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8/22/2019 La gestione manageriale di una societ di calcio: un paragone tra il modello italiano e il modello inglese
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LA GESTIONE MANAGERIALE DI UNA
SOCIETA DI CALCIO:
UN PARAGONE TRA IL MODELLO
ITALIANO E IL MODELLO INGLESE
Relatore: Chiar.mo Tesi di Laurea di:
Prof. Luca Del Bene Tommaso Fabretti
Anno Accademico 2010 - 2011
UNIVERSIT POLITECNICA DELLE MARCHEFACOLT DI ECONOMIA GIORGIO FU
_______________________________________________________________Corso di Laurea specialistica in Economia e Management
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INDICE
INTRODUZIONE..7
CAPITOLO 1 - IL MANAGEMENT DELLE SOCIETA' DI CALCIO11
1.
Il calcio come settore economico.......11
2. Aspetti organizzativi delle societ di calcio.......................153. Quattro modelli di gestione di una societ di calcio..174. La gestione operativa.........205. La gestione strategica.....24
5.1 La pianificazione strategica..26
5.2 Il controllo strategico............27
5.3 La Balanced Scorecard.....31
6. La gestione tecnica....366.1 Il modello inglese....36
6.2 Il modello italiano.......41
CAPITOLO 2 - EVOLUZIONE STORICO-GIURIDICA DEL
SETTORE CALCISTICO...43
1. Le origini del calcio.432. Evoluzione giuridica....44
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2.1 Evoluzione in Inghilterra e in Italia 45
2.2 La sentenza Bosman....50
3. Organizzazione istituzionale del calcio europeo...523.1 La Uefa53
3.2 Il ranking Uefa....54
4. Organizzazione del calcio in Inghilterra...564.1 La Football Association..56
4.2 La Premier League..59
4.3 La suddivisione dei tifosi inglesi....61
4.4 La chiave del successo: l'attivit di marketing...62
5. Organizzazione del calcio in Italia.......655.1 La Federazione Italiana Gioco Calcio....65
5.2 La Serie A..66
5.3 La suddivisione dei tifosi italiani...67
CAPITOLO 3 IL FAIR PLAY FINANZIARIO..69
1. Introduzione al Fair Play Finanziario..692. La licenza Uefa....713. I parametri fondamentali del Fair Play Finanziario.....74
3.1 Criteri sportivi...74
3.2 Infrastrutture..75
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3.3 Criteri gestionali..76
3.4 Criteri legali.77
3.5 Criteri finanziari..78
4. Gli indicatori fondamentali....804.1 L' assenza di debiti scaduti...81
4.2 Il raggiungimento del punto di pareggio..81
4.3 Il principio della continuit aziendale.....85
CAPITOLO 4 - IL CALCIO IN BORSA..86
1. Introduzione alla borsa..861.1 Cos' la borsa valori....86
1.2 Macrofunzioni della borsa.......87
2. La quotazione di una societ in borsa...882.1 Motivazioni della quotazione..88
2.2 Il listing...91
2.3 Costi della quotazione.93
2.4 Limpatto della borsa sul mondo del calcio....933. La situazione in Inghilterra...964. La situazione in Italia..100
4.1 Borsa Italiana Spa...100
4.2 Le fasi complete del listing... 102
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4.3 Le societ calcistiche quotate in borsa .....105
CAPITOLO 5 - IL BILANCIO D'ESERCIZIO DELLE SOCIETA'
CALCISTICHE..110
1. Introduzione al bilancio d'esercizio..1102. Caratteristiche del bilancio d'esercizio delle societ calcistiche ....1133. Analisi dello stato patrimoniale delle societ di calcio - Voci
caratteristiche........115
3.1 Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori.115
3.2 Capitalizzazione dei costi del vivaio..117
3.3 Le compartecipazioni.118
3.4 Crediti e debiti verso altre societ calcistiche....119
4. Analisi del conto economico delle societ di calcio - Vocicaratteristiche..123
4.1 Ammortamento del costo dei diritti pluriennali
alle prestazioni dei calciatori...123
4.2 Minusvalenze e plusvalenze da alienazione dei diritti pluriennali
allutilizzo delle prestazioni dei calciatori....124
4.3 Cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive125
4.4 Proventi e oneri da compartecipazione.125
4.5 Capitalizzazione dei costi del vivaio.126
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5. Aspetti contabili e problematiche legate alla prassi inglese ....1335.1 La contabilizzazione dei compensi di trasferimento..133
5.2 La contabilizzazione dei compensi contrattuali.134
5.3 La rivalutazione dei terreni di gioco e degli impianti di propriet
delle societ calcistiche134
CAPITOLO 6 - LA GESTIONE ECONOMICO-FINANZIARIA.136
1. L'economicit della gestione..1362. Indagine sui ricavi delle societ calcistiche europee...137
2.1 Ricavi delle principali societ europee ...142
3. Analisi delle principali voci di ricavo.....1453.1 I diritti multimediali145
3.2 I Matchday Revenues.....153
3.3 Le attivit commerciali...158
4. Analisi dei ricavi straordinari.....1645. Analisi delle principali voci di costo delle societ calcistiche....168
CAPITOLO 7 - IL MARKETING DELLE SOCIETA' DI CALCIO..172
1. Introduzione al marketing.......1722. Il marketing strategico....1753. Il marketing operativo....189
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3.1 Le variabili del marketing mix..189
4. La creazione di un brand vincente - Il caso del Manchester United2005. Il marketing effettuato nei confronti degli sponsor.....202
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE..205
ALLEGATI.209
BIBLIOGRAFIA....212
SITI INTERNET CONSULTATI........218
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INTRODUZIONE
Se in passato il calcio veniva considerato come una semplice manifestazione
sportiva, nel corso degli anni s' tramutato in un vero e proprio fenomeno economico, la
cui incidenza sull' economia del Paese misurabile in termini di numero di addetti,
fatturato e valore aggiunto, cos come per qualsiasi altro settore industriale.
Il settore calcio diventato nell'ultimo ventennio uno sport ad alta intensit di
business, essendo caratterizzato principalmente da un elevato livello di penetrazione
presso il pubblico, garantito dalla diffusione di massa della pratica sportiva e da una
elevata capacit di generare flussi finanziari, estesi sia al semplice contesto sportivo, sia
ad un pi ampio contesto economico.
Il mercato calcistico sta diventando sempre pi un concentrato di interessi
pubblici e privati. Dal punto di vista marcatamente sportivo, in Italia oggi oltre 36 milioni di
persone si dichiarano tifosi di calcio, vale a dire circa il 60% della popolazione totale, e
pi della met di essi assiste con diversa frequenza ad eventi calcistici dal vivo1. In Italia
inoltre, il giro d'affari relativo al settore calcistico rappresenta il 2,5% del PIL nazionale, un
dato di assoluto rilievo di cui non si pu non tener conto2.
In base ad una ricerca di mercato promossa dalla Fifa, sono 204 milioni i
praticanti di calcio sparsi in tutto il mondo, che ne fanno certamente il divertimento pi
comune tra la gente di tutti i paesi del mondo, di tutte le razze e di tutte le classi sociali.
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Al giorno d'oggi, una societ di calcio pu essere considerata in tutto e per tutto
come un'azienda, essendo caratterizzata da una ben definita e regolata forma giuridica,
da una natura operativa economica, denotata dal fine dell'equilibrio economico e dalla
distribuzione degli utili ai soci a fine periodo, da una domanda diffusa e ben definita, da
soddisfare attraverso lo svolgimento dell'attivit produttiva ed avente una struttura di
controllo finanziario sia interna sia esterna, funzione svolta in Italia dalla CoViSoc.
Va per sottolineato che l'industria calcistica si differenzia fortemente da tutte le altre
poich il prodotto che essa pu offrire al mercato, unico, soggettivo e intangibile,
contraddistinto da alcune caratteristiche peculiari, quali:
- passione e senso di appartenenza: il sentimento di fondo, sul quale il settore
costruisce gran parte delle sue fortune, costituisce un patrimonio unico e di inestimabile
valore, capace di garantirne la sopravvivenza anche in periodi non ottimali a livello
finanziario
- la connotazione sociale: essendo un settore a forte interesse pubblico, sono
state emesse ordinanze per la trasmissione in diretta di alcuni incontri (come ad esempio
quelli relativi alla nazionale) per motivi di ordine pubblico. Inoltre la stima di cui godono
diversi giocatori e il loro forte impatto mediatico, li ha resi testimonial di campagne
promozionali di sensibilizzazione sociale. Il calcio pu inoltre essere visto come un
mezzo molto importante per lo sviluppo economica di una localit o di un'intera regione
geografica
- la natura congiunta della sua produzione: una societ di calcio non pu
svilupparsi individualmente, in quanto ha bisogno delle altre societ partecipanti al suo
campionato per poter effettuare la sua produzione. Su questo aspetto si fonda il principio
della mutualit, cio il principio di equa redistribuzione delle risorse tra le varie societ
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- atipicit dei meccanismi concorrenziali: le diverse squadre competono tra loro
sul campo, ma non al di fuori di esso in quanto nessun club potr "rubare" clienti (o per
meglio dire tifosi) ad un altro, in base al senso di appartenenza sopra indicato. E' quindi
fondamentale che, nonostante la corsa ad accaparrarsi le prestazioni dei calciatori
migliori, in ambito commerciale i club riescano a sviluppare politiche comuni per poter
sfruttare al meglio le potenzialit del settore.
- incertezza del risultato sportivo: un fattore che rischia di condizionare
pesantemente, in positivo o in negativo, il risultato economico di fine anno. E' dunque
fondamentale che le societ calcistiche riescano a sviluppare strategie commerciali per
far dipendere sempre meno la propria attivit economica dalle performances sportive.
Si tratta di un mercato molto ampio, le cui potenzialit non sono ancora state
sfruttate al massimo. Allo stesso tempo, in crescita sono anche i settori ad esso
collegato. Molteplici sono infatti le aziende che decidono di entrare indirettamente nel
mercato calcistico, ad esempio sotto forma di partnership commerciale, per poterne
sfruttare l'enorme portata economica e sfruttarne in termini di visibilit i suoi risvolti
essenziali.
La domanda del prodotto-calcio riconducibile alla categoria dei consumi
ricreativi, in forte aumento nei Paesi industrializzati in considerazione di numerosi fattori,
cio grazie a all'aumento del reddito medio pro-capite, alla diminuzione delle ore di lavoro
che ha comportato l'aumento di tempo libero, ai miglioramenti in campo tecnologico e
comunicativo (giornali, internet e soprattutto tv) e grazie alla crescita e al sensibile
miglioramento dei trasporti, che permettono oggi alle persone di tutto il mondo di
spostarsi ovunque con grande comodit e a prezzi sempre pi contenuti. Tutti questi
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fattori hanno determinato una maggiore possibilit per gli appassionati di sport di seguire
con sempre pi attenzione il mondo del calcio.
I tifosi rappresentano da sempre il patrimonio di base fondamentale da cui le
squadre di calcio possono attingere ricchezza, dato che costituiscono una fonte infinita di
passione e fedelt. Oggi per, con i continui rinnovamenti che contraddistinguono il
settore, gli appassionati di calcio stanno diventando dei veri e propri clienti di una societ,
e come tali vanno curati, assecondando le loro esigenze e facendo tutto il possibile per
sfruttarne, soprattutto a livello economico, il loro potenziale.
Su di essi le societ calcistiche moderne costruiscono le proprie strategie
commerciali, puntando a sfruttare tutto il proprio bacino d'utenza per trarre i fondi grazie
ai quali portare avanti l'attivit, cercando di auto-finanziarsi e di fornire degli utili agli
azionisti.
La presente tesi si pone l'obiettivo di analizzare le principali evoluzioni che si
sono manifestate negli ultimi anni nel mondo del business calcistico, che hanno portato i
club del pallone ad essere viste non pi come dei punti di riferimento per tifosi ed
appassionati di sport, ma anche come oggetto di studio per economisti ed analisti
finanziari. Vengono analizzati temi come la gestione organizzativa di una societ di
calcio, le problematiche riguardanti le sue voci di bilancio, le fonti di ricavo dei club
calcistici e il loro utilizzo, oltre alle strategie di marketing con cui i dirigenti tentano di
rafforzare limmagine del club anche a livello commerciale, oltre che sportivo. Viene
anche approfondito un argomento di grande attualit nel mondo del calcio come il
progetto del fair play finanziario progettato dalla Uefa, lorganismo che guida il calcio
europeo, al fine di ridisegnare a livello economico-finanziario il panorama del calcio
continentale.
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CAPITOLO 1 - IL MANAGEMENT DELLE SOCIETA' DI CALCIO
1. IL CALCIO COME SETTORE ECONOMICO
Dall'inizio degli anni Novanta, l'attivit calcistica a livello europeo ha mutato la
sua fisionomia. Se in precedenza era considerata come un semplice divertimento
sportivo e, in quanto tale, veniva analizzato soltanto dal punto di vista tecnico-agonistico,
oggi presenta notevoli implicazioni a livello gestionale, economico e finanziario tali da
indurre le universit e i centro di studio specializzati ad esaminarla da un punto di vista
diverso rispetto al passato. Si pu dunque oggi parlare del mondo del calcio come di un
vero e proprio comparto economico, caratterizzato da profili ben delineati anche da un
punto di vista aziendalistico. I giocatori non sono pi dei semplici atleti, ma dei veri e
propri ASSETS che costituiscono il valore di una societ; i tifosi non vengono pi visti
come semplici appassionati di sport ma vengono sempre pi assimilati a veri e propri
clienti, in funzione dei quali strutturare delle apposite strategie commerciali per sfruttare
anche da un punto di vista economico la loro fedelt nei confronti della squadra. Inoltre,
il fatto pi importante da mettere in evidenza, il risultato del campo non pi l'unico
aspetto sul quale concentrarsi: oggi anche i bilanci societari hanno ampio risalto, e di
conseguenza il risultato finanziario va perseguito con la stessa caparbiet con la quale si
persegue il risultato sportivo. La nuova era dell'attuale calcio-business ha avuto inizio nel
Paese che per primo stato investito dalla rivoluzione televisiva: l'Inghilterra. Da allora le
societ hanno avuto a disposizione nuovi e fondamentali ricavi rappresentati appunto dai
miliardi di sterline derivanti dagli accordi con le piattaforme televisive. Questo nuovo
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flusso di liquidit ha causato una metamorfosi nelle modalit di conduzione gestionale
delle societ calcistiche, che hanno dovuto elaborare nuove ed efficaci tecniche di
gestione commerciale e finanziaria abbinandole a quelle tradizionali di gestione tecnica
del club.
Se in precedenza il fattore pi importante che le squadre calcistiche tenevano in
considerazione era il risultato determinato dal confronto con l'avversario sul campo di
gioco, ora hanno acquisito grandissimo valore anche i risultati economici, patrimoniali e
finanziari. Ci vale soprattutto per le societ che hanno deciso di quotare i propri titoli sui
mercati regolamentati. Appare quindi chiaro come il calcio possa essere analizzato alla
stregua di qualsiasi altro settore dell'economia, attraverso gli strumenti propri dell'analisi
economica e finanziaria.
Al giorno d'oggi, osservando nel dettaglio le principali e pi evolute societ calcistiche
internazionali, possibile riconoscervi alcune delle caratteristiche peculiari che vengono
descritte dalla tradizionale dottrina dell'economia aziendale: queste societ fanno capo
ad un soggetto economico, cio una persona (o un grippo di persone) che si occupa di
organizzare i fattori della produzione (cio capitale finanziario, materie prime, risorse
umane e impianti) al fine di produrre beni e servizi che possano soddisfare i bisogni degli
individui. L'obiettivo dell'attivit aziendale l'economicit della gestione, cio il
raggiungimento di un determinato equilibrio economico a valere nel tempo; l'equilibrio
economico dell'azienda si pu dire conseguito quando sono garantiti: un'adeguata
remunerazione dei fattori produttivi utilizzati e un compenso, proporzionale ai risultati
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raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l'attivit viene svolta1. L'equilibrio
economico consente dunque all'azienda di durare nel tempo e di mantenere una
situazione di relativa autonomia. La combinazione dei fattori produttivi, per puntare
all'economicit della gestione, deve avvenire in maniera efficace ed efficiente, cio
l'azienda deve cercare di raggiungere gli obiettivi stabiliti ottimizzando l'utilizzo delle
risorse a disposizione.
In questo contesto, possibile dunque associare gli odierni club calcistici alle comuni
aziende operanti in qualsiasi altro settore economico. Le societ sono organizzate in
maniera ottimale per puntare non solo al successo sportivo ma per cercare di realizzare
anche importanti risultati economico-finanziari. In un'impresa calcistica vengono svolti
comuni processi aziendalistici come la determinazione del fabbisogno finanziario, la
ricerca dei finanziamenti atti a realizzare l'attivit, l'acquisizione e lutilizzo di fattori
produttivi correnti e pluriennali oltre ad un'importante processo commerciale, per porre il
proprio bene sul mercato in maniera ottimale.
Il mondo del calcio, in altri termini, non pi visto soltanto come una grande festa
popolare, uno sport in cui confluiscono le emozioni di adulti e ragazzini, ma viene ora
preso in esame come un comune comparto dell'economia, in grado di generare, oltre alla
passione della gente, anche notevoli interessi finanziari. Le societ non sono pi dei
semplici club di atleti ma vere e proprie aziende, gestite da un management sempre pi
attento a far andare d'accordo i risultati del campo con quelli dei bilanci. Sta
scomparendo la figura del presidente-tuttofare, che investe ingenti somme per assicurarsi
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i calciatori migliori, a favore dell'abile uomo d'affari che organizza la societ al fine di
creare valore. La tifoseria non pi vista solamente come un insieme di individui
passionali ma come dei veri e propri clienti, nei confronti dei quali indirizzare la migliore
offerta possibile per vendere al meglio il proprio prodotto. Si parla quindi di un mercato
con enormi potenzialit, che richiede di essere gestito in modo professionale e
competente nel massimo rispetto delle regole e delle istituzioni.
Il calcio viene assimilato ad un bene di mercato e analizzato secondo le classiche
impostazioni della scienza economica, cio studiando i vari soggetti economici razionali
che hanno l'obiettivo di massimizzare i propri profitti.
In termini economici, il "football" ha una natura multipla, presentando sia le
caratteristiche proprie di un bene di mercato sia quelle di un bene relazionale2. Una
caratteristica fondamentale costituita dal fatto che le imprese operanti in questo
mercato effettuano una produzione congiunta, in riferimento al fatto che per produrre una
competizione sportiva si necessita la partecipazione di almeno due concorrenti3; in base
a questa considerazione emerge una notevole differenza con gli altri comparti
dell'economia: dunque fondamentale che tutte le societ in gioco sviluppino tra loro una
forte cooperazione per confezionare un prodotto che sia il pi possibile appetibile da
sponsor e tifosi.
Il calcio non solo un business milionario, ma anche un'esperienza umana e
sociale che appassiona la gente per la sua portata emotiva e passionale. Cosi' un aspetto
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importante della natura intrinseca del calcio, e pi in generale, di molte discipline
sportive, rappresentato dal valore assunto dalle relazioni interpersonali che ne
scaturiscono: per questo si definisce il calcio come un bene relazionale. Bruni4
individua
alcune caratteristiche principali per definire un bene relazionale: l'identit dei soggetti
coinvolti, la reciprocit della relazione tra i soggetti stessi, la simultaneit dell'erogazione
e del consumo del bene relazionale, le motivazioni dei soggetti che vi partecipano, la
gratuit dell'esperienza e il benessere che ne deriva. Tutte caratteristiche che si
manifestano nel gioco del calcio ad ogni suo livello, sia professionistico che (soprattutto)
amatoriale: Gli allenamenti, le partite tra amici, la loro stessa organizzazione
rappresentano tutti esempi espliciti di beni da cui scaturiscono relazioni.
In base alle riflessioni effettuate, possibile a questo punto definire il calcio come
un bene congiunto indivisibile, prodotto simultaneamente da una pluralit di agenti che
presenta sia le caratteristiche di un bene relazionale che di un bene di mercato. Tutte le
componenti presentano intensit variabile, ma la componente relazionale non pu mai
essere nulla.
2. ASPETTI ORGANIZZATIVI DI UNA SOCIETA' DI CALCIO
Un'azienda pu essere definita come un insieme di fattori umani, materiali e
finanziari che, coordinati tra loro, operano per raggiungere determinati obiettivi.
Per gestire una societ di calcio moderna si fa riferimento ai principali schemi
organizzativi adottati dalle normali imprese economiche, in cui i vertici aziendali
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stabiliscono gli obiettivi e scelgono i manager che dovranno raggiungerli coniugando nel
modo migliore le risorse che saranno messe a loro disposizione5.
Un fenomeno caratteristico della gestione di una societ calcistica riguarda la
separazione tra l'aspetto operativo del club e l'aspetto riguardante la gestione tecnica:
per quanto riguarda il primo, la funzione viene assolta dai manager eletti dal Consiglio di
Amministrazione, mentre la gestione tecnica demandata al direttore sportivo e
all'allenatore, che si occupano di scegliere i giocatori e di gestire, attraverso i
collaboratori, l'attivit del settore giovanile6. In riferimento al modello britannico, va
sottolineata un'ulteriore caratteristica: la gestione tecnica molto spesso viene affidata
esclusivamente all'allenatore, il cosiddetto "football manager", che si occupa di tutte le
principali attivit che riguardano il campo, dal reclutamento dei giocatori per la prima
squadra all'organizzazione delle squadre del settore giovanile, fino alla gestione della
struttura medica dell'intera squadra.
Risulta quindi evidente come sia necessaria un'organizzazione funzionale che
preveda una ripartizione ben definita dei compiti tra i vari soggetti dell'azienda. Tutto
nasce appunto dal concetto di organizzazione aziendale: la letteratura di settore la
definisce come la combinazione delle risorse umane, tecniche e materiali ed il loro
coordinamento ottimale per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall'azienda in una
logica di pianificazione di medio-lungo periodo7. Un'organizzazione vincente dev'essere
caratterizzata da sinergie di intenti di tutti i soggetti che la compongono, volti al
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raggiungimento di scopi e obiettivi comuni, da risorse umane di qualit, che sappiano
combinare al meglio le risorse tecniche e finanziarie a disposizione, e da un sistema di
rapporti e relazioni ottimali, messi in pratica nel rispetto dei valori , della cultura e della
filosofia aziendale.
In questo contesto di funzioni e relazioni, evidentemente di fondamentale
importanza il ruolo di leadership assunto dalla direzione aziendale, che ha il compito di
coordinare tali funzioni in modo da consentire all'organizzazione di conseguire gli obiettivi
prefissati. Spetta dunque alla direzione stabilire secondo quali modelli disegnare la
struttura aziendale, cio effettuare la miglior gestione possibile delle persone a
disposizione, congiunte da una rete di rapporti di dipendenza o collaborazione.
Il concetto di organizzazione aziendale fondamentale anche a riguardo delle
societ calcistiche, dato che la ripartizione di obiettivi e competenze tra le varie aree
aziendali fondamentale per la ricerca del successo sia in ambito sportivo che in ambito
economico-finanziario.
3. QUATTRO MODELLI DI GESTIONE DI UNA SOCIETA' DI CALCIO
In letteratura sono stati elaborati quattro principali modelli di gestione di una
societ di calcio8, profondamente diversi da loro. Si riferiscono alle grandi societ quotate
in borsa, alle piccole societ gestite a livello familiare, alle societ dirette dai grandi
mecenati del calcio internazionale e a quelle gestite direttamente dai tifosi.
MODELLO 1: "A public business"
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E' il modello utilizzato dai club calcistici che hanno deciso di quotare i propri titoli
sul mercato azionario. Le quote possono essere acquistate da chiunque, compresi i tifosi.
Solitamente, la maggior parte delle quote sono nelle mani di pochi membri che
controllano il club prendendo le decisioni pi importanti. E' richiesta grande trasparenza e
chiarezza nei programmi, dato che la societ aperta al pubblico e dunque richiama
l'attenzione di tutti i suoi stakeholders.
Esempi molto noti in Europa sono quelli costituiti dalla Juventus, la cui quota di
maggioranza detenuta dalla Exor, societ finanziaria torinese facente capo alla famiglia
Agnelli, dall'Arsenal, le cui azioni sono detenute per la maggior parte dal magnate
americano Stan Kroenke, e dai loro acerrimi rivali londinesi del Tottenham Hotspurs,
societ quotata in borsa e la cui quota di maggioranza detenuta dall'uomo d'affari di
origine ebraica Daniel Levy.
Il lato positivo di questa tipologia di gestione la possibilit di reperire capitali
ovunque nel mondo, mentre il principale lato negativo rappresentato dal fatto che i
risultati sportivi possono passare in secondo piano rispetto ai risultati finanziari, che
possono essere ben pi importanti agli occhi degli azionisti di maggioranza.
MODELLO 2: "It's my party"
E' il modello in base al quale il club detenuto da un unico proprietario, molto
ricco e potente, che gestisce la societ in maniera diretta come la propria azienda
personale immettendo in essa grandi risorse finanziarie. Dei tipici esempi di questa
tipologia possono essere il Chelsea gestito dal magnate russo Roman Abramovich, e le
due societ milanesi Milan e Inter, gestite rispettivamente da Berlusconi e Moratti.
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I lati positivi sono sicuramente costituiti dalle grandi fonti finanziarie a disposizione del
proprietario del club, pronto a qualsiasi spesa pur di arrivare ad accaparrarsi i migliori
giocatori sulla piazza ripianando le perdite di bilancio con immissioni di capitale proprio.
Ma esistono anche delle contro-indicazioni, in quanto a volte questi ricchissimi soggetti
agiscono un po' troppo a livello individuale, non curanti dei consigli che possono giungere
dall'esterno e dunque esponendosi a pericolosi rischi. Inoltre, una tipologia che non
garantisce continuit all'azienda, in quanto da un giorno all'altro il proprietario del club
pu decidere di uscire di scena lasciando in pericolo la societ.
MODELLO 3: "Popoular club"
E' il modello che si basa sull'azionariato popolare: il club costituito da un grande
numero di membri che apportano le risorse necessarie ed hanno diritto di voto,
eleggendo un presidente e un comitato direttivo che si occupa direttamente della
gestione societaria. I principali esempi sono forniti dal calcio spagnolo, dove Barcellona e
Real Madrid possono contare su migliaia di soci.
Il lato positivo riguarda il lato passionale del modello, in quanto i soci sono spinti
dall'emotivit e dall'affetto verso la propria squadra e il calcio viene quindi prima del
profitto. Il lato negativo riguarda i continui cambiamenti che avvengono in occasione delle
elezioni presidenziali e che possono stravolgere l'organico societario e i suoi indirizzi
strategici. inoltre, la democrazia pu finire per portare alla presidenza degli individui non
sempre illuminati.
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MODELLO 4: "A family affair"
E' il modello riguardante i piccoli club che vengono associati alle imprese gestite
a livello familiare. I presidenti di questi club investono le risorse della famiglia e
gestiscono direttamente l'attivit, coadiuvati da pochi altri individui.
Il lato positivo la passionalit dei presidenti che difendono a spada tratta i propri
interessi, mentre il lato negativo riguarda le difficolt che possono essere incontrate sul
mercato attuale, che richiede repentini cambiamenti strategici e che i presidenti delle
piccole societ molto spesso non accettano e non prendono in considerazione.
4. LA GESTIONE OPERATIVA
L' azienda si pone molteplici obiettivi, come l'utilizzo ottimale delle risorse a
propria disposizione per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, la creazione di valore per
gli azionisti, il soddisfacimento dei bisogni e delle richieste dei clienti o, ancora,
l'innovazione delle tecnologie produttive al fine di adattarsi ad un ambiente in costante
evoluzione9.
In questo quadro s'inserisce l'area del management: un sistema responsabile
della direzione e del coordinamento delle varie unit aziendali e delle loro funzioni, in
modo da consentire all'organizzazione di conseguire gli obiettivi prefissati10
. Spetta
dunque al management organizzare e dirigere il sistema aziendale, assumendone le
responsabilit principali, attraverso un processo che si occupi della pianificazione della
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strategia, dell'organizzazione e del coordinamento delle attivit interne e del loro controllo
durante l'attivit stessa, verificando nel corso dell'esercizio i risultati raggiunti ed
apportando le dovute modifiche alla strategia tenendo conto dei cambiamenti e
dell'evoluzione del contesto ambientale in cui l'azienda stessa inserita11
.
Tutte le aziende hanno necessit di un management: nelle imprese di minori
dimensioni la relativa funzione di solito svolta dallo stesso proprietario-imprenditore;
quando le dimensioni aziendali crescono, le funzioni manageriali tendono ad essere
delegate a dei collaboratori, i dirigenti. Questa separazione tra propriet e management
ancora pi accentuata nelle imprese di grandi dimensioni strutturate sotto forma di
societ per azioni dove i proprietari-azionisti eleggono un Consiglio di Amministrazione il
quale, a sua volta, si occupa della nomina dei manager, affidando loro le risorse e gli
obiettivi da perseguire. Esistono inoltre vari livelli di management: si va dal top
management al middle management. Nel primo caso, si fa riferimento a quel numero
ristretto di persone (presidente, amministratore delegato, direttore generale, segretario
generale) che estende la sua responsabilit e autorit all'intera azienda e risponde
direttamente agli organi di governo, dei quali in certi casi anche componente; il middle
management invece costituito dai responsabili delle singole unit operative, i quali
rispondono direttamente al top management per la funzione che stata loro affidata12
.
Il management ha molteplici strumenti a disposizione per gestire l'azienda, tra i
quali uno dei pi importanti certamente il budgeting, cio la tecnica mediante la quale i
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vertici aziendali, in attuazione della strategia studiata, stabiliscono gli obiettivi delle varie
unit operative assegnando loro le risorse necessarie per raggiungerli13
. Con l'attivit di
budgeting i dirigenti possono attuare una corretta attivit di programmazione e controllo
dellattivit dimpresa, verificando l'andamento della performance economico-finanziaria e
prevedendo le conseguenze delle proprie decisioni sui profitti dellimpresa nonch sulla
produzione e sulle vendite. La tecnica del budgeting rappresenta un ottimo strumento a
disposizione della direzione aziendali per esercitare un controllo accurato a priori e a
posteriori dei costi e degli impieghi dei diversi fattori produttivi, con la conseguente
possibilit di eliminare i possibili sprechi creando una forte attitudine al contenimento dei
costi condivisa da tutti i dipendenti dell'azienda14
.
Anche le societ sportive, soprattutto quelle di dimensioni maggiori e a forte
vocazione commerciale internazionale, utilizzano tecniche di management per strutturare
al meglio la propria organizzazione interna, valutando costantemente sia i risultati sportivi
sia i risultati economico-finanziari. Assume cos grande importanza la gestione strategica
della societ, cio quel processo di definizione degli obiettivi societari, accompagnati
dalla stesura delle relative strategie per raggiungerli, che verranno poi verificati di tanto in
tanto nel corso della gestione.
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FUNZIONI OPERATIVE
In una societ di calcio l'organizzazione aziendale deve creare un equilibrio
ottimale tra tutte le sue funzioni operative.
La funzione pianificazione e controllo strategico, quell'attivit che serve a
verificare i risultati conseguiti paragonandoli con gli iniziali obiettivi strategici, viene svolta
dal top management, che ridefinisce continuamente nel corso della gestione gli obiettivi
anche in considerazione di fattori esterni all'azienda15
; la funzione amministrativa-
finanziaria viene svolta dagli organi di amministrazione della societ, come Consiglio di
Amministrazione, mentre organi come Collegio Sindacale e Internal Audit svolgono
attivit di controllo interno, verificando sia che gli atti compiuti in azienda vengano svolti
nel rispetto delle regole, sia che le risorse aziendali siano utilizzate in modo efficace ed
efficiente dal management per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti in fase di
pianificazione16
.
Altra funzione di particolare rilievo quella commerciale: un'attivit
fondamentale per le moderne societ di calcio, le quali devono creare una forte area
commerciale in grado di elaborare efficaci strategie di marketing, cio quell'insieme di
politiche attraverso le quali l'azienda confeziona ed offre ai suoi clienti il proprio prodotto,
cercando nel miglior modo possibile di esaudire le richieste del proprio pubblico di
riferimento.
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Inoltre, anche la funzione di ricerca, gestione e formazione del personale riveste
una grande importanza nelle societ di calcio, sia in riferimento al personale tecnico-
amministrativo, sia in riferimento agli stessi allenatori e giocatori.
La societ deve valutare e coordinare al meglio queste varie funzioni ed
elaborare la miglior strategia possibile per creare quel "gioco di squadra" che risulti
vincente sia dentro che fuori dal campo.
5. LA GESTIONE STRATEGICA
La corretta organizzazione di un'azienda moderna si basa fortemente sul
concetto di strategia, ovvero quella linea d'azione attraverso cui i manager cercano di
raggiungere gli obiettivi stabiliti dai vertici, utilizzando in modo autonomo le risorse che
hanno ricevuto cercando di coniugarle nel miglior modo possibile. Secondo l'economista
Andrews, la strategia il modello di decisioni con il quale l'impresa determina i propri
obiettivi, formula le politiche e i piani per raggiungerli, definendo in quali business
operare, quale organizzazione intende costruire e la natura dei vantaggi economici e non
economici che intende dare ai propri stakeholders17
. L'azienda deve assolutamente
dotarsi di un preciso orientamento strategico di fondo al fine di perseguire la sua mission.
In altre parole, va ben definito cosa vuol fare l'azienda, come lo vuol fare e perch vuol
farlo.
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Mediante un sistema di idee, il soggetto economico ed il management sviluppano
l'orientamento che l'azienda deve seguire nel presente e nel futuro, tracciando gli indirizzi
strategici e definendo la "formula imprenditoriale"18
.
La gestione si basa sulla definizione degli obiettivi, sulla realizzazione delle linee
strategiche e sul fondamentale controllo del processo gestionale e strategico, da svolgere
continuamente durante tutto l'arco della gestione.
La strategia definisce l'identit dell'azienda ed ha come finalit principale quella di
puntare alla creazione di un vantaggio competitivo che possa portare l'impresa in una
posizione di forza rispetto ai concorrenti presenti sul mercato. E' fondamentale che venga
condivisa da tutti i soggetti dell'organizzazione per creare un gioco di squadra solido e
vincente, in cui tutti possano apportare il loro contributo19
.
La strategia che verr poi effettivamente realizzata sar dunque composta dalla
strategia iniziale, cio dall'orientamento di lungo periodo elaborato dal top management
all'inizio del periodo e dalla strategia incrementale, cio quella serie di modifiche
apportate in corso d'opera dai dirigenti delle varie unit operative ("middle management")
in base ai mutamenti del mercato e alle sue situazioni contingenti. E' dunque
fondamentale dotare la strategia di grande flessibilit, al fine di apportare delle modifiche
che possano risultare decisive20
.
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Possiamo cos parlare di management strategico, cio quel processo con cui i
dirigenti applicano una strategia iniziale gestendola nel corso del tempo, modificandola in
base ai risultati raggiunti e creandone una nuova21
. Questa forma innovativa di
management si basa su due fasi principali che vanno integrate: la fase della
pianificazione e la fase del controllo22
.
5.1 LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA
La pianificazione strategica un modello di impostazione della strategia, in cui
vengono definiti gli obiettivi di medio e lungo periodo, si definiscono le risorse materiali,
umane e finanziarie per il loro raggiungimento e si stabiliscono i parametri per valutare i
risultati realizzati nel corso della gestione23
. E' un processo di tipo top-down, cio il
management deve svolgere una funzione di leadership definendo e comunicando il piano
alle varie unit operative aziendali e rendendo partecipi tutti i dipendenti, spronandoli a
dare il massimo, a mettere da parte i propri interessi individuali al fine di salvaguardare
l'interesse comune e chiedendo loro di partecipare in modo attivo all'attivit apportando le
proprie idee. La strategia deve essere chiara, facilmente comprensibile e non deve
essere messa in discussione24
.
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La prima fase della pianificazione avviene effettuando un attento monitoraggio
sia dell'ambiente interno all'azienda, ovvero valutando i fattori positivi e negativi a propria
disposizione, le competenze che si hanno e gli strumenti a disposizione, sia effettuando
un'attenta analisi dell'ambiente in cui si inseriti, valutando la concorrenza ed eventuali
rischi e possibilit che possono profilarsi sul mercato.
Successivamente, si svilupperanno le idee ed alcuni piani d'azione differenti e si
sceglier quello che sar ritenuto il pi efficace per il raggiungimento di una performance
ottimale, comunicando il progetto a tutti i livelli aziendali affinch tutti si sentano coinvolti
e motivati a dare il meglio di s. Si passer cos alla fase esecutiva, in cui vengono
messe in pratica le soluzioni previste.
Infine si passer ad un costante controllo dei risultati, cercando di creare un forte
flusso informativo interno tra le varie unit operative e cercando di intervenire
prontamente nelle situazioni in cui i risultati non coincidono con gli obiettivi attesi
inizialmente per implementare la strategia iniziale.
5.2 IL CONTROLLO STRATEGICO
La fase del controllo strategico probabilmente il momento decisivo di tutta
l'attivit aziendale. E' il momento di valutazione della performance, in cui i vertici aziendali
confrontano i risultati che si stanno ottenendo tramite la strategia studiata confrontandoli
con gli obiettivi iniziali e valutandone gli scostamenti. In caso di risultati negativi, il
management provvede a modificare la strategia e ad apportare le dovute correzioni25
.
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Il controllo strategico ha molteplici utilit: in primo luogo, fornisce un importante
supporto ai processi decisionali procurando le informazioni necessarie ai vertici aziendali
che interverranno nel modo opportuno e nei tempi migliori. Serve inoltre a creare un forte
flusso informativo interno grazie al quale coordinare al meglio l'attivit delle varie unit
operative aziendali. Infine, il controllo serve ad influenzare in modo decisivo il
comportamento dei dipendenti. Non deve avere funzione punitiva, deve piuttosto
motivare i soggetti dell'organizzazione a tenere un comportamento allineato con gli
obiettivi aziendali e mettendo gli interessi del gruppo lavorativo al di sopra di qualsiasi
interesse personale26
.
A riguardo della performance aziendale, necessario specificare che si fa
riferimento all'insieme di prestazioni realizzate dall'azienda a livello sociale (soddisfazione
degli stakeholders), competitivo (cio il raggiungimento di una posizione ottimale sul
mercato in rapporto ai propri concorrenti) ed economico-finanziario (inteso come
remunerazione adeguata del capitale impiegato). La performance dipende dalla
comprensione dei fattori a disposizione dell'azienda che possano garantirle il successo,
dalle capacit del management, dalla qualit delle risorse umane impiegate, e
ovviamente da una corretta strategia. Per influenzare positivamente la performance, il
management pu intervenire sia a livello interno, stimolando i dipendenti con premi e
incentivi27
, sia a livello esterno, migliorando le relazioni con gli stakeholders, ovvero con
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clienti, fornitori, istituzioni o anche con i concorrenti stessi attraverso un'approfondita
strategia di marketing.
Monitorare e misurare il conseguimento di obiettivi prestabiliti relativamente
facile nelle piccole organizzazioni; quando per le aziende diventano pi grandi e
complesse, e gli ambienti competitivi in cui operano si evolvono in modo sempre pi
dinamico, il controllo strategico si fa sempre pi complicato28
.
Negli studi di scienza economica sono stati proposti vari modelli di controllo, uno
dei pi famosi ed efficienti dei quali stato elaborato da Robert Simons (1995). Si tratta
di un sistema che descrive quattro leve di controllo che possono essere utilizzate dalle
organizzazioni di medie e grandi dimensioni per sviluppare nuove opportunit.
Le quattro leve fanno riferimento ai quattro punti focali intorno a cui implementare
una strategia di successo: i valori aziendali essenziali che vanno condivisi, i rischi da
evitare, le incertezze strategiche e le variabili critiche della performance. Queste quattro
leve permettono al management di alimentare i princpi essenziali, di sviluppare in
azienda la cultura dell'innovazione rendendo tutti i membri partecipi con le loro idee, di
aumentare la probabilit di conseguire gli obiettivi iniziali e di accrescere la performance
aziendale, creando le basi per la sopravvivenza e la prosperit dell'organizzazione.
Le quattro leve cui si fa riferimento sono le seguenti:
- sistema dei valori ("beliefs system"): l'insieme dei valori su cui si
basano la mission e la cultura aziendale, ed fondamentale che
vengano condivisi da tutti i membri dell'organizzazione affinch ci sia
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una perfetta armonia ed un completo allineamento ai princpi aziendali.
Attraverso questi valori, il management pu aumentare il grado di
coinvolgimento dei dipendenti al progetto globale ed aumentare il suo
senso di appartenenza, oltre a creare un sistema orientato
all'innovazione e al continuo apprendimento tecnico.
- sistemi per il controllo interattivo ("interactive control system"): servono a
controllare in maniera diretta che i membri dell'organizzazione siano
realmente partecipi al progetto aziendale. Il management pu stimolare
il perseguimenti di alte performances da parte dei dipendenti
organizzando, di tanto in tanto, riunioni e meeting di lavoro attraverso
cui innescare un produttivo scambio reciproco di idee e piani di azione.
- sistema dei confini ("boundaries system"): serve a porre dei limiti ai
comportamenti autonomi dei membri dell'organizzazione, una serie di
norme elencate per evitare che i dipendenti possano assumere
comportamenti sbagliati o atteggiamenti in conflitto con l'interesse del
gruppo.
- sistemi di controllo diagnostico: insieme di tutti gli strumenti che servono
a monitorare l'avanzamento della strategia e a motivare i manager,
valutando le performances e i risultati ottenuti. Tra gli strumenti di
controllo diagnostico pi moderni, grande rilievo ha assunto la
Balanced Scorecard, un metodo di valutazione della performance
aziendale basata non solo sui classici parametri economico-finanziari,
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ma anche su indicatori innovativi che prendono come punto di
riferimento il cliente e tutte le operazioni compiute per soddisfarlo.
5.3 LA BALANCED SCORECARD
La Balanced Scorecard (chiamata per semplicit "BSC") fu sviluppata nel 1992
da Robert Kaplan della Harvard Business School di Boston e da David Norton del Norton
Nolan Institute. I due economisti presentarono i risultati di una ricerca su un gruppo di
aziende americane, effettuata tramite parametri di misurazione della performance non
solo economico-finanziari ma anche con altri indicatori aventi natura diversa, tali da
consentire un controllo pi efficace su aziende operanti in contesti di mercato molto
dinamici, caratterizzati da un'elevata concorrenza e dalle richieste dei consumatori
sempre pi insistenti e variabili nel tempo. Su queste basi ebbe origine la BSC che, in
tempi brevi, si svilupp anche in tutto il resto del mondo.
E' possibile definire questo strumento innovativo come un sistema integrato di
misure e indicatori riassuntivi della performance aziendale, che si basa sulla strategia,
sulle esigenze della clientela e sulle competenze distintive dell'azienda29
. E' in definitiva
una bussola per orientare l'impresa nel nuovo contesto dinamico del mercato, ponendo la
strategia al centro dell'attivit aziendale e favorendone l'apprendimento da parte di tutti i
membri dell'organizzazione. E' stata ideata al fine di supportare la gestione strategica
dell'impresa, permettendo di facilitare la misurabilit delle sue performances30
.
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Gli indicatori della BSC sono caratterizzati da un elevato grado di interazione,
caratteristica che rappresenta il vero fattore innovativo del modello: ne nasce un
cruscotto di indicatori, articolati in quattro prospettive di analisi, strettamente correlati da
un rapporto di causa-effetto che determina le dinamiche di mercato31
.
Nella formulazione originaria della BSC, le quattro prospettive di analisi principali che
racchiudevano molteplici indicatori erano: quella finanziaria, quella del cliente, quella dei
processi interni e quella dell'innovazione32
.
La prima prendeva come riferimento i parametri contabili classici come ad
esempio il ROI, il ROE o l'EVA33
, la seconda analizzava la soddisfazione del cliente, il
suo livello di fedelt all'azienda e il fatturato che il cliente stesso consentiva di realizzare,
la terza considerava le dinamiche aziendali interne fondamentali per crearsi un vantaggio
competitivo, come ad esempio le competenze tecniche dei dipendenti, il miglioramento
della capacit produttiva e i servizi offerti al cliente e la quarta considerava gli
investimenti compiuti in ricerca e sviluppo, per migliorare il grado di innovativit
dell'azienda e l'allineamento strategico dei dipendenti.
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Nell'ultimo decennio, la Federazione calcistica inglese e l'azienda di consulenza e
servizi economici Deloitte hanno elaborato una schematizzazione della BSC anche per le
societ calcistiche.
La mappa costituita dalle "Key Performance Areas", cio le aree cruciali per la
performance dell'azienda, in cui necessario che l'organizzazione si concentri per non
pregiudicare la possibilit di conseguire i propri obiettivi. Per ogni area vengono elencati
gli obiettivi da raggiungere ed i relativi indicatori per misurarne i risultati. Nelle societ di
calcio, gli indicatori mostrano la performance interna relativa alla gestione dei costi e dei
ricavi, mostrando il potenziale di mercato del club, e la performance esterna della societ
stessa, in relazione ai rapporti con i tifosi, con i partner commerciali (ad esempio le
aziende sponsorizzatrici) e con altri gruppi di business (come i media).
Gli indicatori devono seguire il cosiddetto "modello SMART"34
, cio devono
presentare queste caratteristiche:
- Simple: devono essere semplici e facilmente comprensibili
- Measurable: devono essere misurabili attraverso parametri numerici
- Accurate: devono essere precisi
- Realistic: devono essere realistici e non fantasiosi
- Timebound: devono riferirsi a un determinato arco di tempo (ad esempio:
gadgets venduti in un anno).
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Le quattro aree principali in cui verr analizzata una societ del mondo del calcio
sono le seguenti:
- gestione finanziaria
- soddisfazione del cliente
- risultati sportivi
- ricavi totali
Come spiegato in precedenza, ogni area composta da diversi indicatori che
contribuiscono a mostrarne i risultati ottenuti. I club principali calcistici, quelli di portata
internazionale, potranno integrare la BSC con un numero rilevante di indicatori per ogni
area strategica, mentre ai club di dimensioni sensibilmente inferiori consigliato scegliere
solo pochi e decisivi indicatori.
All'area finanziaria possono essere riferiti indicatori come profitti operativi della
gestione, costi sostenuti per il personale amministrativo e lo staff, tasso di indebitamento,
tasso di redditivit o tasso di indebitamento.
In riferimento alla soddisfazione del cliente, possono essere analizzati fattori
come la facilit di reperire biglietti e gadget, il numero di spettatori presenti alle partite sul
totale dei biglietti disponibili, il numero dei tifosi che rinnovano l'abbonamento allo stadio
rispetto alla stagione precedente, la spesa media del cliente durante le partite o durante
tutto l'arco dell'anno sportivo e la soddisfazione dei tifosi a riguardo delle infrastrutture e
facilities presenti allo stadio.
L'area dei risultati sportivi prende invece in considerazione parametri come il
piazzamento finale in campionato, il numero di ragazzi del settore giovanile lanciati in
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prima squadra sul numero totale dei giovani facenti parte della propria "Academy", il
numero di presenze realizzate da ogni giocatore in ambito nazionale o internazionale o il
numero dei giocatori chiamati a rappresentare le proprie nazionali sul totale dei giocatori
che compongono la squadra; in quest'area pu rientrare anche un indicatore che
presenta caratteristiche sia finanziarie che sportive, come la differenza finanziaria netta
tra cessioni e acquisti di giocatori e il loro rendimento sul campo.
Infine, l'area dei ricavi totali pu prevedere indicatori che si basano
sull'incremento rispetto alla stagione precedente della cessione dei diritti televisivi o
sull'incremento totale dei ricavi generati dall'attivit di merchandising.
Possiamo quindi osservare in via conclusiva che un sistema di pianificazione e
controllo della gestione un sistema manageriale che ha la funzione di supportare i
dirigenti nella guida dell'azienda. Esso comprende una serie di procedure formali a
disposizione dei manager mediante le quali essi possono valutare la performance
dell'azienda e dei singoli dipendenti, grazie alle quali possibile intervenire per
modificare la strategia iniziale e modellarne una nuova, puntando al raggiungimento del
successo aziendale.
E' fondamentale che le due fasi della strategia, pianificazione e controllo,
vengano svolte in maniera congiunta in via continuativa durante la gestione, per
rispondere al meglio all'evoluzione del mercato moderno e modificare continuamente il
quadro strategico per restare al passo con i tempi e non restare spiazzati dalla
concorrenza.
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6. LA GESTIONE TECNICA
6.1 IL MODELLO INGLESE
Nel tradizionale modello calcistico britannico, la pi importante figura dell'area
tecnico-sportiva quella del FOOTBALL MANAGER, che si pu definire come il leader
indiscusso dellarea tecnico-calcistica e, come suggerisce letimologia del termine, il
gestore di tutto ci che la concerne. Egli si occupa non solo degli aspetti tecnici calcistici
classici, come gli allenamenti della squadra e le strategie tattiche per cercare di vincere le
partite, ma anche di molto altri aspetti: dalla gestione del budget inerente la prima
squadra da utilizzare per la compravendita dei calciatori durante le sessioni di mercato,
fino alla diretta supervisione del centro di attivit medica e fisioterapica passando per la
gestione del team di osservatori che svolgono la fondamentale attivit di scouting,
osservando giocatori in tutto il mondo e componendo su tanti di loro delle approfondite
schede tecniche da consegnare appunto al manager.
In altri termini, il football manager non soltanto il classico allenatore cos come
inteso nella concezione italiana, ma un vero e proprio gestore di risorse umane e
finanziarie che tende appunto ad accentrare su di se le principali responsabilit
riguardanti l'area tecnica, relazionandosi direttamente con il management aziendale e
senza bisogno di rapportarsi con una figura intermedia come il direttore sportivo.
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Academy
manager
Chief
recruitment
officer
consultants
Chief
scout
Assistant
manager
Head
of s.s.
AssistantA
Academy
managerYouth team
coaches:
U19 to U18
academy recruitment Scouting
dep.
First and
reserves
team
Sport
science
Football
manager
International
and national
scouts
Regional
and Youth
teams
First team
and GKs
coaches
Assistant
manager
Fitness
coaches
Ass. &
specia
lists
Educational
officer
Academy
Secretary
Tabella 1.1: Gestione dellarea tecnica di una societ dicalcio
Fonte: C. Lattanzio Calciatori.com
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Analizzando pi nei particolari i modelli di Football Management di maggior
successo, risulta quasi obbligatorio far riferimento ai casi di Sir Alex Ferguson35
ed
Arsne Wenger,36
rispettivamente manager di Manchester United ed Arsenal. Due
personaggi-chiave nella crescita sportiva ed economica dei loro club, stimati un po' in
tutto il mondo non solo per le loro capacit di tecnica calcistica, ma anche e soprattutto
per la portata innovativa e vincente delle loro idee organizzative.
Entrambi hanno dimostrato una visione progressista e dato un vero taglio
manageriale al loro ruolo, creando strutture ed infrastrutture nuove ed innovative a club
che oggi sono allavanguardia e che rappresentano un punto di riferimento per tutti, ma
che prima del loro avvento non erano le grandi potenze che sono oggi riconosciute da
tutti.
Wenger, dal canto suo, fu il primo Football Manager ad introdurre in Premier
League una struttura capillare e quasi scientifica, in tutte le aree connesse alla vita della
Prima Squadra: dal Dipartimento di Scienza dello Sport, ovvero l'area medica
all'avanguardia di cui si dotata la societ londinese, introducendo figure fino ad allora
assenti come quella del nutrizionista, fino al Dipartimento dello Scouting, ovvero l'area
che si assume il compito di ricercare i migliori giovani calciatori in giro per il mondo anche
a livello di settore giovanile. Arsne Wenger stato poi una figura insostituibile per la
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crescita del proprio club in quanto ha portato le proprie idee innovative anche nella
progettazione del modernissimo centro tecnico dei biancorossi situato alla periferia di
Londra37
, oltre che ad aver scovato e lanciato nel mondo del calcio tanti giocatori fino ad
allora sconosciuti, consentendo poi alla propria societ di effettuare cospicui guadagni al
momento della loro rivendita38
. Proprio grazie a buona parte di questi fondi, l'Arsenal ha
potuto finanziare la costruzione del suo nuovo stadio, l'avveniristica struttura denominata
Emirates Stadium, che dal 2006 la "casa" dei Gunners londinesi39
.
Sir Alex Ferguson ha invece mostrato un modello di management in cui
l'allenatore, una volta smessi i panni di selezionatore sul campo, assume quelli di leader
assoluto del club svolgendo le comuni attivit di progettazione strategica della sfera
tecnico-amministrativa dalla scrivania del suo ufficio. Si occupa personalmente della
contrattazione dei nuovi giocatori e della cessione dei propri ad altre societ, gestendo il
budget che gli viene annualmente affidato dai vertici societari. Lo scozzese si occupa
anche di gestire personalmente il rapporto con i media e di organizzare gli incontri
amichevoli che si svolgono nel periodo estivo di preparazione al campionato.
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Dunque due figure che simboleggiano alla perfezione l'efficacia e la bont del
metodo manageriale britannico, in cui l'allenatore leader riconosciuto non solo dai
giocatori, ma in generale da tutto l'ambiente calcistico.
Il modello britannico mostra per delle carenze: oggi, di fronte alla
commercializzazione dell'industria calcio, assistiamo alla progressiva inadeguatezza di
alcune figure professionali o per lo meno al loro ridimensionamento. Il ruolo del Manager
ha cominciato gradualmente a cambiare soprattutto a causa degli inevitabili interessi
economico-finanziari generati dalla trasformazione del calcio negli ultimi 20 anni. In
passato, senza lo sviluppo delle aree del Marketing e del Merchandising, senza la
capillare presenza di intermediatori ed agenti, senza la massiccia presenza della scienza
dello sport, il Manager poteva gestire larea tecnica di un club calcistico con relativa
competenza e semplicit. Al giorno d'oggi, per gestire aree di strategica importanza come
quelle citate sta diventando sempre pi fondamentale la presenza di un operatore di
settore con specifiche competenze anche in settori pi marcatamente aziendalistici.
Si sta cos iniziando ad affermare anche nel Regno Unito una figura di supporto
al tradizionale Football Manager, il cosiddetto Technical Director, un manager che i vertici
societari decidono di affiancare al Football Manager per coadiuvarlo nelle decisioni
strategiche pi importanti40
.
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6.2 IL MODELLO ITALIANO
In Italia, il modello adottato dalle societ per la gestione dell'area tecnica prevede
la presenza di uno staff direttivo scelto dal Consiglio di Amministrazione o direttamente
dal presidente stesso, che ha la sua figura pi importante nel direttore sportivo.
Indicato comunemente come "DS", un professionista cui compete l'allestimento
dell'organico tecnico della prima squadra e la supervisione dell'attivit sportiva della
societ, tenendo costantemente aggiornata la dirigenza e i vertici aziendali. Ha il compito
di coordinare i rapporti tra il management societario e la squadra, e lavora in forte
sintonia con l'allenatore.
La federazione calcistica italiana ha dedicato ai direttori sportivi una disciplina
speciale, emanando nel 1991 il Regolamento Speciale dell'elenco dei Direttori Sportivi,
che ha reso necessaria l'iscrizione presso tale albo per lo svolgimento dell'attivit. In
particolare, l'articolo 1 del Regolamento inquadra il Direttore Sportivo come "colui che
svolge per conto delle societ sportive professionistiche attivit concernenti l'assetto
organizzativo della societ, ivi compresa espressamente la gestione dei rapporti anche
contrattuali tra societ e calciatori o tecnici e la conduzione di trattative con altre societ
sportive, aventi ad oggetto il trasferimento di calciatori e/o la stipulazione delle cessioni
dei contratti, secondo le norme dettate dall'ordinamento della FIGC".
Il DS dunque il soggetto che, in base alle indicazioni dell'allenatore o della
societ stessa, incaricato di procedere alle trattative per l'acquisto o la cessione dei
giocatori, mettendosi in contatto con le societ interessate e con gli intermediari che
gestiscono gli interessi dei calciatori stessi.
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Per lo svolgimento ottimale dell'attivit dell'area tecnica quindi fondamentale
che tra DS e allenatore si crei una sinergia totale in ambito tecnico, per avere una visione
totalmente allineata sulle strategie tecniche per conseguire gli obiettivi dettati dai vertici
aziendali.
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CAPITOLO 2 - EVOLUZIONE STORICO-GIURIDICA DEL
SETTORE CALCISTICO
1. LE ORIGINI DEL CALCIO
A differenza di un comune settore economico, il calcio ha avuto inizio come un
gioco, sin da subito molto apprezzato dalle folle per la semplicit delle sue regole e per la
possibilit che offriva di formare il carattere dei partecipanti. Uno sport di squadra capace
probabilmente come pochi altri di creare passione e senso di appartenenza.
Le sue origini in Italia vanno fatte risalire al Medioevo con il diffondersi del calcio
fiorentino1, anche se la sua affermazione moderna e regolamentata si ebbe in Inghilterra,
riconosciuta unanimemente come la patria del "football" moderno.
In origine, il calcio nasceva come uno sport d'lite praticato soprattutto dai
giovani appartenenti ai college e alle universit pi in vista del territorio britannico. Le
classi erano composte da dieci alunni e a questi si aggiungeva il maestro che giocava
insieme a loro. Ecco il motivo in base al quale le squadre che si sfidano domenicalmente
sono composte da undici giocatori2.
Nel 1848 all'Universit di Cambridge si tenne un incontro tra i rappresentanti delle
maggiori scuole inglesi in cui vennero stilate le prime basilari regole del gioco del football,
mentre il 24 ottobre 1857 venne fondato lo Sheffield FC, la prima squadra di calcio della
storia. Il seguito che ebbero questi avvenimenti fu subito notevole: si svilupparono presto
tantissime altre squadre, cos si arriv ben presto, nel 1863, alla fondazione della
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Football Association, la prima federazione calcistica della storia, che nel 1888 organizz il
primo campionato inglese. La formula era quella tutt'ora in vigore, con girone unico e
partite di andata e ritorno, mentre gi dal 1872 fu organizzato il primo torneo ufficiale, la
FA Cup, torneo ad eliminazione diretta tutt'ora esistente e considerato l'evento di maggior
prestigio del calcio inglese.
In questo periodo il calcio cominci a diffondersi a macchia d'olio anche nel resto
d'Europa: in Italia il football fu esportato da marinai britannici che fondarono nel 1893 il
primo club italiano, il Genoa Cricket and Athletic Club, che fu ben presto seguito dalla
nascita di numerose altre squadre come l'Udinese nel 1896, la Juventus nel 1897, il Milan
nel 1899 e la Lazio un anno pi tardi, all'alba del nuovo secolo. Nel 1898 fu fondata la
Federazione calcistica italiana, la quale nello stesso anno organizz il primo campionato
italiano, disputato a Torino in una sola giornata e vinto dai rossobl genovesi3.
2. EVOLUZIONE GIURIDICA
Nella sua forma iniziale, le diversit che caratterizzavano il calcio rispetto agli
scenari attuali erano notevoli. In origine, le societ calcistiche si costituirono in
associazioni per consentire la pratica atletico-agonistica dei propri tesserati, e si
collocavano quindi tra quelle associazioni riconosciute dalla dottrina come mutualistiche,
in quanto le esigenze economiche si limitavano alla copertura degli esigui costi di
gestione, attraverso il versamento di contributi da parte di volontari, soci e sostenitori
esterni.
Con il passare degli anni, l'interesse verso questa attivit inizi a crescere e,
nella stessa proporzione, iniziarono ad aumentare anche le spese necessarie alla
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gestione delle squadre. Le societ iniziarono dunque a rivolgersi al mercato,
trasformandosi in vere organizzazioni d'impresa con i necessari mutamenti della struttura
organizzativa, diventata sempre pi complessa. Si verific quindi la progressiva
scomparsa del praticante-associato, sostituito dall'atleta professionista autonomo rispetto
all'associazione e legato da un contratto con il quale assicurava ad essa le proprie
prestazioni sportive contro il pagamento di un compenso.
Se inizialmente la regolamentazione si presentava snella ed essenziale, con il
passare del tempo si rese necessaria una nuova e pi specifica legislazione capace di
rispondere in maniera adeguata a tali cambiamenti e a disciplinare i nuovi aspetti di
natura economico-patrimoniale che le societ andavano a presentare.
Mentre in Inghilterra gi ad inizio secolo si verificarono importanti cambiamenti
dal punto di vista giuridico, non altrettanto successe in Italia, che rimase per molti anni
ancora senza un'adeguata struttura giuridica.
2.1 EVOLUZIONE IN INGHILTERRA E IN ITALIA
Gi all'inizio della Prima Guerra Mondiale, in Inghilterra tutte le associazioni
professionistiche erano diventate societ a responsabilit limitata, e man mano che i
consigli di amministrazione venivano occupati da dirigenti pi capaci negli affari, venivano
studiati anche metodi pi precisi ed efficienti per la gestione della societ. La
maggioranza delle societ investiva grandi quantit di denaro nella costruzione di stadi di
grande capienza, nel tentativo di aumentare al massimo le entrate per il sostentamento
finanziario e il miglioramento delle performances sportive4.
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In Italia, nonostante l'evoluzione del settore, regn un clima di totale immobilismo
a livello istituzionale e giuridico fino al 1966, anno in cui la Federazione calcistica inizi a
comprendere la necessit di affrontare un importante cambiamento, dettato dall'esigenza
di ridefinire il ruolo delle societ sportive. Prima di allora, la fattispecie giuridica adottata
dai club era quella dellassociazione non riconosciuta, disciplinata dagli articoli 36, 37 e
38 del codice civile5. In particolare, i club, in quanto enti associativi con scopi ricreativi,
inizialmente non avevano finalit lucrative e si potevano collocare nellambito di quelle
associazioni qualificate in dottrina come mutualistiche. Ma con il passare degli anni, con il
continuo aumento di interesse da parte del pubblico (determinato anche dai miglioramenti
nel campo dell'informazione), era evidente ormai come tali societ non erano pi semplici
associazioni di volontari e praticanti, ma vere e proprie aziende in rapida espansione. Si
stava quindi manifestando la possibilit di organizzare una struttura giuridica pi adatta al
nuovo contesto socio-economico in cui le societ operavano.
Negli anni '60 ci furono i primi importanti cambiamenti nel mondo del calcio. Nel
1966 la Figc ha emanato i primi provvedimenti sulle societ di calcio tramite la riforma del
16 settembre 1966. Questa delibera poneva l'obbligo per le societ sportive di costituirsi
in forma di societ a responsabilit limitata o in forma di societ per azioni per poter
stipulare contratti con atleti professionisti e per poter regolarmente iscriversi al
successivo campionato. Nello stesso anno, il Consiglio Federale licenziava uno statuto-
tipo obbligatorio per tutte le societ professionistiche dei campionati maggiori. Tale
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provvedimento mirava ad assicurare una pi cauta e trasparente amministrazione
nonch la possibilit di controllo da parte delle autorit competenti6.
Ma i pi importanti interventi di legge nel settore calcistico italiano risalgono agli
anni '80: dopo anni di tentativi e diverse proposte di legge, fu ad inizio anni '80 che venne
data un'organica regolamentazione al settore. La legge 91/19817
riconosceva all'impresa
sportiva il fine di lucro oggettivo, cio la possibilit di creare degli utili, ma ne escludeva il
fine di lucro soggettivo, cio disponeva che eventuali utili non avrebbero potuto essere
distribuiti tra i soci, ma avrebbero necessariamente dovuto essere destinati al
potenziamento dell'attivit sportiva, di cui veniva riaffermata la centralit. Tale legge
dunque limitava le possibilit di manovra da un punto di vista economico per le societ
italiane. La normativa stabil inoltre in maniera chiara i criteri in base ai quali veniva
distinta lattivit sportiva dilettantistica da quella professionistica e regolamentava i
rapporti tra atleti professionisti e societ sportive con una particolare attenzione
allaspetto tributario. Furono stabiliti, inoltre, i requisiti essenziali per la costituzione, il
controllo della gestione e la liquidazione delle societ, oltre a fissare le caratteristiche e le
competenze delle federazioni.
Altro passaggio fondamentale della legge 91/1981 quello riguardante
l'abolizione del vincolo sportivo per i tesserati8.
La nuova disciplina, oltre a riconoscere al giocatore una propria autonomia e una
propria professionalit introduce anche un nuovo tipo di contratto di lavoro subordinato,
quello del lavoratore sportivo, in base al quale il calciatore professionista viene assimilato
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al lavoratore dipendente, tramite la stipulazione di un contratto in forma scritta, la cui
durata non pu essere superiore ai cinque anni.
Lintervento normativo del 1981, con i suoi pregi e i suoi difetti, rappresenta
ancora oggi, nonostante le ripetute rettifiche e integrazioni, la legge base per la
regolamentazione del settore calcistico in Italia9.
Verso la met degli anni 90, in netto ritardo rispetto ad altre culture europee (tra
le quali l'Inghilterra), anche in Italia si inizi ad osservare le societ di calcio in un'ottica
maggiormente imprenditoriale. Fondamentale fu la legge 586/199610
la quale introdusse
finalmente lo scopo di lucro soggettivo per le societ sportive, delineando definitivamente
il passaggio del mondo del calcio professionistico da un approccio no profit oriented
verso un sistema business oriented. La nuova natura prettamente economica delle
societ di calcio, implicava come conseguenza l'introduzione di una mentalit
manageriale fino ad allora sconosciuta in un settore come quello calcistico, ma che
sarebbe divenuta fondamentale per integrare sport e business11
.
L'unica restrizione relativa alla distribuzione degli utili era contenuta nell'art.4, il
quale prevedeva che una quota non inferiore al 10% del risultato d'esercizio doveva
essere destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.
Questo atto risult fondamentale anche da altri due punti di vista: da una parte, dava la
possibilit alle societ di svolgere attivit commerciali connesse alla relativa attivit
sportiva, da un'altra parte introdusse una novit finora poco sfruttata in Italia, ma che
potrebbe costituire in futuro una nuova via di gestione societaria gi sviluppata in altre
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realt europee (come ad esempio la Spagna), e cio la via dell'azionariato popolare:
lart.10 infatti non considerava sollecitazione al pubblico risparmio il collocamento di
azioni per importi unitari non superiori a 10 milioni di lire12
.
Infine con la legge 18 novembre 1996 n. 586, si introdusse lobbligo del Collegio
Sindacale per tutte le societ sportive professionistiche, anche quelle costituitesi in forma
di S.r.l., derogando cos alle disposizioni dellallora articolo 2488 del Codice Civile13
La definitiva trasformazione dei club in societ commerciali, avrebbe dovuto
comportare la necessit di perseguire un'equa remunerazione del capitale investito, una
costante attenzione ai costi e una particolare razionalizzazione della gestione dei club.
Ma in molti casi, questo obiettivo finanziario stato posto solo in secondo piano rispetto
al prestigio sportivo, cos all'inizio del nuovo secolo si sono registrate condizioni di
squilibrio economico-finanziario di diverse societ che in alcuni casi hanno comportato il
verificarsi del loro fallimento. La crisi dei club derivata, principalmente, dagli altissimi
compensi corrisposti per gli ingaggi degli atleti e dalle sovrastimate entrate che avrebbero
dovuto derivare dai contratti con le televisioni a pagamento.
Per permettere ai club di superare le gravi difficolt, il legislatore italiano ha
emanato nell'ultimo decennio due provvedimenti:
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