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LA FREQUENZA DI OCCORRENZA DI CONSONANTI E VOCALI E DELLE LORO COMBINAZIONI NELLE SILLABE DEL BABBLING E DELLE PRIME PAROLE DAI 10 AI 27 MESI D’ETA’ °Claudio Zmarich, ° Debora Stocco, °Mirca Minozzi, *Serena Bonifacio °Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del C.N.R., Sezione di Fonetica e Dialettologia di Padova *Irccs Istituto per l’Infanzia “Burlo Garofolo” - Trieste [email protected] , [email protected] , [email protected] , [email protected] SOMMARIO Questo studio analizza le caratteristiche fonetiche segmentali relative alle produzioni di babbling e delle prime parole dal 10° al 27° mese. I soggetti sono costituiti da due gruppi, uno formato da 4 bambini dai 10 ai 16 mesi di età, audioregistrati ogni 2 mesi nel corso di situazioni di gioco, e uno formato da 13 bambini dai 18 ai 27 mesi d’età, registrati ogni 3 mesi. Le occorrenze di babbling e delle parole sono state trascritte foneticamente con i simboli IPA della tavola principale e di quella per la trascrizione del linguaggio patologico. In questo studio abbiamo considerato solo le produzioni di babbling del primo gruppo e solo le produzioni lessicali del secondo gruppo. Le capacità fonetiche sono state analizzate attraverso due modalità. La prima valuta la produzione dei singoli foni in funzione della loro posizione nella sillaba con due procedure: 1) per il babbling sono state calcolate le frequenze dei tipi vocalici e consonantici; 2) per un vocabolario > 10 parole (type), e limitandosi alle prime 50, è stato calcolato l’inventario fonetico applicando i criteri di Stoel-Gammon (1985): un fono è attestato solo se presente in almeno due diverse “parole”. La seconda modalità valuta le combinazioni di C e V nella sillaba, calcolando la frequenza delle associazioni dei foni consonantici con i foni vocalici classificati per luogo di articolazione, e sottoponendole al test statistico del chi-quadro, allo scopo di verificare l’ipotesi dell’organizzazione intrasillabica del babbling di Davis & MacNeilage (1995). Questa ipotesi prevede che le consonanti anteriori co-occorrano con le vocali anteriori, le consonanti posteriori con le vocali posteriori e le consonanti labiali con le vocali centrali, poichè il posizionamento di labbra e lingua è passivo ed è legato biomeccanicamente al movimento ritmico di tipo oscillatorio della mandibola. I risultati finali vengono espressi in riferimento alle classi fonologiche naturali di consonanti e vocali, inquadrati in una prospettiva longitudinale e discussi in relazione alle frequenze di occorrenza delle strutture foniche del lessico italiano, tratte da (1) una lista dei target lessicali adulti tentati dai bambini del nostro campione a 27 mesi, (2) una lista di parole tratte dal Primo Vocabolario del Bambino (PVB:Caselli e Casadio 1995, appendice B), (3) alcuni studi di frequenza disponibili per la lingua italiana (cfr. Zmarich & Miotti, 2003b). Inoltre sono effettuati alcuni confronti con i dati disponibili in letteratura sullo sviluppo fonetico dei bambini anglofoni.

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LA FREQUENZA DI OCCORRENZA DI CONSONANTI E VOCALI E DELLE LORO COMBINAZIONI NELLE SILLABE DEL

BABBLING E DELLE PRIME PAROLE DAI 10 AI 27 MESI D’ETA’

°Claudio Zmarich, ° Debora Stocco, °Mirca Minozzi, *Serena Bonifacio °Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del C.N.R.,

Sezione di Fonetica e Dialettologia di Padova *Irccs Istituto per l’Infanzia “Burlo Garofolo” - Trieste

[email protected], [email protected], [email protected], [email protected]

SOMMARIO Questo studio analizza le caratteristiche fonetiche segmentali relative alle produzioni di

babbling e delle prime parole dal 10° al 27° mese. I soggetti sono costituiti da due gruppi, uno formato da 4 bambini dai 10 ai 16 mesi di età, audioregistrati ogni 2 mesi nel corso di situazioni di gioco, e uno formato da 13 bambini dai 18 ai 27 mesi d’età, registrati ogni 3 mesi.

Le occorrenze di babbling e delle parole sono state trascritte foneticamente con i simboli IPA della tavola principale e di quella per la trascrizione del linguaggio patologico. In questo studio abbiamo considerato solo le produzioni di babbling del primo gruppo e solo le produzioni lessicali del secondo gruppo.

Le capacità fonetiche sono state analizzate attraverso due modalità. La prima valuta la produzione dei singoli foni in funzione della loro posizione nella sillaba con due procedure: 1) per il babbling sono state calcolate le frequenze dei tipi vocalici e consonantici; 2) per un vocabolario > 10 parole (type), e limitandosi alle prime 50, è stato calcolato l’inventario fonetico applicando i criteri di Stoel-Gammon (1985): un fono è attestato solo se presente in almeno due diverse “parole”. La seconda modalità valuta le combinazioni di C e V nella sillaba, calcolando la frequenza delle associazioni dei foni consonantici con i foni vocalici classificati per luogo di articolazione, e sottoponendole al test statistico del chi-quadro, allo scopo di verificare l’ipotesi dell’organizzazione intrasillabica del babbling di Davis & MacNeilage (1995). Questa ipotesi prevede che le consonanti anteriori co-occorrano con le vocali anteriori, le consonanti posteriori con le vocali posteriori e le consonanti labiali con le vocali centrali, poichè il posizionamento di labbra e lingua è passivo ed è legato biomeccanicamente al movimento ritmico di tipo oscillatorio della mandibola.

I risultati finali vengono espressi in riferimento alle classi fonologiche naturali di consonanti e vocali, inquadrati in una prospettiva longitudinale e discussi in relazione alle frequenze di occorrenza delle strutture foniche del lessico italiano, tratte da (1) una lista dei target lessicali adulti tentati dai bambini del nostro campione a 27 mesi, (2) una lista di parole tratte dal Primo Vocabolario del Bambino (PVB:Caselli e Casadio 1995, appendice B), (3) alcuni studi di frequenza disponibili per la lingua italiana (cfr. Zmarich & Miotti, 2003b). Inoltre sono effettuati alcuni confronti con i dati disponibili in letteratura sullo sviluppo fonetico dei bambini anglofoni.

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Dai risultati emerge che il babbling e le prime parole manifestano una preferenza per il tipo sillabico CV, con foni consonantici occlusivi orali e nasali, in maggioranza alveolari/dentali e bilabiali, e vocali di tipo anteriore o centrale (basso) non arrotondate. Le predizioni di Davis e MacNeilage sulle co-occorrenze intrasillabiche sono state confermate solo in parte.

1. INTRODUZIONE Quando si studia il parlato, ci si trova subito di fronte a due aspetti, apparentemente

inconciliabili: un numero ristretto di unità discrete, permutabili, indipendenti dal contesto (descrizione segmentale del prodotto) e una attività fisica in variazione continua indotta dal contesto, in un gran numero di variabili articolatorie, acustiche, uditive o neurali (descrizione fisica del processo). Questi due aspetti impongono anche la scelta di diversi metodi di studio: l’aspetto segmentale, che è relativo alle unità d’informazione, viene studiato tramite la trascrizione fonetica del percetto uditivo (che può essere ulteriormente sostanziata, ma non sostituita, dalla descrizione delle caratteristiche acustiche e/o articolatorie dei cosiddetti target fonetici). L’aspetto fisiologico, che è relativo alle unità d’azione, viene indagato tramite l’analisi del segnale acustico e tramite l’analisi dei patterns fisiologici relativi alla respirazione, fonazione e articolazione (decorso temporale della dinamica articolatoria). Quello che alla fine fa la differenza tra i due aspetti è il ruolo giocato dal tempo: nel primo caso i segmenti sono atemporali e disposti l’uno dietro l’altro come perline sul filo (cfr. Goldsmith, 1976: 25-26), nel secondo i gesti articolatori sono compresenti e si modificano reciprocamente a più livelli.

Nel campo degli studi sullo sviluppo fonetico, l’aspetto più studiato è quello segmentale, a causa probabilmente di esigenze pratiche come la difficoltà di usare strumentazioni e procedure che non sono adatte a soggetti generalmente poco o per nulla collaborativi come i bambini, e per la necessità di valutare la normalità dello sviluppo con un metodo (apparentemente) facile e rapido quale quello basato sulla trascrizione fonetica del percetto uditivo. Infatti, spesso nella pratica clinica c'è l'esigenza di confrontare la produzione segmentale di un certo soggetto con i dati di bambini con sviluppo tipico della stessa fascia d'età, al fine di stabilire se quel bambino segue uno sviluppo tipico, atipico o è deviante. Ma l’attenzione agli aspetti segmentali ha anche motivi teorici, quali la forte relazione di questo tipo di studi con un tipo di fonologia ancora basata sul segmento e sui tratti distintivi (come per certi versi può essere considerata l’Optimality Theory di stampo generativo; per una recente rassegna cfr. Kager, Pater & Zonneveld, 2004).

Corre l’obbligo di segnalare che, per evitare errori troppo spesso commessi in passato anche da studiosi insigni come il grande linguista Roman Jakobson (1941/1968) che basò il suo famoso studio su diari di genitori, che trascrivevano dal vivo senza l’ausilio del registratore, bisogna essere consapevoli che la trascrizione in simboli fonetici (come quelli della tavola IPA) è basata su categorie articolatorie “adulte” e ogni fono rappresentato nella tavola IPA è descritto esaustivamente dall’incrocio dell’appropriata classe fonologica naturale del modo con l’appropriata classe fonologica naturale del luogo, più l’appropriata caratteristica di sonorità.

L’apparato fono-articolatorio fino almeno al 4° mese, invece, è anatomicamente e funzionalmente difforme da quello adulto (Kent & Vorperian, 1995; Mackenzie-Beck, 1997) e l’uso dello stesso simbolo per una vocalizzazione infantile che viene percepita come simile ad una adulta sottenderebbe una somiglianza con l’apparato adulto, che nei fatti può non esistere. Basando le proprie analisi sulla trascrizione fonetica, inoltre, si corre il rischio di attribuire uno status segmentale a percetti che in realtà possono non esistere

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come unità autonome, coscientemente volute e realizzate, nelle vocalizzazioni del bambino. Ad esempio, il trascrittore può avere trascritto una sequenza di sillabe come /paf´b√ /, anche se il bambino può non aver inteso produrre in modo deliberato e consapevole le distinzioni implicate da quei simboli fonetici (Oller, 2000), ma solo aver aperto e chiuso, anche “casualmente”, per 3 volte la mandibola con gradi diversi di costrizione mentre le sue corde vocali a volte vibravano e a volte no.

Lo stadio di vocalizzazione a partire dal quale ha senso usare la trascrizione fonetica è quello chiamato babbling (tradotto anche con il nome di “lallazione”). Esso tipicamente compare attorno al sesto mese di vita e si riferisce alla produzione di una sequenza di sillabe di tipo consonante-vocale (CV) che si ripetono identiche (babbling canonico) o che possono variare in ciascuno dei due foni CV (babbling variato) con un’organizzazione ritmica e temporale simile a quella del parlato adulto (Oller, Wieman & Doyle, 1976) cioè con transizioni formantiche relativamente rapide tra gli elementi consonantici e vocalici, e con una modalità fonatoria normale. Esempi tipici sono: [papapa], [pataga], [papipe] o [patigo]. Il motivo principale che ci autorizza finalmente all’uso della trascrizione fonetica risiede nel fatto che il babbling è il primo tipo di vocalizzazione infantile che si struttura sulla sillaba, che è l’unità ritmica minima del parlato adulto, e al contempo la principale e la più universale. Come vedremo meglio in seguito quando presenteremo il pensiero di MacNeilage e Davis, la sillaba del babbling non costituisce però un tutto inanalizzabile, ma forma una cornice, un modus construendi per gli elementi segmentali di natura consonantica e vocalica, che finalmente possono essere descritti individualmente, stante anche la raggiunta maturità anatomofisiologica, nei termini degli atteggiamenti articolatori di modo, luogo e sonorità, riassunti dai simboli IPA. Per questo è stato detto che la sillaba del babbling è il punto di contatto tra biologia e fonologia e la miglior base comune per descrivere gli enunciati infantili con metodi fisiologici, acustici e percettivi (Kent, 1993), usati anche per il parlato adulto.

La legittimazione dell’uso della trascrizione fonetica a partire dallo stadio del babbling non deve però farci dimenticare quello che è il limite intrinseco delle analisi basate sulla trascrizione fonetica, e cioè la soggettività delle valutazioni del trascrittore, anche se esperto. Infatti, è stato valutato che la trascrizione di tipo narrow ha percentuali di accordo inter- e intra-trascrittore di circa il 74% (Schriberg & Lof, 1991). Questa percentuale è destinata fatalmente a diminuire nel caso della trascrizione delle vocalizzazioni infantili, rendendo, laddove non si prendessero delle adeguate precauzioni, le conclusioni a cui portano le analisi basate sulla trascrizione fonetica tanto precarie quanto è instabile il piede su cui appoggiano (cioè il basso grado di accordo). A queste difficoltà si può rispondere con l’adozione di alcune contromisure: si può pretendere che le percentuali di accordo inter- o intra- trascrittore siano più alte, si può ricevere aiuto nella trascrizione dalle funzionalità di software per l’editing e l’analisi del segnale acustico, in modo da isolare segmenti definiti di segnale da ascoltare ripetutamente, ed infine si possono adottare simboli speciali per trascrivere vocalizzazioni “speciali” come quelle emesse dai bambini. Questi simboli tuttavia devono essere riconosciuti dalla comunità dei trascrittori, ed essere in un qualche modo standardizzati e ufficiali. Nel campo degli studi sullo sviluppo fonetico non esistono sistemi di trascrizione con queste caratteristiche, ma una buona soluzione può essere offerta dall’uso dei simboli e diacritici per la trascrizione del linguaggio patologico che sono stati aggiunti alla tavola principale dei simboli e dei diacritici IPA nell’Handbook of the International Phonetic Association (1999).

Da un altro punto di vista, i foni del babbling sono in continuità con il parlato adulto per due aspetti (Oller et al., 1976, Locke, 1983):

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1) i foni (e le loro combinazioni) che sono più frequenti nel babbling lo sono anche nelle lingue del mondo (foni consonantici occlusivi orali e nasali e i foni approssimanti);

2) le prime parole di un bambino contengono gli stessi foni nelle stesse combinazioni dei suoi episodi di babbling.

Nel periodo prelinguistico, quando il lessico è inferiore alle 10 parole, l’uso sistematico di sillabe canoniche (del tipo CV) permette al bambino di fare un'attività di pratica motoria orale e di matching vocale-uditivo. Queste produzioni in seguito assumono un significato, più precisamente nel momento in cui il bambino connette in modo sistematico qualche particolare configurazione articolatoria di babbling a qualche particolare concetto semantico, non strettamente dipendente dal qui ed ora del contesto comunicativo.

A partire dai 18/20 mesi, o da quando i bambini raggiungono una dimensione lessicale che va dalle 15 alle 100 parole, e fino ai 30 mesi, si ha il periodo di massima velocità di espansione del vocabolario (cfr. lexical spurt). L'apprendimento di parole nuove avviene ad una velocità che va dalle 4 alle 10 nuove parole al giorno nel periodo in cui il vocabolario espressivo raggiunge circa le 70 parole e ci possono essere fino a 5 parole comprese per ogni parola prodotta (de Boysson-Bardies, 1999).

A seguito dell'esplosione del vocabolario, il sistema lessicale costituito da insiemi fonici non scomponibili va in crisi. Per il bambino diventa sempre più difficile tenere separati tutti i “gesti” rilevanti che si riferiscono in modo olistico alle parole: se il lessico continua ad accumularsi, il sistema si sovraccarica e incomincia a rallentare. Secondo Lindblom, (1998; 1999; 2000) a questo punto, interviene un processo di auto-organizzazione basato sul principio del minimo sforzo, volto a facilitare la memorizzazione lessicale e il successivo accesso alle parole, che raggruppa insieme le parole che condividono gli stessi gesti articolatori, e le contrappone ad altre.

Il primo babbling manifesta proprietà universali: le restrizioni di tipo neurofisiologico individuate da MacNeilage & Davis (2000) possono spiegare come mai la frequenza di occorrenza dei foni prodotti all’inizio del babbling e le loro combinazioni non risentono dell’influenza delle lingue native (Vihman, 1996). L’ipotesi della struttura intrasillabica proposta da MacNeilage e Davis prevede che nella sillaba CV le consonanti anteriori (coronali) co-occorrano (si associno) quasi esclusivamente con le vocali anteriori, le consonanti posteriori (dorsali) con le vocali posteriori e le consonanti labiali con le vocali centrali. Queste associazioni sono generate dal vincolo biomeccanico che lega il posizionamento di labbra e lingua (articolatori ancora poco mobili) al movimento ritmico di tipo oscillatorio della mandibola (articolatore già molto mobile). Queste ipotesi sono state sperimentalmente verificate sulle trascrizioni di 6 bambini americani (Davis & MacNeilage, 1995) e sulle trascrizioni di bambini di alcuni altri contesti linguistici (cfr. Davis & MacNeilage, 2002), e hanno trovato alcune conferme di tipo acustico (Sussman, Duder, Dalston & Cacciatore, 1999) e cinematico (Green, Moore & Reilly, 2002).

MacNeilage, Davis, Kinney & Matyear (2000) sostengono che queste ed altre caratteristiche (ad es. la preferenza ad iniziare le prime parole con la sequenza “Consonante labiale-Vocale-Consonante coronale”) fondano la loro universalità su proprietà che sono fondamentali per le operazioni del sistema del controllo motorio (ad es. il principio del minimo sforzo), e che la loro traccia si ritrova cristallizzata anche nelle strutture delle lingue odierne, poiché sembra che anche la maggioranza delle lingue esistenti manifestino queste preferenze. Da questo punto di vista potrebbe essere affermato che non solo l’ontogenesi ricapitola la filogenesi, ma, in un certo senso, la crea. Infatti, le capacità percettive, cognitive e articolatorie del bambino sono il filtro attraverso cui le parole vengono trasmesse da una generazione alla generazione successiva.

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Se non è argomento di discussione il fatto che il primo babbling manifesta proprietà universali, c’è molta discussione sui tempi e le modalità di emergenza delle influenze fonetiche linguo-specifiche e sulla nascita della fonologia. Intanto conviene tenere separati i due aspetti: con le diverse opinioni a riguardo dello status fonologico delle prime influenze fonetiche linguo-specifiche è possibile distinguere, secondo Ingram (1991), almeno quattro teorie:

1. la teoria maturazionista: il babbling infantile e le prime parole sono determinate biologicamente, senza organizzazione di tipo linguistico e senza influenze della lingua nativa (per es. Locke, 1983);

2. la teoria interazionista: il babbling infantile e le prime parole mostrano le influenze della lingua nativa, ma l’organizzazione di queste influenze è di tipo pre-linguistico (per es. Vihman & de Boysson-Bardies,1994)

3. la teoria Jakobsoniana: le prime parole mostrano organizzazione linguistica ma nessuna influenza della lingua nativa (per es. Jakobson, 1943/68);

4. la teoria neo-Jakobsoniana: le prime parole mostrano sia organizzazione linguistica che influenza della lingua nativa (per es. Ingram, 1999)

Per quanto riguarda l’inizio della fonologia, Vihman & Velleman (2000) si chiedono: è da collocarsi nel momento in cui il bambino supera le associazioni CV tipiche del babbling (MacNeilage & Davis, 2000)? Quando la prosodia infantile incomincia ad essere caratterizzata più dai parametri della lingua ambientale che dalle restrizioni della produzione articolatoria (Hallè, de Boysson-Bardies, Vihman, 1991)? Quando il repertorio dei suoni prodotti incomincia ad includere qualcuno dei segmenti meno comuni che sono peculiari della lingua nativa (Vihman & de Boysson-Bardies,1994)? O dobbiamo pretendere che compaiano i primi contrasti distintivi a livello segmentale e/o soprasegmentale (Dinnsen 1992; Ingram, 1999)?

Per MacNeilage & Davis (2000) le proprietà del primo babbling si estendono fino al periodo delle 50 parole (verso i 18 mesi), dopo il quale la strategia del fronting (consonante iniziale di tipo labiale, consonante coronale all’inizio della seconda sillaba) con cui sono costruite le prime parole, permette di apprendere i nuovi pattern fonetici delle lingue native. Le ricerche di Teixeira e Davis (2004), condotte su bambini parlanti il portoghese di tipo brasiliano, enfatizzano la supremazia degli effetti del sistema di produzione nelle prime parole, sebbene esse mostrino pure le influenze degli effetti percettivi dell’ambiente linguistico (come dimostra l’alta frequenza di consonanti dorsali e di parole plurisillabiche, che non sono presenti nei coetanei inglesi).

Per altri, come Studdert-Kennedy (1998, 2000), Goldstein (2003), Studdert-Kennedy & Goldstein (2002), il bambino forza il sistema delle parole-frase e smantella i gesti olistici relativi alle sue prime parole, attraverso un processo di fonemizzazione, fondato sul principio biologico del “particolato” (Studdert-Kennedy, 1998), che ogni sistema dell’universo fisico sfrutta allorchè fa un uso infinito di mezzi finiti. Le parole vengono rappresentate come concatenazioni di segmenti fonologici che basano la loro natura su un dispositivo organico già in sé strutturato in parti distinte, come il condotto vocale, straordinariamente adatto a distribuire rapidamente azioni coerenti guidate da scopi fonetici (“chiudi/restringi il condotto vocale nel punto X”) su parti anatomofisiologiche indipendenti (labbra, apice lingua, dorso lingua, radice lingua, velo palatino, glottide). La strutturazione di patterns di gesti sovrapposti a livello di sillaba rende possibile la produzione/percezione di circa 10-15 unità segmentali al secondo: it is this kind of parallel processing that makes it possible to get high speed performance with low speed machinery (Liberman, Cooper, Shankweiler, Studdert-Kennedy, 1967:446).

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I suddetti autori affermano che il bambino manifesta molto precocemente, addirittura nei suoi primi giorni di vita (Meltzoff & Moore, 1997), la capacità di riconoscere e usare parti diverse del suo apparato articolatorio. Una conseguenza di questa sua capacità è che il bambino riconoscerà e produrrà per prime quelle distinzioni fonologiche che sono legate all’uso di articolatori diversi e anatomofisiologicamente indipendenti, e solo dopo quelle distinzioni fisiologiche che sono legate a distinzioni di modo (cioè di grado di costrizione) ma che sono interne allo stesso articolatore (per es. occlusiva vs fricativa bilabiali). L’ipotesi sulla loro acquisizione parte dalla considerazione generale che le categorie fonologiche emergono per soddisfare il requisito che le azioni fonologiche siano condivise dai membri della stessa comunità linguistica. Per condividerle i membri devono reciprocamente adattare le loro azioni fonetiche (attunement). Siccome la relazione tra i parametri di costrizione articolatoria e le loro proprietà acustiche è di tipo non lineare (Stevens, 1989), certe regioni del continuum del tratto vocale consentiranno questo reciproco attunement, altre no (auto-organizzazione attraverso l’interazione pubblica di più parlanti). Ad es., il grado di costrizione nella regione palatale è una funzione non lineare perché bastano pochi mm. di restringimento del tratto vocale per passare da una approssimante [j] a una fricativa palatale [∆]. Le simulazioni al computer suggeriscono che questa modalità d’interazione porta effettivamente all’emergere delle categorie fonologiche basate su contrasti all’interno dello stesso organo (Goldstein, 2003).

Ma, come osservano Vihman & Velleman (2000), se si accetta che la struttura fonologica emerga gradualmente dai fenomeni fonetici, a che punto di questa traiettoria graduale si può dire allora che nasce la fonologia? Questi autori propongono che, sebbene nello sviluppo fonetico-fonologico si colgano sia discontinuità che continuità, nondimeno è possibile identificare l’inizio del sistema fonologico di un bambino. Bambini diversi arrivano a soluzioni diverse del conflitto tra le loro capacità fonetiche e le richieste della lingua nativa. Nella maggior parte dei bambini, queste soluzioni consistono in schemi di parola (cfr. word templates, Vihman & Velleman, 2000: 311), che inizialmente vengono espressi come preferenze nella selezione dei target adulti, ed in seguito come “stampi” su cui adattare la pronuncia dei target che non si conformano ad essi, deformandoli. Dalle loro ricerche, per es. sull’acquisizione della distinzione di lunghezza consonantica (consonante intervocalica scempia/geminata) da parte dei bambini di madre lingua finlandese, questo passaggio si situa verso la fine del periodo della singola parola, quando il bambino ha un vocabolario di circa 50 parole.

L’inizio dell’influenza linguospecifica e le modalità con cui essa si manifesta rappresentano un aspetto aperto alla verifica sperimentale, specificatamente di tipo inter-linguistico. Perché ci sia influenza linguospecifica bisogna dimostrare che: 1) le differenze fonetiche tra i gruppi nazionali sono maggiori delle differenze all’interno dei gruppi; 2) queste differenze riflettono i patterns caratteristici di ciascuna lingua (de Boysson-Bardies et al., 1992). Stabilire le relazioni tra le strutture fonetiche e fonotattiche presenti nel babbling dei bambini cresciuti in ambienti linguistici diversi, e quelle pressenti nelle diverse lingue materne, per distinguere tra proprietà universali e proprietà linguospecifiche, è una strategia di ricerca che per es. ha portato Vihman & de Boysson-Bardies (1994) a individuare un’influenza positiva della lingua nativa già a 9-10 mesi, allorchè i foni nativi aumentano, e un’influenza negativa a partire dai 12 mesi circa, quando i foni non nativi diminuiscono.

Per l’Italiano non esistono dati definitivi. Per i primi dati, cfr. Bortolini (1993), che però riporta senza citare interi passi da de Boysson-Bardies et al. (1992) e Locke (1992), e Zmarich & Miotti (2003a, 2003b), tutti purtroppo solo a partire dai 10 mesi: potrebbe

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essere già tardi per individuare l’inizio dell’influenza della lingua nativa. Sono in corso studi su bambini più piccoli (dai 6 mesi, inizio del babbling, progetto del Piano di Ateneo per la Ricerca 2002-2004, Università di Siena, responsabile Prof. Mario Vayra, collaboratori Claudio Zmarich, Cinzia Avesani ed Edda Farnetani).

Anche nella successiva fase del linguaggio emergente, compresa tra 10 e 50 parole, e in quella del linguaggio che si sta sviluppando, dalle 50 parole in poi (Paul, 2001) sono pochissimi gli studi fonetici sui bambini italiani, e sono solo leggermente di più a partire dai 24 mesi, età in cui possiedono già un discreto vocabolario, con una media di 300 parole, e una variabilità che fluttua da 80 a più di 500 parole.

Per confrontare le caratteristiche fonetiche del babbling con quelle del linguaggio emergente e del linguaggio che si sta sviluppando gli studiosi ricorrono all’analisi del percetto uditivo codificato nella trascrizione fonetica per ricavare le frequenze di occorrenza dei segmenti e delle sillabe presenti nei campioni di parlato. Il tipo di campione considerato per i primi stadi della produzione linguistica non è lo stesso del babbling. Nel babbling le statistiche di frequenza dei foni e dei tipi sillabici sono relative ai token (cioè sono calcolate su tutte le occorrenze degli enunciati di babbling) mentre negli stadi del linguaggio emergente e del linguaggio che si sta sviluppando il campione su cui sono calcolate le frequenze è costituito dai type (i “migliori” rappresentanti delle parole), che dal punto di vista pratico altro non sono che elenchi di voci lessicali diverse, uguali alle entrate del dizionario. Questa diversità del tipo di campione usato per le analisi sulle frequenze dei foni non è del tutto arbitraria e negativa, e si basa in parte sulla natura del processo di acquisizione dei patterns fonetici. Infatti, Pierrhumbert (2003) afferma che le prime regolarità fonetiche della lingua nativa che i bambini apprendono derivano dalle proprietà statistiche del parlato circostante, che sono relative ai fasci di co-occorrenze fonetiche nei token in sequenza, e che riflettono la frequenza d’uso. Il tipo di inizio bottom-up delle categorie ha successo grazie al circuito di percezione-produzione operante nella comunità linguistica, che riflette la contrastività e la discriminabilità delle categorie della grammatica adulta. Una volta che il bambino ha acquisito un piccolo lessico, il sistema fonologico in via di sviluppo viene ulteriormente raffinato e migliorato ricorrendo al feedback interno derivato dalla statistica sui type lessicali.

Il campione lessicale infantile può servire per analisi di tipo relazionale o analisi di tipo indipendente (Stoel-Gammon, 1991). Le analisi di tipo relazionale sono quelle in cui ogni produzione lessicale prodotta dal bambino è messa in rapporto con il target adulto. La produzione del target di solito viene elicitata tramite la somministrazione di un test, il confronto produce dei punteggi di accuratezza, più o meno grande a seconda della maggiore o minore vicinanza alla forma adulta, gli errori vengono classificati e il bambino viene valutato di conseguenza per la sua competenza fonologica (cfr. Smit, Hand, Freilinger, Bernthal & Bird, 1990). Le analisi di tipo indipendente invece non vengono condotte sui target della lingua adulta, ma sulle produzioni lessicali effettive del bambino mentre interagisce con la madre, e portano ad una valutazione della sua abilità fonetica, tramite la compilazione dei cosiddetti inventari fonetici. Questi non sono altro che una classificazione, basata sulle caratteristiche di luogo, di modo di articolazione e di sonorità, dei foni che il bambino produce più frequentemente.

Per la continuità che offrono con gli studi sul babbling sia nel metodo di raccolta che in quello di analisi, le analisi indipendenti sono da preferire rispetto a quelle relazionali quando bisogna confrontare gli stadi di produzione prelinguistici e linguistici.

Per quanto riguarda gli studi sugli inventari fonetici dei bambini italiani, Bortolini (1995: pag. 22) riporta quelli che l'autrice descrive come "dati articolatori normativi" a

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partire dai 24 mesi, ma non esplicita come sono stati raccolti, né il grado di affidabilità delle trascrizioni, e neppure il numero di soggetti del campione. Nello studio di Bortolini, Bonifacio, Zmarich, Fior (1996) vengono presentati gli inventari fonetici di 4 bambini con sviluppo tipico nelle tappe dei 18, 21 e 27 mesi, che progrediscono nell’intervallo temporale considerato, passando, a 18 mesi, da un inventario costituito quasi esclusivamente (fatta ecc. per il fono /l/) dalle sole consonanti occlusive, nasali e orali (queste ultime prevalentemente sorde), al completamento del repertorio delle occlusive a 21 mesi, con l’aggiunta della serie sonora e l’inserimento delle prime fricative, affricate ed approssimanti, per giungere a 27 mesi ad un inventario fonetico quasi completo ( mancano /dz, , r, /).

Lo studio più completo a oggi è quello di Zmarich e Bonifacio (2004): dai risultati di questo studio emerge che il sistema fonetico dei bambini italiani cresce sistematicamente dai 18 ai 27 mesi, con le seguenti modalità: 18 mesi: presenti solo occlusive (orali e nasali), prevalentemente sorde (perché

articolatoriamente più facili delle sonore). Tra i luoghi di articolazione viene preferito quello anteriore, forse perchè le labiali possono essere prodotte con la sola mandibola e le alveolari sono le preferite tra le consonanti linguali perché più facili dal punto di vista articolatorio rispetto alle dorsali. L’occlusiva nasale è prodotta con un range di sovrapposizione temporale molto ampio tra le due azioni di abbassamento del velo e di effettuazione di una costrizione orale. E' molto evidente una preferenza per il tipo sillabico CV: infatti può essere prodotta da un singolo organo che forma una costrizione ed una apertura senza una precisa coordinazione tra i gesti di C e V. A questa età le consonanti prodotte sono proprio quelle che ci aspetteremmo se i bambini stessero producendo gesti degli “organi” del condotto vocale controllati e coordinati in modo insufficiente.

21 mesi : l’inventario fonetico più completo è in posizione mediana. Si può incominciare a cogliere un influsso della lingua nativa (l’Italiano): si afferma il contrasto di sonorità, e i foni [l] e [t] introducono altre abilità fonetiche, come l’abilità a prolungare un fono ([l]) o una sua fase ([t]), coordinandola alla fase precedente e mantenendo un grado di costrizione adeguato alla generazione della turbolenza.

24 mesi: consolidamento di tutti i foni occlusivi e ingresso massiccio delle fricative, differenziate per modo e luogo di costrizione.

27 mesi: aumentano i tipi sillabici complessi come CVC e CCV. Nell’articolo di Zmarich e Bonifacio (2004) vengono anche tentati alcuni confronti per

stabilire quanto le variazioni evolutive siano dettate dalle caratteristiche della lingua adulta. Un primo tipo di confronto è istituito verso il basso con i dati fonetici di alcuni database infantili. Il primo di questi riguarda 4 bambini e si riferisce al babbling (BAB-1 e BAB-2, cfr. Zmarich & Miotti, 2003b), alle prime parole fino ai 18 mesi (WORD-2, cfr. Zmarich & Miotti, 2003b), ai target lessicali adulti tentati (TARG, cfr. Zmarich & Miotti, 2003b), mentre un secondo database si riferisce ad un corpus lessicale adulto relativo al primo vocabolario dei bambini fino ai 30 mesi. In questo database Zmarich e Miotti (2003) hanno informatizzato l’appendice E, che contiene 696 parole producibili dai bambini dai 18 ai 30 mesi, del questionario noto come “Il primo Vocabolario del Bambino (PVB), adattamento italiano del MacArthur Communicative Development (CDI di Fenson et alii, 1993) ad opera di Caselli e Casadio (1995).

Un secondo tipo di confronto è istituito verso l’alto con i dati fonetici relativi all’italiano scritto (Batinti, 1993) e parlato (Bortolini et alii, 1978). Il confronto è, come

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avvisano gli autori, solo indicativo e generico, perché “i dati a confronto si riferiscono a soggetti diversi, che producono oggetti diversi (foni vs classi fonologiche), che vengono misurati in modo diverso” (Zmarich e Bonifacio, 2004).

Un terzo tipo di confronto, trasversale perché interlinguistico con i coetanei di comunità linguistiche diverse dall’italiano, è stato istituito sulla base di alcuni dati esistenti in letteratura. Poiché l’ambiente linguistico da cui provengono la stragrande maggioranza dei soggetti studiati è quello anglofono, gli autori hanno fatto riferimento principalmente a Davis & MacNeilage (1995), Stoel-Gammon (1985) e Dyson (1988).

Da tutti questi confronti, Zmarich e Bonifacio (2004) ricavano che, per quanto riguarda il modo di produzione, c’è una continuità in termini di tipo di foni prodotti tra stadio prelinguistico e stadio linguistico: in entrambi gli stadi i foni consonantici più frequenti e più stabili sono le occlusive orali e nasali. Diversamente dagli inventari dei bambini americani, le approssimanti [j] e [w] non compaiono mai negli inventari dei bambini italiani (influenza della diversa incidenza percentuale nelle rispettive lingue ?). In confronto alla lingua adulta, le nasali incrementano la loro presenza nello stadio delle prime parole, mentre trilli, fricative e affricate incominciano ad essere rappresentati in modo consistente solo nei target.

Per quanto riguarda il luogo di produzione, il dato più interessante è relativo all’incremento percentuale delle bilabiali nello stadio delle prime parole rispetto sia alle fasi precedenti del babbling che ai pattern successivi della lingua parlata dagli adulti.

La sillaba CV raggiunge il suo massimo (circa 80%) proprio a 18 e a 21 mesi, mentre il tipo sillabico V decade con l’età, e il tipo CVC aumenta. I coetanei inglesi producono il tipo CVC in almeno il 40% delle sillabe prodotte (Dyson, 1988).

Nello studio che presentiamo le analisi si differenziano da quelle di Zmarich e Miotti (2003a, 2003b) e di Zmarich e Bonifacio (2004) per più aspetti : • vengono rappresentate le frequenze di occorrenza di tutti i foni e non solo di quelli

attestati in base a un criterio di soglia (cioè presenti nella maggioranza dei soggetti); • le frequenze di occorrenza di ciascun fono sono riferite alla posizione che questo

occupa nella sillaba e non nella parola; • sono rappresentati anche i risultati per le vocali; • i risultati sono confrontati con i risultati delle analisi svolte con gli stessi criteri sulle

forme lessicali adulte tentate dai bambini (quelle del nostro data base e quelle tratte da Caselli e Casadio, 1995, vedi metodologia);

• sono state calcolate le co-occorrenze tra C e V all’interno delle sillabe, per verificare le ipotesi di Davis & MacNeilage (1995) e MacNeilage & Davis (2000).

2. METODO SPERIMENTALE

2.1 Soggetti e registrazioni I soggetti di questo lavoro sono i bambini esaminati nelle tesi di laurea di Minozzi

(2004) e Stocco (2004). Il campione di bambini preso in esame da Minozzi (2004) è costituito da quattro

soggetti dei quali si è osservato lo sviluppo fonetico al 10°, 12°, 14° e 16° mese d’età. Questi soggetti fanno parte di un database raccolto dal Dr. Claudio Zmarich dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, sez. di Fonetica e Dialettologia, e sono già stati studiati in Zmarich e Miotti (2003a, 2003b). I soggetti appartengono a una classe sociale di tipo medio e la loro partecipazione allo studio non è stata ricompensata su base monetaria. Essi, un maschio (S 4) e tre femmine (S 1, S 2 ed S 3), sono nati a termine con

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uno sviluppo neuromotorio, cognitivo e linguistico nella norma rispetto all’età, e soprattutto sono esenti da patologie a carico dell’apparato uditivo e pneumo-fono-articolatorio.

10 mesi 12 mesi 14 mesi 16 mesi

S 1 9;28 11;18 13;17 15;10 S 2 9;05 11;12 13;14 15;14 S 3 9;08 11;22 13;21 15;19 S 4 9;09* 11;21 13;07 15;16

Tab. 1. Età dei bambini in mesi e giorni a seconda delle tappe. * La prima tappa di S 4 ha avuto una sessione supplementare a 9, 28 mesi.

Il campione di bambini preso in esame da Stocco (2004) è formato da 13 soggetti, 6

maschi e 7 femmine di cui 4 appartegono anche allo studio di Bortolini et al. (1996), e cioè i cosiddetti bambini nati a termine di peso appropriato (T-AGA), ed altri due soggetti appartengono anche al database di Minozzi (2004: S 3 e S 4). Il livello sociale definito in base al titolo di studio e alla professione di entrambi i genitori è globalmente di tipo medio. I bambini sono monolingui, cresciuti in un ambiente dove si parla un italiano di tipo regionale (giuliano per 11 soggetti risiedenti in provincia di Trieste, veneto per due soggetti, risiedenti in provincia di Padova). Riferendoci qui solamente agli aspetti fonetici di tipo segmentale e più specificamente consonantico, si può sottolineare che la variante regionale giuliana è caratterizzata rispetto all'italiano standard principalmente dalle assenze di /¯/ intervocalico (realizzato come /nj/) e /¥/ (realizzato come /lj/, cfr. Canepari, 1980). Tutti i bambini di questo campione, nel primo anno di vita, hanno avuto uno sviluppo psicomotorio regolare documentato dal pediatra e sono risultati esenti da deficit uditivi e foniatrici importanti nella fase del reclutamento. Ogni bambino è stato sottoposto a una valutazione logopedica basata sull’osservazione dell’interazione di gioco della diade madre-bambino associata alla compilazione da parte dei genitori del questionario PVB (Caselli e Casadio, 1995), al fine di escludere bambini che potevano presentare inibizione alla comunicazione in ambiente non familiare ed un livello di vocabolario espressivo e ricettivo inferiore al 10° percentile.

2.2 Registrazione Il campione di bambini preso in esame da Minozzi (2004) è stato registrato a partire da

età diverse, e la prima tappa in cui è possibile considerarli tutti insieme è quella del 9°/10° mese. Le modalità di raccolta dei dati sono state descritte in Zmarich e Miotti (2003a, 2003b) a cui rinviamo per i dettagli; segnaliamo solamente che la frequenza delle sedute di registrazione è stata di una ogni due settimane e la durata di ogni registrazione era di circa un’ora, ed era eseguita dai familiari dei bambini che erano stati dotati degli strumenti per la registrazione e delle istruzioni necessarie. La strumentazione consisteva per due bambini di un registratore Sony tipo DAT e microfono Sony mod. ECM-T7, mentre altri due bambini sono stati registrati con un registratore analogico semiprofessionale AIWA, mod. TP-850 e microfono Sony, mod. ECM-T7.

Per ogni bambino del database preso in esame da Stocco (2004) le registrazioni sono state effettuate in quattro tappe, distanziate di tre mesi, a partire dal compimento del 18° mese, e a 21, 24 e 27 mesi. La produzione verbale della parola veniva sollecitata su presentazione di un oggetto – giocattolo rappresentante il target, procedendo in modo

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ordinato in base alla categoria lessicale. In anticipo era stato stabilito che, per considerare valido il campione di linguaggio raccolto ai fini delle analisi linguistiche, esso doveva contenere almeno il 50% delle parole segnate nella lista lessicale compilata dal genitore, e ciò è stato raggiunto per tutti i bambini (Zmarich & Bonifacio, 2004).

Per quanto riguarda la strumentazione, la registrazione dei bambini è avvenuta con registratore analogico a bobina UHER e registratore DAT TEAC DA-P20, W-850R e microfoni professionali AKG acoustics D 330 BT, MAR II. Ogni registrazione durava dai 45 ai 60 minuti circa.

2.3 Trascrizione Trascrittori esperti di linguaggio infantile hanno trascritto le produzioni dei bambini

usando l'Alfabeto Fonetico Internazionale (1996), integrato con la serie di simboli e diacritici raccomandati per la trascrizione del linguaggio patologico pubblicata col nome di Ext IPA nell’Handbook IPA (1999). I trascrittori si sono serviti, laddove necessario, del feeedback fornito dal segnale acustico acquisito e visualizzato con Multispeech e/o Praat, per PC.

2.6 Indice di concordanza Per quanto riguarda il database considerato da Minozzi (2004), l’attendibilità delle

trascrizioni è stata controllata attraverso due diverse procedure. In un caso i professionisti che avevano lavorato sul soggetto hanno trascritto in modo congiunto circa il 25% dell’intero prodotto verbale del b/o, discutendo i dubbi e giungendo ad una trascrizione consensuale, trovando un accordo percentuale del 98,3% (calcolato con la formula point by point, Shriberg & Lof, 1991) per i simboli IPA. Per gli altri soggetti le trascrizioni sono state eseguite in modo indipendente da due trascrittori su 10 enunciati consecutivi di ciascuna registrazione, e alla fine l’accordo risultava del 62,7% su tutti i simboli IPA.

Per quanto riguarda il database di Stocco (2004), un secondo trascrittore indipendente ha ritrascritto da 3 registrazioni 262 sillabe. L’accordo sulle trascrizioni è stato calcolato pari al 67,2% per le consonanti e 60,8% per le vocali.

Dal momento che nello studio di Davis & MacNeilage (1995), come d’altronde nella grande maggioranza delle ricerche basate sulla trascrizione fonetica del percetto uditivo del parlato infantile, l’accordo era del 76,8% (63%-83%) per le consonanti, e del 44,8% per le vocali (33%-69%), e che la stima sul tasso medio di accordo inter- e intra-trascrittore per un tipo di trascrizione stretta (narrow) eseguite da Shriberg & Lof (1991) risulta essere del 74% circa, valutiamo le nostre percentuali di accordo come sufficienti.

2.4 Criteri di selezione e analisi Sono state escluse dall’analisi tutte le produzioni disturbate da rumore, i suoni di tipo

riflesso e vegetativo, e quelli che appartengono allo stadio pre-babbling del vocal play. Le vocalizzazioni prodotte con fonazione di tipo non modale (laringalizzate, in falsetto) sono state escluse. Le sillabe CV isolate sono state accettate. Due sillabe successive sono considerate appartenenti a enunciati diversi se separate da più di 250 ms. Per il babbling abbiamo considerato ogni produzione non esclusa in base alle precedenti motivazioni. Per le prime parole, abbiamo considerato solo i foni prodotti nelle parole identificate come tali sulla base dei criteri esposti in Vihman & McCune (1994), che considerano: • la somiglianza fonetica con la forma adulta, cioè la presenza di almeno due suoni in

comune tra la forma adulta e quella infantile (preferibilmente consonantici); • il contesto d'uso e quindi la funzione comunicativa; • l'identificazione da parte del genitore.

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Abbiamo considerato solamente le denominazioni e le produzioni spontanee, non considerando le ripetizioni immediate. Sono state escluse le onomatopee se prodotte in risposta alla domanda: “come fa x? “.

Per il campione di quattro bambini considerato da Minozzi (2004), sono state analizzate qui le sole produzioni di babbling. Per il campione di 13 bambini considerato da Stocco (2004), sono state analizzate tutte le forme lessicali selezionate per calcolare gli inventari fonetici esposti in Zmarich e Bonifacio (2004). Questi sono stati calcolati seguendo la procedura di analisi impiegata da Stoel-Gammon (1985), che si applica ad un lessico individuale di almeno 10 parole diverse (type), fino ad un massimo di 50 parole, anche quando la produzione lessicale di un bambino è più ampia. In questo modo è possibile il confronto diretto tra inventari fonetici a prescindere dalla dimensione totale del lessico prodotto durante la seduta di registrazione. La selezione delle parole procede in ordine strettamente progressivo. Ogni fono che ricorra nella posizione iniziale e mediana in almeno due parole diverse viene incluso nell'inventario fonetico del bambino per quella data posizione. Se in corrispondenza di una certa parola ci sono più forme variabili nelle consonanti, vengono considerate per l'analisi solo le prime due in ordine di occorrenza. Noi abbiamo parzialmente derogato a queste restrizioni per poter rappresentare adeguatamente la maggior ricchezza fonetica della tappa dei 27 mesi, che d’altronde Stoel-Gammon (1985) non analizza. Nei lessici individuali che eccedevano i 50 type lessicali, pur conducendo la selezione dei type in ordine progressivo, abbiamo trascurato quelle parole costituite dai foni già attestati nelle parole precedenti, andando alla ricerca delle parole che contenevano i foni ancora mancanti, fino al raggiungimento dei 50 type lessicali.

2.5 Codifica Ogni parola è stata suddivisa in sillabe, sulla base della gerarchia di sonorità e dei

principi di sillabificazione (Nespor, 1993; Blevins, 1995). I foni [j w] sono stati codificati come consonanti in base alla considerazione che non costituiscono apice di sillaba. Il fono [s] in posizione iniziale di nesso consonantico intervocalico è stato attribuito alla sillaba successiva (per es.: ‘a.sta’ e non ‘as.ta’). Sono state codificate, come casi di una matrice di Systat, le sillabe della produzione infantile i cui foni hanno occupato colonne separate; inoltre è stato codificato per ogni produzione il numero progressivo delle sillabe, il numero corrispondente alla numerazione delle sillabe nella trascrizione, il numero progressivo di appartenenza di una data sillaba a un dato enunciato, la posizione della sillaba nell’enunciato (iniziale, mediana, finale), il target corrispettivo, il tipo sillabico. Si è usato il programma statistico Systat per codificare i foni e per attribuire ad ognuno la classe articolatoria appropriata, tratta dalla classe per modo, per luogo e per sonorità (e arrotondamento per le vocali) dell’IPA. Resta da dire che, purtroppo, un ricercatore italiano non può, a tutt’oggi, disporre nè di database lessicali informatizzati per query di informazioni a livello segmentale, nè di studi statistici definitivi sulle frequenze di occorrenze delle unità segmentali a livello di dizionario e a livello di uso linguistico, scritto o parlato. Questa carenza di fondo impedisce di stabilire con sufficiente certezza quali siano i pattern statistici di tipo segmentale caratterizzanti il lessico italiano e l’uso linguistico dei parlanti, che costituiscono il target naturale del bambino, futuro membro di tale comunità.

3. RISULTATI Il numero totale di sillabe analizzate in questa tesi è di 4338 per il database che si

riferisce alle sole produzioni di babbling dei quattro bambini, mentre il numero totale di sillabe analizzate nelle produzioni lessicali considerate per gli inventari fonetici dei 13

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bambini è di 4803. Inoltre, il database delle forme lessicali adulte tentate dai bambini a 27 mesi (TARGET) annovera 1540 sillabe. Il database tratto dalla lista in allegato E di Caselli e Casadio (1995) assomma a 1840 sillabe. A scopo informativo, nello studio di Davis & MacNeilage (1995), a cui possiamo avvicinare di più il nostro studio per metodo e scopi, il numero di sillabe prodotte dai 6 bambini registrati per circa 6 mesi dall’inizio del babbling, con una frequenza di una registrazione di un’ora a settimana, era di 14431. Per quanto riguarda il database considerato da Stocco (2004), la tabella 2 presenta per ogni tappa d’età la media e il range del numero di parole prodotte dai soggetti, che sono 13 eccetto che al 18 mese in cui sono 11 (2 soggetti non raggiungevano il numero minimo di 10 parole).

MESI MEDIA RANGE 18* 32.7 14-50 21 45.2 21-50 24 50 50-50 27 50 50-50

Tab. 2. Type lessicali rilevati a 18, 21, 24 e 27 mesi (* 11/13 soggetti).

Nella fig. 1 è illustrata la frequenza percentuale dei tipi sillabici.

PAROLE

0102030405060708090

CCCV CCV CCVC CV CVC V VC

FREQ

UEN

ZA %

18 MESI

21 MESI24MESI

27 MESI

BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

CCV CCVC CV CVC CVCC V VC

FREQ

UEN

ZA%

10 MESI12 MESI14 MESI16 MESI

Fig. 1. Frequenza dei tipi sillabici negli episodi di babbling (grafico superiore) e nelle

parole (grafico inferiore), per le tappe di età considerate.

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Nella parte della fig. 1, riferita al babbling, si può osservare un’assoluta prevalenza di

CV e V e una minor frequenza di sillabe più complesse (incremento progressivo di CVC); in quella riferita alle prime parole, si può osservare invece, un’assoluta prevalenza di CV, seguita a grande distanza da V e CVC. Con l’aumento dell’età, si assiste ad un progressivo incremento di CVC e CCV, e ad una riduzione di CV.

La fig. 2 illustra la lunghezza delle produzioni misurate in numero di sillabe.

PAROLE

0

20

40

60

80

1 2 3 4 5 6

FREQ

UEN

ZA %

18 MESI

21 MESI

24 MESI

27 MESI

BABBLING

0

20

40

60

80

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

FREQ

UEN

ZA %

10 MESI12 MESI14 MESI16 MESI

Fig. 2. Lunghezza delle produzioni espressa in n° di sillabe, per gli episodi di babbling (nel

grafico superiore e per le parole (nel grafico inferiore). Per quanto riguarda il babbling si ha una prevalenza di episodi monosillabici e

bisillabici. Per quanto riguarda le prime parole, all’inizio la grande maggioranza è costituita da bisillabi, ma nel corso dello sviluppo si assiste a una loro progressiva riduzione e ad un aumento dei trisillabi e quadrisillabi.

Passando a considerare la frequenza delle classi di modo d’articolazione per le consonanti iniziali dei tipi sillabici CV e CVC, esposte in figura 3, per il babbling emerge una prevalenza delle occlusive orali seguite dalle nasali e dalle fricative, mentre nel tempo si ha una progressiva riduzione delle nasali, bilanciata da un aumento delle laterali. Anche le produzioni lessicali (grafico inferiore) sono caratterizzate dalla prevalenza di occlusive,

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ma la loro frequenza relativa, inizialmente molto più alta che nel babbling, diminuisce con l’età, mentre aumentano le fricative. A 27 mesi compare il fono /r/.

BABBLING

010203040506070

appross affricata fricativa laterale nasale occlusiva trillo tap

FREQ

UEN

ZA %

10 MESI

12 MESI14 MESI

16 MESI

PAROLE

010203040506070

appross affricata fricativa laterale nasale occlusiva trillo tap

FREQ

UEN

ZA %

18 mesi

21 mesi

24 mesi

27 mesi

Fig. 3. Frequenza dei modi di articolazione della consonante iniziale di sillaba dei tipi

sillabici CV e CVC, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore)

Le frequenze relative alle classi di luogo d’articolazione per le consonanti iniziali dei

tipi sillabici CV e CVC sono esposte in figura 4. Per il babbling emerge un’assoluta prevalenza delle alveolari, con un aumento

progressivo delle velari. Anche per le parole si ha prevalenza di alveolari che si incrementano nel tempo, così come aumentano anche le labiodentali e le palatoalveolari, mentre le bilabiali diminuiscono.

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BABBLING

010203040506070

alveolarebilabiale

dentaleglottale

labiodentalepalatale

palato alveolare

retroflessauvulare

velare

FREQ

UEN

ZA %

10 mesi

12 mesi

14 mesi

16 mesi

PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

70

alveo

lare

bilab

iale

dentale

glotta

le

labial

e

labiod

entale

palat

ele

palat

o alv

eolar

e

retro

fless

a

uvula

re

velar

e

FREQ

UEN

ZA %

18 mesi

21 mesi

24 mesi

27 mesi

Fig. 4. Frequenza dei luoghi di articolazione per la consonante iniziale di sillaba dei tipi

sillabici CV e CVC, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore).

L’ultima classe fonologica che considereremo per le consonanti singole iniziali di

sillaba riguarda la sonorità, o per meglio dire, la presenza di vibrazione delle corde vocali che in italiano è una caratteristica condivisa da due tratti fonologici, e cioè quelli che classificano un fono come [±sonorante] e [±sonoro] (cfr. Nespor, 1993). In italiano i foni consonantici che sono [+sonorante] e [+sonoro] sono le semiconsonanti, le liquide e le nasali (questi foni li chiameremo tout cour “sonoranti”), in cui le corde vocali vibrano “spontaneamente”, quelli che sono [-sonorante] e [+sonoro] sono tutti i foni ostruenti (occlusive, fricative, affricate), in cui le corde vocali vibrano “attivamente” (questi foni li chiameremo “sonori”) e quelli che sono [-sonorante] e [-sonoro] sono tutti i foni ostruenti in cui le corde vocali non vibrano perché mantenute aperte durante la fase di articolazione del fono (foni “sordi”). Per queste categorie fonologiche, e solo per queste, abbiamo fatto riferimento alla posizione della sillaba nella parola, poiché ci sembrava importante distinguere almeno due contesti, quello iniziale di parola e quello mediano (o intervocalico), che possono esercitare un’influenza sulle caratteristiche di sonorità dei foni, rendendo più facili da produrre i foni sordi in posizione inziale e i foni sonori in posizione intervocalica.

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La figura 5 illustra la frequenza dei tratti di sonorità per le consonanti iniziali di parola monosillabica e plurisillabica.

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

sorde sonore sonoranti

BABBLING

FREQ

UEN

ZA %

10 mesi

12 mesi

14 mesi

16 mesi

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

sorde sonore sonoranti

PAROLE

FREQ

UEN

ZA

%

18 mesi

21 mesi

24 mesi

27 mesi

Fig. 5. Frequenza di sorde, sonore e sonoranti per la consonante iniziale di enunciato

plurisillabico e monosillabico, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore).

Appare chiaro come le consonanti sorde predominino su sonoranti e sonore, nell’ordine,

sia nelle produzioni di babbling che nelle prime parole. Le produzioni di babbling presentano una situazione più dinamica, con le sorde che vanno aumentando nel tempo la loro frequenza a scapito delle sonore. La situazione che riguarda le parole è invece molto più statica, pur presentando una leggera flessione delle sorde a vantaggio delle sonore.

La figura successiva (Fig. 6) presenta la frequenza dei tratti di sonorità per le consonanti intervocaliche.

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0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

45,0

50,0

sorde sonore sonoranti

BABBLING

FREQ

UEN

ZA %

10 mesi12 mesi14 mesi16 mesi

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

45,0

50,0

sorde sonore sonoranti

PAROLE

FREQ

UEN

ZA %

18 mesi21 mesi24 mesi27 mesi

Fig. 6. Frequenza di sorde, sonore e sonoranti per la consonante intervocalica di enunciato plurisillabico, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico

inferiore).

Le frequenze di occorrenza che riguardano le caratteristiche di sonorità delle consonanti scempie intervocaliche sono di difficile lettura per le produzioni di babbling, perché presentano soprattutto nel 16° mese delle inversioni apparentemente inspiegabili. Il dato interessante che comunque sembrerebbe emergere riguarda la proporzione prevalente di consonanti prodotte con la vibrazione delle corde vocali (sonore e sonoranti), che è certamente maggiore, soprattutto nelle due tappe iniziali, della frequenza di tali consonanti in posizione inziale di parola. Viene così confermato l’effetto facilitante per la sonorità del contesto intervocalico. Molto più interpretabile è il grafico inferiore che si riferisce alle parole, e che vede le sorde prevalenti ma in discesa rispetto alle sonore, che figurano in crescita, e sonoranti, che si mantengono costanti. La situazione dipinta in questa grafico

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non è troppo diversa da quella del grafico inferiore di figura 5, che si riferiva alle consonanti iniziali.

Prendiamo ora in considerazione le vocali. La frequenza delle classi vocaliche secondo l’altezza, calcolata sulle occorrenze di tutti i tipi sillabici, è esposta in figura 7.

Si può vedere che nel babbling c'è un’assoluta prevalenza delle vocali basse che però diminuiscono nel tempo, e una discreta presenza di medio-basse. Nelle parole si assiste ad un'iniziale prevalenza delle vocali basse che diminuisce nel tempo, compensata da un aumento delle vocali alte e medio alte.

BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

70

alta bassa medio alta medio bassa schwa

FREQ

UEN

ZA%

10 mesi

12 mesi

14 mesi

16 mesi

PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

70

alta bassa medio alta medio bassa schwa

FREQ

UEN

ZA%

18 mesi

21 mesi

24 mesi

27 mesi

Fig.7. Frequenza delle classi vocaliche secondo l’altezza, per gli episodi di babbling (nel

grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore).

La figura 8 illustra la frequenza delle classi vocaliche relativamente al luogo di articolazione, calcolata sulle occorrenze di tutti i tipi sillabici. Per quanto riguarda il babbling, c’è una prevalenza stabile delle vocali anteriori ed un aumento progressivo delle posteriori; relativamente alle produzioni lessicali, si assiste ad una diminuzione delle vocali centrali e ad un aumento delle vocali anteriori e posteriori.

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BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

anteriore centrale posteriore

FREQ

UEN

ZA%

10 mesi 12 mesi 14 mesi 16 mesi

PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

anteriore centrale posteriore

FREQ

UEN

ZA %

18 mesi 21 mesi 24 mesi 27 mesi

Fig.8. Frequenza delle classi vocaliche secondo il luogo di articolazione, per gli episodi di

babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore).

Le frequenze relative al tratto arrotondato/non arrotondato sono visibili in figura 9. Il grafico relativo al babbling, indica una prevalenza delle non-arrotondate e, a partire dai 16 mesi, una diminuzione del divario tra arrotondate e non arrotondate in direzione dell’Italiano “adulto”; anche nelle produzioni lessicali c’è una prevalenza delle non-arrotondate, che si riduce soltanto lievemente nel tempo. E’ interessante osservare come il lento ma costante incremento delle arrotondate possa essere messo in relazione con l’analogo aumento delle vocali di tipo posteriore (dato che nella lingua italiana le uniche vocali caratterizzate dal tratto [+ arrotondato] sono le posteriori).

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BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

arrotondata non arrotondata

FREQ

UE

NZA

%

10 mesi 12 mesi14 mesi 16 mesi

PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

arrotondata non arrotondata

FRE

QU

ENZA

%

mesi 18mesi 21mesi 24mesi 27

Fig. 9. Frequenza delle classi vocaliche secondo l’arrotondamento, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore).

Relativamente alla posizione del fono nella sillaba, abbiamo anche voluto analizzare le

caratteristiche fonetiche delle consonanti finali. La figura 10 riporta le frequenze dei modi di articolazione per le consonanti finali dei tipi sillabici CVC e VC. Nel babbling, la prevalenza iniziale delle nasali si riduce a vantaggio di laterali e occlusive orali, la frequenza delle fricative è significativa e stabile. Nelle parole, la presenza delle nasali è molto forte e stabile, e ben rappresentate sono anche le occlusive e le laterali.

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PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

70

appross affricata fricativa laterale nasale occlusiva trill tap

FREQ

UEN

ZA% 18 mesi

21 mesi24 mesi27 mesi

BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

70

appross affricata fricativa laterale nasale occlusiva trillo tap

FREQ

UEN

ZA%

10 mesi

12 mesi

14 mesi

16 mesi

Fig. 10. Frequenza dei modi di articolazione della consonante finale di sillaba dei tipi sillabici VC e CVC, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel

grafico inferiore). La frequenza delle consonanti classificate per luogo di articolazione è rappresentata

nella fig. 11. Nel babbling, c’è una prevalenza di consonanti alveolari e bilabiali, nel tempo aumentano le glottali e le palatali, mentre si riducono le velari. Nelle parole, a un aumento delle consonanti alveolari fa riscontro una diminuzione delle bilabiali, le velari risultano stabili.

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BABBLING

0

10

20

30

40

50

60

70

alveo

lare

bilab

iale

glotta

le

labio

denta

le

palat

ale

palat

oalve

olare

velar

e

FRE

QU

EN

ZA%

10 mesi12 mesi14 mesi16 mesi

PAROLE

0

10

20

30

40

50

60

70

alveolare

bilabiale

dentale

glottale

labiodentale

palatale

palato alveolare

retrofle

ssa

velare

FRE

QU

EN

ZA%

18 mesi 21 mesi 24 mesi 27 mesi

Fig. 11. Frequenza dei luoghi di articolazione della consonante finale di sillaba dei tipi

sillabici VC e CVC, per gli episodi di babbling (nel grafico superiore) e per le parole (nel grafico inferiore)

Dopo aver esaminato le frequenze dei segmenti consonantici e vocalici, considerati sia

singolarmente come tipi individuali sia raggruppati nelle classi fonologiche naturali, concludiamo la presentazione dei nostri risultati con l’analisi delle frequenze di co-occorrenza nella sillaba delle consonanti e delle vocali classificate per luogo di articolazione. Ricordiamo che le previsioni della teoria di Davis & MacNeilage (1995) affermano che le consonanti coronali si associano con le vocali anteriori, le labiali con le vocali centrali e le dorsali con le vocali posteriori. Se questo fosse verificato anche nel nostro database, noi dovremmo attenderci che il rapporto tra frequenze attese e frequenze osservate per queste categorie, sia sempre superiore a 1 e anche superiore agli altri due rapporti nella stessa colonna.

Ciascuna delle due tabelle sottostanti riporta, a sinistra, le frequenze osservate e a destra, la ratio delle frequenze osservate sulle attese per le co-occorrenze di consonanti e vocali considerate su tutte le sillabe CV e CVC prodotte, relative al campione di parole del lessico adulto che costituivano il target dei bambini di 27 mesi (TARG, tab. 3) del database di Stocco (2004), e a CC95 (tab.4). Le frequenze attese per ciascuna classe di vocali, Anteriori, Centrali e Posteriori, sono state calcolate applicando il modello statistico del chi-quadro e sono derivate dalla frequenza complessiva di quella classe all'interno di ciascun

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campione. Per es., se il 60% di tutte le vocali nel campione fossero anteriori, allora ci attenderemmo che il 60% delle vocali presenti in ciascun contesto consonantico, cioè in ciascuna delle tre colonne relative a Coronali, Labiali e Velari, siano anteriori. Il valore teorico del rapporto tra frequenze osservate ed attese è 1. La grandezza dello scostamento del valore ottenuto da quello atteso determina la significatività statistica della co-occorrenza, ma qui ci limiteremo ad osservare se le frequenze delle associazioni predette da MacNeilage & Davis (evidenziate in grassetto) superano le frequenze attese, cioè se esprimono un valore superiore ad 1 e contemporaneamente detengono il valore più alto all’interno di ogni singola colonna (evidenziate dalla sottolineatura).

Cons C L V TOT C L V Voc A 265 120 22 407 1.159 0.975 0.398 C 208 168 92 468 0.791 1.187 1.447 P 205 77 50 332 1.099 0.767 1.108 TOT 3 1 1 678 65 64 207

Tab. eggi i frequenza ) e rat lle fre ze o te sulle attese (a destra

Cons C L V TOT

3. Cont d (a sin. io de quen sserva ) per le co-occorrenze intrasillabiche C-V per TARGET (in grassetto le associazioni predette

da MacNeilage e Davis, sottolineate quelle effettivamente verificate)

C L V

Voc A 324 127 16 467 1,129 1,017 0,290 C 195 109 68 372 0,853 1,096 1,548 P 272 108 68 448 0,988 0,902 1,285 TOT 1 1 791 344 52 .278

T onte di frequenz sin.) e delle n rvate sulle atte

dati ottenuti per i due database del lessico infantile in forma adulta non sembrano

con

esi dei dati delle tabelle, in cui confluiscono i dati di c

autori vengono rispettate per due associazioni su tre;

m iù forte tra quelle predette riguarda C labiale con

arole, la sintesi dei dati delle tabelle, in cui confluiscono i dati di c

ab 4. C ggi a (a ratio freque ze osse se (adestra) per le co-occorrenze intrasillabiche C-V per CC95 (in grassetto le associazioni

predette da MacNeilage e Davis, sottolineate quelle effettivamente verificate)

I fermare in pieno l’ipotesi, perché le consonanti velari si associano più spesso con le

vocali centrali che non con le posteriori. Per quanto riguarda il babbling, la sintiascun soggetto, evidenzia che: • a 10 mesi le predizioni degli• a 12 mesi per due associazioni su tre; • a 14 mesi per una associazione su tre; • a 16 mesi per una associazione su tre. Co plessivamente il tipo di associazione p V Centrale e C velare con V Posteriore, mentre l’associazione più debole riguarda C

coronale con V Anteriore. Per quanto riguarda le piascun soggetto, evidenzia che:

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• a 18 mesi le predizioni degli autori non vengono rispettate per nessuna associazione;

• a 21 mesi le predizioni degli autori vengono rispettate per due su tre associazioni considerate;

• a 24 mesi per tutte le associazioni considerate; • a 27 mesi per due su tre associazioni considerate. Complessivamente l’associazione più frequente è tra C labiali e V Centrali (sempre

presente eccetto che nel 18° mese), seguono C coronali con V Anteriori (a 24 e a 27 mesi) e C velari con V Posteriori (a 21 e a 24 mesi)

4. DISCUSSIONE La discussione dei risultati è organizzata sulla base della sintesi delle informazioni

statistiche applicate alle diverse strutture foniche presentate in ciascuna tappa d’età di età su varie figure lungo tutto il capitolo 3, e vengono confrontate con i dati relativi ad alcuni database di riferimento: due infantili ed uno adulto. Il database infantile proviene dalla informatizzazione effettuata in primis da Zmarich e Miotti (2003) ed ulteriormente elaborata in Minozzi (2004), dalla lista di quasi 700 parole del campione di 386 bambini di età compresa tra i 18 e i 30 mesi di Caselli e Casadio (1995), pubblicata in appendice E di “Il Primo Vocabolario del Bambino” che qui riferiamo con la sigla “CC95”. Inoltre, viene usato anche un secondo database infantile (TARGET), costruito da Zmarich e Miotti (2003a,b) prendendo in considerazione le caratteristiche fonetiche delle forme lessicali adulte che costituivano il bersaglio dei tentativi lessicali di 4 bambini normali dai 10 ai 18 mesi. Per quanto riguarda gli adulti, il confronto viene eseguito con le statistiche di frequenza disponibili per l’italiano scritto (Batinti, 1993).

Per una corretta interpretazione dei confronti, bisogna tener presente che i dati della maggior parte dei database di riferimento (CC95, TARGET, Batinti 1993) hanno natura di type cioè sono tratti da entrate di dizionario, in cui ogni singola voce corrisponde ad una forma unica e diversa dalle altre, e di conseguenza occorre solo una volta. Viceversa, i dati delle produzioni di babbling hanno pienamente la natura di token perché costituiti da tutte le produzioni che sono state contate tante volte quante compaiono, anche quando sono ripetizioni della stessa forma, mentre le produzioni lessicali sono di tipo intermedio, perché composte da selezioni di type su base individuale, che però poi sono confluite insieme all’interno di ogni tappa, rendendo così possibile ad un’unica forma di essere rappresentata potenzialmente da 13 token (tanti quanti sono i bambini). Forse il miglior approccio da tenere quando si comparano i risultati dei due database è quello di confrontare non tanto le percentuali totalizzate dalla stessa categoria, quanto l’ordine di grandezza occupato da quella categoria in ciascuno dei due database.

Per finire, laddove utile e possibile (perché purtroppo sono di natura disparata), i nostri dati saranno confrontati con i dati dei coetanei anglofoni di :

1. Stoel-Gammon (1985), Dyson (1988): inventari fonetici (consonantici) delle parole di bambini dai 18 ai 30 mesi;

2. Robb & Bleile (1994): inventari fonetici (consonantici) delle produzioni di babbling e di parole di bambini dagli 8 ai 25 mesi;

3. de Boysson-Bardies, Vihman, Hellichius, Durand, Landberg & Arao (1992): frequenze di occorrenza dei foni consonantici dallo stadio lessicale delle 0 parole allo stadio delle 25 parole (per i bambini anglofoni, dai 9 ai 16 mesi);

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4. Davis & MacNeilage (1995): frequenze di occorrenza dei foni consonantici e vocalici nelle produzioni di babbling e prime parole dai 6 ai 14 mesi circa.

Tipologia sillabica: assoluta prevalenza di CV, con progressivo incremento di CVC e CCV, e riduzione di CV. Nei bambini americani si nota che la diversità caratteristica delle due lingue adulte (sillaba più frequente in Italiano: CV, cfr. Mancini e Voghera, 1994; in Inglese: CVC) appare solo a partire dalle prime parole.

Lunghezza delle produzioni in sillabe: grande stacco tra babbling e parole, per il forte aumento dei bisillabi nelle parole. L’aumento progressivo dei trisillabi e quadrisillabi, sempre nelle parole, segue la frequenza dei type nell’italiano adulto orale.

Modo d’articolazione di C iniziale: durante il babbling prevalgono le occlusive con progressiva riduzione di quelle nasali e aumento delle laterali; per le parole, prevalenza di occlusive, la cui frequenza diminuisce con l’età, mentre aumentano le fricative, alquanto presenti nell’italiano infantile (sono la seconda categoria). A 27 mesi compare /r/, che è il fono più frequente nell’italiano adulto scritto. I bambini di lingua inglese dai 10 ai 16 mesi producono un maggior numero di occlusive (de Boysson-Bardies et al., 1992). Nel passaggio tra babbling e prime parole si assiste ad un forte aumento delle occlusive, attestato come universale da de Boysson-Bardies et al. (1992).

Luogo d’articolazione di C iniziale: la prevalenza di alveolari (orali e nasali) nei nostri bambini è comune all’italiano infantile e adulto scritto. Le alveolari sono prevalenti anche nel babbling e nelle prime parole dei bambini americani di lingua inglese (Robb & Bleile, 1994; Davis & MacNeilage, 1995). Nel passaggio tra babbling e prime parole si assiste ad un forte aumento delle bilabiali, predetto da MacNeilage, Davis & Mateyear (1997) con il nome di fronting.

Caratteristiche di sonorità: le consonanti singole iniziali di enunciati monosillabici e plurisillabici sono prevalentemente sorde nel babbling e nelle parole, seguite da sonoranti e sonore, nell’ordine. Le consonanti singole di enunciati plurisillabici in contesto intervocalico risultano prodotte prevalentemente con la vibrazione delle corde vocali (sonore e sonoranti) nel babbling, mentre nelle parole le frequenze non si discostano molto dalle frequenze delle consonanti inziali (con una prevalenza delle sorde dunque).

Altezza delle vocali: nei nostri bambini fino ai 18 mesi prevalgono le vocali basse, che dopo diminuiscono a vantaggio delle medio-alte; nell’italiano infantile e adulto scritto prevalgono le medio-alte, seguite dalle basse. Nei bambini di Davis & MacNeilage (1995) le vocali basse sono meno frequenti (media: 29 %).

Luogo delle vocali: nei nostri bambini, così come nell’italiano infantile e adulto scritto, prevalgono le vocali anteriori, e le vocali centrali (rappresentate soprattutto dalla vocale bassa, che è anche la vocale più frequente nell’italiano di tipo infantile e adulto). Anche i bambini americani preferiscono le vocali anteriori (Davis & MacNeilage, 1995).

Arrotondamento delle vocali: nei nostri bambini, così per l’italiano infantile e adulto scritto, prevalgono le vocali non arrotondate. Anche i bambini americani di lingua inglese producono poche vocali arrotondate (Davis & MacNeilage, 1995). Il lento ma costante incremento delle arrotondate nel decorso temporale può essere messo in relazione con l’analogo aumento delle vocali di tipo posteriore (dato che nella lingua italiana le uniche vocali caratterizzate fonologicamente dal tratto [+ arrotondato] sono le posteriori).

Modo d’articolazione di C finale: nel babbling, la prevalenza iniziale delle nasali si riduce a vantaggio di laterali, fricative e occlusive orali; nelle parole è significativa e stabile la frequenza delle fricative e sono ben rappresentate le occlusive e le laterali. Nell’italiano infantile prevalgono le nasali e le liquide; discreta anche la presenza di affricate. Nelle

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prime parole dei bambini americani c’è una prevalenza di occlusive (Stoel-Gammon, 1985) ed è presente anche il trillo.

Luogo d’articolazione di C finale: nel babbling emerge la prevalenza di consonanti alveolari e bilabiali, si riducono le velari. Nelle produzioni lessicali analizzate, c'è un aumento delle consonanti alveolari e una diminuzione delle bilabiali, stabili a bassa frequenza le velari. Nell’italiano infantile prevalgono le alveolari e le labiodentali. Nelle prime parole dei bambini americani c’è una forte prevalenza delle alveolari (Stoel-Gammon, 1985).

Ipotesi di MacNailage e Davis sulla struttura intrasillabica: per il babbling le previsioni di MacNeilage & Davis (tutte confermate per i bambini di lingua inglese) sono state solo in parte confermate; è stata verificata l’associazione molto frequente tra C labiali e V centrali. La frequenza relativamente alta dell’associazione tra C velari e V posteriori forse può essere un tratto universale, come affermano Davis & MacNeilage (1995), poichè non è giustificata dalla frequenza nell’Italiano infantile (CC95 e TARGET), dove questo tipo di associazione è l’unico dei 3 predetti da Davis & MacNeilage (1995) che non è prevalente (pur essendo percentualmente consistente). Il dato più inaspettato riguarda la scarsa frequenza dell’associazione tra C coronali e V anteriori, che è invece prevalente nell’italiano di tipo infantile. Per le parole è stata verificata l’associazione molto frequente tra C labiali e V Centrali (sempre presente eccetto che nel 18° mese), delle C coronali e V Anteriori (a 24 e 27 mesi) e delle C velari e V Posteriori (a 21 e 24 mesi).

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