Le avventure di Fil. - boorp.com · Fra gli altri delfini, Fil era il più ribelle, non ascoltava...
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Le avventure di Fil.
Nato nel mar Mediterraneo il piccolo Fil trascorreva il suo tempo a giocare con gli altri
delfini piccoli. Il suo gioco preferito, rincorrersi fino alla massima velocità, andare
sotto per poi uscire fuori con un mega salto. In quell’attimo gli sembrava di volare.
Fil ha sempre amato il calore e la luce del sole, quei pochi secondi di salto per lui erano
infiniti. Uscire fuori dall’acqua spiccando un salto di 3 metri, sentire l’acqua che gli
scendeva dalla pelle e il calore del sole gli dava una sensazione magnifica.
Fra gli altri delfini, Fil era il più ribelle, non ascoltava mai i consigli dei grandi, lui amava
giocare e saltare tutto il giorno.
Una mattina il piccolo Fil incontrò una tartaruga, ma aveva qualcosa di strano,
sembrava in difficoltà. Fil iniziò così a domandarle: come stai, dove vai, come ti chiami,
ma nessuna risposta arrivò dalla testuggine. Triste e anche un po’ deluso il delfino
chiamò sua mamma. L’esperienza della mamma fece comprendere al piccolo Fil che
la povera tartaruga non poteva rispondergli, in quanto stava morendo. Si notava
infatti del materiale nella sua bocca. Mamma delfino e Fil così decisero di aiutare la
tartaruga, con fatica e tanta volontà riuscirono a liberare la tartaruga. Fil però era
curioso, iniziò a chiedere cosa fosse quella cosa che stava ammazzando la sua nuova
amica. La mamma gli rispose, è nulla di naturale, la chiamano plastica, gli umani la
buttano nel mare e le tartarughe che non ci vedono tanto bene scambiano la busta di
plastica per una medusa.
Fil e gli umani.
La curiosità di Fil aumentava, così iniziò a tartassare la mamma di domande:
Mamma cosa sono gli umani, perché non li ho mai visti, mamma mi parli degli
umani, vivono nel mare?
Con tanto affetto, pazienza e anche un po’ di preoccupazione la Mamma iniziò a
parlare degli umani mentre Fil ascoltava attentamente.
Vedi Fil, gli umani vivono sul suolo, ma capita di vederli anche nel mare,
soprattutto vediamo le loro imbarcazioni. Gli umani non sono come noi, non
vivono in Natura e a quanto pare fanno di tutto per distruggerla. Loro
abbattono alberi, loro inquinano le nostre acque, in poche parole distruggono
tutto. I loro rifiuti finiscono nei nostri mari e spesso sono la morte di tanti poveri
animali come la tua amica tartaruga. I saggi narrano che gli umani hanno
catturato ed ammazzato alcuni delfini, quindi se vedi un umano, tu scappa.
Le parole della Mamma non avevano spento la curiosità verso gli umani, Fil non faceva
altro che pensarci, era per lui un mix di sensazioni, paura e curiosità, che lo portavano
spesso ad allontanarsi dagli altri delfini.
Un giorno durante uno dei suoi salti fuori dall’acqua Fil notò una sagoma all’orizzonte.
Curioso più che mai si avvicinò. Forse è una imbarcazione degli umani, pensò
rincorrendo la scia di un peschereccio. Saltellando sulle onde provocate dalla scia
riuscì ad avvicinarsi alla nave, saltava più in alto che poteva, forse per farsi notare,
forse per vedere questi famosi umani. Un uomo lo notò subito, si affacciò e poi
chiamò gli altri pescatori, guardate come si diverte, esclama l’uomo mentre gli altri
sorridevano divertiti dallo spettacolo offertogli dal delfino. Fil emozionato ed eccitato
dagli applausi non si rendeva conto però di aver perso di vista gli altri delfini. Ad un
certo punto si voltò, si girò a 360° e con un brivido di paura capì che era rimasto solo.
Cercava di ricordare la direzione, ma tutti quei salti l’avevano disorientato. L’unica
cosa da fare, era seguire questi uomini, che non sembravano affatto così cattivi come
descritti dalla Madre.
Fil e il cane.
Sulla scia del peschereccio Fil raggiunse la costa, nel frattempo i pescatori scesero a
terra, scaricando il pescato del giorno. Il delfino non comprendeva e non sapeva dove
andare. La fame iniziava a farsi sentire. L’acqua del porto era diversa e lui aveva anche
problemi a respirare, forse questo è l’inquinamento, pensò. Mentre cercava qualcosa
da mangiare notò un umano, stava gettando qualcosa in mare, si avvicinò, ma sono
pesci, esclamò felice. In effetti erano resti di pesci, interiora di pesci e pesci piccoli,
tutto quello che non era vendibile. Fil ingenuo credeva che fosse un regalo per lui,
mentre banchettava con quei resti pensò, lo sapevo, gli umani non sono cosi cattivi,
ci danno anche da mangiare.
Il tempo passò, sul molo ormai c’era più nessuno, Fil si sentiva solo. Iniziò a girarsi
attorno, si allontanò e ad un tratto l’acqua iniziò ad abbassarsi, il fondale divenne
sabbioso, inesperto e senza i consigli preziosi della mamma il povero delfino rischiava
di insabbiarsi. Un Cane dalla spiaggia lo vide e corse subito in suo aiuto, con tutta la
forza lo spinse dentro. Fil ancora spaventato lo ringraziò, mi hai salvato la vita,
esclama terrorizzato, per poi chiedergli chi fosse. Nacque così una amicizia particolare
fra un cane e un delfino. La curiosità di Fil, passato lo spavento era tanta.
Non avevo mai visto un animale come te, vuoi venire con me, sono rimasto solo,
ho perso la mia mamma.
Il cane vedendolo così triste iniziò a dirgli che non poteva seguirlo visto che gli costava
tanta fatica nuotare. I due nuovi amici restarono a lungo a parlare, il cane gli raccontò
degli umani:
Io conosco tanti umani e uno di questi è il mio padrone, lui mi cura, mi nutre e
mi fa giocare, poi dovresti conoscere il piccolo, giochiamo tanto insieme, anzi si
è fatto tardi, devo rientrare o si preoccuperanno.
Fil e Mario.
Il cane aveva fatta aumentare la curiosità di Fil verso gli umani. Mamma si sbagliava,
non sono affatto cattivi, hanno degli animali in casa loro, ci giocano e gli danno da
mangiare, pensò il delfino.
Passarono giorni, il delfino restò in zona, ogni tanto rivedeva il suo amico cane, che lo
raggiungeva in mare per parlare e quasi sempre degli umani.
Uno di questi giorni mentre Fil si dirigeva verso la spiaggia notò una imbarcazione
piccola. Nell’avvicinarsi si rese conto che una piccola onda aveva fatto cadere un
uomo dalla barca. Ricordando il salvataggio del suo amico cane, decise di emularlo e
corse ad aiutare l’umano. Si avvicinò e scoprì che si trattava di un umano piccolo. Egli
si aggrappò alla sua pinna e il delfino lo portò in salvo avvicinandosi alla spiaggia. La
gente del posto incuriosita ed emozionata lo applaudì, e lui felice li ripagò con un salto
spettacolare, forse il migliore dei suoi.
Il piccolo umano di nome Mario ringraziò Fil con un bacio. Il delfino tutto emozionato
correva e saltellava deliziando il suo nuovo amico che continuava ad applaudire.
Gli umani sono fantastici, hanno un grande cuore, e sanno darti tanto affetto,
ormai sono sicuro, mia Mamma si sbagliava, pensò Fil.
Da quel giorno Fil aveva due amici su quella spiaggia, il cane e Mario. Il bambino
felicissimo di poter giocare con un delfino si aggrappava spesso alla pinna dell’amico
Fil e insieme si divertivano a nuotare più forte possibile. Mario poi insegnò a Fil come
giocare con la palla. Passarono giorni e settimane e Fil iniziò a sentirsi come a casa.
Fil la mascotte della spiaggia
Fil divenne in pochi giorni l’attrazione della spiaggia, tanti bambini ora si divertivano
con lui, e il delfino era felice, lui amava giocare con i bambini. La gente del posto poi
iniziò a portargli del cibo e lui puntuale ringraziava con un mega salto.
Uno di questi giorni sulla spiaggia c’era un fotografo, meravigliato dalle esibizioni del
delfino decise di immortalarlo in uno scatto. Quella foto fece il giro del globo, tutti i
giornali la riportavano in prima pagina e narravano di questo delfino amico dei
bambini. Tutto questo clamore spinse tanta gente ad andare su quella spiaggia.
Fil era felice, ora aveva tanti amici e sentiva meno la mancanza della Mamma, ma
dentro di se capiva che mancava qualcosa. Quell’acqua inquinata dagli scarichi delle
navi lo stava facendo ammalare.
L’estate passò in fretta e sulla spiaggia ormai non c’erano più gli amici di Fil, il delfino
rimase solo, nuovamente, decise così di spostarsi in alto mare.
Nuotare da solo non era divertente, saltare fuori dal mare era l’unica cosa bella. Uno
di questi giorni Fil incontrò un altro gruppo di delfini, non gli sembrava vero, il cuore
ritornò a battere forte e la tristezza andò via, anche se per un attimo si illuse di aver
ritrovato sua Mamma. Con i nuovi amici Fil decise di dirigersi vero l’oceano per poi
andare verso est. Ora Fil è felice, nuotava libero nel grande oceano blu, giorni beati
trascorsi a rincorrersi a saltare e lui era ancora il più bravo.
Fil diventa grande.
Tante stagioni erano trascorse ormai e Fil da quella volta non aveva mai più visto gli
umani, vivere nel gruppo era bello, ci si aiutava per procacciare il cibo, ci si aiutava
per i grandi predatori, ci si aiutava sempre. Ora non era più piccolo e nel gruppo
c’erano altri delfini più piccoli di lui, ogni volta che li osservava il pensiero volava a sua
Madre, il sogno di rivederla non svaniva mai.
Tuttavia ora aveva nulla per lamentarsi, si sentiva finalmente a casa, fra i suoi simili e
poi, poteva finalmente fare a gara a chi saltava più in altro, la sua grande passione.
Nel gruppo c’era una delfina, e a Fil piaceva molto, anche se non sapeva di preciso
cosa erano queste sensazioni nuove, ma sapeva che adora stare con lei. Così ogni
tanto si allontanavano per delle escursioni, stavano proprio bene insieme.
Fil non credeva di poter essere così felice, ora aveva una compagna e nel gruppo si
sentiva accettato e amato. Non poteva andare meglio.
Fil e i pescatori.
Infatti non andò meglio, andò peggio, molto peggio. Una mattina all’alba il gruppo di
delfini incontrò una decina di pescherecci. Ormai Fil era grande, sapeva che doveva
allontanarsi dalle reti, ma quei pescherecci non avevano reti. Usavano le loro
imbarcazioni e degli strumenti per emettere degli ultrasuoni, che spingeva il gruppo
di delfini verso la costa. Fil era infastidito da questa cosa e cercava di uscire, di
allontanarsi, ma le imbarcazioni erano tante ed insieme avevano creato una rete di
infrasuoni. Impossibile scappare.
Il gruppo di delfini ormai era spacciato, circondati dai pescherecci non potevano fare
altro che avvicinarsi a riva. La paura cresceva sempre più, man mano che si
avvicinavano alla baia delle reti chiudevano il passaggio dietro di loro, più avanzavano
e più l’acqua era meno profonda. Inutile provare a scappare, il panico aveva la meglio,
lo spazio diminuiva, i delfini erano ormai accalcati fra di loro.
Fil nella baia di Taiji.
Il gruppo di delfini trascorse tutta la notte a cercare di scappare, ma ogni sforzo era
invano, impossibile scappare dalla baia, la chiamano la baia rossa infatti. All’alba dei
pescatori e dei sub arrivarono nella baia, i delfini più forti fisicamente venivano
catturati per poi venderli ai delfinari di tutto il mondo, gli altri invece, facevano una
brutta fine purtroppo. Fil venne subito individuato da uno dei sub, cercavano di
catturarlo ma lui riusciva a svincolarsi. In quei momenti il panico gli faceva trovare
forze che non immaginava di avere.
Dopo poco tempo l’acqua della baia divenne rossa, si respirava a fatica e le forze
andavano a calare. Fil come un grande guerriero aveva lottato fino alla fine, ma dopo
aver visto la sua compagna sanguinante, anche lui mollò e venne catturato.
Mia Mamma aveva ragione, pensò in quei momenti, certi umani sono proprio
cattivi, ma non pensavo che potessero arrivare a tanto, non comprendo il
motivo di tale massacro, che male abbiamo fatto noi?
La curiosità verso gli umani ormai era svanita, tutti quel tempo a cercare di conoscere
gli umani e ora ad un tratto desiderava di non averli mai conosciuti.
Dopo tanta lotta il povero Fil venne catturato e messo in cattività fino all’arrivo dei
compratori da tutto il mondo. Per lui tutto questo era assurdo.
Fil nel delfinario.
Passarono giorni da quella mattina infernale, Fil si trovava ancora in cattività, non
comprendeva perché certi umani stavano per ammazzarlo come era successo ai suoi
amici e certi altri invece lo stavano aiutando. C’era chi gli portava da mangiare, chi si
prendeva cura di lui, chi invece cercava di farlo giocare ma Fil non aveva nessuna
voglia di giocare. La paura si poteva notare anche sui volti degli umani, Fil si stava
lasciando morire, e per loro sarebbe stata una grande perdita economica.
Il giorno dopo Fil venne caricato su un camion, iniziò da lì un lungo calvario, il trasporto
verso un delfinario. Lungo tragitto, dal Giappone all’Europa, senza potersi muovere,
forse Fil avrebbe preferito morire, lui che amava nuotare ad alta velocità e saltare
sulle onde del mare.
Dopo tanti Km il povero Fil arrivò al delfinario, questo sarebbe stata la sua nuova
casa, riuscirà a ritrovare un po’ di serenità?
Fil e gli altri delfini del delfinario.
Passavano i giorni ma Fil non riusciva ad adattarsi a quella vita. Quando saltava fuori
dall’acqua vedeva l’orizzonte, ora vedeva solo gradinate e muri di cemento. Fil si
sentiva in trappola come nella baia di Taiji. Ogni giorno gli istruttori cercavano di far
apprendere ai delfini nuove acrobazie. Ad ogni segnale corrispondeva una
coreografia, un salto carpato, un salto nel cerchio, l’elevazione e i giochi con la palla.
Se il delfino eseguiva bene l’esercizio riceveva cibo in premio, altrimenti nulla.
Questo veniva ripetuto e ripetuto fino alla perfezione. Fil che era il migliore nei salti
ora si negava sempre.
Adoravo saltare, disse Fil ad un altro delfino, ma qui non ha senso, io saltavo
quando ero felice, ma voi come fate ad essere felici qui?
Ti capisco, rispose il delfino, ma qui se non ti adatti non vai avanti.
L’unico momento tranquillo era la notte, Fil poteva parlare con gli altri delfini, fra
questi c’era un delfino nato in cattività che gli poneva tante domande.
Parlami dell’oceano, disse il piccolo a Fil, tu che ci sei stato, raccontami, è vero
che esistono onde alte 10 metri?
Tu mi ricordi me da piccolo, ero curioso come te, ed ecco dove son capitato,
magari se non mi fossi allontanato da mia Mamma non sarebbe successo.
Comunque l’oceano è bellissimo e si, ci sono onde alte.
L’energia presente nel nostro amico Fil andava man mano a spegnersi e la voglia di
parlare con gli altri delfini veniva meno.
L’agonia di Fil.
I delfini hanno un apparato respiratorio differente dagli umani, loro riescono a
regolare la respirazione, non è una cosa spontanea. Fil era stanco di lottare, pensava
alla sua mamma, rivedeva davanti agli occhi quelle scene orrende del massacro nella
Baia, ricordava le immagini della sua compagna mentre veniva ammazzata. Fil in quel
momento aveva scelto di non lottare, questa volta no!
Gli altri delfini cercavano di aiutarlo, di stimolarlo, ma Fil era stanco, quella gabbia gli
stava stretta. Un giorno vennero dei bambini si tuffarono nella vasca, volevano
giocare con i delfini e farsi delle foto. Uno di questi bambini voleva giocare con Fil, ma
lui non voleva. In quel momento Fil ricordò quei giorni vicino alla spiaggia quando
salvò Mario, con lui amava giocarci ma perché era libero.
Quel bambino continuava a coccolare Fil sorridendo ma il nostro amico dentro di se
piangeva, non era più libero. Purtroppo l’aspetto dei delfini tende ad ingannare un
po’ tutti, sembra che stiano sorridendo.
Fil e la libertà.
Le condizioni di Fil diventarono drammatiche, si stava davvero lasciando morire. Degli
attivisti animalisti iniziarono a protestare fuori al delfinario, un delfino come Fil non
era più utile per fare soldi, così dopo giorni di proteste e manifestazioni il povero
delfino venne dato in affidamento ad una associazione. Venne subito trasferito in una
struttura di recupero. Fil all’inizio non capiva ancora la differenza, stava in una vasca
come prima. Poi notò che i volontari non pretendevano esercizi da lui anzi si
prendevano cura, lo coccolavano e gli davano da mangiare. Recuperata la salute i
volontari spinsero Fil a procacciarsi il cibo, non gli davano più da mangiare, era ora un
compito suo. Dopo qualche settimana Fil riprese a saltare e durante un salto vide il
mare, non era lontano. La speranza di ritornare libero si accese in lui.
Un mese dopo i volontari caricarono Fil e lo trasportarono sulla spiaggia, con una gru
venne sollevato e appoggiato in acqua, i volontari accanto a lui lo coccolavano, lo
incoraggiavano, ora toccava a lui.
Nuota Fil, nuota Fil dissero in coro,
Fil con uno sguizzo e un colpo di coda riprese a nuotare, finalmente libero.
Dopo aver fatto pochi metri Fil si fermò, si voltò e spiccò un mega salto per ingraziare
i volontari che l’avevano liberato. Alla fine aveva capito:
Ci sono umani buoni e umani cattivi, lui era stato fortunato.
Messaggio di Fil
Cari lettori, questa è solo una favoletta e come tale lo scrittore ha voluto regalarvi un
lieto fine, ma nella realtà purtroppo nessun delfino o quasi ha un lieto fine. Dopo una
vita passata a far divertire gli uomini i delfini muoiono, tanti invece si lasciano morire
anche a giovane età come stava per succedere a me.
Cosa potete fare voi?
Intanto smettetela di andare al delfinario, allo zoo, e al circo, comprando il biglietto
voi contribuite a questi massacri. Gli animali vogliono essere liberi, come voi. Pensate
un attimo se qualcuno vi catturasse e vi costringesse ad esibirvi contro la vostra
volontà, non sarebbe una cosa piacevole non trovate?
Quando volete vedere un delfino, guardate un bel documentario oppure andate al
mare, fissate l’orizzonte, e forse potrete vedere un delfino che salta, come me, fuori
dall’acqua, e lo farà solo per ringraziarvi.
Grazie, Fil.
N.B. tutte le immagini sono state prese dalla rete, ogni riferimento è puramente
casuale.
Animali Liberi, Pasquale Palmieri.