza per l’organizzazione sociale della definizione dell’appartenenza di sesso.Il femminismo nelle scienze sociali non si pone l’obiettivo di fare ricerche sulle donne ma sulle strutture sociali di genere, considerando sesso e rapporti di sesso come costruzioni sociali.Ogni branca delle scienze sociali ha analizzato il femminismo da vari punti di vista dando quindi risposte differenti.In ambito sociologico, i contributi più importanti non riguardano solo la condizione della donna, la sua esperienza nella società contemporanea e nella famiglia; ma la revisione del concetto del lavoro e, in particolare, la rilevanza del lavoro familiare anche nelle società complesse e avanzate. Un altro tema fondamentale consiste nell’analisi del Welfare State, dell’economia informale e del terzo settore sempre dal punto di vista dell’esperienza femminile.A questo proposito anche l’economia si è concentrata sulla posizione della donna nel mercato del lavoro e della divisione sessuale nelle strutture economiche.L’antropologia, invece, fornisce, in una prima fase, i contributi teorici più ricchi e più influenti. Da questa disciplina sono state tratte sia le categorie che le esemplificazioni principali per definire i ruoli e i rapporti di sesso.Inoltre alcuni antropologi e sociologi si sono concentrati sulla costruzione sociale delle identità di genere evidenziando che i comportamenti che manifestano maschi e femmine sono tali perché vengono educati fin dall’infanzia a riprodurre quei modelli di comportamento e i ruoli assegnati ai generi dalla società di appartenenza. Infine la psicologia discute sulla validità universale dei modelli di sviluppo formulati dalle diverse teorie psicologiche. Uno sguardo particolare è dato dalla psicanalisi che si pone interrogativi riguardo all’identità e alla soggettività; mentre dal punto di vista della psicologia evoluzionista la differenza tra sessi deve essere ricondotta alla selezione naturale che ha dotato il maschio di più intraprendenza e la femmina di più capacità relazionali per adattarsi meglio alle necessità familiari.

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2. LA DONNA IN ITALIA NEL XX° SECOLO

2.1 Gli inizi del Novecento

Nel 1903 venne convocato il primo Consiglio nazionale delle donne italiane, articolato in vari settori sui diritti sociali, economici, civili e politici. Negli anni seguenti nasceranno associazioni orientate al raggiungimento dei diritti civili e politici - come l’Alleanza Femminile e il Comitato Nazionale Pro suffragio - e associazioni legate a partiti e ideologie di altro tipo - come l’UDACI, l’Unione Donne di Azione Cattolica Italiane, che si batteva contro la laicizzazione della scuola - e l’UNDS, l’Unione nazionale delle donne socialiste, che svolse interessanti inchieste sul lavoro femminile. I socialisti però si scontrarono spesso con le femministe, accusandole di essere portatrici di interessi borghesi e sostenendo che le loro battaglie avevano lo scopo si di attribuire maggiori diritti alla donna ma sempre entro la cerchia delle forme di proprietà e di famiglia borghese. Dunque il movimento femminista viene visto come un movimento conservatore che anche se raggiungesse i suoi fini, non avrebbe ottenuto altro che interessare attivamente un maggior numero di persone alla conservazione degli attuali ordinamenti sociali. All’opposto, la lotta di classe porta con sé una vera elevazione sociale della donna. Intanto nel 1906 la studiosa di pedagogia Maria Montessori si appellò alle donne italiane attraverso le pagine de "La Vita" affinché si iscrivessero alle liste elettorali. Un gruppo di studentesse affisse l’appello sui muri e molte donne tentarono quindi di iscriversi alle liste elettorali, così come fatto con successo negli Stati Uniti d’America. Sulla stampa si scatenò un dibattito fra i fautori del voto alle donne ed i suoi contrari. Le corti di appello delle varie città respinsero però tali iscrizioni. Nel frattempo comunque alcune donne riuscirono ad entrare in ambiti da cui fino ad allora erano escluse: nel 1907 ci fu la prima donna italiana ad ottenere la patente, nel 1908 la prima a laurearsi in ingegneria, nel 1912 la prima ad iscriversi all’Albo degli Avvocati e Argentina Altobelli e Carlotta Chierici vennero elette al Consiglio Superiore del lavoro. Nel 1908 si tenne a Roma il primo Congresso delle Donne Italiane, inaugurato dalla Regina Elena ed al quale erano presenti molte donne della alta nobiltà. Le risoluzioni del congresso auspicavano una rigorosa applicazione sull’obbligo scolastico, la fondazione di casse di assistenza e previdenza per la maternità. Tutte le mozioni vennero accettate a maggioranza. Nel 1909, alla riapertura del parlamento, l’Alleanza pro-suffragio lanciò un Manifesto di protesta contro i deputati eletti da soli uomini di qualsiasi partito essi fossero e rivendicando il diritto di voto. Nel 1910 il Comitato pro suffragio chiese al Partito Socialista di pronunciarsi sulla questione del suffragio femminile. Filippo Turati si pronunciò contro il voto alle donne motivando la sua scelta con il timore che la pigra coscienza politica e di classe delle masse proletarie femminili finisse inevitabilmente con il rafforzare le forze conservatrici. Anna Kuliscioff, compagna di Turati, gli rispose dalle pagine di "Critica Sociale" difendendo tenacemente il suffragio femminile. Al Congresso socialista del 1910 però la Kuliscioff finì purtroppo anch’essa con il sostenere che il proletariato femminile non poteva schierarsi col femminismo delle donne borghesi. Nel maggio del 1912 durante la discussione del progetto di legge della riforma elettorale, che avrebbe concesso il voto agli analfabeti maschi, alcuni deputati proposero un emendamento per concedere il voto anche alle donne. Giolitti però si oppose strenuamente, definendolo " un salto nel buio". Secondo questo politico, infatti, il suffragio alle donne doveva essere concesso gradualmente, a partire dalle elezioni amministrative: le donne avrebbero potuto esercitare i diritti politici solo quando avessero esercitato effettivamente i diritti civili. Egli nominò quindi un’apposita commissione per la riforma giuridica del Codice Civile, rimandando in pratica la questione a tempi migliori.

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2.2 La grande guerra

Molte cose cambiarono con l’arrivo della Prima Guerra Mondiale. In essa , il ruolo della donna, risultò fondamentale: la donna è chiamata a sostituire i soldati sia in campagna sia in città, ed inoltre è impegnata come crocerossina e ausiliaria. Così tra il 1914 e il 1918 la donna acquisisce inevitabilmente sempre più importanza all’interno della società. Ma non è così facile come sembra, perché, la nuova posizione della donna nella società, era comunque vista come un pericolo per il mondo maschile; iniziarono così le prime manifestazioni contro le donne lavoratrici e si assistette persino a molte aggressioni fisiche e verbali nei confronti di molte lavoratrici . Con la Prima Guerra Mondiale i posti di lavoro persi dagli uomini richiamati al fronte vennero occupati dalle donne, nei campi, ma soprattutto nelle fabbriche. Circolari ministeriali permisero infatti l’uso di manodopera femminile fino all’80% del personale nell’industria meccanica e in quella bellica (da cui le donne erano state escluse con una legge del 1902). Con la fine della guerra però, le donne, accusate di rubare lavoro ai reduci, persero nuovamente questi posti di lavoro faticosamente conquistati.

2.3. Il primo dopoguerra

Nel 1919 venne votata la legge Sacchi, che cancellava definitivamente l’autorità maritale e affermava che le donne potevano esercitare tutte le professioni e coprire buona parte degli incarichi pubblici. Ma la vicenda della conquista del voto fu molto più lunga e difficile. Fin dall’inizio del secolo si era parlato in Parlamento del voto alle donne, ma pochi erano i favorevoli. Più di una volta si discusse per il suffragio universale femminile, arrivando a presentare leggi a favore in Parlamento, ma l’approvazione fu sempre rimandata. Il 6 settembre del 1919 la Camera approvò la legge sul suffragio femminile, con 174 voti favorevoli e 55 contrari. Le camere però vennero sciolte prima che anche il Senato potesse approvarla. L’anno successivo la legge venne nuovamente approvata alla Camera, ma non fece in tempo ad essere approvata al Senato perché vennero convocate le elezioni. Il Comitato pro suffragio attaccò allora tutti i partiti accusandoli di avere paura dell’ingresso della donna nella vita politica. Con l’arrivo del fascismo, si perse ogni speranza quando nel 1925 l’istituzione dei podestà tolse il voto amministrativo a donne e uomini. Nel 1927 furono dimezzati gli stipendi e i salari, questo fatto contribuì a far aumentare l’occupazione delle donne e alla nascita di associazioni a tutela delle lavoratrici. Il codice Rocco ribadì la subalternità della donna all’uomo ed in esso vennero riconosciuti il delitto d’onore, la potestà maritale, la patria potestà. Fu inoltre punita con il carcere ogni donna che abortiva e prendeva parte alla propaganda anticoncezionale. Il neonato Partito Popolare di Don Luigi Sturzo appoggiava il suffragio femminile sostenendo che un partito che ha nel proprio programma cristiano l’integrità e lo sviluppo dell’istituto familiare doveva sentire per forza la necessità di appoggiare ogni riforma tesa ad elevare la donna e a conferirle nella vita autorità, dignità e grandezza.

2.4 La donna nell’età fascista

Le donne italiane vennero messe alla prova in un confronto diretto con sollecitazioni nuove sul piano sociale, culturale e lavorativo; ed è proprio in questo clima denso di tensioni che molte donne giovani e meno giovani si sentirono incuriosite e stimolate. Si trattò di un processo di massificazione nella società che andava ormai prendendo piede in un’Italia che Mussolini e la sua classe dirigente volevano tenere saldamente ancorata a miti e valori tradizionali.Anche la donna si trovò, nel corso del ventennio, al centro di un processo di trasformazione che investiva inevitabilmente tutte le strutture sociali, economiche e ideologiche della nazione.Nella società giungevano le prime richieste di consigli e di suggerimenti volti a facilitare l’ingresso delle donne nel mondo esterno dei maschi. A tali supporti pratici si univa una crescente volontà di affermare un modo nuovo di essere donna, una femminilità più sicura di sé anche con il costante aggiornamento sulle novità in fatto di moda, di cosmesi e di costume. Per questa figura femminile

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emergente e alla faticosa ricerca di una propria identità venivano confezionate apposite riviste sorte con il preciso intento di ricoprire gli interessi femminili. Nonostante tutto, fascismo imponeva una rigida divisione dei ruoli nel lavoro: gli uomini si occupavano della produzione e del sostentamento della famiglia; le donne della riproduzione e del governo della casa.Tuttavia, i dirigenti fascisti, riconoscevano che le donne lavoravano; secondo i dati forniti dal censimento del 1936 queste donne rappresentavano il 27% dell’intera forza lavoro.Oltre al lavoro nei campi e nelle fabbriche le donne dovevano preparare i fanciulli al doposcuola fascista e trascorrere l’estate nelle colonie marine o elioterapiche organizzate dal partito e dai comuni.Per la realizzazione dei suoi programmi lo Stato fascista dipese largamente dal volontariato femminile. Donne di ceto sociale elevato giunsero così a giocare un ruolo importante nella definizione delle nuove norme di condotta familiare attraverso corsi per casalinghe, lezioni sull’allevamento dei figli e riunioni informali. I modelli familiari da loro trasmessi erano basati su concetti borghesi di rispettabilità e di amministrazione domestica razionale.In seguito il fascismo prese alcuni provvedimenti legislativi per impedire alle donne di competere con gli uomini sul mercato del lavoro e per tutelare le madri lavoratrici. Ma lo scopo era anche un altro, ossia quello di evitare che le donne considerassero il lavoro retribuito come un trampolino di lancio verso l’emancipazione.Nel 1938, le lavoratrici avevano obbligatoriamente diritto a un congedo di maternità della durata di due mesi coperti da un sussidio di maternità pari alla paga media percepita nello stesso arco di tempo, a un congedo non retribuito lungo fino a sette mesi e a due pause giornaliere per l’allattamento finché il bambino non avesse compiuto un anno.La dittatura rese inoltre più severe le norme che proibivano i lavori notturni a tutte le donne e quelli pericolosi alle ragazze di età inferiore ai quindici - venti anni e ai maschi sotto ai quindici; vietava invece ogni tipo di lavoro ai minori di dodici anni.

Dapprima a mobilitarsi furono le organizzazioni femminili cattoliche che si impegnarono in un’opera di educazione e di propaganda tra le masse femminili maggiormente esposte alle insidie della civiltà urbano-industriale così che nei primi anni venti furono proprio gli istituti cattolici ad assumersi l’incarico di far rientrare le donne nei ranghi lavorativi.La confusione e lo smarrimento furono una conseguenza della contraddittoria politica femminile fascista e del suo pretendere che le donne fossero al contempo cittadine responsabili e membri subordinati della famiglia, sottomesse all’autorità paterna.Con la caduta del regime fascista e con l’inizio della resistenza il ruolo della donna incominciò lentamente a cambiare. Il fascismo in verità concesse il diritto di voto passivo ad alcune categorie donne per le sole elezioni amministrative. Venne successivamente emanata la legge Acerbo (ironicamente chiamata la “ legge del voto alle signore") che concedeva infatti il voto alle decorate, alle madri di caduti, a coloro che esercitavano la patria potestà, che avevano conseguito il diploma elementare, che sapevano leggere e scrivere e pagavano tasse comunali pari ad almeno 40 lire annue.Il fascismo però subito dopo abolì quelle stesse elezioni amministrative a cui aveva ammesso le donne. L’Associazione per la donna fu sciolta, mentre la nuova presidente del Consiglio nazionale delle donne italiane fu nominata da Mussolini stesso, segnando così la fine dell’associazione. L’Unione Femminile Nazionale rimase in vita a lungo, anche se priva di significato politico. Sopravvisse insomma soltanto l’Unione Femminile Cattolica, allineata al fascismo e al ruolo di subordinazione della donna. Nel frattempo le donne vennero spinte, per quanto possibile, entro le mura domestiche, secondo lo slogan: " la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo". Le donne prolifiche venivano addirittura insignite di apposite medaglie al valore. L’educazione demografica e il controllo delle

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nascite era formalmente vietata dal Codice Rocco che lo considerava alla stregua di un attentato all’integrità della stirpe. Per quanto riguarda il lavoro, i salari delle donne vennero fissati per legge alla metà di quelli corrispondenti degli uomini. Inaugurando una strategia che poi sarebbe stata ripresa per la politica razziale, l’offensiva cominciò nella scuola, dove fu formalmente vietato alle donne di insegnare lettere e filosofia nei licei e alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie; inoltre fu vietato loro di essere presidi di istituti, mentre le tasse scolastiche delle studentesse vennero raddoppiate. Il Codice di Famiglia era già abbastanza retrivo, ma venne lo stesso inasprito dal fascismo: le donne vennero poste in uno stato di totale sudditanza di fronte al marito che poteva decidere autonomamente il luogo di residenza ed a cui le donne dovevano eterna fedeltà, anche in caso di separazione. Sul piano economico tutti i beni appartenevano al marito, ed in caso di morte venivano ereditati dai figli, mentre alla donna spettava solo l’usufrutto di tali beni. Il nuovo Codice Penale confermò tutte le norme contrarie alle donne, aggiungendo inoltre l’articolo che prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella per difendere l’onore suo o della famiglia (il cosiddetto "delitto d’onore"). Le donne condannate per antifascismo durante il ventennio furono relativamente poche, ma le partigiane furono tutt’altro che rare; fra i caduti e i fucilati invece il loro numero delle donne è nettamente inferiore (circa l’1%), perché i combattimenti di prima linea, così come le fucilazioni, coinvolgevano raramente le donne, tenute la riparo dai loro commilitoni maschi. Il 1 febbraio del 1945, su proposta di Palmiro Togliatti ed Alcide De Gasperi venne infine concesso il voto alle donne. La Costituzione garantiva l’uguaglianza formale fra i due sessi, ma di fatto restavano in vigore tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e nel Codice Penale.

2.5 Dalla nascita della Repubblica agli anni Novanta : le principali conquiste delle donne

Il 2 Giugno del 1946 per la prima volta le donne italiane esercitarono il loro diritto di voto, partecipando al referendum che sanciva finalmente la nascita della Repubblica; il 1 Gennaio del 1948 entrò in vigore la Costituzione Italiana che fra le altre cose recita :

▪ « Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali... » (art. 3);

▪ « La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione... » (art 37);

▪ « Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età... » (art 48) .

Alcune tappe successive furono: 1951 venne nominata la prima donna in un governo (la democristiana Angela Cingolani, sottosegretaria all’Industria e al Commercio); 1958 viene approvata la legge Merlin, la quale aboliva lo sfruttamento statale della prostituzione;1959 nasceva il Corpo di polizia femminile, con compiti sulle donne e sui minori;1960 si decideva per l'eliminazione dai contratti collettivi nazionali di lavoro delle tabelle remunerative differenti per uomini e donne. Veniva così sancita la parità formale e sostanziale tra uomini e donne nel mondo del lavoro. 1961 venivano aperte alle donne la carriera nel corpo diplomatico e nella magistratura; Alla fine degli anni sessanta, sulla spinta anche degli avvenimenti europei e mondiali, nascono anche in Italia gruppi femministi di donne che si staccavano dal movimento studentesco nel quale si

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sentivano emarginate e sfruttate dai loro compagni maschi, che cercavano di affidare loro compiti di segreteria o comunque subordinati. All’inizio del 1970 nasceva il Movimento di Liberazione della Donna (MDL), il quale, contrariamente ai suoi omologhi all’estero, ammetteva fra i suoi aderenti anche partecipanti uomini. Nel documento costitutivo esso si proponeva l’informazione a riguardo dei mezzi anticoncezionali anche nelle scuole e di ottenerne la loro distribuzione gratuita, la liberalizzazione e la legalizzazione dell’aborto, l’eliminazione nelle scuole dei programmi differenziati fra i sessi (educazione domestica e tecnica) e la creazione di numerosi asili-nido. I mezzi utili per raggiungere tali obiettivi sono anche le azioni di cosiddetta disobbedienza civile. Nel 1970 si arriva pure all’approvazione della legge sul divorzio e quattro anni dopo vi è la chiara vittoria del no al referendum popolare per l'abrogazione della legge. Nel 1971 veniva estesa la tutela della maternità alle lavoratrici dipendenti. La nuova legge ampliava ed estendeva i diritti introdotti dalla prima legge risalente al 1950 sui diritti e le tutele delle lavoratrici, che definiva per la prima volta le assenze per maternità, le ore di allattamento e il divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del bambino. Un’ altra legge importante fu quella relativa agli asili nido del 1971; l'obiettivo di questa legge era quello di realizzare un servizio a supporto delle famiglie e soprattutto delle donne, onde favorirne la permanenza nel mondo del lavoro anche dopo la nascita dei figli. Inoltre si voleva affermare il diritto del bambino alla socializzazione e allo sviluppo armonico della sua personalità. Nel 1974 partiva la prima raccolta di firme per un referendum abrogativo che avrebbe legalizzato l’aborto, ma non vengono raggiunte le 500.000 firme necessarie. Nel 1975 era stato infine riformato il diritto di famiglia, garantendo la parità legale fra i coniugi e la possibilità della comunione dei beni. Questa importante riforma introduceva di fatto la parità tra uomini e donne nell'ambito familiare: la potestà sui figli, infatti, spettava a entrambi i coniugi e non più dunque solo al padre. Marito e moglie hanno ora uguali diritti e doveri nella gestione della famiglia, esercitando di comune accordo la potestà sui figli minorenni e, salvo decisioni contrarie agli interessati, sono comproprietari dei beni acquistati durante il matrimonio. La donna sposandosi non rinuncia al suo cognome, cui aggiunge quello del marito. Fondamentale fu anche la legge del 1978 sull’ interruzione volontaria della gravidanza che aveva come scopo principale la prevenzione delle gravidanze indesiderate, oltre che contrastare l'aborto clandestino.

2.6 Dagli anni Novanta al nuovo Millennio

Anche l’ultimo ventennio rappresenta un periodo innovativo per l’emancipazione femminile. Abbiamo infatti l’importante legge sulle pari opportunità nel 1991: fortemente voluta dalle donne, questa legge è uno strumento in grado di intervenire e rimuovere le discriminazioni e far avanzare l’idea di uguali opportunità uomo-donna nel lavoro. Essa ha rappresentato un importante passo avanti per rendere visibile e valorizzare la presenza e il lavoro delle donne nella società, nel lavoro e nella famiglia anche se purtroppo resta ancora sostanzialmente inapplicata. Un’altra importante legge è quella che riguarda l’impenditoria femminile votata nel 1992. Dal punto di vista etico morale fondamentale è la legge del 1996 che stabilisce che la violenza sessuale non è più un delitto contro la morale, bensì contro la persona. E’ una legge questa di grande civiltà e dignità che rende giustizia alle donne e premia il lungo e sofferto cammino per affermare il diritto alla sessualità libera e condivisa. Sul lavoro notturno vi è un’ importante legge comunitaria del 1998 che pone il divieto assoluto delle donne al lavoro notturno durante la maternità sino al compimento di un anno di vita del bambino e il non obbligo fino a che il bambino non abbia compiuto 3 anni, che diventano 12 nel caso di genitore unico. Nel 1999 si giunge all’assegno di maternità per casalinghe e disoccupate. Con la Finanziaria del 2000 questo diritto viene esteso alle cittadine dell'Unione Europea ed alle donne extracomunitarie permesso di soggiorno. La legge del 1999 sugli infortuni domestici contiene il riconoscimento del lavoro femminile in ambito domestico. La legge sui

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congedi parentali del 2000 armonizza i tempi di cura , di formazione e di relazione. Si tratta di una grande conquista sociale: la cura dei figli smette di essere prerogativa delle madri dal punto di vista legislativo e coinvolge anche i padri garantendogli uguali diritti e tutele. Si tratta di una legge in controtendenza rispetto al volere dei datori di lavoro che invocavano riduzioni di salari e di diritti. La normativa punta a una maggiore condivisione dei compiti all'interno del nucleo familiare. Si applica a tutti i lavoratori, uomini e donne, pubblici e privati, anche autonomi, apprendisti e soci di cooperative ed inoltre prevede la parità tra genitori naturali e adottivi o affidatari. Importanti sono pure le misure contro la violenza nelle relazioni familiari del 2001 che stabiliscono tra l'altro che il coniuge violento non solo possa essere allontanato dall'abitazione familiare, ma anche costretto a pagare gli alimenti.

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3. LA DONNA NELLA LETTERATURA“Una donna”, Sibilla Aleramo

3.1 Introduzione all’autrice

Il romanzo Una donna (1906) è il primo, complesso frutto della scrittura di Sibilla Aleramo. Esso è composto da una pluralità di letture, con un punto di partenza sempre autobiografico. Lo sono i personaggi, i tempi e anche i luoghi descritti. E’ doveroso, però, precisare che "Una donna" non è soltanto un’autobiografia, un racconto delle proprie vicende, potrebbe forse definirsi “esercizio d’autoanalisi” in forma letteraria: probabilmente una severa, a tratti spietata, riflessione sul proprio vissuto e su come avrebbe potuto o dovuto essere. Esso è principalmente un romanzo, ossia un meccanismo narrativo in cui l’esperienza vissuta è diventata struttura e personaggi, un meccanismo originale per fare della propria quotidianità un oggetto d’arte attraverso la scrittura in modo da indicare la propria esperienza quale parametro per tutte le altre

donne. Il libro Una donna è uno dei primi libri femministi usciti nel nostro paese ed è una testimonianza della condizione femminile nella prima metà del XX secolo nell’Italia del Sud. Attraverso la narrazione, l’autrice esprime dei concetti molto forti sul ruolo della donna nella società, ma molto più nella famiglia e nella vita privata.

3.2 Biografia

Rina Faccio, conosciuta con il nome di Sibilla Aleramo, nasce ad Alessandria il 14 Agosto del 1876. A causa dell’attività lavorativa del padre cambiò spesso città fino a stabilirsi a Porto Civitanova Marche dove cominciò a lavorare presso uno stabilimento industriale. All'età di quindici anni è sedotta da un collega e per riparare al danno, nel 1893 si sposano. Ciò segnò in modo indelebile la sua esistenza, proiettata magistralmente nel romanzo autobiografico Una donna, nel quale critica il rapporto coniugale definito oppressivo e frustrante. Nell’apice drammatico della sua esistenza finì con il tentare il suicidio e quando si riprese cominciò a concretizzare le sue aspirazioni umanitarie e socialistiche, iniziando anche a scrivere racconti e articoli giornalistici. Erano gli anni 1898-1910: Sibilla scrisse che il femminismo si concentrava ora nelle letteratura e nella spiritualità, nella rivendicazione della diversità femminile; credeva infatti in una spiritualità femminile e cioè nel fatto che tra uomo e donna c'è una spiritualità diversa. Le donne sono intuitive e hanno un contatto più rapido con l'universo producendo così una poesia sconosciuta al mondo maschile. Nel 1899 si trasferisce a Milano dove dirige il giornale L’Italia femminile. Nel 1902 la sua relazione amorosa con il poeta Damiani la spinse ad abbandonare la famiglia e a trasferirsi a Roma. Qui legò una nuova relazione con G. Cena, direttore di una rivista e animatore d’iniziative democratiche e unitarie. A Roma entrò in contatto con l’ambiente intellettuale e artistico .

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Nel 1906 pubblicò Una donna che rappresentava un concentrato di tutti i modi positivi e negativi che lei nel corso della sua carriera modulerà in forme diverse. Intensificò la sua attività femminista e unitaria soprattutto promovendo l'istruzione del mezzogiorno. Tra il 1913 e il 1914 si trovò a Parigi, dove entrò in contatto personalità di spicco della cultura internazionale, come Apollinaire. Durante la grande guerra incontrò Campana, con cui ebbe una relazione tempestosissima.Conobbe poi Emilio Cecchi, con il quale mantenne una grande amicizia, e poi Marinetti e D'Annunzio col quale instaurò una corrispondenza. Dopo la relazione con Cena ne ebbe altre più o meno lunghe per lo più con intellettuali e artisti fino a quando non incontrò il giovane Matacotta al quale restò legata dal 1936 al 1946. Narrò tutti i suoi amori nelle sue opere evidenziando il fatto che la vita e la letteratura fossero legate in modo inscindibile. Nel 1919 esce Il passaggio, una nuova tessera romanzesca aggiunta alla costruzione mitologizzante del proprio personaggio. Del 1921 è la prima raccolta di liriche, Momenti. Fra il ‘20 e il ‘23 è a Napoli, dove scrive un poema drammatico dedicato a D’Annunzio, Enmione. Aderisce al manifesto antifascista degli intellettuali promosso da Croce. Nel 1927 esce il romanzo epistolare Amo dunque sono. Del 1929 è la raccolta Poesie. Un anno dopo pubblica un volume di prose varie, Gioie d’occasione. Parallelamente escono tra il 1932 e il 1938 un romanzo, Il frustino, e un’altra raccolta di poesie, Si alla terra, così come una nuova serie di prose Orsa minore che ha per sottotitolo la frase indicativa di una non rimossa vena autobiografica, Note di taccuino. Nel dopoguerra Sibilla si iscrive al PCI e abbandona il filone letterario dedicato ad un autobiografismo leggendario e affabulatorio, per dedicarsi ad un impegno politico e sociale sempre più intenso, un impegno che la porterà a fare lunghi viaggi nei paesi dell’Est e a collaborare con Case del Popolo e circoli ricreativi. Iniziano in questo periodo le collaborazioni all’Unità ed a Noi donne. Dopo una lunga malattia, morì a Roma il 13 gennaio 1960.

3.3 Trama

La protagonista, privilegiata per nascita, più colta e più ricca delle sue coetanee, dopo un’infanzia serena e un’adolescenza vivace si trasferisce con la famiglia da Milano in un paesino del meridione.Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre e da qui inizia il suo periodo di solitudine; non aveva amiche e le donne del paese riferivano cose orrende sul suo conto perché non badava alle faccende di casa, non sapeva cucire, ricamare, insomma occupava un ruolo che al tempo era riservato ad un uomo. Il paese dove viveva la famiglia non offriva svaghi, la madre della protagonista si era piano piano chiusa in se stessa, dato che non aveva amiche e stava tutto il giorno in casa a leggere; un giorno però presa dalla depressione, si gettò dal balcone e miracolosamente si salvò. Quando le cose sembravano essersi sistemate nella famiglia della protagonista, proprio quest’ultima venne a sapere dei continui tradimenti del padre verso la madre. Il mondo improvvisamente le cadde addosso ed ella perse la fiducia che aveva nell’uomo e mai più riuscì a riacquistarla. A risistemare un po’ le cose per la giovane arrivò l’amore, un ragazzo di venticinque anni, suo collega d’ufficio. Le chiacchiere in paese si diffusero subito, in quanto lei aveva solo sedici anni, lui invece venticinque, ma col passare del tempo si placarono. Il tempo passava e la protagonista trovò nel fidanzato un uomo geloso e incolto che lei però voleva amare ugualmente. Arrivò così il matrimonio che fu infelice da subito; la ragazza rimase incinta, ma perse subito il bambino e cadde in depressione. Gli anni passano e la protagonista riuscì di nuovo ad avere un figlio, era felicissima, ma dopo poco tempo dovette darlo nelle mani di una nutrice perché non aveva più latte per nutrirlo. Per un malinteso, la protagonista fu giudicata male da tutto il paese e per la vergogna, anche se non aveva commesso niente, decise di togliersi la vita bevendo del veleno, ma per fortuna il suo gesto fu interrotto dall’arrivo del marito, giunto appena in tempo per salvarla. Da quel giorno la giovane donna decise di cambiare completamente vita, iniziando a migliorare il rapporto col marito. Seguì poi un periodo intenso nel quale ella visse solo di letture, meditazioni e dell’amore del figlio. I destini familiari la condurranno a Roma dove, giovane

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redattrice di una rivista velleitariamente femminista, inizierà il suo doloroso percorso d’autocoscienza. Quando si trasferisce a Roma, scopre la lettura, la pratica della scrittura, i conflitti sociali, ma anche il mondo politico e culturale delle donne: "Per la prima volta sentivo intera la mia indipendenza morale”.Iniziò un nuovo lavoro in una casa editrice di Roma, la città in cui si era trasferita da poco con la famiglia. Era entusiasta di questa nuova vita, aveva perfino iniziato a frequentare i teatri, i musei ed aveva un gruppo di amiche. Sembrava veramente rinata. Divenne ben presto amica e consigliera del suo principale, una donna che all’apparenza sembrava avere tutto: soldi, carriera, famiglia, ma che in realtà soffriva tremendamente, e alla protagonista sembrava di rivedere se stessa qualche anno prima. Un altro problema la tormentò alla fine dell’inverno quando il figlioletto, di appena cinque anni si ammalò gravemente. La malattia del bimbo durò alcuni mesi, alla fine dei quali la famiglia si concesse una vacanza in montagna per permettere al piccolo di ristabilirsi. Quando tornarono il marito si trasferì nuovamente nel paese d’origine, nella casa che in precedenza era stata del suocero, a dirigere la fabbrica di quest’ultimo; lei restò a Roma col figlio e una domestica. In quei giorni di assenza del marito, la protagonista capì di non averlo mai amato, e di averlo sposato perché ormai le chiacchiere in paese erano troppe e se lei non avesse compiuto quel passo, sarebbe stata definita una ragazza facile e una poco di buono. Dopo pochi giorni il marito tornò e la donna le propose una separazione amichevole, pensando che lui accettasse. La sua reazione invece fu tremenda, la gettò in terra ed iniziò a percuoterla mentre ella si dibatteva, allora lei si rassegnò e chiese perdono dicendogli che aveva pensato alla separazione in un momento di depressione, ma che era stata una pessima idea. Chiarite le cose il marito ritornò al paese e la protagonista continuò a soffrire in silenzio e a piangere per non essere riuscita a mettere fine alla storia una volta per tutte. Dopo poco tempo raggiunse il marito, trovò l’uomo cambiato, affettuoso, non più rude come era stato per anni. Nel paese non c’era più nessuno della sua famiglia, i genitori e due fratelli erano tornati a Milano e la sorella si era sposata ed era andata a vivere nel Veneto. Era sola, suo figlio era l’unico compagno. In quei giorni le passò davanti tutta la sua gioventù: le corse in giardino, alla fabbrica, le ore passate con la mamma e sempre in quei giorni trovò nella soffitta delle vecchie lettere che la madre scrisse al proprio padre dicendogli che soffriva a causa del marito, ma che non l’avrebbe lasciato per amore dei figli; la protagonista capì allora che doveva continuare a stare col marito, anche soffrendo, per amore del piccolo. Le liti col marito intanto continuavano, ma la giovane teneva duro per cercare di far crescere il figlio in una famiglia unita. Dalle liti però si passò alle botte e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna partì e tornò a Milano con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo che suo figlio la raggiungesse. I giorni passarono e pure i mesi e gli anni, ma il suo piccolo a Milano non venne. Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, scrisse un libro di modo che le parole contenute in esso lo raggiungessero.

3.4 Struttura

Il testo si compone di ventidue capitoli brevi, organizzati in tre parti, disposti a narrare la vicenda biografica ed il percorso di coscienza della protagonista, dagli anni dell’infanzia fino al tempo della scrittura del romanzo stesso. Tutto il romanzo è divisibile in tre macrosequenze: la parte prima (cap. I-IX) racconta l’incrinarsi, nella fanciulla, di quel patto d’amore e confidenza che l’aveva resa “libera e gagliarda”; la rinuncia all’infanzia, la ripetizione, nelle esperienze del femminile (matrimonio, la maternità, gli interni del quotidiano, il tentato suicidio), del destino della madre. La parte seconda (X-XIX) ripercorre l’itinerario della nuova nascita, che, attraverso l’esperienza nel mondo politico e culturale delle donne, la porta alla scrittura letteraria. La parte terza (XX-XXII), in ultimo, conduce il racconto della vicenda (la separazione dal figlio e dal marito, la scelta di vivere per sé) e preannuncia il progetto di un libro-verità, manifestazione, nelle forme creative della parola poetica, di una donna rinnovata.

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Gli eventi biografici si presentano, così, rielaborati nel testo in tre tematiche maggiori: l’amore, la solitudine e la scrittura. Il patto di speranzoso amore che la figlia stringe con il padre idealizza il ricordo dell’infanzia in “un sogno bello”, all’assoluta presenza di una felicità intangibile; un sogno d’armoniosa indivisibilità che, infranto dal tradimento del padre, sembra ripetersi nel rapporto con il figlio per palesarsi, già nel capitolo VII, come progressiva morte a se stessa. Al silenzio della madre, dopo la ripetizione del suo gesto di morte che, insieme, è il rifiuto del suo destino, la protagonista contrappone la solitudine, una taciturnità che consente l’ascolto di e sé e la possibilità di dedicarsi alla pratica della scrittura. E’ qui che prende corpo il grande tema, appunto, della scrittura: possibilità di “vivere il proprio pensiero”, luogo di nuova nascita. All’annunciarsi di questa nuova condizione, corrisponde la prefigurazione di un libro indispensabile, capace di mostrare “al mondo intero l’anima femminile moderna”.

3.5 Personaggi

Il romanzo di S. Aleramo può essere considerato per molti aspetti una sorta d’autobiografia, e si può benissimo riscontrare attraverso un esame dei personaggi del romanzo stesso. Tutti coloro, infatti, che intervengono nella storia possono essere messi in parallelo con molte delle persone che hanno fatto concretamente parte della vita dell’autrice; alcuni esempi sono il padre della protagonista, il marito e alcuni dei suoi amanti (infatti un uomo importante che ha condizionato particolarmente la vita di Sibilla Aleramo stessa fu Dino Campana, un suo celebre amore). L’autrice, però, volendo spesso generalizzare le atroci esperienze della protagonista, sottolineando il fatto che la maggior parte delle donne del tempo subiva gli stessi supplizi, non vuole dare una specifica caratterizzazione fisica a qualsiasi personaggio incontrato, ma, al contrario, focalizza di più la sua attenzione sulla loro psicologia. Ovviamente il personaggio intorno al quale ruota tutta la vicenda è un alter ego della Aleramo, ovvero una donna che lotta continuamente nella sua vita per far sì che il “gentil sesso” possa ottenere una certa libertà nei confronti degli uomini che fungono, invece, da tiranni a discapito delle loro compagne spesso indifese. La protagonista, che narra personalmente la storia della sua vita, è un personaggio sicuramente dinamico, poiché cambia, nel corso della storia, molte delle sue idee a proposito dell’emancipazione e, in particolar modo, della maternità; è una donna di ferree ideologie e d’aspetto abbastanza piacevole, anche se all’inizio del romanzo l’autrice ricorda il periodo della propria infanzia, descrivendosi quasi come un “maschiaccio” con i capelli corti, sempre indaffarata ad aiutare il padre a portare avanti la sua grande fabbrica. Successivamente con il matrimonio però la sua vita cambia, e soprattutto la libertà che aveva prima di studiare , di uscire e di dedicarsi ai suoi passatempi le è ristretta da un uomo che, superficialmente vedeva all’inizio come dolce, comprensivo e di piacente aspetto. Al contrario è lui il vero antagonista, quell’uomo violento e possessivo che costringe la propria donna ad una vita di stenti e di continue paure. Un altro personaggio che può essere considerato una spalla dell’antagonista, anche se da un solo punto di vista ideologico, è la madre della donna stessa; la sua esperienza, infatti, traumatica, il fatto che a causa della sua vita infelice accanto ad un uomo che non l’amava più diventa pazza, influenzano particolarmente la donna che, non volendo ricadere negli stessi errori di sua madre, prende decisioni, alcune volte, dolorose per far prevalere in lei quel sentimento fondamentalmente egoistico che le era mancato. Inizialmente la madre è descritta come una donna molto bella e fragile, dagli occhi grandi e la carnagione chiara; poi, dal momento in cui la sua pazzia aumenta e deve essere rinchiusa in un manicomio, il suo viso perde l’espressività di prima e la donna acquista delle caratteristiche infantili non soltanto da un punto di vista fisionomico, ma anche nel modo di parlare e di esprimersi. Ad affiancare però la protagonista è presente un personaggio che l’aiuta fortemente a rendere più stabili le sue idee d’emancipazione: il figlio. Questi è particolarmente attaccato a sua madre. Cresciuto si renderà perfettamente conto di quanto lei possa soffrire accanto ad un marito che lui stesso non ama; è però l’unica ragione di vita per sua madre e per questo ha potuto evitare un ulteriore tentato suicidio da parte sua. Il suo appoggio involontario lo ha però reso vittima di una vita probabilmente difficile e infelice al fianco del solo padre, dopo che sua madre ha

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preferito andarsene e cercare la libertà lontano dalla propria famiglia. Successivamente, difatti, la protagonista si trasferisce definitivamente in città al fianco di suo padre, un uomo al quale lei stessa è sempre stata molto vicina; inizialmente lo vede quasi come un esempio da seguire soprattutto in campo lavorativo, poi come un appoggio morale sul quale può fare sempre affidamento. Si sente molto legata alla figura di quell’uomo colto, severo e potente, anche se nella sua adolescenza si è sentita tradita pure da lui nel periodo in scopre l’esistenza di una sua amante. Quindi questo personaggio funge da completamento alla protagonista, come i suoi amanti e amici avuti dopo il matrimonio; conoscendoli infatti la donna è venuta a contatto con compagni più dolci e comprensivi che non fanno altro che convincerla e spronarla, implicitamente e involontariamente, a trovare qualcosa di nuovo e di meglio per vivere una vita serena e tranquilla. L’alter ego dell’Aleramo riesce, così, a ritrovare negli altri parte di se stessa. Sono presenti anche numerosi personaggi secondari, tra i quali spiccano soprattutto la suocera e la cognata che riflettono in particolar modo l’ottusità e la cattiveria che si diffondono facilmente in un paesino di campagna dove la cultura non gode della dovuta importanza. E’ necessario, infine, sottolineare la presenza di un agente non umano, ovvero dell’oggetto del desiderio che muove tutta l’azione: l’emancipazione, la libertà, la voglia d’essere indipendente, che s’identificano nel lavoro di giornalista e scrittrice che la protagonista svolge momentaneamente nella città di Roma.

3.6 Luoghi e Tempi

Il racconto si svolge principalmente in tre città: Milano, un paesino del Mezzogiorno e Roma.Milano è il simbolo della libertà e dell’ingenuità delle bambine che ancora non comprendono la complessità dell’universo femminile e l’ingrato futuro cui sono destinate. E’ proprio ciò che accade alla protagonista, che qui passa la sua fanciullezza spensierata, libera e nello stesso tempo felice per questa sensazione. Più avanti si ricorderà di questo periodo come di un sogno bellissimo, che sfortunatamente la dura realtà tenderà a far svanire. Successivamente, per seguire gli avvicendamenti lavorativi del padre, si trasferisce in un anonimo paesino del Mezzogiorno.Simbolo di questa condizione è la protagonista che, sposatasi giovane è picchiata e rinchiusa dentro casa dal marito per un fatto di gelosia; quest’ultimo, come se ciò non bastasse, non le concede neanche un minimo di considerazione e di rispetto, neanche dopo la nascita del loro figlio. Tutto questo la porta a preferire la morte ad una vita di miserie e d’ingiuste rassegnazioni.Si trasferisce, infine nella capitale: Roma. La città rispecchia la solitudine della donna e la sua frustrazione nei confronti di una vita ingiusta: come conseguenza di tutto ciò si afferma il femminismo, movimento sorto per rivendicare la parità giuridica, politica e sociale delle donne rispetto agli uomini. Quindi i luoghi del romanzo sono significativi perché, a causa delle varie esperienze della donna, acquistano accezioni negative o positive. La città è dunque il simbolo di libertà ed emancipazione, e ha perciò caratteristiche positive per l’autrice; il piccolo paesino meridionale, essendo invece il simbolo dell’ottusità e della chiusura mentale, è una sorta d’ambiente antagonista, e d’opposizione al desiderio d’indipendenza dell’autrice. Per quanto riguarda, invece, le descrizioni di questi luoghi, ciò che prevale di più nella città è la presenza di persone acculturate, impegnate nel proprio lavoro e sempre indaffarate, mentre gli abitanti del paesino meridionale, svolgono lavori molto semplici e manuali e , per propria tradizione, tendono spesso a basarsi molto sui pregiudizi e sulle calunnie. La narrazione di tutta la vicenda si incentra dunque sui continui spostamenti della donna, che si distribuiscono per tutto il lungo tempo narrativo. In generale, la storia raccontata dalla protagonista stessa non è altro che un lungo flash back nel quale il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza occupano uno spazio minore rispetto agli avvenimenti più recenti accaduti. Il tempo storico del romanzo è contemporaneo al momento in cui l’autrice scrive e corrisponde quindi ai primi anni del ‘900, periodo caratterizzato dalle prime insurrezioni femministe per la parità tra i sessi.

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3.7 Stile

Lo stile adottato dalla scrittrice risulta semplice e spontaneo, per nulla pedante: ciò conferisce alla pagina una certa modernità sul piano sintattico. Ancora letterariamente giovane l’Aleramo presenta alcune ingenuità lessicali, soprattutto nell’aggettivazione: difetti consueti in una scrittrice giovanissima, autodidatta, “venuta su in un cantuccio di provincia” (Emilio Cecchi, prefazione ad Una donna).Da ricondurre alla suddetta inesperienza la mancanza di un’unità stilistica: ad un italiano colloquiale e dimesso si affiancano espressioni piuttosto auliche.Peculiare la presenza d’incisi e interrogative retoriche: “Perché nella maternità adoriamo il sacrifizio ? Donde è scesa a noi quest’inumana idea dell’immolazione materna ?”Nell’analizzare lo stile di Sibilla Aleramo non può essere sottovalutato l’attività giornalistica della stessa scrittrice, come testimoniano i numerosi interventi su Vita moderna e su altre riviste per un pubblico femminile, sino ad arrivare alla direzione del settimanale milanese Italia femminile; si può cogliere anche il riflesso di modelli anglosassoni, quali testi sull’emancipazione della donna, espressioni del movimento femminista.

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4. TEORIE DELLA DIFFERNZA SESSUALE

4.1 Il femminismo

Il femminismo è il movimento volto a conseguire eguaglianza politica, sociale ed economica tra uomini e donne. Fra i diritti per cui le donne si mobilitano vi sono: il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, il suffragio universale (cioè il diritto di voto) e la libertà sessuale. Nella società contemporanea, di fatto, l’eguaglianza sociale, economica e politica fra uomini e donne è ancora lontana, anche se dal punto di vista formale già dal 1970 la maggior parte delle donne nel mondo ha ottenuto il riconoscimento di pari diritti rispetto agli uomini. Come denunciato in uno studio promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1996, sono ancora numerosi e diffusi gli effetti della discriminazione sessuale.Il pensiero femminista nasce durante il periodo della rivoluzione francese, rivendicando parità di trattamento tra i generi, soprattutto per quanto riguarda l’educazione e i diritti civili. Le idee in nome delle quali vengono fatte queste rivendicazioni sono di ambito filosofico e riguardano i maggiori pensatori come Locke e Rousseau. Verso la fine dell’800 c’è la necessità di maggiori rivendicazioni in ambito lavorativo e politico, poiché si ritiene che l’indipendenza politica (diritto di voto) non debba essere staccata da quella economica (diritto di lavoro). Un ruolo determinante nell’affermazione dell’eguaglianza di genere ebbe il movimento delle suffragette, che fiorì dal 1860 al 1930, riunendo donne di diversa classe sociale e di diversa istruzione attorno al comune obiettivo del diritto di voto.Questo movimento, è noto come “prima ondata” femminista e porterà le prime grandi conquiste intorno agli anni 1920. Il quarantennio successivo alle prime grandi conquiste femministe è caratterizzato dalla crisi di questi movimenti. La crisi riguarda vari paesi, non sono quelli in cui si erano avuti i primi risultati ma anche i paesi che istaurano regimi totalitari. Così, soprattutto in Francia e Inghilterra, in assenza di un movimento organizzato, si assiste alla ripresa critica e originale di filoni di pensiero affermati nei decenni precedenti. Virginia Woolf, affronta il tema della condizione femminile attraverso due importanti volumi: Una stanza tutta per sé (1929) e Le tre ghinee (1938). Questi ultimi sono dei saggi che riflettono sulle conquiste femminili e pongono interrogativi sui limiti di esse. Questa autrice ha il merito di introdurre la tematica della differenza; infatti il rischio del movimento femminista era quello di appiattire le rivendicazioni basandosi sui valori praticati dagli uomini. Per questa autrice è fondamentale per le donne affermare e rivendicare le differenze del loro sistema di valori, etici, culturali, rispetto a quelli maschili, storicamente rivelatisi fallimentari (guerra, totalitarismo…).

4.2 Virginia Woolf

Early life

Virginia Woolf (25 January 1882 – 28 March 1941) is a British novelist, also distinguished feminist essayist, critic, and a central figure of the Bloomsbury group. She was born on January 25, 1882 in London, as the daughter of Julia Jackson Duckworth, a member of publishing family, and Leslie Stephen, a literary critic and the founder of the Dictionary of National Biography.

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Woolf was educated at home by her father, and grew up at the family home at Hyde Park Gate. Woolf’s youth was shadowed by series of emotional shocks: her half-brother sexually abused her and her mother died when she was in her early teens. Stella, her half sister, took her mother's place, but died two years later. Her father, suffered a slow death from cancer. When her brother Toby died in 1906, she had a prolonged mental breakdown. Following the death of her father in 1904, Woolf moved with her sister Vanessa and two brothers to the house in Bloomsbury, which would become central to activities of the Bloomsbury group. From 1905 Woolf began to write for the Times Literary Supplement. In 1912 she married the political theorist Leonard Woolf and published her first book, The Voyage Out in 1915. In 1919 appeared Night And Day, a realistic novel set in London, contrasting the lives of two friends, Katherine and Mary. Jacob's Room (1922) was based upon the life and death of her brother Toby.

With To The Lighthouse (1927) and The Waves (1931) Woolf established herself as one of the leading writers of modernism. In these works Woolf developed innovative literary techniques in order to reveal women's experience and find an alternative to the male-dominated views of reality. During the inter-war period Woolf was at the center of literary Society.Virginia Woolf's concern with feminist thematics are dominant in A Room Of One's Own (1929), which deals with the obstacles and prejudices that have hindered women writers, and explores in the last chapter the possibility of an androgynous mind. Three Guineas (1938) examined the necessity for women to make a claim for their own history and literature. Orlando (1928), a fantasy novel, traced the career of the androgynous protagonist from a masculine identity within the Elizabethan court to a feminine identity in 1928. Woolf was also prolific as an essayist, publishing some 500 essays in periodicals and collections, beginning 1905.

Death

At the end of 1940 Woolf suffered another severe bout of depression, from which she felt she was unable to recover. On March 28, 1941, at the age of 59, Woolf filled her pockets with stones and drowned herself in the River Ouse, near her home in Rodmell. She left two suicide notes; one for her sister Vanessa, the other for her husband, Leonard.

Work

Woolf began writing professionally in 1905, initially for the Times Literary Supplement with a journalistic piece about Haworth, home of the Brontë family. In 1912 she married Leonard Woolf, a writer, civil servant and political theorist. Her first novel, The Voyage Out, was published in 1915 by her half-brother's imprint. Much of her work was self-published through the Hogarth Press, which she and Leonard founded in 1917.

She writes many lessons for university; one of these ones, “The angel of the house”, is written in 1931. It talks about the difficulties of woman to be as independent as man and in particular she relates the difficult she met when she began her career as a critic. To explain the difficulties of women she uses a simile. She uses the popular Victorian image of the ideal wife/woman came to be "the Angel in the House," who was expected to be devoted and submissive to her husband. The Angel was passive and powerless, meek, charming, graceful, sympathetic, self-sacrificing, pious, and above all pure. The phrase "Angel in the House" comes from the title of an immensely popular poem by Patmore, in which he holds his angel-wife up as a model for all women. For Virginia Woolf, the repressive ideal of women represented by the Angel in the House was still so potent that she wrote, in 1931, "Killing the Angel in the House was part of the occupation of a woman writer." 1

1 Woolf V. , Professions for Women, 1931

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In this text she talks about a phantom. It’s a woman and is called Angel of the house. The writer battles with her, because the phantom tormented her and at last decided to kill her.

The Angel in the house will be described shortly. She was sympathetic, charming and unselfish. She excelled in the difficult arts of family life. She sacrificed herself daily. She never had a minds and wishes, above all she must be pure. In the Victorian time, every house had its Angel. When V. Woolf come to write, she met her every words and the shadow of her wings fell on her pages. The phantom whispered and said that a woman writer have to be “sympathetic”, “tender” and “deceive”. She may be use every arts of women. The Angel thinks that never woman have a mind of her own. But Virgina have an excellent Ancestors that left her a lot of money, so she may express her own minds.

In the end the killers tries to kill the angel but is far difficult to kill a phantom that a reality. At the end she was flatter herself that she killed her. The struggle was hard but it’s an experience that was bound to befall all woman writers at that time.

4.3 Simone de Beauvoir

Questo punto di vista è sottolineato con forza da una scrittrice e filosofa francese, Simone de Beauvoir che fu ispiratrice della nascita filosofica del femminismo moderno.Simone de Beauvoir nacque a Parigi il 9 gennaio 1908 in una famiglia dell’alta borghesia. Si laureò in lettere alla Sorbona. Nel 1929 iniziò a viaggiare in Europa ed in Africa e conobbe Jean-Paul Sartre, suo professore, che la inserì nell’ambiente intellettuale esistenzialista. Il loro rapporto mai formalizzato con il matrimonio, fu sentimentalmente profondo. Simone iniziò la carriera di insegnante a Marsiglia, poi si trasferì a Rouen e infine si stabilì a Parigi.Continuò ad insegnare filosofia fino al 1943, anno della pubblicazione del suo primo romanzo, “L’invitata”, sua personale interpretazione al tema della libertà e della responsabilità individuale dell’intellettuale nei confronti della società. Nel 1947 si innamorò dello scrittore Nelson Algren, ma il suo rapporto con Sartre non si interruppe.Simone approfondì la condizione della donna, facendone una critica del ruolo tradizionale assegnatole nella cultura occidentale scrivendo, nel 1949, “Il secondo sesso”, in cui analizza l’essere-donna dal punto di vista scientifico, rivelando la realtà materiale della donna.Questo ultimo all’epoca suscitò grande scandalo e discussione e servirà da base teorica per tutte le riflessioni connesse alla questione femminile. L’autrice parte da una prospettiva esistenzialistica e vede la persona umana obbligata a compiere le sue scelte e a prendere le sue decisioni, responsabile in tutto e per tutto di quello che fa e di quello che è. Il libro è diviso in quattro parti: nella prima si analizza l’essere-donna dal punto di vista delle scienze. La scienza ci può rivelare la realtà materiale della donna, ma non ci dice cosa deve né cosa può essere una donna.La seconda sezione affronta l’essere donna dal punto di vista della storia: nella storia la donna è stata senza reale essenza, poiché la storia è scritta e fatta dagli uomini, e la donna è stata ciò che l’uomo voleva che fosse.La terza parte è dedicata allo studio dell’immagine della donna proposta dai miti più antichi fino a quella creata dalla letteratura.La quarta parte è un’analisi del vissuto femminile descritto attraverso le età della vita, dall’infanzia alla vecchiaia.

Analizzando il "Il secondo sesso" di Simone De Beauvoir, ci si rende conto che alcune polemiche nonostante sia passato del tempo sono sempre attuali. Nell'introduzione, Simone parte dalla reazione preoccupata dei benpensanti dell'epoca, che e si chiedevano se esistessero ancora delle "vere donne", lamentavano che "la femminilità è in

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pericolo", esortavano "siate donne, restate donne, divenite donne". Queste affermazioni sono molto attuali: quante volte ci è stato detto che la donna sta rinunciando alla sua femminilità e sta diventando arrogante ed arrivista "come un uomo"? Essere donna quindi è qualcosa di più che un semplice fatto anatomico: è un insieme di sentimenti, comportamenti ai quali l'uomo ha dato il valore di un modello ideale. Molte donne, spiega Simone De Baeuvoir, si impegnano ad incarnare questo modello, ma come spiega l’autrice: "se oggi la femminilità è scomparsa, è perché non è mai esistita2", proprio per questo è necessario definire cosa sia una donna. Simone fa notare che il fatto stesso che si renda necessario porsi questa domanda, dimostra il predominio totalizzante dell'uomo e la forzata relegazione della donna. Ad un uomo, dice l'autrice, non verrebbe mai in mente di classificarsi come un individuo di un certo sesso: "Esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile3". In questo contesto cita alcune perle di maschilismo di filosofi e santi della nostra tradizione: "La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità", diceva Aristotele, "Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole". E San Tommaso decretava che la donna sarebbe un uomo mancato, basti pensare alla storia della Genesi, in cui Eva viene ricavata da un osso in soprannumero di Adamo. Quindi sin dall'origine della nostra cultura, "l'umanità è maschile e l'uomo definisce la donna non in quanto tale, ma in relazione a se stesso; non è considerata un essere autonomo"4. Insomma, conclude Simone: "la donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale"5. Quindi l'uomo è il soggetto, l'assoluto, la donna è l'altro. Il concetto di "Altro", dice l'autrice, è antico e quindi si domanda perché la donna lascia che l'uomo si autodefinisca il soggetto essenziale e definisca lei stessa come l'oggetto inessenziale?, cioè "donde viene alla donna una passività così grande?"6. L'autrice rileva che quando una categoria domina un'altra ciò avviene spesso a causa dell'inferiorità numerica di chi soccombe o a causa di rilevanti eventi storici. Nel nostro caso le donne sono sempre state subordinate all'uomo. Ciò quindi non è un fatto storico, con un prima ed un dopo soggetto a nuovi mutamenti, e non è un discorso quantitativo, giacché le donne sono tante almeno quanti gli uomini. Gli uomini pongono questo dominio come qualcosa di naturale, che quindi non può essere soggetta a cambiamenti. Una situazione analoga, ossia una categoria molto consistente che si ritrovava sfruttata da un'altra, all'epoca in cui scriveva Simone, era quella del proletariato. Tuttavia il proletariato si costituiva e si riconosceva come gruppo, come identità, come un "noi" che quindi per logica conseguenza designa come "altro" il nemico di classe. La donna invece non sembra, dice l'autrice, riuscire a riconoscersi in un "noi", in un'identità forte. Questo, secondo l'autrice, accade perché le donne sono divise, separate tra loro e invece molto più legate agli uomini della famiglia (padre, marito, figli) e ai vincoli di questa. Mentre i proletari potevano sognare di eliminare la classe dirigente e i neri di sterminare i bianchi, la donna non può neanche immaginare di combattere i maschi: "il legame che la unisce ai suoi oppressori non si può paragonare a nessun altro"7. Tuttavia, non è chiaro perché l'uomo abbia vinto in partenza. Questo sarà uno dei punti essenziali della ricerca condotta dalla De Beauvoir nel suo saggio; che abbia vinto in partenza lo dimostra l'orgoglio dell'uomo di sentirsi padrone della situazione, al punto che molte preghiere antiche delle grandi religioni pagane, monoteiste o politeiste recitate dagli uomini contemplano un ringraziamento a Dio per non averli fatti donne. "Legislatori, preti, filosofi, scrittori, dotti si sono accaniti a dimostrare che la condizione subordinata della donna era voluta in cielo e utile per terra" e, "hanno cercato di trasformare in diritto il fatto della loro supremazia"8. L’uomo ha cercato in ogni modo di sottolineare presunte debolezze del sesso femminile, a partire dal codice romano che per

2 Beauvoir, Simone de, “Il secondo sesso” Traduzione it. di R. Contini e M.Andrease, Milano, Il Saggiatore, 1999, tratto dall’introduzione

3 ibidem4 ibidem5 ibidem6 ibidem7 ibidem

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limitare i diritti della donna usa come motivazione "la debolezza di spirito, la fragilità del sesso". La donna, considerata incapace, inessenziale e "altra", ad uso e consumo del dominatore, viene privata della possibilità di divenire ed essere qualcosa di diverso, di dimostrare e mettere in pratica il suo vero essere e il suo autentico saper fare. "Uno dei benefici che l'oppressione assicura agli oppressori è che il più umile di loro si sente superiore", rileva l'autrice, "così il maschio più mediocre si sente di fronte alle donne un semi-dio", e infatti "nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell'uomo malsicuro della propria virilità"9. La forza di queste antiche concezioni è tale che spesso condiziona inconsapevolmente anche uomini che si dicono sinceramente superiori a questa immotivata discriminazione. L'autrice quindi cercherà di rispondere a domande come: in che modo la donna potrà realizzarsi come essere umano?, Quali vie le sono aperte?, cosa limita la libertà della donna?, Sarà in grado di superare queste difficoltà? Porsi questi interrogativi equivale a porre l’esistenza dell’individuo non in termini di felicità, ma in termini di libertà. Ed anche questo è un punto non irrilevante, giacché nella storia, di fronte all'evolvere della condizione femminile, molte voci si sono levate per ricordare alla donna che la sua condizione subalterna era più felice che non quella dell'operaia o della donna in carriera. L'autrice, infine, spiega che ella non crede che "sulla donna pesi un destino fisiologico, psicologico o economico", altrimenti porsi il problema in termini di libertà non avrebbe senso. L’autrice fonda la sua tesi sul principio esistenzialista del carattere incondizionato della libertà. Ogni essere umano è “costretto” ad essere libero poiché “gettato” nel mondo senza un elemento materiale o spirituale già dato e predisposto; quindi la vita è tutta nelle sue amni. L’oppressione della donna è, per l’autrice, la conseguenza di un processo storico, nel quale hanno influito sia dei condizionamenti sociali, si delle “scelte” operate dalle donne stesse. Esse hanno accettato di essere la “negazione” della figura ideale, sia perchè sono state costrette che per scelta. La Beauvoir afferma che la donna è sì vittima ma è anche complice poiché ogni individuo umano è libero e nessuno può togliergli la libertà. La frase simbolo di questa sua filosofia è “Donna non si nasce, lo si diventa”10 sottolineando così che il primo passo verso l’emancipazione sta nel prendere coscienza che la donna è un prodotto storico e quindi relativo e in divenire. Da questa condizione si può quindi uscire parzialmente in maniera individuale e totalmente in maniera collettiva. La liberazione è il risultato della lotta collettiva, che avviene attraverso una “ricontrattazione” per costituire una relazione che mantenga le differenze ma che elimini le gerarchie tra i generi.Il punto di arrivo della filosofia di Simone de B. è stato da molti definito come simile al modello socialista, poiché auspica una società fondata sull’eguaglianza, valorizzando la libertà del sesso femminile. L’originalità di questo pensiero sta nel modo in cui viene concepita la libertà. La De Beauvoir vuole creare una società che consenta tanto agli uomini quanto alle donne di creare liberamente la propria identità, sottolineando la differenza tra i due generi e non più una rivendicazione di uguaglianza all’uomo da parte delle donne.

5. LA DONNA E LA GUERRA

8 Beauvoir, Simone de, “Il secondo sesso” Traduzione it. di R. Contini e M.Andrease, Milano, Il Saggiatore, 1999, tratto dall’introduzione9 ibidem10 Beauvoir, Simone de, “Il secondo sesso” Traduzione it. di R. Contini e M.Andrease, Milano, Il Saggiatore, 1984, p.325

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5.1 Sophie Scholl

* 9. Mai 1921 in Forchtenberg;

† 22. Februar 1943 in München

Sie war eine deutsche Widerstandskämpferin in der Zeit des Nationalsozialismus. Sophie war ein Mitglied der „Weiße Rose“. Sie war eine Münchner StudentenGruppe. Im Juni 1942 wurde die Gruppe gegründet und bestand bis zum Februar 1943. Mitglieder der Weißen Rose waren die Geschwister Hans und Sophie Scholl sowie deren Kommilitonen Christoph Probst, Willi Graf und Alexander Schmorell, außerdem der Universitätsprofessor Kurt Huber. Nach den Erfahrungen an der Front des 2. Weltkrieges und den Berichten von Freunden über Massenmorde in Polen und Russland genügen ihnen Lesen und Diskutieren allein nicht mehr. Die ersten vier Flugblätter wurden von Ende Juni bis Mitte Juli 1942 verfasst und anonym mit der Post an Intellektuelle in München verschickt. Im Winter dieses Jahres wurde die Gruppe durch Sophie Scholl und Willi Graf erweitert. Heute ist der Platz vor dem Universität in München nach den Geschwistern Scholl und Prof. Huber benannt.

Leben

1921

9. Mai: Sophie Scholl wird in Forchtenberg als Tochter des liberalen Bürgermeisters Robert Scholl und dessen Frau Magdalene geboren. Sie wächst mit ihren Geschwistern Inge, Hans, Elisabeth und Werner in Ulm auf und wird zu christlich-humanistischen Werten erzogen. Wie ihr älterer Bruder Hans Scholl glaubt sie während ihrer Gymnasialzeit zunächst an das von den Nationalsozialisten propagierte Gemeinschaftsideal: Sie tritt dem Bund Deutscher Mädel (BDM) bei. Als Sophie jung war, sah sie wie ein Knabe aus, weil sie kurze Haare hatte. Malen, Lesen und Musizieren gefallen Sophie sehr und zunāchst hatte sie kein politisches Gefühl.

1937 Ein Ereignis wechselt ihre Meinung : Hitlers Truppen suchen und verhaften seine Geschwister. Dieser Vorfall verstārkt ihren Widerstand gegen das NS-Regime.

1940 Sophie Scholl beginnt eine Ausbildung als Kindergärtnerin. Durch Eindrücke während des Arbeits- und Kriegshilfedienst entwickelt sie bald eine Abwehrhaltung gegenüber dem nationalsozialistischen Regime.

1942 Sie nimmt an der Universität München ein Biologie- und Philosophiestudium auf.

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Durch ihren Bruder kommt sie in Kontakt mit anderen Studenten, die sie in ihrer Abneigung gegen den Nationalsozialismus bestärken. Sie will eine illegale aber öffentliche Kritik machen. Sie beteiligt sich an der Verbreitung von Flugblāttern der studentischen Widerstandsgruppe "Weiße Rose". Die Mitglieder der "Weißen Rose" senden ihre Aufrufe, legen sie Briefkasten und in parkende Autos und geben sie an Kommilitonen in anderen Städten.

1943 Sophie Scholl ist erstmals an der Herstellung eines Flugblätter beteiligt. Die Flugblātter verteilten die Studenten in Köln, Stuttgart, Berlin und Wien. Sie verursachen Aufsehen und führen zu einer intensivierten Fahndung nach den Urhebern. Die Gestapo vermutet, dass die Autoren der Flugblätter in die Münchner Studenten wären. 15. Februar: Fertigstellung und Versand des sechsten Flugblatts mit dem Aufruf, das NS-Regime zu stürzen und ein neues Europa zu errichten. Es wird in England nachgedruckt, von britischen Flugzeugen über Deutschland abgeworfen. Der Inhalt wird außerdem durch den BBC verbreitet. Am 18. Februar verteilen die Geschwister Scholl viele Flugblätter in der Münchner Universität. Ein Hausmeister, der sie sieht, meldet sie bei der Polizei. Die Gestapo verhaftet die Geschwister Scholl und Christoph Probst (1919-1943), ein Mitglied der "Weiße Rose". Nach drei Tagen gibt es den Prozeß vor dem Volksgerichtshof. Hans und Sophie Scholl werden mit Christoph Probst zum Tod verurteilt und am selben Tag hingerichtet.

Sophie schreibt ein Tagebuch.Ihre Briefe und ihr Tagebuch spiegeln das Bild einer jungen Frau von höher Empfindsamkeit für die Schönheiten der Natur und von tiefem christlichem Glauben wieder. Ein Zitat das in ihren Briefen mehrmals zu lesen ist lautet: „Man muss einen harten Geist und ein weiches Herz haben“. Das ist das Motto von der „Weiße Rose”.

Film 2005 lief der Film Sophie Scholl – Die letzten Tage in den Kinos. Er ist an den originalen Gestapo-Verhörprotokollen von Hans und Sophie Scholl und Christoph Probst orientiert, die in der DDR bis zur Wende behalten werden. Der Film ist auf Sophie Scholls letzte Tage konzentriert. Er spricht ūber ihre Verhaftung und ihr Verhör.

6. LA DONNA NELLO SPORT

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Fisiologicamente uomini e donne sono diversi; nello sport dove la fisiologia è alla base dei movimenti e delle prestazioni la fisiologia va considerata. Le differenze di prestazioni nelle diverse discipline sportive si devono a differenze fisiologiche, negli sport dove la forza e la velocità sono meno determinanti le donne possono competere sullo stesso piano.

6.1 L’immissione delle donne nello sport

In questo quadro generale s’inserisce anche il discorso sportivo, perché se è vero che la donna ha sempre dovuto lottare per inserirsi nel mondo della politica e della cultura, è ancora più vero che ha dovuto faticare il doppio per entrare a far parte del mondo sportivo.Lo sport moderno nasce in Inghilterra nelle public schools ed è assunto come mezzo di educazione funzionale rispetto alla struttura sociale ed ai valori della classe dominante del tempo.I giovani borghesi sono avviati ad interiorizzare la vita come competizione, agonismo individuale o di gruppo, emulazione, il che presuppone la selezione come principio base.Dunque lo sport è assunto come veicolo di sublimazione e regolamentazione dei valori capitalisticie poiché la società borghese capitalista è tipicamente maschile è chiaro che lo sport moderno nasce in funzione dell’uomo.Anzi, si riteneva che la pratica atletica da parte delle donne fosse per esse un fatto assolutamente disonorevole. La conquista di un posto in ambito sportivo da parte delle donne è stata lenta e tortuosa, ostacolata ancor di più da pseudo scienziati che per anni hanno predicato come non fosse opportuno per esse competere agonisticamente.Ciò che ha reso le cose più complicate è che non solo lo sport femminile nasce tra notevoli difficoltà dovute al pregiudizio sociale di una società capitalista fondata su valori prettamente maschili quali la competizione e l’agonismo, ma esso si presenta come imitazione dello sport forgiato sulle caratteristiche dell’uomo.In sostanza all’atleta femmina non viene chiesto di essere se stessa, bensì d’imitare l’uomo, di assumere le sue caratteristiche ed i suoi valori, cioè è obbligata a snaturarsi.In questo modo lo sport rischia di presentarsi come un ulteriore elemento alienante della personalità femminile. Dopo l’epoca fascista, nell’era della società dei consumi, la donna è sì ormai accettata dal mondo dello sport, ma è sempre posta in posizione subalterna.In lei si vede quasi esclusivamente una curiosità, oppure si gioca sull’erotismo divenuto l’elemento più importante per reclamizzare qualsiasi prodotto.Purtroppo è solo verso la fine degli anni settanta che alcuni ricercatori si mettono all’opera per studiare il fenomeno più da vicino. Ci riferiamo qui ad una ricerca, decisamente datata, ma l’unica disponibile su questo argomento, del 1972 condotta nelle province di Bologna e di Trento su un campione di ragazze in età compresa fra i 15 ed i 22 anni.I risultati portarono a ritenere che la scarsa presenza femminile tra i praticanti dello sport fosse da mettere in relazione diretta con la cultura sociale del nostro tempo, erede di quella del passato, secondo la quale la donna è considerata inferiore all’uomo sia sul piano fisico sia su quello intellettuale. Inoltre, la tendenza maggiore risultò quella di concepire lo sport non adatto alle donne, perché le imbruttisce e ne deturpa la femminilità mascolinizzandole.

6.2 Un caso sintomatico: il calcio femminile

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Il calcio,si sa, per noi italiani è lo sport nazionale per eccellenza e coinvolge gran parte della popolazione, senza distinzione di età, sesso o provenienza geografica. Questo per quanto riguarda chi lo vive da spettatore. Tutti noi conosciamo bene gli eroi della domenica, quelli che ci fanno gioire, tifare o arrabbiare. Ma il calcio non è solo business e non coinvolge solo protagonisti maschi. Esiste la parte “in rosa” del pallone, meno conosciuta e meno chiacchierata, ma non per questo meno affascinante. Oggi le donne che giocano a calcio sono sempre di più, io stessa ne faccio parte, e, per quante possano essere le motivazioni che si nascondono dietro una scelta del genere, ce n’è una che non ha sesso e vale per tutti: la passione! Il calcio, si sa, è lo sport maschile per antonomasia oltre ad essere quello nazionale con maggior risonanza e quindi è anche un caso emblematico della presenza operante dei pregiudizi sociali nel mondo sportivo.

Elenco delle fonti

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Testi

- Andreoli P. , Lo sport nella società industriale, Ave, Roma, 1974 ;- Bertini F. , Storia fatti e interpretazioni 3 , Mursia scuola , Milano , 2004 ;- Bock G., Le donne nella storia europea , Laterza, Bari, 2003;- Beauvoir S. De, il secondo sesso, Traduzione it. di R. Contini e M.Andrease, Milano, Il Saggiatore, 1999 - Di Nicola G. P., Uguaglianza e differenza, Città Nuova, Roma, 1988 ;- Foriero G., Figure della filosofia, volume D, tomo 2, ed. ridotta, Paravia, 2001- Guglielmino S. , Guida al Novecento, Principato Editore, Milano, 1998 ;- Thebaud F. ( a cura di ), Storia delle donne – Il Novecento, Laterza, Bari 1992 ;- Vinke H. , Das kurze Leben der Sophie Scholl, ed. Reality- Woolf V. , Professions for Women, 1931

Riviste

-Notiziario del Settore Tecnico, F.I.G.C., Coverciano ( Fi ), nr. 4, ottobre 2004 ; -Il Nuovo Calcio, Editoriale Sport Italia, Milano, nr. 103, aprile 2004 ;

Siti Internet

www. studenti.itwww.storiadelledonne.itwww.italiadonna.itwww.consapevolezza.itwww. wikipedia.orgwww.sophiescholl-derfilm.de

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INDICE

Premessa pag. 2

1 IL FEMMINISMO E LE SCIENZE SOCIALI pag. 3

2 LA DONNA IN ITALIA NEL XX° SECOLO pag. 4

2.1 Gli inizi del novecento 2.2 La grande guerra2.3 Il primo dopoguerra2.4 La donna nell’età fascista2.5 Dalla nascita della Repubblica agli anni Novanta :

le principali conquiste delle donne2.6 Dagli anni Novanta al nuovo Millennio

3 LA DONNA NELLA LETTERATURA pag. 10

3.1 Introduzione all’autrice3.2 Biografia 3.3 Trama 3.4 Struttura 3.5 Personaggi3.6 Luoghi e tempo3.7 Stile

4 TEORIE DELLA DIFFERENZA SESSUALE pag. 16

4.1 Il pensiero femminista 4.2 Virginia Woolf4.3 Simone De Beauvoir

5 LA DONNA E LA GUERRA pag. 21

5.1 Sophie Scholl

6 LA DONNA NELLO SPORT pag. 23

6.1 L’immissione delle donne nello sport 6.2 Un caso sintomatico: il calcio femminile

Elenco delle fonti pag. 25

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