L'Amico del Popolo

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N. 5 del 7 Febbraio 2010 Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net Anno 55 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento A d Agrigento, come negli altri centri dell’Arcidiocesi e provincia, la proces- sione del Venerdì Santo va per le strade del Centro Storico. In un tempo ormai passato erano vissute quelle strade, intrise di umanità che nella fatica si rallegrava per piccole gioie. Oggi aleggia puz- za di muffa, tanto degrado e abbandono. Il centro storico, e non solo quello di Agri - gento, è come un malato sul letto di morte. Per queste strade di poveri immigrati e di italiani poveri, passa il Venerdì Santo il Cristo appassio- nato, passa l’immagine di Cristo, in legno e car - tapesta. Un rito antico trasforma la vita in scena sacra, il tempo e i suoi protagonisti fuggevoli in personaggi simbolici. È la processione della vita, rito anch’esso an- tico. La vita di ogni giorno, tutti gli altri giorni, che venerdì santo non sono, sembra portarci altrove. Ma nel giorno del Cristo morto, si ritor - na lì, a riscoprire le radici, di Dio e degli uomi - ni, della loro vicendenvole passione, del pianto eterno che lega la loro vita e la loro morte. È lui ad avere riguardo di noi della nostra storia, della nostra vita, delle nostre paure e dei nostri pec - cati. Egli combatte per noi l’antico oppressore, il moderno sconforto della disperazione. Da queste colonne vogliamo lanciare la pro- posta di celebrare, come segno di attenzione per quanto, come comunità agrigentina abbiamo vissuto nei giorni passati, la via crucis cittadi - na, quella che coinvolge tutte le parrocchie della Città, nel Centro Storico e non per la via Atenea, la via commerciale cittadina. Così anche in tutti gli altri comuni della provincia che con Agrigento condividono le diffi coltà le - gate all’abbandono dei centri storici cittadini. Attenzione però, al Dio di Gesù Cristo non basta il Centro Storico. In quelle vie egli vi abita non solo il venerdì santo ma tutti i giorni del - l’anno. LdP Centro Storico: due strade da attenzionare 2 di LdP 3 Robin Hood al Pirandello U.S. CULTURA CITTÁ Favara: prontezza a futura memoria 4 di Paolo Cilona PROVINCIA 6 Alessandria d. Rocca: tenuto il terzo corso di Studi di Filippo Pendino VITA ECCLESIALE VERSO IL CONVEGNO DIOCESANO Chiesa e comunione La Chiesa agrigentina si prepara a vivere un importate appuntamento di crescita comunitaria: il Convegno di tutti gli operatori della pastorale. L’incontro si terrà il prossimo 6 marzo, presso il Pala- congressi di Agrigento sul tema “Chiesa: comunione di comunità; dal Sinodo Diocesano alle Unità pastorali”. Servizio a pag.7 La via Crucis cittadina? Facciamola nel Centro Storico Dov’era Dio? «Non condivido quello che il vescovo ha detto e fatto. Io credo che un ministro di Dio debba avere sempre un solo compito: quello di credere che ogni cosa che avviene, avviene per un di - segno divino anche, purtroppo, la morte di due innocenti». Sono le parole (qualcuno le ha definite “perle di teologia”) con cui il presidente della provincia D’Orsi, ha dato inizio all’incon- tro dei sindaci, presso la sede del comune di Favara, il giorno 27 Gennaio, giorno successivo ai funerali di Marianna e Chia- ra Pia. Un incontro che aveva, come fine quello di focalizzare l’attenzione sul problema dei centri storici dei comuni della nostra provincia e che, nella parte iniziale, è stato un violen- to attacco alla scelta dell’Arcive- scovo di non presiedere i funerali delle sue sorelline. Ma non è sulla scelta dell’Ar- civescovo che voglio scrivere, an- che perchè ne ho parlato la scor- sa settimana, nè della critica dei sindaci, che dalle successive di - chiarazioni è stata stemperata e da molti ritenuta inopportuna e priva di fondamento, bensì di un tema che le parole del presi - dente D’Orsi , anche se in modo strampalato, hanno accennato e che può essere sintentizzato nel - la domanda: dov’era Dio quel giorno? Che cosa ha fatto per Marianna e Chiara Pia? È questa l’antica e sempre nuo- va domanda sul dolore, special- mente sul dolore innocente, che è risuonata anche sulle braccia della croce: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? La risposta è certo avvolta dal silenzio e dalla discrezione ma la Parola di Dio ci spinge ad andare oltre la domanda del Crocifisso, ad accompagnare ancora la sua storia verso l’ora luminosa della Pasqua. Troppo spesso, però, questi stessi interrogativi costituiscono, malgrado l’apparenza, la più grande elusione. Vanno rove- sciati: dov’era la persona uma- na? Che cosa ha fatto quella persona umana più vicina alle sorelline? Perché nessuno, prima che la tragedia si sviluppasse in toni così fatali, non ha avverti - to in sé la responsabilità di un intervento? La morte delle due sorelline è dovuta ad una serie di cause provocate certamente dall’ egoismo e dalla mano del - l’uomo. Per questo le responsa- bilità degli uomini non possono non essere chiamate in causa. Responsabilità che affondano le radici nell’egoismo, di fronte alle quali la comunità cristiana è chiamata ad esercitare un’ope- ra di controllo vigile e di denun- cia accompagnata però da una testimonianza di coerenza per- sonale e di gruppo nell’impegno di giustizia e di amore. Carmelo Petrone Anche nella nostra Ar- cidiocesi sarà celebrata la XVIII Giornata Mondiale del Malato il cui tema per l’anno 2010 è: «La Chiesa a servizio dell’amore per i sof- ferenti». Luogo dell’incontro dioce- sano sarà il Santuario della Madonna dell’Udienza di Sanbuca di Sicilia alle ore 16.00. A presiedere l’Euca- restia sarà mons. Francesco Montengro. A tutte le parrocchie ed ospedali è stato spedito il bustone con il relativo materiale di informazione. Siamo tutti invitati a dare un notevole rilievo a tale Giornata, per far sentire la solidarietà della Chiesa al mondo della soffe - renza. 11 Febbraio 2010 Giornata del Malato IL FENOMENO DEL RACKET NELLA NOSTRA PROVINCIA Usura: un fenomeno che merita più attenzione I recenti avvenimenti ri- portati dalla cronaca, con riferimento all’opera- zione di polizia sul fenome- no dell’usura nella nostra provincia, impongono di non poter più sottovalu- tare la stretta correlazione che esiste tra la mafia e il turpe traffi co che sfrutta lo stato di diffi coltà in cui si trova chi non riesce ad uti- lizzare i normali percorsi di accesso al credito. Un feno- meno che merita maggiore attenzione e che secondo l’assessore al bilancio del- la Provincia Regionale di Agrigento, si dovrebbe con- cretizzare “nell’istituzione di un vero e proprio asses- sorato alla lotta all’usura nei 43 Comuni della provincia e alla stessa Provincia re- gionale e in un protocollo di intesa, firmato dai sinda - cati, volto a promuovere lo sviluppo di un mercato del credito più trasparente ed equo che riesca a pianifica - re percorsi capaci di porre fine al fenomeno”. All’indomani della no- tizia dell’operazione di polizia con nove arresti per usura nell’agrigentino, hanno fatto sentire la loro voce, con una dichiarazio- ne congiunta, il presidente della Camera di commercio di Agrigento, Messina, e il presidente di Confindu- stria Agrigento, Catanzaro, sottolineando che “è dram- maticamente presente nella nostra realtà l’infame prati- ca di chi approfitta di lavo - ratori, famiglie e operatori economici in condizioni di disagio economico. Invitia- mo – hanno aggiunto - gli istituti bancari ad accostar- si a chi è in diffi coltà con spirito di collaborazione e consulenza”. Salvatore Pezzino continua a pag.4 Richiedi il Cd con la raccolta del 2009 de L’Amico del Popolo Il cd contiene la raccolta 2009 del Settimanale in formato Pdf. Per informazioni chiamare lo 0922/24345 - [email protected]

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edizione del 7 febbraio 2010

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N. 5 del 7 Febbraio 2010Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net

Anno 55

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

Ad Agrigento, come negli altri centri dell’Arcidiocesi e provincia, la proces-

sione del Venerdì Santo va per le strade del Centro Storico.

In un tempo ormai passato erano vissute quelle strade, intrise di umanità che nella fatica si rallegrava per piccole gioie. Oggi aleggia puz-za di muffa, tanto degrado e abbandono.

Il centro storico, e non solo quello di Agri-gento, è come un malato sul letto di morte. Per queste strade di poveri immigrati e di italiani poveri, passa il Venerdì Santo il Cristo appassio-nato, passa l’immagine di Cristo, in legno e car-tapesta. Un rito antico trasforma la vita in scena sacra, il tempo e i suoi protagonisti fuggevoli in personaggi simbolici.

È la processione della vita, rito anch’esso an-tico. La vita di ogni giorno, tutti gli altri giorni, che venerdì santo non sono, sembra portarci altrove. Ma nel giorno del Cristo morto, si ritor-na lì, a riscoprire le radici, di Dio e degli uomi-

ni, della loro vicendenvole passione, del pianto eterno che lega la loro vita e la loro morte. È lui ad avere riguardo di noi della nostra storia, della nostra vita, delle nostre paure e dei nostri pec-cati. Egli combatte per noi l’antico oppressore, il moderno sconforto della disperazione.

Da queste colonne vogliamo lanciare la pro-posta di celebrare, come segno di attenzione per quanto, come comunità agrigentina abbiamo vissuto nei giorni passati, la via crucis cittadi-na, quella che coinvolge tutte le parrocchie della Città, nel Centro Storico e non per la via Atenea, la via commerciale cittadina. Così anche in tutti gli altri comuni della provincia che con Agrigento condividono le diffi coltà le-gate all’abbandono dei centri storici cittadini.

Attenzione però, al Dio di Gesù Cristo non basta il Centro Storico. In quelle vie egli vi abita non solo il venerdì santo ma tutti i giorni del-l’anno.

LdP

Centro Storico:due strade da attenzionare

2di LdP 3

Robin Hood al

Pirandello

U.S.

CULTURACITTÁ

Favara: prontezza a

futura memoria

4di Paolo Cilona

PROVINCIA

6

Alessandria d. Rocca: tenuto il terzo corso di Studi

di Filippo Pendino

VITA ECCLESIALE

VERSO IL CONVEGNO DIOCESANO

Chiesa e comunioneLa Chiesa agrigentina si prepara a vivere un importate

appuntamento di crescita comunitaria: il Convegno di tutti gli operatori della pastorale.

L’incontro si terrà il prossimo 6 marzo, presso il Pala-congressi di Agrigento sul tema “Chiesa: comunione di comunità; dal Sinodo Diocesano alle Unità pastorali”.

Servizio a pag.7

La via Crucis cittadina?Facciamola nel Centro Storico

Dov’era Dio?«Non condivido quello che il

vescovo ha detto e fatto. Io credo che un ministro di Dio debba avere sempre un solo compito: quello di credere che ogni cosa che avviene, avviene per un di-segno divino anche, purtroppo, la morte di due innocenti».

Sono le parole (qualcuno le ha definite “perle di teologia”) con cui il presidente della provincia D’Orsi, ha dato inizio all’incon-tro dei sindaci, presso la sede del comune di Favara, il giorno 27 Gennaio, giorno successivo ai funerali di Marianna e Chia-ra Pia. Un incontro che aveva, come fine quello di focalizzare l’attenzione sul problema dei centri storici dei comuni della nostra provincia e che, nella parte iniziale, è stato un violen-to attacco alla scelta dell’Arcive-scovo di non presiedere i funerali delle sue sorelline.

Ma non è sulla scelta dell’Ar-civescovo che voglio scrivere, an-che perchè ne ho parlato la scor-sa settimana, nè della critica dei sindaci, che dalle successive di-chiarazioni è stata stemperata e da molti ritenuta inopportuna e priva di fondamento, bensì di un tema che le parole del presi-dente D’Orsi , anche se in modo strampalato, hanno accennato e che può essere sintentizzato nel-la domanda: dov’era Dio quel giorno? Che cosa ha fatto per Marianna e Chiara Pia?

È questa l’antica e sempre nuo-va domanda sul dolore, special-mente sul dolore innocente, che è risuonata anche sulle braccia della croce: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

La risposta è certo avvolta dal silenzio e dalla discrezione ma la Parola di Dio ci spinge ad andare oltre la domanda del Crocifisso, ad accompagnare ancora la sua storia verso l’ora luminosa della Pasqua.

Troppo spesso, però, questi stessi interrogativi costituiscono, malgrado l’apparenza, la più grande elusione. Vanno rove-sciati: dov’era la persona uma-na? Che cosa ha fatto quella persona umana più vicina alle sorelline? Perché nessuno, prima che la tragedia si sviluppasse in toni così fatali, non ha avverti-to in sé la responsabilità di un intervento? La morte delle due sorelline è dovuta ad una serie di cause provocate certamente dall’ egoismo e dalla mano del-l’uomo. Per questo le responsa-bilità degli uomini non possono non essere chiamate in causa.

Responsabilità che affondano le radici nell’egoismo, di fronte alle quali la comunità cristiana è chiamata ad esercitare un’ope-ra di controllo vigile e di denun-cia accompagnata però da una testimonianza di coerenza per-sonale e di gruppo nell’impegno di giustizia e di amore.

Carmelo Petrone

Anche nella nostra Ar-cidiocesi sarà celebrata la XVIII Giornata Mondiale del Malato il cui tema per l’anno 2010 è: «La Chiesa a servizio dell’amore per i sof-ferenti».

Luogo dell’incontro dioce-sano sarà il Santuario della Madonna dell’Udienza di Sanbuca di Sicilia alle ore 16.00. A presiedere l’Euca-restia sarà mons. Francesco Montengro.

A tutte le parrocchie ed ospedali è stato spedito il bustone con il relativo materiale di informazione.

Siamo tutti invitati a dare un notevole rilievo a tale Giornata, per far sentire la solidarietà della Chiesa al mondo della soffe-renza.

11 Febbraio 2010Giornata del Malato

IL FENOMENO DEL RACKET NELLA NOSTRA PROVINCIA

Usura: un fenomeno che merita più attenzioneIrecenti avvenimenti ri-

portati dalla cronaca, con riferimento all’opera-zione di polizia sul fenome-no dell’usura nella nostra provincia, impongono di non poter più sottovalu-tare la stretta correlazione che esiste tra la mafia e il turpe traffi co che sfrutta lo stato di diffi coltà in cui si trova chi non riesce ad uti-lizzare i normali percorsi di accesso al credito. Un feno-meno che merita maggiore attenzione e che secondo l’assessore al bilancio del-la Provincia Regionale di Agrigento, si dovrebbe con-cretizzare “nell’istituzione di un vero e proprio asses-sorato alla lotta all’usura nei 43 Comuni della provincia e alla stessa Provincia re-gionale e in un protocollo di intesa, firmato dai sinda-cati, volto a promuovere lo sviluppo di un mercato del credito più trasparente ed

equo che riesca a pianifica-re percorsi capaci di porre fine al fenomeno”.

All’indomani della no-tizia dell’operazione di polizia con nove arresti per usura nell’agrigentino, hanno fatto sentire la loro voce, con una dichiarazio-ne congiunta, il presidente della Camera di commercio di Agrigento, Messina, e il presidente di Confindu-stria Agrigento, Catanzaro,

sottolineando che “è dram-maticamente presente nella nostra realtà l’infame prati-ca di chi approfitta di lavo-ratori, famiglie e operatori economici in condizioni di disagio economico. Invitia-mo – hanno aggiunto - gli istituti bancari ad accostar-si a chi è in diffi coltà con spirito di collaborazione e consulenza”.

Salvatore Pezzinocontinua a pag.4

Richiedi il Cd con la raccolta del 2009 de L’Amico del Popolo

Il cd contiene la raccolta 2009 del Settimanale in formato Pdf.

Per informazioni chiamare lo 0922/24345 - [email protected]

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2 L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010CittàIn Breve CENTRO CITTÁ

Attenzione all’imbocco di queste due vie

la Settimana di Eugenio Cairone

Il “caso” del viadottoÉ davvero una strana città la nostra. Il “caso” del viadotto

Morandi solleva, anzitutto, un interrogativo: Perché impedire ai privati di fare quello che il “pubblico” non ha fatto in tantis-simi anni? Si dice che dipenda dalle disponibilità economiche che non si hanno. Ma molto dipende anche dall’incapacità di agire mentre la gente, aspettando soluzioni che non arrivano, ci rimette anche la vita. “Bisogna fare in modo che sul viadotto Morandi cessino i pericoli”. Lo abbiamo ascoltato tante volte. É diventato quasi un ritornello. La collocazione di barriere di si-curezza sul famigerato viadotto, con pannelli solari, secondo il progetto, sarebbe una cosa fattibile subito a costo zero. Anche perché i progetti come quello che ha proposto, l’imprenditore Salvatore Moncada ama realizzarli con i fatti. Ma, questa volta, il suo progetto non può ottenere il nulla osta essendo la zona sog-getta al vincolo di inedificabilità assoluta per cui i pannelli solari

non possono essere autorizzati neanche se legati ad un’iniziativa che tende a salvare delle vite umane.

Il problema della pericolosità del viadotto che, grazie a Mon-cada, sembrava prossimo ad una soluzione, è destinato cosi a rimanere ancora insoluto. Una brutta storia. Il ridicolo della vi-cenda, intanto, nessuno potrà cancellarlo. Dopo aver consentito la costruzione del viadotto sulla necropoli, si vogliono mostrare i muscoli per far rispettare la legge. Ma a tutela di cosa?

La Sagra e BellomoAffi darsi all’agrigentino Francesco Bellomo per le manifesta-

zioni collaterali alla 65° Sagra del Mandorlo è, sicuramente, un affare in termini di promozione pubblicitaria dell’evento. Una scelta azzeccata nel bel mezzo della grande incertezza che ha preceduto la vigilia. E di lustro la Sagra ne ha proprio bisogno.

Francesco Bellomo, almeno, è un agrigentino e con gli spetta-coli ci sa fare essendo un produttore di prestigio.

ASSOCIAZIONISMO Nuovo priore Confraternita S. Calogero

Nei locali del Santuario di San Calogero di Agri-gento, la Confraternita di San Calogero ha rinno-vato le proprie cariche per il triennio 2010/2012 per Priore e Consiglio Direttivo. Nuovo Priore è stata eletta Antonella Gallo Carrabba, sociologa e presidente dell’Associazione “Focus Group” Onlus ente gestore del Centro Antiviolenza “Telefono Aiuto” di Agrigento. Il Consiglio direttivo è così costituito da Salvatore Bugea, Angelo Principato e Gerlando Riolo. Segretario è Carmelo Virdò Car-melo, Tesoriere Nicola Di Francesco. Antonella Gallo Carrabba, prima donna ad essere nominata Priore di una Confraternita, dopo avere ringrazia-to per l’azione svolta, il Priore uscente, Salvatore Pezzino, sta già pianificando in tempi brevi sia le azioni più effi caci per perseguire le finalità statu-tarie della Confraternita, legate al culto del Santo ed alla tutela del santuario, che per programmare le attività connesse all’appuntamento di luglio per le festività del Santo più amato dagli agrigentini.

CENTRO STUDI GIULIO PASTORE Eletto il nuovo presidente

L’assemblea dei soci, con voto unanime, ha eletto presidente onorario del Centro Studi “Giulio Pastore” l’on. Vincenzo Fontana, per l’ at-tenzione con cui ha sempre partecipato alle ini-ziative promosse e realizzate dal Centro e per l’ impulso dato alla crescita culturale della provin-cia, prima come amministratore locale e attual-mente come parlamentare. Nella stessa seduta, è stato eletto come presidente Salvatore Pezzino, al posto di Mimmo Catuara che è stato alla guida del Centro Studi per due mandati consecutivi. Il Centro “Giulio Pastore”svolge la sua attività da oltre trent’anni, occupandosi di promuovere stu-di e ricerche di carattere economico e sociale ri-guardanti tutti i settori produttivi dell’economia siciliana anche attraverso specifiche pubblicazio-ni, organizzazioni di convegni, seminari e tavole rotonde.

SAGRA DEL MANDORLO Arriva la giuria popolare

Tra le principali novità della 65esima edizione della sagra del mandorlo in fiore vi è l’istituzione della giuria popolare. Una scelta fortemente vo-luta dal direttore artistico del Festival, Carmelo Cantone, che intende in tal modo, avvicinare ulteriormente gli agrigentini alla sagra. “I pro-tagonisti del festival – dice il direttore artistico Carmelo Cantone - a partire da quest’anno, sa-ranno proprio gli agrigentini che, con il loro voto, decreteranno il nome del gruppo vincitore del 55esimo festival internazionale del folklore”. “Una scelta operata al fine di coinvolgere in ma-niera diretta i nostri concittadini che, ogni anno, hanno fatto registrare il “tutto esaurito” agli spet-tacoli del Palacongressi, dimostrando un profon-do attaccamento ad una manifestazione che, da 65 anni, è nel cuore di tutti gli agrigentini”.

CONFCOMMERCIO Bellavia nuovo presidente

Calogero Bellavia fondatore della storica azien-da d’abbigliamento con sede a Porto Empedo-cle, assume per un quinquennio le redini della Confcommercio di Agrigento. Il suo bagaglio di risorse umane e professionali è stato giudicato congeniale alla guida di un’organizzazione, avente per scopo la promozione e tutela del commercio e dei commercianti operanti sul territorio provin-ciale. Bellavia è stato eletto per acclamazione dai componenti del Consiglio generale. «Sono felice, onorato ma soprattutto pronto a questa sfida. Il motivo per cui ho accettato questo incarico – dice il neo presidente di Confcommercio Calogero Bellavia – seppur con tutte le problematiche con-nesse al tempo da dedicare ad entrambe le attività (Confcommercio e l’azienda di proprietà) è matu-rato dopo un’attenta riflessione».

CENTRO STORICO due città a confronto

La perdita dello spirito di fratellanza

In questi giorni, apprendiamo dall’uffi cio stampa del comune capoluogo, è partito il mo-nitoraggio del centro storico curato dal gruppo comunale dei volontari di protezione civile, re-centemente costituitosi ad Agrigento.

Noi, nel nostro piccolo, vogliamo segnalare

due diversi possibili crolli che si potrebbero verificare a causa del degrado in cui versano gli stabili interessati dall’incuria. Via Duomo parte iniziale (foto 1) il muro di cinta del giardino di Villa Amoroso, a causa di infil-trazioni, ha assunto un rigonfiamento alquanto preoccupante ed ha cominciato a dare i primi segni di cedimento, nei giorni scorsi pezzi di tufo sono cominciati a cadere. Ma non finisce qui, proseguendo un po’ oltre, ed in particolare incrociando la salita Itria, svetta in alto il muro perimetrale della ex chiesa dell’Itria (proprie-tà anche questa di privati cittadini come villa Amoroso) (foto 2) privo di qualsiasi accorgi-mento che possa evitarne la rovinosa caduta

sulla via Duomo sottostante. Altra segnalazione che vo-

gliamo fare riguarda palazzo Iacono, in via Santa Maria dei Greci(vedi foto 3). Il Palazzo si rende nuovamente protagoni-sta di pericolo con lo “scivola-mento” che lo stesso sta avendo verso la suddetta via. L’Angolo del palazzo, infatti (vedi foto 4), sta lentamente degradando verso l’unica via di accesso alla zona sotto stante la via Duomo. Il rischio è, se dovesse crollare, quello di tagliare fuori coloro

che abitano in quella zona del centro, il cui iso-lamento sarebbe maggiore se venisse meno la via di accesso superiore alla collina che è la via Duomo.

LdP

scende La voglia di primavera

Il freddo di questi giorni, (la neve sulle montagne accan-to Cammarata e sul monte stesso ne sono l’esempio lampante) sta facendo desi-derare agli agrigentini che arrivi presto la rpimavera. La grandinata dei giorni scorsi ci ha fatto piombare improvvisamente in pieno inverno ed i pochi mandorli fioriti hanno perso la loro infiorescenza. Tra breve dovrebbe cominiciare la sagra del mandorlo, ci augu-riamo che con essa arrivi anche l’anticipo di prima-vere che contraddistingue i giorni della manifestazione.

L’arredo cittadino

Campeggia ancora in tutta la sua maestosità l’albero di Natale che è stato collocato in piazza Marconi per le scorse festività natalizie. ma è così difficile togliere una struttura, forse di ferro o acciaio, la quale è stata rive-stita di verede? Se la compe-tenza non è dell’assessorato al ramo ma di uno sponsor o altro, cosa si attende per fare rimuovere questo resi-duato delle ormai passate feste, che arrivi il Natale 2010? O si cambierà rive-stiemnto per dar vita all’al-bero pasquale?

Ritornato dalla Spagna, dove a Madrid partecipai a una tre giorni per i superiori della Congregazione dei Redentoristi d’Europa di lingua neo-latina, ho scritto al superiore provinciale spagnolo come segno di rin-graziamento: “Sono ritornato a casa pieno nel cuore per l’accoglienza fraterna e pieno negli occhi per le cose belle viste, possedute ed amate”.

Non credevo di trovare in Spagna una tale progettazione: strade spa-ziose, monumenti avveniristici, palazzi eleganti, chiese moderne ma raccolte. La giornata, poi, trascorsa a Toledo fu tutta una scoperta. Una città sorta al tempo della dominazione araba, contemporanea alla no-stra Agrigento, situata anch’essa in collina, ma quale splendore, quale bellezza!

Gli spagnoli hanno saputo conservare la cinta muraria originaria con le sue porte monumentali, hanno rivestito le mura dei palazzi pur man-tenendo il sapore antico ed hanno lasciato l’antica pavimentazione delle strade, fatta di ciottoli.

E la pulizia della città: tutto un candore. Mentre camminavo guarda-vo stupito. I miei occhi si riempivano del bello che mi circondava e ne gioivo, ma nello stesso tempo dentro mi montava la rabbia a causa di co-loro i quali hanno invece vestito di stracci luridi e ributtanti la mia città

adottiva. Eppure proclamiamo

ai quattro venti che Agri-gento è una città a voca-zione turistica.

Quante volte le mie orecchie hanno sentito dai forestieri di passaggio per via Duomo la frase “Non ci vengo più!!!” per il trattamento ricevuto e per come la città si è pre-sentata ai loro occhi.

La differenza tra noi e gli spagnoli c’è. Loro, guardando il futuro, hanno pensato al bene dei loro figli, mentre noi abbiamo messo in pratica il motto: “Meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Quanti turisti a gennaio ho incrocia-to pur essendoci a Madrid la neve.

Proprio per questo non guardare lontano, abbiamo foraggiato una politica, gestita da gente “senza arte e senza parte”, che ha messo negli uffi ci, per convenienza elettorale, gente che non sa progettare. Da questa situazione sono venuti fuori i consulenti ben pagati. È di qualche anno fa la lettera aperta, pubblicata su questo giornale, al governatore Salvato-re Cuffaro su quel consulente che percepiva più di mille e cinquecento euro al giorno. Eppure questi consulenti hanno fatto perdere i finanzia-menti CEI, quale l’Agenda 2000, e tanti altri.

Ora che i nostri centri storici cadono a pezzi, seppellendo vite umane innocenti, si versano lacrime di coccodrillo. Sono sicuro che dopo i fu-nerali solennissimi, partecipati da una marea di popolo e di autorità, del-le due bambine di Favara tutto ritornerà come prima o peggio di prima.

Sarà proprio così, perché da noi vi è una caduta precipitosa di morali-tà: abbiamo perduto lo spirito comunitario, lo spirito di fraternità.

Giuseppe Russo

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Cultura 3L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010

Da giovedì 4 febbraio nuovo appuntamento della sta-

gione teatrale del “Pirandello”. Questa volta è il turno di Manuel Frattini protagonista del musi-cal “Robin Hood” di Beppe Dati (autore di molti successi di Mia Martini, Francesco Guccini e Marco Masini), con Valeria Mo-netti e le coreografie di Fabrizio Angelici, per la regia di Christian Ginepro.

Il musical racconta la leggen-da di quell’eroe le cui avventure si tramandano da ottocento anni di cantore in cantore, lasciando ai secoli il compito di affi nare questa storia antica. Lo spetta-colo è la celebrazione di questa vicenda, costruendo però un nuovo contesto creativo che for-nisce più chiavi di lettura ad un pubblico eterogeneo, usando,

per dare spessore ai personaggi, un linguaggio visivo di spettaco-larizzazione che trae ispirazione dalla simbologia delle favole in un connubio di magia e intrec-cio. In una grande scena che in-canta e stupisce, si incontrano gli eroi positivi Marianna e Robin, le maschere di fra’ Tuck, di Little John, della Tata, dell’improbabile Re Giovanni e del crudele Sce-riffo senza dimenticare il perso-naggio Nuvola che vuole essere il collegamento tra il passato di Robin e ciò che diventerà: Robin Hood. Avventori, banditi, popo-lani, dame, ancelle, servitori ac-compagneranno gli spettatori in questa bella avventura che vuole anche raccontare come un uomo può diventare un eroe.

Il protagonista dello spettacolo è Manuel Frattini che viene sco-

perto per interpretare il ruolo di Mike Costa nel musical A Chorus Line, dove riscuote un immediato grande successo personale; si consacra come nuovo talento del musical ita-liano nella stagione 1996/1997 ricoprendo il ruolo (che fu del grande Donald O’Connor) di Cosmo Brown in Cantan-do sotto la pioggia; conquista già da subito un grande con-senso che conferma alla fine degli anni ’90 con il musical Sette spose per sette fratelli, nel quale interpreta, con stile

memorabile, il ruolo di Gedeone, al fianco di Raffaele Paganini e Tosca, e viene definito “stella emergente”, “ri-velazione”, “vera creatu-ra da musical”.

Le stagioni 1999/2000 e 2000/2001 lo vedono dividere il palcosceni-co con Christian De Sica, Lorenza Mario, Monica Scattini e Pao-lo Conticini nel fortu-nato musical Tributo a George Gershwin - Un Americano a Parigi; nel 2006 Manuel Frattini si trasforma in Peter Pan, il nuovo musical con le musiche di Edoardo Bennato.

Al “Pirandello” sono previste le repliche di giovedì 4, alle ore 20.30, venerdì 5 alle ore 17, sa-bato 6 nuovamente alle ore 20.30 ed, infine, domenica 7 alle ore 17.

I biglietti sono in vendita pres-so il botteghino del teatro a par-tire da giovedì 4, dalle ore 10 alle ore 13 e dalla ore 14 alle ore 18 ed un’ora prima dell’inizio dello spettacolo mentre sono già in funzione la biglietteria de “Il Se-stante”, sita in via Platone, e quel-la del “Box Offi ce” di via Cicero-ne, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 19,30.

Il prezzo del biglietto è sempre di 20 euro per i posti di platea o di palco di prima fila e di 15 euro per i posti di palco in seconda fila. .

In occasione di questo spet-tacolo eccezionalmente, al fine di favorire una più ampia par-tecipazione delle giovani gene-razioni alle iniziative teatrali e per venire incontro a specifiche richieste pervenute, si è deciso di promuovere una specifica re-plica riservata agli studenti per sabato 6 febbraio, alle ore 10,30, al prezzo speciale di 7 euro.

U.S.

Robin Hood in musicaSICILIANITÁTEATRO PIRANDELLO Dal 4 febbraio il musical sull’eroe di Sherwood

Un eroe popolare

H a n n o voluto far vedere alle g i o v a n i g e n e r a -zioni le condizioni in cui si è trovata la chiesa ma-dre di Ri-bera, il più

grande e importante luogo di culto della città, attraverso significative immagini fotografiche che hanno mostrato gli anni del crollo avve-nuto il 29 dicembre del 1969, per le lesioni del terremoto dell’anno prima e per le conseguen-

ti infiltrazioni di acqua piovana, nonché per l’estremo abbandono in cui è stato lasciato per circa un trentennio, alla mercè delle intempe-rie.

Autori e curatori della mostra fotografica sono stati Domenico Macaluso e Raimondo Lentini, due attenti ricercatori locali, che sono riusciti a mettere insieme una trentina di fo-tografie, in buona parte a colori, in fruizione pubblica dal Natale scorso sino alla prossima primavera, dentro la chiesa. Le toccanti im-magini mostrano il rudere senza tetto, le tre navate, le statue dei santi e quanto ha rischiato di scomparire per sempre. La madrice è stata ricostruita, con tre distinti finanziamenti re-gionali, tra il 1990 e il 1999, con un progetto di ricostruzione e di restauro conservativo a cura

dell’ing. Antonino Cucuzzella, riberese, oggi scomparso.

Le foto, dentro una cornice di vetro, hanno accanto una breve didascalia storica e artistica dei luoghi e degli oggetti rappresentati, dai si-mulacri, rimasti per fortuna integri, al presbi-terio, al campanile del 1926 costruito da Rai-mondo Lentini sr. I visitatori, ma soprattutto le nuove generazioni, hanno così la possibilità di potere conoscere la storia di ieri e di oggi della chiesa madre, la venerazioni dei santi e la storia delle feste religiose e tradizionali. I foto-grammi, tratti da diapositive a colori scattate negli anni a cavallo tra il 1989 e il 1990, oggi diventano sprazzi di storia locale.

«Abbiamo voluto mettere assieme, con la collaborazione dell’arciprete don Pasqualino

B a r o n e , i tassel-li di un mosaico che rap-presenta la storia della no-stra città – ci dico-no Mim-mo Ma-caluso e Raimondo Lentini – nell’anniversario del decennio della riapertura del luogo di culto avvenuto il 14 dicembre del 1999. La mostra rimarrà fruibile sino alla festività pasquale».

Enzo Minio

appuntiA volo d’uccello - Opere

di Rossella Leone è la mostra allestita alle Fabbriche Chiara-montane, in piazza san Fran-cesco ad Agrigento. Si tratta di acquerelli di grande formato e sculture. Apertura mart. - dom. dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 20.30. Fino al 14 marzo.

Il Collegio dei Filippini, in via Atenea ad Agrigento ospita la mostra “I Giganti di Akragas”, iniziativa curata da Pietro Meli, Carmelo Ben-nardo e Tommasi Gagliardo. In vetrina le stampe d’epoca dedicate al tempio di Zeus provenienti dalla collezione del parco Archeologico della Valle dei Templi. É possibi-le visitare la permanente di LoJacono e Gianbecchina.

Nell’ex chiesa Vecchia di porto Empedocle, oggi au-ditorium san Gerlando, è visitabile la mostra di pittura Fausto Pirandello, ritorno alla marina. 30 opere realizzate dal primogenito di luigi piran-dello, per la prima volta espo-ste nella terra di origine della famiglia. Fino al 6 aprile dalle 16.00 alle 20.00 e nei giorni fe-stivi dalle 9.00 alle 13.00.

A tutti coloro che voglia-no riscoprire il fascino di un antico maniero mediovale ma anche ai semplici turisti e curiosi è possibile visitare il Castello della Luna di Sciacca nel quartiere san Michele.

Sono ancora presenti alla nostra memoria i dibattiti letterari sulla paternità dei termini si-cilitudine e isolitudine, che hanno travagliato almeno per un trentennio la recente storia della letteratura siciliana.

Il primo è stato attribuito erroneamente a Leonardo Sciascia, come dimostra Salvatore Di Marco, uno dei più affermati critici di letteratura siciliana dialettale, secondo il quale sicilitudineera stato già coniato dal Gruppo ‘63, costituitosi a Palermo da Roberto Di Marco, Michele Per-riera e Gaetano Testa, con l’intento di rinnovare profondamente i canoni e i temi della letteratura e farsi interprete del disagio sociale, con una let-teratura d’avanguardia.

Questa fortunata parola, tutt’oggi ancora in uso, prima di farla propria, lo scrittore di Racal-muto, fu usata da Crescenzio Cane «un ostinato cantore della rabbia sottoproletaria delle dispe-rate periferie di Palermo». Altro vivace dibattito, invece, sulla paternità di isolitudine che ha visto la contesa tra lo scrittore Lucio Zinna, che, se-condo Di Marco, rivendicava la paternità, e Ge-sualdo Bufalino.

Se sicilitudine e isolitudine, come abbiamo visto, sono stati oggetti di vivaci dibattiti sul-la paternità, non dovrebbero esserci dubbi su quello che ha coniato recentemente Piero Car-bone, affermato poeta dialettale, anch’egli della terra di Racalmuto: sicilinconia. Con il quale ha dato titolo ad una nuova raccolta poetica: Venti

di sicilinconia, un’opera che la giuria del Premio Martoglio ha premiato.

Il termine coniato da Piero Carbone non è una aggiunta ai due precedentemente ricorda-ti. La differenza è, a nostro avviso, sostanziale. Mentre sicilitudine e isolitudine si connotavano per una questione prevalentemente sociale, il termine sicilinconia desidera marcare uno sta-to d’animo, un sofferto cammino per le vie più intime della nostra coscienza per rilevare una delusione che più che sociale è anzitutto esi-stenziale. Non per niente, nella prefazione della raccolta, edita dalla casa editrice Medinova di Favara, diretta da Antonio Liotta, il prefatore Di Marco si chiede fino a che punto non possa trovarsi un collegamento con il sartiano essere e nulla. Tuttavia in Carbone non è assente quel desiderio di uscire dallo stato di prostrazione, appunto, sicilinconia, soprattutto quando in un verso esprime il desiderio di valicare i cieli: «N cieli – pinzavu – vuogliu camminari», per su-perare la tendenza nichilista: «Essiri. Un’esseri. Duranu un mumentu./ C’era, un c’è cchiù. Cu l’arricorda? Vientu, siemmu vientu». Parole che per molti aspetti ci rimandano al nichilismo del primo Pirandello. Di certo, la lirica dialettale di Carbone, in chiave sicilinconica, rimanda allo stato d’animo sofferto di Giacomo Leopardi che dopo aver interrogato la luna per il faticoso pe-regrinare giunge ad «orrido abisso».

Enzo Di Natali

Venti di sicilinconiaPREMIO MARTOGLIO Riconoscimento per Piero Carbone

Ammiri eroi di granni battagli,/puliticuna apprez-zi straputenti, / di tanti genii tu ti meravigli,/meritu duni a dotti e sapienti./Ma puru l’artigianu di paisi/a un populu po’ dari lezzioni/e fari ricurdari li so’ ‘mpri-si/di generazzioni in generazzioni.

Carmine Bandiera (l’artigiano, di cui nella puntata precedente), provetto orologiaio che gli affezionati clienti e i ragazzi del quartiere gratificavano onorandolo con un sonoro “don” premesso al nome che veniva abbreviato in “don Ca’”, effettivamente, una pistola, chiusa in un casset-to ce l’aveva, ed a portata di mano. Per la verità, non l’ave-va mai usata, né intendeva farlo neppure per eliminare il provocatorio affronto e la mancanza di rispetto commes-sa più volte dal bellimbusto, che – da qualche tempo – si aggirava nel quartiere. Sapeva che era suo precipuo dove-re e, quindi, diritto, difendere la propria dignità e l’onore di sua moglie; sapeva, d’altra parte, che in questi frangenti, anche amici e parenti non intervenivano, se non richiesti. Il bravo artigiano, pensa che ti ripensa, si fermava sempre, concludendo: “Nessuna richiesta di intervento a chicches-sia”, tantomeno al capomafia (costui si era fatto vedere in bottega, “alludendo”, ma senza una chiara precisazione). Ancor meno riteneva opportuno rivolgersi ai Carabinieri.

Come una voce imperiosa interiore gli imponeva: “Devi dimostrare, una volta per tutte, che puoi bastare a te stes-so, e di sapere difendere la tua dignità, l’onore di tua mo-glie e gli interessi della famiglia”. Ricordava anche di avere ascoltato un’espressione sapienziale: “Guai al marito che affi da ad altri la difesa del suo onore e quello della fami-glia, ora o poi si troverà in ginocchio di fronte a qualcuno”.

Sia la gente, che gli voleva bene, ma anche i curiosi, sfaccendati, in cerca di emozioni paesane, si aspettavano che la sua intelligenza escogitasse un geniale modo per dare una memorabile lezione al bellimbusto che riteneva di potere mancargli di rispetto, impunemente.

Escluso, quindi, l’uso della pistola o di altra arma che potesse portare alla tragedia.

E così avvenne: un giorno assolato, in un pomeriggio di Maggio, accorgendosi da lontano della presenza dello scriteriato giovinastro, impugnò ben salda la sua arma se-greta, e continuò a camminare, sempre col suo passo di danza che lo portava verso la bottega. Occhio vigile, ner-vi saldi, aspettava la mossa del nemico. Come previsto, il ragazzone gli si para dinanzi inteso ad alzare la gamba destra per scavalcarlo, quasi fosse un paletto. “Don Cà” si ferma, saldo, pur sulle fragili gambe, e – proprio al mo-mento che la gamba si solleva sulla testa – l’inesorabile artigiano drizza a sua volta il fido bastoncino e riesce, con chirurgica precisione, a farlo penetrare tra certi delicati “ingranaggi” inguinali. Un urlo di belva ferita echeggiò per la strada, che in quel punto si slargava, e molta gente vide la scomposta figura del giovane crollare, sbatacchiando per terra, mentre, tra gli applausi, don Carmine Bandiera, quasi portasse in trionfo la sua dignità, danzando si avvia-va ad aprire la sua onorata bottega.

Lo sconsiderato giovane tentò più volte di rialzarsi. Non riuscendovi, piangendo, tese le mani agli astanti, che, mal-volentieri, lo accompagnarono, quasi trascinandolo, alla bottega del padre, non molto lontana.

Fu lezione memorabile. L’autore della bravata rimase storpio per tutta la vita, e dovette allontanarsi dal paese, per sfuggire alla vergogna di essere additato, specie dai ra-gazzi, come: “il gigante scavigliato”.

Si era in pieno regime fascista. Il fenomeno mafioso sembrava fosse stato ridotto al silenzio. Anche qualcuno dei capi si era convinto ad indossare la camicia nera. Ma l’onorato artigiano, che si nutriva della lettura non solo della Bibbia ma anche dei classici greci e latini, compren-deva che il tempo di un potere che intendesse servire i veri bisogni del popolo, era passato. Bisognava, dunque, trovare altra via per non finire servi o, addirittura, schiavi di una schiera di uomini politici facinorosi, se non – come oggi càpita – organizzati solo per delinquere ed oppri-mere chi non sa o non può reagire. Aveva compreso che l’epoca di un’autorità che avesse il carisma di una forza – luce sapienziale per guidare i piccoli e i deboli, era tra-montata.

Piresse

RIBERA Mostra fotografica sulla Chiesa Madre

Documentare una rinascita

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4 L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010Provincia

Brevi provincia

Usura: un fenomeno che merita più attenzione

POCHE LE DENUNCIE anche se rispetto al passato si registra un aumento

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

Sono una studentessa, che per pagarsi gli studi lavora. Abito a Palermo, in un piccolo ap-partamento dei miei genitori. Lì non ho nessun televisore. A casa dei miei, invece, ho un appa-recchio televisivo tutto mio, nella mia stanza. In questi giorni, all’indirizzo di Palermo mi è arrivata una lettera della RAI, con la quale mi viene intimato di pagare il canone. Non capisco perché: forse si riferiscono al televisore che ho in camera, a casa dei miei? Ma non dovrebbe rientrare nell’abbonamento RAI di mio padre? (A.N., Agrigento)

In questo caso, sembra di capire che l’interessata vive con i genitori; ma, evidentemente per ragioni di studio e di lavoro, ha la residenza anagrafica a Palermo, e non è più nello stato di famiglia di suo padre. Questo spiegherebbe perché l’intimazione di pagamento del canone sia stata indirizzata alla sua abitazione di Palermo (quella della residenza anagrafica). Succede spesso: la RAI invia ai sogget-ti che hanno cambiato residenza una lettera con

cui chiede il pagamento del canone, presumendo che abbiano un apparecchio televisivo nella loro nuova abitazione. Come deve comportarsi chi ha ricevuto la lettera, se, di fatto, continua a vivere con il nucleo familiare d’origine? La soluzione migliore è quella di rispondere che non si possiede alcun apparecchio televisivo; o, meglio ancora, ignorare del tutto la richiesta di pagamento. Infatti, la leg-ge n. 223/1990 prevede che chi paga un abbona-mento può detenere più televisori, tanti quanti ne vengono utilizzati nell’ambito dello stesso nucleo familiare. Però, quando una persona anagrafica-mente risulta abitare da un’altra parte, se possie-de un televisore nella residenza anagrafica deve pagare il canone per conto proprio. Si considera, insomma, la residenza anagrafica, e non quella effettiva. Naturalmente vale anche il contrario: se nella residenza anagrafica non si ha un televisore, nessun canone è dovuto. In questo caso, si può ri-spondere alla RAI che non si possiede apparecchio televisivo; oppure si può ignorare la richiesta.

AEROPORTO Tra breve iniziano i lavori

Il Presidente della Provincia D’Orsi ha informato du-rante una conferenza stampa la chiusura favorevole del-l’istruttoria dell’Enac per la costruzione dell’aeroporto di Agrigento. «Finalmente - ha detto il Presidente - è arri-vata sul tavolo del Ministro alle Infrastrutture Matteoli la relazione e il nulla osta dell’Enac per la realizzazione del-l’aeroporto di Agrigento. L’aeroporto diventa una realtà. Abbiamo allertato il Sindaco di Licata e il nostro uffi cio tecnico per preparare la variazione del Piano regolatore del comune. E questo il prossimo passaggio amministra-tivo per iniziare i lavori. Gli Agrigentini potranno presto volare dal proprio territorio, ha continuato D’Orsi – e il turismo potrà finalmente crescere grazie all’aeroporto, creando nuovi posti di lavoro».

CANICATTÌ Pensionato uccide l’ex moglie

Un pensionato di 72 anni, Calogero Onolfo, ha ucci-so a coltellate l’ex moglie, Costanta Paduraru, 52 anni di origine rumene. Il fatto è accaduto dinanzi la chiesa San Domenico, nel centro storico di Canicattì. Onolfo ha pri-ma avvicinato l’ex moglie, dalla quale si era separato due anni addietro, ed al rifiuto della donna di parlare con lui, ha tirato fuori un coltello da cucina che portava addos-so, l’ha accoltellata ed è scappato. Costanta Paduraru si è accasciata a terra ed è stata immediatamente soccorsa e successivamente trasportata all’ospedale Barone Lombar-do, ma durante il tragitto la donna è deceduta, dopo avere riferito ai medici il nome di chi l’aveva accoltellata. Onolfo si è costituito alcune ore dopo alla caserma dei carabinieri di Canicattì, adesso agli inquirenti capire il motivo che lo ha spinto a compiere un gesto così efferato.

PORTO EMPEDOCLE Continuano le demolizioni di edifici fatiscenti

Una palazzina fatiscente che in passato aveva ospi-tato la sede di alcuni uffi ci della Società Italkali, in via dell’Industria a Porto Empedocle, con un’Ordinanza del Sindaco, Calogero Firetto, da questa mattina è in fase di demolizione. Le ruspe di una ditta specializzata, infatti, sono al lavoro per demolire l’edificio. «Il provvedimento – ha spiegato il primo cittadino – è stato adottato non tanto per le precarie condizioni della costruzione quan-to per riqualificare l’intera area urbana. Infatti in tempi recenti, nella zona era già stata demolita l’ex raffi neria del sale, sempre di proprietà dell’Italkali e al suo posto verrà realizzata un’area di sosta per gli autobus interco-munali».

AGRICOLTURA L’Acli terra critica la vendemmia verde

«Siamo di fronte al paradosso. Politiche miopi che vanno contro i più elementari principi di economia e di marketing». Così Nicola Perricone, presidente delle Acli Terra Sicilia, commenta la “vendemmia verde” prevista dalla nuova Ocm (Organizzazione comune di merca-to) vitivinicola. «Si tratta di una misura che prevede la concessione di un contributo a fronte dell’eliminazio-ne totale dei grappoli non ancora giunti a maturazione – spiega Perricone –, un intervento che va contro i cri-teri che sino ad oggi hanno retto Ocm stessa». Secondo il presidente di Acli Terra Sicilia il paradosso consiste nel fatto che «da un lato si da l’opportunità alle imprese di poter ristrutturare i propri vigneti obbligandole alla conduzione e alla produzione per almeno 10 anni e dal-l’altra si propone di non produrre». «Quello che occorre – precisa – sono nuove prospettive di mercato e nuove iniziative, anche associative, che promuovono le produ-zioni e non le eliminano». Gara di solidarietà: raccolti 4 mila euro

BURGIO Progetto per la formazione di medici ad Ipogolo

Gara di solidarietà a favore dell’Africa e dell’as-sociazione Onlus “A cuore aperto”, diretta dal car-diochirurgo di Ribera Giovanni Ruvolo.

I cittadini di Burgio hanno avuto davvero un cuore grande e uno spiccato senso della solida-rietà se, in pochi giorni, sono riusciti a raccogliere circa 4 mila euro (altri mille, ancora da erogare, li ha promessi un istituto bancario), che sono stati destinati alla formazione e agli studi universitari di giovani studenti africani in medicina presso la missione agrigentina in Tanzania, con il progetto “Un cuore per Ipogolo”, portato avanti assieme dalla “Comunità Cristiani nel Mondo” con l’im-pegno di madre Margherita Riolo e di mons. Giu-seppe Di Marco.

La cerimonia della consegna delle offerte, da parte di cittadini, associazioni, alunni, docenti, famiglie e amministratori comunali, è stata fatta nella chiesa madre dal sindaco Vito Ferrantelli di-rettamente nelle mani del prof. Giovanni Ruvolo, cardiochirurgo, presidente dell’associazione “A cuore aperto”, il quale da anni porta in Africa cor-pose somme di denaro, utilizzate per far studiare giovani medici e infermieri locali.

É stato artefice della nascita di poliambulatori, scuole, ospizi e del trasferimento in Tanzania di attrezzature scientifiche costose per le visite me-diche specialistiche e di una jeep, donata anche con il contributo dei Lions Club di Sicilia, per lo spostamento dei medici che visitano i malati nei villaggi sparsi nella foresta. Il cardiochirurgo, aiu-

tato dalla moglie Margherita La Rocca, psicolo-ga, sempre presente nelle missioni africane, ha proiettato le immagini delle opere già realizzate ad Ipogolo con i contributi di migliaia di donato-ri in tutta l’Isola. «Faccio vedere ai donatori – ha detto il prof. Ruvolo – quello che realizziamo con le loro offerte di solidarietà».

Allo stato attuale, studiano, con il denaro invia-to dall’associazione, 110 giovani, tra cui sei medici e tanti infermieri professionali, operatori di infor-matica e tecnici vari destinati al comparto sani-tario tanzanese dove la popolazione, con oltre il 50 per cento soprattutto tra anziani e bambini, è affetta da gravissime malattie. Il prof. Ruvolo, ogni estate, con un gruppo di medici, passa le ferie ad Ipogolo dove riesce a portare per prestazioni spe-cialistiche del tutto gratuite tanti colleghi che arri-vano in Africa da ogni angolo della penisola.

Enzo Minio

(continua dalla prima) In questa direzione opera, la Caritas Diocesana di Agrigento, che, attraverso lo strumento del Microcredito, offre la possibilità, innanzitutto, di concede-re piccoli prestiti a tasso agevolato a persone o famiglie, che si trovino in una temporanea diffi coltà economica al fine di alleviare o pre-venire situazioni di potenziale esclusione so-ciale, richiedendo però ai beneficiari di essere parte attiva nel superamento della situazione di crisi. Una “presa in carico della situazione del beneficiario - sottolinea il direttore Valerio Landri - attraverso un percorso di accompa-gnamento finalizzato ad assicurarne l’auto-nomia, la responsabilità e la realizzazione del proprio progetto di vita. Messina e Catanzaro hanno rivolto un invito alle vittime degli usu-rai a denunciare e a non avere paura, “perchè solo con la denuncia di ciascuna vittima po-tremo impedire che la vile pratica dell’usuraio possa perpetrarsi ai danni dei lavoratori delle piccole imprese e degli artigiani. La denuncia delle vittime serve ad impedire che gli usurai continuino ad arricchirsi illecitamente sul-l’onesto lavoro delle vittime in diffi coltà”.

A distanza di poco tempo, a confermare, anche in tempi di crisi, il florido stato di sa-lute della criminalità organizzata, è arriva-to l’annuale rapporto Sos Imprese “Le mani della criminalità sulle imprese”, presentato da Confesercenti, che elenca tutte le azioni criminose, subite, nel 2009, da piccole e me-die imprese del commercio: 160.000 taglieg-giamenti, 200.000 vittime di usura, 500.000

truffati, 90.000 rapine e furti. Solo con i 24 miliardi di “fatturato” del racket e dell’usu-ra, lancia una provocazione il presidente di Confesercenti, Marco Venturi, si “po-trebbero creare almeno 200mila posti di lavoro, specie al Sud - dove, come noto, è prevalente il fenomeno criminoso - e a fa-vore dei giovani”. Una escalation di “attività criminali”, dal racket, all’usura, ai furti, alle ra-pine, a danno dei commercianti, che fruttano all’azienda “Mafia spa” circa 135 miliardi di euro e un utile che sfiora i 70 miliardi, al netto di investimenti e accantonamenti.

Dal rapporto emerge come siano prevalen-temente quattro le “attività economi-che” preferite dalla mafia: edilizia (in particolare, il settore delle concessioni), commercio, specie grande distribuzio-ne, autotrasporto e giochi e scommesse. Rispetto al passato, è, però, cresciuta la risposta dello Stato ed è in aumento, anche, il numero di denunce per usura.

Semplici e chiari – secondo Confe-sercenti - gli obiettivi da perseguire, anche

con un maggior accordo e condivisione tra imprese, cittadini e istituzioni: «aver la forza di escludere, con rigore, le imprese colluse da appalti e forniture pubbliche e pensare, inve-ce, a percorsi preferenziali per chi si ribella al racket».

Salvatore Pezzino

Prontezza a futura memoriaSono numerose le ordinanze che sono state notificate ai proprie-

tari degli immobili lesionati e fatiscenti ubicati nel centro storico di Favara.

Si tratta di un provvedimento dovuto, da parte dell’amministra-zione comunale, a tutela della incolumità pubblica ed a salvaguardia degli altri immobili circostanti. La tragedia che ha colpito la famiglia Bellavia ha risvegliato gli uffi ci tecnici comunali della nostra regione.

Quanto accaduto a Favara ha spaventato e spaventa ora tutti i sin-daci della nostra provincia e della Sicilia, i quali hanno preso coscien-za e conoscenza della grave situazione che ha risvolti di natura penale e civile.

Lo stato edilizio ed urbanistico dei centri storici oggi impone agli amministratori un’azione politica ed un atteggiamento di fermezza, una capacità dirompente che sia sostenuta ed accompagnata da uno spirito di vero servizio in difesa del bene pubblico e della gente.

I proprietari degli immobili lesionati sono chiamati per legge ad eseguire le opere di ristrutturazione e di consolidamento, attraverso la guida diretta di tecnici abilitati.

In caso contrario saranno i comuni a dovere affrontare in prima istanza le opere da eseguire, riversando poi, sui legittimi proprietari le spese sostenute. La situazione impone agli enti locali la previsione di spesa in bilancio di cospicue somme da destinare alla eliminazione dello stato di pericolo degli edifici pubblici e privati. A dieci giorni dai gravi avvenimenti si riscontra a Favara un certo dinamismo di uomini e di mezzi. Strade transennate, scavatrici in movimento, camion che trasportano detriti, materiali e calcinacci. E poi si vedono i tecnici che annotano e rilevano gli edifici pericolanti.

É il solito comportamento della classe politica italiana, la quale si rimbocca le maniche dopo la tragedia ed esplode in rabbia anche quando qualcuno ha osato criticarla o si permette di fare giuste e puntuali osservazioni sullo stato di decomposizione umano e mate-riale dei centri storici delle nostre città.

In questi anni ed in alcuni casi è venuta meno da parte dei sindaci la consapevolezza di rappresentare le comunità al meglio delle risorse di bilancio. Gli amministratori nel giuoco delle parti hanno il dovere di mettere sotto pressione gli uffi ci comunali, al fine di dare risposte pronte ed immediate ai cittadini e alla comunità. Se le cose oggi non vanno a regola d’arte non è certamente colpa del nostro vescovo. Pi-randello direbbe così è se vi pare ovvero a ciascuno il suo secondo coscienza.

Paolo Cilona

Favara: Lettera aperta della CaritasLa Caritas diocesana, in seguito alla tragedia che ha colpito la fa-

miglia Bellavia e le famiglie di Favara che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, ha voluto far sentire la propria vicinanza e, in una lettera aperta alle Comunità parrocchiali e agli istituti Religiosi della città, invita ad una riflessione in merito alle condizioni strutturali di molte case dei centri storici della Diocesi (“questo non è un problema che riguarda solo Favara”) ed evidenzia, accanto all’aspetto architetto-nico e statico anche quello sociale.

“I nostri centri - si legge - sono ormai divenuti luogo di disgrega-zione per i ceti sociali più deboli”. Nell’attesa che gli organi competenti prendano le opportune decisioni in merito, la Comunità ecclesiale agrigentina intende richiamare i fedeli al dovere dell’ospitalità e del-la condivisione. Le Comunità religiose presenti a Favara hanno già aperto le loro porte a quanti, a seguito delle verifiche effettuate dalla Protezione Civile, sono stati costretti allo sgombero. Si tratta tuttavia di soluzioni di emergenza. Adesso è il momento di trovare soluzioni a medio-lungo periodo, che assicurino a quanti hanno perso la loro casa di vivere in condizioni dignitose finché le Istituzioni preposte non avranno fatto il loro lavoro. “Agli uomini politici - conclude il direttore Landri - chiediamo di impegnarsi con sempre maggiore determinazione a fianco degli ultimi della società, anche a costo di pagare di persona scelte coraggiose e impopolari.

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Società 5L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010

diario multimedi@le«Grande Fratello,

specchio della vergogna»Caro diario,a casa d’altri, dice il galateo, non si comanda; per cui,

sere fa, in trasferta familiare per una “pizziata” dome-stica fra vecchi compagni del mio Liceo, io, Manuela e Federica, oltre a dover sfoderare, per educazione, im-probabili sguardi rapiti dinanzi a taglieri di omologhi prodotti della globalizzazione pizzaiola (ovvero dallo stesso gusto plastificato) ci siamo rassegnati a sorbir-ci anche un vero e proprio “tsunami” di lampi orbanti e di attentati ai timpani a cura d’un 52 pollicioni tro-neggiante proprio accanto alla tavolata per “far festa” anche all’umore della compagnia (oltre che ad occhi & orecchie di tutti) ed all’uopo blindato dagli ospitalissimi padroni di casa (che avevano furbescamente occultato il telecomando) sul “Grande Fratello”. E quindi, tra una “plasticata” ed un bicchiere di qualcosa che cambiava colore ma aveva sempre lo stesso sapore (altro effetto, ma stavolta preliminarmente cromatico, della “globa-lizzazione del gusto”), eccoti qui quel “GF” che Mar-cuzzi & compari di monnezze insistono a presentare come uno “specchio della società” che personalmente, caro diario, sfracellerei a martellate, strafregandomene dei proverbiali e fasulli sette anni di malaugurio (tanto, ormai, in tutti i campi e in tutti i sensi, siamo arrivati proprio al capolinea delle iatture) per porre fine, ben-ché solo virtualmente, purtroppo, a questo suo riflettere solo e soltanto il peggio del peggio del reale in tema di porcherie & dintorni, ovverosia una pessima “summa” di quelli che Aristotele definì “gli abiti del male” e che la Chiesa, poi, riunì anzitutto negli arcinoti sette vizi o peccati “capitali”: superbia, invidia, gola, lussuria, ira, avarizia e accidia. Esagero? No, caro diario. Giudica tu. Protagonisti amorali, incolti, presuntuosi, cafoni, am-bigui, menzogneri, profittatori, prevaricatori che, man mano, fra intrighi, coalizioni, trappole e “nominations”, s’industriano a far fuori, e con tanto di “facce d’angelo”, i concorrenti più scoloriti. Autori che li pescano d’ultima scelta poiché è proprio grazie a tipi simili che si conqui-sta il consenso (complice, mortificante, autolesionista, idiota) di chi è “fuori” dalla “Casa” e dal video, che s’alza l’“audience”, che s’impinguano gli incassi pubblicitari.

Genitori e familiari dei mercenari che vanno in estasi orgogliosa e benedicente per ogni trasgressione ed, in specie, per bulletti e sgallinate dall’unico cruccio di far sesso con il più possibile dei coinquilini (anche “omo”: fai mente locale sui deliri e le ambasce d’un ragazzotto “diverso” e, soprattutto, sulla vera “overdose” di schifez-ze saffi che, apologizzate in “casa”, in studio, in trasmis-sioni “di sostegno” e fra i “fans” esterni).

Una “Casa” sempre più “di tolleranza”, quindi, ed in cui non poteva mancare, anche quest’anno, oltre al so-lito coniugato con prole che lascia tutto e tutti senza rimpianti per buttarsi tra le braccia di una tizia senza problemi a consumare, nel teletripudio, l’ennesima tre-sca di sfasciafamiglie, anche il “bestemmiatore uffi ciale”, stavolta, però, coccolato (e magari richiamabile all’ovile: sarebbe una furbata da trionfo) con mendaci attenuanti sul “perdono cristiano”: clemenza invocata, facci caso, proprio da chi, di “cristiano”, nella mente e nella vita, ha di poco e di meno (la Marcuzzi “liberal” e “desnuda” sa-rebbe un esempio?

E che dire di Signorini, “leader” degli intrecci tra “gossip” e “regime” ed in strombazzante “outing” sul suo autoproclamarsi “cattolico e gay” come fosse un duetta-re veridico e serio?). Su questo ed altro riflettevo, caro diario, ingurgitando plastica filante, mentre cercavo pure di sopravvivere ai lampi e ai boati del 52 pollici in sintonia di gazzarre con gli strepiti conviviali degli ami-ci, ed avevo gli occhi fissi su quella “Casa” che, per mia somma sfortuna, non esiste soltanto in uno specchio da poter prendere a martellate.

Nuccio Mula

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6 L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010Vita Ecclesiale

“Pace, Legalità, Giustizia, Salva-guardia del Creato”, questo il tema

dell’incontro, rientrante nelle attività del III Corso di Studi organizzato dall’asso-ciazione culturale “Laici nella Chiesa e Cristiani nella società” affi dato al dott. Fabio Mazzocchio, Direttore dell’Istituto Bachelet.

Il Presidente, avv. Salvatore Barbiera, nell’introduzione, ha sottolineato l’im-portanza crescente della “salvaguardia del creato” nel pensiero sociale della Chiesa, quale condizione di legalità e di giustizia per garantire la pace. Perciò, nei percor-si formativi dei nuovi politici per il terzo millennio, deve trovare ampio spazio la tematica della salvaguardia e della cura

dell’ambiente.Lo sviluppo umano integrale della per-

sona e della comunità è il nuovo nome della pace. Così l’insegnamento del ma-gistero, da Paolo VI a Benedetto XVI. Ma i credenti cristiani, secondo l’appello del cardinale Bagnasco debbono liberarsi dalle “pigrizie mentali”. L’Associazione si sente solidale col gesto simbolico del ve-scovo nella tragedia di Favara: la Chiesa è obbligata ad essere coscienza critica e me-moria sovversiva in ogni luogo e in ogni momento della sua storia.

Puntuale e coerente il percorso traccia-to dal relatore. Evocati i pilastri della Dot-trina Sociale della Chiesa, persona umana e bene comune, il dott. Mazzocchio ha

evidenziato come la Chiesa pone al centro del cammino dell’umanità per la pace la lotta contro tutte le povertà per lo sviluppo integrale dell’uomo.

L’estensione spaziale dei capisaldi del pensiero sociale della Chiesa porta a ri-chiamare gli enormi disastri provocati dall’accaparramento individuale e di sin-goli popoli delle risorse del creato, dello sfruttamento sconsiderato, senza limiti, della natura. Detti comportamenti indi-viduali e collettivi scatenano le guerre che dilaniano la comunità umana. Contro la crisi ecologica, la Chiesa promuove la ma-turazione della coscienza ecologica.

Richiamandosi al Santo Padre, il rela-tore rileva che non è possibile restare in-

differenti di fronte ai fenomeni dei cambiamenti climatici, del-la desertificazione, del degrado e della perdita di produttività di vaste aree agricole, dell’in-quinamento dei fiumi e delle falde acquifere, della perdita della biodiversità, dell’aumen-to di eventi naturali estremi, del disboscamento delle aree equatoriali e tropicali. Da qui “i profughi ambientali”, i con-flitti tra i popoli, la violazione dei diritti umani.

La questione ecologica ri-chiede il cambiamento del mo-dello di sviluppo. Di fronte alla globalizzazione dei problemi ecologici s’impone la necessità della governance universale. In questo contesto la grande re-sponsabilità della Chiesa e di tutte le religioni.

Intenso ed appassionato il dibattito: consumo critico ed etico, nuovi stili di vita, nuovi modelli di sviluppo, energie pulite, tutela della salute: que-sti i temi forti degli interventi dei partecipanti, questi i per-corsi possibili per un salto di qualità nel cammino di uma-nizzazione dell’uomo.

Prossimo appuntamento il 19 febbraio quando il prof. Giuseppe Savagnone relazio-nerà sul tema “La Chiesa di Sicilia e i problemi del mezzo-giorno”.

Filippo Pendino

ALESSANDRIA DELLA ROCCA III Corso Laici nella Chiesa e cristiani nella Società

Pace, legalità giustizia,salvaguardia del Creato

DIOCESI DI CALTAGIRONE

Padre Peri nuovo vescovo

ASSOCIAZIONI NEL TERRITORIO L’UNITALSI

Miracolo d’amoreL’ U.N.I.T.A.L.S.I. (Unione Nazionale Italiana

Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Inter-nazionali) è un’Associazione nazionale con sede a Roma articolata in sezioni e sottosezioni.

Il suo “ideatore” fu Giovan Battista Tomassi, affetto da una forma artritica acuta ed irrever-sibile, costretto in carrozzina da circa dieci anni, sofferente nel corpo, ma anche nello spirito per la sua ribellione verso Dio e la Chiesa. Il giovane, avendo saputo dell’organizzazione di un pellegri-naggio a Lourdes, chiede di parteciparvi con un intenzione ben precisa, se non avesse ottenuto la tanto sperata guarigione avrebbe compiuto un gesto di clamorosa sfida: suicidarsi ai piedi della Madonna. Accadde però che giunto alla Grotta di Massabielle, dove la Vergine l’11 febbraio del 1858 era apparsa a Santa Bernadette, venne colpi-to dalla presenza dei tanti volontari che aiutavano i malati ad entrare nella Grotta e percepì appieno che, la condivisione amorevole dei volontari, dava conforto, speranza e serenità ai sofferenti.

Giovan Battista Tomassi non ottenne il mira-colo, non attuò il proposito di suicidarsi, ma ma-nifestò al Vescovo ed al giovane sacerdote che lo accompagnava, don Angelo Roncalli, (Papa Giovanni XXIII), l’idea di fondare una specifica associazione. Nasce così l’U.N.I.T.A.L.S.I. un’as-sociazione di volontariato al servizio dei fratelli diversamente abili per pellegrinaggi non solo nei santuari Mariani, ma in tutti i luoghi divenu-ti mete dei pellegrini, che, nel tempo, è divenuta proposta evangelica di servizio, di fede, di acco-glienza.

Que-sto “Mi-r a c o l o d’Amo-re” dal 1977 è una real-tà anche ad Agri-g e n t o , d o v e un folto numero di volontari si impegna costantemente al servizio dei fratelli diversamente abili, non solo in occasione dei pellegrinaggi, ma in svariate attivi-tà che permettono di vivere la quotidianità di chi soffre. Ogni anno la nostra agenda è sempre ricca di molti appuntamenti: soggiorno estivo, feste, giornate di fraternità, escursioni. Nel corso degli anni la sottosezione di Agrigento si è consolidata sempre più non solo da un punto di vista organiz-zativo e numerico ma anche per la spirituale con-sapevolezza dell’evangelica gratuità con cui viene compiuta quotidianamente la nostra “missione”.

Tanti sono i giovani che fortunatamente si avvi-cinano all’U.N.I.T.A.L.S.I., per dare un senso non opaco ma di luminosa testimonianza alla loro vita. Giovani, che guidati magistralmente dai vo-lontari più esperienti , hanno saputo diffondere, entusiasmo, energia, gioia, freschezza e vitalità alla sottosezione assicurando fervida e feconda continuità a questa grande e bella famiglia.

Meri Fiore

Centro Missionario diocesano

Domenica 7 febbraio , dalle ore 9 alle ore 18, si terrà il ritiro in preparazione della Quaresima per tutti gli animatori Missionari del Cantro missionario dicesano di Agrigento e gli operatori della diocesi, presso l’Oasi Sacra Famiglia, SS. 640 dopo il rifornimento Esso di Racalmuto - uscita per Castrofilippo. Il ritiro sarà tenuto da Eugenie Tcheugoue, biblista proveniente dal Camerun, attualmente a Roma per completare gli studi presso l’Istituto Biblico della Pontificia università Gregoriana. Venerdì 19 febbraio alle ore 19.00 Shalom - Lectio humana, Lectio divina, presso le Suore Salesiane, in via Belvedere,9 ad Agrigento.

Ufficio CatechisticoL’Ufficio diocesano per la Catechesi comunica che il 6 febbraio per la zona Pastorale Padre Gioacchino La Lomia presso la Chiesa S. Chiara di Canicattì alle ore 16.30 l’arcivescovo consegnerà il credo ai ragazzi della terza media. Venerdì 19 febbraio i catecumeni vivranno con l’arcivescovo la celebrazione dell’iscrizione del nome alle ore 18.00 presso la Parrocchia S. Leone di Agrigento.

Caritas diocesanaAnche quest’anno Caritas Diocesana intende compartecipare alle molteplici progettualità che le Caritas parrocchiali/cittadine/foraniali intendo-no realizzare sul territorio al fine di promuovere esperienze e servizi segno di carità. La Caritas Diocesana finanzierà nel 2010 progetti con obiet-tivi chiari e definiti. Queste proposte progettuali devono nascere – ovviamente – da un’azione delle Caritas locali che valorizzino la funzione di ascolto, osservazione e discernimento per l’ani-mazione (attraverso i Centri di Ascolto e i consigli pastorali). Il bando, la richiesta e il formulario da utilizzare (scaricabili nel sito della diocesi www.diocesiag.it) dovranno essere inviati alla Caritas Diocesana entro marzo 2010 e avere avvio entro due mesi dalla comunicazione della concessione del con-tributo, che avverrà entro giugno 2010.Gli uffici della Caritas diocesana garantiscono fin d’ora la disponibilità ad accompagnarvi nel lavo-ro di progettazione.

In D

ioce

si

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Caltagirone (Italia) il Rev.do Padre Calogero Peri, O.F.M. Cap., finora Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini di Palermo e Vice Preside della Pontificia Facoltà Teologi-ca “San Giovanni Evangelista” a Palermo.

Il Rev.do Padre Calogero Peri, O.F.M. Cap., è nato a Salemi, provin-cia di Trapani e diocesi di Mazara del Vallo, il 16 giugno 1953. È entra-to nel noviziato di Calascibetta nel 1969. Il 7 ottobre 1970 ha emesso la professione temporanea e il 4 ottobre 1976 quella perpetua.

È stato ordinato sacerdote il 9 dicembre 1978 a Palermo. Ha com-piuto gli studi medi e liceali con i Padri Cappuccini, ed ha frequentato in seguito, per gli studi teologici, l’allora Istituto Superiore di Scienze

Religiose “S. G i o v a n n i Evangelista” in Palermo. Ha ottenuto la laurea in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana ed ha seguito corsi specialistici a Parigi.

Ha svolto i seguenti incarichi: Assistente di Filosofia nella Facoltà Teologica di Palermo dal 1981 al 1985; Docente Invitato di Filosofia nella Facoltà Teologica di Palermo dal 1985 al 1991; Docente Incaricato di Antropologia Filosofica, Metafisica, Teologia Filosofica, Ecclesiologia e Antropologia dal 1991 al 2002; Consigliere Pro-vinciale dal 1989 al 1995; Superiore del Convento di Palermo dal 1989 al 1995; Ministro Provincia-le dal 1995 al 2001; Vicario e Vice Maestro nella Casa del Post-Noviziato Cappuccino di Palermo dal 2001 al 2004. Dal 2004 ricopre nuovamente l’incarico di Ministro Provinciale e dal 2009 è Vice Preside della Facoltà Teologica di Sicilia.

Convegno sulla “Lumen Gentium”L’Azione Cattolica di San Giovanni Gemini, nel-

l’anno pastorale dedicato alla comunione, sabato 23 Gennaio ha organizzato un convegno sul docu-mento conciliare “Lumen Gentium”. Primo relatore è stato don Salvatore Traina, il quale, dopo aver in-quadrato il Concilio Vaticano II nel periodo storico in cui si è svolto, ha esposto il contenuto dei primi capitoli, soffermandosi in particolare sulla Chiesa come “Mistero”, il “Popolo di Dio”, e sulla Gerar-chia; mentre in secondo relatore, Ing. Antonino Margagliotta (coordinatore del Consiglio Pastorale di Cammarata), ha illustrato il ruolo dei laici nella Chiesa, secondo il documento stesso. La partecipa-zione è stata massiccia e l’uditorio molto attento ed interessato. (F.C.)

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Vita Ecclesiale 7L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010

a cura di Gino FaragoneV Domenica del Tempo Ordinario

Una parola su cui si può rischiare

«Cantiamo al

Signore,

grande è la sua

gloria»

LAPAROLA

Nelle domeniche precedenti abbiamo visto Gesù nella sina-goga di Nazaret proclamare una parola di liberazione, che però non viene accolta, a motivo della presunta conoscenza che i suoi compaesani pensano di avere su di lui. Oggi (Lc 5,1-11) lo incontriamo lungo il lago di Genesaret attorniato dalla folla affamata della Parola di Dio. E dopo un’abbondante pesca mi-racolosa, Gesù chiama alcuni pescatori a seguirlo e li associa al suo ministero. Un racconto abbastanza articolato che si con-clude con la generosa risposta di Pietro e compagni, che lasciato tutto, lo seguono. Può risultare certamente utile un confronto con il racconto pasquale di Gio-vanni (cap. 21), che, seppure in un contesto diverso, ugualmen-

te si conclude con la chiamata di Pietro. Curiosamente la chia-mata inizia da un’esperienza di fallimento, dalla consapevolezza di peccato. Potremmo dire che il fallimento è un luogo privi-legiato per la riscoperta di Dio e della sua bontà. Dal nulla al-l’abbondanza di una pesca, dal peccato al riconoscimento della tenerezza di Dio. Ci fermiamo sul rapporto tra Gesù e Pietro, a cui il Maestro ha guarito la suocera.

«Salì su una barca che era di Simone… Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Simone rispose: “Mae-stro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nul-la; ma sulla tua parola getterò le reti”». Uno scenario totalmente

diverso da quello che ci presen-ta la prima lettura nel descrivere la vocazione del profeta Isaia (Is 6,1-8): non c’è un Tempio, né un’azione liturgica, ma un lago, delle barche, delle reti, dei pescatori impegnati nella loro attività professionale. Inizial-mente sono proprio le barche protagoniste del racconto: pri-ma due, poi una e infine ancora due. Barche che rappresentano la realtà misteriosa della Chiesa: una, quella di Pietro, che diventa cattedra e raccoglie insieme tan-ti uomini per portarli a salvezza. Barche che evidenziano anche la fatica del vivere quotidiano non sempre ripagata da buoni esiti. E così quella notte è andata proprio male per Pietro e i suoi soci. Gesù si inserisce nella vita di questi pescatori dopo una

infruttuosa nottata di lavoro. “Prendi il largo e gettate le reti”: un verbo al singolare e uno al plurale, come ad evidenziare ul-teriormente il compito partico-lare di Pietro come guida all’in-terno della comunità ecclesiale. Spetta a Pietro prendere il largo e a tutti gli altri gettare le reti. Un compito arduo quello affi-dato a Pietro e alla Chiesa: pren-dere il largo, affrontare un mare più profondo, non avere paura del mondo, ma andare ovunque e annunciare a tutti l’amore di Dio. Un ordine, quello dato da Gesù, che a gente del mestiere poteva risultare inopportuno e quasi offensivo. Pietro però si mostra ben disposto ad ubbi-dire e come già Maria si lascia condurre dalla Parola di Dio.

«Presero una quantità enor-

me di pesci». Sorprendente: il risultato supera ogni possibile attesa. Si intravedono i primi passi della Chiesa che speri-menta la fecondità della Parola. A fronte della manifestazione della potenza divina, Pietro, come Isaia, reagisce dichiaran-do la propria indegnità e il pro-prio peccato.

«Tirate le barche a terra, la-sciarono tutto e lo seguirono». Pietro e i suoi compagni, che hanno sperimentato la mi-sericordia del Signore, sono chiamati a pescare gli uomini dall’abisso della perdizione per salvarli. Si noti questo “lasciare tutto” che segna una scelta radi-cale per il Regno, requisito che sarà ripreso nella vocazione di Matteo (5,28) e richiesto ad ogni discepolo del Cristo (14,33).

Chiesa: comunionedi comunitàIl tempo scorre inesorabile!

L’inizio di questo anno pastorale è stato caratterizzato da una intensa ac-celerazione nei ritmi e nella proposta: la formulazione del piano pastorale, l’as-semblea diocesana dello scorso 24 otto-bre, gli incontri di formazione pastorale nelle foranie, le tante esperienze nel ter-ritorio per cercare di crescere nella co-munione profonda con il Signore Gesù e tra di noi. Piccoli passi, speriamo, nella direzione giusta! Adesso, mentre all’in-terno delle nostre comunità - attraverso le quarant’ore - la presenza reale di Gesù Eucaristia conferma ed incoraggia il no-stro cammino, iniziamo a prepararci per vivere un importante momento di cre-scita comunitaria; il prossimo 6 Marzo ci ritroveremo presso il Palacongressi di Agrigento (Vill.Mosè) per una giornata di studio, di approfondimento, di frater-nità e di condivisione.

Il tema che abbiamo scelto vuole ab-bracciare, ad un tempo, le radici e le ali: “Chiesa: comunione di comunità; dal Si-nodo Diocesano alle Unità pastorali”.

Nella formulazione del piano pasto-rale ci siamo impegnati a far conoscere un po’ di più la stagione del Sinodo che la nostra diocesi ha vissuto alla fine degli anni ’70. Il filo conduttore di quella espe-rienza di Chiesa era la parrocchia intesa come “comunione di comunità”; adesso ci ritroviamo a riflettere sulle Unità Pa-storali concepite come spazi di comu-nione all’interno di uno stesso territo-

rio. Mettendo insieme le due cose ci pare di riscontrare la continuità di vento dello Spirito; la Chiesa, in-nanzitutto, intesa come mistero di comunione perché sgorga dalla co-munione Trinitaria; la conversione pastorale, di cui dobbiamo essere capaci, ci deve portare a parlare un po’ meno di campanili e un po’ più di piazze dove vivere e sperimenta-re la comunione. La Chiesa-comu-nione è l’anelito verso cui tendere e l’impegno in cui investire risorse e scommesse.

Una comunione tra comunità; tra comunità parrocchiali, tra carismi e ministeri, tra sacerdoti e laici, tra credenti e non; le radici (il Sinodo diocesano) e le ali (le Unità Pastora-li); sì perché le radici di un albero, stra-namente, hanno la stessa forma dei rami più alti, di quelli che assomigliano a delle ali d’aquila librate verso il cielo.

La giornata del 6 Marzo ci servirà a conoscere un pò meglio le nostre radici, i contenuti del Sinodo, il dibattito eccle-siale che lo ha caratterizzato, le scelte assunte. Chiederemo ad alcuni sacerdoti e laici che hanno vissuto quell’evento di narrarcelo come facevano i padri ebrei con i loro piccoli mantenendo la prospet-tiva di una fede – la nostra – che trova nella storia il luogo in cui Dio si rivela.

Nel pomeriggio chiederemo a Mons. Brambilla (Vescovo ausiliare di Milano e noto pastoralista) di approfondire il

tema delle unità pastorali secondo le sue conoscenze e l’esperienza che ha matu-rato nella diocesi ambrosiana.

Per questi motivi sarà importante es-serci. Iniziamo a segnare nell’agenda il 6 Marzo e a seguire le indicazioni che rice-veremo per essere presenti e partecipi (la prima forma per fare comunione è stare insieme!) e a stimolare la curiosità di tut-ti gli animatori pastorali. Un albero che ha sane radici e rami slanciati verso l’alto è un albero sano e bello, simile a quello del Vangelo, alla cui ombra è possibile trovare riparo e dalla cui robustezza tro-vare forza per ripartire… nel cammino della comunione!

Baldo Reina

RAVANUSA XXXII Giornata della vita

Comunità missionariaPorta Aperta

ISTITUTI VITA CONSACRATA Conosciamoli meglio6 MARZO 2010 Convegno diocesano

L’arcivescovo al CAVDomenica 7 febbraio ricorre la XXXII Giornata Nazionale del-

la Vita, voluta dalla Chiesa cattolica, dal CAV (Centro di Aiuto alla Vita), dal MPV (Movimento per la Vita) e da tutti coloro che, al di là del proprio credo, pongono in primo piano la “persona”.

In tutte le piazze e sagrati delle chiese d’Italia verranno vendute piantine di primula, simbolo della vita che nasce.

Quest’anno il messaggio della Conferenza Episcopale Italiana ci invita ad un coinvolgimento molto più ampio rispetto al passato ed a considerare e rispettare l’uomo in ogni momento della sua esi-stenza, dal concepimento fino alla morte naturale.

“La forza della vita: una sfida alla povertà” è lo slogan pro-posto dalla CEI che non è avulso dai problemi della realtà di oggi. Viviamo in una società pluralistica tra persone di razze diverse, con orientamenti culturali, religiosi e ideologici diversi che devono coe-sistere in armonia e nel rispetto reciproco.

Anche Ravanusa, come ogni altro centro della provincia, nel suo piccolo, vive questi problemi, dal dramma della dicoccupazione allo sbandamento dei giovani, dalla crisi economica e familiare, alla droga, all’alcool, alla sessualità ed all’aborto, ma vive anche il rap-porto con gli immigrati, comunitari ed extracomunitari.

Il CAV di Ravanusa opera in questa realtà e si sforza di proteg-gere l’infanzia ma nello stesso tempo di condividere ed affrontare i

problemi delle famiglie. L’annunziata presenza a Ravanusa dell’ar-civescovo mons. Francesco Montenegro vuole essere un invito ed un coinvolgimento della chiesa e della società a guardare con più attenzione al problema “uomo”, a cercarlo fuori dalle sacrestie e ad invitare tutti a vedere nell’altro il fratello.

Per l’occasione sono state coinvolte le scuole locali, di ogni ordine e grado, con un concorso sul tema della vita da proporre con una prosa, una lirica o una rappresentazione grafica, a scelta. In tutte le chiese del paese poi, al termine di ogni messa, saranno offerte le primule.

Gina Noto Termini

Nella foto il Centro Aiuto alla Vita di Ravanusa

Conosciamo me-glio la comunità Missionaria Porta Aperta che opera ad Agrigento attra-verso questa breve intervista alla fon-datrice, suor Maria Grazia Pellitteri

Con lei nasce la Comunità Mis-sionaria “Porta Aperta”, quale significato dietro a questo nome?

É Cristo stesso in mezzo a noi: accoglienza che conduce al Pa-dre, mandato per uscire fuori, incontro a ogni uomo amato da Dio. Per noi è stile di vita: un continuo stato di conversione e di missione, nell’abbandono alla volontà del Padre che è quella di fare di Cristo il cuore del mondo e che, nella nostra debolezza, opera con potenza.

Quando nascela comunità e con quale carisma?Risale al 1977 l’iniziale intuizione che lo Spirito Santo mi ha

posto nel cuore. Nel tempo prende forma la Comunità religiosa, segno di continuità e fedeltà al carisma. Prende avvio da un pic-colo gruppo giovanile “Porta Aperta” formato, in parte, dalle mie alunne dell’Istituto Granata di Agrigento, dove allora insegnavo Lettere. Nel 1982, attenta ai segni dei tempi, nella linea del Con-cilio Vaticano II, muove i primi passi la comunità religiosa con il carisma della missionarietà itinerante per la nuova evangelizza-zione, a servizio di ogni povertà di ordine spirituale e materiale.

Che significa essere religiose oggi?Significa rispondere alla chiamata di Cristo in una vita di tota-

le appartenenza a Lui nella professione religiosa pubblica, con i voti di povertà, castità e obbedienza. Una vita controcorrente: di povertà, per dire all’uomo che solo Dio basta; di castità, per pro-clamare che solo Dio è pienezza; di obbedienza, per annunciare che solo Dio è vera libertà. Vita religiosa gioiosa e sempre aperta alla perenne giovinezza dello Spirito, per diventare profezia dei beni futuri e indicare all’uomo che Dio è Amore: Lui solo rima-ne.

Quale testimonianza esprime la vostra comunità nel ter-ritorio?

La prima testimonianza della fedeltà di Cristo è la stessa vita fraterna dove, nella preghiera, la diversità di ogni sorella diven-ta arricchimento reciproco, occasione di crescita, esperienza di dialogo, di conversione e di perdono. Nello stile della primitiva comunità cristiana, forte solo di Cristo, Parola incarnata e Pane spezzato, confermata dal Vescovo della chiesa locale, apre la Sua Porta per attenzionare i più poveri del nostro tempo: i giovani e con loro, in ascolto dei bisogni del territorio, tutti coloro che sof-frono fame, freddo e ogni sorta di bisogno e penuria e far fronte alle emergenze e alle sfide di questo nostro tempo, così contrad-dittorio e problematico. Dall’analisi di questa società e dall’ur-gente bisogno di chi, nel tempo, ha bussato alla nostra porta, na-sce la Mensa della solidarietà per rispondere ai nuovi poveri di oggi: una Porta Aperta sul Mediterraneo, per accogliere i fratelli immigrati e offrire loro, insieme al pasto caldo, l’opportunità di un’integrazione culturale, nel rispetto delle differenze e della di-gnità di ogni uomo. A tal fine la Comunità diventa una palestra di sinergie con tutto il territorio, sperimentando la generosità e il coinvolgimento di centinaia di volontari, che investono nella so-lidarietà la loro persona, il loro tempo, le loro risorse. Di questo rendiamo grazie.

La creatività della carità di Cristo che ci spinge, ci ha portati a piantare una Tenda in Piazza Cavour ad Agrigento per la nuova evangelizzazione del mondo giovanile. É segno della Chiesa che si mette a fianco dei più lontani, che apre la Sua Porta sulla strada per diventare compagna di viaggio di quanti tendono una mano desiderosi di sentirsi dire: “Benvenuto ti stiamo aspettando”.

LdP

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8 L’Amico delPopolo07 Febbraio 2010Attualità

Giornata negativa per Akragas e Favara, battute rispettivamente dal Campobello di Licata e dal Kamarat. Per i giallo blu fava-resi opposti al Kamarat di Renato Maggio, sul neutro di Agrigento, pochi attenuanti, in quanto si sono dovuti confrontare con una squadra in ottime condizioni fisiche, ben disposta in campo e rispettosa del-le consegne del suo tecnico. Per il Favara una inversione di rotta? Crediamo di no, convinti come siamo che si tratta di un brutto momento, che passerà al più pre-sto; tornando a giocare sul suo campo a contatto con un pubblico sempre caldo ed appassionato, ogni obiettivo può essere raggiunto. Per il Kamarat una vitto-ria che rilancia il suo torneo verso traguardi ambiziosi, con questi tre punti, infatti, la squadra si attesta al secondo posto alle spalle della coppia Favara Marsala e chissà… il campionato è ancora lungo per tutti. In questa lotta per il successo finale, nonostante la sconfitta patita ad opera del Campobello di Licata, sul campo “Dino Lotta di Licata, l’Akragas ha intatte tutte le possibi-lità di lottare per il successo finale, anche a passare per i play off. Per la squadra del capoluogo una sconfit-ta annunciata, infatti i ragazzi di De Rosa, sono partiti con l’handicap di giocare senza sostenitori al seguito, per motivi di sicurezza. Il campa-nilismo fortemente accentuato dei sostenitori licatesi, nei confronti degli atleti ospiti, non ha giovato a Bellavia e compagni, entrati in cam-po con tanto nervosismo e lo dimo-strano le espulsioni dello stesso Bel-lavia e di Concialdi, particolarmente

beccati dal pubblico. L’uno a zero finale è la conseguenza di una sconfitta annunciata. Per la Gattopardo vittoria a suon di gol sul-la Sancataldese di Lirio Torregrossa; per i ragazzi di Balsamo vittoria convincente che rilancia la squadra verso i play off.

Nel campionato di calcio di promozio-ne girone A, torna al successo il Ribera, he battendo nettamente l’Atletico Campofran-co si porta a ridosso del Valderice, al secon-do posto in classifica. Il Gemini si aggiudi-ca il derby con il Rafadali, mentre perdono il Canicattì e lo Sciacca rispettivamente con l’Atletico Alcamo ed il Terrasini.

Salvatore Sciascia

Panorama Calcistico

CLASSIFICA CALCIO DILETTANTISTICO

ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

Favara 36 Valderice 44SC Marsala 36 Ribera 1954 42Kamarat 33 Favignana 38Akragas 31 A. Campofranco 32Gattopardo P. 31 Castellammare 32Marsala Asd 31 Atl. Alcamo 28Folgore 27 Cianciana 28Parmonval 26 Raffadali 28Riviera Marmi 21 C. Terrasini 27C.Villabate 19 Canicattì 26Sancataldese 19 S. Giovanni Gemini 22C. Bagheria 17 Isola Femmine 21S.Arenella P. 16 Campobello 20Campobello L. 14 Strasatti 20Enna 14 Sciacca 11Licata escluso Carini 11

L’Akragas e Favara sconfitte

Con 163 voti favorevoli, 130 contrari e 2 astenuti nella seduta del 20 gennaio u.s. l’As-semblea del Senato ha approvato, in prima lettura, con modificazioni, il disegno di leg-ge (n. 1880) recante “Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Conven-zione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.

Il provvedimento, approvato in un testo notevolmente mutato, rispetto a quello ori-ginario, in virtù delle modifiche apportate in sede di Commissione di merito e di Assem-blea, è diretto, secondo gli obiettivi indicati dai proponenti, a ridurre l’eccessiva durata dei processi attraverso la razionalizzazione di alcune procedure e la fissazione di termini prestabiliti per ogni grado di giudizio. Il di-segno di legge estende i suoi effetti anche ai procedimenti penali in corso, esclusivamente in primo grado, pendenti da più di due anni.

Le modifiche apportate al provvedimento nel corso dell’esame hanno poi innalzato il tetto della durata massima di un giudizio pe-nale per reati puniti con pene fino a 10 anni, portandolo a 3 anni per il primo grado, due per il secondo grado e 18 mesi per la Cas-sazione (nella versione iniziale del provve-dimento il tetto massimo complessivo per i primi due gradi di giudizio e per il ricorso in Cassazione era fissato in 6 anni).

Aumentato anche il limite massimo di du-rata del processo per reati puniti con oltre 10 anni di carcere: 4 anni per il primo grado, 2 per l’appello e 18 mesi per il ricorso in Cas-sazione. Per i casi di mafia e terrorismo sono previsti 5 anni per il primo grado, 3 per l’ap-pello e 2 per il ricorso in Cassazione. Solo per questi ultimi è possibile una dilatazione di un terzo dei tempi processuali.

Le norme si applicano anche ai processi in corso: destinati all’estinzione tutti i processi per reati coperti da indulto con pene mas-

sime inferiori a 10 anni, che non arrivano a sentenza entro 2 anni dalla richiesta di rinvio a giudizio. È previsto un aumento dei termini fino a 2 anni e 3 mesi in caso di nuove conte-stazioni del Pm.

Nei giudizi davanti alla Corte dei conti il processo si estingue se, dall’atto di citazio-ne, sono trascorsi più di 3 anni senza che sia stato emesso il provvedimento che definisce il giudizio di primo grado. Un termine che scende a 2 anni in caso di appello.

Sul fronte delle aziende è prevista l’estin-zione dei processi per reati commessi prima del 2006 per i quali non si sia ancora giunti a sentenza entro 2 anni. Per i processi da ce-lebrare equiparazione dei tempi previsti per i procedimenti a carico delle persone fisiche.

P.A.

GIUSTIZIA Il Senato approva il ddl sul processo breve

Gli obiettivi dei proponenti