La Storia dell’uomo…… also point. - I NOSTRI...
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La Storia dell’uomo…… also point. La storia dell’uomo, vista da un altro punto di vista.
Ormai recenti sviluppi dell’archeologia e ritrovamenti in tutto il mondo, ci portano a considerare l’eventualità che ciò che studiano i nostri figli a scuola è una grande menzogna.
di DUILIO TAZZI
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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PREFAZIONE.
Ho iniziato tardi ad interessarmi di archeologia, anche se, ho avuto sempre un occhio di
riguardo per la storia dell'uomo.
Studiando alcuni precursori sismici, in grado di veicolare informazioni predittive,
sull'imminente evento ed incrociando i miei risultati con quelli di altri scienziati nel
mondo, mi è capitato un articolo molto simpatico, che recitava cosi: "perché gli antichi
monumenti non crollano con il terremoto?".
La prima analisi cadde su alcune edificazioni Incas...... ma strano, qualcuno asseriva, che
in realtà, non le avevano costruite gli Incas...... qui è iniziato il tutto.
Il mio non vuole essere un compendio di archeologia, visto tra l'altro con un occhio
prettamente ingegneristico, ma vuole affrontare il problema in modo nuovo, ovvero con un
approccio scientifico-pratico, sovrapponendo varie tipologie di dati, desumibili da varie
discipline applicate all'archeologia. Il mio lavoro è consistito nel fare un sunto di un
materiale enorme presente sia in rete, che tramite autori ed editori indipendenti, che
comunque hanno un respiro nazionale ed internazionale.
La prima parte, espone un elenco, una semplice esposizione di una nutrita rappresentanza
di oggetti "fuori tempo". La seconda affronta una visione legata a racconti
epici/mitologici/religiosi, in nostro possesso, infine il tutto viene incrociato con i dati della
astro-archeologia, infine per concludere, un elenco di domande che fuoriescono dai nostri
risultati. Insomma il mio studio vuole essere un invito a tutti coloro che affrontano il
revisionismo archeologico a studiare e porsi domane, vere, non preconcette, magari
confrontandole con le teorie ed anche, perché no, con i pregiudizi dell'archeologia
ortodossa.
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1. INTRODUZIONE.
Dobbiamo fare una attenta riflessione, nel caso che l'esistenza di civiltà pre-pleiostene
venissero provate definitivamente, tutte le religioni si sgretolerebbero in se stesse. Miliardi
di persone perderebbero il loro credo ed una gran parte delle loro tradizioni. Sarebbe
devastante. Persino le religioni buddiste e induistiche perderebbero una parte della loro
ideologia. Tutti i docenti di storia e di religione resterebbero sulla strada senza lavoro.
Inoltre sono in gioco motivi economici e politici, dato che tutta l'economia mondiale si
basa in parte sulle grandi religioni, in poche parole, se si ammettesse che la revisione
dell'archeologia ortodossa, è un dato di fatto, si potrebbe creare una situazione di instabilità
mondiale. A questo punto ci si dovrebbe domandare se l'occultamento di prove ormai
divenute più numerosi dei reperti "classici" potrebbe condurre ad una catastrofe sociale
universale. A parer mio, se l'umanità realizzasse di colpo, l'esistenza di civiltà millenarie,
ciò causerebbe una catastrofe sociale universale con tutte le sue conseguenze asociali.
Pertanto si dovrebbe preparare l'umanità passo per passo all'esistenza di una nuova storia.
Ogni disciplina scientifica possiede una struttura tipicamente conservatrice, e tende a
respingere le idee che contraddicano dei principi o delle leggi convenzionalmente accettati.
Basta rivedere la storia stessa della scienza, che molto spesso è stata scritta da personaggi
che, a causa delle loro tesi rivoluzionarie, sono stati violentemente attaccati dalla
"comunità scientifica ufficiale", che vedeva in pericolo il loro prestigio o il loro schema di
pensiero. Ma non dobbiamo meravigliarci, infatti la storia più volte ci ha presentato queste
scene, le idee che apparivano eretiche nel passato sono diventate i concetti base della
scienza di oggi. L’archeologia, più di ogni altra, sembra soffrire del cosiddetto filtro
scientifico, messo in atto dal pensiero ortodosso, che impedisce di fatto la divulgazione o
addirittura la discussione di scoperte che non si allineano con i dogmi consuetamente
accettati come veri. Proprio questa materia fortemente empirica ha dimenticato il metodo
scientifico, il quale impone che, quando un ipotesi di lavoro viene contraddetta anche da un
solo esperimento, essa debba essere abbandonata in favore di un’altra che soddisfi i dati a
disposizione. Ebbene, nell’ultimo secolo e mezzo gli archeologi hanno collezionato in tutto
il mondo una serie di "anomalie", reperti "senza tempo" che si scontrano con la
ricostruzione ufficiale della nostra preistoria e storia antica. Molte di queste sono
contraddizioni culturali o anacronismi tecnologici che sono sempre stati sotto gli occhi di
tutti da molto tempo, altre, sono scoperte scientifiche recenti, altre ancora sono veri e
propri reperti occultati o dimenticati, ritrovati grazie al lavoro di ricercatori nell’ultimo
ventennio.
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Possiamo citare a titolo di esempio che nel secolo scorso sembrava inimmaginabile
l’esistenza di una civiltà anteriore a quella egizia, poi le città dei Sumeri vennero alla luce,
guarda caso, proprio nei luoghi indicati dall’Antico Testamento. Fino agli anni ‘50 si
credeva che i manufatti megalitici (europei e britannici) fossero il prodotto di una società
primitiva, prima che l’archeoastronomia rivelasse le conoscenze astronomiche e
matematiche insite in quei monumenti. Oggi grazie ad un approccio interdisciplinare
all’archeologia siamo sulla strada per una ulteriore rivoluzione scientifica che in futuro
cambierà anche la consapevolezza della nostra civiltà industriale, convinta di rappresentare
l’apice della evoluzione intellettuale umana, in un cammino progressivo iniziato appena
100.000 anni fa. Sia chiaro che ognuna delle anomalie, presa singolarmente, non
costituisce una prova definitiva sufficiente per riscrivere i libri di storia, ma se invece
mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle, otteniamo una visione d’insieme
sorprendentemente coerente che reclama una nuova e suggestiva ipotesi: l’evoluzione
dell’uomo non è stata progressiva e lineare come si crede, e nella preistoria sono esistite
civiltà scientificamente e tecnologicamente avanzate.
2. DATAZIONE DEI REPERTI ARCHEOLOGICI.
Per avere informazioni sul periodo in cui non ci sono testimonianze scritte, è necessario
saper “leggere” gli indizi lasciati dall’uomo o dagli eventi naturali nei reperti o sul
territorio e ricostruire l’evento avvenuto migliaia di anni prima. Vi sono vari metodi, da
quello del confronto stilistico del manufatto alle analisi chimiche e fisiche di vario genere.
Vediamo le più note e diffuse nel mondo archeologico.
Lasciando ad altra sede le analisi relative alla forma del manufatto, ossia i confronti
stilistici, occupiamoci invece dei metodi di datazione sul materiale del manufatto stesso. La
prima distinzione va fatta in base alla categoria cui esso appartiene, ossia inorganico
oppure organico, dato che sui secondi è possibile applicare la metodica del C 14,
inattuabile sui primi. Inoltre, una ulteriore distinzione viene fatta tra legno e altri materiali
di origine animale e vegetale, poiché sul primo, oltre al C 14 è possibile applicare lo studio
dendrocronologico. Tutti i vegetali e i loro derivati (tessuti, carta, legni ecc.) sono costituiti
prevalentemente dal polimero cellulosa; nel tempo, la cellulosa della pianta morta tende a
mettersi in equilibrio con le nuove condizioni ambientali alterandosi progressivamente. Se
il vegetale o il derivato rimane sulla superficie del suolo, quindi in presenza dell’ossigeno,
il carbonio viene lentamente ossidato e la cellulosa viene completamente vaporizzata e,
della pianta, non rimane niente.
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Al contrario, se il vegetale non rimane in superficie, quindi non esposto all’aria, non si
verifica l’ossidazione del carbonio e si ha solo una lenta alterazione del vegetale in un
materiale sempre più scuro perché arricchito di carbonio. Questa situazione si verifica
quando la pianta o il suo derivato finiscono sotto terra, nella sabbia del mare o congelato in
un ghiacciaio dove c’è sempre meno ossigeno. Questa situazione, in contesti geologici,
porta alla formazione dei carboni fossili (torba, lignite, litantrace, antracite).
2.1 Datare il legno: la Dendrocronologia.
La dendrocronologia (dal greco dendron=albero e logia=studio) non è una scienza nuova
ma, sin dall’età antica, si trovano riferimenti a questa disciplina in Teofrasto, Vitruvio,
Plinio. Però, solo grazie agli studi di Leonardo Da Vinci, si può parlare di ampliamenti
anulari annuali. La dendrocronologia come scienza esatta nasce, invece, grazie
all’impegno dello americano Andrew Ellicott Douglass, a cui si devono le prime
datazioni dendrocronologiche di alcuni insediamenti preistorici in Messico.
Il metodo dendrocronologico, permette di ottenere cronologie molto precise datando il
legno di un albero vivente o un legno archeologico mediante il radiocarbonio. Il metodo si
fonda sul principio che, alberi che appartengono alla stesso tipo, ubicati nella stessa zona
geografica formano, nello stesso arco di tempo, sequenze anulari raffrontabili, in cui ogni
singolo anello è in relazione ad un anno di vita dell’albero. Gli anelli, dunque, vengono
misurati e le loro estensioni
vengono interpretate in grafici, che
prendono il nome di “curve
dendrocronologiche“.
Questo sistema di datazione è
molto preciso: infatti, in
condizioni ottimali, cioè in
presenza del midollo e dell’ultimo
anello, è stato possibile
individuare anche il periodo
dell’anno in cui l’albero è stato
abbattuto. L’esame
dendrocronologico può essere effettuato anche per lo studio di legni ancora posti in opera.
Si procede effettuando un foro dal diametro di 0,5 cm; nel caso in cui non è possibile
prelevare campioni, le analisi vengono fatte in loco, mediante l’utilizzo di strumenti
Figura 1 - datazione del legno
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portatili, oppure attraverso la tecnica del frottage che consiste nel rilevare gli anelli
dell’albero attraverso lo sfregamento della grafite su un foglio trasparente o bianco. Si può
ricorrere anche al rilievo fotografico.
Il metodo dendrocronologico permette anche di ricostruire episodi avvenuti nel passato e di
cui si è persa ormai la memoria. Per questo motivo la dendrocronologia non è utile soltanto
per la datazione relativa all’ambito archeologico, architettonico e storico-artistico, ma
viene ampiamente utilizzata anche nelle ricerche climatiche, attraverso la
dendroclimatologia, quella scienza che studia l’importanza che agenti atmosferici (pioggia,
vento, grandine, siccità ecc.) hanno sull’accrescimento della pianta. Inoltre, è utile
nell’osservazione di eventi quali incendi, terremoti, frane, attività vulcaniche, alluvioni,
patologie causate da insetti o funghi.
2.2 Dendroglaciologia
Un ramo della dendrocronologia è la cosiddetta dendroglaciologia che si interessa dello
studio degli spostamenti dei ghiacciai osservando gli accrescimenti delle piante. Infatti, un
ghiacciaio, durante il suo avanzamento, può sotterrare oppure uccidere tutte le piante che
incontra lungo il suo cammino; altrimenti, se le tocca in maniera non distruttiva, può
modificarne lo sviluppo. Gli alberi, quindi, “registrano” sulla loro corteccia, l’anno in cui
si è verificato il contatto con i ghiacciai. Con il metodo dendrocronologico è anche
possibile stimare l’andamento climatico degli alberi. Infatti, ogni anno gli alberi generano
un nuovo anello e la crescita sarà più veloce durante la primavera, l’estate e l’autunno
mentre si arresterà durante l’inverno. Avremo, dunque, un anello molto ampio se l’estate o
la primavera sono state umide, viceversa un anello stretto, corrispondente ad un clima più
secco. Mettendo a confronto gli anelli di alberi cresciuti in tempi diversi, si può ricostruire
l’evoluzione del clima su archi di tempo più grandi rispetto alla vita dell’albero.
2.3 Datare i materiali organici: il Radiocarbonio o C14.
Il carbonio ha un’importanza fondamentale in tutti i processi che avvengono sulla terra.
Tutti gli organismi che respirano, le eruzioni vulcaniche ecc., liberano carbonio sottoforma
di anidride carbonica; questo gas viene poi assorbito in grande quantità delle piante che lo
trasformano in sostanze indispensabili alla vita. Nel 1949 il chimico statunitense Willard
Frank Libby ha messo a punto questo metodo per la datazione dei reperti organici (ossa,
legno, stoffa, carta, pollini, pergamene, tessuti biologici) risalenti a non oltre 40.000 anni e
per questa scoperta vinse il premio Nobel nel 1960.
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Il carbonio è un elemento indispensabile per la vita ed è presente in tutte le componenti
organiche. Esso possiede tre isotopi: due stabili (C12 e C13) e uno radioattivo (C14) e
differiscono tra loro per il numero di neutroni. Alla base del metodo di Libby sta
l’osservazione che il Carbonio-14 viene assorbito dai vegetali assieme al carbonio C-12 e
C-13 sottoforma di anidride carbonica e che quindi viene a far parte dei composti che
costituiscono gli organismi vegetali, i quali servono da nutrimento per gli organismi
animali. Essendo nell’atmosfera
costante la proporzione tra C-12, C-
13 e carbonio-14, (isotopo
radioattivo del carbonio), ne risulta
che, anche negli organismi viventi,
questo rapporto rimarrà costante.
Alla morte degli organismi, però,
venendo a cessare l’assorbimento di
anidride carbonica dall’atmosfera,
la quantità di Carbonio-14, instabile, andrà sempre diminuendo rispetto a quello del
carbonio normale. Più precisamente, dopo 5.568 anni, la quantità di Carbonio-14 è ridotta
alla metà di quella che era presente nell’organismo al momento della morte (questo
periodo di tempo prende il nome di periodo di dimezzamento ed è tipico degli atomi
radioattivi). Data però la piccola quantità di Carbonio-14 rispetto al carbonio normale,
dopo circa 40.000 anni le radiazioni emesse dagli atomi sono talmente deboli da non
potersi definire con precisione. Essendo il C14 un isotopo instabile, decade secondo la
reazione governata dalle interazioni deboli. La tecnica per stabilire l’età di un qualsiasi
reperto archeologico consiste nel confrontare il contenuto del Carbonio-14 di un reperto
con quello presente in uno standard, l’acido ossalico, preparato nel 1950 negli USA. La
quantità di radiocarbonio nello standard è quello di una pianta cresciuta in assenza di effetti
dovuti agli esperimenti nucleari e all’uso di combustibili fossili. Con il passare degli anni
ci si rese conto che il metodo messo a punto da Libby dava risultati veri solo in prima
approssimazione, ottenendo così una “radiazione radiocarbonica convenzionale”. Questa
datazione convenzionale viene poi confrontata con quelle ottenute da campioni di età nota,
al fine di stabilire una data “reale”. Negli ultimi due secoli però la quantità di anidride
carbonica è aumentata, dovuta alla combustione di carbonio fossile. Il carbonio fossile,
rimasto per milioni di anni sotto terra, non è in equilibrio con l’atmosfera e, pertanto, non
Figura 2- Il ciclo del carbonio.
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contiene Carbonio-14. Questo effetto tende a rendere più antichi i reperti. Questo tipo di
analisi è stato effettuato anche per scoprire vini d’annata falsificati dal momento che il
carbonio 14 è presente anche nell’uva.
2.4 Datare i materiali inorganici: la Termoluminescenza
Sui materiali inorganici non possibile applicare il
sistema di datazione al C 14. Nel caso della
ceramica e terracotta è possibile fare ricorso al
metodo della termoluminecenza. Con il termine
Termoluminescenza si indica un fenomeno
fisico di emissione luminosa, da parte dei
cristalli di una sostanza. Il fenomeno
termoluminescente fu descritto per primo da
Robert Boyle nella seconda metà del XVII
secolo. Si tratta di una tecnica distruttiva che permette di datare i reperti di natura
inorganica, costituiti da argilla cotta (vasi, calchi per statue, laterizi ecc.), vetri, ossidiane
(vetri vulcanici) e malte.
Con questo tipo di datazione è possibile arrivare anche a datare reperti di 500.000 anni fa e
oltre. Ovvero, tutto ciò che contiene dell’argilla, o della terra in genere, ed è stato cotto a
temperature di almeno 500 C°.
La tecnica viene utilizzata in archeologia per la datazione della ceramica che è il materiale
più abbondante rinvenuto normalmente nei siti archeologici; molti dei componenti della
ceramica, come quarzo e feldspati sono termoluminescenti, cioè trattengono le emissioni
radioattive che si immagazzinano nel tempo, dovute al consueto irraggiamento radioattivo
terrestre. Questi materiali, se vengono riscaldati ad una temperatura che si aggira intorno ai
550°C., rilasciano energia, attraverso una luce bluastra.
Dal momento che il terreno sprigiona costantemente piccole quantità di radiazioni, quando
l’argilla viene cotta in forno, tutta la radioattività accumulata si estingue: uscito dal forno,
il manufatto si raffredda e ricomincia ad assorbire in maniera costante piccole quantità di
emissioni radioattive. L’analisi consiste nel prelevare una quantità di campione sul quale
vengono svolte una serie di analisi, dalle quali si ricava la radioattività assimilata dal
campione dal momento della sua ultima cottura fino ad oggi, ovvero la Paleodose o Dose
Archeologica.
Figura 3 - Prove di termoluminescenza
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Con la tecnica della TL gli archeologi misurano la quantità di radiazioni accumulate e sono
in grado di risalire alla data di cottura del pezzo. La termoluminescenza permette di datare
anche oggetti non archeologici, ad esempio permette di conoscere quando un meteorite è
arrivato sulla Terra , di datare i sedimenti di origine eolica o lacustri, la calcite delle
stalagmiti e, in particolare, il materiale compreso tra strati di stalagmiti formatesi nel
terreno delle grotte abitate in tempi diversi da animali e umani.
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3. INCOMPATIBILITÀ e DUBBI .
Cerchiamo di riassumere la storia dell’umanità, così come la troviamo scritta sui libri di
testo scolastici. Alcuni milioni di anni fa un ramo della famiglia dei primati,
l’Australopitecus, intraprende il cammino dell’evoluzione verso una forma di intelligenza e
coscienza superiori. Le tappe di questo percorso sono testimoniate dall’anatomia sempre
più umana e dal volume del cranio sempre maggiore degli scheletri degli ominidi
rinvenuti:
a) - 2¸1,5 milioni di anni fa: Homo Habilis, capacità cranica di 750 cm cubi circa.
b) - 1.500.000¸ 700.000 anni fa: Homo Erectus, capacità cranica di 1200 cm cubi circa.
c) - 300.000 ¸ 30.000 anni fa: Homo Sapiens.
Homo Sapiens Neanderthalensis, capacità cranica di 1500 cm cubi circa,
rimpiazzato dall’Homo Sapiens Sapiens attuale (nella forma originaria di uomo di Cro-
Magnon), capacità cranica di 1200 ¸ 1800 cm cubi circa. Durante i 2 milioni di anni che
formano l’età Paleolitica, gli ominidi sopravvivono di caccia, pesca e raccolta, affinano il
linguaggio, l’industria degli utensili in pietra e in legno, imparano ad usare il fuoco. Poi,
improvvisamente, in un periodo compreso tra 9000 a.C. e il 4000 a.C. (convenzionalmente
suddiviso in età Mesolitica e Neolitica ), l’uomo
impara a modificare l’ambiente a suo vantaggio, e il progresso culturale si impenna: si
sviluppano agricoltura e allevamento, dal VI millennio a.C. inizia la lavorazione del rame e
del bronzo, viene inventata la ruota, infine con la nascita della scrittura si assiste all’alba
della storia: nel IV millennio a.C. fioriscono, contemporaneamente, la civiltà egizia e
quella sumera, seguite da quella della valle dell’Indo e quella cinese,
quindi, attorno al 1500 a.C. sempre indipendentemente le une dalle altre, quelle centro e
sud americane. Secondo il parere di alcuni evoluzionisti,
Figura 4 - le Ere
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l’esplosione culturale degli antenati dell’uomo è un evento straordinario. La crescita
intellettuale degli ominidi è rapidissima: la velocità di accrescimento delle dimensioni del
cervello (che raddoppiano in circa 1 milione di anni) supera i normali ritmi di selezione
naturale, consoni alla teoria darwiniana, specialmente perché non esiste un fattore
ambientale che spinga un animale a sviluppare le facoltà di ragionamento, di espressione
artistica, e di astrazione.
La linea evolutiva umana è estremamente confusa e mancante di alcuni anelli di
congiunzione: il capostipite, l’Australopitecus, non ha una struttura ossea adatta alla
stazione eretta, l’Homo Abilis (di piccola statura e scimmiesco) e l’Homo Erectus (più
alto ed umano) sono praticamente contemporanei e non possono quindi stare sulla stessa
linea genealogica. L’anatomia dell’uomo moderno si distacca decisamente dagli immediati
progenitori. Stupisce particolarmente il fatto che l’uomo di Neanderthal, un ramo estinto
della famiglia degli ominidi che risulta contemporaneo a quello di Cro-Magnon e non
antenato, avesse una capacità cranica che rientra nella media odierna (sebbene
l’intelligenza non sia proporzionale al volume del cervello). Inoltre non si spiegano le
distinzioni somatiche tra le varie razze dell’Homo Sapiens che, originario dell’Africa,
dovrebbe essere migrato negli altri continenti negli ultimi 30.000 anni, addirittura gli
amerindi e gli aborigeni australiani non si sarebbero stanziati prima di 15.000 anni fa. La
scoperta dell’agricoltura, una rivoluzione fondamentale nello sviluppo umano, avvenne
quasi contemporaneamente e indipendentemente agli antipodi del pianeta.
I primi esperimenti agricoli testimoniati dalla botanica risalgono al 9.500 a.C. circa, e si
trovano nei pressi del Lago Titicaca sulle Ande Boliviane, sugli altopiani tailandesi, e sugli
altopiani etiopici. Inoltre un precoce inizio interrotto sembra essersi verificato tra il 13.000
e il 10.000 a.C. in Medio Oriente . Le prime civiltà che sorgono sulla terra attorno al 4000
a.C., inaspettatamente, non presentano tracce di evoluzione. I Sumeri compaiono
improvvisamente con una società molto complessa e specializzata, con conoscenze di
astronomia comparabili con quelle del XIX secolo. La religione e la scienza egizia sono fin
dall’inizio pienamente sviluppate, addirittura l’architettura denota una regressione nei
secoli. Ancor prima del periodo d’oro delle civiltà orientali, dal 5000 a.C., una cultura
sconosciuta esperta in geometria e astronomia, erige in tutta Europa un’infinità di megaliti.
La civiltà Maya, dei primi secoli d.C., manifesta uno sconcertante divario tra le conoscenze
scientifiche e le realizzazioni tecniche: elaborarono il miglior calendario della storia (dopo
il nostro) senza essere capaci di utilizzare la ruota. Gli Incas, il cui impero prosperò fino al
1500, erano capaci di costruire le mura delle loro fortezze con blocchi monolitici che
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raggiungono il peso di 300 tonnellate. Il quadro che abbiamo davanti è poco coerente, il
buon senso suggerisce che ci siamo persi per strada dei pezzi, che forse devono ancora
affiorare da sottoterra. Oppure quei pezzi sono già nei musei, ma non sono stati
correttamente interpretati.
4. I REPERTI “FUORI TEMPO".
Chiamati generalmente O.O.P.A.R.T. (Out Of Place Artifacts, cioè manufatti/reperti fuori
posto) vengono indicate tutte quelle tracce di presenza umana che sono stati rinvenuti in
strati geologici in cui non dovrebbero esistere, oppure quegli utensili di livello tecnologico
incompatibile con le conoscenze della civiltà in questione, reperti che personalmente
definisco “Fuori Tempo”. Anche se ciò non è riportato sui libri di storia, questi reperti sono
molti e contraddicono palesemente la visione tradizionale della preistoria, con grande
dispiacere per i pensatori ortodossi. L’abitudine a considerare questi ritrovamenti delle
anomalie (chiamando in causa, ad esempio errori di datazione, fenomeni naturali, malafede
dei ricercatori coinvolti), solo perché non rispecchiano gli schemi di pensiero accettati, ha
permesso che questa mole di dati venisse accantonata e dimenticata, formando un vero e
proprio capitolo di “Archeologia Proibita”.
Con questo titolo, il ricercatore Michael Cremo ha pubblicato nel 1995 un volume enorme
(da cui ho tratto del materiale per la presente pubblicazione) che cataloga tutti i pezzi
dimenticati delle origini dell’uomo. Recuperando anche la letteratura scientifica della
seconda metà dell’800, Cremo ha scoperto una vera e propria soppressione di prove che
dimostrano che l’Homo Sapiens anatomicamente moderno esiste da decine di milioni di
anni. Prove che per documentazione e numero e superano i pezzi sparsi e incongruenti che
formano la linea evolutiva accettata. In seguito alla pubblicazione de “L’origine delle
specie” di Charles Darwin, nel 1859, l’entusiasmo ha spinto i suoi fautori a rintracciare in
fretta il percorso evolutivo della nostra specie a partire da un antenato ominide plausibile.
Già nel secolo scorso, gli evoluzionisti erano certi che il genere Homo si fosse sviluppato
solo recentemente, negli ultimi 2 milioni di anni, a fronte di ciò, essi adattarono i reperti
alle loro idee, anziché costruire la teoria sui fatti. Ogni ritrovamento che metteva in dubbio
la cronologia dogmatica veniva sottoposto ad ogni genere di critica, mentre la minoranza
delle scoperte gradite era accolta e propagandata con entusiasmo.
Ciò avvenne nel 1894 (il famoso uomo di Giava, battezzato Homo Erectus) e all’inizio del
secolo con gli ominidi cinesi. I neo-darwinisti, dopo aver deciso quali reperti fossero da
considerare autentici, hanno disposto sulla stessa linea dei frammenti fossili disordinati,
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spesso rinvenuti in condizioni dubbie, spesso appartenuti a specie diverse (l’Homo Abilis è
una pura invenzione antropologica, non esiste come specie a sé). Una generazione
influente di studiosi ha alterato clamorosamente la reale antichità dell’essere umano,
ricorrendo persino al falso si cita qui il caso dell’Uomo di Piltdown.
I concetti ortodossi sono radicati a tal punto che oggi la morfologia stessa dei fossili di
ominide viene usata per datare un sito archeologico: anatomia moderna significa recente,
anatomia scimmiesca significa antico. In questo modo non vi è alcuna possibilità di
esplorare ipotesi alternative. Essere coscienti del fatto che la ricostruzione dell’antichità è
soggetta a pesanti pregiudizi, ci aiuta ad affrontare, nel seguito, altri numerosi reperti dalle
implicazioni ben più sconvolgenti, molti dei quali erano noti anche prima del contributo di
M.Cremo, ma rimanevano oggetto di studio soltanto per gli scrittori di paleoastronautica.
Figura 5 - Impronte umane impresse su una roccia del Triassico
Impronte fossili umane sono rimaste impresse su formazioni rocciose antichissime,
numerosi manufatti sono stati rinvenuti in strati geologici "impossibili", anteriori all’era
dei dinosauri, oltre 300 milioni di anni fa. Ci sono scheletri di razze umane sconosciute, e
strumenti tecnologici dalla fattura moderna. Su tutto
questo è calato il più assoluto silenzio, a causa del
cosiddetto filtro culturale, o forse per insabbiamento
intenzionale. Vediamo una rassegna dei reperti più
importanti. Il primo importante sito a riemergere dal
passato remoto è stato Catal Hüjük, un vasto
insediamento abitativo, datato al settimo millennio avanti
Cristo, che prova come città complesse e bene organizzate siano sorte molto prima di
quanto si pensi, già in età neolitica. A duecento chilometri da Yerevan, capitale
dell’Armenia, è stata scoperta un’area di circa sette ettari, letteralmente ricoperta da
Figura 6 - cartina del Ritrovamento
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centinaia di megaliti con fori artificiali per l’osservazione astronomica; il sito, Carahunge,
è datato al sesto millennio a.C. e presenta notevoli paralleli con i templi astronomici
recentemente scoperti nella valle del fiume Fiora (Poggio Rota), Pitigliano in Toscana.
Göbekli Tepe si trova nell'attuale Turchia in prossimità del confine con la Siria. Ma la
scoperta più eclatante e misteriosa è avvenuta a Göbekli Tepe, sul confine siriano, dove
sono venuti alla luce cerchi megalitici e complesse strutture architettoniche decorate con
rilievi scultorei di raffinata esecuzione.
Figura 7 - panoramica del Sito.
Il sito è stato datato al 9500 a.C. e si ritiene che abbia avuto funzione di tempio e di
“centro” sacro per un vasto e popolato territorio. Quest’ultima scoperta ha messo in crisi
non pochi accademici ed “esperti”. Infatti, secondo l’odierna teoria “scientifica”, insegnata
in università, scuole e accademie, nel 9500 a.C. sarebbero soltanto esistiti gruppi nomadi di
raccoglitori e cacciatori, senza arti né tecniche, in altre parole “uomini delle caverne”. Ora
dopo Göbekli Tepe, bisogna retrodatare di molti millenni la storia dell’evoluzione umana.
Il nocciolo della questione è il seguente: se nel 9500 a.C. (epoca terminale dell’ultima
glaciazione) gli essere umani già possedevano un’evoluta forma di arte, avanzate tecniche
costruttive e un codice simbolico per l’elaborazione di dati e idee, ciò implica che essi
abbiano progressivamente sviluppato tali capacità e talenti, in un’epoca precedente. E’
invece assai improbabile che siano arrivati a tanto, in un breve arco di tempo. E, allora, la
storia va rivista, o riscritta: quei nostri progenitori, durante o prima dell’ultima glaciazione,
percorsero un cammino evolutivo che anticipò di millenni quella che oggi è chiamata la
“rivoluzione” del neolitico.
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5. SCHELETRI DI HOMO SAPIENS.
1. Scheletro completo di Homo Sapiens moderno a Olduval George, in Tanzania,
fossilizzato in strato di 1-2 milioni di anni, rinvenuto dal Dott. Hans Reck nel 1913.
2. Omero e femore di uomo attuale, in Kenia, datati rispettivamente 4 e 2 milioni di anni
(1965, 1972, documentazione ufficiale).
3. Femore anatomicamente moderno trovato sull’Isola di Giava nel 1894. Venne
erroneamente associato ad un teschio di ominide primitivo a formare un fantomatico
miscuglio che prese il nome di Homo Erectus, caposaldo ormai incontestabile della nostra
linea evolutiva.
4. Ossa di Homo Sapiens rinvenute a Brescia dal geologo Giuseppe Regazzoni in strato del
Pliocene (3-4 milioni di anni) (1860).
5. Cranio di ominide dalle caratteristiche controverse, scoperto dall’antropologo Richard
Leakey in Kenia (1972). Presentava una capacità cranica inaspettatamente alta, con una
forma facciale primitiva, e la stima dell’età oscillava tra 2,6 e 1,8 milioni di anni.
Nonostante la sua classificazione come Homo Habilis, questo ominide non può appartenere
alla linea evolutiva originata dall’Australopitecus (Fonte: Origins, di Leakey e Lewin).
6. Prove di trapanazione del cranio, praticata nell’era neolitica, a scopo magico o
terapeutico (praticata anche oggi da diverse tribù africane che si trovano allo stadio
neolitico). Il più antico è un cranio di uomo cinquantenne ritrovato in Alsazia da una
missione archeologica nel 1997, datato al 5000 a.C. con il metodo C14. Il soggetto
riportava le tracce di diversi interventi chirurgici, a cui sopravvisse, come dimostra la
rigenerazione dell’osso cranico.
7. Scheletro umano venuto alla luce casualmente, in una miniera italiana (probabilmente
decine di milioni di anni).
8. Scheletro completo di Homo Sapiens, scoperto in un bacino carbonifero risalente ad
almeno 300 milioni di anni, presso Macoupin, in Illinois. (Fonte: The Geologist, 1862).
5.1 SCHELETRI DI UMANOIDI SCONOSCIUTI
1. Crani umanoidi anomali ritrovati in Perù dall’archeologo Henry Shapiro alcuni con la
calotta allungata a pera (forse spiegabili con la deformazione rituale indotta dall’infanzia),
altri con una doppia calotta cranica inspiegabile (conservati al Museo Archeologico
Nazionale di Lima).
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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2. Mummia egiziana di bambino (1,30 m) nella tomba di Tutankhamen, conservata
inizialmente dallo scopritore Howard Carter, sembra in realtà un adulto pienamente
sviluppato macrocefalo (1922, documentazione ufficiale).
3. Razza sconosciuta di umanoidi di bassa statura (1,30 m circa), i DROPA, in grotte al
confine Cina-Tibet, rinvenuti insieme a misteriosi dischi di pietra , datazione 10.000 a.C.
(anni ‘40).
4. Essere umanoide mummificato di 35 cm, 350 g, trovato da cercatori d’oro in una camera
scavata nel granito, sul Pedro Mountain, nel Wyoming, nel 1932. La struttura ossea
(rivelata da una radiografia eseguita da H.Shapiro), secondo antropologi dell’università di
Harvard, era quella di un essere adulto o anziano .
5. Scheletro umano di 2,38 m, ritrovato in mare a 250 km a nord di Santiago del Cile,
insieme ad ossa di animali preistorici e vasellame (1970) .
6. Ossa umane di grandezza straordinaria, con denti pesanti 430 grammi, a punta S.Elena
in Perù.
5.2 IMPRONTE FOSSILI UMANE
1. Impronte di piede di diversi esemplari di Homo Sapiens su ceneri vulcaniche fossili, a
Laetoli in Tanzania, risalenti a 3,6 milioni di anni fa. Scoperte nel 1979 da Mary Leakey,
furono erroneamente attribuite all’Australopitecus .
2. Orma di scarpa, completa di tacco, impressa su roccia con incrostazioni di trilobiti del
periodo Cambriano (oltre 500 milioni di anni) ad Antelope Spring in Utah. Scoperta e
conservata da William J.Meister nel 1968.
3. Impronta parziale di sandalo, con distinguibili le linee di cucitura del filo e il consumo
del tallone, fossilizzata su una roccia del Triassico (250-200 milioni di anni) nel Sisher
Canyon, in Nevada. Trovata dal geologo John T.Reid nel 1922, conservata al Museo
Americano di Storia Naturale di New York.
4. Impronta umana osservata in una roccia del Giurassico (150 milioni di anni fa) accanto a
quella di un dinosauro, nella Repubblica del Turkmenistan. (Fonte: Notizie da Mosca,
1983).
5. Orme di piedi dall’aspetto umano, con 5 dita, arco e tallone, lasciate su terreni sabbiosi
del periodo Carbonifero (320 milioni di anni, oggi roccia arenaria) in Kentucky,
Pennsylvania e Missouri. Studiate dal professor W.G.Burroughs di una facoltà di geologia
del Kentucky, nel 1938.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
16
6. Impronta di scarpa su arenaria nel deserto di Gobi, decine di milioni di anni (Fonte:
P.Kolosimo).
7. Altre impronte di scarpe su roccia, dalla datazione controversa, rinvenute a Caprie (Val
di Susa, Italia), in Bolivia (museo di Cochabamba), sulle Ande peruviane, a Punauia
(Tahiti).
6. REPERTI “INOPPORTUNI”.
1. Conchiglia con volto umano scolpito proveniente da una formazione di roccia rossa
Pliocenica (oltre 2 milioni di anni), trovata da Henry Stopes in Inghilterra (Fonte
Geological Society inglese, 1881). Lavorazioni artistiche simili non dovrebbero comparire
fino a 100.000 anni fa in Africa, fino a 30-40 mila anni fa in Europa.
2. Rudimentali utensili di pietra lavorati dall’uomo, eoliti, ed utensili di pietra più avanzati,
paleoliti e neoliti, ritrovati in tutta Europa (Inghilterra, Francia, Belgio, Portogallo)
risalenti alle ere del Miocene (5-25 milioni di anni), dell’Oligocene (25-38 milioni) e
dell’Eocene (38-55 milioni). Documentati accuratamente all’inizio del ’900 in convegni
internazionali di archeologia preistorica, vennero accantonati come prodotti di pressioni
geologiche, poiché non dovrebbero esistere fino a 2-4 milioni di anni fa.
3. Oggetti di vario livello tecnologico nelle Americhe, risalenti al Pleistocene (fino a 2
milioni di anni), tra cui gli utensili di pietra di oltre 200.000 anni, trovati da L.Leakey a
Calico, in California negli anni ’50. Non dovrebbero esistere tracce di esseri umani nelle
Americhe prima di 30-15 mila anni fa.
4. Punte di freccia e bolas vecchie di oltre 3 milioni di anni in Argentina (1912). Strumenti
di pietra sofisticati, caratteristici solo dell’industria dell’Homo Sapiens, scoperti in una
formazione glaciale a Sheguiandah, sui Grandi Laghi, in Canada, vecchi di almeno 70.000
anni (Fonte: Dott.Lee, Museo Nazionale del Canada, anni ‘60). Altri strumenti ritrovati dal
geologo Virginia Steen-McIntyre, a Hueyatlaco, in Messico datati 300.000 anni mediante i
radioisotopi dell’uranio (Fonte: Geological Survey USA, anni ‘70).
5. Utensili avanzati di pietra (tra cui mortaio e pestello) rinvenuti da una miniera d’oro, in
profondi cunicoli che penetravano depositi del Terziario (33-55 milioni di anni), sotto
Table Mountain, Tuolumne County, in California.
6. Statuetta di terracotta in un pozzo a 100 m di profondità presso Nampa, nell’Idaho, in
una colata di lava solidificatasi almeno 2 milioni di anni fa. Statuette di argilla ritrovate in
uno scavo nei pressi di Acambaro nel Messico, nel 1945, raffiguranti rinoceronti,
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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cammelli, cavalli (tutti animali scomparsi dalle Americhe da più di 15000 anni), e perfino
dinosauri dell’era Mesozoica.
7. Blocco di agata trovato nei pressi di Artigas, in Uruguay, risalente a 130 milioni di anni
fa, che ha rilevato, nella sua cavità interna, scritte in rilievo racchiuse in un disegno a
forma di cuore, estremamente realistico (Studiato da ricercatori americani, Fonte: El Pais,
1997).
8. Vaso metallico fuoriuscito da una roccia precambriana, di 600 milioni di anni, a
Dorchester, in Massachusetts.
9. Tubo metallico ritrovato presso Saint-Jean de Livet in uno strato di gesso antico 65
milioni di anni. Palla di gesso scoperta in uno strato di lignite dell’Eocene (45-55 milioni
di anni), a Laon. Entrambi in Francia.
10. Pietra scolpita in forme geometriche a diamanti con facce umane, rinvenuta in una
miniera di carbone a 40 m di profondità, (Fonte: Daily News, 1987). Cubetto di ferro con
scanalatura incisa e spigoli arrotondati (come fosse lavorato a macchina), presso
Vöcklabruck, in Austria, trovato in strati di carbone (Fonte: C.Berlitz). Catena d’oro
lavorata incastonata in un pezzo di carbone (Fonte: The Morrisonville Time e Geological
Survey, Illinois, 1891). In tutti i casi la datazione geologica fornisce un’età di circa 300
milioni di anni e i reperti sono irreperibili, perché mai accolti in musei, ma lasciati nelle
mani degli scopritori.
11. Muro di cemento, liscio e smussato, incontrato in miniera a più di 3 km di profondità, a
Heavener, in Oklahoma (Fonte: testimonianza di un minatore, 1928). Blocco di marmo con
forme regolari in rilievo, trovato in una miniera vicino a Philadelphia, Pennsylvania a circa
20 m di profondità (Fonte: American Journal of Science, 1831). Pavimento di pietre a
mosaico dissotterrato durante uno scavo archeologico a Blue Lick Springs, nel Kentucky, 1
metro al di sotto dei resti di un mastodonte, un mammifero preistorico (Fonte: C.Berlitz).
12. Chiodo di ferro incluso nel quarzo, in California. Chiodo di ferro in una roccia, da una
miniera peruviana, al tempo della conquista spagnola. Filettatura di una vite metallica
ossidata impressa sul feldspato proveniente dalla Abbey Mine di Treasure City, nel Nevada
(Fonti: P. Kolosimo e C.Berlitz).
13. Cranio di antico bisonte selvaggio e cranio umano di 40000 anni fa, che presentano un
foro circolare netto, che, per l’assenza di incrinature radiali, può essere stato provocato
solo da un proiettile rotondo. Il primo si trova nel Museo Paleontologico di Mosca, il
secondo, scoperto in una caverna dello Zambia, è conservato al Museo di Storia Naturale
di Londra. (Fonte: P. Kolosimo).
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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14. Sfere metalliche di limonite (di durezza anomala), lavorate con scanalature parallele
lungo l’equatore, rinvenute in un deposito di minerale Pre-Cambriano, stimato antico di 2,8
miliardi di anni. (Conservate al Museo di Kerksdorp, in Sud Africa).
15. Modellino di aereo in oro, proveniente da una tomba in Colombia, del I secolo d.C.,
completo dei particolari della cabina, sede del motore, coda e alettoni flangiati. Un
professore di aerodinamica, ignaro della sua provenienza, dichiarò che la struttura alare a
delta denotava capacità di portanza supersoniche.
16. Oggetto metallico non identificato (somigliante ad una bobina di trasformatore),
incluso in un sasso di 15 milioni di anni, trovato da uno studente di geologia di Mosca
(Fonte: Istituto Scientifico Salyut). I seguenti sono reperti molto più celebri, ampiamente
citati in diverse pubblicazioni che trattano i misteri dell’archeologia.
6.1 Geode Di Coso.
Gèode (roccia con cavità interna tappezzata di cristalli) trovato nel 1961 presso i monti
Coso in California in cui era incastrato un oggetto costituito da una barretta metallica di
2mm di diametro, circondata da un collare di ceramica con un "cappuccio" esagonale ed
una estremità di rame (simile ad una candela d’automobile)
6.2 Pietre Di Ica.
Si tratta di migliaia di ciottoli, affiorati in una località del Perù nel 1961, con figure incise,
che descrivono, con un disegno stilizzato ma estremamente dettagliato, diverse scene delle
attività scientifica di una popolazione sconosciuta.
Le incisioni si possono catalogare in vari gruppi tematici: entomologia, geografia,
astronomia, medicina Tra le più sconcertanti si osservano personaggi che scrutano il cielo
con un cannocchiale, che utilizzano lenti di ingrandimento, interventi chirurgici come tagli
cesarei o trapianti di organi (nel dettaglio del disegno si distinguono fegato, reni, cuore,
emisferi cerebrali, i pazienti intubati), animali somiglianti a creature preistoriche (come
toxodonti o rettili giganti).
Le pietre furono prontamente bollate come falsi opera dei contadini peruviani . In realtà lo
strato di ossido depositato sui sassi, anche sulla parte incisa, dimostra che i disegni sono
molto più antichi, secondo lo scopritore, il dottor Javier Cabrera, risalenti ad almeno 65
milioni di anni fa. Infatti l’analisi petrografica colloca le pietre (dal peso specifico
anomalo) nell’età mesozoica (230-65 milioni di anni).
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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6.3 Meccanismo Di Antikitera.
Il noto "meccanismo di Antikythera" (Grecia), rinvenuto nel relitto di una nave affondata
2000 anni fa. Si tratta di una scatola di metallo che, ad un esame approfondito, risultò
recare all’esterno alcuni misuratori e all’interno una mole complessa di ingranaggi, fra cui
erano riconoscibili venti ruote dentate. Ovunque c’erano iscrizioni in lingua greca, in gran
parte purtroppo illeggibili. Il restauro, condotto negli anni Cinquanta sotto la direzione di
Derek de Solla Price dell’Università di Yale, ha permesso di formulare le seguenti,
straordinarie, conclusioni. È quasi certo che il meccanismo di Antikythera fosse un
calcolatore astronomico estremamente sofisticato che meccanizzava i rapporti ciclici fra il
sistema solare e le stelle della volta celeste. Le poche iscrizioni visibili fanno riferimento al
Sole, a Venere e perfino al piano dell’eclittica. I dati venivano visualizzati, tramite
lancette, su diversi quadranti. Uno di questi ultimi, quello anteriore (il solo ancora
leggibile) mostra - senza alcun dubbio - il moto del Sole attraverso lo zodiaco. Ma la parte
più interessante del congegno è una piattaforma girevole differenziale, un meccanismo che
non si sarebbe più rivisto fino al XVI secolo della nostra era.
6.4 Mappe Degli Antichi Re Dei Mari.
Con questo nome sono diventate celebri alcune carte geografiche di epoca medievale,
descritte nell’omonimo libro (1966) del professor Charles Hapgood (sostenitore di una
originale teoria geologica descritta nel cap. ). Queste carte nautiche e mappamondi, a
differenza di tutte quelle realizzate prima del XVIII secolo, presentano delle caratteristiche
di precisione inspiegabili, riportando la longitudine corretta di località distanti fra loro
migliaia di kilometri, rilevando la presenza di terre ancora sconosciute all’epoca della loro
compilazione. L’unica spiegazione plausibile è che si tratti di copie di originali
antichissimi prodotti da una civiltà avanzata grazie all’utilizzo della trigonometria sferica.
6.5 Carta Di Piri Reis.
Disegnata da un ammiraglio turco nel 1513, a partire da mappe sorgente più antiche, fu
rinvenuta nell’antico Palazzo Imperiale di Costantinopoli nel 1929. Oltre a rappresentare i
continenti africano e sud-americano nell’esatta longitudine relativa, e le Isole Falkland
(scoperte solo nel 1592), la carta delinea la corretta topografia subglaciale della penisola
antartica, cioè il reale profilo della linea di costa sepolta sotto centinaia di metri di ghiaccio
(l’Antartide è stato scoperto nel 1818). Ciò venne confermato dall’Aeronautica statunitense
nel 1960, dal confronto con il profilo rilevato sulla superficie (mediante il metodo sismico
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
20
a riflessione) dalla spedizione Antartica del 1949. Quindi, qualcuno ha intrapreso la
mappatura dell’Antartide libero dai ghiacci in un’epoca compresa tra il 15.000 e il 4000
a.C., ultimo periodo di disgelo a quella latitudine, secondo i dati geofisici (oppure in ere
geologiche ancora precedenti). Infatti, il contorno della costa sud-americana e l’idrografia
continentale disegnata sono coerenti con il paesaggio che doveva presentarsi più di 15.000
anni fa. Inoltre viene riportata un’isola di grandi dimensioni, oggi inesistente sulla
posizione della dorsale medio atlantica, mentre le Azzorre sono molto più estese di oggi,
forse per il livello del mare in epoca glaciale. Lo studio dei portolani evidenzia che essa
faceva parte di un planisfero ottenuto attraverso una proiezione azimutale equidistante,
centrata nei pressi del Cairo.
Figura 8 - Dettaglio della mappa di Piri Reis (America del sud).
Veniamo ora ad altri reperti "Sfusi", Sudamerica, Altopiani delle Ande, in una tomba
molto antica, sono stati trovati ornamenti di platino fuso. Il punto di fusione del platino è di
ben 1730 °C, una temperatura impossibile da raggiungere con le attrezzature dell’epoca.
In una tomba di 1.600 anni fa sono stati trovati oggetti di alluminio, un metallo che si può
ottenere solo con l’elettrolisi, scoperta però solo nel 1833.
Sudamerica, in Colombia è stata rinvenuta una statuetta d’oro raffigurante un aeroplano, in
tutto simile ai nostri Jet da combattimento. La statuetta ha almeno 2000 anni.
USA, in un giacimento di carbone in Pennsylvania, in uno strato di almeno 1 milione di
anni fa, è stata rinvenuta una catena d’oro.
Nel 1952 in Irlanda furono rinvenuti, sparsi per la campagna, una sessantina di cubi con
iscrizioni in un carattere cinese antichissimo.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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Nel 1900 in Grecia, sul fondo marino, fu rinvenuto dai palombari un blocco di bronzo
antico e corroso. Una volta ripulito, l’oggetto si rivelò essere un complicato meccanismo
con più di 20 quadranti rotanti, i quali indicavano il sorgere ed il tramontare di una serie di
stelle. Le iscrizioni sull’oggetto, che ne spiegavano il funzionamento, erano in greco
antico. Nel Messico furono rinvenuti antichi specchi concavi. Oggi se ne usano per
riflettori e telescopi. Non è assolutamente chiaro come li costruissero e a cosa servissero
all’epoca.
Nel 1968 in Armenia, furono rinvenuti oggetti in miniatura del 3.000 a.C., in quella che fu
un’antica industria metallurgica. Furono anche ritrovati, al suo interno, pinzette d’acciaio e
maschere protettive.
A Londra, nel British Museum, ci sono delle tavolette cuneiformi provenienti da Babilonia,
l’odierno Iraq, che descrivono la posizione esatta di un lontano pianeta, impossibile da
individuare senza l’ausilio di un telescopio.
In India, a Nuova Delhi, esiste una torre di ferro, che ha almeno 1.500 anni, e non mostra
ancora segni di ruggine. La lega di cui è composta la torre rimane un mistero.
In Perù, a Cuzco, su una mummia, sono stati ritrovati degli ornamenti con minuscole
perline di quarzo. Ogni perlina ha un minuscolo foro. Solo da qualche anno la nostra civiltà
è riuscita a produrre un trapano in grado di praticare fori microscopici sul quarzo.
Nelle mura dell’antica città di Tiahuanaco, in Perù, la più antica città precolombiana, sono
scolpiti una serie di volti umani che raffigurano più razze: caucasica, negroide, asiatica,
semitica, ecc... come potevano migliaia di anni fa, gli scultori del luogo, conoscere le varie
razze umane?
Sempre in Sudamerica, numerose statuette raffigurano uomini con tuta spaziale e casco, le
statuette risalgono tutte alme no a 2.500 anni fa. Come è possibile?
In Perù, a 3810 mt sul livello del mare, c’è il più alto lago del mondo, il lago Titicaca,
lungo 180 km, largo 50 km e con una superficie di 8300 kmq. Dalla riva del lago si vede
solo acqua. Nella lingua locale, l’AYMARA, Titicaca vuol dire “pietra del giaguaro”. Il
dio giaguaro era uno dei più adorati in Perù. Perché un giaguaro? Gli astronauti, da 300 km
di quota, fotografando il lago Titicaca, hanno svelato il mistero: il lago ha la forma di un
giaguaro nell’atto di balzare su un coniglio in fuga.
Ma chi poteva aver visto il lago dallo spazio, più di 3000 anni fa?
In Sudamerica, sempre in Perù, un gran numero di scheletri umani, risalenti a 4000 anni fa,
mostrano resti di interventi chirurgici sul cranio effettuati prima della morte. Altri
mostrano protesi dentarie in oro, trapianti ossei, cauterizzazioni, amputazioni.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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A Tiahuanaco esiste la Porta del Sole, un’imponente struttura in pietra con una serie di
raffigurazioni. Rappresenta un gigantesco calendario in cui l’anno solare è di 298 giorni.
Secondo alcuni studiosi 11.500 anni fa la luna non era in orbita intorno alla terra e l’anno
solare era appunto di 298 giorni, anziché gli odierni 365.
A Sacsahuaman, nelle Ande, antica città precolombiana, esiste un enorme masso che ha
inciso un serpente ritto sulla coda. Le antiche leggende locali narrano che inserendo il
pugno nella testa del serpente, i guerrieri ottenevano forza fisica e poteri magici per
vincere il nemico. Oggi, inserendo una bussola in quella fessura, si può vedere l’ago
magnetico impazzire e girare senza sosta. Come facevano gli antichi a conoscere questa
anomalia elettromagnetica?
Nel deserto di Nazca in Perù e nel Mare d’Aral in Russia, ci sono centinaia di
raffigurazioni gigantesche, eseguite con tratto continuo e visibili solo dall’aereo. I
geroglifici di Nazca occupano un’area di 300 kmq, quelli russi un’area di 500 kmq.
Nel deserto Mojave, in California, lungo il corso del fiume Colorado, c’è una fila di canali
esattamente tagliati nel fondo di laghi ora asciutti. Noto come Labirinto di Mojave.
Sulle pareti del Titus Canyon, nella Valle della Morte, ci sono analoghe gigantesche
incisioni di pecore, lucertole, figure geometriche, un candelabro capovolto simile a quello
di Nazca, e linee ondulate.
In Cile ci sono strani intrecci di canali. Anche in Australia, fotografando dal satellite
Europa I, di giorno, con i raggi infrarossi, la pianura di Nullarbor, una distesa di sabbia di
167.000 kmq, si sono notate sul terreno 5 righe parallele, larghe circa 14 km, lunghe 400
km, distanti da 80 a 100 km l’una dall’altra. Un complesso troppo regolare e troppo esteso
per essere naturale.
In Valcamonica (Brescia), su 900 rocce sono incisi ben 40.000 geroglifici, si tratta del
parco d’arte rupestre più grande d’Europa. Le incisioni risalgono almeno a 3.000 anni
prima di Cristo e raffigurano scene di caccia e di culto. Ma c’è anche tutta una serie di
incisioni molto strane, che raffigurano uomini con caschi e antenne che reggono in mano
strani arnesi, nonché oggetti é volanti di forma geometrica.
Sul Monte Musiné (Torino) vi sono numerose incisioni risalenti a 20.000 anni fa che
raffigurano dischi volanti. Il Monte, attualmente, è interessato ripetutamente da
avvistamenti di UFO.
A Civitella del Tronto (Teramo) nel ‘71 sono stati trovati i resti di una donna alta 2,10
metri, morta nel Medioevo. Sulla mano sinistra stringeva un oggetto di ferro e rame, con
l’estremità uncinata e avvolta da un a rete metallica. Ignota la funzione dell’oggetto.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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Nella Cina del sud e in Africa orientale, furono esumati negli anni ‘60 i resti fossili di
umanoidi, denominati gigantopiteco e megantropo, di dimensioni veramente
impressionanti: alti 5 metri e con un peso stimato, da vivi, di 500 Kg!
Il modellino di un "uccello" in legno che, per certe sue caratteristiche - come il piano alare
dritto, quello di coda disposto verticalmente e la sua aerodinamicità - è molto più simile ad
un aliante; rinvenuto in una tomba nei pressi della piramide di Saqqara, in Egitto,
conservato per oltre 50 anni al museo del Cairo, con il numero di catalogo 6347.
La fibbia da cintura con ornamenti traforati, rinvenuta in Cina nei pressi del sepolcro del
generale della dinastia Chin, Chou Chu, vissuto dal 265 al 316 d.C.. Dall’analisi condotta
dall’Istituto di Fisica Applicata dell’Accademia delle Scienze cinese e dal Politecnico di
Dunbai, si è appurato che il metallo della fibbia era una lega formata dal 5% di Manganese,
dal 10% di Rame e dall’85% di Alluminio. Stando alla scienza ufficiale, però, l’Alluminio
sarebbe stato scoperto nel 1803 e si è riusciti a produrlo in forma sufficientemente pura
solo nel 1854. Attualmente, il processo di estrazione dell’Alluminio dalla Bauxite è molto
complesso e implica l’uso di un forno di tipo "Reverbier", di una camera di rifrazione e di
un generatore di corrente, oltre all’elettrolisi e a temperature superiori ai 950°C.
Una sorta di primitiva "radio a galena" rinvenuta su uno scheletro umano posto in una bara
di legno, risalente a circa 2500 anni fa, scoperta in una caverna della remota zona di
Yianghe, nella provincia sud-orientale di Yiangxi in Cina. Tale ritrovamento è stata opera
di una équipe di archeologi guidata dal Prof. Han della Nanking University. Il reperto è
composto da due auricolari collegate ad una scatola nera contenente delle lamine d’argento
(aventi forse funzioni di trasduttori di frequenze) e un cristallo di colore violetto (avente
forse funzione di antenna e/o sorgente di energia). Indossando le auricolari, si ode un
suono che si ritiene essere un canto funebre inneggiante alla morte e all’oltretomba.
Sono solo alcuni degli strani fenomeni del nostro passato che collidono piuttosto
aspramente con quanto la scienza e gli storici hanno appurato fino ad ora. La più
sconcertante delle scoperte, recentemente balzata all’attenzione dei media mondiali, è
quella effettuata da un matematico russo. Si tratta di un codice matematico che, inserito in
un computer, consente di ricavare dal testo originario della Torah (Bibbia in ebraico), una
serie di informazioni criptate. L’aspetto inquietante risiede nel fatto che le informazioni
nascoste si riferiscono al nostro presente, passato e futuro, lontano migliaia di anni rispetto
a quando la Bibbia è stata scritta. Il codice, sul quale lavorò anche Newton può essere
decifrato solo con l’ausilio di un computer. Cosa dire? E’ un altro dei misteri di cui il
nostro mondo è pieno, ma che, generalmente, nessuno ci fa presente.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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7. IL DILUVIO UNIVERSALE: TUTTI SAPEVANO.
Analisi mitologica, archeologica e scientifica di un mito.
Uno dei ‘misteri mitologici’ più controversi a livello globale è il racconto di un
diluvio che spazzò via la civiltà, al quale però l’uomo sopravvisse per volere dello stesso
Dio che aveva mandato questa ‘punizione’. In alcuni racconti il diluvio è un evento locale,
in altri un evento a livello planetario; in alcuni racconti si afferma addirittura che gli dei
stessi (o il dio stesso) aiutarono l’uomo a ricreare la civiltà dopo il diluvio. Quasi tutti i
racconti però sono basati su alcuni concetti chiave:
Il diluvio ha una funzione ‘punitiva’;
Un uomo e una donna benedetti da un dio o dagli dei riescono a salvarsi;
· Questa coppia ‘benedetta’ si salva grazie ad una imbarcazione costruita secondo
indicazioni divine;
· Il diluvio segna la fine di una era o di un percorso storico e al diluvio segue
una nuova fase evolutiva.
Nei suoi libri Zecharia Sitchin affronta l’argomento del diluvio più e più volte, alcune volte
in modo marginale, in altre, come del libro “L’Altra Genesi”, in modo molto approfondito.
La sua teoria in merito è che il diluvio fu un evento catastrofico dovuto allo sciogliersi dei
ghiacci del polo sud, facilitato dal passaggio di Nibiru in prossimità della terra che con la
sua spinta gravitazionale diede il "colpo di grazia" al già compromesso equilibrio
climatico del pianeta. Tutto ciò avvenne secondo Sitchin a cavallo del 10.000 a.C. cioè
alla fine della ultima era glaciale; il crescere del livello marino, l’insorgere di bufere e
uragani, lo scioglimento del ghiaccio che riversò acqua dolce sul mare, causarono un
mutamento climatico che, oltre a questi fenomeni già citati, portò una serie di piogge
abbondanti e durature che sono rimaste nella memoria storica collettiva di tutti i popoli
della Terra. Andiamo quindi ad analizzare alcuni dei miti arrivati sino a noi riguardanti il
diluvio.
7.1. Il diluvio nella Bibbia
Il racconto del diluvio universale presente nella Bibbia mostra degli elementi
estremamente controversi. Si ha l’impressione, leggendolo, che il racconto sia
incompleto o quantomeno confusionario. Come se fosse un riassunto poco coerente di una
storia più complessa. Il particolare che più di ogni altro ha colpito e lasciato perplessi gli
esegeti e studiosi (non necessariamente cristiani) è l’ improvvisa decisione di Dio, dopo
aver dichiarato la volontà di eliminare il genere umano, di salvare 8 persone: Noè, la
moglie e i suoi 3 figli con le rispettive mogli.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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Se l’ umanità era corrotta, e Noè era garanzia di rettitudine, così non lo era però per la
moglie, per i 3 figli e le 3 nuore di Noè (come vedremo tra poco). Eppure Dio permette
che queste persone siano i nuovi ‘capostipiti’ di tutta l’ umanità.
Altresì non si capisce come, dopo il diluvio, alla seconda generazione si sarebbe
ripopolato il mondo. I matrimoni e le generazioni sarebbero avvenuti tra consanguinei, una
eventualità che, se nel IV e III millennio a.C. era ben testimoniata in ambito reale e
sacerdotale, il culto di Dio aborriva e condannava salvo in casi eccezionali.
Un altro particolare è la cronologia del diluvio… in alcuni passi (Genesi 7:17) si dice
che il diluvio imperversò per 40 giorni e 40 notti, in altri versi
“il diluvio spazzò la terra per 150 giorni”
(Genesi 7:24), come se il racconto biblico fosse un condensato di almeno 2 versioni.
Inoltre, se si dà ragione alla frase riguardante i 150 giorni, c’è un altro punto da chiarire:
in Genesi 8:4 si afferma che
“Alla fine dei 150 giorni le acque si erano ritirate, e nel 17° giorno del 7° mese l’Arca si
posò sul monte Ararat”.
Ma 150 giorni sono 5 mesi, non 7 mesi. Nonostante questo Noè rimane ancora nell’Arca,
perché in Genesi 8:5 si afferma che
“le acque continuarono a ritirarsi fino al 10° mese, e il primo giorno del 10° mese le cime
delle montagne divennero visibili”.
Accenniamo ora a un particolare che ritroveremo anche in altri miti del diluvio nelle varie
culture, e che funge da ‘punto di contatto tra le varie versioni’.
E’ quello degli uccelli mandati fuori dall’Arca per capire se le acque si fossero ritirate.
Noè nel racconto biblico manda prima un corvo che torna indietro. Dopo sette giorni
manda una colomba che ritorna indietro. Così la stessa colomba dopo altri sette giorni, e
dopo la terza settimana torna con un ramoscello di ulivo in bocca, il ché è per Noè segno
che le acque si stavano ritirando. Dopo altri sette giorni egli manda di nuovo la colomba
che non fa ritorno. Dopo che Noè ‘sbarca’ sull’Ararat e offre un sacrificio a base di carne
a Dio, questo stabilisce un patto con Noè, dichiarando che non distruggerà più l’umanità,
né le piogge diventeranno mai più un diluvio che distrugga ogni forma di vita. Mise nel
cielo un arcobaleno dicendo che
“questo è il simbolo del mio patto con te”.
Noè successivamente pianta una vigna, produce del vino col quale si ubriaca e giace nudo
addormentato.
Suo figlio Cam entrando nella tenda del padre lo vede nudo e chiama i suoi due fratelli i
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quali però, per non vedere le nudità del padre (sarebbe stato un peccato gravissimo),
entrano camminando a ritroso e coprono il padre con un indumento.
Quando Noè si sveglia e scopre che Cam lo ha visto nudo lo maledice (Genesi 9:25):
“Maledetto sia Cam!L’ ultimo degli schiavi
Sarà lui per i suoi fratelli."
Dunque, che Dio è che reputa Cam degno di rimanere in vita se compie poi un atto così
disonorevole e manca a una legge divina? O che Dio è che salva Noè che maledice il suo
stesso figlio? Le discendenze dai tre figli di Noè ci vengono specificate in Genesi 10. I figli
di Sem: Elam, Asshur, Arphaxad, Lud and Aram
I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Meshech and Tiras I figli di Cam: Cush, Mizraim, [c] Put and Canaan.
Sono tutte discendenze maschili, niente viene detto della parte femminile quindi resta il
mistero su come l’umanità si ripopolò. Indubbiamente sono contemplate anche
sorelle non nominate dalle quali, tramite matrimoni misti consanguinei, questi 16
nipoti maschi di Noè generarono.
7.2. Il diluvio in Mesopotamia
Quando alla fine del XIX secolo importanti scavi in mesopotamia portarono alla luce la
vastissima biblioteca di Assurbanipal a Ninive, la comunità archeologica e la comunità
religiosa vennero scosse dalla scoperta di alcune tavole che riportavano parole
completamente diverse dall’assiro che era in corso di studio. Esistevano intere tavolette
che fungevano da dizionario con un' altra lingua che veniva attribuita alla grande
civiltà di Akkad. Esistevano intere tavolette ricopiate nella lingua originale accadica, che
contenevano riferimenti a una lingua precedente, la ‘lingua degli dei di Sumer’. Una
tavola dello stesso Assurbanipal dichiarava:
“Il dio degli scribi mi ha concesso in dono la conoscenza della sua arte.
Sono stato iniziato ai segreti della scrittura.
So anche leggere le complicate tavole nella lingua di Sumer.
Comprendo le enigmatiche parole scritte nella pietra sin dai giorni prima del diluvio.”
Queste frasi enigmatiche suggerirono a studiosi come H. Rawlinson e J. Oppert che
esisteva una civiltà precedente a quella accadica e che questa civiltà avesse una
lingua propria, tracce della quale si trovavano nelle tavolette dissepolte Ninive.
Sumer fu identificata nella piana centro meridionale della Mesopotamia, la Shin’ar di cui si
parla nella Bibbia in Genesi:
11:2 “muovendosi verso est trovarono una piana a Shin’ar e vi si stabilirono”.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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Tra le migliaia e migliaia di tavolette se ne trovarono alcune che, sin dalle prime letture, si
rivelarono particolarmente interessanti per capire qualcosa di queste antiche civiltà. Vi si
raccontava la storia di un re, Gilgamesh, che ritenendosi di origine semidivina,
ingaggiò un viaggio lunghissimo e faticosissimo per raggiungere la terra degli dei, il
Tilmun, dove avrebbe chiesto al dio del sole Shamash di aiutarlo ad accedere al cielo.
Nella seconda parte del viaggio, essendo fallito questo obiettivo, Gilgamesh va alla
ricerca di Ziusudra, un eroe che era sopravvissuto al diluvio che aveva distrutto l’ umanità
e al quale il dio Enlil aveva concesso la vita eterna. Era il secondo riferimento che si
trovava a un ‘diluvio’. Come interpretare questi riferimenti? Non solo: successivamente
in altri scavi vennero trovate altre versioni della stessa storia, anche se più
frammentarie, scritte in lingua sumerica, nelle quali i nomi cambiavano leggermente. Al
posto di Shamash compariva Utu, e al posto di Ziusudra compariva Utnapistim. Ciò
permise di stabilire che effettivamente la storia di Gilgamesh era un poema molto antico
che ogni popolo si tramandava di generazione in generazione ma rimanendo sempre
fedeli, a parte le traduzioni dei nomi, alla storia originale. Tutti questi particolari aiutarono
gli studiosi a capire che molti racconti del libro della Genesi in realtà non sono che
echi di racconti assiri, babilonesi, e ancora prima accadici e sumeri. Una volta trovata la
chiave di lettura fu facile identificare altri passaggi della Genesi nelle tavole
mesopotamiche. Ma quale era il racconto del diluvio secondo i sumeri? Quando
Gilgamesh riesce finalmente a trovarsi di fronte Ziusudra, egli gli racconta: “vieni
Gilgamesh, un segreto io ti svelerò… un segreto degli dei”.
La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non precisato periodo (Ziusudra non
dà nessun riferimento temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’. Il fatto che tutti
questi ‘vecchi dei’ fossero riuniti in un unico posto indica secondo Sitchin che l’ evento si
verificò in un arco temporale in cui Nibiru si trovava vicino alla terra. Particolarmente
indicativa in questo senso è la presenza anche di Anu, dio supremo del pantheon sumero
ma che risiedeva nei cieli e solo raramente faceva la sua comparsa a Sumer.
In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava, il mondo mugghiava come toro
selvaggio e il grande dio venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:
“Lo strepitio dell’ umanità non è più tollerabile e il sonno non è più possibile”. Così gli dei
si accordarono per sterminare l’ umanità. Lo fece Enlil ma Ea, per il suo giuramento, mi
avvertì in sogno del tremendo piano.
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Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel racconto di Gilgamesh quindi,
il diluvio sembra un atto volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa del
racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’ inizio della storia, quella della
decisione di Enlil. Nel poema ‘Atra Hasis e il diluvio invece’, ci si ferma di più su questa
fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che fosse Ea a porre fine al genere
umano, ma questi si rifiutò.
“questo non è mio potere, non è una azione per me... è una azione per te, Enlil, e tuo figlio
Ninurta. Se vuoi un diluvio dì a Ninurta di aprire le porte del cielo”
Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le indicazioni per costruire una
barca, usa queste parole:
“Che la sua altezza sia uguale alla sua larghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la
volta che ricopre l’ abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi”
Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è Ma.Gur.Gur che significa ‘che
può rotolare e capovolgersi’. Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si tratti
di una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’. La frase ‘il seme di tutte le creature
viventi’ ha destato non poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle espressioni
di chiara traduzione ma con un significato che, nel contesto dell’ epoca, è assolutamente
fuori luogo. Se è lecito pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come si
dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e uomini? Più avanti nel testo
Ziusudra ricorda che:
Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle Acque dell’ Absu, Ninurta
abbattè gli argini e i sette giudici, gli Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la
terra con le loro livide fiamme.
L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento geografico. Indica che le acque si
riversaroo da Sud. L’ Absu era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e
precedentemente sotto dominio di Enki. Corrispondeva grossomodo al sudafrica fino alla
Tanzania. Una conferma di questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:
"I venti soffiarono per sei giorni e sei notti, fiumana buffera e piena sopraffecero il mondo.
All’ alba del settimo giorno la tempesta del sud diminuì, divenne calmo il mare."
Dal racconto si legge che:
"la nave sul monte Nisir si arenò, lì rimase incagliata la nave"
Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re Assurbanipal in cui egli scrive di aver
trovato la nave di Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il Pir
Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan iraqeno e la Turchia dell’ est, l’
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antica Anatolia. Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’ Ararat della bibbia
(data la non definitiva identificazione di entrambe le montagne ci si può permettere una
certa tolleranza). Ziusudra allora manda fuori dalla nave una colomba che torna indietro
non trovando dove poggiarsi. Libera poi una rondine, ma anche lei torna indietro. E’ poi
la volta del corvo che, trovando le acque diminuite e la vegetazione libera, mangia,
effettua dei giri intorno alla nave, e poi vola via. Val la pena notare come sia nel mito
mesopotamico che in quello biblico sono menzionati il corvo e la colomba.C’ è un punto
del racconto la cui traduzione viene resa in due modi differenti a seconda dell’ interprete.
Il passaggio sumero è:
gish má.gur.gur a.gal.la tu.ul.bul.bul.a.ta
utu im.ma.ra.è an.ki.a u.gá.gá
Che viene tradotto in due modi diversi: “aprì una finestra della grande nave
(ma.gur.gur) e si prostrò davanti a Utu (il dio del sole)” oppure, in una versione meno
‘devozionale’: “aprì una finestra della nave (ma.gur.gur) e vedendo il sole (utu)
cadde in ginocchio e pianse”.
Nelle righe conclusive della storia, Ziusudra racconta che, una volta che gli dei furono
ridiscesi sulla terra e trovarono Ziusudra vivo, Ishtar festeggiò e richiamò gli dei dicendo:
“Che tutti gli dei si riuniscano intorno al sacrificio. Tutti fuorchè Enlil. Lui non si accosterà
a questa offerta perché senza riflettere ha portato il diluvio”.
7.3. Il diluvio nelle Ande e nel Sudamerica
Dalle popolazioni andine ci sono giunte poche testimonianze sul diluvio. Non abbiamo
racconti elaborati e dettagliati come nel caso della bibbia, dell’ Atra Hasis o dell’ epopea
di Gilgamesh. Due racconti in particolare però ci raccontano dei particolari abbastanza
curiosi. Il mito del diluvio e dei tre figli d Pacha (il primo uomo creato) ci dice che il
diluvio fu causa della distruzione del primo popolo in seguito a un ‘gioco alla
guerra’ dei tre fratelli. Questi volevano combattere, ma non avendo avversari decisero di
combattere il drago il quale, ferito dalle frecce dei fratelli, si difese gettando acqua dalla
bocca. Quest’acqua ricoprì le Ande e l’ intera terra. Pacha il primo uomo, trovò rifugio per
sè, i suoi figli e loro mogli, sulla vetta del monte Pichincha, che sovrastava la città di
Quito. Giunto al sicuro, costruì una capanna e vi raccolse moltissime specie di animali e
una bastevole quantità di cibo e attese che la furia del diluvio si attenuasse. Dopo qualche
tempo liberò un grande uccello, l' Ullaguanga, che tuttavia non fece ritorno perché trovò
sufficiente possibilità di nutrimento nei corpi degli animali morti, sparsi nella vallata.
Un altro uccello, però, liberato da Pacha, tornò portando nel becco delle foglie verdi e
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da questo segno Pacha dedusse che la vita vegetale aveva ripreso a svolgersi e che,
quindi, era ormai possibile lasciare la cima del Pichincha. In questo racconto si possono
notare subito alcuni tratti comuni agli altri miti: l’ acqua che ricopre un monte altissimo (Il
Pichincha è un vulcano dell’ Equador alto 4780 metri – l’ Ararat è un vulcano alto 5170
metri) e tutte le terre circostanti, gli uccelli che vengono mandati in avanscoperta (l’
uccello Ullaguanga a volte è identificato con i ‘gallinazos’, gli avvoltoi, altre volte con i
corvi), un uomo saggio e la sua famiglia che si salvano, la raccolta di animali per dare di
nuovo inizio alla vita dopo il ritirarsi delle acque. E’ interessante anche notare la strana
conclusione del racconto:
"Insieme alla sua famiglia, si stabilì in una capanna nel luogo ove sorge la città di Quito,
per vivervi sempre, ma accadde che i suoi figli si trovarono improvvisamente a parlare
lingue diverse e a non essere più in grado, quindi, di intendersi.
A causa di questo misterioso evento, i tre fratelli e il loro padre Pacha
lasciarono quel luogo e si separarono, volgendo ognuno in una direzione
e dando origine a tutti i popoli che oggi abitano quelle terre."
In un solo mito ecco riuniti due eventi identificabili con il diluvio universale e il
confondersi delle lingue dell’ episodio della torre di Babele.
Il secondo mito andino che ci parla di un diluvio è quello della ‘Ira degli dei’. Se nel primo
mito troviamo in comune con quello mesopotamico e biblico gli elementi già evidenziati, in
questo tali elementi sono assenti ma fa la comparsa un altro elemento comune: un dio
iracondo che decide di sterminare gli uomini per ‘motivi personali’. Secondo questo
racconto gli uomini, creati dal dio Pachayachachic, a un certo punto della loro storia
dimenticarono il culto di questo dio, il quale, furioso, scagliò sulla Terra le sue folgori
sterminatrici. Questo però non bastò e dunque, sempre più adirato, provocò un grande
diluvio che sommerse ogni terra e ogni villaggio, provocando la morte di gran parte degli
uomini: solo a quei pochi che si erano mantenuti fedeli a lui, Pachayachachic permise di
salvarsi trovando rifugio sulle alte montagne o in profonde grotte.
E’ evidente un parallelo con il Dio biblico e con l’ Enlil sumero, entrambi iracondi e
vendicativi per puro interesse personale. Inoltre il nome Pachayachachic viene tradotto in
vari modi: ‘Dio dell universo’, ‘dio invisibile’, ‘dio che vive nel vento’, tutti epiteti che si
prestano bene sia a rappresentare Jahwe che, ancora meglio, Enlil.
In Centro America il mito sul diluvio più famoso è quello contenuto nel codice Latino-
Vaticano del popolo degli Aztechi.
Si dice infatti che la prima era della storia del mondo fu distrutta da un diluvio d' acqua.
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Il primo sole, Matlactili, durò 4008 anni. In questo tempo il popolo era costituito da esseri
giganti che mangiavano prevalentemente mais. Solo una coppia si salvò dal
diluvio (Nene e Tata) poichè era protetta da un albero. Comunque altri miti locali
affermavano che sette coppie si rifugiarono in una caverna e ne uscirono quando le acque
si ritirarono. Quando la terra venne ripopolata, questi superstiti vennero considerati delle
divinità. Secondo un altro popolo mesoamericano chiamato Mechoacanesecs, il dio
Tezcatilpoca volle distruggere tutta l' umanità con un diluvio e salvò solo un uomo di
nome Tezpi. Quest' ultimo si imbarcò con la sua famiglia e ogni genere di animali e
sementi su un' arca. Quando il dio ordinò la fine del diluvio, l' imbarcazione si arenò su
una montagna. Tezpi, per sondare l' abitabilità della terra, liberò un avvoltoio che non
tornò perché si nutriva delle carcasse degli animali.
Allora vennero liberati molti altri uccelli, dei quali tornò solo il colibrì con un ramo nel
becco. Il diluvio era finito. Quest’ ultimo racconto contiene il particolare dell’ avvoltoio
che abbiamo già visto nella storia di Pacha. In altre zone dell’ America latina poi son stati
tramandati molti racconti riguardanti il diluvio, più o meno tutti simili. I Chibcha della
Colombia dicono che furono portati alla civiltà da un certo personaggio barbuto detto
Bochica. Quest' ultimo aveva una moglie invidiosa e cattiva, Chia, la quale fece piombare
sulla terra un diluvio che distrusse gran parte dell' umanità. Bochica cacciò sua moglie
facendola divenire la luna. Nonostante il disastro, questo essere superiore riorganizzò i
superstiti e alla fine ascese al cielo divenendo un dio. Gli Indios Tupinamba del Brasile
raccontano che l' eroe civilizzatore Monan aveva creato l' umanità ma distrutto il mondo
tramite un diluvio. Anche i Canari dell' Ecuador parlano di due fratelli scampati al diluvio.
7.4. Il diluvio in Oceania
A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la quale l’ isola fu anticamente
sommersa dal mare, nell' isola sopravvissero solamente un uomo e una donna e gli animali
che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta furiosa che fini
per travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due esseri umani si
rifugiarono sul monte più alto PITO- HITI. Finalmente dopo 10 notti cessò di piovere e il
mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell' isola. Dal testo si può leggere:
Venne un forte vento del sud, con piogge e piene,
e una forte tempesta esiziale e turbini. Grandi alberi furono sradicati,
con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una coppia fu risparmiata, un uomo
con sua moglie furono salvati.
[…]
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Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare
e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso;
solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque.
Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:
Nessuna montagna emergeva dalle onde.
[…]
Allora dissero: "L' ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del mondo,
è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto, ma noi rimaniamo tra cielo
e terra.
Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono elementi che devono far pensare:
innanzitutto nel primo estratto si dice che la tempesta proveniva da sud, esattamente
come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante a causa della posizione
geografica dell’ arcipelago della Polinesia Francese in cui si trovano le isole tahitiane.
Situato a 6000 km a est dell’ Australia, è uno dei punti più a sud di tutto il globo.
Una tempesta che provenga da Sud dell’ Oceania può venire solo da uno specifico luogo
geografico: il polo sud, esattamente come sostenuto da Sitchin.
Il secondo passaggio del brano fa riferimento al riversarsi di “acque dolci”, un
chiaro riferimento a ghiaccio disciolto, un altro punto a favore della teoria del diluvio
come sciogliemnto dei ghiacci del polo sud. Nel terzo estratto del brano troviamo, come
nei miti visti in precedenza, la figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia tahitiana
non si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi rinvenutici e nelle leggende
raccontate, solo Ta’aroa figura come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure risultano
come degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della creazione’. Questi
avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di materiale non identificabile. Da questo
materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina, Maui. Dopo che Tane creò il cielo con
le stelle, Ta’aora creò sette livelli nel mondo e nell’ ultimo, il più basso, creò l’ uomo.
Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda molto la figura di Enki nella sua
connotazione di ‘Nudimmud’, ossia ‘abile creatore’, che Sitchin identifica in quel dio
successivamente adorato dagli egizi come Ptah, il
‘creatore delle cose’. 7.5. Il diluvio in altre culture
Sparse per il globo, quasi tutte le culture ci hanno lasciato miti riguardanti il diluvio:
Nel mito polinesiano, il Nibbio e il Granchio litigarono e il primo, in impeto di
rabbia, colpisce il secondo sul cranio. Il Granchio per vendicarsi inonda e annega tutti
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gli viventi. Gli unici a salvarsi sono due giovani sposi e gli animali riparatisi sulla loro
imbarcazione. Un mito cinese racconta che un tempo gli uomini si ribellarono agli dei. L'
universo allora piombò nel caos e le acque invasero la terra.
Nel Laos e nella Thailandia settentrionale, si dice che un tempo un popolo chiamato Then
viveva in un regno superiore, mentre gli inferi erano guidati da tre grandi uomini saggi. I
Then decisero che le persone avrebbero dovuto donare loro una parte del proprio cibo. Il
popolo si rifiutò e i Then fecero piombare un diluvio sulla terra. I tre uomini tuttavia
costruirono una zattere e misero in salvo non solo se stessi ma anche alcune donne e
bambini. In questo modo salvarono l'umanità dall'estinzione. E’ importante in questo caso
rimarcare che i termini usati nel mito, in lingua thailandese, per ‘inferi’ in effetti
vogliono dire ‘mondo inferiore’. Che sia o meno un riferimento geografico come nel caso
dell’ Absu sumero, la traduzione ‘inferi’ sembra dovuta al contatto della civiltà occidentale
con quella locale. Nel Vietnam, secondo le leggende locali, trovarono scampo dalle acque
del diluvio solo un fratello e una sorella. Essi si trovavano all' interno di una ‘cassa di
legno’ nella quale c' erano una coppia di ogni specie animale. Gli aborigeni d' Australia
delle coste settentrionali sostengono che un diluvio distrusse un mondo precedente.
Secondo altri miti di altre tribù australiane, tuttavia, il serpente cosmico Yurlunggur
sarebbe il reale responsabile del diluvio. In Giappone, alcune tradizioni ritengono che la
creazione dell' Oceania sarebbe derivata dal ritirarsi delle acque di un diluvio. Per di più
nelle isole Samoa e nelle isole Hawaii si ricorda un diluvio che distrusse il mondo e quasi
tutta l' umanità. Secondo i Samoani, sopravvissero al disastro solo due uomini che
approdarono nelle isole Samoa. Anche in Nord America molti gruppi di pellirosse e
popolazioni indigene tramandano racconti su una catastrofe dovuta all’ acqua: gli Inuit
dell' Alaska parlano di un diluvio e di un terremoto che risparmiarono i pochi che
fuggirono tramite canoe o scapparono sui monti. Il popolo Luiseño e quello degli Huroni
raccontano che si abbatté un diluvio su tutta la terra e solo coloro che si rifugiarono sulle
vette delle montagne si salvarono. Anche i Montagnais, gli Irochesi, i Chickasaw e i Sioux
fanno riferimento al mito del diluvio.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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8. DIVAGAZIONI "INGEGNERISTICHE".
Rientro nei panni dei miei studi originali, essendo laureato in Ingegneria Industriale, mi
pongo un tema abbastanza tecnico, ovvero: se la Grande Piramide è stata costruita in 20
anni, di contro, un'opera "colossale" come L’Anphytheatrum Flavium, cioè il famoso
Colosseo, fu costruita in circa 8 anni (72 d.C – 80 d.C.), tenendo in debito conto della
migliore tecnologia ingegneristica Romana, superiore di 2500 anni, rispetto a quella
Egizia, questi ultimi non disponevano di : Ruote, Carrucole, ferro ed altri leveraggi
combinati, i tempi di costruzione sono proporzionali? Due foto satellitari nelle giuste
proporzioni di scala, che mettono a confronto il Colosseo con la Grande Piramide, da
notare il perfetto allineamento della piramide con i 4 punti cardinali.
Figura 9 - Le due opere a confronto, viste dal satellite.
Sotto, due disegni (sezioni mezzeria) per confrontare l’altezza.
Figura 10 - Il confronto delle due opere. Le misure.
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Dalla figura 11 si evince che la grande piramide potrebbe quasi inglobare al suo interno
l’intero Colosseo.
Infatti con la sua altezza di circa 57m, il Colosseo è solo ad 1/3 dell'altezza della Piramide
di Cheope, con il suo lato più lungo di 188m è ben lontano dai 230m di Cheope.
Sconvolgente è il confronto sul peso: 7 milioni di tonnellate per la piramide, contro 0,25
milioni di tonnellate del Colosseo (considerando un peso specifico di 2,5 tonnellate a m3
per il travertino). I Romani si guardarono bene dal sollevare in quota blocchi dal peso alla
tonnellata, si limitarono ad applicare il sistema "arco" alla perfezione movimentando in
quota blocchi sempre al di sotto appunto della tonnellata.
Nella figura 11, possiamo vedere una gru di epoca romana, sconosciuta agli Egizi e
comunque inadeguata al sollevamento in quota dei blocchi di granito da 70 tonnellate della
cosiddetta “camera del re”:
Figura 11 - Le Gru Romane del tempo.
La gru veniva trainata da buoi per mezzo dei due grossi cilindri, i quali fungevano da ruote
durante il trasporto e da propulsore durante il sollevamento. I cilindri erano
sufficientemente grandi da poter ospitare un certo numero di persone che, camminando
all’interno di essi, imprimevano la rotazione al perno principale: qui era fissata la fune di
sollevamento, sostituita all’occorrenza da quella necessaria al movimento del braccio.
Il confronto sul volume di roccia impiegata è altrettanto impressionante: 0,1 milioni di m3
per il Colosseo, contro i 2,3 milioni di m3 della Piramide: ovvero la piramide ha un volume
costruito di circa 23 volte superiore al Colosseo. Anche per il fattore tempo, il confronto è
interessante, considerando che il faraone Cheope avrebbe regnato dal 2620-2597 a.c.,
ovvero circa 23 anni per alcune fonti, mentre dal 2589-2566 a.c. per altre fonti, comunque
circa 23 anni in tutto e che la costruzione della piramide sia avvenuta in circa 20 anni.
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Riassumiamo:
1) H-colosseo = 57m; H-piramide = 150m.
2) L-colosseo = 188m; L-piramide = 230m.
3) P-colosseo = 0,25*106 ton; P-piramide = 7*106 ton;
(Ppiramide/Pcolosseo)=28.
4) V-colosseo = 0,1*106 m3; V-piramide = 2,3*106 m3; (Vpiramide
/Vcolosseo)=23.
5) T-colosseo = 8 anni; T-piramide = 20 anni; (Tpiramide/Tcolosseo)=2,5.
Quindi la Piramide rispetto al Colosseo ha un peso circa 28 volte maggiore, ed ha un
volume circa 23 volte maggiore, ma è stata costruita i soli 20 anni, quindi impiegando solo
2,5 volte il tempo che i Romani impiegarono per costruire il Colosseo 2500 anni dopo,
utilizzando tecnologie sconosciute agli Egizi all’epoca della costruzione della piramide,
quali la ruota, la carrucola e le travi in ferro.
La differenza è di circa un ordine di grandezza tra Peso-Volume e Tempo, elemento questo
che deve indurre a riflettere poiché nell’analisi scientifica uno scarto simile è indice di un
errore nella teoria o nell’esperimento: in questo caso essendo certo il metodo ed il tempo
impiegato dai Romani per costruire il Colosseo, è lecito pensare ad una rivalutazione della
teoria sulla costruzione della grande piramide. Volendo forzare un confronto, se
consideriamo un fattore di proporzione medio tra i rapporti Peso e Volume, abbiamo un
valore di 25 volte: applicandolo al fattore tempo, significa che se i Romani avessero voluto
realizzare un Colosseo a “grandezza piramide di Cheope”, avrebbero dovuto impiegare
circa 200 anni (25x8=200). Viceversa, se i Romani avessero avuto le stessa bravura degli
Egizi, avrebbero dovuto realizzare il Colosseo in meno di 4 mesi (8x12/25=3,84).
Quale superiorità viene attribuita oggi alla civiltà Egizia del 2500 a.C. per credere che
abbia realizzato un’opera immensa in soli 20 anni, minimizzando lo sforzo ingegneristico
della civiltà Romana che oltre 2500 anni dopo avrebbe impiegato 200 anni per realizzare
un’opera paragonabile? Questi semplici confronti, senza alcuna pretesa di precisione
scientifica da laboratorio, riescono indubbiamente a dare indicazioni importanti sugli
ordini di grandezza in gioco: i dati su peso,volume e tempo possono non essere precisi, ma
il loro ordine di grandezza è inconfutabile. Il confronto sugli ordini di grandezza mostra
che stiamo attribuendo agli Egizi una capacità ingegneristica, tecnica e costruttiva di gran
lunga superiore a quella Romana, sebbene quest’ultima avesse la padronanza di mezzi e
tecnologie più avanzate.
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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Nel 2570 a.C. (data in cui si ritiene costruita la piramide) è dimostrato che gli Egizi non
conoscessero la ruota, né di conseguenza la carrucola. Non conoscevano inoltre nemmeno
il ferro, ma solo il rame. Oggi, nel 2013, è tecnicamente impossibile movimentare blocchi
di granito da 70 tonnellate senza l’ausilio di mezzi meccanici-idraulici speciali.
Ipotizziamo che la cava dalla quale furono estratti i blocchi di roccia calcarea si trovasse su
una collina posta a circa 1 km dalla grande piramide (dott. Diego Baratono,2007):
estrarre, lavorare, ruotare, capovolgere, spostare sulle slitte, trasportare verso la piramide,
poi affrontare la rampa inclinata, arrivare alla quota prevista, posizionare con precisione
millimetrica blocchi dal peso dai 1 tonnellata fino a 4 tonnellate, il tutto senza l’ausilio
nemmeno della più rudimentale carrucola, diventa un’operazione da sottoporre ad un
attento studio di fattibilità. Avessero almeno avuto la gru romana, avremmo potuto farci
un’idea di come avvenissero le operazioni suddette, ma è dimostrato che al massimo gli
Egizi hanno usato leve in legno o rame.
Se poi passiamo ai blocchi da 40 fino a 70 tonnellate della “camera del re” allora le
suddette operazioni appaiono ai limiti delle teorie fisiche. A titolo di esempio, si riporta un
disegno dove si evincono le proporzioni dei blocchi:
Figura 12 - (dal Libro “Nel Cantiere della Grande Piramide” M.V. Fiorini): il 10% dei blocchi ha un peso superiore alla tonnellata (per intenderci il peso di una Fiat Panda nuova a benzina); mentre solo il 2% supera le 20 tonnellate con
picchi di 70 tonnellate.
Il terzo blocco (in basso) rende l’idea della grandezza dei blocchi che costituiscono la
Camera del Re: notate il disegno dell’uomo vicino al blocco per capire di cosa stiamo
parlando.
Proviamo ad illustrare brevemente la difficoltà di movimentazione di un blocco monolitico
da 50 tonnellate appena estratto:
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1) Per ruotare o ribaltare il blocco, oggi si usano macchinari in acciaio come questi:
Figura 13 - Trasporto pietre di grosso
calibro.
2) Per spostare i blocchi, si usano gru come queste:
Figura 14 - Gru moderne.
I macchinari suddetti (Eurosollevatori Pellegrini, modello Derrek) hanno comunque una
capacità massima di carico limitata a 50 tonnellate: non sarebbero adatte per la
movimentazione e la lavorazione dei monoliti da 70 tonnellate che sono presenti all’interno
della “camera del re”. Quando si fanno ipotesi sulla movimentazione di blocchi di questa
portata, si dovrebbero avere ben presenti queste valutazioni per capire di che ordine di
grandezza stiamo parlando. Senza quindi i macchinari sopra descritti, come hanno fatto gli
Egizi a :
1) squadrare i blocchi di granito senza ruotarli o ribaltarli (o se li hanno ruotati e ribaltati,
con quali leve).
2) posizionarli sulle slitte per il trasporto verso le imbarcazioni poste sul Nilo;
3) affrontare curve, salite e discese con la slitta carica di 70 tonnellate;
4) arrivati sul Nilo, spostare l blocchi dalla slitta all’imbarcazione;
5) arrivati alla piana di Giza, spostare i blocchi dall’imbarcazione alla slitta;
6) arrivati ai piedi della Piramide, sposare i blocchi sulle rampe a spirale (interne o esterne
che siano).
7) arrivati alla quota prevista, posizionare il blocco con precisione millimetrica.
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Questi quesiti impongono una riflessione seria, libera da pregiudizi e tesi accademiche da
preservare. Affrontiamo ora proprio il problema del posizionamento in quota dei blocchi
da 70 tonnellate: a titolo di esempio si riporta una foto di un’auto-gru per il sollevamento
di blocchi da 70 tonnellate e da 500 tonnellate, ma con sbraccio inferiore ai 3m.
Figura 15 - Gru mobili per carichi "eccezzionali".
Siccome i blocchi da 70 tonnellate si trovano a circa 50m di altezza ad una distanza di
circa 115m dai lati della piramide, oggi è tecnicamente impossibile posizionare tale blocco
con una gru mobile, bisogna utilizzare una gru fissa dedicata per il cantiere. Si riporta il
diagramma di carico di una auto-gru da 500 tonnellate:
Il grafico mostra chiaramente che la portata massima di 500 t è possibile solo per uno
sbraccio minore di 3m; mentre alla distanza massima di 74 metri, la gru riesce a sollevare
solo 2,9 t per un’altezza di circa 20m. Per soddisfare le esigenze cosi impegnative, serve
poter sollevare 70 tonnellate fino a 50m di quota con uno sbraccio di 115m.
Figura 16- Diagramma di Carico
In questo caso dovremmo utilizzare una di gru da porto come quella raffigurata, si tratta di
una gru a torre, con traliccio d'acciaio,collocata su piattaforma girevole a 360°, con braccio
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
40
inclinabile dotato di tre argani su
carrello,con portata massima di 250
tonnellate. Raggiunge un'altezza di 84
metri con il braccio alzato, mentre con
braccio abbassato è alta 56 m.
Le immagini sopra riportate servono
solo a dare al lettore “il polso” della
situazione sui carichi in gioco; è ovvio
che gli Egizi non sollevassero i blocchi
ma li trascinassero, ma teniamo
presente che quando parliamo della
“Camera del Re” ci riferiamo a blocchi da 70 tonnellate e che le macchine per la
movimentazione di tali blocchi sono imponenti e non sono sostituibili da funi, buoi e
braccia umane in numero indefinito. Ci sono delle operazioni tecniche che non possono
essere realizzate senza le attrezzature giuste: è un problema fisico che non può essere
risolto aumentando il numero di operai e le ore lavorative dedicate all’operazione.
Con questo stratagemma, l’archeologia usa una leva fragile per sostenere la tesi sulla
costruzione della grande piramide, anche se di fronte a semplici considerazioni come
quelle sopra esposte, la ragione sarebbe pronta a spezzare tale leva. Lo studio più accurato
che oggi esiste sull’argomento è rappresentato dal libro “Nel Cantiere della Grande
Piramide” scritto dall’arch. M.V. Fiorini, ho letto il suo interessante libro e devo
ammettere che il suo studio e le sue ipotesi sono molto convincenti.
Restano queste perplessità, che elenco:
a) Treggia:
La treggia in legno per i blocchi da 70 tonnellate. Bisogna impostare una verifica di
resistenza della treggia, magari indicando quale spessore devono avere i binari e le
traversine per sostenere uno sforzo del genere. Da tenere presente che oltre a sostenere il
peso del blocco, la treggia deve resistere alle sollecitazioni legate agli sforzi di traino degli
operai più buoi.
b) Grasso animale:
In un’ottica di programmazione lavori e crono-programma cantiere, bisogna capire quante
tonnellate di grasso animale sono necessarie nei 25 anni, per calcolare poi la quantità
kg/giorno e di conseguenza il numero di animali da uccidere per sostenere lo sforzo
produttivo di grasso. Potrebbe risultare necessario un quantitativo inverosimile.
Figura 17 - Gru Navale.
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c) Catamarano:
Il trasporto sul Nilo dei blocchi da 70 tonnellate per circa 850 km. Considerando che il
fiume Po’ nella sua intera lunghezza (dalla fonte di Crissolo alla foce) è circa di 650 km, ci
redniamo conto di quale distanza stiamo parlando. Inoltre le ipotesi che accreditano lo
spostamento su fiume come possibile all’epoca, includono tutte la necessità di sfruttare la
piena del Nilo: quindi si trattava di percorrere 850 km su un catamarano in legno (tenuto
insieme solo da funi di canapa e chiodi di legno, perché non esistevano viti o chiodi di
metallo) vincendo le correnti di piena, i salti, i vortici, le curva, etc.
Credo sia obbligatoria una verifica ingegneristica del “catamarano” da parte di un esperto
di costruzioni navali (meglio se esperto di costruzioni in legno e ancora meglio se esperto
di imbarcazioni antiche) sia per sostenere il carico, sia per permettere la navigazione su un
fiume in piena, aggravata dai massi di rallentamento (le ancore di trascinamento ritrovate
nel letto del Nilo). Così come credo sia obbligatorio uno studio sul percorso fluviale
(almeno a grandi linee) da percorrere per quasi 800 km.
Una distanza enorme, al limite del possibile con un carico da 70 tonnellate. Se infatti
dall’analisi emergessero perplessità strutturali e forti possibilità di affondamento e perdita
del carico, dovremmo poter trovare una serie di monoliti e catamarani affondati nel letto
del Nilo nelle stratigrafie corrispondenti al 2500 a.c.
d) La Rampa a scendere:
bisogna progettare anche questa rampa e dare più informazioni sulle dimensioni di base,
sul volume totale e quindi sul tempo impiegato per costruirla. Magari considerando anche
la spinta del vento e soprattutto la sollecitazione provocata dal passaggio dei monoliti da
70 tonnellate.
e) Sicurezza: sia sulla rampa a scendere, sia sui modiglioni.
La rampa a scendere avrà un’altezza di oltre 40m alla fine della sua costruzione ed una
larghezza di soli 5-6m, senza opere di sicurezza laterali: quanti operai saranno caduti per il
solo trasporto dei monoliti in granito? La sezione era sufficiente per il passaggio dei buoi e
degli operai in fase di tiro?
Analogamente per i modiglioni: lavorare a 130m da terra senza alcuna imbracatura, tirando
in quota massi da 800kg, statisticamente dovrebbe causare un bel po’ di morti. Potrebbe
essere interessante consultare un esperto di sicurezza sul lavoro per confrontare le
statistiche di caduta dall’alto nel cantieri edili e per analogia ricavare il numero di morti
possibili sul cantiere della Grande Piramide. Ultima riflessione sull’argomento: per il
“Colosseo” potremmo oggi provare a ricostruire l’opera utilizzando le tecniche costruttive
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e le tecnologie a disposizione degli ingegneri romani, magari impiegandoci molti più anni,
ma con ogni probabilità riusciremmo nell’impresa; per quanto riguarda la grande piramide,
non potremmo fare a meno di utilizzare delle strutture “megametalliche” come quelle sopra
illustrate se vogliamo raggiungere lo scopo. Ciò significa che noi oggi non abbiamo la
capacità tecnica e la necessaria abilità per costruire la Piramide con le tecniche che
attribuiamo agli Egizi e soprattutto nei 20 anni stimati. E’ quindi logico, razionale e
scientificamente corretto continuare a ritenere che la civiltà Egizia del 2500 a.C. con funi,
legni, buoi e manodopera, fosse tanto più abile della civiltà Romana del primo secolo e
della civiltà contemporanea del ventunesimo secolo?
Il trasloco del tempio di Abu Simbel nel 1965: il tempio di Abu Simbel è stato smontato
pezzo per pezzo e ricostruito 180 metri più nell'entroterra dopo aver innalzato il terreno di
65 metri rispetto al livello precedente. I lavori richiesero cinque anni, oltre duemila uomini,
tonnellate di materiali e uno sforzo tecnologico senza precedenti nella storia
dell'archeologia. I blocchi numerati (oltre 1000 blocchi) per ridar loro l'esatta posizione,
furono riassemblati, e l'intero tempio fu ricostruito mantenendo persino l'originario
orientamento rispetto agli astri e al nuovo corso del Nilo determinato dallo sbarramento di
Assuan. Ecco alcune immagini significative dell’operazione:
Figura 18 - Momenti dello spostamento di Abu Simbel.
Questa operazione fu di livello internazionale con la partecipazione delle massime
competenze del ventesimo secolo: per spostare circa 1000 blocchi di roccia (peso massimo
del blocco spostato di 20 tonnellate) dove si lavorava 24h su 24h (quindi anche di notte)
con grù, camion, seghe a filo, trapani, putrelle d'acciaio, mezzi meccanici pesanti,
sollevatori idraulici, etc. in una lotta contro il tempo per evitare che lo sbarramento della
diga provocasse l’inondamento del sito archeologico. E’ interessante notare che l’umanità
dopo circa 4500 anni dalla costruzione della grande piramide, abbia unito gli sforzi ed
utilizzato il top della tecnologia per riuscire a spostare 1000 blocchi in circa 5 anni. Inoltre
c’è da aggiungere che gli Egizi non potevano lavorare di notte, mentre nel 1965 si è
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lavorato 24h su 24h grazie all’impiego di enormi lampade ad arco, quindi se avessero
lavorato solo di giorno, avrebbero verosimilmente impiegato il doppio del tempo, ovvero
circa 10 anni. Il confronto tra le due opere è scientificamente improponibile per ovvi
motivi, ma è importante per avere indicazioni, ancora una volta, sull’ordine di grandezza.
Cerchiamo di dare maggiore valore a questo confronto su due opere così diverse,
affiancando le operazioni che hanno caratterizzato per sommi capi le due imprese.
Le principali operazioni, seppur con le dovute cautele, possono però trovare una
corrispondenza nella difficoltà di esecuzione, tenendo presente anche le differenti
tecnologie a disposizione. Restano però due dati impressionanti, che rendono il confronto
impari, perché sono stati posizionati:
1) 1000 blocchi in 10 anni per il tempio di Abu-Simbel;
2) 2.300.000 blocchi in 20 anni per la Grande Piramide. Il rapporto tra le due operazioni è
quindi sbalorditivo: gli Egizi hanno posizionato 2.299.000 blocchi in più. Volendo forzare
una rapporto a parità di tempo, avremo che in 10 anni gli Egizi avrebbero posizionato
1.150.000 blocchi: ovvero 1.149.000 blocchi in più. Significa che per ogni blocco tagliato,
trasportato e posizionato nel nuovo tempio da parte della civiltà contemporanea, la civiltà
Egizia riusciva a posizionarne 1500. Il rapporto è 1500 a 1 a favore degli Egizi. E’ quindi
logico, razionale e scientificamente corretto continuare a ritenere che la civiltà Egizia del
2500 a.C. sarebbe capace ancora oggi di ridicolizzare gli sforzi tecnici ed ingegneristici
dell’intera umanità dopo 4500 anni?
Le due considerazione sopra riportate, non hanno alcuna valenza di prova, ma sono
indicazioni importanti verso una riflessione possibile: la grande piramide potrebbe non
essere stata costruita dagli Egizi all’epoca del Faraone Cheope perché non vi erano le
COSTRUZIONE GRANDE PIRAMIDE SPOSTAMENTO TEMPI ABU-SIMBEL Estrazione blocchi calcarei/granitici Taglio in blocchi delle opere esistenti Lavorazione dei blocchi nella forma desiderata: nella quasi totalità dei blocchi, forma cubica.
Saldatura, serraggio e bloccaggio dei blocchi per consentirne lo spostamento verso il camion
Trasporto dei blocchi verso la piramide con slitte e con zattere per i blocchi provenienti dalle cave di Assuan
Trasporto su gomma verso il nuovo sito
Movimentazione e posizionamento millimetrico in quota dei blocchi
Riassemblaggio millimetrico dei blocchi nella giusta sequenza
Allestimento delle varie camere e gallerie interne con i blocchi di granito da decine di tonnellate
Ricostruzione del tempio, parte esterna e parte interna, rispettando orientamenti ed inclinazioni
Finitura in lastre di calcare bianchissimo Finitura con malte cementizie per nascondere le linee di contatto tra i vari blocchi
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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condizioni tecniche e tecnologiche per costruire un’opera colossale di quel tipo in soli 20
anni. O, se si vuole continuare a sostenere la tesi che la Grande Piramide è stata costruita
dagli Egizi, allora bisogna almeno ammettere che non è stata costruita in 20 anni e rivedere
comunque la cronologia storica dell’Impero Egizio. Per ultimo un' altra divagazione;
quattromila anni fa avremmo dovuto essere nell'età del bronzo, beh, qualcuno di questi
esperti che girano per il mondo, provi a tagliare un blocco di granito con un utensile di
bronzo vediamo il risultato e poi parliamone. Anche la datazione delle piramidi è sbagliata,
perché se la sfinge è loro contemporanea, la medesima ha sul dorso delle scanalature
scavate dall'acqua di piogge torrenziali, ma quattromila anni fa il deserto di Giza era arido
come oggi e allora, come lo spiegano?
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9. ELENCO INCONGRUENZE.
Elenchiamo una serie di incongruenze che le Piramidi ci riservano e malgrado le ultime
ricerche rimangono senza risposte, numerose domande e dubbi, ovvero:
LA DATAZIONE.
Ufficialmente la data di edificazione delle piramidi è fissata tra il 2700 e il 2200 a.C..
Nessun documento però tratta direttamente la costruzione della grande piramide, tanto da
poterne stabilire con certezza la data di edificazione, in tutti i casi in cui vi si riferisce viene
citata come opera esistente, al suo interno non sono stati rinvenuti geroglifici né altri tipi di
documentazione. La disposizione delle piramidi e l'orientamento di alcuni particolari, sono
palesemente riferiti a costellazioni, tuttavia, la moderna astronomia ci porta alla
conclusione che, non corrispondono esattamente all'attuale posizione delle stelle e
nemmeno di 5000 anni fa, bensì di 15.000 anni fa!
LA MANCANZA di ISCRIZIONI.
In tutte le costruzioni egizie abbondano i geroglifici, mentre all'interno della grande
piramide sono praticamente assenti. Appare strano che un'opera, così imponente ed
importante, manchi dei consensi del ed al faraone che ne ha richiesta la costruzione.
Anche sul fatto che si tratti di una sepoltura, sorgono dubbi in quanto all'interno non è mai
stato trovato nulla che possa essere messo in relazione con un corredo funerario e lo stesso
sarcofago non ha analogie con i sarcofaghi rinvenuti in altre tombe egizie.
LA LAVORAZIONE DEL MATERIALE.
Alcuni massi che formano la Piramide di Cheope sono in granito rosso e presentano la
superficie lavorata finemente, con una precisione di dimensione e forma che in alcuni casi
sono dell'ordine del decimo di millimetro su lunghezze di vari metri. Allo stato attuale
delle moderne tecnologie, eseguire lavorazioni di questo genere su blocchi tanto grandi di
un materiale così duro, sarebbe un'impresa difficilissima, forse impossibile, nonostante
l'uso di utensili in acciaio diamantato ad altissima resistenza. Al tempo degli antichi egizi,
l'unico metallo disponibile per la fabbricazione di attrezzi e strumenti di lavoro era il
bronzo, metallo che non è in grado di scalfire minimamente il granito, l'unica alternativa
era data dagli utensili in pietra scheggiata.
IL TRASPORTO DEI MATERIALI.
Le cave dove sono stati estratti i materiali usati nella costruzione della piramide si trovano
a centinaia di chilometri. Si ipotizza un trasporto fluviale tramite chiatte, ma le tecnologie
costruttive degli antichi egizi (legno e giunco) non consentivano la costruzione di
imbarcazioni tanto grandi e robuste in grado di sostenere un carico di centinaia di
La storia dell'uomo......also point - di Duilio Tazzi
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tonnellate. Ammesso e non concesso, resta il mistero delle infrastrutture portuali necessarie
per caricare e scaricare i megaliti, dove sono? Esperti del settore ritengono che allo stato
attuale sarebbe una impresa difficoltosa effettuare un carico del genere sulle attuali navi da
trasporto peraltro normalmente adibite a grossi carichi, per poi non parlare del trasportare
un blocco di cento tonnellate a forza di braccia, su slitte o rulli, ma sono impraticabili a
causa della inconsistenza del fondo, ci poniamo una ulteriore domanda per trasportare "a
braccio" significherebbe, impiegare non meno di 2000 uomini, tutta questa gente dove
stava??
IL CANTIERE.
Ho avuto modo di interpellare imprese di costruzioni "Speciali", le quali si occupano di
costruzione megalitiche dei nostri giorni, dopo approfonditi studi, hanno dichiarato
l'impossibilità pratica ad operare nel deserto per edificare una costruzione simile alla
grande piramide. Pur disponendo di ingentissime risorse e di tutti i mezzi della moderna
tecnologia, sarebbe necessario predisporre una solida piattaforma in calcestruzzo su tutto il
perimetro interessato ai lavori e allo spostamento dei giganteschi blocchi di pietra, di
mastodontici mezzi di trasporto, nonché di gru gigantesche
LA SFINGE.
Comunemente considerata un "accessorio" della grande piramide, la sfinge, con il suo
aspetto misterioso, è anch'essa carica di enigmi. Uno per tutti la datazione. Ufficialmente
risale all'epoca degli antichi egizi ma un particolare importante ne smentisce la
datazione. Tutta la base della sfinge risulta erosa dall'acqua come se fosse stata immersa
per secoli in una corrente impetuosa, ebbene, fin dal tempo degli antichi egizi, è
storicamente provato che quel luogo è sempre stato desertico.
LA PRECISIONE DELL'EDIFICIO.
E' sorprendente constatare con quale precisione sia stata eretta una costruzione tanto
imponente. Il problema principale è costituito dalla difficoltà di dare la giusta
inclinazione alle facce della piramide in modo da giungere al vertice mantenendo le
dimensioni progettuali. Ancor più stupefacente è stato constatare che le dimensioni dei
vertici e della base sono tra loro rapportati secondo il valore di pi-greco, della sezione
aurea e dell'anno siderale, con una precisione sbalorditiva. Si tratta di nozioni acquisite
soltanto secoli e millenni dopo l'epoca presunta di edificazione.
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CONCLUSIONE.
Prove archeologiche sparse in ogni angolo del globo, sembrano confermare ormai,
l'esistenza si una società umana altamente avanzata vissuta prima della fine dell'ultima era
glaciale, tanto che alcuni ricercatori ne invocano il riconoscimento ufficiale da parte della
comunità scientifica. Il dottor Semir Osmanagich, antropologo di Houston, scopritore delle
piramide bosniache di Visoko e fondatore del Bosnian Archaeology Park, in una recente
dichiarazione ha ribadito con incrollabile certezza che “le prove scientifiche confermano in
maniera inconfutabile che nel passato della Terra è esistita una civiltà altamente
tecnologica che costringe a riscrivere i libri di storia”.
Da un esame delle strutture individuate da Osmanagich, e su altri siti altrettanto
interessanti, il ricercatore stima che tale civiltà avanzata sia esistita oltre 29 mila anni fa.
“Riconoscere che ci troviamo di fronte a delle prove fondamentali che confermano
l’esistenza di una civiltà tanto antica e tanto progredita costringe la comunità scientifica a
riconsiderare la sua comprensione dello sviluppo della civiltà e della storia”, spiega il
dott. Semir Osmanagich. “I dati conclusivi sul sito delle piramidi bosniache di Visoko
forniti da diversi laboratori indipendenti che hanno condotto la datazione al
radiocarbonio confermano che le strutture risalgono a oltre 29 mila anni fa”.
Di recente, storici e ricercatori statunitensi hanno riportato scoperte altrettanto sorprendenti
che costringono a chiedersi chi e per quale scopo siano state costruite queste strutture e,
soprattutto, in che modo queste antiche e avanzate civiltà hanno contribuito a plasmare il
nostro presente. Si registra un crescente interesse per questi argomenti anche da parte del
grande pubblico, tematiche che accendono l’innata curiosità sulle nostre origini, tanto da
spingere numerosi network televisivi a dedicarsi. Concludo con questo; Il National
Geographic ha dedicato l’edizione speciale della sua rivista, uscita nel mese di novembre
2013, dal titolo: 100 Grandi Misteri Rivelati, alle civiltà antiche. All’interno si legge che
“a volte le culture si lasciano dietro misteri che confondono quelli che vengono dopo di
loro, tra costruzioni, pietre e manoscritti codificati. Tutto fa pensare che le indicazioni
degli antichi avevano uno scopo profondo”.
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INDICE
Paragrafo Titolo Pagina
1. Introduzione 2
2. Datazione dei Reperti Archeologici 3
2.1 Datare il Legno:La Dentrocoronologia 4
2.2 Dentroglacologia 5
2.3 Datare i Materiali Organici: Il Radiocarbonio o C14 5
2.4 Datare i materiali inorganici 7
3. Incompatibilità e Dubbi 9
4. I reperti "Fuori Tempo" 11
5. Scheletri di Homo Sapiens 14
5.1 Scheletri di Umanoidi Sconosciuti 15
5.2 Impronte Fossili Umane 15
6. Reperti Inopportuni 16
6.1 Geoide di Coso 18
6.2 Pietre di Ica 18
6.3 Meccanismo di Antikitera 19
6.4 Mappe degli Antichi Re dei Mari 19
6.5 Carta di Piri Reis 19
7. Il Diluvio Universale: Tutti sapevano 24
8. Divagazioni Ingegneristiche 34
9. Elenco incongruenze. 45
10. Conclusione 47