Perillo L’educazione alla cittadinanza democratica, competenze chiave, insegnamento della storia
Le life skills e le competenze chiave di cittadinanza
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FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI PERFEZIONAMENTO E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE IN
PEDAGOGIA E DIDATTICA PER L’INNOVAZIONE SCOLASTICA
TESI FINALE
TITOLO: “IO, NOI, GLI ALTRI”
LE LIFE SKILLS E LE COMPETENZE CHIAVE DI
CITTADINANZA CON DIDATTICA INNOVATIVA
CANDIDATO: CARMELA SCARINZI
Prof.ssa ROMINA DE CICCO
ANNO ACCADEMICO 2015-2016
Università degli Studi Niccolò Cusano Area Master Mondo Scuola
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INDICE GENERALE
INTRODUZIONE ............................................................................................. 3
1. TEORIE PEDAGOGICO-DIDATTICHE DI RIFERIMENTO ...................... 6
1.1 ATTIVISMO E LEARNING BY DOING ............................................. 6
2. COMPETENZE E CAPACITA’ CHE IL PROGETTO INTENDE
SVILUPPARE ................................................................................................. 8
2.1 EDUCARE ALLE “LIFE SKILLS” .................................................... 8
2.2 APPRENDIMENTO PERMANENTE E COMPETENZE CHIAVE
EUROPEE ................................................................................................. 11
3. AMBITI DISCIPLINARI DI INTERVENTO: CITTADINANZA,
TECNOLOGIA, ARTE E IMMAGINE, MUSICA ............................................ 15
4. PROJECT WORK “IO, NOI, GLI ALTRI” .............................................. 17
4.1 FINALITA’ PROGETTUALI ............................................................ 17
4.2 OBIETTIVI GENERALI (EDUCATIVI) ............................................. 18
4.3 OBIETTIVI SPECIFICI (DIDATTICI) ............................................... 19
5. DESCRIZIONE DEL CONTESTO .......................................................... 20
5.1 LA CLASSE: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA, MINACCE E
OPPORTUNITA’ ........................................................................................ 20
5.2 METODOLOGIE ADOTTATE ......................................................... 22
5.3 ORGANIZZAZIONE ........................................................................ 23
5.3.1 SFONDO INTEGRATORE ....................................................... 23
5.3.2 SPAZIO E TEMPO ................................................................... 24
5.3.2 MEDIATORI DIDATTICI .......................................................... 25
5.3.4. FASI DI LAVORO ........................................................................ 26
6. STRUMENTI E CRITERI DI VALUTAZIONE ......................................... 28
7. CONDIVISIONE COLLEGIALE DEL PROGETTO E SPUNTI FUTURI . 35
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................ 36
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INTRODUZIONE
Il Project Work “Io, noi, gli altri” intende essere un progetto scolastico
pilota presentato nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) di un
Istituto Comprensivo per affrontare in ambito scolastico il tema
dell’educazione alle Life Skills (competenze di vita) riconosciute dalla
Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) nel 19921.
Ciascuna skill (abilità) si configura come precisa volontà di
insegnare/apprendere come essere ricettivi nei confronti del mondo della
vita. Per un bambino della scuola primaria non è automatico
comprendere ed accettare di percorrere il passaggio che va dalla
“percezione” alla “conoscenza” “alla messa in pratica” di un’abilità. È un
passaggio che va imparato mediante una metodologia di insegnamento
attiva perché si educhi alle competenze sociali e relazionali che
permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace le esigenze della vita
quotidiana, rapportandosi con fiducia a sé stessi, agli altri e alla
comunità.
Il Project Work “Io, noi, gli altri” ipotizza di educare gli alunni alle Life
Skills mediante una programmazione di un’unità didattica della classe
seconda di una Scuola Primaria con uno sfondo integratore (fiaba “La
Bella e La Bestia”) e una programmazione didattica per concetti
(mediante l’utilizzo di mappe) con metodologia didattica del Learning by
1 “Con il termine <<Skills for life>> si intendono tutte quelle skills (abilità, competenze)
che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress……. Per insegnare ai giovani le Skills for life è necessario introdurre specifici programmi nelle scuole o in altri luoghi deputati all’apprendimento.” OMS, Skills for life, Ginevra, Bollettino n. 1, 1992.
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doing. Autore del modello con sfondo integratore è Paolo Zanelli
“l'organizzazione, da parte dell'adulto, di uno sfondo integratore può
facilitare l'autonoma autoorganizzazione dei bambini”2.
Lo sfondo integratore funge da filo conduttore e può essere di tipo
realistico, fantastico, istituzionale, vuole collegare maggiormente le
esperienze scolastiche con quelle reali. Il Project Work “Io, noi, gli altri”
durerà da settembre a marzo di un anno scolastico e vorrà garantire agli
alunni di una classe seconda un’unità didattica valida (contenuti autentici,
attuali, concreti) significativa (rilevante rispetto all’obiettivo prefissato)
effettivamente accessibile, attinente all’ambito disciplinare Cittadinanza
ma è collegata anche ad Arte ed Immagine, Tecnologia e Musica.
La scuola del primo ciclo è terreno fertile per sviluppare nel discente
queste competenze trasversali in un ambiente di apprendimento
collaborativo dove la dimensione sociale svolge un ruolo significativo.
Il progetto parte pertanto individuando uno sfondo integratore quale il
cartone animato Disney “La Bella e la Bestia” visto a casa con
metodologia flipped classroom e poi commentato ed elaborato con
didattica innovativa a scuola.
Seguirà quattro fasi e sarà condiviso con gli organi collegiali dell’Istituto
e della classe. Ai docenti saranno affidati soprattutto compiti di regia
educativa che si concretizzeranno nel collegare le varie attività, nel
promuovere le relazioni, nel confrontarsi sull’andamento del Project
2 ZANELLI P., Organizzare uno “sfondo “per favorire l’autonomia dei bambini, Torino, Divisione Servizi Educativi-Settore Servizi per l'Infanzia Archivio "Bambini", n°6, 1988, p.1.
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Work. Obiettivo principale la promozione delle Life Skills e delle
competenze chiave di cittadinanza con didattica innovativa.
La didattica innovativa utilizzerà metodologie didattiche diverse dalla
lezione frontale e mediatori didattici quali le Tecnologie dell’Informazione
e della Comunicazione (TIC) che non saranno considerate una nuova
disciplina ma l’occasione per creare un ambiente di apprendimento in cui
gli alunni potranno trovare nuove occasioni per lavorare in gruppi
(Cooperative Learning), in modo attivo e creativo (Learning by doing). Il
Project Work si porrà come obiettivo di continuare anche l’anno
scolastico successivo interessando tutti e quattro gli ordini di scuola
dell’Istituto Comprensivo (infanzia, primaria, secondaria di primo e
secondo grado) e più discipline.
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1. TEORIE PEDAGOGICO-DIDATTICHE DI RIFERIMENTO
1.1 ATTIVISMO E LEARNING BY DOING
Il filosofo e pedagogista statunitense John Dewey (1859-1952) può
essere a ragione considerato uno dei maggiori pensatori e innovatori in
campo pedagogico del Novecento.
La Pedagogia, che nel corso di tutto l'Ottocento era ritenuta una pratica
fondata sull'etica, sulla filosofia, sulla teologia, o su considerazioni
psicologiche di tipo empirico, incomincia con Dewey ad essere
considerata una scienza autonoma, che si avvale dei contributi di altre
scienze quali la psicologia.
Dewey è anche considerato l’iniziatore dell’attivismo pedagogico,
corrente che parte dalla concezione del bambino come soggetto attivo e
protagonista nei processi di apprendimento.
L'educazione è, in senso ampio, fatto sociale, in quanto processo
mediante il quale l'individuo assimila, fin dalla nascita, le conoscenze, le
tecniche, le abitudini di vita che la civiltà umana ha prodotto nel suo
sviluppo.
L'educazione, in senso stretto, cioè l'educazione scolastica vera e
propria, ha anch'essa un carattere sociale. Il carattere sociale
dell'educazione deve investire, secondo Dewey, tutti gli aspetti del
processo educativo: deve riguardare le finalità educative, perché il fine
della scuola deve consistere nel favorire la socializzazione, deve
riguardare i contenuti culturali, perché la scuola deve insegnare quelle
nozioni e quelle capacità di cui vi è bisogno nella società.
L'organizzazione della scuola da Dewey è concepita come se fosse una
comunità democratica che stimola spirito di partecipazione e
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corresponsabilità. La scuola, di conseguenza, deve essere vita essa
stessa e non preparazione ad una vita futura.
“Un’oncia di esperienza è meglio che una tonnellata di teoria,
semplicemente perché è soltanto nell’esperienza che una teoria può
avere un significato vitale e verificabile”3
Il pensiero pedagogico di Dewey si salda con quello politico-sociale e con
una dimensione filosofica generale. L’educazione alla crescita e al
cambiamento, alla creatività personale e alla collaborazione sociale è
l’educazione alla vita e per questo si ha bisogno di realizzarsi e di
cooperare in una società duttile e libera. In tal senso la democrazia
diventa una forma di educazione personale e collettiva; l’educazione a
sua volta è la messa in pratica di un esperimento operativo di vita
comunitaria democraticamente libera e mutuamente responsabile. La
concezione della vita che si esalta si attiene all’esperienza, il cui fulcro è,
per Dewey, “la sua perenne instabilità, cioè quell’aspetto metamorfico
che esige da ogni essere vivente una capacità di adattamento e di
cambiamento continui per poter perdurare e sopravvivere. Nell’uomo
questa esigenza si potenzia straordinariamente dando vita alla cultura,
intesa come continua invenzione di nuovi mezzi e strumenti di
sussistenza e di crescita intellettuale e morale”4.
Quella di Dewey è la proposta di un nuovo tipo di cultura che non rifiuta
il valore del passato, ma tiene conto del peso sempre crescente assunto
dalla scienza e dalla tecnica nelle moderne società industriali. Centrali,
nel processo di apprendimento, non sono le nozioni, ma le attitudini e le
capacità ad esse connesse. In particolare, se l'alunno è riuscito a scuola
ad acquisire il desiderio e la capacità di apprendere, conserverà queste
3 DEWEY J., Democrazia e educazione, Milano, Sansoni, 2004, p.156.
4 DEWEY J., Democrazia e educazione, Milano, Sansoni, 2004, presentazione.
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abilità per tutta la vita e continuerà ad apprendere in tutte le situazioni
Oggi si direbbe: imparare lungo l’intero arco della vita Life Long Learning.
La pedagogia di Dewey è centrata sul principio pedagogico
fondamentale che si apprende facendo: Learning by doing.
Secondo la concezione pragmatistica della conoscenza, infatti,
conoscere significa modificare l'oggetto, la realtà, con il pensiero,
interagire con il mondo: apprendere non significa ricevere passivamente
delle nozioni, ma elaborare attivamente delle idee.
La scuola tradizionale è accusata da Dewey di trasformare gli alunni in
uditori passivi. Deriva da qui la valorizzazione del lavoro manuale, inteso
non come avviamento alle professioni, ma come educazione alla
disciplina, alla socialità ed alla progettualità richieste dalle attività di
laboratorio.
2. COMPETENZE E CAPACITA’ CHE IL PROGETTO INTENDE
SVILUPPARE
2.1 EDUCARE ALLE “LIFE SKILLS”
L’esigenza di definire delle “skills for life” (competenze per la vita) viene
avvertita in modo generalizzato a livello mondiale negli anni ottanta.
L’ampia diffusione di fenomeni di dipendenza da alcool, tabacco, droga,
effetto e spesso anche causa del diffondersi di forme di disagio a livello
individuale e sociale (violenza, furti, aggressioni, dispersione scolastica,
disoccupazione) hanno messo in crisi gli interventi di prevenzione decisi
dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e attuati in vari Stati
soprattutto in ambito scolastico e nelle situazioni deputate
all’apprendimento, dalla famiglia ai centri di formazione. L’informazione,
anche se attenta, particolareggiata, gestita con i mezzi tecnologici più
avanzati e anche con modalità tradizionali, alla base degli interventi di
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prevenzione realizzati verso la fine degli anni settanta e per tutti gli anni
ottanta, non ha sortito effetti positivi e quindi non è stata ritenuta una
strategia.
Sul finire degli anni ottanta l’OMS cambia strategia e d’accordo, con vari
Stati, fonda l’attività di prevenzione sull’attivazione di processi di
formazione da realizzare nelle scuole, a partire da quelle dell’infanzia,
fino alle scuole secondarie e all’università, senza escludere tutte quelle
situazioni in cui si apprende in modo intenzionale, sia di tipo istituzionale
che a livello di volontariato. Dal 1992 l’Organizzazione Mondiale della
Sanità inizia a parlare dell’importanza di educare alle “Life Skills”.
“Si tratta di competenze sociali e relazionali che permettono ai ragazzi di
affrontare in modo efficace varie situazioni; di rapportarsi con autostima
a sé stessi, con fiducia agli altri e alla più ampia comunità (dalla famiglia,
alla scuola, al gruppo degli amici e conoscenti, alla società di
appartenenza etc…). La mancanza di tali skills socio-emotive può
causare, in particolare nei ragazzi e nei giovani, l’instaurarsi di
comportamenti negativi e a rischio in risposta a stress”.5
Le abilità definite dall’OMS sono 10:
1. Decision making (capacità di prendere decisioni);
2. Problem solving (capacità di risolvere i problemi);
3. Pensiero creativo;
4. Pensiero critico;
5. Comunicazione;
6. Capacità di relazioni interpersonali;
7. Autoconsapevolezza;
5 GIUSTI M., Educare alla responsabilità: cultura e pratica delle abilità personali per la
salute in ambito scolastico, Firenze, Giunti Progetti Educativi e Regione Toscana, 2009, p.11.
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8. Empatia;
9. Gestione delle emozioni;
10. Gestione dello stress.
Dal documento dell’OMS traspare chiaramente il richiamo ad allineare i
sistemi pedagogici alle abilità personali che la società moderna richiede.
“Le Life Skills vengono definite come quelle competenze sociali e
relazionali che permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace le
esigenze della vita quotidiana” 6 . Bisogna pertanto promuoverle tra
bambini e adolescenti perché giocano un ruolo importante nella
promozione del benessere mentale. La promozione del benessere
mentale incrementa la nostra motivazione a prenderci cura di noi stessi
e degli altri.
In sintesi l’OMS, con la promozione nelle scuole e nelle istituzioni
formative non istituzionali, delle Life Skills, avvia una strategia di
prevenzione attraverso processi di istruzione e di formazione,
assumendone il concetto di salute del singolo come “stato di benessere
psico-fisico e relazionale” in continuo divenire.
Per l’OMS l’obiettivo è raggiungere una “educazione del bambino deve
essere indirizzata verso lo sviluppo della sua personalità, del talento,
delle abilità psico-fisiche, il bambino deve essere preparato ad una vita
responsabile in una società libera, nello spirito di comprensione, pace,
tolleranza eguaglianza dei sessi e amicizia tra le persone”.7
6 MARMOCCHI P., DALL’AGLIO C. e TANNINI M., Educare le Life Skills, Milano,
Erickson, 2004, p. 10. 7 OMS, Life skills education for children and adolescents in schools, Ginevra, WHO,
1996, pp. 13-14 traduzione.
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2.2 APPRENDIMENTO PERMANENTE E COMPETENZE CHIAVE EUROPEE
I presupposti storici del Documento OMS e i principi in esso contenuti
sono stati accolti nelle norme di molti Paesi sia europei che extraeuropei.
In particolare in Europa le politiche economiche degli anni novanta e
dell’inizio del terzo millennio tese a ridurre la disoccupazione nel vecchio
continente si fondano sulla formazione e sugli investimenti sui processi
dell’istruzione e di apprendimento.
Nel 1993 la Commissione Europea presieduta da Delors, presenta il
Libro Bianco: «Crescita, competitività, occupazione».
Pone l’accento sull’inadeguatezza dei livelli d’istruzione in relazione ai
mutamenti sociali ed economici che, dopo la caduta del muro di Berlino,
segneranno profondamente lo sviluppo mondiale.
Egli sottolinea che una delle cause fondamentali della disoccupazione è
il basso livello di istruzione che i giovani conseguono. Istruzione e
formazione sono considerati i pilastri fondamentali per sostenere attive
politiche del lavoro.
Nel “Libro Bianco” Delors lancia la sfida delle tre elle: Life Long
Learning (apprendimento permanente per tutto l’arco della vita).
La formazione e l’istruzione sono considerati degli strumenti di politica
attiva del mercato del lavoro, in quanto servono a rendere in grado il
giovane di affrontare i continui cambiamenti che caratterizzano l’intero
pianeta per lottare contro la disoccupazione.
L’educazione deve fornire la mappa di un mondo complesso e in continuo
cambiamento è la bussola che consente di orientarsi.
I quattro pilastri base dell’educazione sono:
• “imparare a conoscere” (conoscenze di base e cultura generale)
• “imparare a fare” (competenze professionali e operative in genere)
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• “imparare a vivere con gli altri” (capacità di cooperare, rispetto delle
differenze, regole di cittadinanza)
• “imparare a essere” (capacità critica, autonomia di giudizio,
responsabilità)”.8
La Commissione Europea presenta successivamente nel 1995 un
secondo Libro Bianco che segna una tappa fondamentale nella storia
della scuola in Europa: «Insegnare ed apprendere: verso la società
conoscitiva», più conosciuto come «Rapporto Cresson».
Per affrontare le sfide della mondializzazione vengono posti al centro
alcuni obiettivi concreti:
– elevare il livello generale della preparazione dei giovani;
– valorizzare la collaborazione tra scuola e impresa;
– combattere l’esclusione sociale;
– evitare un’eccessiva rigidità dei percorsi formativi.
Nel Rapporto si sottolinea l’importanza di promuovere una solida cultura
generale capace di orientare i giovani nelle scelte formative e
professionali.
Nel corso del 1996, sono stati ripresi i temi trattati nel testo del Libro
Bianco di Delors in un dibattito ampio da parte di autorità nazionali,
esperti, competenti, insegnanti, imprese, parti sociali che hanno investito
su un nuovo obiettivo: preparare gli Europei ad una transizione morbida
verso una scuola fondata sull’acquisizione di conoscenze e nella quale
non si smetta di apprendere ed insegnare per tutta la vita.
I tre «fattori di cambiamento» che travagliano la società europea sono:
l'estensione a livello mondiale degli scambi, l'avvento della società
dell'informazione e il rapido progresso della rivoluzione scientifica e
tecnica.
8 TREELLE, Il Life Long Learning e l’educazione degli adulti in Italia e in Europa Dati,
confronti e proposte, Quaderno n. 9, Genova, PRIMA, 2010, p. 15.
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“.. L’accesso alla formazione deve essere sviluppato nell'arco di tutta la
vita. Visto che tutti, autorità pubbliche o imprese, ne sottolineano la
necessità, i progressi compiuti in questo senso sono molto scarsi.
Nell'Unione europea, un lavoratore dipendente beneficia mediamente di
una settimana di formazione continua su un periodo di tre anni! Questo
è tanto più insufficiente, che tenuto conto dei cambiamenti
dell'organizzazione del lavoro, imputabili in particolare alle tecnologie
dell'informazione, la formazione relativa a questi nuovi strumenti ha un
carattere urgente. L'Anno europeo 1996, dedicato all' istruzione e alla
formazione nell'arco di tutta la vita, deve aiutarci a prendere coscienza di
questa esigenza”. 9
La costruzione della società cognitiva non sarà oggetto di un decreto o
di una legge, ma sarà un processo continuo. Nel 1996 si propone una
riflessione e si traccia alcune linee d’azione per garantire all'Europa e ai
suoi paesi un'attenzione prioritaria allo sviluppo personale dei suoi
cittadini, un'attenzione almeno pari a quella accordata finora alle
questioni economiche e monetarie.
Le idee raccolte in questi anni sono state a loro volta acquisite dai vari
stati europei, Italia compresa, che attraverso direttive e norme nazionali
hanno cercato di definire “propri” quadri di riferimento in tema di “abilità
e competenze per la vita”.
Alle Life Skills dell’OMS e alle tre L (Life Long Learning) del Libro
Bianco di Delors, si sono aggiunte le competenze chiave che l’Europa
il 18 dicembre 2006 diffonde con una Raccomandazione del Parlamento
Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per
l’apprendimento permanente.
Esse vengono individuate in riferimento a otto ambiti:
9 CRESSON E., FLYNN P., Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva,
Bruxelles, Commissione Europea, 1996, pp.5-13
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1. Comunicazione nella madrelingua;
2. Comunicazione nelle lingue straniere;
3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e
tecnologia;
4. Competenza digitale;
5. Imparare ad imparare;
6. Competenze sociali e civiche;
7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità;
8. Consapevolezza ed espressione culturale.
Queste competenze dovrebbero essere acquisite durante il percorso
dell’istruzione e fare da base al proseguimento dell’apprendimento nel
quadro dell’educazione e della formazione permanente. In Italia tali
competenze sono state richiamate nell’ambito del Decreto Ministeriale
n.139 del 22 agosto 2007 e poi incluse nelle Indicazioni Nazionali per il
Curriculo.
Esse sono otto competenze chiave di cittadinanza che ogni cittadino
dovrebbe possedere dopo aver assolto il dovere all’istruzione:
1. Imparare ad imparare;
2. Progettare;
3. Comunicare;
4. Collaborare e partecipare;
5. Agire in modo autonomo e responsabile;
6. Risolvere problemi;
7. Individuare collegamenti e relazioni;
8. Acquisire ed interpretare l’informazione.
Le competenze sono raggruppate attorno a quattro assi culturali: asse
dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale.
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Gli apprendimenti che vengono acquisiti in questi ambiti dovranno
rafforzare le competenze chiave di cittadinanza, senza il possesso delle
quali la persona rischia l’emarginazione sociale.
3. AMBITI DISCIPLINARI DI INTERVENTO: CITTADINANZA,
TECNOLOGIA, ARTE E IMMAGINE, MUSICA
Le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione fanno esplicito riferimento alla pedagogia di
Dewey in quanto l’allievo viene posto al centro del processo di
insegnamento – apprendimento, e si sottolinea l’importanza delle attività
laboratoriali, che dovrebbero riguardare tutte le discipline, proprio perché
il vero apprendimento è fatto non solo di conoscenze, ma di abilità e di
competenze che vanno dunque promosse mediante varie strategie
didattiche.
Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo rappresentano un testo di
riferimento imprescindibile e unico per tutte le scuole autonome e
sostituisce quelli che, un tempo, si chiamavano “programmi ministeriali”.
Il documento formula principi e finalità della scuola di base italiana: “Il
primo ciclo d’istruzione comprende la scuola primaria e la scuola
secondaria di primo grado. Ricopre un arco di tempo fondamentale per
l’apprendimento e lo sviluppo dell’identità degli alunni, nel quale si
pongono le basi e si acquisiscono gradualmente le competenze
indispensabili per continuare ad apprendere a scuola e lungo l’intero arco
della vita. La finalità del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e
delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base
nella prospettiva del pieno sviluppo della persona”.10
10 MIUR, Indicazioni Nazionali per il curriculo del primo e del secondo ciclo, Roma,
Decreto Ministeriale n. 254, 16 Novembre 2012, p. 31.
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Il Project Work “Io, noi, gli altri” è pensato come progetto pilota per una
classe seconda di un Istituto Comprensivo ed è multidisciplinare
interessa in primis la disciplina Scuola e Cittadinanza ma anche Arte ed
Immagine, Musica, Tecnologia. Obiettivo del progetto è educare alle
competenze trasversali come le Life Skills e le competenze chiave di
cittadinanza oltre che sviluppare competenze didattico-disciplinari.
La progettualità di un curricolo d’istituto nel primo ciclo di istruzione, in
questo momento storico, non può ignorare le Life Skills e le competenze
chiave di cittadinanza. Così pure, a livello di Collegio dei Docenti, è
importante condividere le Life Skills e le competenze chiave per
l’apprendimento permanente al fine di educare all’ esercizio di
cittadinanza in un quadro di riferimento europeo e costruire il senso di
legalità, sviluppare un'etica della responsabilità.
“L’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze
significative che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di
sé stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di
cooperazione e di solidarietà”11.
11 MIUR, Indicazioni Nazionali per il curriculo del primo e del secondo ciclo, Roma,
Decreto Ministeriale n. 254, 16 Novembre 2012, p. 32.
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4. PROJECT WORK “IO, NOI, GLI ALTRI”
4.1 FINALITA’ PROGETTUALI
Durante gli incontri tra le insegnanti della classe seconda è emersa la
necessità di ideare un progetto didattico pilota che educhi alle Life Skills
indicate dall’Oms in un’ottica di apprendimento permanente (Life Long
Learning) con l’obiettivo di far superare delle paure ai bambini.
La Scuola Primaria necessita di una progettazione che coinvolga
piacevolmente gli alunni favorendo un apprendimento significativo.
Si è pensato perciò di utilizzare la programmazione per sfondo
integratore perché la metodologia dello sfondo rappresenta il risultato
dell’integrazione di un certo numero di teorie e ricerche, accomunate
dallo sforzo di recuperare l’unitarietà e l’attribuzione di senso in reazione
al frammentario, al molecolare, al parcellare, al dispersivo.
La didattica per sfondi rende l’esperienza scolastica coerente con il
normale modo di percepire la realtà da parte del bambino/a e consente
di sviluppare importanti processi motivazionali.
Lo sfondo integratore è l'involucro, il contenitore che determina l'unità del
percorso educativo collega le molte attività didattiche che altrimenti
resterebbero frantumate.
Il progetto rientra nelle ore di educazione alla Cittadinanza ma si collega
anche alle discipline quali Arte ed Immagine, Musica, Tecnologia.
Si è proceduto all'analisi della situazione tenendo in considerazione i pre-
requisiti, valutando i segnali lanciati o espressi chiaramente dai bambini,
allo scopo di capirne interessi e motivazioni.
Dalle conversazioni avvenute tra docenti e alunni all’inizio dell’anno
scolastico i bambini esprimono paure di vario genere: della morte, dei
ladri, di essere abbandonati, paura del diverso (due bambini stranieri
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della classe) e mostrano atteggiamenti discriminatori per il modo
differente di vestirsi o comportarsi di alcuni compagni della classe.
“La scuola affianca al compito dell’insegnare ad apprendere quello
dell’insegnare a essere. L’obiettivo è quello di valorizzare l’unicità e la
singolarità dell’identità culturale di ogni studente”12.
Il fine è di educare gli alunni a gestire le emozioni, a comunicare in modo
efficace, a saper gestire le relazioni interpersonali senza discriminazioni
oltre che ad apprendere i principi base della cittadinanza.
Aumentare la capacità di utilizzo di alcune Life Skills può sviluppare
conoscenze e comportamenti adeguati a prevenire atteggiamenti
discriminatori e negativi come il bullismo.
Il progetto pilota seguirà una buona prassi fatta di collegialità, replicabilità
e di obiettivi educativi, didattici e metodologici innovativi. La
programmazione dell’unità didattica avverrà per concetti (mediante
l’utilizzo di mappe) e con una metodologia didattica del Learning by
doing.
4.2 OBIETTIVI GENERALI (EDUCATIVI)
Gli obiettivi, visti come strumento regolativo e inseriti in una struttura
dotata di significato, non saranno considerati singolarmente e
isolatamente e il loro conseguimento non verrà proposto in maniera
lineare, ma avverrà secondo tempi e percorsi originali da parte di ogni
bambino.
12 MIUR, Indicazioni Nazionali per il curriculo del primo e del secondo ciclo, Roma,
Decreto Ministeriale n. 254, 16 Novembre 2012, p.6
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I bambini della classe seconda dovranno acquisire alcune delle Life Skills
indicate dall’Oms come rispetto ed empatia oltre che alcune delle
competenze chiave europee come capacità di problem solving, di avere
pensiero critico e divergente; di apprendere in modo collaborativo con
una nuova modalità di relazione fatta di ascolto.
4.3 OBIETTIVI SPECIFICI (DIDATTICI)
CITTADINANZA
-Costruire il senso di legalità;
-Sviluppare un'etica della responsabilità;
-Regole di cittadinanza e del vivere civile;
-Io, noi, gli altri a scuola, in classe, nel mondo.
ARTE E IMMAGINE
Utilizzare strumenti e regole per produrre immagini grafiche, pittoriche,
attraverso processi di manipolazione, rielaborazione e associazione di
codici, di tecniche e materiali diversi tra loro.
MUSICA
Creare disegni e cartelloni, in un laboratorio creativo con la musica in
sottofondo, servirà a rievocare immagini ed emozioni del cartone
animato.
TECNOLOGIA
Utilizzare le tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)
per insegnare significherà rendere l’apprendimento attivo e stimolante
per i nativi digitali.
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5. DESCRIZIONE DEL CONTESTO
5.1 LA CLASSE: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA, MINACCE E
OPPORTUNITA’
La classe seconda Scuola Primaria di un Istituto Comprensivo è
composta da 24 alunni, di cui due stranieri facenti parte del gruppo
classe fin dal primo anno di scuola primaria.
L’inserimento dei due bambini stranieri è avvenuto con difficoltà: non
sanno ancora parlare, leggere e scrivere come gli altri coetanei in lingua
italiana pertanto sono poco attenti.
La classe è eterogenea sia per età (vi sono diversi anticipatari) che per
livello di apprendimento.
Il leader è uno e, coinvolgendo il gruppo classe, assume atteggiamenti
di disturbo nei confronti dei due compagni stranieri.
Gli alunni non sono solidali tra loro partecipano però con entusiasmo alle
attività proposte. I bambini manifestano difficoltà nel lavorare in gruppo.
Tutti dimostrano una vivacità che è fondamentalmente positiva e va
stimolata nella direzione giusta. Il gruppo classe è molto interessato alle
nuove tecnologie e alle scoperte; ideale per loro attività laboratoriali
secondo approccio Learning by doing. Per rafforzare la loro capacità di
collaborazione interna al gruppo sono necessarie attività di Cooperative
Learning. La motivazione di classe è presente durante tutto l’arco della
giornata scolastica, capita però che la vivacità del leader e di alcuni
sconfini in comportamenti inadeguati, nella tendenza a prevalere sui
compagni soprattutto più deboli, senza rispettare turni e spazi consentiti,
a trasgredire le regole di convivenza e le indicazioni dell’insegnante,
necessarie per l’equilibrio sociale della classe.
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Lettura: Le prestazioni di lettura della classe sono sopra la media, la
difficoltà di lettura è presente nei due bambini stranieri ed esiste un
probabile caso di dislessia ancora da diagnosticare.
Scrittura: La pratica della scrittura è stata introdotta gradualmente,
partendo dall’esperienza. L’acquisizione della competenza strumentale
della scrittura, entro i primi due anni di scuola, ha comportato e
comporterà una costante attenzione alle abilità grafico-manuali e alla
correttezza ortografica per descrivere la prestazione dell’alunno e
segnalare eventuali difficoltà.
Calcolo: caratteristica della pratica matematica è la risoluzione di
problemi, che devono essere intesi come questioni autentiche e
significative, legate spesso alla vita quotidiana, e non solo esercizi a
carattere ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente
ricordando una definizione o una regola. Gradualmente, stimolati dalla
guida dell’insegnante gli alunni stanno imparando ad affrontare con
fiducia e determinazione situazioni-problema ipotizzando soluzioni e
risultati, individuando possibili strategie risolutive. La soluzione dei
problemi dovrà migliorare per tutta la classe e sarà legata alla capacità
di usare consapevolmente ed efficacemente le conoscenze in rapporto
a contesti significativi, in una prospettiva di sviluppo delle competenze.
La scuola prosegue costantemente l’obiettivo di costruire un’alleanza
educativa con i genitori. Non si tratta di rapporti da stringere solo in
momenti critici, ma di relazioni costanti che riconoscano i reciproci ruoli
e che si supportino vicendevolmente nelle comuni finalità educative. Il
rapporto scuola-famiglia del gruppo classe è molto positivo, i genitori
sono in possesso di una cultura medio-alta e comprendono bene le
difficoltà degli insegnanti nella gestione degli alunni.
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5.2 METODOLOGIE ADOTTATE
Dato il gruppo classe, si decide di promuovere lo sviluppo e il
potenziamento di atteggiamenti di curiosità cognitiva, adottando
metodologie che favoriscono la ricerca personale, la scoperta, la
sperimentazione.
Obiettivo è animare conversazioni di gruppo di apprendimento
collaborativi e promuovere attività di gruppo creative per far memorizzare
atteggiamenti corretti per il vivere sociale utilizzando le seguenti
metodologie:
- Didattica con metodologia Flipped Classroom:
Visione del cartone animato Disney “La Bella e La Bestia” come
compito a casa nel fine settimana;
- Brainstorming con utilizzo delle TIC (Tecnologie per
l’Informazione e la Comunicazione) e didattica per concetti
con visione di mappa concettuale:
Nel laboratorio con la LIM si discute di quanto visto a casa e si
vede insieme una mappa concettuale (allegato 1) e si pongono
alla classe le domande successive (allegato 2) per stimolare i
bambini alla riflessione e registrare una valutazione in itinere;
- Didattica laboratoriale in Cooperative Learning: divido i
bambini in gruppi eterogenei per la produzione di materiali, testi e
immagini che riproducono messaggi del cartone animato e
momenti scolastici in cui sono io, sono un noi e sono con gli altri.
Si propone un laboratorio creativo con musiche di sottofondo tratte
dal cartone animato. Si incollano successivamente i disegni e le
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frasi che ci ricordano momenti scolastici di gruppo e cosa abbiamo
imparato dal cartone animato su un grande poster per la classe.
Interessate in questo caso anche le discipline arte e immagine
oltre che la musica.
5.3 ORGANIZZAZIONE
5.3.1 SFONDO INTEGRATORE
Il progetto “Io, Noi, gli Altri”, utilizzerà uno sfondo integratore: “La Bella
e la Bestia” che accompagnerà la classe seconda da ottobre a marzo di
un anno scolastico.
La scelta del cartone animato Disney la “Bella e la Bestia” è avvenuta
perché parla:
• Dell’amore filiale;
• Della paura del diverso che c'è in noi;
• Dell’amore che fa superare i pregiudizi;
• Del superamento degli stereotipi sessuali;
• Della diversità, dell'accettazione del diverso e dell'altro
insegnando che al di là delle apparenze esistono valori morali ed
affettivi nell'animo umano come la generosità, la riconoscenza;
• Della mitigazione degli istinti;
• Della ricerca della bellezza delle cose e delle persone al di là delle
apparenze per apprezzare una bellezza interiore e più profonda.
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5.3.2 SPAZIO E TEMPO
Spazio e tempo sono le due categorie fondamentali all’interno delle quali
si sviluppano il pensiero e l’apprendimento e devono dunque essere
progettate anch’esse con cura e attenzione.
Lo spazio, in particolare, determina fortemente il clima del setting
formativo: a seconda della sua predisposizione favorisce specifiche
modalità di raggruppamento degli alunni, così come può facilitare l’uso
appropriato di strumentazioni e materiali, il rispetto delle regole, il
mantenimento di un comportamento disciplinato.
In questo senso, uno spazio ben organizzato è per l’insegnante un
validissimo aiuto per garantire il controllo (diretto o indiretto) delle attività
e per promuovere un buon clima relazionale fra allievi.
Lo spazio nella scuola e nella classe/sezione, inoltre, deve poter
garantire sia situazioni stabili, sia situazioni variabili.
La strutturazione condivisa dei tempi chiama in gioco anche le scelte
collegiali tra insegnanti impegnati su una stessa classe/sezione: essendo
il tempo una variabile ben definita nella scuola, solo un’organizzazione
equilibrata delle attività condotte da diversi insegnanti e in diversi ambiti
disciplinari o campi di esperienza può garantire un curricolo equilibrato in
cui si possano rintracciare scelte educative e didattiche chiare e
consapevoli.
Lo spazio deve essere idoneo a dividere gli alunni in gruppi in attività di
Cooperative Learning. Svolgo il progetto inizialmente in aula con
Lavagna interattiva multimediale dove poter leggere e visionare
nuovamente (dopo visione a casa) il cartone animato per bloccarlo e far
visionare una mappa concettuale.
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Successivamente rimango in aula, sfruttando la possibilità di avere un
arredo scolastico per tavoli da quattro che facilita le attività per gruppo di
apprendimento.
Il Project Work “Io, Noi, gli Altri” inizierà a settembre per terminare a
marzo, sarà eseguito nel corso delle ore di lezione dedicate a Scuola e
Cittadinanza un giorno a settimana per due ore, necessiterà più o
meno di 30 ore di lezione (tutte in laboratorio con LIM e in laboratorio
creativo in classe).
5.3.2 MEDIATORI DIDATTICI
I mediatori differenti capaci di sollecitare, di volta in volta, i diversi codici
di apprendimento dell’alunno verbale, simbolico, iconico saranno:
• Il Laboratorio con Lavagna Interattiva Multimediale, mediatore
tecnologico;
• La fiaba:” La Bella e La Bestia” in Dvd /file multimediale che
bloccherò quando necessario per far comprendere il diverso
comportamento dei personaggi;
• La mappa concettuale per descrivere il personaggio di Belle e le
domande di verifica in itinere che porrò al gruppo classe per far
comprendere il significato intrinseco del cartone animato;
• I disegni spontanei e guidati del laboratorio in creativo in classe
che avranno come tema il cartone animato e gli eventi accaduti a
scuola/in classe.
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5.3.4. FASI DI LAVORO
Il percorso si articola da settembre a marzo di un anno scolastico e si
snoda nell’analisi della dimensione relazionale e affettiva delle emozioni
attraverso l’uso di attività didattiche divise in quattro fasi.
I fase (analisi pre-requisiti anno scolastico precedente e settembre
nuovo anno scolastico):
Si propone agli organi collegiali di inserire nel Piano di Offerta Formativa
Triennale (PTOF) il Project Work “Io, noi, gli altri” come progetto pilota
per la classe seconda. L’idea progettuale è partita da una valutazione
iniziale, diagnosticando i pre-requisiti, i segnali lanciati o espressi
chiaramente dai bambini durante il trascorso anno scolastico (primo anno
di scuola primaria). Nel corso della lezione di italiano sono state lette due
fiabe “Il Brutto Anatroccolo” e “La Bella e la Bestia”
I bambini della classe seconda di una Scuola Primaria di un Istituto
Comprensivo in attività di brainstorming in circle time guidati dal docente
hanno riferito di preferire “La Bella e La Bestia” e hanno esternato paure
di vario genere: della morte, dei ladri, di essere abbandonati, dei giudizi
del gruppo classe, di alcuni compagni. Nell’ultimo incontro, prima della
fine dell’anno scolastico, i docenti della classe seconda hanno
confermato tali paure.
II fase (ottobre):
Il cartone animato Disney “La Bella e la Bestia” come compito a casa per
il fine settimana con metodologia flipped classroom.
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III fase (novembre-gennaio):
Rivediamo nel laboratorio informatico in quattro lezioni differenti sulla
Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) alcuni spezzoni del cartone
animato “la Bella e la Bestia”.
Descriviamo Belle con una mappa concettuale (allegato 1) che viene
mostrata a tutta la classe.
Brainstorming in circle time con discussione / rielaborazione in
laboratorio LIM del cartone animato per bloccare alcune parti sulle quali
far riflettere i bambini.
Obiettivi di apprendimento di questa fase:
- Imparare ad apprendere (Belle e la sua voglia di imparare);
- Problem solving (Belle affronta la bestia per superare la paura);
- Pensiero critico (Belle odia Gaston perché vede quello che le altre
ragazze non vedono);
- Empatia (Immedesimiamoci nella Bestia).
Valutazione in itinere con domande al gruppo classe per riflettere sui
concetti fondamentali del cartone animato (allegato 2).
IV fase (febbraio-marzo): Laboratorio creativo (interdisciplinarietà arte
ed immagine, musica) con musica del cartone animato in sottofondo per
colorare disegni del cartone animato e realizzare disegni individuali che
ricordano eventi di socializzazione in classe come mi vedo io, come
siamo noi classe, come sono gli altri.
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Su ogni disegno descriviamo un sentimento che abbiamo appreso nel
corso dell’attività come amore, gioia, condivisione, odio, pianto.
L’obiettivo di questa fase è quello di fornire ai ragazzi strumenti per una
migliore conoscenza di sé, del gruppo classe e dell’altro quando si
trovano all’interno di relazioni significative. Si vuole stimolare gli alunni a
riflettere sui propri comportamenti all’interno di relazioni via via in
evoluzione e in situazioni emotive sempre più complesse.
Per la valutazione sommativa finale elaboriamo un cartellone sul quale
incolliamo i singoli disegni creati nel corso del laboratorio e scegliamo
pensieri, disegni, frasi che ricordano sentimenti positivi per il benessere
individuale e collettivo.
6. STRUMENTI E CRITERI DI VALUTAZIONE
Secondo il Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento
permanente (EQF) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 23 aprile 2008:
– le conoscenze indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni
attraverso l’apprendimento;
– le abilità indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-
how per portare a termine compiti e risolvere problemi;
– le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze,
abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di
lavoro o di studio. L’espressione contenuta nelle Indicazioni Nazionali per
il curricolo del primo ciclo del 2012 parlano di traguardi per lo sviluppo
delle competenze, segnalano che ci troviamo di fronte non a obiettivi
immodificabili e a risultati da misurare quanto piuttosto a processi da
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assecondare, da sostenere e da promuovere. Il termine traguardi, infatti,
indica un orientamento al raggiungimento di una meta, di possibili arrivi,
non di obiettivi o standard di apprendimento predefiniti e/o precostituiti.
Nel testo delle Indicazioni 2012 si afferma che i traguardi per lo sviluppo
di competenze “rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti,
indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare
l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo”.
La parola sviluppo rafforza ulteriormente il concetto di traguardo. Con
questa espressione, infatti, si sottolinea l’importanza della qualità delle
esperienze di apprendimento e della cura educativa che gli insegnanti
sanno promuovere. La prospettiva delle competenze va inquadrata in
una capacità progressiva di affrontare situazioni, in una consapevolezza
delle proprie azioni e nella manifestazione di un deciso spirito di iniziativa.
La promozione di un ambiente di apprendimento finalizzato
all’acquisizione di conoscenze e alla conquista di competenze è
esplicitata, nelle Indicazioni 2012, sia nella «sezione» che riguarda la
scuola dell’infanzia sia in quella relativa al primo ciclo.
Le competenze vanno:
- Condivise
- Progettate
- Valutate
- Certificate
La legge n. 53/2003, all’articolo 3, comma l, lettera a) afferma che "la
valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del
comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di
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formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono
affidate ai docenti ";
Il DPR n. 122/2009 (Regolamento sulla valutazione degli alunni) così si
esprime: “Nel primo ciclo dell'istruzione, le competenze acquisite dagli
alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e,
relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado
accompagnate anche da valutazione in decimi …”;
Il Decreto Legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013 definisce il documento
di certificazione "un atto educativo legato ad un processo di lunga durata
che aggiunge informazioni utili in senso qualitativo in quanto descrive i
risultati del processo formativo, quinquennale e triennale. Accompagna il
documento di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli
alunni"
Le Indicazioni nazionali per il curriculo del 2012 presentano la
valutazione con queste parole:
“Valutazione: agli insegnanti competono la responsabilità della
valutazione e la cura della documentazione, nonché la scelta dei relativi
strumenti, nel quadro dei criteri deliberati dagli organi collegiali. Le
verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali devono essere
coerenti con gli obiettivi e i traguardi previsti dalle Indicazioni e declinati
nel curricolo. La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi
curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate,
promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una
preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di
apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo. Occorre
assicurare agli studenti e alle famiglie un’informazione tempestiva e
trasparente sui criteri e sui risultati delle valutazioni effettuate nei diversi
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momenti del percorso scolastico, promuovendone con costanza la
partecipazione e la corresponsabilità educativa, nella distinzione di ruoli
e funzioni. Alle singole istituzioni scolastiche spetta, inoltre, la
responsabilità dell’autovalutazione, che ha la funzione di introdurre
modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta educativa e
didattica della scuola, per svilupparne l’efficacia, anche attraverso dati di
rendicontazione sociale o emergenti da valutazioni esterne”13
Comunemente si fa riferimento ad una classificazione quadripartita degli
scopi della valutazione:
1. diagnostica, quando è finalizzata a identificare la qualità delle
prestazioni degli allievi in un determinato momento generalmente è
iniziale, prima dell’intervento formativo.
2. formativa quando è finalizzata a facilitare l’apprendimento in itinere.
Si tratta di un uso della valutazione che contribuisce all’apprendimento
dell’allievo dà luogo a interventi didattici che colmano lo scarto fra
prestazioni effettive in un momento dato e prestazioni attese.
3. sommativa, quando è finalizzata a offrire un bilancio riassuntivo degli
apprendimenti, a fornire informazioni sul rendimento di un allievo in corso
di trasferimento. Si tratta di una valutazione usata per certificare o per
registrare il rendimento alla fine di un corso di studi oppure per predire
future probabilità di successo il prodotto finale di un progetto didattico.
4. ai fini di rendicontazione delle prestazioni di scuole o insegnanti
classifiche delle scuole (league tables).
Gli strumenti con cui vengono condotte le verifiche possono essere prove
pratiche, colloqui, prove scritte, osservazioni.
13 MIUR, Indicazioni Nazionali per il curriculo del primo e del secondo ciclo, Roma,
Decreto Ministeriale n. 254, 16 Novembre 2012, p.13.
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Le prove sono strutturate quando sono costituite da quesiti a risposta
chiusa o aperta, ma prevedibile, o prove pratiche con esito dato; semi-
strutturate quando accanto agli item chiusi o a risposta aperta univoca
si affiancano item a risposta aperta vera e propria o prove pratiche con
margine di soggettività, anche se connotate da parametri da seguire; non
strutturate, come componimenti, testi di diversa tipologia, prove pratiche
di tipo creativo, saggi brevi, ecc.
Meno le prove sono strutturate, tanto più è necessario disporre di precisi
criteri per la loro lettura e interpretazione, al fine di contenere la
discrezionalità e soggettività di giudizio.
La valutazione deve sempre rispondere a criteri di chiarezza, equità,
trasparenza è personale e non comparativa. Ciò significa non solo che
deve essere valida, condotta con criteri chiari, ragionevoli, rispondenti a
caratteristiche di oggettivazione e che devono essere condivisi da allievi
e famiglie, ma anche che ogni alunno deve essere valutato in rapporto
alla programmazione e ai traguardi fissati per lui e per la classe e non
rispetto a quanto avranno fatto gli altri.
Importanti indicazioni sulla valutazione e sull’uso formativo delle verifiche
emergono dall’approccio cooperativo che, come abbiamo visto, è uno
dei principali cardini su cui impostare l’azione inclusiva per incentivare
l’apprendimento e la partecipazione di tutti gli alunni. Ci sono cinque
regole per verificare e valutare.
1. Il processo di verifica e di valutazione deve svolgersi nel contesto dei
gruppi di apprendimento. Occorre verificare e valutare la preparazione di
ogni studente, ma queste operazioni risultano molto più efficaci se
compiute in un contesto di gruppo.
2. Verificare con costanza e sistematicità. Gli studenti hanno bisogno di
un feedback continuo e individuale. A questo scopo occorre
somministrare spesso test e prove scritte e orali.
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3. Gli studenti devono essere coinvolti direttamente nella verifica del
livello di apprendimento proprio e dei compagni. Questo è necessario
perché il gruppo si possa organizzare in modo da promuovere il massimo
apprendimento da parte di tutti.
4. Per la verifica e la valutazione è opportuno usare un sistema basato
su criteri oggettivi. È opportuno evitare di fare confronti tra gli studenti
perché potrebbe rivelarsi controproducente e andare a scapito della
motivazione e dell’apprendimento.
5. Usare metodi di verifica diversi.
Nell’apprendimento cooperativo si possono utilizzare
contemporaneamente metodi di «qualità totale» (miglioramento costante
delle dinamiche di aiuto reciproco all’interno del gruppo), oppure basati
sulla prestazione (gli studenti devono dimostrare le loro conoscenze
attraverso l’uso di una procedura o un’abilità), o di verifica «autentica»
(che richiede agli studenti di utilizzare la procedura o l’abilità desiderata
in un contesto reale).
Durante la lezione l’insegnante verifica l’apprendimento degli studenti
osservandoli e interrogandoli. Molti aspetti dell’apprendimento non sono
misurabili tramite i compiti scritti dati per casa e i test, ma solo
osservando gli studenti che «pensano ad alta voce». Da questo punto di
vista i gruppi di apprendimento cooperativo possono essere di grande
aiuto per l’insegnante, al quale sarà sufficiente: (a) formare piccoli gruppi,
(b) assegnare un compito, (c) incaricare uno studente di controllare la
comprensione e (d) passare di gruppo in gruppo raccogliendo dati sulla
qualità delle spiegazioni e degli scambi di informazioni tra i membri.
I dati di osservazione si raccolgono usando schede di osservazione,
rubriche valutative14, checklist e annotando le proprie impressioni.
14 MIUR, Circolare Ministeriale n. 3, Roma, 13/02/2015, p. 4
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Un metodo tradizionale per determinare il livello di ragionamento, di
problem solving e di pensiero metacognitivo degli studenti è
l’interrogazione orale.
Si seleziona a caso uno studente e lo si interroga: quando ha finito di
rispondere gli altri membri del gruppo possono completare la risposta.
Poi si passa a un altro studente, che dovrà rispondere a una domanda
diversa; la procedura va ripetuta con tutte le domande. Se il gruppo non
riesce a dare risposte adeguate, deve ritornare sul compito, ripassare ed
esercitarsi finché non è pronto. Al termine della lezione si verifica
l’apprendimento degli studenti con test scritti, interrogazioni orali,
esercizi, compiti per casa e dimostrazioni in contesti reali o simulati. Sulla
base delle informazioni così raccolte, l’insegnante assegna i giudizi e gli
studenti definiscono degli obiettivi di miglioramento e si congratulano a
vicenda per il lavoro svolto e per i progressi compiuti. Abbiamo visto che
la verifica deve essere continua: per far questo, però, è necessario il
coinvolgimento degli studenti, possibile in diversi modi.
Per la fase I si è utilizzata una valutazione iniziale per una diagnosi con
metodologia di brainstorming. Gli alunni hanno raccontato vissuti in
classe e opinioni dirette in circle time, ed è scaturita una griglia di
valutazione “rubric sulle paure della classe”.
Le fasi II e III sono state valutate in itinere, facendo visualizzare una
mappa concettuale sul personaggio di Belle (allegato 1) e ponendo
domande specifiche al gruppo classe (allegato 2).
La fase IV è avvenuta con valutazione finale osservazione diretta sulle
modificazioni dei comportamenti “rubric su quattro livelli (iniziale,
base, intermedio, avanzato) sul clima, l’efficacia e l’efficienza di
gruppo” durante il laboratorio creativo (allegato 3).
I disegni e gli scritti prodotti nel corso dell’attività laboratoriale sono serviti
ad indagare su eventuali difficoltà e a percepire l’utilità finale del Project
Work per la rendicontazione agli organi collegiali.
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Si è osservata una maturazione nei comportamenti della classe: all’inizio
faticavano a lavorare in gruppo, ora sono loro a chiedere di lavorare
insieme; i due bambini stranieri hanno ancora difficoltà a collaborare,
anche se uno di loro si sta integrando un po’ di più. L’apparenza per il
gruppo classe e per il leader non è più poi così tanto importante gli
atteggiamenti discriminatori stanno pian piano cambiando.
7. CONDIVISIONE COLLEGIALE DEL PROGETTO E SPUNTI FUTURI
Il Project Work “Io, Noi, gli Altri” ha coinvolto gli alunni e i docenti di una
classe seconda ma sarebbe bene continuasse nei prossimi anni
coinvolgendo le altre classi e divenendo un progetto continuativo
condiviso nel Piano di Offerta Formativa per tutto l’Istituto Comprensivo.
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BIBLIOGRAFIA
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società conoscitiva, Bruxelles, Commissione Europea, 1996, pp.5-13
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