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SUL SITO WEB DI BOLINA VIE-ne posta quotidianamente,

fra le carte meteorologichegiornaliere, una carta d’analisialla quota di circa 5.500 metri,contrassegnata dalla sigla in-ternazionale AU 500 hPa, ge-neralmente riferita alle ore00,00 Utc.

La sigla AU è l’acronimo diActual Upper (situazione realein quota) e 500 hPa indica chela carta mostra le isoipse relati-ve all’area geografica conside-rata, della superficie isobarica500 hPa. Perché viene usatoquesto documento meteorolo-gico? Per spiegarlo vediamo

quali sono, nell’atmosfera, lealtitudini specifiche che hannointeresse pratico per il velista aifini della comprensione deltempo.

I livelli di cui parliamo sonoessenzialmente tre. Uno si tro-

va a circa 600 metri sul livellodel mare, dove l’azione dell’at-trito in superficie non influiscesul regolare flusso dell’aria.Viene denominato strato limitee al di sopra di questo livello ilvento è detto geostrofico, ovve-ro che scorre parallelamente al-le isobare. A questa quota iniziaa essere collocata la base dellenubi medie (altocumuli, nem-bostrati, altostrati).

Possiamo vedere cosa accadenello strato limite (0-2.000 me-tri) osservando il movimentodelle nubi basse (strati, stratocu-muli, cumuli). Ponendoci con ilviso al vento in superficie, si

INDIZI DALLE CARTE IN QUOTAdi GIAN CARLO RUGGERI

L’analisi

dei fenomeni meteorologici a diverse altezzepermettedi redigere previsioni più attendibilie dettagliate

METEO GLI EFFETTI DELLO “STRATO LIMITE” SUL TEMPO IN SUPERFICIE

Per effettuare delle previsioni meteorologiche il più pos-sibile esatte bisogna sapere leggere le carte giornaliereriferite a specifiche altitudini, i fenomeni che si verifica-no in quota infatti influenzano lo stato del mare e delvento con conseguenze importanti per la navigazione.

Una carta meteorologica del sito di BO-LINA riferita a 5.500 metri e 500hPa.

BOLINA Dicembre 2012 41

Meteo_Dic_2012 6-11-2012 11:13 Pagina 41

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AL TERMINE DELLA SECONDAguerra d’indipendenza

(1859), decisiva per la formazio-ne del Regno d’Italia, con l’ap-poggio di Quintino Sella, mini-stro delle Finanze del neonatogoverno sabaudo, fu nominatosecondo astronomo di Brera Gio-vanni Virginio Schiaparelli (Sa-vigliano1835-Milano 1910).

All’epoca il giovane ingegnerepiemontese stava ultimando lasua specializzazione in astrono-mia presso l’osservatorio diPulkovo, in Russia, dopo averefatto esperienze presso quello diBerlino. Direttore dell’Osserva-torio di Brera dal 1862 al 1900,

ne promosse l’ampliamento e losviluppo, dotandolo di nuovistrumenti. Fondato nel 1764 dalpadre gesuita dalmata Ruggero

Giuseppe Boscovich, insegnan-te di matematica presso l’univer-sità di Pavia, quando Schiaparel-li vi fece il suo ingresso l’osser-

SCHIAPARELLI E I “MARZIANI”di AUGUSTO GUIDOBALDI

All’astronomopiemontesesi deve lo studiodegli sciamimeteoricie l’attentaosservazionedella superficiedi Marte

IL CIELO L’ORIGINE DELLE METEORE E I “CANALI” DEL PIANETA ROSSO

Fra i maggiori studiosi dell’astronomia antica e attivodirettore dell’Osservatorio milanese di Brera,Schiaparelli è stato membro dell’Accademia dei Linceie di quella delle Scienze di Torino. Nel 1889 ReUmberto I lo nominò senatore del Regno d’Italia.

IL 21 TERMINA L’AUTUNNO E INIZIA L’INVERNO

Toccando la sua minima declinazione di -23° 27’, il giorno 21 ilSole raggiunge il punto del solstizio invernale, quando nel nostro

emisfero si ha, al contrario di quello australe, il dì più breve e la not-te più lunga dell’anno. Prima dell’alba, Venere è visibile dalle 03,33-04,41 (gli orari, riferiti al nostro fuso orario, sono quelli invernalid’inizio-fine mese); Saturno dalle 04,18-02,34; Mercurio dalle05,23-06,49. Dopo il tramonto, Marte si mostra fino alle 18,34-18,32e Urano fino alle 01,45-23,43. Giove è l’unico pianeta a restare visi-bile tutta la notte. Il Sole sorge alle 07,09-07,28 e tramonta alle16,30-16,38: si perdono 9’ di luce diurna. La Luna è nuova il 13 epiena il 28; calante dall’1 al 12 e dal 29 al 31, crescente dal 14 al 27;è al perigeo il 13, all’apogeo il 25. A.G.

BOLINA Dicembre 2012 43

Cielo_Dic_2012 6-11-2012 11:23 Pagina 43

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Inventato dallo scrittore statunitense Edgar RiceBurroughsil personaggiodi Tarzandeve i suoi natalia un episodiodi ammutinamento

Il bambino allevato dalle scimmie che rifiuta la civiltà e torna nella giungla nelle vesti di un av-venturiero appare per la prima volta nel romanzo Tarzan delle Scimmie pubblicato nel 1912.

Cimeli

LORD JOHN GREYSTOKE È INCARICATO DAL MINI-stero delle Colonie Britannico di derimere una

delicata questione in Africa occidentale dove unapotenza “amica” arruola di nascosto, in colonie in-glesi, milizie di neri per rifornirsi d’avorio e cauc-ciù presso certe tribù del Congo. Non è cosa da ri-solversi in poco tempo per cui anche la giovanissi-ma consorte di Lord John, Alice Rutherford, si im-barca a Dover, a Sud dell’Inghilterra insieme a luiin quell’anno di grazia 1888.

È maggio quando la coppia si trasferisce sulpiccolo veliero Fuwalda, noleg-giato per far rotta daFreetown, in SierraLeone, fino alla mi-s ter iosa local i tà ,meta della missione.La nave è una golettada 100 tonnellate checompie missioni nel-l’estremo Sud dell’A-tlantico, il suo equipag-gio non và troppo per ilsottile, il comandante poiè un gaglioffo collerico e

spietato così che, dall’ennesimo scontro con isuoi uomini, otterrà un sanguinoso ammutina-mento nel quale i coniugi Greystoke divengonoda passeggeri paganti, scomodissimi testimoni.

Per questo eccoli, con armi e bagagli, abbando-nati sulla prima terra africana che i ribelli incon-trano, così da evitare che i due abbiano presto uncontatto con la “civiltà” e denuncino l’assassiniodel comandante della goletta. Una lingua di sab-bia prospiciente un verde inestricabile, quella sucui li lascerà un barchino con gli auguri di Mi-

chael, uno degli ammutinati, cheregala la vita ai Grey-stoke, memore di cer-ti interventi molto ri-soluti del nobile ingle-se contro il dispotismodel comandante ucciso. Come sfuggirà ai sel-

vaggi o alle belve ferocianche se armato di tuttopunto, lo supplica invanoJohn Greystoke? La scia-luppa rifornita di qualche

botte d’acqua dolce, torna

DAL MARE ALLA GIUNGLAdi PAOLO GIORGI

Su Tarzan furono realizzati anche diversi fumet-ti pubblicati in Italia dal 1933, da Mondadori.

BOLINA Dicembre 2012 45

Tarzan_Dic_2012 25-10-2012 16:25 Pagina 45

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L’EDIZIONE 2012 DEL SALONE NAUTICO DI GENO-va, svoltosi dal 6 al 14 ottobre, è stata con

buona probabilità la più desolante nella storia del-l’importante kermesse nazionale dedicata allanautica: circa un terzo di spazio espositivo in me-no, un folto numero di espositori latitanti e un ca-lo di presenze di pubblico pari al 25 per cento.

E meno male che dopo la minaccia di organizza-re un evento parallelo, alternativo al Nautico, buo-na parte dei cantieri velici si sono risolti a parteci-pare. Fossero mancate le banchine con le barche avela ad animare il pubblico, lo spettacolo nel ma-rina 1 sarebbe stato avvilente, tanto quanto lo èstato vedere quelle semi deserte nelle immediatevicinanze. Grandi assenti derive e windsurf conrammarico di molti appassionati (le barche a velanon cabinate erano due: il B-One di Bavaria e ilTutor 23, entrambe di 7 metri).

Ancora una volta sono state le aziende del compar-to velico, promosse quest’anno dalla tendopoliasfissiante delle edizioni precedenti al più dignitosopadiglione D, a dare sostanza alle passeggiate degliappassionati. Nonostante questo erano molti, troppi,gli assenti all’appello. Aziende che non solo permancanza di fondi, ma anche per strategia commer-ciale, hanno preferito investire tempo e risorse altro-

ve. E tra quelli che hanno scelto nonostante tutto diessere presenti a Genova nel 2012, non manca chi haespresso chiaramente l’intenzione di disertare l’ap-puntamento del 2013 se la Fiera di Genova non daràcenni di un sostanziale cambio di rotta. Anche il pre-sidente dell’Ucina, la Confindustria nautica, AntonFrancesco Albertoni se ne è reso conto se è arrivatoa dichiarare che è necessario compiere uno sforzo daparte dell’organizzazione per abbattere i costi di par-tecipazione almeno del 50 per cento.

Ma soprattutto l’Ucina ha incalzato il Governoaffinché si adoperi per riabilitare l’immagine lesa

DIECI IDEE PER IL DIPORTOdi ALBERTO CASTI

Dai dibattitidel Salone di Genova alcune proposteper lo sviluppodel settore

Crisi

Circa un terzo di espositori assente e il 25 per cento di pubbli-co in meno. Questi i numeri del Nautico in tempi di crisi.

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I cambiamentiattesi per la fieradel prossimo futuro

Nautico 2013

CI SARÀ? E SE SÌ, COME E DO-ve si svolgerà il Salone

Nautico del 2013? Per ora è tut-to da decidere. Non è dato percerto neppure il luogo: il mede-simo spazio fieristico, un’areadiversa ma sempre a Genova, oaddirittura un’altra città.

I numeri al ribasso di visitato-ri, l’assenza di molti espositori,la defezione dei marchi più im-portanti, hanno evidentementespaventato gli organizzatori; inprimis Ucina, la Confindustrianautica che, terminata con af-fanno l’edizione del 2012, invo-ca un rilancio di quello che am-bisce ancora a essere l’appunta-mento “nazionale identitario erappresentativo di tutta la filieradella nautica da diporto”.

Per il 2013 è stato istituito ungruppo di lavoro volto ad avviareuna riflessione sul futuro di que-sto evento. Interventi sono previ-sti nei costi di partecipazione pergli espositori, che dovranno esse-re rimodulati, e nella valorizza-zione e riqualificazione deglispazi espositivi. Un impegno lo-devole, anche se per ora solo sul-la carta, quello assunto dall’asso-ciazione dei cantieri e delle indu-strie nautiche. Ma viene il sospet-to che tanta intraprendenza siaquanto meno tardiva.

Sono anni che gli espositori la-mentano l’esosità delle tariffe eche si denuncia l’invivibilità diinteri settori della fiera. Le asfis-sianti gallerie dell’S, per esempio,il palazzetto che nei giorni assola-ti, diventa una sauna priva ossige-

no, così era e così è rimasto. Unpasso avanti è stato compiuto nel-la mobilitazione dell’intero setto-re del Mondo in Vela, passato dal-la tensostruttura e dal Marina 2degli anni precedenti, al padiglio-ne D (comunque non ristrutturatoe privo di impianto di aerazione)e al più centrale Marina 1. Nuovastrategia degli organizzatori?Niente affatto: a pesare sul piattodella bilancia sono stati l’incon-sueta disponibilità di spazi e laminaccia dei cantieri velici di di-sertare in blocco l’appuntamentodi ottobre se non avessero ottenu-to migliori condizioni.

Per fornire a ogni settore paridignità è necessario insommauno sforzo ulteriore. I costi sonochiaramente il primo punto:vanno abbattuti, ma non soloper gli espositori. Anche il prez-zo dei biglietti d’ingresso devesubire una flessione se si vuolerendere la visita al Nautico piùappetibile al grande pubblico.

Quest’anno è stato inserito sulleriviste di settore un buono scontodi due euro da presentare al botte-ghino. Non basta. Quindici o tre-dici euro a testa, sommate allespese di viaggio e di soggiorno,nonché ai costi ancora elevatissi-mi per un pasto in fiera, diventa-no una vacanza che molte fami-glie non si possono permettere.

Se il Salone aspira a essere unavetrina effettivamente rappre-sentativa dell’industria nautica,non può poi prescindere poi dal-l’accessoristica così come dallapresenza massiva di natanti più

popolari, prima di tutto le derivee le tavole a vela, quest’anno tri-stemente assenti.

Merita quindi un’attenta ri-flessione la durata della manife-stazione. I dati di affluenza del2011 e del 2012 parlano chiaro:l’ultimo fine settimana il calodei visitatori è tale da non giu-stificare il mantenimento dell’a-pertura per nove giorni.

Idem per il posticipo della chiu-sura della prima giornata alle ore22: per due anni consecutivi dopole ore 19 c’è stato il deserto. Per-ché perseverare?

È vero che così fanno le più im-portanti fiere europee, da Parigi aLondra a Düsseldorf, ma conver-rebbe concentrarsi nell’eguaglia-re i loro standard qualitativi e in-vestire nei contenuti, anzichéscimmiottarne la formula.

Accanto ai soliti convegni sul-l’andamento dell’industria di set-tore o sul successo degli interven-ti in mare della Guardia costiera,si potrebbero per esempio siglarecollaborazioni con i musei marit-timi nazionali, coinvolgereesperti di arte marinaresca, mae-stri d’ascia, navigatori, documen-taristi, organizzare letture, ingag-giare compagnie teatrali, musici-sti, adibire una sala alla program-mazione di film di genere. Tra-sformare insomma l’evento com-merciale in una grande festa delmare, in un luogo di incontro,svago, e approfondimento; un ap-puntamento insomma da nonmancare, sia da parte degli espo-sitori che dei visitatori. !

GENOVA: L’ULTIMO SALONE?

Il padiglione D dove era presen-te anche la nostra rivista è certa-mente migliore delle tensostrut-ture degli anni precedenti ma pri-vo di impianto di aerazione e bi-sognoso di ristrutturazione.

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Genova_Dic_2012_(AL) 8-11-2012 18:12 Pagina 52

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Comprarela barcaa costi ridottiaffidandolaper qualche annoa una societàdi charter;una formulache si stadiffondendo

Le imbarcazioni in vendita con il sistema dell’acquisto con gestione sono gli ultimi mo-delli dei più noti cantieri, monoscafi o multiscafi, da crociera o anche più sportivi.

Mercato

Con l’acquisto in gestione le spese diormeggio sono della società di charter.

SPESSO L’ACQUISTO DI UNA BAR-ca nuova è ostacolato non so-

lo dal cospicuo investimento ini-ziale, quanto dalla preoccupa-zione del costo per il posto bar-ca, delle spese di assicurazione,o quelle di mantenimento.

Un insieme di voci di bilancioche si aprono all’improvviso nel-la contabilità famigliare e capacidi arenare l’entusiasmo anche dichi avrebbe la possibilità di stan-ziare un’adeguata cifra una tan-tum per realizzare il sogno di di-ventare armatore.

Per aggirare questo ostacolo daqualche anno si sta facendo stra-da anche nel nostro Paese unaformula di compravendita che al-l’estero già riscuote un certo suc-cesso: l’acquisto agevolato conprogramma di gestione.

Il sistema è proposto da so-cietà di charter e consiste nelcomprare la barca affidandola in

gestione a queste compagnie perun certo numero di anni (in me-dia cinque-sei), conservandonela disponibilità per alcune setti-mane l’anno e ricevendo incambio una rendita mensile, inalcuni casi interamente antici-pata, che consente di abbatterefino al 50 per cento il costo del-la barca. Funziona? A giudicare

dalla composizione delle flottedelle più grandi compagnie dinoleggio internazionali, che percirca i due terzi sono formate dabarche gestite con questo siste-ma, sembrerebbe di sì.

Pe rò , p r ima d i l anc i a r s inell’“affare” bisogna valutareattentamente pro e contro diquesto meccanismo. Vediamoallora di capire quali sono i van-taggi e per chi.

Chi ci guadagna. Gestire perl’attività di charter delle barchenuove acquistate da altri arma-tori, per le compagnie di noleg-gio comporta certamente diver-si giovamenti: riduce l’impiegodi capitali, elimina il problemacontabile dell’ammortamento,consente un elevato turn overdella flotta che si rinnova in po-chi anni, ma soprattutto evita ilproblema di trovare l’acquiren-te per decine di barche di secon-

IO ACQUISTO, TU GESTISCIdi FABRIZIO COCCIA

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Aquisto e gestione_Dic_2012 2-11-2012 12:37 Pagina 53

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Una selezionedi originali e abbordabiliproposteper trascorrerel’ultimo dell’annonavigandolungo la Penisola

Invece delle classiche offerte di charter in località esotiche, allettanti quanto lunghe e co-stose, si può festeggiare l’anno nuovo con crociere nel Mar Tirreno come in Adriatico.

Vacanze

ESE QUEST’ANNO IL 31 DICEM-bre lo festeggiassimo in bar-

ca? A quanti velisti non passa perla testa l’idea di sfruttare le ferie,l’atmosfera allegra e il relax del-le festività di fine anno per tra-scorrere con gli amici, il partnero i familiari qualche giorno inmare, bordeggiando felici e con-dividendo la propria passione?

Vista la fredda stagione, è an-che naturale proiettare tale pro-posito figurandosi in una para-disiaca meta esotica ricca dicaldo, palme e acque cristalli-ne, dove brindare in costume dabagno e tanti saluti a cravatta ecotillon: Caraibi, Mar Rosso,Thailandia, Seychelles e Mal-dive, rimangono sempre le lo-calità di charter più gettonate inquesto periodo.

Tuttavia, al di là del costo ditali crociere, già piuttosto sala-to a causa dei trasferimenti ae-

rei, non tutti hanno a disposi-zione i 10-15 giorni di ferie ne-cessari per ammortizzare il jetlag e godere appieno di similiviaggi.

Perché allora non ripiegaresulle splendide coste nostrane?Le condizioni non ancora estre-me della stagione invernale e ilcomfort dei cabinati moderni(spesso dotati di riscaldamento

o comunque facilmente scalda-bili) rendono l’idea tuttaltro cheperegrina. Non solo il portafo-gli ringrazierà, ma brindare suinostri mari potrebbe svelare an-che qualche piacevole sorpresa.Le offerte da parte di società dicharter, scuole di vela e circolinautici in questo senso nonmancano.

Immersi nei colori dei bor-ghi liguri. Tra le mete del BelPaese dove è possibile passareil Capodanno “come Eolo co-manda”, c’è sicuramente la co-sta ligure. E sono proprio i bor-ghi marinari più pittoreschi evivaci di questa regione losfondo proposto per i brindisi abordo dall’associazione NodoBandiera che offre una minicrociera di quattro giorni su ca-binati da 8-10 posti letto (dota-ti di riscaldamento elettrico).

L’imbarco è previsto la mattina

IL CAPODANNO? SI FA A VELAdi DAVID INGIOSI

Lo spirito conviviale che si crea a bor-do è perfetto per celebrare le feste.

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Capodanno_Dic_2012 8-11-2012 19:03 Pagina 57

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Tre anni dopo un terribile maremoto “Barca Pulita” torna nella lagunadi Niuatoputapula più remota delle isole Tonga

Calamità

«ERO ALZATA DA UN’ORA Estavo preparando i miei

figli per la scuola. Il terremoto eraappena finito. Una scossa legge-ra, ma lunga. Molto più di quan-to durano le scosse che un paio divolte l’anno, fanno tremare la no-stra isola. Ho sentito un rumore,come un muggito lontano e lagente gridare che c’era l’acquache veniva su dal mare.

Sono uscita, sono salita sulpick up e mi sono diretta dovec’è il generatore che è la cosapiù preziosa che abbiamo quisull’isola. Dopo poche decine dimetri però ho visto che la strada,in direzione del mare era allaga-ta. Ho capito che qualche cosadi grave stava succedendo, hoinnestato la retromarcia e ho fat-to a tutta velocità la strada cheavevo appena percorso. Sonoarrivata fuori da casa mia e hourlato ai miei figli di salire,mentre giravo il camioncino per

imboccare la strada che va ver-so l’interno dell’isola. Mi sonoresa conto solo in quel momen-to che sul camioncino erano sa-lite e continuavano a salire per-sone, appese come api a ogniappiglio disponibile.

Ho preso la strada della collinamentre un terribile boato arriva-va alle nostre spalle. Nello spec-

chietto ho visto l’onda, altissi-ma, che veniva verso di noi. Lagente urlava, io acceleravo,l’onda ci inseguiva. L’onda a uncerto punto si è sgonfiata e si èritirata, portandosi dietro tutte lepalme che erano sulla sua stra-da.

Dopo poco un altro ruggito eun’altra onda ha cominciato adavanzare, molto più alta dellaprima, ma noi eravamo oramai amezza collina e l’acqua non cipoteva più raggiungere. Ho sca-ricato il mio carico umano e conuno dei maestri della scuola so-no tornata al villaggio, per vede-re se era rimasto qualcuno. Ma ilvillaggio non c’era più. Dovesorgevano le case c’erano mon-tagne di tronchi, ammassi di de-triti, sabbia e pesci che sguazza-vano agonizzanti sul terreno».

A raccontare è Mafi, responsa-bile della dogana, del generato-re e delle comunicazioni con la

TRAVOLTI DALLO TSUNAMIdi CARLO AURIEMMA ed ELISABETTA EÖRDEGH

Con molti metri di catena e motore av-viato due barche hanno resistito almaremoto di Niuatoputapu senza gra-vi danni a parte il musone deformato.

Nel 2009 l’arcipelago dele isole Tonga è stato teatro di un violento tsunami che ha rag-giunto anche le isole Samoa, le Fiji, le isole Cook e la costa settentionale dell’Australia.

BOLINA Dicembre 2012 61

Auriemma_Dic_2012 14-11-2012 16:30 Pagina 61

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L’isola a forma

di trireme che sorge nel centro di Roma

Insulomania

ANCHE NELLA PIÙ CAOTICA DELLE CITTÀ MEDITER-ranee, un’isola rimane uno spazio di quiete, un

frammento isolato dall’acqua capace di regalarequella tranquillità di cui anche l’uomo contempora-neo sente ogni tanto la necessità. A Roma, anticametropoli, l’isola per eccellenza, plurimillenaria perorigine e storia, è la Tiberina. Un’isola che non habisogno di barche per essere raggiunta, perché pos-siamo andarci comodamente a piedi o in bicicletta,l’unica macchina terrestre a misura d’uomo. Nonuno, ma ben tre ponti la collegano alla terraferma,all’Urbe con la “U” maiuscola.

Diverse e discordanti sono le tesi archeologichee documentarie circa il verso in cui è ormeggiatal’isola-nave tiberina. Il marinaio con esperienzafluviale non può che vederla con la “prua” con-trocorrente. Perciò al Ponte Garibaldi è collega-ta a prua, un’unione solo materiale e non pedona-le. Sulla murata destra orientale c’è invece ilPonte Cestio, mentre a sinistra c’è il Ponte Fabri-cio, due ponti che fermano da millenni l’isola acentro fiume.

Una vera e propria arca urbana, un’isola-città conabitazioni, strade e piazza, chiese e ospedale, il Fa-tebenefratelli o, più precisamente, l’Ospedale di SanGiovanni Calibita. Un nosocomio che da secoli rin-nova l’antichissima vocazione medica dell’isola,sulla quale in età romana venne costruito il Tempiodi Esculapio (l’Ascelpio greco), dio della medicina.Luogo di culto e di cura, lecui origini si ricollegano almito greco-romano del Ser-pente, simbolo del dio. Maquesta è anche una storiamarinaresca perché, vuole laleggenda, il sacro rettile rag-giunse la città da Epidauro, abordo di una trireme.

Roma era all’epoca, e lo fufino all’Ottocento, una cittàportuale, punto d’arrivo epartenza di navi dirette versoogni angolo del Mediterra-neo. San Bartolomeo all’i-

sola è il “castello di poppa” della nave, insiemebasilica e monumento ai molinari. Lì infatti finoalla metà dell’Ottocento ha avuto sede la loroConfraternita, la Romana molendinariorum;un’arte fluviale perduta che, grazie all’energia delfiume, ha per secoli permesso di sfamare la città.Decine di mulini fissi a monte e natanti a valle, co-me quello rappresentato nella lapide commemora-tiva del 1626, sfruttavano la forza della correnteper macinare granaglie e altri materiali, per muo-vere seghe e telai. Quadri e incisioni, regolamentie cronache, testimoniano i numerosi mulini or-meggiati nei pressi dell’isola. Il Ponte Cestio, inun’incisione di Giovanni Battista Piranesi, vienechiamato “Ponte Ferrato” proprio per la granquantità di catene che ormeggiavano i mulini.

Ancora oggi carico anche di suggestioni mari-naresche è il frammento litico del “giardinetto”destro delle antiche fortificazioni murarie dell’i-sola, in cui è visibile il Bastone di Esculapio,simbolo della medicina, relitto architettonico enautico di una gloriosa età del remo e della vela,in cui i fiumi erano fondamentali capillari di col-legamento della grande circolazione di merci,uomini e idee mediterranee.

Oggi l’insulomane romano, o l’ospite, ritrovasulla nave-isola cara a Esculapio il più preziosodei medicamenti della modernità: la quiete. Sul-la sua “murata” infatti il rumoroso silenzio del-

l’acqua è un ottimo omeo-patico e sedativo. Lungo lesue rive si possono facil-mente ritrovare altri piace-ri mediterranei, quali il so-le e il vento. Come dal pon-te di ogni nave c’è poi chipesca, mentre come suogni isola del mare no-strum non mancano i fichi,alberi insieme misteriosi,afrodisiaci e filosofici, in-somma il frutto ideale del-l’insulomane.

FABIO FIORI

TIBERINA, UN’ARCA URBANA

Il Tempio di Esculapio, eretto nel 290 a.C. e andatodistrutto durante Medioevo, presentava fortificazioniche riproducevano il castello di poppa di una nave.

Sono tre i ponti che collegano l’isola-nave alla terraferma:Cestio, Fabricioe Garibaldi.

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Tiber_Dic_2012 7-11-2012 11:37 Pagina 66

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In maresono le condizionimeteorologichea influenzareil percorsopiù adattoper giungerea destinazione

Nel nostro emisfero i venti ruotano in senso orario nei centri di alta pressione e antiora-rio nelle aree di bassa pressione, un principio che il velista deve sempre valutare.

Navigazione

Nella preparazione dell’itinerario leprevisioni meteo sono essenziali.

QUANDO SEGNIAMO UNA ROTTAsulla carta nautica, la prima ac-cortezza che adottiamo è verifi-care che passi in acque libere,ossia che lungo la linea che in-dividua la nostra navigazionenon ci siano isole, scogli, secchepericolose. Riflessione indi-spensabile, ma non sufficientese si vuole navigare.

A condizionare la nostra tra-sferta ci sono infatti le condizio-ni meteorologiche. Vento e ma-re spesso ci portano a doverecambiare i programmi una voltasalpati, a tirare dei bordi se ab-biamo il vento sul viso o se l’on-da di prua è troppo ripida. Supercorsi brevi, di poche miglia,soprattutto se condotti sotto co-sta, si è soggetti soprattutto a fe-nomeni locali, influenzati forte-mente dall’orografia, dallaconformazione cioè della costa,in particolare dei suoi rilievi.

Ma quando la rotta si fa piùlunga e attraversa tratti di mareaperto, entrano in gioco scenaripiù ampi e complessi dove gio-ca un ruolo decisivo la disposi-zione delle alte e basse pressio-ni da cui dipende la direzione el’intensità del vento e di conse-guenza anche lo stato del mare.In questo caso, sulla rotta trac-

ciata sulla carta, prevarrà la rot-ta meteorologica: una serie discelte che spesso non rappresen-tano la strada più corta, ma cer-tamente la più sicura e spesso lapiù veloce.

Innalzare il punto di vista. Sitratta quindi di entrare in unanuova visone della navigazione,cominciando a immaginare lanostra barca vista dall’alto e in-serita non più soltanto su unacarta nautica, ma in un quadroche rappresenta le posizioni del-le alte e basse pressioni: la cartasinottica, ossia una carta chepropone, come dice il termine,una visione di insieme della si-tuazione meteo.

Questo quadro globale è quin-di in grado di riferirci cosa acca-drà lungo la nostra rotta e diconseguenza quali scelte adotta-re per sfruttare meglio un ventoo evitarne le conseguenze; di

ROTTE TRACCIATE DAL VENTOdi NICO CAPONETTO

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Nico_Dic_2012 8-11-2012 19:57 Pagina 67

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Molte barchedi alcuni anni fahanno qualitàe caratteristicherare da trovarenei nuovi modelliun motivo in piùper metterle a posto

Si può pensare di restaurare con il fai-da-te barche non più lunghe di 12 metri, ma oc-corre avere oltre a tempo e manualità, uno spazio coperto dotato di elettricità e acqua.

Tecnica

Per effettuare i lavori a bordo in maniera più comoda, o si crea un’impalcaturasopraelevata intorno alla barca, o si interra la chiglia realizzando una buca.

SONO STATO AL SALONE NAU-TIco di Genova, o meglio a

quello che ne è rimasto dopo glisplendori degli anni d’oro.Escludendo il piacere di incon-trare gli amici nello stand di BO-LINA, c’era ben poco da vedere,salvo i “musi lunghi” degliespositori che come numero, ilgiorno in cui ci sono andatosembravano più dei visitatori.

Consolante era, se non altro, ladrastica diminuzione dei “ferrida stiro” in esposizione, per cuile barche a vela presenti a terrae in acqua sembravano più delsolito, anche se erano numerosecome gli anni precedenti.

Numerose sì, ma tutte con lostesso patrimonio genetico:poppe larghissime e aperte, pro-re verticali modello torpedinieradel 1918, pozzetti destinati aospitare tavolate di 16 persone(rigorosamente solo in porto),

colonnine della timoneria im-bottite di strumentazioni elettro-niche tipo Costa Concordia,piani velici minimali completa-mente automatizzati e così via.

Facendo un paragone culina-rio, nelle barche moderne cam-biano le dimensioni del piatto diportata, ma la zuppa che c’èdentro è sempre la stessa. Evi-

dentemente gli alimenti base so-no sempre quelli e per di piùsempre meno numerosi, per cuii cuochi hanno poco da sbizzar-rirsi per variare l’unica pietanzache ne possono ricavare.

Tornando alle barche, l’appiat-timento di tutte le nuove produ-zioni sulle identiche forme emedesime scelte costruttive può

“REFITTING” FAI-DA-TEdi MARCO COBAU

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Cobau restauro_Dic_2012 9-11-2012 17:57 Pagina 77

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SULLE BATTERIE DA INSTALLARE IN BARCA È STA-to scritto di tutto e di più. Tutti conosciamo le

differenze tra un tipo di batteria e l’altra, pregi e di-fetti di ognuna. Ma quando poi dobbiamo andare amettere sui piatti della bilancia questi dati non è maichiaro da che parte vada l’ago e alla fine ci rimet-tiamo ai consigli del negoziante, che spingerà quel-lo che gli conviene di più, o quelli del vicino di bar-ca che parlerà bene della sua scelta.

Quanto segue non è una trattazione dotta su que-

sto argomento, ma il bilancio pratico di un velistad’altura e un progettista che ha testato decine diprodotti diversi su centinaia di barche.

Parlare di batterie a un armatore è sempre un ar-gomento, assieme a quello del wc di bordo, estre-mamente delicato e fonte di dolori molto più spes-so che di gioie. Proviamo dunque a sfatare qual-che mito che è la causa della maggior parte delledisillusioni dei marinai che si aspettano una cosae ne verificano un’altra.

BATTERIE: TUTTA LA VERITÀdi GIANPAOLO KARIS

Come funzionanogli accumulatoridi correntequanto consumanoe quali modelliinstallare su una barcadi 12-14 metriper l’altura

Oggi il mercato propone una moltitudine di dispositivi per l’accumulo energetico dedica-ti ai velisti. L’importante è sceglierli in base al rendimento e alle esigenze di navigazione.

Impianto elettrico

Ci sono una serie di luoghi co-muni da smentire circa gli accu-mulatori di energia. Esaminia-mo i più frequenti.

Le batterie non sono un ser-batoio di corrente. Un conte-nitore d’acqua da 200 litri, unavolta riempito sarà in grado dierogare 200 litri di acqua. Unbanco di batterie da 200 Ahsarà in grado di erogarne 25 o50 o 100 o 200, secondo le ca-

ratteristiche degli accumulatoristessi, del modo in cui sono sta-ti caricati, della loro età e del

modo in cui questa correnteviene prelevata.

Gli accumulatori non accet-tano qualsiasi tipo di carica.Un serbatoio d’acqua riempitocon un tubo dalla canna di sezio-ne doppia rispetto a un altro siriempie in metà tempo. Un ban-co di batterie deve essere carica-to con corrente adeguata alla lo-ro dimensione, tipologia, caricae temperatura, e con tensione

Carica, dimensioni e tipologie adeguate

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Karis su 6_Dic_2012 9-11-2012 18:10 Pagina 81

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Gassa d’amantemoschettoneo un moderno“loop”?Pro e controdei sistemidi congiunzioneper il fiocco

I metodi più utilizzati per unire le scotte alla vela di prua sono la gassa e il moschetto-ne, ma esistono altri sistemi meno diffusi che garantiscono maggiori vantaggi.

Cavi

IL MONDO DELLA VELA SI DIVI-de tra quelli che utilizzano la

gassa per unire le scotte allabugna della vela e quelli cheadoperano altri sistemi; questotipo di giunzione riguarda inpratica tutte le vele di prua, main particolare il fiocco. Propriol’avvento del rollafiocco ha da-to maggiore visibilità a questavecchia controversia, perchélasciando il fiocco rollato sul-l’avvolgitore le scotte riman-gono in bella vista, appese allabugna con la classica gassa.

Bisogna innanzitutto ricordareche mentre la vela è protetta dal-la fascia anti UV, le scotte sonolasciate per molto tempo, dicia-mo stagioni nella migliore delleipotesi, alle intemperie. Abbia-mo così dei cavi deteriorati suiquali sono state eseguite dellegasse che diminuiscono il caricodi rottura del 40 per cento. Per

unire la scotta alla bugna vengo-no usati anche altri nodi come labocca di lupo e il nodo a otto,ma il risultato non cambia, per-ché si ha sempre una perdita dicarico causata dalla legatura.Inoltre quest’ultimo col passaredel tempo si stringe, impedendodi fatto il suo scioglimento se

non con l’uso di un coltello o diuna caviglia; operazione che seanche riesce non risparmia il ca-vo da profonde deformazioni,con un ulteriore abbassamentodel carico di rottura.

Inoltre il peso delle scotte chearrivano fino al winch, anche seavvolte con qualche giro sul rol-

L’UNIONE DI SCOTTA E BUGNAdi ALFREDO MOSSO

La cosiddetta impiombatura Brummel è un’e-voluzione della classica gassa impiombata, ri-

spetto alla quale si differenzia per avere l’occhiobloccato e una maggiore resistenza. Per questomotivo è indicata per le manovre sottoposte a con-tinui strappi, come le scotte o le cime d’ormeggio.Il procedimento per realizzarla è simile alla tecni-ca base, in cui si inserisce il cavo corrente all’in-terno della cavità centrale di quello dormiente, la

differenza è che prima di iniziare l’impiombatura si deve effettua-re un intreccio in corrispondenza della gola della gassa. Questo siesegue facendo passare prima il corrente in modo ortogonale tra ilegnoli del dormiente e poi quest’ultimo, ancora in modo ortogo-nale, tra i legnoli del corrente. !

BRUMMEL: IMPIOMBATURA AUTOBLOCCANTE

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Evoluzionedei parabordidalla corda all’Eva

Accessori

UNA PROTEZIONE DI SPESSORE

Un accessorioindispensabileper proteggere la barcache si sta trasformandoin un gadget multiuso

Un parabordo rettangolare multiuso.

APPREZZATI IN PORTO PER LAloro irrinunciabile protezio-

ne almeno nella stessa misura incui sono detestati in navigazioneperché considerati inutili ingom-bri, i parabordi sono accessoripresenti a bordo di ogni imbarca-zione. Avederli ciondolare lungole murate sembrano tutti uguali,guardiani immutati rispetto alveloce cambiamento delle bar-che e delle altre attrezzature.

Eppure anche i parabordi hannoavuto una lenta evoluzione, sianei materiali che nelle forme. Lanecessità di proteggere lo scafoda urti contro il pontile o la mura-ta della barca ormeggiata a fian-co è probabilmente nata insiemealla navigazione. All’inizio nonmancavano soluzioni improvvi-sate che, contro ogni estetica ebuon gusto, contemplavano ognisorta di contenitore o oggetto uti-le a creare spessore. Per fortunala nautica poteva contare su lamaestria di tanti artigiani, in gra-do di realizzare con i cavi dei ca-polavori di arte marinaresca.

I primi parabordi erano quindiin corda. Si costruivano intrec-ciando fibre in disuso attorno a unnucleo centrale costituito da unamatassa di vecchio cordame o daaltri materiali galleggianti fino aformare un cilindro delle dimen-sione desiderate e con un occhiel-lo nella parte superiore. Nellebotteghe artigiane si impiegava-no invece cavi nuovi, una delle fi-bre più apprezzate era quella dicocco per la sua resistenza in ac-qua salata e il costo contenuto. La

rivoluzione dei parabordi è arri-vata con i modelli gonfiabili rea-lizzati in pvc, che rimangono tut-tora la tipologia più diffusa nellaforma cilindrica e sferica poichéruotando su loro stessi garanti-scono massima protezione allemurate anche in caso di movi-mento dello scafo e minima usu-ra. I principali vantaggi sono co-stituiti dalla leggerezza e dallacapacità di assorbire gli urti. I-noltre il pvc si dimostra un mate-riale altamente resistente alle a-brasioni. Per garantire una lungavita a questi parabordi bastasciacquarli con acqua dolce econtrollarne la pressione; si gon-fiano facilmente con una pompamanuale o un compressore.

L’impiego di nuovi materialiplastici sta imprimendo tuttaviaun forte cambiamento nelle for-me e nell’utilizzo dei parabordi.Oggi si utilizza il poliuretano, laschiuma di polietilene a cellulachiusa o l’innovativo Eva (EtilinVinile Acetato), una plastica e-spansa, anche questa a cellulachiusa, che all’alta resistenza al-l’usura accoppia grandi capacitàmeccaniche. Questi materiali,leggeri e indeformabili, essendoanche facili da modellare permet-

tono di realizzare forme nuove,talvolta più efficienti. Una dellepiù diffuse è quella rettangolare(per esempio quelli della Plasti-mo <www.plastimo.com>), pa-rabordi che rispetto ai modelliclassici offrono una maggiore su-perficie di protezione oltre a ri-sultare più stabili sulle murate,ma ne esistono anche di forma o-vale e piatta come quelli propostidalla Inmare <www.inmare.net>.

L’evoluzione dei parabordi pas-sa anche attraverso una nuovaconcezione che punta a farli di-ventare accessori multiuso, utilianche durante la navigazione. Peresempio il modello Solovela del-la Ocean <www.oceanfenders.com> può essere utilizzato comeschienale o materassino prendi-sole, mentre sulla murata è utileanche come gradino per salire abordo; funzione quest’ultima perla quale è stato progettato ancheil Fender Step della Danfender<www.svama-nautica.com>. Cisono anche parabordi a forma discale, come quelli della Trem<www.trem.it> e altri, propostidalla Gfn <www.gfn.it>, che sitrasformano in sedile o piattafor-ma galleggiante per fare il bagno.

Per i maxi yacht questi accesso-ri sono diventati integrati alloscafo, con un meccanismo che ligonfia all’istante quando si giun-ge in banchina e li fa scomparirenon appena si lascia il porto. L’i-stinto marinaresco, sembra peròsuggerire che la tradizionale for-ma cilindrica rimanga ancoraquella più funzionale. A.S.

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ALL’INIZIO DEL 1990 IL NAVIGA-tore franco-svizzero Laurent

Bourgnon si è già distinto conun secondo posto alla Transat6,50 e una vittoria alla Solitairedu Figaro. Con i suoi 24 anni faparte di una nuova generazionedi velisti spavaldi che praticanodiscipline tipo il surf da onda eil windsurf, che sono “malati” divelocità e che alle normali com-petizioni preferiscono le avven-ture estreme (quattro anni primaha attraversato l’Atlantico abordo di un Hobie Cat 18).

È per questo che Bourgnon inquell’anno punta alla Route duRhum, transatlantica in solitariodalla Francia ai Caraibi diventatauna delle più veloci competizionid’altura, nonché un’ambita ribal-ta di sperimentazione progettualeche vede i multiscafi di 60 piediOrma tra i maggiori protagonisti.

Così ingaggia i progettisti VanPetenghem e Lauriot Prévost

affilati, sono dotati di pinne dideriva (con pescaggio di 3,90m), mentre la velatura raggiun-ge i 500 metri quadrati.

La barca viene battezzataR.M.O., dal nome della società dilavoro interinale che sponsorizzaBourgnon, il quale si presentapuntuale quattro mesi dopo al viadella regata. Quell’anno alla tran-satlantica sono presenti skipperdi razza, come Francis Joyon suBPO, Titouan Lamazou su Ecu-reuil d’Aquitaine e Loïck Peyronsu Lada Poch IV. Il vero exploitperò è della francese FlorenceArthaud su Groupe Pierre 1er(gemella di R.M.O.), prima don-na a vincere la regata.

Bourgnon, tuttavia non è da me-no: protagonista di una sorpren-dente rimonta che nel finale gli faguadagnare 100 miglia in menodi 24 ore, taglia il traguardo al ter-zo posto a 7 minuti dal secondo,Philippe Poupon su Fleury-Mi-

MULTISCAFI LE IMPRESSIONI IN MARE, I DATI TECNICI E I PIANI VELICI

Costruzione in sandwich di Airex e carbonio, manovre ideate per la conduzione in solitarioe scafi ad alte prestazioni caratterizzano il progetto di Van Petenghem e Lauriot Prévost.

che disegnano un trimarano al-l’avanguardia, studiato per glioceani, la conduzione in solita-rio e le navigazioni con velocitàal limite.

Lungo 18,28 metri, il multi-scafo raggiunge una larghezzadi 17,50 metri. Per contenere ipesi (5,80 t) e disporre della ri-gidità necessaria alle alte presta-zioni, viene costruito in sandwi-ch con anima in schiuma di Ai-rex e carbonio. Gli scafi, dritti e

“R.M.O.”, MULTISCAFO DA RE

Laurent Bourgnon era soprannomi-nato il “Piccolo Principe dell’oceano.

Il maxi trimaranocon il qualeil navigatoreLaurent Bourgnonha vinto due“Route du Rhum”e stabilito diversirecord oceanici

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VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGISECONDO LOOK

TERZO MODELLO DI UNA FOr-tunata serie iniziata negli an-ni Ottanta con un progetto di-segnato da Van De Stadt, ilDehler 34 firmato dallo stu-dio Simonis&Voogdt nel2008 per l’omonimo cantieretedesco è quello che ha piùimpresso a questo esemplareun’impronta sportiva. Carat-terizzato dalla prua verticale,elevata lunghezza al galleg-giamento, il pozzetto aperto apoppa, la grande ruota del ti-

mone con ridossata la rotaiaper la randa e attrezzatura dicoperta di qualità, è una bar-ca che si trova a suo agio trale boe e di bolina. Sotto co-perta spicca invece l’aspettocroceristico, con ambienti lu-minosi, moderni, rivestiti diserie in teak e disposti in ma-niera tradizionale con due ca-bine doppie e il quadrato cen-trale a divani contrapposti. Èrimasto in produzione fino al2011. !

Comet 303

Dalla Comar di Forlìun cabinato attentoalle prestazionicon interessantisoluzioni negli interni

Il COMET 303 È UN PROGET-to di Andrea Vallicelli realiz-zato dalla Comar nel 1988.Nata come imbarcazionesportiva per la crociera velo-ce, ha linee d’acqua ispirateal Comet 333 con piano di de-riva e timone ottimizzati perle regate. Stabile ed equilibra-ta, è sensibile alla barra emorbida su onda formata gra-zie alla prua sottile e affilata.La costruzione è in vetroresi-na piena con coperta in

sandwich di balsa e scafocontrostampato. La versionecon albero maggiorato (piùalto e con due crocette, inve-ce che una) garantisce più po-tenza sotto vela, mantenendoil controllo alla manovra; op-tional lo spoiler di poppa ab-battibile. Originali gli interni,con il tavolo da carteggio a“L” e il lavello stondato rea-lizzati in resina; ospitale ilquadrato alto 1,92 metri. Duele cabine doppie. !

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dati tecnici

lunghezza m 9,50larghezza m 3,20pescaggio m 1,90peso t 1,4 tvelatura mq 53,3

Dehler 34

Per il costruttore tedescoè il progetto che dettala svolta sportiva a una gammamolto diffusa

dati tecnici

lunghezza m 10,34larghezza m 3,49pescaggio m 1,95peso t 5,1velatura mq 75,40

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VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGISECONDO LOOK

Elan 410

Sensibile ai venti leggerie manovriero tra le boeun cabinato sportivocon gli internirifiniti e voluminosi

IL CANTIERE TRANSALPINOYachting France presenta loJouët 950 nel 1984. È un pro-getto “coraggioso”, disegnatodall’architetto Yves Mare-schal con sole due cabinedoppie a poppa e la zona diprua occupata interamente daun gavone e da un vasto qua-drato a “U” (trasformabile incuccetta) preceduto a dritta daun tavolo da carteggio con ilbagno e a sinistra da una cuci-na disposta murata. È una bar-

ca da crociera, “armatoriale”,semplice da condurre ma beninvelata, con stretto bagliocentrale, basso bordo libero,armata in testa d’albero e constralletto volante. Il pozzettoanche se non molto profondoè sufficientemente ampio, iltimone può essere a barra ocon la ruota e il trasto dellaranda è ai piedi del tambucio.È stata costruita anche in ver-sione con deriva mobile di ac-ciaio. !

dati tecnici

lunghezza m 12,27larghezza m 3,91pescaggio m 2,10/2,45peso t 7,5velatura mq 106

dati tecnici

lunghezza m 9,50larghezza m 3,34pescaggio m 1,75peso t 3,6velatura mq 55,25

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Jouët 950

Progettata per la crocieraha interni “armatoriali”con cuccette solo a poppae un grande quadratonella zona di prua

FA PARTE DELLA GAMMA“performance” l’Elan 410proposto dal cantiere slovenonel 2007 per sostituire il pre-cedente modello di 40 piedi. Èun progetto sportivo dell’ar-ch i te t to br i tannico RobHumphreys che lo ha dotatodi una potente carena, velocenei venti deboli e lunghe ap-pendici (il pescaggio è di 2,10o 2,45 metri) che ne esaltanole qualità boliniere senza pe-nalizzare la manovrabilità. La

grande ruota del timone, il lar-go pozzetto aperto a poppa, isei winch in coperta e il pate-razzo idraulico aiutano poi adestreggiarsi tra le boe (optio-nal l’albero in carbonio). Ètuttavia una barca semplice daregolare e condurre, comodaper la crociera. Gli interni so-no curati, in legno chiaro, benaerati, con la zona cucina adritta e il bagno a sinistra; spa-zioso il tavolo da carteggio.Ha tre cabine doppie. !

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Un progettoche ha l’obiettivo di coinvolgere nelle regatesul Gardagli studentidella città di Trento

Sapore di Mare / Articoli scritti dai lettori

ORZA E CAZZA, LASCA E POG-gia, sono termini che non si

sentono molto spesso nelle varieaule universitarie di Giurispru-denza, Lettere, Ingegneria, Fisi-ca, Sociologia, vero? Spetta auno sparuto gruppetto di circaventi ragazzi diffondere il verbomarinaresco all’Università diTrento. E qui i non addetti ai la-vori potrebbero obbiettare: cosac’entra la vela in una città comeTrento? Nella patria italica pereccellenza dell’alpinismo e dellesplendide montagne, i velisti nonsi sentono un po’ fuori luogo?

Forse però non tutti sanno che aun’ora di strada dalla città si tro-va una delle più belle “palestre divento” di tutta Italia, l’Alto Gar-da, dove le brezze termiche loca-li (il Pèler al mattino e l’Ora ilpomeriggio) raggiungono spessomedie intorno ai 20 nodi: in pra-tica il vento perfetto per veleg-giare. Già da tre anni a questa

parte, grazie al Cus (Centro Uni-versitario Sportivo) di Trento eall’Università, è a disposizionedegli studenti il Nauticus, un ve-loce cabinato Bénéteau First31.7, ormeggiato a porto S. Ni-colò di Riva del Garda.

La barca, oltre ai normali cor-si di avvicinamento alla vela,permette ai ragazzi con una mi-nima conoscenza ve-lica, di cimen-tarsi in este-nuanti sfide conver i e propr i“lupi di lago”c h e d a a n n ipartecipano alCampionatoCrociera AltoGarda orga-n izza to da lcircolo velicoFraglia Vela diRiva del Gar-da. La squadra è

composta dagli studenti univer-sitari di ogni facoltà, dai più ro-mantici letterati che si perdononelle increspature del lago, finoai fisici che tutto sanno del flus-so laminare sulla randa, e chi giàpossiede qualche esperienza diregata istruisce i neofiti della

squadra, freschi dellenozioni del corso di

p a t e n t e n a u t i c a(sempre organiz-

zato dal Cus diTrento), ma conpoca esperienzain acqua.

Infatti spetta ai“vecchietti” delgruppo spiegareai nuovi arrivati,ogni anno, cosasiano e a cosaservono drizze,tangoni, carrelli,

borose, vang ecosì via, come si

LA VELA VA ALL’UNIVERSITÀdi MICHELE IANESELLI

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