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Copia della prima versione comparsa sul sito: "Le parole e le cose" del luglio 2014

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LE PAROLE E LE COSELetteratura e realtà

di Franco Buffoni

1. Una trentina di anni fa, quando ancora scorrazzavo per l’Europa in macchina, mi accadde un significativoepisodio su un’autostrada tedesca. Percorrevo il breve tratto tra Bonn e Colonia, dove ero atteso all’IstitutoItaliano di Cultura; ed ero in ritardo per via di un malinteso sull’orario. Guidavo allora una BMW 320 a iniezione,una vettura – guarda caso – tedesca, che in condizioni di assoluta sicurezza consentiva velocità molto elevate.Mi portai in corsia di sorpasso e pigiai sull’acceleratore: certamente viaggiavo oltre il limite consentito su queltratto autostradale. Ad un tratto una Mercedes che avevo superato, d’impeto mi si fece vicinissima con i fariabbaglianti sgranati costringendomi a farmi da parte. Dopo avermi risuperato, la Mercedes rallentò fino arientrare nella velocità consentita, ma senza lasciare la corsia di sorpasso. Impedendomi fino a Colonia diconsumare la mia infrazione.

All’autista della Mercedes non avevo arrecato alcun disturbo, l’uomo non era in divisa, non era un tutoredell’ordine, era un comune cittadino. E se proprio vogliamo parlare di rischio, la sua manovra era stata molto piùazzardata della mia. Ma l’aveva compiuta per farmi rispettare la legge. Sentendosi perfettamente virtuoso.

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Questo episodio mi insegnò molte più cose sul carattere tedesco di un intero trattato di sociologia.

2. Negli anni settanta e ottanta, malgrado questa ed altre piccole disavventure dello stesso segno, laRepubblica Federale Tedesca era comunque il paese straniero dove soggiornavo più volentieri. Trovavo iragazzi tedeschi più maturi e consapevoli rispetto a quelli inglesi e francesi, coi quali pure avevo modo dirapportarmi spesso. Mi faceva invece abbastanza paura l’Austria, dove non vedevo in atto alcun processo direvisione critica del passato: una sensazione poi confermata dall’elezione di Waldheim alla presidenza e dallasuccessiva difesa a oltranza di quella scelta da parte della nazione tutta.

In Germania, no. Nei miei amici coglievo sempre un senso di consapevolezza rispetto al passato: nonnecessariamente mite, ma ferito sofferente. E da Adenauer fino a Schmidt a Kohl riconoscevo neicomportamenti dei cancellieri il bisogno comunque di credere sinceramente nell’Europa.

Quel qualcosa da farsi perdonare che i tedeschi profondamente sentivano – e io stando tra loro percepivo –fece molto bene al processo di integrazione europeo, e trovò un degno coronamento nell’atteggiamentosquisitamente politico di Kohl nei confronti di Ciampi e Prodi, quando si trattò di favorire l’entrata dell’Italianell’euro insieme agli altri paesi fondatori dell’unione.

3. In seguito all’entrata nell’euro, le politiche economiche e sociali italiane sono state esecrabili, con la totalerinuncia a compiere per tempo le necessarie riforme. Abbiamo tergiversato in modo ignobile e probabilmenteavremmo continuato a traccheggiare, se non fossimo stati costretti ad agire in modo drastico nel novembre del2011.

Immonda è stata anche l’incapacità di alcune regioni italiane ad acquisire i fondi europei. Perché sui fondieuropei non si può imbrogliare: occorre presentare progetti coerenti e verificabili, con articolazioniconcettualmente serie e motivazioni realmente al servizio del territorio e dei cittadini. Se l’unico obiettivo èl’arricchimento personale o clanistico, i fondi europei – come una calamita usata al contrario – si allontanoinderogabilmente.

Trovo anche piuttosto repellente lamentarsi dell’euro oggi,come se qualcuno ci avesse obbligati ad entrarenell’Unione Europea e a cambiare moneta. O forse l’entrata nell’euro – allora – venne vista da certuni come lapanacea per il nostro debito? E magari come il mezzo per poter continuare con le vecchie politiche lassistesenza dover fare i conti (in senso letterale)…

Reputo infine meschino e marionettistico – degno del paese di Arlecchino e Pulcinella – prendersela con paesimeno corrotti, più efficienti e meglio organizzati del nostro, in grado di erogare ai propri cittadini servizi migliori ea prezzi più contenuti. Al riguardo mi piace citare una riflessione del grande filologo Graziadio Isaia Ascoli trattadal Proemio al primo volume dell’Archivio glottologico italiano (1873): “S’invidia ai Tedeschi, non già un ingegnoprivilegiato, non già una dottrina che in ogni parte sodisfaccia, ma quel felicissimo complesso di condizioni,mercè il quale nessuna forza rimane inoperosa e nessuna va sprecata, perché tutti lavorano, e ognuno profittadel lavoro di tutti, e nessuno perde il tempo a rifar male ciò che è già fatto e fatto bene. S’invidia la densità

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meravigliosa del sapere, per la quale è assicurato, a ogni funzione intellettuale e civile, un numeroso stuolo diabilissimi operaj”. Trent’anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1907, Graziadio Isaia Ascoli sarebbe stato definitoun italiano di “razza” ebraica.

4. Ammesse le nostre colpe, ricordàti i nostri peggiori difetti, con pari franchezza devo aggiungere chel’atteggiamento dell’attuale cancelliera tedesca nei confronti dell’Europa – dell’idea politica di Europa – è quantodi più miope e controproducente si possa concepire. Il distacco psicologico e morale rispetto a Kohl mi pareincolmabile. Certo, mi si può rispondere, prima o poi la Germania doveva pur uscire dal senso di colpa. Ma perritornare alla miope arroganza di sempre? Per dare ragione a Adenauer che definì i tedeschi “pecorecarnivore”? Magari nominando un governatore della Bundesbank biondo e giovane, che solo per sguardo etratto somatico, mentre depreca stizzito l’operato di Draghi a favore dell’Europa unita, ricorda al resto d’Europaaltri giovani biondi dal berretto rigido, stizziti per la lentezza con cui i loro ordini venivano eseguiti…

Molto più delle mie parole valgano quelle dell’ex ministro degli esteri tedesco Fischer, che nel 2012, valutandol’atteggiamento di Merkel nei confronti dell’Unione, sentenziò: “Con queste politiche, e soprattutto con questoapproccio solo economico-finanziario ai problemi politici, la Germania rischia di affossare l’intera Europa per laterza volta in un secolo”.

5. La questione non riguarda soltanto i cosiddetti PIGS – Portogallo, Italia, Grecia, Spagna – ma anche laFrancia, che ha bisogno di rilanciare le proprie esportazioni tanto quanto l’Italia. Purtroppo sia per la Francia, siaper l’Italia, il primo mercato è quello tedesco, con i suoi ottanta milioni di consumatori. Purtroppo: perché Merkelcontinua ostinatamente a perseguire un modello di crescita (tedesca) trainato dall’export (tedesco): un modelloche inevitabilmente finisce col soffocare l’economia francese, italiana, greca ecc.

Allargando lo sguardo all’universo globo, è palese come vi sia uno squilibrio tra paesi che consumano troppo,come gli Stati Uniti, e paesi che risparmiano troppo, come la Cina, il Giappone, e per l’appunto la Germania. Manon si può pretendere che il riequilibrio avvenga solo da una parte. Così come è vero che certi paesi devonoimparare a risparmiare di più, altri paesi dovrebbero favorire un incremento dei propri consumi. Una maggiorepropensione a consumare che dovrebbe tradursi in un aumento delle importazioni. Ma questo è proprio ciò chela Germania guidata da Merkel non fa e non vuole fare.

Non si può pretendere che il riequilibrio avvenga solo da una parte, perché se tutti i paesi facessero come laCina, il Giappone o la Germania – puntando fortemente al risparmio e all’attivo della propria bilanciacommerciale – dovremmo, come umanità complessivamente intesa, cercare di avere un saldo attivo conqualche altro popolo extraterrestre.

Se questa riflessione può valere per la Cina e il Giappone nei confronti degli Stati Uniti, a maggior ragione valeper la Germania nei confronti dei PIGS, che hanno la sua stessa moneta, e che dunque si trovano con le spalle almuro, impossibilitati come sono a incrementare le loro esportazioni svalutando – come avveniva in passato – lemonete nazionali. Ma con le agenzie internazionali di rating che li giudicano come se fossero entità autonome eindipendenti, affossandone ulteriormente ogni possibilità di ripresa.

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La pretesa tedesca di ergersi a modello per l’intera Europa è dunque solo il frutto miope di una meticolosaarroganza, che contrasta nettamente con il senso profondo dell’unità europea, e anche – in ultima analisi – congli stessi interessi tedeschi, se visti in prospettiva.

In altri termini, e ormai da anni, la Germania di Merkel non solo non favorisce la crescita dei PIGS, imponendoloro politiche di austerità che ne deprimono i consumi interni, ma irresponsabilmente non ne incoraggia leesportazioni. Dando purtroppo ragione alla sconsolata analisi di Fischer e alla sferzante definizione diAdenaeur.

6. Se davvero si mirasse ad una Europa unita anche nelle politiche di difesa; se si capisse che avendo lastessa moneta il processo di integrazione economico è ormai irreversibile e deve essere solo favoritonell’interesse di tutti (un interesse magari non a breve, ma certo a medio e a lungo termine), l’unica politicaeconomica seria da favorire sarebbe quella della messa in comune del debito europeo, con emissione diobbligazioni garantite dalla banca centrale.

A chi obiettasse che sto solo aprendo il libro dei sogni, rispondo che questo atteggiamento lungimirante neiconfronti dei debiti (delle colpe?) dei deboli è già stato tradotto in pratica in Europa, e proprio a favore dellaGermania: nel 1945.

Per non ripetere l’errore commesso nel 1919, quando l’allora impero tedesco venne soffocato dai debiti diguerra, nel 1945 si indisse una conferenza internazionale che in pratica cancellò i debiti della Germania,permettendole di riprendersi in pochi anni dal disastro e di rifiorire economicamente.

Proprio a questo è chiamata la Germania oggi: ad essere lungimirante nei confronti dei deboli PIGS, come lofurono le potenze vincitrici del 1945 nei suoi confronti; a non continuare a comportarsi da miope, magariricordando che il difetto di miopia delle potenze occidentali nei suoi confronti nel 1919 non fece che favorirel’ascesa al potere del nazionalsocialismo.

7. Odio e amore, dunque, da parte mia nei confronti dell’immenso territorio che sta sopra la mia testa. E sopraquella della mia famiglia. Mio nonno Francesco Buffoni aveva fondato – recandosi personalmente in Prussia adacquistare le macchine – uno dei primi ricamifici a Gallarate, nel 1910. Ma poi, sergente nella I GuerraMondiale, per i postumi dei gas nervini austriaci, dal 1924 restò paralizzato su una sedia a rotelle. Morì nel1944, mentre suo figlio Piero – mio padre – tenente di fanteria nella II Guerra Mondiale, si trovava nel Lager diOberlangen, dove trascorse due anni sempre rifiutandosi di firmare per la Repubblica di Salò: aveva giuratofedeltà al re, mai avrebbe accettato di riacquistare la libertà passando alla “repubblica”, come scrive nel suodiario.

Sfuggì una frase a mio padre nei primi anni Sessanta, mentre il giornale-radio dava notizia dell’ennesimoassassinio di fuggitivi da Berlino Est. Alla mia domanda di scolaretto “I Vopos, le guardie di frontiera chesparano dalle torrette del Muro, sono russe?”, mio padre – che della sua esperienza non faceva mai parola –bofonchiò: “Se fossero russe non prenderebbero così bene la mira”.

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8. Io sono stato decisamente più fortunato di mio padre e di mio nonno: quando compii vent’anni, nel 1968, erostudente alla Bocconi. Ma feci a tempo a conoscere le guardie di frontiera tra le due Germanie. Nel 1973rientravo in Italia da Edimburgo – dove mi ero trasferito per continuare gli studi – con la mia 128 gialla targataVarese e comprata a rate. Cambiavo ogni volta itinerario: quell’anno presi la nave da Leith a Copenaghen, mifermai ad Amburgo e poi decisi di visitare Berlino Ovest scendendo a Sud attraverso Lipsia e Monaco. Giunto inlocalità Ludwiglust entrai nel territorio della DDR. Era il tramonto: fotografie di fronte e di profilo, permesso ditransito. Non feci molto caso a ciò che stava scritto su quel foglio. Ripartii baldanzoso, ma non avevo fatto iconti con la strada, che subito dopo la frontiera divenne stretta e accidentata: in pratica era rimasta quella deltempo di Weimar o al più di Hitler. Alle otto di sera capii che non ce l’avrei fatta a raggiungere Berlino Ovest percena come avevo previsto. Mi fermai in una Gasthaus molto modesta. Dopo cena, stanco, chiesi una stanza perla notte. Al mattino ripartii e in un paio d’ore raggiunsi il confine.

Avevo un permesso di transito di sei ore. Dove e con chi avevo trascorso le altre dieci?

Auto, passaporto e bagaglio requisiti, stringhe delle scarpe sequestrate: in cella.

Alle tre del pomeriggio un ufficiale mi interroga: ripeto la nuda e cruda verità già detta al mattino ai graduati:avevo fame ed ero stanco, mi sono fermato a dormire. Dovevo dimostrarlo. E lì mi salvò l’amore per la lettura:mi ricordai che al Frühstück stavo leggendo Rilke e che probabilmente la ricevuta della Gasthaus era rimastanel libro. Dal bagaglio requisito riapparvero le Elegie duinesi. Telefonata, conferma, rilascio con rimproverosevero: “Das ist sehr unmoralisch”.

9. Nel 1970 ero a Londra, a studiare nella biblioteca del British Museum, e lì conobbi Rainer, un coetaneotedesco, che oggi esercita come psicanalista a Berlino. Per un paio d’anni fummo molto legati, con alternevicende e alcune mie visite a Colonia dove abitava. Dieci anni dopo la conclusione del nostro rapporto, Rainermi contattò chiedendomi per favore di rispedirgli tutte le numerose lettere che mi aveva scritto in quei due anni:gli servivano professionalmente, costituivano la sua Bildung. Cosa che feci, meticolosamente…

10. Invece di lettere io scrivevo poesie. E tuttora ne scrivo. Alcune sono ambientate in Germania o hanno laGermania come soggetto. Alcune sono apparse in libri precedenti, da I tre desideri a Guerra; altre sono inedite.Ne propongo qui due. Viel Spass.

“Se penso alla Germania di sera

Io non riesco a dormire”.

H. Heine

Oggi che la Germania

Oggi che la GermaniaNon è più il mostro accucciato

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Che ho conosciuto nell’infanzia,Oggi che è tornata arroganteE la suaMeticolosità nell’efficienzaMi appare per quel che è- Nevrosi da obbedienza -Io le ripeto: quieta, zitta, a cucciaGià hai dato il meglio, non strafare.

*

AngstFurto d’anima

Siamo tra la crisi del ventinove

E la nomina di Hitler alla Cancelleria,

Siamo qui nell’interim

A cavalcare

Nel timore di farci scavalcare…

Da Atene Roma Madrid e Lisbona?

No, da Berlino Nord Sud Est e Ovest.

Ma non volevate dominare il mondo?E adesso che l’Europa l’avete conquistata…

Cercate di capire, il primo e il secondo

Dei nostri recenti tentativi

Non sono stati propriamente sbagliati:

Li abbiamo solo messi in atto

Con mezzi sbagliati.

E adessoChe i mezzi sono quelli che funzionano,Adesso che ci avete conquistatiNon ci volete più,Non la volete più l’Europa?

Adesso abbiamo paura. Angst, nur Angst…

Dunque, fateci capire: l’Europa la volete

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6 C O M M E N T I

Rispondi →

Ma non fisicamente…Ne desiderate solo l’anima,Il resto dobbiamo tenerceloNutrendolo come possiamo…

Ach so…

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Categorie: Interventi, Testi | Tag: Adolf Hitler , Angela Merkel , Europa, Franco Buffoni, Germania, Guerra, Helmut Kohl , Helmut Schmidt, I tredesideri , Konrad Herman Josef Adenauer , Mario Draghi, Piero Buffoni, PIGS, Poesia, Poesia italiana contemporanea, Rainer Maria Rilke,Repubblica di Salò , Repubblica Federale Tedesca , Seconda guerra mondiale, Unione Europea, Weimar | Permalink

Gianluca D'Andrea8 luglio 2014 a 09:25

Grazie per la riflessione. Nel paese di Pulcinella mi capitò un episodio simile, a fare il tedesco alla guida ero io. Mi siaccostò un motociclista dicendomi, a proposito del rispetto delle regole stradali, “ma tu non sbagli mai?”. Lacompassione, perché no, cattolica per l’errore, per l’infrazione, è solo alibi? Habitus lassista o c’è qualcosa che cicaratterizza anche in positivo?

Gandolfo8 luglio 2014 a 10:14

Ben vengano riflessioni del genere: che non stanno né troppo di qua né troppo di là.In questo momento, difatti, abbiamo bisogno di una riflessione critica che si basi sui fatti e che porti ad azioni concretema ragionate e, come suggerisce l’autore, contestualizzate ai diversi ‘territori’ d’Europa.

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Vivendo in Nord Europa, poi, mi accorgo che in Italia sopravvive un radicato esercizio di auto critica: cosa di cui alcuniPaesi (vedi Germania e affini) sanno approfittarsi. Noi, invece, pare che (forse per buona creanza) ci rifiutiamo di dareun giudizio sui nostri compagni di viaggio.Quello che serve, come dimostra quest’articolo, è equilibrio nelle opinioni e conoscenza della storia di ieri e di oggi.

Giuseppe CALAMITA8 luglio 2014 a 11:23

Credo che il genocidio sociale che sta avvenendo in Italia come quello argentino così bene descritto nel documentariodi F. Solanas: http://ildocumento.it/economia/diario-del-saccheggio-2003.htmlè motivato da quello che anche in questo interessante articolo viene evidenziato: “Perché sui fondi europei non si puòimbrogliare: occorre presentare progetti coerenti e verificabili, con articolazioni concettualmente serie e motivazionirealmente al servizio del territorio e dei cittadini. Se l’unico obiettivo è l’arricchimento personale o clanistico, i fondieuropei – come una calamita usata al contrario – si allontano inderogabilmente.”Da questo punto di vista l’Italia sembra non cambiare mai!Se paragonassimo questo periodo storico a quello del genocidio degli ebrei domani molti degli attuali vertici e dirigentisi troveranno a dover rispondere a domande quali: “quali persone hai contribuito a salvare dal genocidio?” e “Con qualicriteri le hai scelte?” se così fosse molti che oggi sono bravi a descrivere le condiizioni e le cause dello sfascio italianosi scoprirebbe sono gli stessi che ne sono la causa; preoccupati solo di evitarne le conseguenze drammatiche!Mi guarderei bene quindi anche dal solo analizzare o scrivere articoli su argomenti che riguardano la vita di molti italianise dimenticassi il mio ruolo!Si finisce di fare la fine di Esterhazy del caso Dreyfuss nel famoso film dove a raccontare la Storia si scopre alla finefosse proprio il principale colpevole!

JBP8 luglio 2014 a 11:31

Le dirò un segreto, molto ben nascosto dai giornali: invece che incrementare le esportazioni (verso Marte), sipotrebbero diminuire le importazioni. Ma non dentro l’euro e i suoi bei sogni (incubi).

Emanuele8 luglio 2014 a 14:17

Salve,

non la conosco sig. Buffoni, ma deve ammettere che espresso molti pensieri che da tempo nutro. Io, italiano, emigratoin Germania da una quindicina d’anni, credo che l’élite che rappresenta oggi la RFT sia una becera élite la peggioredegli ultimi 60 anni. Purtroppo non vedo alcuna via di uscita, la Merkel ha dietro di sé l’élite di cui sopra e anche molticittadini. Lei fai il suo lavoro. Sono i nostri che negli ultim venti anni non hanno fatto il loro lavoro. Certo anche lanostra italiana è una pessima, forse peggiore. La soluzione del problema la indica lei stesso: smantellamentedell’unione monetaria e riprendere laddove eravamo arrivati, in pace e senza nazionalismi. I frnacesi hanno già capito ehanno votato il fornte nat. Come dargli torto?

Un tale progetto di smantellamente però in Germania non verrà mai preso in considerazione e allora, come unmatrimonio che finisce, bisogna divorziare.

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Domenico Lombardini8 luglio 2014 a 15:17

“Per tempo le necessarie riforme”: quali dovrebbero essere, di grazia, le necessarie riforme? Ciò denuncia l’ignoranzapiù sesquipedale sull’argomento: nel 2011 l’Italia è stata attaccata perché più delicata degli altri paesi della zona euro,un po’ come accadde dopo la nostra uscita (assieme al Regno Unito) dal sistema monetario europeo, nel 1992, che fuun antipasto dell’euro.

Segnalo che l’Euro ha messo in ginocchio non solo la nostra economia ma anche quella francese, e che l’unico modoper renderlo in qualche modo è di deflazionare l’economia, ossia ridurre salari e aumentare le tasse, cosa che staaccadendo ovunque in Sud Europa. Questo di Buffoni, è un peana acritico e scriteriato, degno del peggior nemico delpaese, con un fondo di razzismo nemmeno celato nei confronti degli italiani stessi. Questi sono gli intellettuali di questopaese.

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