LA TESTIMONIANZA STORICA DI GIACINTO GIGANTE La bellezza ed il fascino del Duomo di Amalfi è tale...

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LA TESTIMONIANZA STORICA DI GIACINTO GIGANTE La bellezza ed il fascino del Duomo di Amalfi è tale da aver ispirato diversi artisti, tra i quali Giacinto Gigante, maggiore esponente della “Scuola di Posillipo”. Egli compone una visione del Duomo ancora fortemente impregnata del carattere illustrativo, tipico della “pittura dal vero” (prima fase dell’esperienza artistica di Gigante), e realizzata tramite una stesura pedissequa dell’acquerello coadiuvata da toni di biacca sovrapposti.

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Page 1: LA TESTIMONIANZA STORICA DI GIACINTO GIGANTE La bellezza ed il fascino del Duomo di Amalfi è tale da aver ispirato diversi artisti, tra i quali Giacinto.

LA TESTIMONIANZA STORICA DI GIACINTO GIGANTE

La bellezza ed il fascino del Duomo di Amalfi è tale da aver ispirato diversi artisti, tra i quali Giacinto Gigante, maggiore esponente della “Scuola di Posillipo”.

 Egli compone una visione del Duomo ancora

fortemente impregnata del carattere illustrativo, tipico della “pittura dal vero” (prima fase dell’esperienza artistica di Gigante), e realizzata tramite una stesura pedissequa dell’acquerello coadiuvata da toni di biacca sovrapposti.

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“IL DUOMO DI AMALFI”

Iscrizioni: Amalfi – Gia Gigante 18(.)6 (in basso a sinistra)Matita, acquerello e biacca; mm. 331x495Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte, don. Morisani

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Le rustiche abitazioni marinare svolgono un palese ruolo di quinte prospettiche sull’incombente scenario del Duomo, reso accuratamente in tutti i suoi dettagli.

L’assenza di piani prospettici viene compensata dall’inserimento dei numerosi gruppetti di popolani che animano la piazza: un’ immancabile repertorio che il Gigante trascrive dai suoi studi di figure in costume come espedienti per completare la lettura del paesaggio.

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• Gigante è inconsapevole di tramandare la storia di un’immagine perduta. Infatti la facciata seicentesca fu interamente ricostruita dopo il crollo del 1861 seguendo un’ ispirazione concettuale tendente al ripristino, in questo caso delle forme arabo-normanne duecentesche, tipica degli architetti-restauratori dell’Ottocento. L’urbanista napoletano Enrico Alvino progettò la nuova facciata, tra il 1885 ed il 1894; i pittori Domenico Morelli e Paolo Vetri curarono la decorazione del timpano, tutto in stile neobizantino.