La Ganja Prima Di Tutto e Il Mondo Si Tinge Di Grigio
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LA GANJA PRIMA DI TUTTOE il mondo si tinge di grigio
Non c'è più bianco né nero,il male si confonde col bene,
come un demone travestito da arciere.La verità fa ormai parte di una bugia
tutto si perde in una grigia foschia.
"Un giorno ci incroceremo in un caffè o in metropolitana.
Cercheremo di non riconoscerci o di fingere di non vederci, ci
gireremo svelti dall'altra parte.
Saremo imbarazzati per ciò che è diventato il nostro "noi", per
quello che ne è rimasto. Niente. Due estranei uniti da un passato
immaginario."
D. Glattauer
Ultima fermata
Perduto... tutto perduto. Che stupida puttana.
Ruzzolo a vuoto tra i ricordi di una vita insieme, e mi ritrovo a raccogliere
spazzatura.
Vorrei riuscire a non piangere. Guardo Blanca con la coda dell’occhio
attraverso lo specchietto retrovisore .
Ho portato via solo lei, insieme a due felpe scure. Nemmeno una canna di
Sherazade.
Accellero per non pensarci. Ormai è andata.
Io e la ganja
Cinque chili di ganja chiusi dentro a due valigie.
Sorrido al doganiere porgendogli il passaporto e
guardandolo dritto negli occhi, "so che non mi
perquisirai".
Mi fa segno di proseguire, lo stupido servo di Babilonia.
Alzo il volume dello stereo e ricomincio a cantare.
La ganja è una cosa seria, una filosofia di vita. La mia.
E' troppo facile spacciar del fumo facendosi far credito
dai marocchini, anche per dieci o venti chili al mese, lo
facevo a diciotto anni, ma ormai ho smesso, perché la
qualità lascia troppo spesso desiderare.
Mi piace pensare che nella mia vita il destino non giochi
un ruolo maggiore rispetto a quello che ha per chiunque
altro, il bidello dell'asilo o il fornaio all'angolo. Non
sono un fatalista, in genere; riesco bene perché pondero
il rischio.
Intendiamoci, la fortuna, avversa o meno, ha sempre la
sua parte, ma sono convinto che quel vecchio detto
"ognuno è artefice del proprio destino" ci becchi proprio
in pieno. Almeno per quanto mi riguarda.
Sono uno che si è costruito da solo, e ci sto tuttora
lavorando. Un elettricista disoccupato che ha scelto il
business, quello illegale degli stupefacenti, hashish e
marijuana, per fare soldi. Il classico self-made man.
Quando mia madre lo ha scoperto ho deciso di andarmene di
casa. Ho rischiato di essere beccato non so quante volte
ma finora mi è sempre andata liscia.
I miei amici sono nobili e punk a bestia, non faccio
distinzioni; patti chiari con tutti, hanno voglia di
fumare e io mi limito a procuraglielo. Intanto
socializzo.
In pochi anni di onorata professione mi son fatto un
certo giro, a Bologna e fuori.
Raccogliere soldi e partire, destinazione Amsterdam, non
si può sbagliare.
Comunque portar giù cinque chili di ganja per volta è
molto rischioso, quindi ho trovato il modo di espandermi,
appoggiandomi a qualcun altro.
Franz sembra essere la persona giusta.
Vivi adesso, paghi poi
E credo di avere saldato il mio conto. Gli avanzi della mia vita sono
chiusi stretti in valigia. Ho lasciato il salotto in disordine: un po' di
cocci da raccogliere, anche per lui.
So che Tom non mi richiamerà, e io non lo cercherò più. Continuerà
convinto che Tata non sia capace di stare al mondo, anche solo
perché non porto i tacchi, odio le mutande e non bevo caffè. Non
sono riuscita a persuaderlo del contrario. Una scomoda inquilina la
verità.
Odio quella parte di me che mi impedisce di riuscire a odiarlo. Ma
almeno sono riuscita ad andarmene.
L'amavo e l'ho lasciato, allo stesso modo di come ho abbandonato
tutto ciò che mi ha dato soddisfazione. Il perché… sto ancora
cercando di spiegarmelo.
Ho scelto la vita poco comoda, quando insieme a lui avevo tutto, o
quasi. Comunque mi sento ancora immagine di questa società:
viziati e inconcludenti esseri umani scaldati dalle facili promesse del
consumismo.
Inconsapevole, dopo aver perso l'amore, di cosa sia realmente la
vita oltre a quell'inutile trascinarsi giorno dopo giorno tra una
miriade di stupidi impegni creati solo per riempire gli immensi spazi
vuoti dell'anima.
Ho mischiato i miei sogni coi suoi e alla fine, dopo averli realizzati,
ho lasciato svanire tutto in fumo, per uscire dal pantano di un
equivoco o per fuggire dai miei sbagli. Ancora non mi è chiaro.
Resta sempre soltanto cenere.
La mia famiglia non mi ha capita, o comunque fatica ancora a
capire, ma mi ha lasciato la libertà di sbagliare, di scegliere. E li
ringrazio.
Sono testarda, e tornare a casa e chiedere scusa è stato atroce. Ci
ho guadagnato un'apparenza di freddo compatimento e un letto da
zia; d'altronde avevo bisogno solo di un tetto sulla testa.
Vorrei trovare qualche altra giustificazione da addurre, oltre
all'amore e alla dipendenza dalle droghe, come scusante per le
bugie raccontate. Ma questa vita non accetta scuse.
Mi sento un personaggio, quello che ha sempre torto.
Il mezzo
-Quanto puoi riuscire a mettere insieme in un mese?
-Non quanto te Tom, quindici o venti massimo, ma se
riesci a coprirmi o mi fanno credito su, il resto arriva
alla consegna, sai, c'è sempre chi non si fida...
Franz sembra abbastanza tranquillo, parla senza staccare
gli occhi dall'impasto che ha sul tavolo.
"Devi dire che a questo gioco o entri prima che si parta
o dopo rimani fregato, perchè alla consegna il prezzo è
già lievitato. Se non vogliono del sabbione queste son le
regole"; continuo a fissarlo mentre carico il cilum.
-Lo so, l'ho fatto, ma la gente prima vuol essere sicura
che la roba arrivi,ed è disposta a pagare il
sovrapprezzo. Senti, per ora preoccupiamoci del mezzo,
cerchiamo di fare un buon lavoro e vedrai che tutto andrà
liscio.
-Quello non è un problema, ancora un paio di giorni e
possiamo rimontare tutto: la moquette è pronta, i
tasselli combaciano perfettamente; io il viaggio lo
faccio anche da solo, non ho voglia di farmi accompagnare
da qualche disperata che potrebbe mettermi nei casini,
penso che scenderò col cane.
Ho sempre pensato che, a questo gioco, meno gente si
mette in mezzo e meglio è. Il mio cane non può tradirmi
con uno sguardo carico di angoscia, nè rivelare la
posizione degli imboschi. Io mi so gestire.
Già il fatto di venire in questo posto per fare le
modifiche al camper mi è sembrato rischioso, ma
d'altronde da qualche parte bisognava pur andare.
Affittare un capannone fuori Bologna per un mese solo mi
è sembrato un rischio e uno spreco. Franz si fida di
questa gente, sono loro che gli procurano il cash, e Cris
cerca come può di tenerci al riparo da sguardi
indiscreti: ha praticamente isolato il magazzino.
Comunque mi rendo conto che, stanziando alla Tana più di
dieci ore al giorno in compagnia di Franz, è praticamente
impossibile passare inosservato, ed io per di più non
sembro certo un musicista.
La Tana
E' iniziato tutto in quel posto, dannazione. Con Cris e Franz.
Cominciando a distinguere il sesso dall'amore, tra un concerto di
Jhon Spencer e un cd dei Grateful Dead. E a molta confusione...
Cris è affascinante e colto, intelligente. Spregiudicato e sicuro di sé
come una donna in calze a rete. Mai innamorarsi. L'intraprendenza
si tramuta in goffaggine.
Non si tira indietro dall'opportunità di sesso garantito che io
rappresento. Esploriamo ogni sala, pavimento, moquette e
divanetto del locale.
Uso quel mezzo solo per tenermelo stretto. Come una stupida
puttana.
Banalità, insignificanti banalità sono le uniche cose di cui
discutiamo, così preso dalla musica, con la quale riesce ad avere
orgasmi più soddisfacenti che con me.
Vado alla Tana a qualunque ora del giorno, a far su degli spinelli, ad
acquistare fumo e erba da Franz. Inizio a trascorrere fuori tutta la
notte. Il mio comportamento è pietosamente sfacciato.
Mi faccio usare, mi sento usata. Vado a letto con un altro, ma è
inutile.
Torno di nuovo da lui. Innamorata a tal punto da volere continuare
anche una storia così.
Far sesso in sala prove come ginnastica notturna a lungo andare
stanca, ma non sono pronta a perderlo. Ipoteco il mio cuore e mi
nascondo dal resto del mondo. Persa in una sorta di sentimento
adolescenziale che mi ottenebra la mente inducendomi a comprare
e consumare una quantità di fumo sempre crescente.
Sono iscritta alla facoltà di Lettere; passo le mie giornate sdraiata
su un divanetto verde, leggendo, fumando, ascoltando musica e
prestando svogliatamente orecchio ai pettegolezzi. Mi rendo utile
come fattorina portavivande nei momenti di fame chimica alle ore
più disparate.
Ancora oggi non so bene se sono stata io oppure lui a rovinare tutto
apposta per superare quell'impasse, e nonostante i molti sbagli che
ne seguiranno, non posso fare a meno di esser grata a Thomas per
avermi allontanato da quel posto, da Cris e da tutti gli altri.
Agata
-Non più di mezza paglia, per piacere. Altrimenti è
tabaccosa... Beh, Franz, é meglio lasciarlo a casa: in
frontiera è come un alieno in mezzo a un campo di grano.
Rido forte e anche lei sorride, guardando quel cretino di
Franz sempre con aria rispettosa. Pare una ragazzina
educata.
Ha i capelli rossi e il naso leggermente arcuato
ricoperto di lentiggini. Le mani piccole e le dita
sottili.
Alla Tana è di casa, da quel che ho inteso se la fa con
Cris, che la tratta più o meno come vuole, ovvero non la
guarda fino a sera quando decide che arrivato il momento
di scoparsela.
Non la considera una ragazza seria nemmeno Franz,
nonostante per questioni di business dica che ci si può
fidare, probabilmente perchè non gli ha mai lasciato in
sospeso neanche un conto.
Parla poco, e questo è già un buon segno, sembra sveglia.
Non capisco come faccia a rimanere attaccata a un
opportunista come Cris e, anche se non è un mio problema,
credo che se verrà l'occasione glielo farò capire. Mi
sembra che abbia bisogno di uno scrollone.
Non voglio ferirla, semplicemente cercherò di pormi come
amico.
Sì, sono un grandissimo ipocrita, mento sapendo di
mentire, in verità Tata mi piace e vorrei comprarmi la
sua fiducia con qualcosa di più che il fumo, fare in modo
che si scordi di questo posto, di Cris e di Franz.
"Non sei adatta a questo posto, bambina, partiamo..."
Thomas
E' disinvolto, sembra stia parlando di importare tulipani. E io
ascolto, nascosta dietro a un manuale di storia romana, nessuno
sembra far caso a me.
Thomas è spuntato fuori dal nulla, allettando Franz con la
prospettiva di facili guadagni. Il suo sorriso è illuminato dalla t-shirt
giallo canarino che indossa. Ha le mani grandi, è un tipo ordinario,
come tanti, un altro spacciatore.
-Rossa, ti va di portar giù della roba?
Franz appoggia l'indice contro la copertina del libro
spingendomelo contro il naso. Abbasso il volume guardandolo per
capire se parla sul serio.
-Perché no...
Così mi faccio agganciare per ripicca, il contrabbando sembra il
modo migliore di attirare l'attenzione di Cris.
Ore 20.06, 10 marzo 2001, stazione di Milano Centrale.
Overnight Express in partenza dal binario 2. Arrivo ad Amsterdam
previsto per le 10.32.
Questa vita è un treno sempre in ritardo, un treno su cui salirò
anche se non ho voglia di avere gente intorno. Un treno che ha
sbagliato fermata semplicemente perché mi sta aspettando, che in
fondo non è diverso da tutti gli altri treni sebbene cambi la
destinazione.
Mi chiudo in bagno a fumare per ingannare il tempo, litigo con il
walkman per trovare la migliore colonna sonora possibile per il mio
viaggio, senza staccare gli occhi dal finestrino.
Sono arrivata. Thomas è nel piazzale con Pongo, faccia tesa,
preoccupato. Il setter mi saluta allegro scodinzolando. Gli piaccio.
-Ciao, io sono solo la sconosciuta che ti farà compagnia durante il
viaggio di ritorno.
Tenta di buttarmi addosso le zampe, ma lui lo allontana. Ci
incamminiamo insieme lungo la Damrak. La tragedia per un cane
affettuoso è di non essere capito. Il suo padrone ha indubbiamente
troppi pensieri per la testa.
E' una mattina uguale a tante altre, mento a me stessa come ogni
giorno, cerco di farmi notare rendendomi utile senza capire
veramente il perché. Ma forse non c'è nessun perché. E non medito,
agisco.
C'è un camper pieno di roba, da spartirsi a metà, lui e Franz.
Si sfila la maglietta, scoprendo un vistoso tatuaggio
sull'avambraccio sinistro. Un albero in fiamme, anime in circolo che
gli danzano attorno.
Bisogna fidarsi l'uno dell'altra per lavorare insieme.
-Tu perché lo fai? Da fumare lo troverai comunque in Italia”, mi
chiede continuando a lavorare l'impasto che tiene in mano.
Penso che non mi volesse lì con lui, ha accettato di coinvolgermi
solo per fare stare tranquillo Franz. Decido di dirgli come va con
Cris.
E lui mi racconta una storia, di quelle che ti spezzano il cuore, che
finisce con -...loro non ti considerano, ti credono una ragazza poco
seria...solo una puttana.
Accende la canna guardando fuori, come se mi avesse appena letto
il menù del ristorante argentino all'angolo, la stanza si riempie di un
profumo speziato e pungente.
Certe cose è meglio saperle che ignorarle. Chissà, forse sì.
-Lo faccio solo per proteggerti, non c'entro niente e non dovrei
dirtelo, ma non mi sembri una così... quella è gente che se ne
approfitta. Tu ... beh, leggi, studi, sembri intelligente, dovresti già
esserci arrivata da te.
Grazie,
il resto è mancia... Sentirselo dire in faccia mi fa davvero male.
Deglutisco. Sei un estraneo, uno stronzo impiccione, ti odio. Quelle
parole mi muoiono in gola.
Il valore di certe frasi è direttamente proporzionale a quello di chi le
pronuncia. Quindi vaffanculo. Vaffanculo all'amore, a me e alle mie
stupide speranze, vaffanculo a quella sedia vuota dentro al mio
cuore, alle luci di questa città.
Maledico Amsterdam e vengo maledetta a mia volta.
Davvero?
"Certe cose è meglio saperle che ignorarle" che frase
stupida, me ne rendo conto non appena la pronuncio, ma è
già troppo tardi; i suoi occhi tradiscono rabbia e
delusione. Lacrime. Ecco, so di non essere la persona
giusta per confortarla.
Se potessi riavvolgerei il nastro. Ho voglia di
abbracciarla, ma mi trattengo, non voglio sembrarle
subdolo.
-Sentiamo meglio com'è questa Jack Herer
altra banalità, non mi pare che abbia voglia di far su
dei joint. Mi metto a impastare, occhi fissi contro i
vetri della finestra che dà direttamente su Damrak.
Tata non risponde, mi sento un giuda...
-A che ora partiamo?
Mi guarda interrogativa, cercando di sotterrare
nell'angolo più buio della sua testa i sentimenti che la
assalgono. Chiude scheletri dentro ad una scatola di
latta.
Mossa prevedibile, mi presto al gioco. "Sì, vorrei
riuscire a farti pensare ad altro."
-Per le dieci massimo, direi, a mezzanotte vorrei essere
lontano... se credi puoi dormire un paio d'ore,
altrimenti possiamo andare a mangiare qualcosa.
-Non ho fame, e nemmeno sonno. Scusami Tom, ora mi
riprendo. Ho bisogno di sballarmi un attimo.
Si muove in direzione di Pongo e inizia a grattarlo
gentilmente tra le orecchie, come piace a lui.
-Ok, vatti a sciacquare la faccia, partita a stecca al
De Kuil.
Sette in buca d'angolo, la otto segue a ruota dentro
quella opposta, non se la cava male per niente, e adesso
ride perfino di gusto.
-Uno pari, chi vince la prossima a diritto a far rollare
all'altro tutti le canne che desidera...
Ovviamente ci sto, e vinco.
Le appoggio in mano qualche cima d'erba e grosso caccolo.
-Tata, fai su.
Ci aspetta una lunga nottata, mi sento in forma, ho
voglia di guidare. Sento che andrà tutto liscio, e un po'
sarà anche merito suo.
Un viaggio
Rimaniamo in silenzio per più di un'ora, fino alla frontiera con la
Germania.
Giocherello con l'atlante per sentirmi più normale. Siamo una
semplice coppia di turisti in viaggio verso la Foresta Nera.
Non gli piacciono le aree di sosta e tanto meno quelle tedesche,
vuole uscire dalla Germania prima che sia notte inoltrata.
Mandiamo giù due capsule di efedrina. Mancano quindici minuti alle
23.00 quando arriviamo a Basilea. Non vuole il cambio alla guida,
mi sorride rassicurandomi:
-Ci fermiamo prima di arrivare al confine con l'Italia. Non
preoccuparti, puoi anche dormire.
Ma sotto l'effetto degli stimolanti conto di restar sveglia, non mi va
proprio di chiudere gli occhi e lasciarlo solo.
Ci fermiamo dopo Lucerna. L'area di sosta è deserta, così ci
sistemiamo nel camper per riposarci un po' prima di affrontare
l'ultima tappa del viaggio, per arrivare in frontiera riposati e a un
orario consono a dei turisti.
I suoi occhi sono arrossati come quelli di chi ha fumato una raffica
di cilum pesanti. Neanch'io sembro freschissima. Per lo meno
riposeremo entrambi le gambe.
Chiudo gli occhi rimanendo girata verso di lui, poi li riapro
automaticamente.
-Sei preoccupata?
Scuoto il capo mentendo spudoratamente, mentre lui si avvicina
alla mia faccia e mi bacia. Richiudo gli occhi prolungando quel
bacio. Mi addormento per qualche ora col suo braccio intorno alle
spalle.
Ore 08.50. Siamo fermi in dogana, in fila, confusi in mezzo ad una
lunga coda di automobili che scorrono in avanti ad intervalli brevi e
regolari.
E' venerdì, c'è il sole; tiriamo giù i finestrini, prepariamo i documenti
ed intavoliamo una stupida conversazione cercando di immaginare
cosa facciano tutte queste persone qui a Chiasso a quest'ora.
Quando sono nervosa mi giro ciocche di capelli tra le dita o mi
torturo i pollici a sangue. Ora cerco di trattenermi, vorrei fargli una
buona impressione perché, anche se si sporca le mani, mi sembra
una persona a posto, e io sono qui per pura coincidenza, per fare
una cosa che chiunque altro potrebbe fare.
Devo solo aspettare che svuoti il camper, poi mi accompagnerà
dove voglio.
Ho detto a tutti che andavo tre giorni a Roma con la Ste, basta che
l'avvisi che è tutto a posto e che non ho bisogno di un passaggio.
Al nostro turno i poliziotti ci fanno cenno di passare senza neppure
guardarci in faccia: siamo in Italia; appoggio la mano sinistra sulla
sua destra che stringe il cambio. Ci allontaniamo veloci.
Si mette una mano dentro ai calzoni ed estrae un pacchetto con
alcune cime d'erba.
Ecco, ... ha pure dell'erba addosso. Sorrido. E' un incosciente, ma ho
voglia di fumare anch'io. Produco rapida una canna e l'accendo,
gliela passo e richiudo l'erba avanzata nell'involucro che mi infilo
nel reggiseno.
Inspira profondamente il fumo:
- I ragazzi della Tana si arrangeranno d'ora in avanti.
Faccio spallucce. Capitolo chiuso.
-Non è più affar mio, sono felice di aver aiutato te, ma da questo
momento in avanti mi chiamo fuori dai giochi. Cercherò Franz se
per caso avrò bisogno d'erba, e se lui non ne avrà, beh... pace, mi
arrangerò in altro modo. Bologna è grande tutto sommato, ed io
fumavo già prima di conoscerli.
-Non credo che avrai più bisogno di loro...
Ciak si gira
Bologna San Lazzaro, evviva. Ci fermiamo in Scandellara
per svuotare il mezzo, il parcheggio è deserto.
Faccio scendere il cane e mi metto al lavoro,
rincantucciato contro ad una delle pareti interne del
camper.
Si sollevano delicatamente i lembi di tappezzeria
adiacente al tavolinetto e alle panche. Armeggio a
tentoni, alzando con le unghie la moquette grigia che
ricopre il pavimento. Afferro un cacciavite e bestemmio
perché Franz non è ancora qui per darmi una mano. Righe
di sudore incominciano a solcarmi la faccia.
Butto di tanto in tanto un occhio fuori, anche se ci sono
Tata e Pongo a farmi da palo.
Aggredisco il rivestimento sotto il tessuto, tavolo e
panche dopo una breve resistenza cedono, si scastrano,
rivelando il doppio fondo che si insinua lungo le pareti
fino al pavimento.
Sposto con disinvoltura il mobilio ancorato a tasselli di
tappezzeria fuori dal veicolo.
Apro e svuoto velocemente gli armadietti a muro che
celano anch'essi parte dell'imbosco: le pareti sono quasi
tutte foderate di pacchi. Ormai è quasi buio, Tata caccia
il muso dentro per capire a che punto sono. La guardo con
aria colpevole e complice mentre mi asciugo la faccia
sudata.
-Mi allunghi la telecamera che è in valigia? Voglio
filmare tutto prima di svuotare e richiudere.
L'eccitazione mi ha fatto scordare perfino quanta roba
abbiamo portato giù... Per fortuna ho tutto segnato.
Mi guarda in silenzio, non capisco se sta per scoppiare a
ridere o a piangere. Continua ad osservare i bozzoli neri
stretti a nido d'ape che spuntano man mano contro
l'intelaiatura del camper: gigantesche crisalidi
all'interno di un tronco cavo.
Prendo la telecamera e le passo un sacco per l'immondizia
per iniziare a infilarci dentro i pacchi.
Richiudo gli imboschi, svuotiamo il veicolo dalle nostre
cose e ci dirigiamo a passi svelti verso casa.
-Massi, Norma e chissà chi ci staranno sicuramente
aspettando da un paio d'ore, l'unico che dorme, come al
solito è Franz...
La casa è il solito bordello, ci accolgono tutti
rispettosi, in silenzio, consapevoli che quando ho la
ganja ho il potere. Gli presento Tata.
Suona il campanello.
-Sì?
-Gli sbirri, cretino
Franz sale le scale in qualche manciata di secondi.
Sventro un pacchetto di primizie. Charras, Malani Cream:
fredda e compatta, ma piuttosto appiccicosa al tatto e
friabile non appena la manipoli tra le dita. Perfetta nel
cilum.
-Boom Shankar!
Do un primo tiro secco accompagnato da un secondo lungo e
profondo che diffonde nell'ambiente una sottile coltre di
fumo chiaro dal profumo mentolato. Inizia la ruota.
Tiro ancora forte, e poi più piano, il fumo ingoiato e
soffiato fuori fa pulsare a più non posso le tempie.
La stanchezza accumulata in quei giorni svanisce in mezzo
allo spesso strato di nebbia chiara.
Associazione a delinquere
Certe persone e certi avvenimenti lasciano il segno. Thomas e
questo stupido viaggio lo hanno fatto.
Ci guadagno un paio di etti di Skunk e una notte stretta abbracciata
a lui. Un bacio. Mi ci aggrappo con forza, e lui si fa afferrare.
L'erba finisce in fretta, faccio su un po' di soldi vendendo metà della
mia parte alla Ste, ovviamente a prezzo di fabbrica, tanto so che
dopo ne verrà altra.
Thomas è riuscito a coinvolgermi nella sua quotidianità: passo da
casa sua dopo la facoltà, gli faccio compagnia se deve fare delle
consegne, spesso mi fermo a dormire con lui.
La Rossa e il trafficante; so che qualcuno dice che non siamo
credibili. Solo un'associazione a delinquere. Le malelingue alla
Tana girano in fretta, ed io non mi son fatta più vedere. Cris sa
quello che Franz gli ha raccontato, ovvero che al nostro ritorno, a
casa di Tom, io e lui eravamo già pappa e ciccia. Sinceramente non
me ne frega niente, ascolto distrattamente i discorsi riguardo a quel
posto quando vediamo Franz.
Tom abita all'ultimo piano di una palazzina anni Cinquanta con
Massi e Norma, una coppia tranquilla di punk a bestia, lui tatuatore
e lei operaia. Sono indubbiamente affezionati a lui e è altrettanto
palese che io non gli sto simpatica: mi considerano un'estranea, un
problema aggiuntivo. E' normale, quattro stanze da dividere in tre,
quattro gatti, un cane e un impietoso frullo di gente dalle dieci di
mattina a notte fonda. Casa e centro sociale aperto a tutte le ore. Ci
mancavo giusto io. Certo mi hanno preso per l'ennesima
opportunista, ma non ho voglia di giustificarmi con loro, capiranno,
prima o poi.
I regaz
-Tata mi accompagni? Devo passare da Over e Pippo a
ritirare un po' di soldi. Poi torniam qui che alle
quattro aspetto Mino e Axel per consegnargli la loro
roba.
Chiude il libro, si alza e afferra la borsetta di cuoio.
Mi piace girare con lei in scooter per la città e
sentirla aggrappata a me. Insieme siamo invisibili, una
coppietta qualunque.
Si è adattata discretamente a sopportare il frullo che
c'è per casa, d'altronde era abituata alla Tana. Il
carico di gente sarebbe minore se mi comprassi un'auto,
cosa che ho intenzione di fare, ma per ora comunque
risulta impossibile smaltire più di un chilo per volta
consegnandolo in motorino. Troppo rischioso, preferisco
che vengano loro da me.
Prendo la mia attività molto seriamente e pretendo dai
miei amici puntualità e precisione, nel limite del
possibile ovviamente.
Sto cercando di presentarla a tutti i regaz, facendo
capire loro che mi fido di lei e che sta diventando una
persona importante, per fare capire a lei che, nonostante
tutto, prima che acquirenti, per me restano tutti amici.
Ha legato subito con chi, come Recchia, frequenta
l'università.
In generale comunque ha fatto a tutti una buona
impressione, e come non potrebbe, è educata, sorridente e
molto carina.
Mino mi ha detto di tenermela stretta, ed io ho
intenzione di provarci.
I più prevenuti sembrano essere Massi e Norma, ma è
normale, visto che si vedono inficiata ulteriormente la
loro privacy in casa.
The ganja man
-Fra un po' scatta il timer, aspetta che si accendano le luci prima di
entrare.
La teca è stata costruita sotto al soppalco, sufficiente ad ospitare
cinque sei piante. I neon sono stati sapientemente programmati per
alternare fasi di luce intensa a buio assoluto. In tal modo la
marijuana produce più resina. Sette o otto etti per volta, non copre
nemmeno il suo fabbisogno personale, lo fa per puro divertimento.
E' il suo lavoro e la sua passione. La ganja prima di tutto, è il
volano di ogni sua azione.
-La mia ex mi ha lasciato dicendomi che son solo capace di
impastare dei cilum...
Tom è furbo perché scopre subito le sue carte. Io assecondo in tutto
e per tutto il suo gioco.
The ganja man.
Strofa: mi appoggia in mano qualche cima d'erba e un grosso
caccolo.
Ritornello: “Tata, fai su...”
Regole di questo gioco: conosci tutti e non conosci nessuno. Come
fai, dopo avere pesato undici chili in un pomeriggio, a distinguere
gli amici dal branco degli opportunisti? Non lo so, io non ci riuscirei
mai. O forse li crederei tutti amici a prescindere, anche solo per non
sentirmi un'anima sola. Non ho il coraggio di chiederglielo, mi fido
del suo giudizio.
Occhi a spillo e sguardi vuoti, alcuni usano chetamina. Altri cocaina
o acidi. Forse anche eroina. Soldi pronti in mano, almeno all'inizio.
Per lui è la caccia all'erba migliore, alle sostanze più pregiate, e la
gente gli rimane incollata come le mosche al miele. Dieci, venti
telefonate al giorno. Un chilo o due per volta, facendo delle
eccezioni per certi amici a cui pesa anche l'etto.
Si sistemano in camera o in cucina, Tom alza il volume della
musica, abbassa le tapparelle e apre i vetri, ascolta le richieste, tira
fuori il foglio coi conti e valuta cosa può fare. Per ognuno una
transazione diversa, un pactum ad personam che dipende dalla
fiducia e dal potere d'acquisto dell'amico in questione.
Livello 57
-Andiamo, portiamo da fumare a Sasà.
Mi infilo l'etto di polline nelle mutande e finisco di
rispondere al suo messaggio.
Ci muoviamo veloci tra i vicoli di Bologna, schivando le
auto lungo il ponte di via Stalingrado e poi giù fino al
cancello del Livello.
Busso.
-Sei tu Tom?
-Sì.
Entriamo nella piccola stanza, spoglia ed essenziale, che
Sasà ha allestito dentro a una delle camere del centro
sociale.
Tiro fuori il panetto.
-Grazie, ti pago appena posso.
-Ok, segno.
Appoggio su un ginocchio di Tata un caccolo e le chiedo
di far su un joint.
Sasà è la dimostrazione che non muovo erba solo per far
soldi. Nonostante sembri un po' barbone mi ha sempre dato
sicurezza, si è dimostrato un uomo di parola, non un
bamboccio con i genitori alle spalle. Non mi metterebbe
mai nei guai.
Me lo ha presentato Alle, uno degli organizzatori del
Livello. Alle è un ragazzo d'azione, senza macchia e
senza paura, anti-americano fino al midollo, che ha
partecipato al G8 di Genova tra i black bloc. Un vero
talebano, con cui si parla volentieri di politica. Anche
Alle ovviamente fuma, ma è riuscito a rimanere aggrappato
ai suoi ideali, non si è fatto spegnere dalla dipendenza.
Riesce a gestire la sua vita e anche a organizzare quella
di un centro sociale. Non è un qualunquista, e un po' lo
invidio.
Bologna
Bologna è una città vera perché la gente per strada non ti guarda
negli occhi, diventi un puntino dello stesso colore di tutti gli altri.
Bologna mi piace, anche se d'estate quel suo vestito di pietre fa
troppo caldo. Lungo le sue braccia si snodano fitti ombrelli di
cemento, sotto ai quali si può passeggiare anche nei giorni di
pioggia.
Qui si parla con la "e" aperta per convincersi di essere di larghe
vedute. Anche la spazzatura è differente, infatti si butta via il
"rusco".
I colombi di piazza VIII Agosto vivono con poche briciole perché i
bolognesi sono persone troppo operose per perder tempo con loro.
Via Centotrecento, attraverso via Belle Arti e poi diritto fino in
Zamboni: eccomi in Facoltà. Mi siedo fuori dal Teatro Verdi, la
giornata potrebbe scivolar via così.
Il paradosso di Chihsolm mi ha insegnato a credere nei mondi
paralleli e forse, se resto qui seduta, un'altra Agata imparerà
qualcosa, oggi.
Non sono un esempio da imitare, non so cosa significhino dedizione
e impegno. Me la cavo solo perché ho una buona memoria. E
perché sorrido, seduta su un muretto.
Continuare a sostenere esami all'università è una sfida, provo lo
stesso brivido che passare in frontiera con un carico di roba.
Colleziono effimeri traguardi.
Ma rimarrò convinta, passeggiando per la Montagnola, che non sto
gettando via il mio tempo solo perchè ho ridotto la familiarità a una
mera preferenza.
-Ciao bella, come stai?
-Bene, grazie, e tu?
-Tutto ok... compri qualcosa?
-Dammi un braccialetto, rosso, per piacere.
-Ecco a te.
E' un Lanny Kraviz qualunque, un prestigiatore in incognito che fa
magie senza cappello perché espone i propri sogni in bacheca.
Certa gente lo evita perché la sua merce non è pubblicizzata in tv e
non rilascia la ricevuta.
Penso che stringergli la mano mi porterà fortuna. E' molto più furbo
di me, lui all'università potrebbe insegnarci, senza averla
frequentata.
Amsterdam
Mi rinsacco il più possibile dentro al piumino e chiudo
il camper. Il parcheggio di Volendam è semideserto,
d'inverno l'Olanda non è la meta preferita dai turisti.
Franz mi aspetta in centro, al coffe di Dan, e dovrebbe
già avere regolato i suoi conti. Il viaggio in treno è
molto più comodo.
Frequento Amsterdam da... non lo ricordo davvero, forse
da quando ho smesso di credere a Babbo Natale. Da
ragazzino son venuto qui con mio padre, prima che i miei
divorziassero.
Vento freddo anche a luglio, altissime amazzoni dagli
sguardi sfuggenti, turisti giapponesi allegri e
fastidiosi e case talmente strette e alte da essere
claustrofibiche. E' tutto quel che mi è rimasto impresso
dal nostro tour.
Il Singel è uno dei canali preferiti dalla gente per
passeggiare, scattare foto e bivaccare, suggestivo e
abbastanza riparato, e anche Pongo lo reputa adeguato ad
espletarvi i suoi più naturali bisogni.
SONO ARRIVATO. TUTTO OK, VADO A FARE COLAZIONE, IN BOCCA
AL LUPO PER L'ESAME, STENDILI TUTTI. UN BACIO, CI
SENTIAMO PRESTO. Invio
Tata mi raggiungerà in aereo venerdì pomeriggio: ho due
giorni di tempo per racimolare la roba e iniziare il
lavoro, spero che Franz stia già facendo qualcosa.
Il viso cereo di un artista mi sorride da dietro il
trucco. Immobile, in cima al suo piedistallo posto in un
angolo della Damrak, un perfetto manichino imparruccato;
sembra fiducioso del suo avvenire, brillante quanto
l'abito d'argento che indossa: il fondo della sua tuba è
già pieno di monetine.
-Bella man, come è andata? Dan sarà qui a minuti.
-Liscio, tranq. Tu hai tutto?
Sfrega lo zaino con fare disinvolto e mi passa la canna.
-Ho già preso la camera, appena arriva la roba possiamo
metterci al lavoro.
Dan ha sempre gli occhi un po' lucidi, ma è talmente
efficiente che c'è da vergognarsi anche solo a pensare
che abbia assunto qualche sostanza. Questa volta ci
propone una new entry, lo Sherazade. Un polline talmente
appiccicoso e friabile che avvicinargli l'accendino
equivale a una bestemmia. Ne fermiamo dieci chili di
prova.
Traffic1
I can't be good no more, honey, like I once did before. I can't be
good no more, baby, 'cause the world is goin' wrong...
La macchinetta si muove rapida, straccia la pelle in modo
superficiale, mentre fumo. Non provo abbastanza dolore. Lo guardo
in silenzio, il disegno sul mio braccio si riflette nei suoi occhi.
"Tatua, Massi, non ti preoccupare, ne ho bisogno."
E accanto alla strega spunta un folletto, mentre nell'altra stanza la
ruota del business continua a girare.
Sono confusa. Mi sballo per innamorarmi, o forse mi innamoro
perché sono sballata, non importa. Comunque ci sono venuta a
convivere, dopo tre mesi. Abbiamo preso in affitto un garage, da
usare come stiva, per cercare di tutelarci nel caso arrivino gli sbirri.
Continuo a frequentare l'università al mattino, di pomeriggio gli
faccio compagnia in giro a raccogliere soldi o a distribuire erba:
garage, Porta S. Donato, bar di Mino, casa di Pippo, Livello, di nuovo
garage, infine casa, dove ci aspettano Recchia e Seba.
Non so che ore sono ma devo assolutamente mangiare. Guardo in
dispensa convincendomi che quel che troverò corrisponde
esattamente a ciò di cui ho voglia.
Una scatoletta di fagiolini Bonduelle taglia nana, a conferma che
questo è un pasto salutare, tre o quattro delfini azzurri gommosi
come gratificazione zuccherina, un paio di rotelle di liquerizia per la
pressione, una canna di hashis per stabilizzare l'umore.
Suonano alla porta. E' Luca, un cuoco, lo chiamano Diabolik per i
suoi modi di fare. Veste sempre di nero, anche in piena estate e
parla bisbigliando, perennemente in paranoia. E' uno dei pochi a cui
Thomas si fida di lasciare i soldi per farsi portar giù quattro o cinque
chili d'erba. Non è un genio del crimine, imbosca la roba sempre
dentro a grandi casse per l'amplificazione. Di lì a qualche mese
viene arrestato in Germania.
Beccano anche Over. Brucia il rosso ad un semaforo con mezzo
chilo di ganja nello zainetto. Gli perquisiscono la casa. Esce
l'articolo sul giornale: “Piccolo supermarket della droga”. Figurati.
The ganja man
Strofa: mi appoggia in mano qualche cima d'erba e un grosso
caccolo di Sherazade.
Ritornello: “Tata, fai su.”
Viaggi, Bologna-Amsterdam e ritorno. Una volta al mese. Mando giù
dell'efedrina per stare sveglia. La crudeltà di un lavoro che non
lascia tempi morti. Veniamo assorbiti.
De Kuil 420 cafè, in Oudebrugsteeg, il nostro luogo di svago. Si
respira un ottimo aroma, dolce e balsamico. Le voci della gente si
confondono con la musica anni settanta diffusa nel locale: una
partita a stecca e erba Afgana, la mia preferita.
Nella notte il respiro disegna piccole nubi di vapore davanti alla
bocca. Ci muoviamo a passi svelti tra Kalverstraat e Nieuwmarkt, a
braccetto, serrande abbassate, negozi chiusi. Pongo ci aspetta in
camera.
Paradossalmente siamo più in intimità qui che a casa, al lavoro ma
comunque soli.
Le mattine vola via, passandoci accanto, non riescono a insinuarsi
sotto al piumone: mattine fredde, rischiarate da progetti svelati
all'ombra delle coperte. Progetti chiusi dentro le cartine dei joint.
Cash & claim
Cazzo ridi, coglione, di questo passo non andremo mai in
pari.
-Sono solo settecento...
Bruno mi guarda e continua a sorridere, seduto aspettando
che io carichi il tubo.
-Io non posso pagare Dan con un sorriso, lo sai no? Mi
prendi per il culo? Non puoi andare avanti a briciole,
sei fuori di undicimila, di questo passo non salderemo
mai.
Segno e metto nel mucchio. La gente pensa che solo perchè
ho in mano una mazzetta di soldi io sia spianato e debba
stare tranquillo. Ne ho altre cinque di là ma non me ne
faccio ancora niente.
-Devi avere pazienza Tom, io devo pensare anche alla mia
famiglia.
-E tu devi smetterla di darla a credito a tutti, questo
gioco mi sta strozzando. Dai, appicciami 'sto cilum.
Noccioline, pare che crediate che mi accontenti di
quelle, pensate che l'erba mi venga fornita da placidi e
rugosi elefantini che aspetteranno con pazienza l'ora del
prossimo pasto.
Venticinque mila settecento euro chiusi nell'armadio,
arrotolati dentro la mia felpa da rave. Chiudo a chiave
la porta della mia stanza e usciamo.
Tata mi aspetta davanti al Trentotto di via Zamboni,
paglia in bocca e borsa strabordante di libri. Ha già
raccolto i soldi della Fra, quattromila duecento.
-Andiamo da Seba, a quest'ora dovrebbe essere in pausa
pranzo.
Dan mi fa credito, io faccio credito, i regaz fanno
credito, probabilmente c'è qualcuno che fa credito anche
a Dan, l'ultimo puzzone di Bologna forse fuma Super Skunk
a credito... non va bene, non sono mica un giostraio che
lascia i promo alle scuole. Questo business fa girare
contanti ma si basa essenzialmente sulla fiducia e sul
benedetto credito. Una sorta retaggio medievale, di
rapporto vassallatico. Poi alla fine in guerra ci vado
io.
Per ora il mio debito ammonta a cinquantacinque mila e
almeno altrettanti devo tirane su per il mese prossimo:
bisogna interrompere la catena di S. Antonio.
Classe A
Dopo nove mesi ho ricevuto un anello di fidanzamento, le cose si
fanno serie. Penso che mi voglia bene.
Mia madre sembra contenta, mio padre è più ermetico. Questo
elettricista non lo convince proprio, troppi soldi per le tasche.
Talmente per bene da sembrare losco. E hanno già sentito la
segreteria del mio cellulare parlare in olandese abbastanza.
Utilizziamo il camper per un annetto poi Franz si trasferisce con la
Dani ad Amsterdam dove può finalmente coltivare ganja in santa
pace.
Thomas compra un Mercedes classe A, agile e abbastanza veloce,
pratico da mettere sul ponte. Si apre la scocca e si fanno scivolare
fuori i bozzoli da sotto l'auto. L'assuefazione allenta i lacci della
paura.
E' luglio, abbiamo solo cinque chili imboscati nell'auto, uso
personale. Stiamo fumando uno spinello all'altezza di Lucerna.
Ci affiancano gli sbirri facendo segno di seguirli dentro all'area di
sosta, lui lancia la canna dal finestrino.
Scendiamo dall'auto e guardiamo i cani mentre l'ispezionano,
facendo avanti e indietro tra i sedili. Si fermano e raspano
orgogliosi, hanno trovato i joint di riserva nascosti dentro al blocco
degli alza cristalli. Certamente riceveranno un premio.
Arriva la stazione mobile per farci delle analisi, che ovviamente
risultano troppo positive. Ci guardano come se avessimo assunto
criptonite.
Caricano Thomas su un'auto e lo portano via per ulteriori
accertamenti.
Devo rimanere calma. Rimetto in ordine il Classe A, mi siedo sul
marciapiede e aspetto. La pattuglia che è rimasta con me si
allontana, hanno capito che senza di lui non andrò da nessuna
parte. Dopo un'oretta riappare, e c'è anche lui.
-Ti amo.
Una frase detta in una piazzola, prima della fine di un viaggio. Due
parole che si sciolgono al sole.
-Speriamo.
"Si, speriamo che vada tutto bene, che ti lascino restare qui con
me."
Quattrocento euro di multa e un'indimenticabile lavata di capo. Ci
fermiamo ancora un po' per smaltire lo spavento.
Usciamo dall'autostrada verso il paese più vicino. Tiriamo fuori un
pacco dall'imbosco, abbiamo bisogno di placare la tensione.
The ganja man.
Strofa: mi appoggia in mano qualche cima d'erba e un grosso
caccolo di Sherazade.
Ritornello: “Tata, fai su.”
Ridiamo.
Risky business
-Hai voglia di fare un po' di soldi èh?! Bene, no
problem, mi darai una mano.
Sapevo che Break prima o poi si sarebbe fatto avanti, ora
che le cose iniziano davvero a girare. Perchè con la
musica è molto più difficile fare soldi. Invece dopo due
o tre giri come corriere starà a posto per almeno un
anno.
-Tu non sei convinta, non ti vedo convinta, dimmi cosa
c'è...
-Niente Tom, ovvero, te l'ho già detto, secondo me è
troppo alternativo per questo lavoro. Fa il dj ai rave,
si cala solo dio sa cosa, e tu vuoi metterlo su un camper
o su un furgone a nolo carico di roba, imboscando tutto
solo dietro le casse e ai dischi. Dico solo che è un
azzardo. Tutto qui. E se muove della coca, beh, non vuol
dire niente, lo sai anche tu che un po' di bianca si
nasconde meglio.
-Senti Tata, lui se la sente, noi gli faremo da staffetta
in auto precedendolo di un po', tutto andrà bene, come al
solito. Lo conosco da una vita, non è un pivello.
-Ok, tanto lo sai che verrei comunque.
Mi mette le braccia intorno alle spalle e mi sfiora con
le labbra dietro a un orecchio.
-Sai cosa ti dico 'Ta? Se non saremo ancora sicuri prima
di partire recluteremo una seconda staffetta, qualcuno di
davvero losco, da potere lanciare in bocca a una
pattuglia di sbirri. Che dici?
Annuisce leggermente, appoggiandomi il mento sulla
spalla.
-Adesso andiamo da Gianni a prenderci un gelato, poi
aspettiamo Recchia e Sergo, stabacchiamo un paio di cilum
e ci infiliamo a letto.
Puntualità e precisione, ma cosa lo dico a fare: anche i
migliori a volte mi fanno girare le balle. Un tam tam
rigoroso e silenzioso, capace di far vibrare le corde
dell'ambizione e dell'avidità, alimenta il narco
business. E io mi ritrovo ancora qui alla ricerca
frenetica di una sorta di rispettabilità.
Mino sa effettivamente come prendermi: una ricca cena al
ristorante, per saldare una parte del debito e farsi fare
altro credito, figura tra i suoi cliché. Mi sento preso in
trappola e non vedo altra alternativa che accettare.
Torna dalla cucina con un piatto caldo e inizia a
stendere cinque righe grasse. Tiriamo a turno, Tata
sembra un po' infastidita dalla naturalezza con la quale
il mio compare si comporta.
-Rega, siamo in un luogo pubblico...
La Michi sorride, il proprietario conosce bene i suoi
clienti, ci ha sistemati nel privè.
Non ho molto appetito, sono qui per parlare di affari,
per sapere da Mino come ha intenzione di far rientrare
tutti i soldi che ha fuori. Massimo tra quindici giorni
io devo ripartire, Dan non aspetta.
Secchiamo due bottiglie di Brunello in quattro, e tre
grammi ; a mezzanotte e mezza ci alziamo allegri da
tavola senza avere concluso un gran chè. Salutiamo e ci
dirigiamo verso la macchina.
Non ho voglia di andare a casa, chiedo a Tata di far su
uno spino, gironzolo un po' per il centro, poi mi infilo
in un parcheggio tra via Larga e S. Donnino. Spengo il
motore. Rimaniamo al buio coi finestrini abbassati, sento
il sapore dell'erba in bocca e il retrogusto della coca
ancora tra il naso e la gola.
Le accarezzo una spalla nuda e poi le abbasso la
brettellina della canotta. Non c'è bisogno che dica
nulla, lei appoggia la borsetta a terra, si gira e mi
monta a cavalcioni, slacciandomi con la mano destra la
cintura e abbassando veloce la zip dei pantaloni.
I suoi capelli iniziano a ondeggiarmi davanti, il suo
profumo è leggero e fresco, il suo alito ha il sapore
della canna di Shiva che ha appena appoggiato: è
perfetta.
Anoressia e Bulimia
Mi sento male, il fumo comincia a togliermi l'appetito. E quando mi
vien fame mangio poi corro a vomitare. Sono dimagrita, voglio
ancora dimagrire. Per piacergli di più o perché non sono felice, mi
manca qualcosa: attenzione.
Più dimagrisco più le altre donne mi sembrano magre, e mi sento
grassa, ancora inadeguata. Vedo buccia d'arancia dappertutto.
Mi sfinisco, cerco compensazioni. Voglio mangiar cose che andrò a
vomitare e non riesco a mangiarne altre che vorrei.
Stupido cibo che non riesco a tenermi dentro perché devo e voglio
sempre ascoltare lo stomaco brontolare e sentire il ventre mentre si
contrae.
Voglio sempre di più. Superare i miei limiti, rasento il delirio di
onnipotenza.
E' un richiamo disperato.
"Qui si fa solo business e basta. Dio Boia! La pressione di questa
vita mi sta lentamente schiacciando."
Così ho deciso di oppormi: più divento sottile più tempo ci
impiegherà a schiacciarmi.
Purmerend è una località tranquilla, pochi chilometri fuori
Amsterdam. Odora di provincia, il verde lucido dei prati stride
contro un cielo di piombo. Rappresenta quella parte di Olanda in cui
non verrei mai ad abitare. Non c'è neanche un coffeshop. Nascosti
qui a impacchettare erba diamo ancora più nell'occhio.
-Troppa gente, troppi casini. Questo giro è un inferno! E tu che
cazzo vuoi, cos'hai da scodinzolare...
Afferra Pongo e lo scaraventa violentemente contro la parete.
Il cane non si rialza, continua a guaire forte.
-Vado a cercare un veterinario.
Lo prende in braccio ed esce.
Scoppio a piangere, rannicchiata sul pavimento con la testa fra le
gambe. Cerco da fumare dentro alla borsa.
Thomas questa volta ha esagerato, ma non riesco a combatterci.
Non mi sento in diritto di dirgli niente. Cosa ci faccio qui? Mi sento
inutile. Forse non se la prende con me solo perché posso parlare.
Ho la testa che mi scoppia, i ragazzi ci stanno aspettando fuori
dall'albergo con un furgone pieno di marijuana.
Pongo si è rotto un femore, viene operato, gli mettono un paio di
chiodi. Torniamo a casa con due giorni di ritardo.
-Ricorda, si è fatto male rincorrendo delle pecore.
-Sì, andrà tutto bene...
Alle bugie.
Traffic2
-Buongiorno, mi servirebbero quaranta rotoli di vulcano.
Sorrido, è come una formula magica, pronuncio le parole e
l'imbarazzo svanisce.
Il commesso non sembra stupito, chissà cosa pensa. Me li
porta dentro a uno scatoloncino, che gentile.
Ad Amsterdam Dan ci accoglie come sempre, offrendoci da
bere. Inframmezza i suoi discorsi raccontandoci le
ripercussioni che i recenti avvenimenti hanno avuto sui
traffici.
-E' pieno di sbirri in giro. L'attentato dell'11
settembre ha provocato un intensificarsi dei controlli.
Andiamo in ufficio, tira fuori la conta-soldi e inizia a
dividere le mazzette. L'erba è ottima, Super Slunk, Orange
Bud e Jack Herer.
Ci lascia le chiavi di un garage. E noi ci trasformiamo
in una piccola catena di montaggio: preparare i sacchetti
con la roba, metterli sulla bilancia e pesarli in modo
scrupolosamente esatto; chiuderli sottovuoto
assicurandosi di togliere dall'interno più aria possibile
senza lesionare i pacchi; creare i bozzoli col nastro
vulcanizzante per sigillarli definitivamente; lavarli col
sapone ed asciugarli uno per uno per togliergli eventuali
odori o tracce di qualunque cosa possa essersi attaccata
al guscio esterno; imboscarli all'interno del veicolo.
Germania, Svizzera. Guido come se avessi qualcuno a
tallonarci, mandiamo giù un paio di efedre, finisco un
pacchetto di sigarette.
Tata è sempre vigile, rasenta la paranoia.
In frontiera accendo il cellulare, sette chiamate non
risposte, quattordici sms.
-Mino e Recchia ci aspettano a casa, così ci danno una
mano e mi libero subito di un po' di roba.
-Fantastico...cerca di andar piano, ti pare prudente
farsela carichi tutta in terza corsia?
-E' come al solito, non hanno cambiato le curve per noi.
Bologna S. Lazzaro, diretti in garage, raccatto Mino e
Recchia da casa, Alle ci aspetta davanti al tunnel.
-Poche chiacchere e meno spini, ora si lavora un attimo e
dopo ne parliamo.
Il messaggio arriva forte e chiaro, non per niente sono i
migliori.
Un lavoro ben fatto, peccato che il bene sia un pretesto
usato per giustificare le nostre azioni.
Magic Mushroms
Ipnotizzati. Da Vondelpark al Red light district. Camminiamo su e
giù per i canali, dentro e fuori dai locali. Giriamo in tondo chissà per
quanto, ci orientiamo a naso, le insegne dei locali sono come
figurine.
I funghi allucinogeni, Magic Mushroms, vanno consumati
tassativamente a stomaco vuoto. Gli effetti sono piuttosto strong,
paragonabili a quelli di un acido: ti esaltano ogni percezione, ti
stravolgono i sensi.
Una 7up e giù. Sono amari e puzzolenti, ma vale la pena. Non senti
più il freddo, la fame, la fatica, non hai alcun rimorso per quello che
stai facendo.
Un grammo a testa, sballo assicurato per cinque sei ore.
Mi sono completamente scordata di Tom.
Riprendo coscienza mio malgrado, qualche ora più tardi, mentre
stiamo sghignazzando per chissà cosa sotto la pioggia, accasciati
contro una ringhiera all'angolo di un vicolo. Sguaiati e scoordinati,
in uno stato di semi-incoscienza anche se siamo svegli.
Probabilmente il mio cellulare sta suonando da un bel po', perché
lui è furioso.
-Ma dove cazzo sei? Dovevate essere qui due ore fa!
-Tranquillo, ci siamo...
Mino e Sergo mi guardano con aria assente, non riesco a
trattenermi. Scoppiamo a ridere forte.
Il clic del telefono mi fa riprendere contatto con la realtà.
Ci incamminiamo veloci verso il coffeshop di Dan. Trangugiamo tre
bicchieri di spremuta per farcela passare.
So perché Tom ce l'ha con me, solo perché non li ho presi insieme a
lui. I ragazzi cercano di essere gentili e minimizzare.
-Fanno sai?
-Non potremmo...
-Certo che possiamo, cretino, ne ho già ordinati cinque chili da
stivare col resto.
Questo mondo delle banalità
Sono in fuga da un'esistenza qualunque, di problemi seri
non ne ho mai avuti. Mi sballo perché questo mondo è
diventato banale. Vivere o morire, spacciare o fare
l'elemosina, è diventato uguale. Legale non è sinonimo di
giusto o morale.
E' fastidioso pensare che alla gente piace vivere anche
se tutti i giorni fa del male. Ma siamo tutti dei
parassiti, e teniamo duro.
I vizi e l'incoerenza hanno tramutano l'agire in un
susseguirsi di sbagli, non si gode più di niente perché
ci si accontenta dell'apparenza. Un lucido guscio vuoto è
più bello e rassicurante di un interno rugoso.
10 maggio, domani è il mio compleanno. Stamattina è morto
Alberto, un mio amico e acquirente. Un ragazzo timido e
educato con una famiglia benestante alle spalle, uno dei
pochi sempre in pari coi conti. Si è schiantato in motore
lungo una statale.
Non piango, forse per mancanza di ipocrisia, o magari per
assoluta vacuità. Congelo nel silenzio ogni sensazione.
Nella catena del business qualcuno prenderà il suo posto.
L'ultima cosa che gli ho detto è stata: "Ciao bello, alla
prossima."
E' difficile mantenere saldi dei valori in un mondo in
cui chi ti chiede se ti importa qualcosa dei problemi
sociali non ti guarda negli occhi, ma da dentro una
telecamera, in un mondo in cui il nichilismo è di moda e
le persone si cullano davanti ai cristalli liquidi di uno
schermo piatto proiettandovi le loro aspettative. Credere
e creare niente appare più rassicurante.
La società occidentale vive sotto assuefazione, condanna
il pensiero indipendente e autonomo nonostante le
apparenze. Non abbiamo imparato più niente dall'avvento
della propaganda. Brainstorming. Meglio frasi ad effetto
che verità scomode, così somministrano veleno a piccole
dosi.
Cannabis Cup
Sei pass, bastano. Ho affittato tre appartamenti contigui in una
palazzina vicino a Nieuwmarkt. E' novembre e fa un freddo cane,
ma Amsterdam è una vera primizia.
E' la seconda Cup alla quale io Tom partecipiamo, la prima però a
cui decidiamo di recarci solo per svago, o quasi, amici al seguito.
Portiamo soldi, prendiamo accordi, ma il carico è rimandato al mese
prossimo.
Mino è il bello del gruppo, il suo successo con le donne lo induce a
intrattenere spesso più di una relazione per volta. Ha un passato
burrascoso con le sostanze e un grande amore per il Bologna calcio,
che condivide con Recchia. E' nel giro da molto, forse anche da più
tempo di Tom, visto che è di qualche anno più grande. Gestisce un
frullo assai eterogeneo di gente che va dagli amici dello stadio a
quelli del bar, a quanto ne so ha un conto aperto con Tom che
ammonta a circa in quarto del debito che lui ha con Dan.
Axel è un ragazzo ricco, amico di Thomas dall'adolescenza. Ha
scelto di fare il chef come vocazione, seconda solo alla sua passione
per gli stupefacenti. Il maggior pregio di Axel è: tanti soldi, quasi
tutti in anticipo e debito saldato comunque sempre a ogni giro.
Averlo in appartamento con noi comunque non significa che la sera
cucinerà lui, se le fa talmente fotoniche che metterlo davanti ai
fornelli sarebbe tentato omicidio.
Recchia e Tom sono in collegamento telepatico. Questo è un dato di
fatto accertato al di là di ogni ragionevole dubbio. Non so se sia per
i suoi studi di scienze della comunicazione ma Recchia riesce
innegabilmente a capire il mio ragazzo meglio di chiunque altro, e
di solito agisce di conseguenza, custodendo Frodo e l'anello con una
dedizione degna di Samvise Gamgee.
L'expo della Cannabis è stato allestito in un locale stretto e lungo,
articolato su più piani, poco fuori dal centro. E' stipato di gente,
l'aria è calda e umida, con un retrogusto di marijuana.
Testiamo i campioni offerti dentro ad un bong. Vengono esibite
piante in piena fioritura. Bella storia.
Perdo di vista Thomas e gli altri per un attimo. Lo ritrovo venti passi
avanti mentre abbraccia Franz. C'è anche Cris, o magari me lo
sogno, sono troppo sballata. Saluto e non mi accorgo di niente.
Tour dei coffeshop: Dampring roba speciale ma sempre troppo
affollato, Abraxas semi-indigestione...usciamo con le tasche piene
di bonbon al fumo, Softland la solita ganja dolciastra -niente di ché-
ma è spazioso e quindi ottimo per far su, Dutch Flower l'Ak-47 non
delude mai, Tweede Kamer in sei già ci si pesta ma vende fumo da
paura e vale sempre la pena.
Il programma si ripete per due o tre giorni. Di sera finiamo a
cremarci al Blue Bird facendo girare senza posa i cilum carichi di
Charras o di Afgan Polm.
Al mattino si fa colazione al Bushdoctor.
-A chcomel please...
Mi sento davvero in forma.
Convivenza difficile
Una rissa, ci mancava proprio. All'angolo destro, in
pantaloni neri oversize e t-shirt rossa con la bandiera
del giappone cucita sul petto, la sfidante, Agata (prendo
tutti gli spilli per la punta) Del Molino, incontra la
campionessa in carica, finora imbattuta, calzoni militari
e canottiera variopinta con Ganesh, Norma (non mi faccio
mai i cazzi miei) Ricci.
Si son messe le mani addosso, in camera di Massi,
puntando dritte verso la mazza da baseball di metallo
che il mio coinquilino tiene dietro l'armadio.
Io ero in giro con Recchia, per fortuna c'erano Alle e
Massi a dividerle. Sono volati insulti pesanti, la
situazione non può reggere a lungo, non mi fido più
nemmeno a lasciare il contante in camera.
Anche Massi ha il suo debito, e pretende. Si è accorto di
aver perso molti dei privilegi che aveva.
La casa è un accampamento e io son fuori quasi tutto il
giorno, Norma è al lavoro e Massi tatua oppure suona.
-Mi raccomando, non ti sprecare a dare un po' di
straccio, o a lavare i piatti, sei un'opportunista, una
persona cattiva, ecco cosa sei!
Deve essere iniziato tutto così, alle quattro di
pomeriggio, più o meno. Tata odia sentirsi dare
dell'egoista, figuriamoci poi da Norma. Crede di agire
sempre per il meglio, pretende di starmi vicino, mi vede
perennemente in pericolo o sotto assedio. In più vuole
anche continuare a studiare, e ci riesce, non ho ancora
capito come.
Si siede in cima al soppalco e si immerge nella lettura
di pallosissimi saggi di linguistica o semiotica, mentre
intorno a lei fumiamo cilum e facciamo di conto, con la
tv accesa o lo stereo a palla. Cade in una sorta di
catarsi da cui si riprende solamente quando la chiamo per
passarle uno spinello.
Gods are away on business
-Sveglia, c'è la guerra a Kabul.
-Non credo in Dio né in Babbo Natale. E me ne frego come tutti gli
altri. O meglio la si guarda svogliatamente attraverso i reportage.
Guerra e speranze per il futuro. Pace e libertà esportate attraverso
l'uso di bombe teleguidate.
Continuo a punzecchiarlo:
-A parole son tutti bravi ad essere pacifisti.
-Capelli grossi e cervello fino, e non te ne frega niente...
-Già, e non cambierò mai.
-La verità non c'è o resta nascosta sotto una cortina di fumo, il
terrorismo non è un'invenzione di Bush più di quanto non lo è la
democrazia.
Guerre per interessi. Per il carbone, l'uranio, il petrolio o l'eroina.
Guerre promosse dall'occidente perché si producono armi e si
consuma droga.
Il traffico di stupefacenti rappresenta un settore industriale in
espansione, e anche noi ne siamo una piccola conferma.
Il danaro sporco va ripulito. La disponibilità di denaro liquido è uno
dei problemi più urgenti del sistema bancario attuale e i
narcodollari costituiscono un'interessante opportunità, capitale
liquido da investimento disponibile. Questo è il business.
Stamattina mi son sentita dare della ninfomane, è una bella
giornata e io volevo solo fare l'amore. Sarebbe bastato il suo
sguardo per capire quanto la mia richiesta fosse fuori luogo.
Nascondo i miei pensieri dentro una canottiera a fiori e un sorriso
rabbioso. Non apprezziamo più le piccole cose. Non riusciamo ad
aiutare gli altri.
Si imbottiglia l'acqua per non regalare nemmeno quella, ci si sente
orgogliosi per cose inutili, si crede di meritare molto. Ci si svende
per soldi o per necessità, ci si vende anche per amore.
-Babbo, cosa vuol dire essere comunista?
-Beh, essere comunista significa pensare che sia importante
condividere le proprie cose con gli altri per essere felici, e lottare
per far sì che questo avvenga.
Quando ero bambina mio padre deve avere detto una frase del
genere, ma io ero troppo piccola per capire quanto fosse
anacronistica, così ci ho creduto.
Ma oggi non riesco più a trovare ideali che, applicati a questo
mondo non si tingano di grigio. La stessa teoria del plusvalore non
smentisce l'equazione più denaro uguale più successo, riducendo in
fondo il comunista al menefreghista, a colui che fa una cosa per il
semplice gusto di farla, fregandosene del ritorno materiale e della
morale condivisa.
Rototom Soundsplash, Osoppo, luglio 2003
Sizzla, Marijuana
Ey, I tell ya dis:
Oh, strictly marijuana,
A natural plant, it's grown from herb,
That's a natural herb, no one ever
to take the herb
Fuckin' chemicals
that's drugs, okay?
No we don't give a fuck, we just
Smokin' of marijuana till our brains get starve
Feel my blood, without
No we don't give a fuck, we just
Burnin' of marijuana till my brains get starve
Oh, what precious little plant, to destroy it
I just can't
This is what the world want, smoking ganja man
once again
Doctors use it in their laboratories,
we've got prophets to give you it's history
Smokin' touches everybody's heart – it's mistery
Look now:
it's good for the family,
good for the parents
it's good for the folks
good for the children
It's good for caracte
it's the medicine, the medicine
for me and you
...
Knowledge is golden, so teachin' marijuana
a program, for Babylonian, can reach it
They say dat's illegal, yet they want to steal it
They believe it
Smokin' grass keep me feelin' irie,
Raggamuffin, oh who dare to try it
I'm always joyful and lively,
Marijuana put the right beside me
...
Pippo ha un sound system chiamato Kaly Weed. Partecipa ad
un Clash, venerdì 11, al Rototom, contro un sound di
Parigi, e lo siamo venuti a vedere. Fa parte degli old
boys, il gruppo dei miei cosidetti amici storici. Gli
voglio bene, anche se non è mai a posto coi conti.
Attraversiamo in fretta lo spiazzo dove si è svolto il
concerto. Sono fradicio, ci sediamo a riposare presso
l'area campeggio. L'aria e polverosa e la terra piena di
crepe.
-Da quant'è che non mangi? Hai totalizzato dieci joint e
zero pasti anche oggi, lo sai vero?!
Tata sta attraversando un periodo no, che continua ormai
da troppo. Sono preoccupato, ma sembra che lei non se ne
accorga, o non voglia. Anche i suoi genitori lo sono e
premono perché io faccia qualcosa, ma penso che sia già
grandina, e odio i parenti invasivi.
Rischiamo di rovinarci la vacanza a causa di futili
discussioni sul cibo; ciò non toglie che questo stile di
vita la stia logorando eccessivamente.
-Andiamo almeno a prendere una granita.
Anche la signorina in bianco in piedi dietro al chiosco
la guarda con preoccupazione.
-Due al limone, per favore.
Rimaniamo in piedi all'ombra di un tendone. Manda giù
troppo in fretta, sviene, per un paio di minuti.
-Non ti preoccupare, è stata solo congestione, fa troppo
caldo, rimango qui stesa ancora un attimo e mi sentirò
meglio.
E' la terza volta questo un mese.
Blanca
Blanca è una cucciola di pitbull, nata il giorno della Befana, ha un
fratello di nome Kaos. Me l'ha regalata Thomas, portandomela
dentro a una scatola da scarpe, il 16 marzo fuori dalla Facoltà.
-Ti amo.
Mi sento felice.
-Speriamo.
E' più forte di lui, non riesce proprio a darmi soddisfazione, mai una
volta che gli senta dire "anch'io".
Blanca dorme sotto al soppalco in un lettino ricavato da alcuni
stracci. Mi hanno detto di metterle un paio di mutande usate e dei
calzini sporchi nella cuccia, così impara a distinguere il mio odore.
Thomas le piace un sacco, ha la voce profonda e i cani vengono
impressionati da questa cosa, ma vorrei che diventasse il mio cane.
Ore 8. Si è cagata addosso. Ha avuto la sciolta e oltre a sporcarsi
tutta ha imbrattato parte della stanza.
Lui la sgrida forte e mi dice di scendere in cortile per lavarla.
L'acqua fredda non le piace. Rimarrà traumatizzata.
-Tata, il tuo cane fa quel cazzo che le pare...dille qualcosa...
-Blancaaaaaa, da brava, vieni qui a cuccia?
E' un cane dominante e Pongo non ha tregua. A cinque mesi ha già
fatto il suo primo viaggio ad Amsterdam, dove si è scontrata con un
gatto feroce, perdendo clamorosamente e trascinandomi a terra
con lei. Da quel momento non ha più smesso di dar la caccia ai
felini: pretende una rivincita.
Compromessi
-Guarda, io non voglio dire, ma anche tu a cosa pensi
quando fai le cose? Non certo a noi, questa casa ormai è
diventata uno zoo... Credi che un cane in più ci metta al
riparo dagli sbirri?!
-Senti Norma, non so se l'hai capito, ma ho intenzione di
levare le tende il prima possibile, voi dovreste solo
pensare a saldarmi, poi sarete al sicuro.
L'armonia si è inevitabilmente compromessa, non possiamo
resistere ancora a lungo. Sguardi truci, pasti separati,
ognuno pensa per sè. Tata a deciso di alternare le notti
qui a quelle a casa dai suoi, che per lo meno mi
accolgono senza problemi.
Lei non vuole problemi.
Solo domande non banali. Quelle che io non le pongo.
Lei non si fa dei problemi, nemmeno quando esce dal bagno
dopo essercisi chiusa dentro per un quarto d'ora.
Continua a sorridere a tutti.
Guarda il mondo a tinte dolci, dietro un paio di
occhialino con le lenti viola. Non esulta mai, per non
perdere il suo ritmo nascosto. E io mi dondolo dall'altra
parte del tavolo sulle note della sua canzone.
Continuerà il suo ballo anche quando si sentirà
compromessa. Anche se si sente oppressa da un futuro
pregiudicato.
Anche la sicurezza del garage sembra compromessa, troppe
chiacchiere, troppo frullo, ma in mancanza d'altro per
ora continuo ad usarlo. E' affittato a nome suo, per
questo non ne verrà nulla di male.
Destino.
Dieci chili in valigia
Le casse dello stereo in camera mia sono piene di primizie. Scelgo
una cima di Orange e rullo una canna. E' un po' aspra e ha una
fragranza fruttata.
Apro il velux per fare uscire un po' di fumo dall'ambiente. Mia
madre bussa, giro la chiave.
-Tata vieni giù a mangiare con noi?
-No, aspetto Tom.
E’ tardi, dovrebbe già essere qui. Aspetto.
Riesco a non pensarci, annullo le preoccupazioni anche se lui non è
con me. Sono stata gelosa di una fotografia che ha scattato alla
morosa di Over ancor prima che mi conoscesse. Quando l'ho
incontrata di persona mi son detta che era troppo bella e e ho
desiderato profondamente che lui non la guardasse. Pesasse,
facesse i conti, chiacchierasse solo con Over. Ma così non sarà mai.
E io mi terrò i miei perché è finito proprio con me.
Ora mi importa solo di saperlo al sicuro, colleziono ninnoli
scaramantici, collane con rudre e un ciondolo, con dentro la sua
foto. Per proteggerlo sempre.
Sono una pressapochista. Come mi è venuto in mente di
assecondarlo e cacciare tutto quel fumo chiuso in valigia dentro
all'armadio a casa dai miei.
Mamma mi guarda senza parlare, in piedi di fronte a me. Dieci chili.
Questo è il quantitativo di Afgano che ha trovato nascosto dietro a
una pila di jeans. E va oltre ogni sua aspettativa.
“Lo custodiamo per alcuni amici.” Che scusa banale… di certo non
se la beve.
Sudo. Ascelle appiccicose e lingua invischiata. Ma la guardo sempre
dritto negli occhi, spalancandoli. Sono così fuori che tento di
spiegarle quanto si può risparmiare acquistando del nero in
quantità. La discussione per fortuna finisce lì, forse perché mi vede
così determinata, senza fermate possibili se non quella di avere
l'ultima parola. Se ne va sbattendo l'uscio. Non ne riparleremo per
parecchio tempo.
Informo Thomas dell’accaduto, lui ride. Sembra non darci peso.
D'altronde non gliene ho dato nemmeno io.
-Prima o poi doveva succedere. Almeno sono solo 10 chili.
Ottima risposta.
Il successo
Notti in bianco, consegne, pesate, altre consegne.
Io in macchina e lei in taxi, da Bologna fino a Rimini,
Modena, Reggio, poi di nuovo in giro per Bologna.
Provvedendo il più possibile a rispettare le scadenze,
ritrovandoci solo in tarda serata al garage per mettere
insieme i soldi prima di andare a cena.
Segno, "Chino novemila, saldato; Nic seimila, sotto di
quattro; Bruno tre e sette, sotto di sei".
Dan mi ha consigliato di comprarmi un palmare e io ho
eseguito prontamente. Spacciatore feudale lanciato in
un'era digitale.
Ho accettato la proposta di a Fabio, facendomi mettere in
regola per svolgere un lavoro pressoché inesistente che
mi permette di assentarmi durante il giorno. Ho
finalmente un paravento per la mia attività, ovviamente
pago il suo disturbo in natura.
Tata è contenta, e continua instancabile a trascorrere
notti in bianco sui libri, e ad alternarsi tra le
consegne e l’università.
I regaz, dopo un giro di vite che che tende a
ridimensionarli costringendoli a cacciare fuori di volta
in volta i soldi per l'erba tutti in anticipo, sono
diventati ancora più impazienti ed onnipresenti,
assillano con telefonate e sms a tutte le ore, rendendo
estremamente arduo ogni sforzo per far si che i nostri
movimenti rimangano riservati.
Come sempre, al ritorno da un viaggio, ne ritroviamo
alcuni a casa o davanti al garage, occhi rossi e orecchie
tese, talmente vigili da sembrare sull'orlo di una crisi
di nervi, intenti a fumare sigarette come tossici di
periferia.
Forse il successo consiste proprio nel creare e riuscire
a mantenere delle aspettative, alimentandole.
Forse il successo consiste nel trovare la pentola d'oro
dei folletti, o magari salvare il mondo uccidendo la
gorgonide attraverso uno specchio per liberare forme
fatte di sale. Qualcuno alla fine te ne sarà
riconoscente, e aspetterà la tua prossima impresa.
O il prossimo viaggio.
Arrivo.
Scarichiamo l’auto. Tutto come al solito, per il meglio.
Il rischio non sembra un prezzo troppo alto per ciò che
stiamo facendo. E continuiamo.
Notti in bianco, consegne, pesate, altre consegne.
Traffic3
La casa è sempre più affollata, è diventata invivibile, nei corridoi di
facoltà c'è meno confusione. La faccio franca rifugiandomi sopra al
soppalco, lasciando che sia Massi ad aprire la porta.
La camera è in uno stato pietoso, cd sparsi in mezzo ad abiti sudati,
pezzi di fumo appoggiati sopra alle bollette. Io non collaboro, non
carico la lavatrice e non lavo i piatti sporchi. Non faccio neanche la
spesa. Ma se mi applico posso riuscire a produrre uno spinello
prima di mettermi a leggere.
Tom sta cercando un'altra sistemazione, solo per noi due e i cani,
mentre i viaggi in Olanda si intensificano.
Break ha dato forfait, o meglio, lui e Tom hanno convenuto che era
arrivato il momento di stoppare col furgone. Venti o trenta chili
scoperti, troppo rischioso. Meglio quindici, però al sicuro, così
abbiamo ricominciato ad utilizzare l'auto, riempiendo il fondo fino
all'inverosimile, e facendoci precedere da Recchia, Mino o Sergo
come staffetta, anche due volte al mese.
La richiesta d'erba e fumo sale proporzionalmente all'aumento
dell'offerta, inaugurando una fase molto positiva per gli affari.
La roba cresce di qualità e in quantità, mentre veniamo entrambi
sempre più assorbiti dal quel lavoro che sembra poterci garantire
l'opportunità di realizzare in fretta i nostri sogni.
Thomas come sempre ha le idee chiare su quel che va fatto:
imporre a tutti senza distinzioni un'interruzione del credito fino a
nuovo ordine, contemporaneamente ad un leggero aumento del
prezzo. E i soldi cominciano ad arrivare tutti puntuali o in anticipo
come per incanto.
Dodici viaggi in nove mesi. Ha dovuto trovare un secondo imbosco,
meno furbo del primo, ricavato all'interno del bagagliaio dell'auto,
dove potere infilare pacchetti di piccole dimensioni, primizie, che
non è riuscito a stipare dentro al guscio della scocca. O siamo
ricorsi a soluzioni di fortuna, come quella di riempire alla meno
peggio una o due valigie con tutto quello che è rimasto fuori.
Notti in bianco. Consegne. Pesate. Altre consegne.
The ganja man.
Strofa: mi appoggia in mano qualche cima d'erba e un grosso
caccolo di Sherazade.
Ritornello: “Tata, fai su.”
Con Dan
-State lavorando troppo man, dovete concedervi una
vacanza.
Agata appoggia di riflesso la tazza, rovesciando un po'
di tè sul tavolo, e gli lancia un'occhiata carica di
preoccupazione.
-Intendiamoci, non sto dicendo che siete sotto controllo,
per me state lavorando come si deve, però far su e giù
carichi di borsoni dall'appartamento dei miei ragazzi
anche due volte al mese a lungo andare non va. Non che in
albergo sarebbe meglio, anzi. Stai sicuro che qui hai più
privacy, però è un attimo far due più due e scoprire che
non siete in visita di piacere.
Anche quando ti guarda serio Dan non riesce ad aggrottare
le sopracciglia, quindi mi sento libero di interpretare
il suo invito come desidero: motto di spirito, consiglio
amichevole o timida ingiunzione. A parte gli scherzi so
che parla nel mio interesse.
-Voglio andarmene da lì, e anche in fretta, ci sono
quasi. E' diventato più rischioso muovere per Bologna in
questo modo che fare avanti e indietro dall'Olanda.
Tragica verità.
-Abbiamo trovato una casa che ci piace, capisci che non
sono nella posizione adatta per accendere un mutuo...
-Hai intenzione di pagarla in contanti man? Cazzo,
vivete proprio in Italia, se lo faccio io qui la finanza
mi piomba addosso prima che sia riuscito a farmi
consegnare le chiavi.
-Vai tranquillo, trattiamo direttamente con un privato,
amico di amici, non c'è pericolo.
Al ladro
Stiamo per trasferirci in campagna. Abbiamo trovato una casa che
fa al caso nostro, abbastanza isolata e allo stesso tempo vicina
all'autostrada.
Thomas vuole sistemarla un po', quindi tra settimana facciamo
spola tra casa dei miei e quella di Massi e Norma, spostandoci nella
nuova solo durante il week end.
Anche il garage di Bologna ormai è diventato troppo bazzicato per
tenerci stivata la merce. Tom ha deciso di spostare tutto nella casa
nuova, dentro al bagno al piano terra.
Studio in camera a casa dai miei, per concentrarmi, non divagare.
Sono rimaste poche cose, ormai, nella mia stanza. Un poster
dell'uomo vitruviano, un segnalibro con i girasoli, due acquerelli di
Salisburgo, Leonello (il mio leone di pezza) e il mio vecchio diario
segreto. Tutte cose che possono anche rimanere qui.
Lui mi raggiunge tardi alla sera, dopo che è riuscito a liberarsi dalla
gente che ha intorno. Riparte al mattino, abbastanza presto.
-Tata, la roba è sparita...siamo stati ripuliti.
Lo fisso impietrita senza riuscire a dire niente. Se la vita non è come
te la aspetti, il mondo non è come te lo immagini. Non siamo
onniscienti, ma solamente custodi, aggiungerei negligenti.
Se siamo stati davvero creati ad immagine e somiglianza di qualche
dio, questa immagine era alquanto imperfetta e deformata, a meno
che neanche quel dio fosse così buono e perfetto come molti
ritengono.
E' uno scherzo, adesso uscirà qualcuno da dietro la porta dicendomi
di sorridere...
-Hanno preso ogni cosa, devono essere entrati in casa stanotte
mentre ero qui, si son caricati anche la cassaforte.
-Ma chi sapeva che avevamo appena trasferito tutto?
In troppi.
Quattro chili d'erba, 8 chili di fumo (Sherazade e Baba Red), diversi
pacchetti di primizie varie e undicimila cinquecento euro in
contanti.
Fortunatamente, se così si può dire, la maggior parte della
marijuana era già stata piazzata nei giorni scorsi; ciò non toglie che
quello che era avanzato costituisse proprio il grosso del guadagno,
merce che avrebbe dovuto essere smaltita nel giro di una
settimana.
Mi sono parecchie volte preoccupata della polizia, dei doganieri,
della validità degli imboschi, della nostra sicurezza; non ho mai
contemplato seriamente la possibilità che tra i diversi rischi nei
quali incorriamo rientra anche quello di subire un furto, ho smesso
presto di dubitare dell'affidabilità della gente che conosciamo,
pensando inconsciamente che si sentano tutti parte più o meno
integrante di un grande progetto, complici e collaboratori
privilegiati.
Ma evidentemente mi sono sbagliata, o comunque l'immagine che
mi sono formata fa acqua da qualche parte.
Schedare tutti gli invidiosi, questo è il primo pensiero che mi passa
per la testa. Dopotutto avidità e menzogna sono doti diffuse.
Si può ancora fare qualcosa, possiamo riuscire a venirne a capo. Mi
sento più lucida di lui, meno coinvolta, non mi rassegno.
Il furto è un atto indegno, e dubito di tutti, anche di chi si presta a
darci una mano per cercare di capire come possa essere svanita nel
nulla tutta quella roba.
Recchia, Alle e Sergo sembrano i più autentici, davvero dispiaciuti.
Frulliamo per Bologna e dintorni, ci informiamo da zingari e punk a
bestia, ma i ladri sanno il fatto loro e la merce che scotta non viene
rimessa su piazza, o almeno noi non ce ne accorgiamo.
16 ottobre 2004. In quindici giorni mi ammalo seriamente. Lo shock
mi inchioda al letto, dicono che ho il fuoco di S. Antonio in forma
non conclamata: tosse e dolori lancinanti al costato destro;
deperisco lentamente di fronte ai miei genitori.
Mi è davvero passato l'appetito. Mi sento un'impedita e vorrei
disperatamente continuare la caccia al ladro. E' una trappola, sono
solo un topolino catturato. E' come se qualcuno mi avesse fatto il
malocchio.
Sono arrabbiata e disgustata, cerco solo di tenermi stretto Thomas.
E lui mi resta accanto.
Maledico quei ladri, chiunque siano. Un pezzo del mio cuore, quello
che odia, da ora è tutto loro. Mi avete sottratto un mese di vita,
catturandomi con dei biscotti, mi avete sedotto con un puzzle,
facendomi iniezioni di antidolorifico perché ho i tremori e mi sento
uno schifo.
Cerco di convincermi che è solo un piccolo prezzo da pagare per
continuare a fare quel che stiamo facendo. Per saldare la casa
mancano solo trentacinque sacchi.
Paranoie
Con l'aiuto di Sergo, Break e Alle il garage accanto alla
casa è stato truccato, creando per così dire un doppio
fondo, una camera stretta, profonda 1,5 metri e lunga 5,
che diventerà presto una stiva e il cui ingresso sarà
mascherato da una larga scansia a muro.
Una modifica simile è stata apportata anche nella piccola
lavanderia del bagno al piano terra, ricavando una
nicchia che resta nascosta dietro alla lavatrice.
Tutto è stato fatto in poco tempo, una quindicina di
giorni, e a regola d'arte, ma è stato fatto comunque
troppo tardi.
Ti fidi di tutti, non devi fidarti di nessuno, sei troppo
buono, attento che così rischi, la gente è invidiosa.
Stupide frasi che mi frullano in testa dal 16 ottobre.
Alla fine è successo, la ruota ha girato ed io mi son
schiacciato le dita. Mi consolo pensando che se doveva
accadere, se già covava, una vacanza o una momentanea
interruzione dei traffici non avrebbe modificato il corso
degli eventi, almeno credo. Per quieto vivere è sempre
utile un po' di fatalismo, in certi casi, non vale la
pena mettersi a recriminare contro se stessi.
Dan è l'ultimo dei miei problemi, so che capirà. Ma è
complicato dopo avere subito un furto fingere che tutto
continui come prima, soprattutto quando gestisci un certo
genere di affari.
Li guardo uno dopo l'altro negli occhi, non appena li
incontro, informandoli che mi sono venuti in casa a
rubare la roba.
Sono alla ricerca di un gesto, di un atteggiamento
impostato, di uno sguardo di sfida o magari troppo
sfuggente.
Purtroppo ognuno reagisce a suo modo, e in più il solito
tam tam silenzioso mi precede togliendomi molto spesso
anche l'effetto sorpresa.
A volte mi devo trattenere...li prenderei per il collo e
li attaccherei al muro tutti, o quasi.
Tata è ancora più diffidente di me, e forse ha ragione
quando dice che sono troppo coinvolto.
I conti ora più di prima non tornano, forse continueranno
a non tornare, anche quelli con me stesso, e non posso
far finta di non darci peso. Ma ci riuscirç.
Ho sbagliato io e devo decidere in fretta come
comportarmi.
Mossa: vedo prospettarmisi un'unica soluzione, supponendo
che la roba non salterà fuori, quella di rimboccarmi le
maniche e andare avanti; in fondo ho creato delle
aspettative.
Organizzo in fretta un giro riparatore per inizio
dicembre, vista la crescente scarsità d'erba e
l'impazienza della gente. Cerco di far rientrare un po'
di contante. Andrò su con Mino, Recchia e Alle.
A casa
Una foto su una bottiglia di rum, scattata nel 2002 a Santo
Domingo: ho un fiore tra i capelli e sulla spalla un pappagallo, lui
porta un cappello da corsaro. Ha catturato un momento di felicità.
Sembriamo un po' imbarazzati, ma adesso che è dentro la madia
della cucina e tutte le volte che la guardo sorrido.
Il letto matrimoniale in tessuto bianco e blu viene comprato ad
Amsterdam, riempito di roba e portato giù in furgone.
Fatine e folletti vanno ad occupare i ripiani di una vetrinetta ad
angolo in cima alle scale.
Nico dipinge lo studio di verde e il salotto in arancione. E' paziente,
anche quando Blanca lo placca per leccargli la faccia.
Un largo lavabo di marmo troneggia in cucina. Thomas ha comprato
pure una stufa a legna per cucinare i biscotti. La mia vita da
massaia sembra spianata.
Io ho scelto il divano, in tessuto marrone, con dei disegni etnici, sei
posti ad angolo. Appena sufficiente a contenere l'afflusso di amici
regolamentare.
The ganja man.
Strofa: mi appoggia in mano qualche cima d'erba e un grosso
caccolo di Sherazade.
Ritornello: “Tata, fai su.”
Menù della domenica insieme agli amici:
Gnocchi alla marijuana conditi col pomodoro
Biscotti al fumo e alla ganja
Session di cilum come digestivo.
Non è la solita minestra ma a me risulta familiare. Preferenza che
calza proprio il mio numero, in rima franta con il mio vissuto. Forse
quella casa è casa perché ci son sempre i soliti amici, e lui.
Mi sdraio in collina a testa in giù. Sono solo l'ostacolo che Blanca
dovrà superare per riuscire ad acciuffare Pongo. Anche se lui corre
più veloce lei riesce sempre a prenderlo, perché lui l'aspetta
paziente, cresciuto all'ombra di un padrone prepotente.
Distanze
La Ste è una tra le amiche migliori che abbia mai avuto. Ci
frequentiamo dalle superiori. Un etto da dividere in due, con lei ho
iniziato a usare stupefacenti. Le canne non ci bastavano mai: ci
sniffavamo anche il filtro.
Ma le cose cambiano, ora abitiamo troppo lontane per farci
compagnia. Gli alibi si confondono con le intenzioni, col business,
complicando le cose. Ci siamo abbandonate a vicenda.
Altri vincoli. Nascono nuove amicizie, frivole, o così pare,
consolidate dal business.
Con Fra e Anto si fuma e si tira di coca quando mi passano a
salutare, mentre lui è distante. La cocaina allevia il dolore e placa i
cattivi pensieri ancora meglio del fumo, induce a compiere azioni
pratiche o futili.
Non si sogna.
Resto in una casa vuota aspettando che Thomas chiami per dirmi
che va tutto bene. E aspetto. Accolgo gente, cercando di far
rientrare un po' di soldi. Faccio quel che mi è stato detto. O almeno
ci provo.
Ma non è mai come voglio, e di perché ce ne sono già troppi.
Preferisco non pormeli.
Quel che faccio non è mai abbastanza, perché la gente è sveglia e
se lui non è in Italia vengono qui per gettarmi solo briciole. Non si
arriva mai in pari coi conti, a questo gioco.
Quel che faccio non é mai abbastanza perché c'è sempre un letto
da rifare o piatti sporchi, sacchi di pattume da portar via. Sacchi
neri pieni di erba.
E una distanza ci separerà sempre dal pareggio dei conti, perché
Tom non vuole la finale, lui gareggia solo. E' una corsa di
resistenza.
Una distanza mi separerà sempre da lui, anche quando tornerà a
casa, una distanza coperta a tratti dagli amici, dal business, dalla
scarsa condivisione di affetto, dalla ganja.
Ma almeno tornerà sempre, per quella maleddetta distanza...che
vuol coprire.
E io aspetto, sempre, vicina ma distante.
Avrà magari un aspetto pessimo, stressato e di cattivo umore. Mi
saluterà con poche parole e diversi sospiri, si chiuderà come
sempre in garage a svuotare l'auto con i due che lo hanno
accompagnato.
Perché dopo quarantotto ore al massimo la merce venga tutta
smistata e lui si senta libero di programmare subito il viaggio
successivo.
Queste dono le nostre distanze, due auto che sfrecciano affiancate
a velocità diversa.
Oggi gli ho rubato quattrocento euro dal portafoglio, non so
nemmeno cosa voglio farci. Ma so che vorrei essere scoperta, e
farlo arrabbiare, tanto.
Ho bisogno di attenzioni. Ma ne verrà fuori solo del male perché non
sono più me stessa. Ma resisto. Perché se le cose non vanno, io
voglio continuare a stargli vicino. Perché... Perché... Perché...
Per comodità non direi, anche se molti forse lo pensano.
Per amore, e non certo verso me stessa. Perché son cieca e sorda.
Perché lui è distante ma almeno continuiamo a fumare insieme.
Mi sento sola e la sua voce mi rimbomba dentro alla testa: “Cresci,
impara come si sta al mondo!”
Mi sdraio in cortile a leggere e a prendere il sole, cerco di non
pensarci. Vorrei che tra noi andasse tutto bene. Vorrei stare bene.
Ma c’è troppa ganja, tra noi. E quei troppi perché.
Annaffio, fumo, vomito, guardo Pongo e Blanca giocare.
L'estate è la mia stagione preferita perché i traffici di solito
rallentano. E perché posso mangiare quella frutta che mi piace. I
frutti estivi.
L’erba è più cara e di qualità inferiore. Ma continuiamo sempre a
avere gente per casa. E mi sforzo di apparire felice, al meglio.
Invito i miei genitori raramente. Qualche volta al massimo ci
usciamo a pranzo.
Sua madre non la sentiamo quasi mai. Siamo andati a trovarla a
casa una sola volta. Tra loro non c’è un buon rapporto. Thomas ha
fatto delle scelte precise. I suoi traffici lo hanno allontanato dalla
famiglia. Spero solo di riuscire a continuare a stargli accanto. Anche
se non parliamo molto. Di noi.
Vomito
Vomito, chiusa in un bagno, cercando di non fare rumore. Vomito
perché devo sembrare normale, felice e in ordine anche se mi sento
sola.
Vomito qui perché non riesco a dirgli in faccia quello che penso. Che
sono stanca.
Informi pezzi di cibo mi colano lungo la mano.
Vomito perché abbiamo gente in casa fino al mattino, perché non
facciamo più l'amore, perché non voglio impazzire, continuando a
mentire ai miei.
Spero che si accorga di me, che mi urli in faccia, che litighiamo.
“Non sei stata bene...” E' l'unica cosa che riesce a dirmi, a capire.
"Ti amo, ma non riesco più vivere così." Sono le uniche parole che
gli voglio urlare addosso, ma non ce la faccio. Non ce l'ho mai fatta.
Non ho il coraggio di dirle. E me ne pento già. Solo per paura di
sentirmi dire
“Tata, mi hai conosciuto che ero così e non ho intenzione di
cambiare. Questa è la mia vita.”
La tua, la nostra, che importa. Su questo argomento non si può
discutere. Sono in un vicolo cieco. La ganja prima di tutto, e il
mondo si tinge di grigio.
E così sia
Assorbe, qualsiasi cosa, assorbe e trattiene, come il
tappetino di un cesso.
Il business, l'amore, la dipendenza, ti ci assuefai come
all'aria che respiri. Anche se non è azoto liquido.
E se mi domandassi il perché, non troverei altra
spiegazione se non quella che non ne posso più fare a
meno. Perché non sono un eroe. Perché ho cuore. Perché me
la voglio giocare, a dispetto di tutte le varianti
possibili.
So che ho delle possibilità.
Forse do la roba a credito per questo.
Forse sto con lei per tutti i suoi difetti. Forse volevo
solo un'overdose. Solo per una maledettissima voglia che
non mi soddisfa.
Le rinfaccerò tutto il possibile. Perché è davvero una
gran puttana. Una ninfomane da tenere sedata a una volta
al mese, non di più. Un pugile che salirebbe sul ring
anche con tre costole rotte, senza antidolorifici. Una
tossica che vivrebbe anche senza eroina, perché non vuole
solo sopravvivere. Una troia che mi ha fottuto dei soldi
e magari pensa di farla franca, perché vuole la sua
parte. Una grande attrice, falsa e bugiarda, che ti
guarda sorridendo per due tue carezze dopo avere vomitato
pranzo e cena al cesso. La classica studentessa modello,
che se deve preparare cinque libri per un esame ne
leggerà undici. Perché vuole sbancare al botteghino. La
stupida puttana da cui vorrei un figlio e neanche so il
perché. Per legarla a me, stretta, come dentro ad una
tela di ragno che ha filato lei.
Una tragedia umana.
Troppo sporca per non essere pulita. Non ti dirò mai "ti
amo".
Perché, nonostante tutto non riesco a dimostrartelo, né
con l'oro e i rubini, ne col sesso, né con la mia
presenza o la mia assenza. L'unica che avrei trascinato
anche per i capelli in qualunque posto, a vivere con me.
"Ma perché cazzo perdi ancora tempo con me????" Glielo
chiederei, se servisse a fare luce su di noi.
C'è un noi? La ganja.
Ma non ci sarà mai per sempre, e lo so già.
Dogana
-Ecco, lo sapevo... è tutto in ordine?
-Certo, stai calma.
La polizia svizzera ci invita cortesemente ad accostare e a scendere
dall'auto. Non ci domandano nemmeno dove stiamo andando.
Blanca inizia a lamentarsi.
-Da brava, non è il momento, adesso vediamo di farti fare la pipì...
Ci chiedono di liberare il veicolo dalle nostre cose e ci fanno entrare
a turno in una cabina, col bagaglio.
Recchia è sorridente, sembriamo proprio due ragazzi a posto. Anche
se questa volta il tailler grigio non ha funzionato, forse avrei dovuto
lisciarmi i capelli.
Vengo trascinata senza pietà dal cane verso l'unica piazzola verde
accanto ai cabinotti.
-Per favore, non si allontani.
Cerco di riprendere il controllo della situazione, e non appena il mio
socio riemerge vittorioso dalla perquisa gli affido Blanca.
E' il mio turno:
-Può svuotare il bagaglio?
-Subito.
Cerco di muovermi con disinvoltura, prestando attenzione a non
sgualcire gli indumenti. Mi ricordo dove ho imboscato i rotoli di
vulcano: dentro a due buste nascoste tra due felpe scure, proprio
sul fondo della valigia.
Ricorda, è solo nastro adesivo. Non possono arrestarmi per
contrabbando di nastro termo-agglomerante. Dirò che è per un
amico. Che mi fascio tutta e facciamo giochini porno. Che cosa
gliene frega a loro... Sollevo con delicatezza le felpe, appoggiandole
sulle scrivania insieme al resto della roba. Gli mostro orgogliosa un
paio di assorbenti. Tastano la valigia per assicurarsi che sia vuota.
-Può rimettere tutto a posto.
"Agli ordini capo, come vuole", non me lo faccio ripetere due volte .
-Grazie, può andare, aspetti però a risalire sull'auto.
-Certo, la ringrazio.
"Non hanno visto nemmeno i rotoli, che sghetto..."
Recchia è rimasto imbalsamato sotto il sole con un sorriso da
student office stampato in faccia.
Riesaminano ancora una volta l'auto, i sedili dietro e il bagagliaio.
"I soldi sono nascosti al sicuro, cosa credete...siete un branco di
incapaci."
Ci guardiamo un po' scocciati per il contrattempo.
-Arrivederci, buon viaggio.
In coro: -Grazie.
Il camion
Stiamo per espanderci, fare un salto di qualità. Ho
deciso di mettermi in società con alcuni tipi di Napoli,
anche loro clienti di Dan. E' come avere ottenuto una
promozione.
-D'ora in poi la roba arriverà su un camion.
Meglio essere schietto fin dall'inizio, per non ammettere
repliche. I miei occhi dicono solo che non ci sarà un
secondo atto.
Tata ascolta, come tutti gli altri del resto, perché la
mia parola è diventata legge. Business per il potere, o
potere grazie al business, è uguale. E' partito tutto da
lì e rilancio su quello.
Il camion fa la tratta una volta al mese carico di merce
deperibile. Tutta la roba verrà solamente chiusa
sottovuoto, senza più perdere tempo per creare gusci
anticane. L'autista è una conoscenza dei napoletani, un
uomo di mezza età che ha voglia di guadagnare un po' di
soldi extra esentasse: deve solo compiere al momento
opportuno qualche deviazione sulla tabella di marcia.
In parecchi anni di lavoro non ha quasi mai subito
controlli di sorta alle frontiere. E' pulito, o almeno
così dicono, e il lavoro è alla sua portata, sebbene un
quintale e passa di roba non possa essere veramente
occultato dentro a delle borse buttate dietro a delle
casse di patate.
Legati in modo indissolubile al destino di altre persone,
al loro modo d'agire, alla loro coscienza e abilità nel
mantenere un certo livello di segretezza riguardo ai
nostri movimenti. Tutto come al solito.
I ragazzi di Napoli hanno un giro superiore al nostro,
erba soprattutto, ma anche coca e paste.
I ragazzi di Napoli sono anonimi, perché spesso non
ricordo i loro nomi. Ma quando li incontro saluto e mi
sforzo di sorridere.
A fine febbraio deve arrivare il primo carico e
inizieremo a muoverci diversamente.Viaggi lampo in aereo
carichi di soldi, di lunghe attese davanti al telefono,
di corse in macchina a tutte le ore lungo l'autostrada e
le statali di Bologna.
Tata vede sbirri dappertutto, è nervosa, paranoica. Pensa
che il gioco sia diventato troppo pericoloso.
Teme per me, per noi, per tutto. Continua ad agire come
sempre a dispetto dei suoi sentimenti. La vorrei
rinchiudere, escludere da questa gabbia di pazzi.
Sarò più esigente con gli amici, ma nonostante gli sforzi
per mantenere in vigore la regola “niente soldi niente
fumo”, mi rendo conto che non è umanamente possibile
gestire una tale quantità di roba pensando di venderla
solo a chi ha il cash. Così la merce continuerà a
circolare come sempre a credito, o dietro pagamento di un
piccolo acconto, che non tarderà molto a diventare un
anticipo sul saldo del debito contratto al giro
precedente, innescando un meccanismo che non si può
interrompere, allo stesso modo in cui non potrò mai
tornare in pari con Dan.
Le prime due o tre volte ci ritroviamo a dover scaricare
i borsoni dal camion all'aperto, in un'area di servizio
al margine dell'autostrada oppure in un piazzale lungo
una statale; tutto viene fatto con poco preavviso,
avvalendoci dell'aiuto degli amici che ci precedono come
staffetta, controllando che la strada fino a casa sia
pulita.
Dopo qualche mese troviamo un posto più sicuro, il
parcheggio della pizzeria di un amico, Tony.
Non esistono più momenti di libertà né tanto meno feste
tra amici, visto che anche i pomeriggi, le serate e le
cene in compagnia si trasformano in fretta in riunioni
d'affari, scambi di danaro davanti alla tv e accordi
suggellati tra una fumata e l'altra.
E così sia.
Tutti colpevoli, tutti responsabili per la situazione che
si è venuta a creare. Complici e responsabili. "Hai
voluto giocare? Adesso paga."
Risalirò sempre da qualsiasi buco. Imprevisto. Caso.
Non cerco delle verità, chi mai le comprerebbe? Alla
gente la verità non interessa.
Spaccia e fa gossip. Ecco perché fa al caso mio.
Vivrò in questo pantano.
Mi comporterò da codardo perché sono convinto di non
esserlo.
Solo per fare ingelosire lei, la prima cosa che le ho
detto dopo essermela portata a letto è: "io sono così, e
tale rimarrò, non cercare di cambiarmi." Non lo pensavo,
ad una così dici " fai di me ciò che vuoi". Ma sarebbe
stato banale. Però mi piacerebbe sapere cosa mi avrebbe
risposto, solo lei, perché non è mai prevedibile anche se
so sempre quello che fa.
Anche quando vomita. Cosa posso fare io. Chiederle se
vuole un omeopata? Prenderla a schiaffoni?
Fare la cosa più banale, chiederle se non è stata bene
dopo avere sentito un sacco di sabbia scaricarsi dentro a
quel cesso.
Così, a dispetto di ciò che vuole, continuerà ad essere
gelosa di me. Non mi tradirà. Anche perché preferisce
fumare hashis.
Oggi
Vorrei incontrare i tuoi occhi allo specchio,
alzarmi al mattino senza troppi rimorsi
vorrei saperti sicuro e sereno
per sempre sceso da uno stupido treno.
Proposte
-Mi vuoi sposare?
E' una fredda mattina di febbraio del 2005, ci stiamo abbracciando
sotto alle coperte.
Il mio no è un colpo tirato di riflesso, un gancio sinistro, ma se devo
essere sincera non penso che parli seriamente: stiamo bene così,
perché cambiare o complicare le cose, per una stupida istituzione,
che per la donna ha sempre rappresentato solo il passaggio dalla
patria potestà del padre a quella del marito. Non mi piace
sottoscrivere contratti. Ne va della poesia, perché sogno solo
quella. Il Corvo di Edgar Allan Poe. Non c'è quella buona ragione per
formalizzare il nostro rapporto.
Non so se sono stati gli amici a mettergli quell'idea in testa, non mi
interessa, non mi passa per la mente che lui abbia bisogno di
qualche conferma da me, di una prova del mio amore, perché di
quelle mi sembra già di avergliene date.
Penso che lo faccia per farmi capire quanto ci tenga a me, e gliene
sono grata, ma un po' di carezze e qualche momento di intimità mi
basterebbero.
Il resto non conta niente, o è in più, che importa. Non diventeremo
più inseparabili con un pezzo di carta dentro ad un cassetto ed una
fede al dito.
Non siamo abbastanza grandi; due naufraghi in barca che per non
uccidersi si insultano, e non è mai abbastanza solo perché
vorrebbero per continuare ad amarsi. Perché credono entrambi di
saper vivere ma hanno perso se stessi lungo la strada, due che per
crescere mettono ogni giorno a rischio il loro futuro, a cui non
serve coraggio.
Thomas é convinto di averlo costruito quel futuro, e in un certo
senso é così.
Io resto, anche se questa non é la vita che voglio per noi due, non
per sempre almeno; confido ancora che lui prima o poi trovi i suoi
perché, le motivazioni e la forza per sganciarsi e mollare tutto.
-Tata, tu lo vorresti un bambino?
"Non è una buona motivazione, penso dentro di me.
Rimane fermo, davanti alla porta di ingresso con due sacchi pieni
d’erba in mano. I mercanti sono sempre in viaggio.
Sinestesìe, ricordi in celluloide. Non lo so. E' surreale. Vedo davanti
agli occhi Franz, in camper con Tara incinta, mentre tornano dalla
Spagna con un carico di hashis. Non voglio questo per noi due. La
mia risposta è scontata.
Penso che da oggi ti farò mettere anche il preservativo.
So che tutti penseranno che dico no perché sono anoressica, e non
voglio rovinare la mia quasi perfetta forma fisica. Io li lascerò dire.
E' un buon pretesto, che l'usino pure.
I regaz scherzano spesso sul fatto che non esistono al mondo molte
persone come il mio ragazzo, dicono che devo ritenermi fortunata
per il fatto di averlo conquistato.
Lui mi è fedele, questo è fuori discussione, ma a volte faccio molta
fatica a sentire quell’amore, così digitale, perso dietro a una grande
quantità di nobili impegni. E’ un amore in tripla fila.
"Siete solo un branco di tossici opportunisti se non vi accorgete di
quanto lo amo!" Mi piacerebbe riuscire a urlare in faccia a tutti
queste parole.
Quando si scherza in gruppo a volte saltano fuori la storia del
matrimonio o quella del bambino. Non è facile affrontare certi
discorsi senza spiegare che vorrei tanto che lui la piantasse di fare
quel che ha sempre fatto, perché, tanto, da quell'orecchio nessuno
ci sente; mi limito semplicemente a rispondere che non vorrei
mettere a rischio me stessa e un figlio, sarei disposta anche a
giurare che lo faccio perché non vorrei prendere neanche un chilo,
senza spiegare che al figlio Thomas ci rinuncia per quella carriera.
Sogni
,In fondo a una tazza di tè
sono annegati i miei sogni,abbandonati dentro al metrò,
ruzzolati in un fosso che io ho saltato.Rimangono una brocca vuota,
frammenti di me, se guardo il passato. Uno
squarcio nel petto dove girare il dito.
Per il mio compleanno voliamo alle Seychelles. Thomas gira più di
40 ore di riprese e fa oltre 300 scatti. Trascorriamo i pomeriggi in
riva all'oceano, all'ombra di un grazioso ombrellone intrecciato con
foglie di palma, sdraiati su di un'amaca. Riempio il mio ombelico di
sabbia e raccolgo rametti di corallo.
Siamo in paradiso tra stelle marine e tartarughe giganti. Indosso un
bikini verde a fiori e un cappello di paglia, mangio papaia, lui
assaggia anche il pipistrello, specialità locale. I suoi occhiali
vengono inghiottiti da un'onda.
-Ti spendi troppo in sorrisi quando siamo soli... e la vita, dove la
nascondi?
-Noi ce la godiamo in fondo. Non pensarci adesso.
E non pensarci mai. Perché non è una buona giustificazione.
Perché… Perché… Perché...
Ecco, perché la vita non è mai una vacanza. Anche quando vai in
vacanza. Perché non è a compartimenti stagni, perché è come
guardare un film che hai recitato e che non riguarderesti. Così ti
distrai col palmare in mano e i telefoni in riga sull'attenti sopra alla
mensola vicino alla finestra. Tre cellulari, quattro o cinque sim. Non
è abituato ad arrotondare per difetto la sua vita.
Vedo
Osservo, medito, rilancio. Rido con loro e in faccia a
loro perché sto con lei.
-Questa sera andiamo a cena Da Michele con Mino e
l'Elisa.
Continua a rullare il suo spinello di Sherazade che si
fumerà tutto in personal. Intanto carico il cilum.
Rsta sdraiata sul letto a pancia in su e assapora il suo
destino. Se non la riesco a toccare con un respiro
impazzirò.. Si alza di scatto, prende qualche oliva da
dentro il frigo bar e si avvicina a me solo dopo avere
sputato i noccioli nel posacenere.
Due braccia che mi cingono da dietro. Il suo respiro sul
collo. Mi ha sfiorato prima lei.
Puttana. Vestita di leopardo con la schiena scoperta fino
al culo, scollatura all'americana. Una sottoveste da
dieci euro comprata in profumeria. E i suoi sandali da
frate. Uscirà così. Ecco come si piace. Vuole essere
fresca e pulita e potrei averla incontrata su un viale di
Bologna. O dentro ad una sala prove.
"Cosa?"
"Lei non è un'artista. Non imparerà mai a suonare quel
basso." Un giudizio secco, da quello che la dorrebbe
amare di più. Perché mai non le avrei dovuto dire che per
Cris lei è solo una puttana.
Pretesto, colgo e rilancio.
Puttana, che non se ne va neanche se perdo tutto il
carico. Testarda e bastarda.
Ho chiuso una zingara dentro ad una roulotte e le ho
tolto la sfera di cristallo.
Vedo.
Lavoro con Ale
Devo uscirne. Mi sono trovata un lavoro al chiosco, sul fiume. Per
dimostrargli che valgo qualcosa, anche se sembra che gli abbia
fatto un dispetto. Vuole che lavori con lui ma non mi coinvolge.
Fottiti. Rifottiti. Ti odio.
-Tutto il giorno fuori per millecento euro al mese, sei una stupida.
Faresti meglio ad aiutare me!
Non rispondo, "sì sono una fottutissima stupida, perché sto con te".
Non ho voglia di discutere. Lui si sta allontanando e io sono stanca
di fare avanti e indietro con delle valigie piene di ganja in macchina.
Saluto tutti e esco.
Perdo tempo.
Chiacchiere dentro e fuori dal chiosco. La gente importuna una
sconosciuta solo perché fa la barista. E tu non puoi rispondere
"cazzo vuoi".
-Ciao ragazzi cosa prendete?
-Due birre medie.
-Ok, arrivo subito.
Sorridere il più possibile per parlar il minimo indispensabile.
Nascondere se stessi dietro la calda e rassicurante apparenza di un
sorriso. Sforzato, sballato, incondizionato, da clown. Ma io sono un
pierrot, e mi terrò tutte le mie lacrime. Salate e grigie come quelle
di chi si è dissetato da una una pozzanghera. Come chi mangia un
gelato di fango. Come chi non cagherà mai margherite.
In pausa dietro la cucina del chiosco con Ale a fumare:
-Senti, ma tu, uno tranquillo, tigelle e vino, no eh? Tata, perché sei
così complicata... Che dici, c'è ancora un po' d'erba?
Cretina io che l'ho fatto pure fumare. Ora non ho più scampo. Mi
farei scopare piuttosto che andar da Tom a chiedergli dell'erba.
-Devo vedere...dimmi quanta e poi chiedo.
Tutte complicazioni, l'amore, il business, la famiglia, gli amici, la
vita: tutte intrecciate insieme. All'equilibrista è caduto l'ombrellino,
e soffre pure di vertigini. Sfiga. Guardo in basso e non vedo alcuna
rete. Stretta alla gola. Soffoco.
Le ciliegie
Ho aperto la partita iva per avviare un'azienda agricola biologica.
Piantiamo alberi da frutto e piante di pomodori. Vorrei mettere in
produzione il boschetto di amarene che è accanto a casa.
Le ciliegie rappresentano simbolicamente il frutto perfetto, quello
dell'amore. Si raccolgono a coppia e sono a forma di cuore. Sono
delicate, durano lo spazio di un mese.
Forse Eva nel Paradiso Terrestre ha ceduto ad una ciliegia. O a una
coppia, o a una doppia coppia. Così a finito per mangiarsi l'albero. E
avrebbe venduto Adamo per averne ancora. Puttana troia.
Le mele ci sono tutto l'anno e sono buone per ingrassare i maiali,
non sono un frutto molto poetico. Pectina.
Gelificante.
Però sono diventate simbolo della curiosità femminile e della
conoscenza proibita. A causa di una mela le donne sono da sempre
ritenute inferiori all'uomo e sono state tenute lontane dai libri.
Per colpa di una mela rossa avvelenata si addormenta anche
Biancaneve.
Rossa, forse c'è un perché.
La mia tesi di laurea procede. Lavoro chiusa in archivio dalla
mattina fino a tardo pomeriggio. 8.45-18.00. Pausa cioccolata in
tazza verso l'una e trenta. Zuccheri per il cervello.
Da cinque mesi va così. La mia tesi di laurea ha come argomento le
ciliegie: è banale, disorganica, un polpettone; ma a me piace
perché ci sto mettendo l'anima.
Valerio Marchetti insegna Storia Culturale all'università. Conosce
almeno sei lingue, è ebreo, è una persona piena di risorse. A lezione
parla dei rituali di accoppiamento presso diversi popoli. Stupri.
Imene. La storia dell'imene nella società attraverso i secoli.
Infibulazione. Il piacere, il sesso, l'amore. Che per lui non c'è, o
forse si. Non gli ho mai fatto questa domanda in classe. Gliene ho
posta un'altra, stupida, che non ricordo. Ed era infastidito. Come chi
gli domanda quale è il senso ontologico di un preservativo.
Risposta: esiste perché c'è chi non sa amare ma deve accoppiarsi lo
stesso.
Ci spiega come la verginità sia passata da disvalore a valore, dopo
l'avvento del cristianesimo.
Ci legge Lucrezio:
"Così dunque chi riceve la ferita dai dardi di Venere,
siano essi scagliati dalle femminee membra di un fanciullo,
o da donna che irradi amore da tutto il corpo,
si protende verso la creatura da cui è ferito e arde
di congiungersi a lei, di versare in quel corpo l'umore del proprio corpo.
Infatti la tacita brama presagisce il piacere.
... ... ... ...
Ma convien che tali fantasmi si fuggano, che si ricusi
ogni alimento di amore, ad altro il pensiero si volga,
e il seme raccolto si eiaculi in casuali amplessi,
né lo si serbi, una volta filtrato, a un amore esclusivo,
futura pena a se stessi e sicuro travaglio.
... ... ... ...
Non perde il frutto di Venere chi evita amore,
ne deliba piuttosto le gioie e ne schiva gli affanni.
La voluttà è più limpida ai savi che ai miseri dissennati.
Infatti proprio nel momento del pieno possesso,
fluttua in incerti ondeggiamenti l'ardore degli amanti
che non sanno di cosa prima godere con gli occhi e con le mani.
Premono stretta la creatura che desiderano, infliggono dolore
al suo corpo, e spesso le mordono a sangue le tenere labbra,
la inchiodano coi baci, poiché il piacere non è puro,
e vi sono oscuri impulsi che spingono a straziare l'oggetto,
qualunque sia, da cui sorgono i germi di quella furia.
... ... ... ...
In ciò è la speranza, che dalla forma corporea medesima,
fonte del nostro ardore, possa anche essere estinta la fiamma.
Ma che ciò avvenga la natura nega recisa;
amore è l'unica cosa nella quale più è grande il possesso,
più il cuore arde d'un desiderio feroce."
Tutto per spiegarci che non esiste l'anima gemella, la persona
ideale. Perché il corpo si piega solo all'istinto dei sensi, e ciò che
chiamiamo amore è solo retaggio della nostra ferinità, governato
dalle leggi della chimica. Io prendevo due e mezzo in chimica.
Da ciò ne consegue che sto con uno spacciatore e posso
tranquillamente identificare in lui il mio principe azzurro. Anima
gemella.
Questione di minuti
Thomas vola ad Amsterdam imbottito di soldi fin dentro alle
mutande, e una settimana dopo il suo ritorno vi torna con Recchia
per organizzare la spedizione e controllare la merce.
Gli propongono l'ice-o-lator ed è amore a prima vista. Pura resina
cristallizzata attraverso un processo di congelamento e
ricompattata per mezzo del gas butano. Fa, più e meglio di qualsiasi
altro fumo. Un tiro, guardi chi hai accanto e sai che non glielo
passeresti. Non puoi farti tutto il giorno di quello. Non è fumo.
Cinque di mattina. Alzo bandiera bianca e saluto la combriccola
ormai in dormi veglia con un paio di cilum spenti in mano.
Accarezzo Blanca, salgo le scale e mi spoglio.
Coperta dal piumone.
Mi risveglio sola, mi butto qualcosa addosso e scendo. Dormono
ancora tutti e quattro a sedere, collassati con quei cilum carichi da
accendere, e le loro teste poggiate una in avanti, una indietro, una
di lato ed una sulla spalla del vicino.
Mi avvicino a Thomas dandogli un leggero bacio sulla fronte per
farlo rinvenire, mentre gli prendo la pipa dalle mani per impedire
che faccia qualche danno.
Si svegliano tutti. Caffè e cilum. Io fumerei prima un joint. Di
Sherazade, in personal. Preparo la moca solo perché in cucina me lo
fumerò tutto da sola, il mio joint.
Loro sono autonomi, liberi o meno di passarmi quei cilum.
Buongiorno.
Sulle 11 il benedetto telefono squilla, Thomas risponde; la
conversazione dura una manciata di secondi, poche parole:
-Tutto bene, ...in mezz'ora son lì.
I ragazzi scattano, preparandosi a razzo, salgono in auto e partono
diretti alla pizzeria di Tony.
Cado in un profondo stato di ansia, da cui riemergo non appena
vedo una macchina parcheggiare lungo il vialetto di casa.
Ma questa volta è diverso. Lui non c'è.
Recchia e Sergo mi dicono di spegnere tutti i telefoni e staccare le
batterie. Mentre io continuo a chiedere, come un disco rotto, dov'è
lui. Qualcosa è andato storto. E non è un incubo. E' il miglior mondo
possibile.
-Arrivati al parcheggio della pizzeria il camion c'era già, e anche gli
sbirri. Abbiamo parcheggiato e siamo entrati, fingendo di esser lì
per mangiare. Tony è stato prelevato, dagli sbirri, insieme al
corriere. Thomas ha preferito fermarsi un altro po' con Mino, per
capire cosa sta succedendo.
Cerco di tirare il fiato, ma ho come della sabbia in gola. Finalmente
dopo un po' arrivano. Mi guarda in faccia distrattamente, è
sconvolto, continua a passarsi una mano sulla testa come per
aiutarsi a pensare.
-Dovete tutti andarvene a casa e stare tranquilli, a mangiarvi le
unghie. Spargere la voce che non arriverà niente. Guai a chi si fa
vedere qui.
Silenzio.
-Se fossimo arrivati qualche minuto prima saremmo stati tutti
beccati.
Si sedie sul divano ad impastare un cilum.
Da quel che ho capito dalla moglie di Tony l'autista è stato beccato
mentre sniffava, con un etto di coca sul cruscotto, così il camion è
stato perquisito.
Trascorro i giorni successivi in preda al terrore che arrivi la polizia
per arrestarlo, ma non viene nessuno. Sembra che abbia ragione,
ancora una volta.
-Paghiamo profumatamente il corriere per fare il suo lavoro e
starsene zitto. Qualcuno provvederà anche a lui.
Presto ogni cosa viene sistemata, perché con i soldi è facile far
andare tutto per il verso giusto, convincersi di avere ancora la
situazione sotto controllo e ricominciare da capo come prima,
ancora più convinti, sempre a testa bassa.
Un nuovo carico arriva a destinazione e poi altri ancora, sempre
consistenti, sempre puntuali. Viene superata ogni incertezza da
parte di tutti, tranne me. Ho perso il controllo della mia vita, non ho
la forza di tagliare i ponti.
Loro
Sciroppo di amarene (per 2,5 Kg. Circa). Le amarene vanno de-nocciolate
e spremute raccogliendo il sugo con un passaverdura. La polpa va lasciata
riposare in un luogo fresco per 2-3 ore, quindi la si passa filtra attraverso un
setaccio molto fine: il succo che si ottiene deve essere limpido e va fatto riposate
24 ore in un luogo fresco. Al liquido vanno aggiunti mentre riposa venti noccioli
tritati e la scorza di un limone. Si bolle il tutto per qualche minuto e si ripassa al
setaccio. Si aggiunge il succo di un limone colato e 1,5 Kg. Di zucchero,
facendo bollire per 15 minuti mescolando fino a completo scioglimento. Si lascia
raffreddare, si imbottiglia e si tappa. Si conserva in un luogo buio al fresco. Prima
dell'uso va messo in freezer per dargli una consistenza mielosa.
La ricetta è di mio padre, lo imbottiglio per gli amici, sperando che
apprezzino. Ormai non mi è rimasto molto altro da fare. Da quando
lavoro al chiosco hanno deciso di tagliarmi fuori dai giri.
Hanno spostato il campo base in centro a Bologna, mi sento divisa
tra una vita di studio e ciò che fino a poco fa facevamo insieme.
Quando piombo in appartamento ho la sensazione di non fare parte
del gruppo. Dopo avere rifiutato una proposta di matrimonio sono
diventata un'altra, agli occhi di tutti. Ho fatto il primo passo oltre la
soglia.
Oggi abbiamo litigato. Per l'ennesima volta mi sono fatta dire che
devo crescere e imparare a vivere. Non lo sopporto. Sono tornata a
casa dai miei.
Aprile sarà lungo, ho trovato un altro lavoro come cameriera in una
pizzeria, di pomeriggio esco con alcuni amici. Mi mancano un paio
di capitoli per finire la tesi.
Thomas telefona spesso, vorrei tornare a casa. Sto aspettando che
me lo chieda.
Mi ha scritto una lettera, sorrido di nuovo.
Cara Tata,
sai che non scrivo mai lettere, e neanche biglietti di
auguri. Perciò cerca di essere comprensiva.
Qui è tutto come al solito, mancate solo tu e Blanca. I
ragazzi chiedono, vogliono sapere cosa sta succedendo, e
io gli ho detto che si sistemerà tutto. Perché ci credo.
So di avere esagerato, non sono i piatti da lavare, il
letto disfatto o il salotto in disordine a fare la
differenza tra una coppia felice e una in difficoltà.
Probabilmente ho sottovalutato il tuo impegno con
l'università. La ragione non sta da una parte sola.
Non starò a raccontarti che questa lontananza ci renderà
più forti o più uniti, perché non lo penso. Dovremmo solo
cercare di condividere al meglio quel che abbiamo. Spero
che appena te la sentirai tornerai da me. Io e Pongo ti
stiamo aspettando.
Thomas
Perché
La vita corre come sempre; mi sento abbastanza in forma, ho
recuperato un paio di chili e mi sforzo di essere felice. E' bastata
una lettera a farmi raccattare Blanca e tornare da lui.
Thomas ha abbandonato i suoi propositi di avere un figlio e, della
faccenda, non si parla più.
Maggio 2006. Io Mino partiamo per il solito giro “porta soldi e prendi
accordi” ritrovandoci soli per qualche giorno.
E' la prima volta che qualcuno del gruppo mi pone domande sulla
mia vita prima di conoscere Thomas, ma non me ne preoccupo.
Credo che abbia già ascoltato questa storia da qualcun altro,
sembra incuriosito dall'ambiente in cui sono cresciuta, dai ragazzi
della Tana, tutto qui. E forse mi prodigo troppo nei particolari, ma
non posso dirlo con certezza.
La sera stessa, davanti a un tè caldo e ad alcuni amici olandesi, mi
sento senza indugio dare della puttana.
-Sei una puttana.
“Cosa?! No dico cosa!? Scusa ripeti quello che hai detto…
Pronuncio poche frasi tutte strozzate ma almeno il fiato esce dalla
gola.
Mi guardano e ridono tutti, i deficienti. Non ricevo alcuna
spiegazione, zitti e ridono. Sorridendo di una smorfia beffarda.
Giro il culo e torno in camera.
Calcio violentemente le scarpe lontano, il cuore mi batte nelle
tempie e dentro alle orecchie. Ripercorro incredula una, dieci,
cento volte gli avvenimenti di quell'ultima mezz'ora. Cosa gli è
saltato in testa? A cosa si riferiscono? Al matrimonio, alla faccenda
del figlio, a Cris?
Afferro il cellulare e chiamo Thomas.
Vengo liquidata in quattro minuti, non ha voglia di parlarne al
telefono. Cazzo non ti sto parlando di chili … ora non mi liquidi… sei
un bastardo. E io incazzata negra.
-E' stato tutto un tuo viaggio. Un equivoco.
Fine della discussione.
-Non ho equivocato un cazzo.
Non spaccherò questo telefono a terra. Respira. Ne verrò fuori.
Silenzio e riflessione. Sguardi fissi e inquisitori. "Pensi di
intimorirmi? Senza spiegarmi perché?!, ma va'…"
Al mio ritorno a casa scoppia l'inferno. Decido di prendere da parte amico per amico per chiedergli se ci
sono dei problemi con me con me, ma la cosa si rivela infattibile, i tossici si spalleggiano a vicenda.
Ho l'impressione che mi parlino tutti alle spalle, che mi passino il cilum facendomi il dito medio.Rapire Thomas dai suoi impegni di lavoro per una chiacchierata
seria si rivela un'impresa irrealizzabile, c'è sempre qualcuno tra i
piedi. Continua ad insistere sul fatto che io ho amplificato
l'accaduto, si fida ciecamente di loro.
Sono fuori di testa.
Nessuna delle parole che dico riesce a toccarlo, niente tra loro
sarebbe cambiato. Ha scelto, ora lo so, ed è frustrante.
Più fai soldi e più ne faresti: entrato in questo meccanismo poco o
niente può distoglierti dal tuo proposito. Ed io sono diventata
niente.
Mi adeguo, facendo buon viso per alcuni mesi, reggo fino a
settembre 2007 in un ambiente che mi è diventato palesemente
ostile.
Rimango sempre in casa da sola. A vomitare nel cesso quello che
non riesco a dire a lui. Sacchi neri pieni del mio personale rusco a
pezzettoni. Non c'è più posto per me, lì.
Il tempo condiviso è sempre meno, si riduce a quello spazio che c'è
tra due persone che dividono da troppo tempo lo stesso letto. E per
questo non si amano più, non si confidano più niente, reggono il
lume agli amici perché han scelto di usare loro come bestione.
Inutile, continuare ma non ancora abbastanza per smettere.
Sospesa e divisa, scissa tra il desiderio di spaccare a tutti la faccia e
quello di entrare nel loro cervello per sapere la verità.
Quel cd
Passo molto tempo nell'orto, dopotutto è più rilassante che stare in
casa quando c'è gente.
Arriva una macchina, sono Stefano e Lieta. Lei è più magra di me.
Stefano è uno dei pochi che forse mi conosce da prima, da quando
bazzicavo La Tana. E' un tecnico del suono.
-Ciao, arrivo subito.
Mi tolgo i guanti e percorro rapida il dislivello che mi separa da
casa.
Hanno portato un regalo, un cd demo. Anche se a Thomas quel
genere di musica fa schifo, lui ascolta solo reggae. Non capisco
bene chi lo ha inciso, ma mi ricorda tempi lontani, è come se
parlasse di me. Inizio ad ascoltarlo sempre più spesso, insieme a
Sergio Cammariere.
Il fumo ovatta le sensazioni sgradevoli che provo, mitiga il dolore
per la distanza che si è venuta a creare tra me, Thomas e tutti gli
altri. Si sono ridotti tutti ad un mucchio di ragazzi che non mi
capiscono, e che non hanno più voglia di provarci. Non ci si riesce
più a parlare, e io mi allontano. Nemmeno la Ste riesce a capire.
Certi regali la gente dovrebbe ficcarseli in culo.
Non so cosa ci guadagnerò ma decido di fare una scappata dai miei.
Sono quasi certa che il destino ci giochi contro. Non può essere
stato il caso a farlo passeggiare lungo il marciapiede che costeggia
il campetto dove mi sono fermata a fumare. E' sorridente,
amichevole, accomodante come sempre. E sembra sapere che ho
qualcosa da dirgli, o meglio da chiedergli.
Forse sono qui apposta per chiarire quel mio vecchio dubbio, per
togliermi una spina dalla gola.
O forse per ascoltare delle altre menzogne, che importa ormai, sono
pronta a tutto per ottenere una risposta qualunque.
Voglio soltanto una giustificazione per terminare ciò che ho iniziato,
per mollare tutto.
Ci sediamo su di un tavolone del parco; Cris mi guarda, sorridendo
come fanno i gatti. Non lo amo più, ed è tutto più semplice:
parlargli, mentirgli, farmi mentire a mia volta, senza soffrire più, per
lo meno per lui.
Arrivo al sodo della questione senza troppi preamboli, ho bisogno di
sapere una cosa che solo lui e pochi altri possono chiarirmi, una
vecchia faccenda di cui potrei discutere anche con Franz, ma non è
del caso.
Perché dopo tanto tempo passato insieme, sapendo che io ero
innamorata di lui, mi aveva descritto a Thomas come una puttana?
-E' vero che hai detto a Thomas che io sono una tipa poco seria, che
mi sono comportata come una puttana?
E' una domanda legittima, seppure un tantino fuori tempo massimo,
quindi mi affretto a chiarire che solo adesso, visto che i miei
sentimenti verso di lui sono cambiati, ho il coraggio di pretendere
chiarimenti, senza paura di farmi spezzare il cuore.
-Sono proprio curiosa di sapere, se davvero secondo te mi sono
comportata come una grandissima troia.
La sua risposta vola leggera come un piumino. Quante volte ho
preso in considerazione l'ipotesi che neghi tutto. E' proprio da lui,
cercare di uscirne completamente pulito, anzi di guadagnarci
qualcosa, la mia amicizia, una canna, magari una scopata.
Odio il mio passato. Che in fondo mi concede un espediente per
mollare tutto, ... che sia una balla o no ormai non importa. Le cose
si sono spinte troppo oltre, ed io devo comunque svoltare.
Le menzogne si confondono con la verità, e l'unica cosa che per
anni mi ha tenuto incollata a Thomas, la certezza del nostro amore,
crolla in un attimo nell'istante in cui ricevo una pallida conferma del
fatto che tutto sarebbe potuto essere nato da una bugia, una
menzogna infame e gratuita.
Proprio da parte sua che si è sempre professato totalmente sincero
nei miei confronti. Perché, se così non è, se lui quella notte di marzo
2001 mi ha detto il vero, come mai ora, dopo cinque anni di
convivenza, e di assoluta ed incondizionata fedeltà da parte mia,
non mi difende dagli attacchi gratuiti dei suoi amici?
Davvero la nostra relazione è scaduta ad un punto tale da passare
in secondo piano rispetto ai suoi interessi, ai soldi che quella gente
gli porta?
Eppure sa che non potrei sopportarlo.
Guardo Cris che continua a sorridere con aria innocente. E' tutto
sbagliato, la sua risposta mi ferisce, come un coltello alla gola.
Lo saluto, mi faccio baciare e me ne torno a casa, dicendogli che
probabilmente sarei tornata presto, per restare.
Faccio appena in tempo a girarmi e salire in macchina. Eccolo che
arriva. Scoppio irrimediabilmente in singhiozzi.
Realtà
7 novembre 2007
Colpevole.
La regina di picche beve da una tazza incrinata.
Dovrei rifiutarti ma non sono nata per perderti.
Con gli occhi chiusi
Inizio a strisciare, per dare a tutti ciò che vogliono, una puttana.
Almeno avranno un valido motivo per chiamarmi così.
La tristezza mi si ancora addosso come una zecca ad un cane.
I ragazzi in cucina stanno accendendo un cilum, ma non mi invitano
a fumare con loro. Resto sul divano con gli occhi chiusi, a riflettere
sul da farsi impegnandomi a fondo per non piangere.
Più ci penso, più un profondo risentimento cresce, nei confronti
delle persone nell'altra stanza. Salgo al piano di sopra per iniziare
ad ammucchiare le mie cose.
Nonostante la fattanza generale Thomas ha intuito qualcosa. Ho
risposto ad ogni sua domanda usando solo tre monosillabi: “no” “si
” “boh”.
Alle 23.15 Orecchia parcheggia nel vialetto, anche stasera non
parleremo.
Non esiste davvero più un briciolo di intimità in questa casa, e certo
a lui non interessa più averla. L'epilogo è scontato.
Mi chiudo in camera a preparare disordinatamente le valigie, le
note di So far away from me mi pulsano dentro i timpani.
Fa capolino in cima alle scale.
Una leggera sfumatura di preoccupazione rabbuia il suo volto,
mentre mi chiede con aria interrogativa cosa stia facendo.
-Dovresti sapere che delle puttane non ti puoi fidare, perché è
quello che sono, non te lo avevano già detto qualche anno fa quelli
della Tana??!! Non è così che mi ha definito Cris?
Non devo piangere, mi sforzo di rimanere calma. Meglio cagare
banalità.
Fa scivolare il corpo contro lo stipite della porta.
Non sopporto quel silenzio, la sua svogliatezza mi irrita ancora di
più. Non combatte nemmeno.
Sospira e mi chiede ancora una volta cosa è successo dai miei, chi
ho incontrato, che droga ho assunto.
-Il punto è che non fumo da alcune ore e non ne ho neppure
voglia... Per quanto riguarda le droghe e quel che ho fatto dai miei,
ormai non sono affari tuoi. Ma perché cazzo non rispondi
semplicemente alla mia domanda?
Mi spazzo la faccia sulla manica della felpa.
-Davvero pensi che qualcuno dei nostri cosiddetti amici possa darmi
della troia senza scatenare la benché minima reazione?
-Senti Tata, è meglio dormirci sopra, ne riparliamo domani. Io mi
sistemo sul divano.
Tutta quella reticenza mi appare solamente una prova della sua
colpevolezza.
-Sei un bugiardo!
Ma che ragione può avere spinto una persona che allora malapena
mi conosce a mentirmi sapendo di provocarmi una terribile
sofferenza? Non trovo una risposta plausibile alla mia domanda.
Mi viene in mente quello che mi ha detto subito dopo: lo faccio solo
per proteggerti.
Ma da cosa, dannazione, aveva intenzione di proteggermi?
Da una persona più grande di me che probabilmente mi usava solo
per il sesso ben sapendo che io lo adoravo, da un giro di gente
losca che consumava droghe e che forse era controllato dalla
polizia.
Per cosa poi, se non per farmi entrare in un giro ancora più grande
e per mettere ancora più a repentaglio la mia sicurezza. Non ha
senso.
Non mi fido più di nessuno, tanto meno del mio intuito che più di
una volta mi ha tratto in inganno e che anche ora non sembra in
grado di distinguere tra menzogna e verità.
Perduto, è tutto perduto. Finito.
Trascorro la notte a piangere tra gli album di foto ricordo
accasciata contro la parete verde dello studio.
-Come stai?
Che domanda del cazzo. Anche lui galleggia sulla merda delle
banalità.
Non rispondo.
-Lo sai che se te ne vai questa volta è per sempre, se esci da quella
porta non potrai più tornare indietro!
Lo guardo. Non ho nessuna intenzione di tornare.
E' tardi per dire qualunque cosa.
Raccoglie le sue cose ed esce. Se ne va a riscuotere soldi in giro. Il
business non aspetta. Gli affari hanno la precedenza. "Muori!!!, o
continua a vivere per quel tuo cazzo di business!" Penso solo che
non mi riavrà, mai più. Rabbia soffocata, sono davvero padrona di
me, " esci che così spacco tutto…"
Gli giro le spalle e guardo Blanca che, ignara di tutto, sonnecchia
beata nella sua cuccia.
L'auto si allontana sgommando nervosamente lungo il vialetto.
Mi preparo uno spinello per riflettere su ciò che sto per disfare.
Impreco, aspettando che i singhiozzi mi ostruiscano la gola.
Mi lancio sui souvenir disposti sulle mensole del salotto. Vanno in
frantumi uno a uno.
Blanca assiste immobile senza capire, non ha il coraggio di
allontanarsi. Pongo da fuori non si accorge di niente.
Ora tocca anche a lei, alla grande scultura in ebano comprata ad un
mercatino in Calabria. Un uomo dall'aspetto fiero in piedi con una
donna inginocchiata ai suoi piedi intenta a succhiargli l'uccello.
-Io ti odio!
La scaravento con violenza sul al pavimento. Raccolgo i pezzi e li
rilancio una, due, tre volte.
Chiudo la porta e parto per un viaggio di sola andata col mio cane.
Esiste una persona sbagliata da amare? Secondo il prof. di Storia
Culturale no. Abbiamo condiviso successi e insuccessi, ma non so
ancora esattamente cosa lui debba a me. Prima di lasciarlo non ho
avuto il coraggio di chiederglielo. Non ho avuto il coraggio di dirgli
niente.
Forse la vita è fatta di conti in tasca, ed io non ho fatto bene i miei.
Non doveva andare così.