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L’impatto dei Fondi Strutturali e di Coesione 2007-2013 sull’Economia della Toscana
Firenze, marzo 2015
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RICONOSCIMENTI Il lavoro è stato svolto da Angela Parenti (IMT, Institute of Advanced Studies Lucca) nell’ambito dell’Area di ricerca Economia Pubblica e territorio dell’IRPET coordinata da Patrizia Lattarulo.
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Indice 1. INTRODUZIONE 5 2. ALLOCAZIONE DEI FONDI STRUTTURALI 2007-2013 PER SEL 7 2.1 Fondi totali, Fondi FESR, Fondi FSE, Fondi FAS e Fondi PO marittimo IT-FR 7 3. VALORE AGGIUNTO E OCCUPAZIONE DEI SEL 11 3.1 Tasso di crescita del valore aggiunto e delle unità di lavoro dei SEL 1995-2012 11 4. STIMA DELLA VOLATILITÀ 13 4.1 Volatilità del valore aggiunto e delle unità di lavoro 14 4.2 Analisi spaziale della volatilità 16 5. ANALISI DI REGRESSIONI 19 5.1 Il modello teorico 19 5.2 Il modello empirico: Spatial Durbin Model 20 5.3 Risultati delle regressioni 23 6. CONCLUSIONI 27 BIBLIOGRAFIA 29 APPENDICI A. ELENCO SEL 31 B. STATISTICHE DESCRITTIVE 32
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1. INTRODUZIONE
La politica strutturale e di coesione è una delle aree di interesse primario dell’Unione Europea.
Circa un terzo dei fondi pubblici dell’Unione sono stati usati per tale politica con lo scopo di
rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nell’Unione, principalmente favorendo la
crescita e l’occupazione nelle regioni in ritardo di sviluppo (così dette “regioni strutturalmente
deboli”). Sebbene la politica strutturale e di coesione europea non abbia come scopo primario
quello di rafforzare le capacità di ripresa di un’economia, nel breve periodo può comunque
direttamente o indirettamente influenzare la risposta di un’economia agli shock e, quindi, agire
come stabilizzatore del ciclo economico1.
Molti studi affermano che la politica fiscale è in grado di alleviare gli effetti di un declino
economico ed evitare possibili spirali negative, specialmente durante le crisi economiche. In
generale, la teoria macroeconomica asserisce che nel breve periodo un’economia è
essenzialmente influenzata dagli shock a cui è sottoposta e dalle politiche di stabilizzazione
intraprese (come la politica fiscale e la politica monetaria), mentre la crescita di lungo periodo
dipende essenzialmente dalle caratteristiche strutturali dell’economia quali il livello di
educazione, di R&S, il grado di apertura al commercio estero e quello di sviluppo finanziario.
La valutazione degli effetti delle politiche di stabilizzazione sul tasso di crescita di lungo
periodo passa attraverso la modellizzazione dei cambiamenti endogeni della tecnologia. In
particolare, secondo l’ipotesi Schumpeteriana della creative destruction esiste una relazione
positiva tra le politiche di stabilizzazione ed il tasso di crescita di lungo periodo, mentre
secondo l’ipotesi del learning by doing la relazione è negativa. Nonostante un consenso sulla relazione tra le fluttuazioni cicliche ed il tasso di crescita di
lungo periodo non sia stato raggiunto, sia la letteratura empirica che quella teorica sono
concordi nell’affermare che politiche fiscali anticicliche possono portare ad effetti stabilizzatori
di breve periodo.
Come detto in precedenza, l’Unione Europea ha investito un grande ammontare di fondi
nella politica regionale con lo scopo di supportare la crescita regionale e stimolare la creazione
di posti di lavoro. Il budget totale dei Fondi Strutturali e di Coesione per i membri dell’EU15 ha
superato i 200 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. Nello stesso periodo, alla Toscana
sono stati allocati circa 1.1 miliardi di euro per l’obiettivo Competitività regionale e
Occupazione.
Dato il notevole ammontare di Fondi Strutturali devoluti alla Toscana, questo rapporto si in-
serisce nel dibattito sull’efficacia della politica strutturale e di coesione dell’Unione Europea
valutando l’effetto di stabilizzazione dei progetti finanziati per 42 sistemi economici locali
(SEL) per il periodo 2007-2013. L’analisi risulta particolarmente interessante dato che questo
periodo è caratterizzato dalla crisi finanziari emersa nel 2007, che ha portato ad una contrazione
economica nel 2008 e che successivamente ha preso i connotati di una "Grande recessione". I metodi utilizzati in letteratura per la valutazione dei Fondi Strutturali possono essere
classificati in tre tipi: i case studies, i modelli macroeconomici e le analisi econometriche.
Il primo metodo, ovvero quello dei case studies, consiste nell’analisi dell’impatto di singoli
pro-getti realizzati all’interno di un determinato ambito territoriale. La valutazione che ne deriva
è generalmente di tipo qualitativo, sebbene si cerchi spesso di trarre anche conclusioni più
quantitative sull’efficacia globale dei fondi strutturali.
1 http://www.bmwi.de/EN/Topics/Europe/Structural-Funds/cohesion-and-structural-policy.html
5
I modelli macroeconomici sono invece raccomandati dalla Commissione Europea per la
valutazione ex-ante in particolare dei grandi piani dell’Obiettivo 1. La valutazione ex-ante è un
processo interattivo dal quale scaturiscono giudizi e raccomandazioni sulla programmazione che
ha lo scopo di migliorare il più possibile la qualità finale del documento di programmazione in
modo da esplicitare le motivazioni e la portata delle scelte operate, che saranno oggetto di
contrattazione con la Commissione2.
Le analisi econometriche sono generalmente rivolte alla valutazione degli effetti di lungo
periodo dei Fondi Strutturali sulla crescita e la convergenza delle regioni. Generalmente tali
studi vengono effettuati tramite regressioni di β-convergenza à la Barro (Cappelen e al., 2003;
Beugelsdijk e Eijffinger, 2005; Rodriguez-Pose e Fratesi, 2004; Dall’Erba e Le Gallo, 2008;
Fiaschi e al., 2014) o tramite regression-discontinuity design impiegati nella valutazione degli
effetti causali (Becker e al., 2010; Pellegrini e al., 2013; Becker, 2012; Mohl e Hagen, 2010). Il presente rapporto utilizza un’analisi econometrica ma si concentra sulla valutazione degli
effetti di breve periodo dei Fondi Strutturali sulla stabilizzazione del ciclo, anziché quelli di
lungo periodo sulla crescita e convergenza.
Per misurare questo effetto di stabilizzazione viene utilizzata una procedura a due stadi. Nel
primo stadio vengono stimate le volatilità dei tassi di crescita del valore aggiunto e
dell’occupazione dei 42 SEL toscani, mentre nel secondo stadio tecniche di econometria
spaziale sono impiegate per valutare se i fondi abbiano avuto un effetto anti-ciclico su queste
due variabili macroeconomiche.
2 Si veda Moretti (2004) per una rassegna dei modelli macroeconomici per la valutazione dell’impatto dei Fondi Strutturali.
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2. ALLOCAZIONE DEI FONDI STRUTTURALI 2007-2013 PER SEL
Prima di presentare i risultati dell’impatto dei fondi strutturali sulla volatilità del valore aggiunto
e dell’occupazione dei SEL toscani, si riportano alcune descrizioni dell’allocazione dei Fondi
Strutturali 2007-2013. I dati relativi ai fondi utilizzati in questo rapporto fanno riferimento agli impegni di finanzi-
amento totale dell’intero periodo 2007-2013 e comprendente il contributo finanziario
proveniente congiuntamente dai fondi strutturali e dai fondi nazionali.
Per il periodo2007-2013 la regione Toscana è rientrata sia nell’ambito dell’obiettivo
“Competitività regionale e occupazione con i due programmi operativi Competitività Regionale
e Occupazione POR-FESR 2007-2013 e POR-FSE 2007-2013”, che nell’ambito dell’obiettivo
“Cooperazione Territoriale Europea” con il programma operativo “POR Italia-Francia
Marittimo”3. Accanto ai suddetti programmi operativi, alla regione Toscana sono state assegnate
le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) che costituisce lo strumento con cui si
concentra e si dà unità programmatica e finanziaria all’insieme degli interventi aggiuntivi al
finanziamento nazionale che in attuazione dell’art. 119 comma 5 della Costituzione sono rivolti
al riequilibrio socio economico fra le aree del paese. In totale, alla regione Toscana sono stati
assegnati circa 3,6 miliardi di euro di impegni di finanziamento di cui il 53,2% relativi al POR-
FESR, il 16,5% al POR-FSE, l’1,5% al POR Italia-Francia Marittimo ed il 28,8% al FAS4.
L’analisi riportata di seguito considera l’allocazione dei fondi in base alla localizzazione per
SEL del progetto5.
2.1 Fondi Totali, Fondi FESR, Fondi FSE, Fondi FAS e Fondi PO Marittimo IT-FR
La Figura 1 mostra l’allocazione per SEL degli impegni di finanziamento assoluti del periodo
2007-2013 mentre la Figura 2 quella degli impegni relativi al valore aggiunto dei SEL nell’anno
iniziale (2007). In termini assoluti i SEL che comprendono i capoluoghi di provincia sembrano
essere i maggiori beneficiari dei fondi, mentre in termini relativi i maggiori beneficiari sembrano
essere i SEL dell’Area di Massa e Carrara, della Valle del Serchio Q. Garfagnana, dell’Amiata
insieme ai SEL com-prendenti i capoluoghi di provincia Pisa, Livorno, Firenze, Arezzo e
Grosseto.
Le mappe relative alle distribuzioni dei fondi rivelano la presenza di una clusterizzazione
geografica nell’allocazione dei fondi, ovvero l’esistenza di raggruppamenti di SEL
geograficamente contigui caratterizzati da una bassa allocazione dei fondi (come ad esempio
quelli dell’Area Fiorentina Q. Chianti e del Chianti) o da una alta allocazione (come ad esempio
quelli della Lunigiana e della Valle del Serchio Q. Garfagnana).
Le mappe delle distribuzioni dei fondi disaggregati per programma riportate in Figg. 3-10
rivelano una situazione molto simile a quella evidenziata per i fondi totali ad eccezione dei
3 Per il periodo 2007-2013 il cofinanziamento dell’Unione Europea massimo è stato pari al 50%-85% per l’obiettivo Competitività e occupazione e al 75%-85% per l’obiettivo Cooperazione territoriale europea. 4 Sebbene gli impegni di finanziamento non sempre corrispondano alla spesa effettiva, in questo rapporto si è deciso di utilizzare i
dati degli impegni piuttosto che dei pagamenti poiché le spese ammissibili sono quelle sostenute nel periodo 1.1.2007-31.12.2015, ovvero ancora in corso al momento della stesura del rapporto. 5 L’elenco dei SEL è riportato in Appendice A.
7
fondi finanziati nell’ambito del PO Marittimo IT-FR che, per loro stessa natura, riguardano solo
pochi SEL.
Figura 1 Figura 2 ALLOCAZIONE FONDI ASSOLUTI 2007-2013 ALLOCAZIONE FONDI 2007-2013/VALORE AGGIUNTO - 2007 IMPEGNI DI FINANZIAMENTO IMPEGNI DI FINANZIAMENTO
Figura 3 Figura 4 ALLOCAZIONE FONDI ASSOLUTI FESR 2007-2013 ALLOCAZIONE FONDI FESR 2007-2013/VALORE AGGIUNTO - 2007 IMPEGNI DI FINANZIAMENTO 2007 - IMPEGNI DI FINANZIAMENTO
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Figura 5 Figura 6 ALLOCAZIONE FONDI ASSOLUTI FSE 2007-2013 – ALLOCAZIONE FONDI FSE 2007-2013/VALORE AGGIUNTO IMPEGNI DI FINANZIAMENTO 2007 - IMPEGNI DI FINANZIAMENTO
Figura 7 Figura 8 ALLOCAZIONE FONDI ASSOLUTI FAS 2007-2013 – ALLOCAZIONE FONDI FAS 2007-2013/VALORE AGGIUNTO IMPEGNI DI FINANZIAMENTO 2007 - IMPEGNI DI FINANZIAMENTO
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Figura 9 Figura 10 ALLOCAZIONE FONDI ASSOLUTI PO MARITTIMO ALLOCAZIONE FONDI PO MARITTIMO IT-FR 2007-2013/ IT-FR 2007-2013 - IMPEGNI DI FINANZIAMENTO VALORE AGGIUNTO 2007 – IMPEGNI DI FINANZIAMENTO
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3. VALORE AGGIUNTO E OCCUPAZIONE DEI SEL
In questa sezione si riporta un’analisi descrittiva delle variabili macroeconomiche di interesse,
ovvero del valore aggiunto e dell’occupazione dei SEL. In particolare, i dati del valore aggiunto
e dell’occupazione sono relativi al periodo 1995-2012 e provengono da elaborazioni IRPET. I
dati del valore aggiunto (VA) sono a prezzi costanti 2010, mentre per l’occupazione vengono
considerate le unità di lavoro (ULA) che fanno riferimento al numero di addetti standardizzati a
tempo pieno (due addetti part-time corrispondono ad una ULA) e misurano pertanto
l’ammontare complessivo di ore di lavoro.
3.1 Tasso di Crescita del Valore Aggiunto e delle Unità di lavoro dei SEL 1995-2012
Le figure 11-12 riportano rispettivamente i tassi di crescita del valore aggiunto e delle unità di
lavoro di ciascun SEL per gli anni 1996-2012.
Figura 11 TASSO DI CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO SEL 1996-2012 (PREZZI COSTANTI 2010)
Figura 12 TASSO DI CRESCITA DELLE UNITÀ DI LAVOROSEL 1996-2012 (PREZZI COSTANTI 2010)
Gli anni 1996-2012 hanno visto l’alternarsi di fasi di crisi e di riprese nell’economia
mondiale. L’economia toscana ha avuto un andamento piuttosto positivo negli anni precedenti
all’introduzione dell’euro e, in particolare nel 2000, ha beneficiato dell’andamento favorevole
del ciclo internazionale con un PIL che era cresciuto ad un tasso superiore a quello nazionale.
Nel 2001 ha invece subito un consistente rallentamento. La fase di difficoltà per l’economia
regionale, iniziata nella prima parte dell’anno, è stata aggravata dagli eventi legati agli attacchi
terroristici, data anche l’elevata esposizione della Toscana verso il mercato nordamericano in
termini di flussi commerciali e turistici. Lo sviluppo dell’occupazione regionale ha decelerato
nel corso del 2001, risultando in media allineato a quello nazionale. Particolarmente colpito da
12
questa crisi è il SEL Arcipelago sia in termini di valore aggiunto che di unità di lavoro, seguito
dai SEL Chianti e Area Fiorentina Q. Chianti.
In termini di crescita del valore aggiunto un ulteriore grosso rallentamento si è verificato
dopo la crisi del 2008 trasmessa all’economia toscana attraverso la drastica caduta delle
esportazioni iniziata nel 2008 e aggravatasi nel 2009, sebbene la Toscana avesse già da tempo
perso un po’ delle carat-teristiche della regione manifatturiera e con forte apertura verso l’estero
(Maltinti e Casini Benveuti, 2012). I SEL che sembrano aver risentito maggiormente della crisi
del 2008 sono Val di Cecina Q. Interno, Valle del Serchio Q. Media Valle e Val di Cornia.
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4. STIMA DELLA VOLATILITÀ
Come detto nell’introduzione, lo scopo di questo rapporto è quello di analizzare gli effetti stabi-
lizzatori di breve periodo dei Fondi Strutturali e la conseguente riduzione delle fluttuazioni
cicliche dell’economie dei 42 SEL della Toscana. A tal fine, le fluttuazioni cicliche sono
misurate dalla volatilità dei tassi di crescita.
Definizioni comuni della volatilità fanno spesso riferimento al concetto di disequilibrio. La
stima della volatilità economica implica la quantificazione della deviazione di una variabile dal
suo valore di equilibrio, che sottintende l’esistenza di uno stato permanente (o trend). In termini
statistici, la volatilità è tradizionalmente misurata con la deviazione standard della distribuzione
di una variabile attorno al suo trend che rappresenta il valore di equilibrio verso il quale la
variabile tende a tornare dopo una deviazione in risposta ad uno shock. Le serie
macroeconomiche come quella del valore aggiunto o delle unità di lavoro sono spesso non
stazionarie, ovvero fluttuano attorno ad un trend variabile nel tempo o subiscono shock che
fanno deviare la variabile dal suo trend di lungo periodo in modo permanente. In questo caso
diventa necessario rendere la serie stazionaria ad esempio utilizzando la variabile in differenza
prima o calcolando il tasso di crescita, così che la volatilità ottenuta rifletta solamente variazioni
sporadiche della serie economica rispetto al suo trend.
Come detto in precedenza, in questo studio le fluttuazioni cicliche sono misurate dalla
volatilità dei tassi di crescita, ovvero dalle deviazioni dei tassi di crescita annui rispetto al trend.
In particolare, assumiamo che la dinamica dei tassi di crescita γ (del valore aggiunto o delle
unità di lavoro) possa essere rappresentato da un processo autoregressivo del tipo:
(1)
dove è il tasso di crescita della variabile di interesse del SEL i al tempo t,
sono i tassi di crescita del SEL i ritardati nel tempo e è un errore stocastico normalmente
distribuito. Seguendo Stock e Watson (2003) e McConnel e Perez-Quiros (2000) è possibile
derivare una stima della deviazione standard dell’errore e, successivamente, del tasso di crescita
per ogni SEL i in ogni anno t. Quest’ultima è la definizione di volatilità utilizzata nelle stime.
Per chiarire come la volatilità viene calcolata, in Figura 13 e 14 si riportano il tasso di
crescita del valore aggiunto del SEL Val di Cecina Q. Interno e la relativa volatilità. In
particolare, dato che il processo autoregressivo del SEL Val di Cecina Q. Interno stimato è di
ordine 0, cioè il tasso di crescita del valore aggiunto risulta spiegato solamente dalla costante
che ne determina il trend (si veda la retta costante in Figura 13), gli scostamenti delle
osservazioni rispetto al trend dati dalla distanza verticale tra il tasso di crescita effettivamente
osservato e la retta costante rappresentano la misura base per il calcolo della volatilità: un
maggiore scostamento dal trend si tradurrà in una maggiore volatilità, indipendentemente dal
fatto che questo scostamento sia positivo o negativo6. La definizione di volatilità utilizzata
fornisce quindi una misura della variabilità della serie macroeconomica di riferimento (valore
aggiunto o unità di lavoro) per ogni SEL negli anni di riferimento; una maggiore volatilità del
SEL negli anni indica quindi una maggiore fluttuazione ciclica per quel SEL e, quindi, una
maggiore vulnerabilità agli shock.
6 Si ricordi che come misura di volatilità viene utilizzata la deviazione standard che è per definizione una variabile solo positiva.
14
Figura 13 TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE AGGIUNTO 1996-2012 (PREZZI COSTANTI 2010)
Figura 14 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE AGGIUNTO 1996-2001 (PREZZI COSTANTI 2010)
4.1 Volatilità del valore aggiunto e delle unità di lavoro
In questa sezione si riportano le medie cross-section delle volatilità stimate per i singoli SEL
sull’intero periodo 1996-2002, sia del valore aggiunto che delle unità di lavoro (Figure 15 e 16).
Figura 15 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE AGGIUNTO DEI SEL 1996-2012 (PREZZI COSTANTI 2010) - MEDIA CROSS-SECTION
Figura 16 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DELLE UNITÀ DI LAVORO DEI SEL 1996-2012 (PREZZI COSTANTI 2010) - MEDIA CROSS-SECTION
I picchi di volatilità del valore aggiunto possono essere associati a diversi shock che si sono
verificati e che hanno caratterizzato il periodo1996-2012 quali la crisi del 2001, iniziata nella
prima parte dell’anno ed aggravatasi dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre e la crisi
15
finanziaria, iniziata nel 2008 negli Stati Uniti e che ha avuto le sue maggiori ripercussioni in
Italia nel 2012.
Questi picchi sono riconoscibili anche nella serie della volatilità delle unità di lavoro,
sebbene quest’ultima in media abbia una magnitudine minore rispetto alla volatilità del valore
aggiunto. Inoltre,nella volatilità delle unità di lavoro è riconoscibile un ulteriore picco nel 1997
conseguente ad una forte contrazione delle ore lavorate in particolare nei SEL Valle del Serchio
Q. Garfagnana, Area Pistoiese Q. montano e Arcipelago.
Le Figure 17-20 riportano i tassi di crescita e le relative volatilità delle serie del valore
aggiunto e delle unità di lavoro per il sottoperiodo 2007-20127, ovvero concomitanti al periodo
di programmazione dei Fondi Strutturali 2007-20138.
Figure 17 Figura 18 TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE AGGIUNTO 2007-2012 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE (PREZZI COSTANTI 2010) AGGIUNTO 2007-2012 (PREZZI COSTANTI 2010)
FIGURA 19 FIGURA 20 TASSO DI CRESCITA ANNUO DELLE UNITÀ DI LAVORO 2007-2012 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DELLE UNITÀ (PREZZI COSTANTI 2010) DI LAVORO 2007-2012 (PREZZI COSTANTI 2010)
7 Non è stato possibile calcolare la volatilità delle unità di lavoro per il SEL Amiata - Val d’Orcia dato che la serie dei tassi di
crescita delle unità di lavoro non è stazionaria. 8 Sebbene i fondi siano relativi al periodo 2007-2013 i dati del valore aggiunto e unità di lavoro dei SEL toscani sono disponibili
solamente per il periodo 2007-2012.
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4.2 Analisi spaziale della volatilità
Le Figure 21 e 22 riportano la media temporale delle volatilità stimate per i singoli SEL sul
periodo 2007-2012, rispettivamente del valore aggiunto e delle unità di lavoro. Le mappe
mostrano che esistono agglomerazioni di SEL geograficamente contigui caratterizzati da livelli
simili di volatilità, rivelando la presenza di una caratterizzazione spaziale della volatilità.
In particolare, i SEL Valle del Serchio Q. Garfagnana, Valle del Serchio Q. Media Valle,
Val di Nievole, Area Pistoiese Q. montano e Area Pistoiese Q. metropolitano così come i SEL
Val d’Era, Val di Cecina Q. Interno, Alta Val d’Elsa, Val di Cornia e Colline Metallifere
mostrano un’alta volatilità media del valore aggiunto (tra 5,4% e 8%). Al contrario i SEL Area
Pisana, area Livornese e Val di Cecina Q. costiero così come i SEL dell’area fiorentina (Area
Fiorentina Q. Val di Sieve, Area Fiorentina Q. centrale, Area Fiorentina Q. Chianti e Area
Fiorentina Q. Valdarno Superiore), Area Senese Urbana e Chianti presentano una bassa
volatilità media del valore aggiunto (tra 2% e 3,2%). Un’ulteriore raggruppamento di SEL
contigui con livello simile di volatilità è quello formato dai SEL Crete Senesi-Val d’Arbia, Val
di Chiana Senese, Amiata-Val d’Orcia e Amiata Grossetano.
Anche la volatilità stimata per le unità di lavoro mostra evidenza di agglomerazioni spaziali.
In particolare, i SEL Valle del Serchio Q. Media Valle, Area Pistoiese Q. montano e Area
Pistoiese Q. metropolitano così come i SEL Area Grossetana, Albegna-Fiora Q. Costa d’argento
e Albegna-Fiora Q. colline interne sono caratterizzati da un’alta volatilità media (tra 3,6% e
5,4%). Al contrario, i SEL Area Pratese, Area Fiorentina Q. Mugello, Area Fiorentina Q.
centrale, Area Fiorentina Q. Valdarno Superiore, Valdarno Superiore Sud e Area Aretina
presentano bassi livelli medi di volatilità delle unità di lavoro (tra 1,2% e 2,3%).
Figura 21 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DEL VALORE AGGIUNTO DEI SEL 2007-2012 - MEDIA TEMPORALE
Figura 22 VOLATILITÀ DEL TASSO DI CRESCITA ANNUO DELLE UNITÀ DI LAVORO DEI SEL 2007-2012 - MEDIA TEMPORALE
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Al fine di valutare se tali agglomerazioni spaziali siano statisticamente significative, è
possibile utilizzare il Moran test (Anselin 1988) e la sua versione locale, cioè il LISA (Anselin
1995).
Il Moran test misura la dipendenza spaziale globale. La statistica utilizzata, il Moran I,
assume valori nell’intervallo [-1,1]. In particolare, un Moran I=1 corrisponde ad una perfetta
autocorrelazione spaziale positiva (ovvero ogni SEL ha una volatilità uguale al livello medio dei
SEL a lui vicini), mentre un Moran I = -1 ad una perfetta autocorrelazione spaziale negativa
(ovvero ogni SEL ha una volatilità della stessa grandezza ma di segno opposto al livello medio
dei SEL a lui vicini); infine, un Moran I = 0 indica assenza di autocorrelazione spaziale9. Il
Moran test (e, successivamente, il LISA) è stato calcolato considerando come SEL vicini i SEL
geograficamente contigui10
.
La Figura 23(a) riporta il Moran test per la volatilità del valore aggiunto. La statistica Moran
I mostra la presenza significativa di autocorrelazione spaziale positiva (I=0,268, p-value=0,002).
Anche la statistica Moran I calcolata sulla volatilità delle unità di lavoro e riportata in Figura
24(a) mostra presenza di autocorrelazione spaziale positiva, sebbene di minore intensità e livello
di significatività (I = 0,146, p-value = 0,065). Oltre alla presenza di autocorrelazione spaziale globale è anche possibile valutare la
presenza di autocorrelazione spaziale locale, ovvero di agglomerazioni locali di SEL simili in
termini di volatilità. A tal fine vengono utilizzate le statistiche LISA (Local indicators of spatial
autocorrelation) corrispondenti ad un Moran I locale per ogni unità spaziale (SEL). Un LISA
positivo indica la presenza di agglomerazioni spaziali di SEL simili, ovvero ad alta volatilità
circondate da SEL con alta volatilità (detti cluster High-high) o a bassa volatilità circondate da
SEL con bassa volatilità (detti cluster Low-low). Nelle Figure 23(b) e 24(b) sono riportate solo
le agglomerazioni che risultano statisticamente significative rispettivamente nella volatilità del
valore aggiunto e delle unità di lavoro. Le figure rivelano la pre-senza di un cluster High-high
nella volatilità del valore aggiunto composto dai SEL Valle del Serchio Q. Media Valle, Val di
Nievole e Area Pistoiese Q. montano e di un cluster Low-low composto dai SEL dell’area
fiorentina (Area Fiorentina Q. Val di Sieve, Area Fiorentina Q. centrale, Area Fiorentina Q.
Chianti e Area Fiorentina Q. Valdarno Superiore). Anche nella volatilità delle unità di lavoro
esiste un cluster High-high formato dai SEL Area Fiorentina Q. Mugello, Area Fiorentina Q.
centrale e Area Fiorentina Q. Valdarno Superiore e un cluster Low-low composto dai SEL Area
Grossetana, Albegna-Fiora Q. Costa d’argento e Albegna-Fiora Q. colline interne.
9 La statistica Moran I corrisponde all’inclinazione di una retta di regressione della volatilità di ciascun SEL sul livello della volatilità media dei SEL vicini, come riportato in Figura 23 e 24. 10 Nell’analisi spaziale non è possibile valutare il SEL Arcipelago dato che essendo un’isola non ha SEL geograficamente contigui.
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Figura 23a Figura 23b MORAN SCATTERPLOT E MORAN I PER LA VOLATILITÀ LISA PER LA VOLATILITÀ DEL VALORE AGGIUNTO DEL VALORE AGGIUNTO
Figura 24a Figura 24b MORAN SCATTERPLOT E MORAN I PER LA VOLATILITÀ LISA PER LA VOLATILITÀ DELLE UNITÀ DI LAVORO DELLE UNITÀ DI LAVORO
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5. ANALISI DI REGRESSIONI
Al fine di valutare se i fondi abbiano avuto un effetto anti-ciclico sulle due variabili
macroeconomiche valore aggiunto e unità di lavoro, l’analisi procede nella stima di un modello
in cui la volatilità viene regredita sull’ammontare dei Fondi Strutturali e altre variabili di
controllo che possono determinare il livello di volatilità di un SEL. In particolare, le variabili di
controllo sono identificate tramite un framework teorico della volatilità del tasso di crescita.
5.1 Il modello teorico
Definiamo il valore aggiunto totale di un dato SEL i al tempo t, , come la somma del valore
aggiunto di ogni settore dell’economia11
:
(2)
dove J è numero totale di settori e il valore aggiunto del SEL i al tempo t nel settore j. Il
tasso di crescita del valore aggiunto del SEL i al tempo t sarà quindi dato da:
(3)
dove il è tasso di crescita del valore aggiunto nel settore j e è la quota di valore
aggiunto del settore j per il SEL i al tempo t. Dall’Equazione (3) è possibile calcolare una misura di volatilità del tasso di crescita del
valore aggiunto come:
(4)
dove è la varianza del tasso di crescita del valore aggiunto, vit la somma delle varianze dei
singoli settori e zit la somma delle covarianze tra settori ( è la varianza del tasso di crescita
del settore j nel SEL i al tempo t, mentre è la covarianza tra il tasso di crescita del
settore j e quello del settore q al tempo t). Assumendo che le varianze settoriali sono spiegate da una componente specifica del settore
costante nel tempo e da alcune caratteristiche specifiche del SEL e che le covarianze tra le
volatilità di diversi settori sono zero, ovvero12
:
11 Il modello teorico viene presentato solo per il valore aggiunto ma può essere derivato in maniera analoga per le unità di lavoro. 12 Per una derivazione dello stesso modello sotto ipotesi meno restrittive si veda Fiaschi et. al. (2014).
20
l’Eq. (4) diventa:
La volatilità del tasso di crescita del valore aggiunto dipende quindi: i) dal quadrato delle
quote di valore aggiunto in ogni settore ; ii) da alcune determinanti dei SEL . In
particolare, introduci-amo come determinanti13
:
1. le componenti della domanda aggregata:
• Investimenti su PIL (INV_PIL) • Consumi delle famiglie su PIL (CON_Fam_PIL)
• Consumi della publica amministrazione su PIL (CON_PA_PIL)
• Esportazioni nette su PIL (ESP_Nette_PIL)
2. i Fondi Strutturali su valore aggiunto (o unità di lavoro):
• Totali (FONDI)
• Disaggregati per programma (FESR, FSE, FAS, POMaritt)
5.2 Il modello empirico: Spatial Durbin Model
L’analisi esplorativa in Sezione 4.2 ha evidenziato la presenza di agglomerazioni spaziali nella
volatilità dei SEL sia per il valore aggiunto che per le unità di lavoro, ovvero di cluster di SEL
geograficamente contigui con livelli simili di volatilità. Tale autocorrelazione spaziale è il
risultato di interazioni che possono verificarsi tra i SEL contigui e che includono, ad esempio, i
trasferimenti tecnologici e le migrazioni. Inoltre, l’autocorrelazione spaziale può derivare da
cattive specificazioni del modello (dovute ad esempio dall’omissione di variabili o errori di
misurazione) o da una varietà di problemi di misurazione che scaturiscono ad esempio dal
mismatch tra i confini amministrativi usati per organizzare i dati ed i confini attuali del processo
economico di interesse. Questa autocorrelazione spaziale deve pertanto essere formalmente
inclusa nel modello di stima.
Il modello spaziale più generale, cioè in grado di considerare tutte le possibili forme di auto-
correlazione spaziale (ovvero nei regressori, nella variabile dipendente e negli errori) è il
cosiddetto Spatial Durbin Model. In particolare, in base a questo modello la volatilità del tasso
di crescita del valore aggiunto (o unità di lavoro) è dato da:
(5)
dove σ è il vettore delle volatilità, X la matrice delle variabili esplicative (quote di valore
13 La letteratura sulle determinanti della volatilità è molto estesa ed una sua dettagliata analisi è fuori dallo scopo di questo rapporto.
Per una rassegna si veda Fiaschi et. al (2014).
21
aggiunto o unità di lavoro settoriali al quadrato, componenti della domanda, fondi), W la
matrice dei pesi spaziali (contiguità geografica del primo ordine), WX la matrice delle variabili
esplicative medie delle regioni contigue, Wσ la volatilità media delle regioni contigue, e il
vettore degli errori spazialmente autocorrelati e, infine, u il vettore degli errori iid. Per decidere quale forma di autocorrelazione spaziale utilizzare in ogni modello
14 si è
utilizzata la strategia “specific to general” tracciata da Anselin and Florax (1995) e basata sui
test descritti in Anselin et al. (1996)15
.
Nei modelli di regressione che includono effetti spaziali nei regressori e/o nella variabile
dipen-dente, l’interpretazione tipica dei minimi quadrati dei coefficienti stimati non è più valida,
dato che l’autocorrelazione spaziale espande il set informativo in modo da comprendere le
informazioni dei SEL vicini (i cosiddetti feedback effects). Per tenere conto di questi feedback
effects Le Sage (2008) definisce gli effetti diretti, indiretti e totali: il cambiamento di una
particolare variabile esplicativa nell’i-esimo SEL avrà un effetto diretto su quel SEL ma anche
un effetto indiretto sui SEL a lui geograficamente contigui. La somma degli effetti diretti e di
quelli indiretti rappresenterà quindi l’effetto totale del cambiamento di quella variabile
esplicativa.
Per capire da cosa derivino questi effetti riscriviamo il modello in Eq. (5) come16
:
La volatilità del i-esimo SEL, , sarà quindi data da:
(6)
Dall’Eq. (6) segue che il cambiamento nella k-esima variabile esplicativa in tutti i SEL ha un
effetto totale su pari a:
(7)
Per derivare una misura sintetica di tali effetti, Le Sage (2008) propone di calcolare per ogni
variabile esplicativa gli effetti diretti, indiretti e totali medi:
• L’effetto diretto medio:
, fornisce una misura sintetica
dell’impatto derivante dal cambiamento della variabile k nell’i-esimo SEL. In altre parole
l’effetto diretto medio risponde alla domanda: se un SEL riceve più fondi, quale sarà
l’impatto atteso sulla volatilità di quel SEL? Come spiegato sopra, questa misura tiene in
considerazione anche i feedback effects che derivano dal cambiamento della volatilità dei
SEL vicini (geograficamente contigui) implicato dall’aumento dei fondi ricevuti dall’i-esimo
SEL.
14 In particolare i modelli stimati sono quattro: I) modello della volatilità del valore aggiunto con fondi aggregati, II) modello della
volatilità del valore aggiunto con fondi disaggregati per programma, III) modello della volatilità delle unità di lavoro con fondi
aggregati e, infine, IV) modello della volatilità delle unità di lavoro con fondi disaggregati per programma. 15 In particolare, questa strategia suggerisce di utilizzare una serie di test per verificare la presenza di effetti spaziali nelle diverse
variabili (esplicative, dipendente, errori) partendo da un modello che non ha nessun effetto spaziale fino ad arrivare ad uno Spatial
Durbin Model. 16 La derivazione degli effetti diretti, indiretti e totali qui riportata fa riferimento al modello più generico, ovvero allo Spatial Durbin
Model, dato che tutti gli altri modelli possono essere visti come casi particolari di quest’ultimo.
22
• L’effetto indiretto medio:
, fornisce una misura sintetica
dell’impatto derivante dal cambiamento della variabile k nei SEL j = 1, ..., N con j ≠ i, e
risponde alla domanda: se tutti i SEL eccetto uno ricevono più fondi, quale è l’impatto atteso
sulla volatilità del SEL che non riceve nessun fondo aggiuntivo?
• L’effetto totale medio: ETMk = EDMk + EIMk, misura l’impatto medio derivante dal cam-
biamento simultaneo nella variabile esplicativa k in tutti i SEL del campione e risponde alla
domanda: se tutti i SEL ricevono più fondi, quale è l’impatto atteso medio sulla volatilità di
tutti i SEL?
Per ciascuno di questi effetti è possibile effettuare inferenza statistica (si veda Le Sage e
Pace, 2008). Nella sezione dei risultati per ogni modello sono riportati solamente gli effetti totali
medi di ciascuna variabile esplicativa ed i relativi p-values.
5.2.1 Endogeneità e non linearità dei fondi
Nel modello della volatilità di Eq. (5) i fondi strutturali sono una variabile potenzialmente
endogena poiché l’allocazione di tali fondi ai comuni e, conseguentemente ai SEL, non è
casuale ma basata su condizioni economiche caratterizzanti i SEL stessi. Questo potrebbe
implicare un problema di causalità reversa, dato che la volatilità del SEL potrebbe essere essa
stessa una determinante dell’allocazione dei fondi per quel SEL. Altri problemi di endogeneità
potrebbero inoltre derivare da errori di misurazione e aggregazione dei dati dovuti ad esempio
dall’utilizzo degli impegni di finanziamento invece degli effettivi pagamenti e dalla
riassegnazione dei fondi ai SEL. Questa potenziale endogeneità è stata testata sui modelli con fondi aggregati utilizzando
come strumenti i fondi strutturali del periodo di programmazione precedente (ovvero quelli del
periodo 2000-2006) dato che questi risultano essere esogeni per definizione e che la loro
allocazione è correlata con quella dei fondi del periodo di riferimento 2007-201317
.
In aggiunta al problema dell’endogeneità, anche quello della non linearità dei fondi deve es-
sere tenuto in considerazione. La specificazione della relazione tra i fondi strutturali e la
volatilità dovrebbe essere sufficientemente flessibile da permettere impatti non lineari. Le figure
25 e 26 suggeriscono infatti che i fondi potrebbero avere un impatto marginale prima crescente
e poi decrescente sulla volatilità. Pertanto nelle stime si è inserito anche il termine quadratico
dei fondi18
.
17 In particolare l’endogeneità è stata testata utilizzando l’approccio del control function che prevede due stadi. Nel primo stadio
ciascuna variabile potenzialmente endogena è regredita sulle variabili esogene e sugli strumenti; nel secondo stadio i residui del
primo stadio sono inseriti nella regressione originale. Sotto l’ipotesi nulla di esogeneità di tutti i regressori, i coefficienti stimati nel secondo stadio e relativi ai residui del primo stadio devono risultare congiuntamente non significativi. Tale ipotesi nulla può essere
testata utilizzando un statistica F o χ2. I risultati dei test sono riportati in Tabella 1. 18 Nei modelli con fondi disaggregati il termine quadratico è stato inserito per ciascun tipo di fondo ad eccezione dei fondi del PO Marittimo IT-FR per il quale la relazione risulta essere sempre lineare e considerando il loro ammontare marginale sul totale dei
fondi allocati.
23
Figura 25 Figura 26 RELAZIONE TRA VOLATILITÀ DEL VALORE AGGIUNTO RELAZIONE TRA VOLATILITÀ UNITÀ DI LAVORO E FSE/VALORE AGGIUNTO E FAS/UNITÀ DI LAVORO
5.3 Risultati delle regressioni
Come detto in precedenza i modelli stimati per la volatilità dei SEL sono quattro, ovvero: I)
modello della volatilità del valore aggiunto con fondi aggregati, II) modello della volatilità del
valore aggiunto con fondi disaggregati per programma, III) modello della volatilità delle unità di
lavoro con fondi aggregati e, infine, IV) modello della volatilità delle unità di lavoro con fondi
disaggregati per programma. Per ciascuno di questi modelli le variabili di controllo oltre al quadrato delle quote settoriali
del valore aggiunto (o unità di lavoro) sono gli investimenti su PIL (INV_PIL), i consumi delle
famiglie su PIL (CON_Fam_PIL), i consumi della Pubblica Amministrazione su PIL
(CON_PA_PIL) e le esportazioni nette su PIL (ESP_Nette_PIL)19
. I risultati riportati in Tabella 1 mostrano gli effetti totali medi (ETM) di ciascuna variabile
esplicativa.
In tutti i modelli le esportazioni nette hanno avuto un impatto a favore della riduzione delle
fluttuazioni cicliche sia del valore aggiunto che delle unità di lavoro. I consumi delle famiglie
non risultano avere nessun impatto significativo, mentre i consumi della Pubblica
Amministrazione hanno avuto un effetto pro-ciclico sia sulla volatilità del valore aggiunto dei
SEL che delle unità di lavoro, così come gli investimenti.
Come atteso, la specializzazione settoriale è una determinante significativa della volatilità20
.
In particolare, una maggior quota di valore aggiunto nell’agricoltura ha ridotto la volatilità
rispetto ad una maggior quota nell’industria, sebbene questo impatto sia significativo solo nel
modello confondi aggregati. Una maggior quota sia di valore aggiunto che di unità di lavoro
nelle costruzioni ha invece comportato una riduzione della volatilità rispetto all’industria in tutti
i modelli. I servizi sono invece significativi e negativi solo nel modello della volatilità delle
unità di lavoro con fondi disaggregati.
I fondi aggregati hanno stabilizzato la volatilità del valore aggiunto. In particolare, maggiori
sono stati i fondi allocati ai SEL minore è stata la volatilità del tasso di crescita del valore
aggiunto, sebbene questo impatto sia significativamente non lineare. Un 1% in più di fondi sul
19 I dati relativi alle componenti della domanda sono di fonte IRPET. Gli investimenti sono relativi agli investimenti fissi lordi e non tengono in considerazione la variazione delle scorte. Le statistiche descrittive sono riportate nella Sezione B. 20 Per ovviare a problemi di collinearità la quota del settore Industria è stata omessa nelle regressioni.
24
valore aggiunto (corrispondente a circa il36% dell’ammontare dei fondi sul valore aggiunto
2007 allocati in media sul periodo 2007-2013), ha comportato una riduzione della volatilità del
3,07%, pari a circa il 70% della volatilità media del valore aggiunto stimata per il periodo 2007-
2012. La non linearità dell’impatto dei fondi sulla volatilità del valore aggiunto implica però che
questo effetto anti-ciclico si sia verificato solo fino ad una certa soglia di fondi (corrispondente a
circa il 5% del valore aggiunto del 2007), oltre la quale i fondi hanno avuto un effetto pro-
ciclico sulla volatilità.
Anche l’impatto sulla volatilità delle unità di lavoro è significativo e negativo. In questo
caso, 1.000 euro in più di fondi per unità di lavoro (corrispondenti a circa il 61%
dell’ammontare di fondi per unità di lavoro allocati sul periodo 2007-2013), ha comportato una
riduzione della volatilità dell’1,4%, pari a circa il 48% della volatilità media delle unità di
lavoro stimata per il periodo 2007-2012.
Relativamente alla volatilità del valore aggiunto, il principale effetto di stabilizzazione del
ciclo deriva dai fondi FSE e FAS, mentre i fondi del PO Marittimo IT-FR hanno avuto un
effetto pro-ciclico. Diversamente, per le unità di lavoro sono i fondi FESR ad avere avuto
l’impatto più significativo e negativo, mentre i fondi FAS sembrano aver avuto un effetto pro-
ciclico.
Questo diverso impatto dei fondi sulla volatilità del valore aggiunto e delle unità di lavoro
può essere spiegato dal diverso impiego dei fondi FESR, FSE e FAS. I fondi FESR e FAS sono
rivolti principalmente alle infrastrutture e agli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre i fondi
FSE ai servizi e alla formazione per il mercato del lavoro. Inoltre, come sottolineato in
precedenza, solo l’effetto di breve periodo dei fondi può essere valutato dato che i fondi sono
relativi al periodo 2007-2013 e le volatilità al periodo 2007-2012. Ne deriva che i fondi
utilizzati nel finanziamento di progetti di infrastrutture o ricerca e sviluppo nel breve periodo
tendono a stabilizzare le fluttuazioni delle unità di lavoro (ovvero delle ore lavorate), mentre
quelli utilizzati nel finanziamento della formazione e sostegno per il mercato del lavoro
stabilizzano le fluttuazioni del valore aggiunto.
Tutti i modelli riescono a spiegare molta della varianza della volatilità sia del valore
aggiunto che delle unità di lavoro come mostrato dagli R2. In particolare, il modello II, cioè
quello della volatilità del valore aggiunto con fondi disaggregati per programma, riesce a
spiegare l’89% della varianza della volatilità. Lo stesso però non è vero per il modello IV, cioè
quello della volatilità delle unità di lavoro con fondi disaggregati per programma, che riesce a
spiegare solo il 44% della varianza della volatilità.
Secondo i test di endogeneità condotti sui modelli con fondi aggregati (modelli I e III)
l’ipotesi di esogeneità dei fondi rispetto alla volatilità non può essere rifiutata sia nei modelli del
valore aggiunto che in quelli delle unità di lavoro.
25
Tabella 1 STIMA DEGLI EFFETTI TOTALI MEDI ET M PER I MODELLI I-IV. P-VALUE RIPORTATI IN PARENTESI. TEST DI ENDOGENEITÀ TRAMITE CONTROL FUNCTION USANDO LA STATISTICA F O χ2
6.
26
CONCLUSIONI
La politica strutturale e di coesione è una delle aree di interesse primario dell’Unione Europea.
Il budget totale dei Fondi Strutturali e di Coesione peri membri dell’EU15 ha superato i 200
miliardi di euro per il periodo 2007-2013. Nello stesso periodo, alla Toscana sono stati allocati
circa 1.1 miliardi di euro per l’obiettivo Competitività regionale e Occupazione.
Sebbene la politica strutturale e di coesione europea non abbia come scopo primario quello
di rafforzare le capacità di ripresa di un’economia, nel breve periodo può comunque agire come
stabilizzatore del ciclo economico. Questo rapporto si inserisce pertanto nel dibattito
sull’efficacia della politica strutturale e di coesione dell’Unione Europea stimando l’effetto di
stabilizzazione dei progetti finanziati per 42 sistemi economici locali (SEL) per il periodo 2007-
2013. L’analisi risulta particolarmente interessante dato che questo periodo è caratterizzato dalla
crisi finanziaria emersa nel 2007, che ha portato ad una contrazione economica nel 2008 e che
successivamente ha preso i connotati di una “Grande recessione”. Per misurare questo effetto di stabilizzazione è stata utilizzata una procedura a due stadi.
Nel primo stadio sono state stimate le volatilità dei tassi di crescita del valore aggiunto e
dell’occupazione dei 42 SEL toscani, mentre nel secondo stadio tecniche di econometria
spaziale sono state impiegate per valutare sei fondi abbiano avuto un effetto anti-ciclico su
queste due variabili macroeconomiche.
L’analisi spaziale ha mostrato la presenza di agglomerazioni di SEL geograficamente
contigui caratterizzati da livelli simili di volatilità sia del valore aggiunto che delle unità di
lavoro.
I risultati delle stime rivelano che i fondi hanno avuto un effetto anti-ciclico sia sulla
volatilità del valore aggiunto che delle unità di lavoro, sebbene questo effetto sia non lineare in
particolare per la volatilità del valore aggiunto. Il principale effetto di stabilizzazione della
volatilità del valore aggiunto deriva dai fondi FSE e FAS, mentre i fondi del PO Marittimo IT-
FR hanno avuto un effetto pro-ciclico. Diversamente, per le unità di lavoro sono i fondi FESR
ad avere avuto l’impatto più significativo e negativo, mentre i fondi FAS sembrano aver avuto
un effetto pro-ciclico. Questo diverso impatto dei fondi sulla volatilità del valore aggiunto e
delle unità di lavoro può essere spiegato dal diverso impiego dei fondi FESR, FSE e FAS. I
fondi FESR e FAS sono rivolti principalmente alle infrastrutture e agli investimenti in ricerca e
sviluppo, mentre i fondi FSE ai servizi e alla formazione per il mercato del lavoro.
27
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29
APPENDICI
A. Elenco SEL
Codice Nome
1 Lunigiana 2 Area di Massa e Carrara 3.1 Valle del Serchio Q. Garfagnana 3.2 Valle del Serchio Q. Media Valle 4 Versilia 5 Area Lucchese 6 Val di Nievole 7.1 Area Pistoiese Q. montano 7.2 Area Pistoiese Q. metropolitano 8 Area Pratese 9.1 Area Fiorentina Q. Mugello 9.2 Area Fiorentina Q. Val di Sieve 9.3 Area Fiorentina Q. centrale 9.4 Area Fiorentina Q. Chianti 9.5 Area Fiorentina Q. Valdarno Superiore 10.1 Circondario di Empoli Q. empolese 10.2 Circondario di Empoli Q. Valdesano 11 Valdarno Inferiore 12 Val d’Era 13 Area Pisana 14 Area Livornese 15.1 Val di Cecina Q. costiero 15.2 Val di Cecina Q. Interno 16 Val di Cornia 17 Arcipelago 18 Colline Metallifere 19 Alta Val d’Elsa 20 Area Senese Urbana 21 Crete Senesi - Val d’Arbia 22 Val di Merse 23 Chianti 24 Valdarno Superiore Sud 25 Casentino 26 Alta Val Tiberina 27 Area Aretina 28 Val di Chiana Aretina 29 Val di Chiana Senese 30 Amiata - Val d’Orcia 31 Amiata Grossetano 32 Area Grossetana 33.1 Albegna-Fiora Q. Costa d’argento 33.2 Albegna-Fiora Q. colline interne
30
B. Statistiche Descrittive
31
ESP_Nette_PIL CON_Fam_PIL CON_PA_PIL INV_PIL VA_AGRI2 VA_IND2 VA_COS2 VA_SER2
ESP_Nette_PIL 1,00 -0,43 -0,51 0,27 -0,07 0,71 0,18 -0,71
CON_Fam_PIL -0,43 1,00 -0,04 0,15 0,10 -0,55 0,14 0,37
CON_PA_PIL -0,51 -0,04 1,00 -0,16 0,02 -0,31 -0,18 0,34
INV_PIL 0,27 0,15 -0,16 1,00 -0,11 0,23 0,72 -0,50
VA_AGRI2 -0,07 0,10 0,02 -0,11 1,00 -0,26 -0,06 -0,12
VA_IND2 0,71 -0,55 -0,31 0,23 -0,26 1,00 0,04 -0,80
VA_COS2 0,18 0,14 -0,18 0,72 -0,06 0,04 1,00 -0,37
VA_SER2 -0,71 0,37 0,34 -0,50 -0,12 -0,80 -0,37 1,00
FONDI_VA -0,28 -0,20 0,39 0,00 -0,22 -0,15 -0,15 0,21
FESR_VA -0,20 -0,19 0,37 0,16 -0,24 -0,04 -0,08 0,09
FSE_VA -0,36 -0,22 0,32 -0,48 -0,16 -0,35 -0,49 0,56
FAS_VA -0,18 -0,07 0,22 0,02 -0,04 -0,12 0,04 0,05
POMaritt_VA -0,17 0,03 0,02 -0,36 -0,15 -0,15 -0,31 0,28
FONDI_VA FESR_VA FSE_VA FAS_VA POMaritt_VA
ESP_Nette_PIL -0,28 -0,20 -0,36 -0,18 -0,17
CON_Fam_PIL -0,20 -0,19 -0,22 -0,07 0,03
CON_PA_PIL 0,39 0,37 0,32 0,22 0,02
INV_PIL 0,00 0,16 -0,48 0,02 -0,36
VA_AGRI2 -0,22 -0,24 -0,16 -0,04 -0,15
VA_IND2 -0,15 -0,04 -0,35 -0,12 -0,15
VA_COS2 -0,15 -0,08 -0,49 0,04 -0,31
VA_SER2 0,21 0,09 0,56 0,05 0,28
FONDI_VA 1,00 0,92 0,49 0,77 0,16
FESR_VA 0,92 1,00 0,26 0,54 0,02
FSE_VA 0,49 0,26 1,00 0,25 0,47
FAS_VA 0,77 0,54 0,25 1,00 0,04
POMaritt_VA 0,16 0,02 0,47 0,04 1,00
ESP_Nette_PIL CON_Fam_PIL CON_PA_PIL INV_PIL ULA_AGRI2 ULA_IND2 ULA_COS2 ULA_SER2
ESP_Nette_PIL 1,00 -0,43 -0,51 0,27 0,07 0,76 0,24 -0,70
CON_Fam_PIL -0,43 1,00 -0,04 0,15 0,08 -0,44 0,11 0,24
CON_PA_PIL -0,51 -0,04 1,00 -0,16 -0,11 -0,38 -0,24 0,38
INV_PIL 0,27 0,15 -0,16 1,00 -0,10 0,35 0,70 -0,52
ULA_AGRI2 0,07 0,08 -0,11 -0,10 1,00 -0,33 -0,05 -0,34
ULA_IND2 0,76 -0,44 -0,38 0,35 -0,33 1,00 0,19 -0,65
ULA_COS2 0,24 0,11 -0,24 0,70 -0,05 0,19 1,00 -0,45
ULA_SER2 -0,70 0,24 0,38 -0,52 -0,34 -0,65 -0,45 1,00
FONDI_ULA -0,30 -0,24 0,40 -0,05 -0,25 -0,18 -0,22 0,33
FESR_ULA -0,22 -0,22 0,38 0,12 -0,26 -0,09 -0,12 0,22
FSE_ULA -0,36 -0,24 0,32 -0,49 -0,26 -0,25 -0,53 0,60
FAS_ULA -0,19 -0,12 0,23 -0,02 -0,06 -0,16 -0,03 0,13
POMaritt_ULA -0,17 0,02 0,01 -0,36 -0,15 -0,20 -0,31 0,35
FONDI_ULA FESR_ULA FSE_ULA FAS_ULA POMaritt_ULA
ESP_Nette_PIL -0,30 -0,22 -0,36 -0,19 -0,17
CON_Fam_PIL -0,24 -0,22 -0,24 -0,12 0,02
CON_PA_PIL 0,40 0,38 0,32 0,23 0,01
INV_PIL -0,05 0,12 -0,49 -0,02 -0,36
ULA_AGRI2 -0,25 -0,26 -0,26 -0,06 -0,15
ULA_IND2 -0,18 -0,09 -0,25 -0,16 -0,20
ULA_COS2 -0,22 -0,12 -0,53 -0,03 -0,31
ULA_SER2 0,33 0,22 0,60 0,13 0,35
FONDI_ULA 1,00 0,92 0,53 0,78 0,20
FESR_ULA 0,92 1,00 0,30 0,57 0,05
FSE_ULA 0,53 0,30 1,00 0,29 0,48
FAS_ULA 0,78 0,57 0,29 1,00 0,08
POMaritt_ULA 0,20 0,05 0,48 0,08 1,00