La proposta di riforma dell'Ordine dei Giornalisti di Liberiamo l'informazione

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LINEE PER UN DOCUMENTO DI INDIRIZZO PER LA RIFORMA DELL’ ORDINE DEI GIORNALISTI

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‘’LIBERIAMO L’ INFORMAZIONE’’

LINEE PER UN DOCUMENTO DI INDIRIZZO PER LA RIFORMA DELL’ ORDINE

PROPOSTA BONINI-REA (7 gennaio 2014)

Premesso che compito dell’Ordine dei giornalisti è assicurare sia la tutela dell’esercizio che il rispetto dei principi deontologici di qualsiasi tipo di attività giornalistica, anche occasionale, indipendentemente dallo status giuridico o professionale di chi la eserciti, secondo il principio costituzionale che l’informazione giornalistica in qualsiasi forma e attraverso qualsiasi strumento è un bene comune che va protetto nell’ interesse della collettività,

1) ALBO UNICO E ACCESSO ALLA PROFESSIONE E’ istituito, nell’ambito dell’Ordine, l’Albo Unico dei giornalisti abilitati alla professione. L’iscrizione all’Albo è condizione vincolante per l’esercizio del giornalismo professionale, in qualsiasi forma contrattuale esso venga esercitato. Si accede all’Albo con il superamento di un esame di idoneità. Possono sostenere la prova: a) Tutti coloro che sono in possesso di una laurea in giornalismo conseguita nei Paesi

dell’Unione, ovvero presso università extra-europee il cui livello accademico e formativo venga riconosciuto come adeguato dall’Ordine.

b) Tutti coloro che hanno conseguito nell’ambito dei paesi dell’Unione Europea una laurea di primo livello in qualsiasi disciplina e abbiano compiuto pratica giornalistica abilitante nell’ambito di un corso universitario che non potrà avere durata inferiore ai 12 mesi e il cui percorso formativo è disciplinato sulla base di una convenzione tra Miur, università e Cnog.

Resta ferma la possibilità di accesso all’esame di idoneità per chi ha svolto o sta svolgendo al momento di entrata in vigore della riforma il periodo di praticantato previsto dalla vecchia normativa.

2) PERIODO DI TRANSIZIONE a) Al momento dell’entrata in vigore della legge di Riforma, saranno trasferiti

direttamente nel nuovo Albo unico dei giornalisti abilitati alla professione tutti i giornalisti attualmente iscritti nell’ elenco dei professionisti.

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b) Possono accedere all’ esame di idoneità i giornalisti pubblicisti che non siano iscritti ad altri ordini professionale e che abbiano seguito un corso di formazione specifico che l’ Ordine predisporrà d’ intesa con il Miur e le università.

c) Possono accedere all’ esame di idoneità senza dover seguire un corso di

formazione i giornalisti pubblicisti che, al momento dell’ entrata in vigore della legge, abbiano almeno 15 anni di anzianità e che dimostrino di aver svolto attività giornalistica non occasionale negli ultimi 3 anni.

d) La richiesta di passaggio all’ albo dei giornalisti abilitati deve essere fatta entro 6

mesi dall’ entrata in vigore della legge. e) I pubblicisti che non intendano transitare nell’elenco dei giornalisti abilitati alla

professione, o che non supereranno l’ esame, resteranno iscritti in un Elenco speciale dei Pubblicisti che non procederà ad altre iscrizioni fino a suo naturale esaurimento.

f) I Consigli regionali valuteranno la posizione degli aspiranti pubblicisti che, al

momento dell’ entrata in vigore della Riforma, avranno già svolto attività di collaborazione giornalistica, decidendo se concedere la possibilità di seguire i corsi di formazione per accedere all’ esame di idoneità.

3) ELENCO SPECIALE L’attuale Elenco Speciale per le pubblicazioni tecniche è mantenuto secondo le modalità stabilite dalla legge in vigore.

4) ATTIVITA’ GIORNALISTICA SALTUARIA Tutti coloro che svolgono attività giornalistica saltuaria nella forma di collaborazioni occasionali con media cartacei, televisivi, radiofonici o digitali, vengono segnalati dalle aziende editoriali presso cui svolgono la loro collaborazione al sindacato, che provvede a stilare elenchi di “collaboratori giornalistici occasionali” su base regionale di cui darà comunicazione agli Ordini regionali, perché questi possano svolgere compiti di vigilanza su eventuali abusi nell’esercizio della professione. Sarà compito degli stessi Ordini regionali predisporre colloqui formativi brevi affinché tali collaboratori saltuari possiedano i requisiti deontologici essenziali affinché la loro attività, per quanto occasionale, rispetti standard sufficienti. La permanenza in tale elenco è condizionata alla natura saltuaria della attività giornalistica svolta dai collaboratori in questione, che dovrà pertanto avere le seguenti caratteristiche: a) Deve produrre reddito occasionale. b) Non deve avere natura di lavoro redazionale o para-redazionale. c) Non deve avere per continuità e rilevanza carattere di natura professionale.

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Alle norme di cui sopra, non sono evidentemente soggetti tutti coloro le cui collaborazioni rientrano nella sfera della libera manifestazione del pensiero e il cui contributo si muova esclusivamente nell’alveo delle opinioni e del libero dibattito delle idee. La qualità di collaboratore giornalistico occasionale non attribuisce alcun diritto di voto attivo o passivo nelle elezioni degli Ordini Regionali e in quella del Cnog, né alcuna rappresentanza all’interno degli stessi.

5) COMPOSIZIONE E DURATA DEL CNOG Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dura in carica 3 anni ed è composto da 60 membri eletti secondo un regolamento che verrà adottato dal ministro della Giustizia su proposta del Consiglio nazionale in carica al momento della approvazione delle legge di riforma. Cinquanta componenti del Cnog saranno eletti dagli iscritti al nuovo Albo Unico. Gli altri 10 verranno invece eletti (su collegio nazionale) dagli iscritti all’ Elenco Pubblicisti. Il Consiglio Nazionale elegge al suo interno – con modalità stabilite dal regolamento – Presidente, Vicepresidente, segretario e Tesoriere e altri 2 membri dell’esecutivo, uno dei quali appartenente all’elenco dei pubblicisti. Insieme al Consiglio nazionale viene eletto anche il Collegio dei Revisori dei conti, in misura di 3 membri, due dei quali appartenenti all’elenco dei giornalisti abilitati e uno all’ elenco dei pubblicisti. Come ultimo atto del primo mandato, il Consiglio nazionale stabilirà i parametri per decidere quale sarà il rapporto fra iscritti al nuovo Albo e all’ Elenco pubblicisti raggiunto il quale non saranno più eletti Pubblicisti

6) CONSIGLI REGIONALI

I Consigli regionali dell’Ordine durano in carica tre anni e sono composti da sei membri, cinque dei quali in rappresentanza dei giornalisti abilitati e uno in rappresentanza dei pubblicisti. Con i Consigli regionali viene eletto anche il Collegio dei Revisori dei conti, in misura di 3 membri, due dei quali appartenenti all’elenco dei giornalisti abilitati e uno all’elenco dei pubblicisti. Al termine del primo mandato i consigli regionali adotteranno i parametri stabiliti dal Cnog per decidere quale sarà il rapporto fra iscritti al nuovo Albo ed Elenco pubblicisti raggiunto il quale non saranno più eletti Pubblicisti.

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I Consigli regionali eleggono al loro interno Presidente, vicepresidente, segretario e tesoriere. I Consigli Regionali sono tenuti a seguire in materia di formazione, quote di iscrizione e vigilanza sugli elenchi, le indicazioni del Consiglio Nazionale.

7) MODALITA’ DI VOTO Le elezioni del Consiglio Nazionale e dei Consigli Regionali si svolgono in un’unica tornata elettorale e con la sola modalità del voto elettronico, secondo quanto stabilito da un apposito regolamento che fissa le circoscrizioni e i collegi di voto.

8) GIORNALISTI IN QUIESCENZA ED EQUILIBRIO DI GENERE La rappresentanza femminile nel CNOG non può essere inferiore al 50 per cento dei consiglieri. I consiglieri eletti nel CNOG in stato di quiescienza non possono superare il 20 per cento del Consiglio.

9) INCOMPATIBILITA’ I componenti dei Consigli regionali e del Consiglio Nazionale non possono svolgere più di due mandati e non possono essere iscritti ad altri ordini professionali. I componenti dell’Esecutivo dell’Ordine Nazionale, come degli Ordini regionali, sono, fatte salve le ipotesi già previste dalla legge, incompatibili con qualsiasi altra carica sia negli organismi di categoria (FNSI, INPGI, CASAGIT, FONDO COMPLEMENTARE), sia in società di persone e di capitali, nelle quali figurino in qualsivoglia modo interessati, direttamente o indirettamente.

10) REGISTRO DEGLI UFFICI STAMPA Presso ogni Ordine Regionale viene istituito il Registro degli Uffici Stampa, pubblici, privati e delle Agenzie foto-giornalistiche in cui possono operare solo giornalisti abilitati alla professione. Tale registro è aggiornato annualmente e nei materiali diffusi dagli Uffici Stampa dovranno essere indicati in modo visibile gli estremi della registrazione.

Note esplicative di Carlo Bonini e Pino Rea alla proposta di Riforma

Il precariato Il fenomeno del precariato ha delle radici profonde nelle nuove forme di produzione, soprattutto intellettuale, e quindi non è affare solo del giornalismo italiano. Ma qui da noi la questione viene accentuata anche dalla attuale configurazione dell’Ordine. Il pubblicismo viene infatti utilizzato come un’altra via di accesso al giornalismo professionale e quindi il tesserino di pubblicista può diventare un miraggio da far balenare come elemento di ‘’salario

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aggiuntivo’’ e di ricatto, per abbassare in maniera forzosa i compensi delle collaborazione giornalistiche. Senza l’elenco dei pubblicisti – senza la possibilità di far lavorare quasi gratis per almeno 2 anni gli aspiranti giornalisti che non riescono ad avere un contratto di lavoro dipendente - gli editori sarebbero costretti a pescare in quel bacino, quello dei giornalisti abilitati, perché davvero in quel caso l’esercizio abusivo della professione smetterebbe di essere un reato impossibile ma diventerebbe un reato concretamente identificabile. Ed editori e vertici giornalistici potrebbero essere accusati di concorso nel reato o addirittura di istigazione. Nella proposta d’ altronde si prevede esplicitamente che ‘’l’ iscrizione all’Albo è condizione vincolante per l’esercizio del giornalismo professionale, in qualsiasi forma contrattuale esso venga esercitato’’. Giornalista sarà solo chi lo fa fare a chi non lo è? Marco Volpati, consigliere del Consiglio nazionale dell’Ordine (Cnog), replicando ad intervento in cui si auspicava per la Riforma dell’Ordine la scelta della linea ‘’un solo Albo/un solo elenco’’ e spiegando di condividere la diagnosi ma non la terapia, osservava: «Politologi, economisti, letterati, artisti, medici, avvocati, esperti di varie scienze e tecniche (dai motori allo sport, dalla moda al tempo libero alla salute e fitness e così via), esponenti e osservatori di quanto accade nelle comunità locali, continueranno a scrivere sui giornali, parteciperanno a trasmissioni radio e tv, e interverranno in testate web. Potranno tranquillamente farlo senza doversi iscrivere all’Ordine. E lo faranno sempre di più: giornali, tv, radio, siti web, uffici stampa avranno contenuti di cui saranno autori non giornalisti (sconosciuti all’Ordine, ovviamente). Giornalisti saranno i direttori e pochi tecnici dell’edizione, impaginazione, trattamento delle notizie e dei commenti sui vari media: quelli che avranno affrontato il percorso di abilitazione». Ma è proprio quello che succede già, dovunque. Molti di noi non se ne sono accorti, ma il cambiamento va proprio in questa direzione: il giornalismo professionale sarà sempre meno ricerca e stesura delle notizie (che stanno diventando una commodity, un bene talmente diffuso da avere un valore sempre più ridotto) e sempre più progettazione grafico-editoriale e tecnologica, da un lato, e cura, organizzazione, controllo e verifica di contenuti prodotti altrove, dall’altro. Tutte funzioni che richiedono, come si può immaginare, una cultura tecnica e professionale altissima. Non è una novità: c’è sempre più informazione in giro, anche da parte di chi giornalista non è e non vuole neanche diventarlo. Enti, associazioni, politica, terzo settore, volontariato. Tutto quello che alimenta i social media, Twitter in primis: un volume enorme di unità informative. Poche notizie vere, molti commenti, molta ‘fuffa’: in ogni caso, si calcola, vengono pubblicati online ogni giorno 2 milioni di post, 400 milioni di tweet e 864.000 ore di video (e inviati 294 miliardi di email) che costruiscono il discorso pubblico. «Ma, a quel punto – dice Volpati - giornalista non sarà più “chi lo fa”, come tutti vorremmo che avvenisse, ma “chi lo fa fare agli altri”, chi consente a non giornalisti di produrre i contenuti dell’informazione. Senza possibilità di intervento sindacale, formativo, ordinamentale e anche deontologico». Il compito principale del giornalismo professionale sarà sempre di più proprio quello: filtrare, raccogliere, organizzare, dare un senso al ‘’giornalismo diffuso’’ e farne del ‘’buon giornalismo’’. Come? L’egemonia

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Valorizzando al massimo il bagaglio di saperi su cui il nuovo Ordine riformato dovrebbe vigilare, ma in maniera creativa, producendo ricerche, analisi, cultura deontologica. In modo da assicurare quell’elemento cruciale che è l’egemonia del discorso giornalistico. Egemonia che si traduce nella prevalenza, all’ interno dell’industria dell’informazione, dei valori di fondo che il giornalismo ha accumulato in decenni di attività e storie di eccellenza giornalistica, anche sul piano etico. Perché il giornalismo italiano è stato anche questo, non solo cattiva moneta. E poi, non è affatto ‘’ovvio’’, come sostiene Volpati, «che quasi nessuno si imbarcherà in un percorso così complicato con il solo scopo di acquisire una “abilitazione al giornalismo”, che poi non utilizzerà». Pensiamo che potrebbe essere vero il contrario: perché dei saperi giornalistici di alto livello darebbero un grosso valore aggiunto anche a persone destinate - per voglia o per caso - a fare altre attività professionali. Un ‘’mercato’’ di 48.000 attivi Quanto alle osservazioni di Lino Zaccaria - secondo cui, fra l’ altro, la conclusione che la differenziazione (fra professionisti e pubblcisti) è ormai superata nei fatti, visto che gli iscritti alla gestione separata dell’ Inpgi sono più dei professionisti, è errato e fuorviante, - ritorniamo a quanto si diceva prima: è il regime del doppio elenco a favorire gli editori nel processo di progressivo outsourcing della produzione giornalistica al di fuori delle pareti delle redazioni, in zone dove è più facile imporre livelli di compenso bassissimi. E’ lì che bisogna agire. L’equo compenso? Certo è uno degli strumenti. Ma probabilmente non può essere il solo. E poi la nostra proposta, sul modello francese, prevede degli elenchi (a livello regionale) di “collaboratori giornalistici occasionali”, con uno sbarramento che impedirà che attraverso questa finestra venga fatto rientrare ciò che facciamo uscire dalla porta. I circa 48.000 attivi iscritti all’Inpgi delineano comunque un mercato giornalistico analogo a quello di altri Paesi (Francia, Regno Unito), ma profondamente squilibrato sul piano dei diritti e del reddito. In ogni caso nel bacino del giornalismo in Italia c’è anche tutto l’ampio settore degli uffici stampa che in altri Paesi (Usa ad esempio) fanno capo invece al mondo della Comunicazione e delle Relazioni pubbliche. La chiave è probabilmente una diversa contrattazione che porti a un riequilibrio dei redditi e dei diritti fra lavoro dipendente e lavoro autonomo/parasubordinato: 62.459 euro la retribuzione media dei dipendenti; 11.278 quella media di autonomi e parasubordinati, in cui si trovano circa 20.000 pubblicisti che di fatto svolgono lavoro professionale, ma con un reddito assolutamente iniquo. Esclusività e prevalenza Un livello di reddito che impone necessariamente una pluralità di occupazioni ed impedisce l’esercizio di quella esclusività che la legge attuale impone al professionista. Un altro ostacolo che bisogna assolutamente cancellare. Il regolamento sul cosiddetto ‘’ricongiungimento’’ ha riconosciuto per fortuna il criterio della prevalenza (superando quello dell’esclusività come prevedeva il vecchio testo). E gli attuali pubblicisti? Lorenzo Sandiford, un free lance fiorentino, pone in un commento temi di carattere generale che esemplificano probabilmente altre questioni/obiezioni che potrebbero essere poste. Dice Lorenzo:

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«Non vorrei correre rischi inutili e non vorrei dover rinunciare al precario equilibrio fra diversi tipi di attività che mi consente di campare, e credo di averne diritto, che tutti ne abbiano diritto. Sono pienamente d'accordo con la proposta qui avanzata, ma solo a due condizioni: a) le nuove regole di accesso valgano per i nuovi, cioè da ora in poi, mentre a chi è ormai avanti con gli anni, in situazioni lavorative in qualche modo consolidate o in equilibrio, si lasci la possibilità di esaurire il suo percorso alla vecchia maniera b) l'essere abilitato a fare il giornalista nel nuovo albo unico e anche il fare parte dei vecchi doppi albi in esaurimento non dovrebbe comportare l'esclusività della professione giornalistica. Si deve poter lasciare svolgere a chi è giornalista abilitato anche altre attività di comunicazione (e non solo) limitrofe, purché non in grave conflitto d'interessi con le altre mansioni che si svolgono’’. Ecco, per la questione a) la proposta darebbe a chi ha meno di 15 anni di iscrizione all’Ordine ma non ha voglia o interesse a passare nel nuovo Albo sottoponendosi ad un esame la facoltà di restare nel vecchio elenco. E i ‘’vecchi’’ pubblicisti conserverebbero una loro rappresentanza nel nuovo Cnog eleggendo una parte dei consiglieri (la proposta è di 10 su 60). Per quanto riguarda il punto b) il problema verrebbe superato nel caso la Riforma prevedesse, come afferma l’art. 2 della bozza di nuova normativa: ‘’l’iscrizione all’ albo è condizione vincolante per l’ esercizio del giornalismo professionale, in qualsiasi forma contrattuale esso venga esercitato‘’. Anche in questo caso le questioni di carattere contrattuale verrebbero lasciate al campo dei rapporti economico/sindacali. Conclusione L’effetto sarebbe a nostro avviso una forte semplificazione del quadro ordinistico ma nell’ambito di una forte valorizzazione della qualità della formazione professionale per un giornalismo che sia adeguato alle sfide dell’innovazione. Ne citiamo solo una. Quella del data journalism, il giornalismo attraverso l’analisi di grandi quantità di dati. “Sarete sorpresi dai giornalisti che sanno programmare”, assicura il Nieman Lab, uno dei maggiori centri di analisi dell’innovazione in campo giornalistico. “L’abilità di raccontare storie con i dati – racconta Luigi Caputo su Piazzadigitale.corriere.it è solo un modo diverso di fare giornalismo. È una capacità che richiede la conoscenza di informatica, codici, database: competenze lontane dal lavoro giornalistico classico”. Solo una formazione di alto livello le potrebbe fornire. Ma bisogna muoversi, fare presto. Insomma è un momento cruciale: davvero ‘’o si cambia o si chiude’’.