Introduzione Tra le misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività...
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IntroduzioneTra le misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività contenutenel decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30luglio 2010 n. 122, vi sono alcune disposizioni che riguardano le società apartecipazione pubblica. La disciplina delle partecipazioni societarie delle pubblicheamministrazioni, che è stata oggetto negli ultimi anni di numerose modifiche, vienecosì ad arricchirsi di nuove regole. Gli obiettivi sono principalmente il contenimentodella spesa, la migliore gestione delle risorse pubbliche e il ridimensionamento deldelle partecipazioni societarie dei comuni di minore dimensione.
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Il fenomeno delle società partecipate dagli enti locali è stato recentemente oggetto di un’indagine della Corte dei conti, i cui risultati sono stati pubblicati nello scorso giugno.
Il documento conclusivo dell’indagine indica alcune misure che secondo la Corte dei
conti dovrebbero essere adottate per porre rimedio alle principali criticità, soprattutto in
termini di elusione dei vincoli di finanza pubblica, e per migliorare i sistemi di governance degli enti locali.
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Un’ulteriore novità è costituita dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 28699 del
21 luglio 2010 che ha riconosciuto l’applicabilità del decreto legislativo n. 231/2001,
sulla responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reati, alle società a partecipazione pubblica anche quando queste ultime perseguono valori di rango costituzionale.
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2. Le misure del decreto-legge n. 78/2010 per la stabilizzazione finanziaria e la competitività
Riduzione dei compensiLa prima novità riguarda le società inserite nel
conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istat in base all’articolo 1, comma 3,
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della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica) e le
società interamente possedute, in via diretta o indiretta, dalle amministrazioni
pubbliche alla data del 31 maggio 2010.
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• In queste società, i compensi che spettano ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo in base a quanto previsto dall’articolo 2389, comma 1, del codice civile, a decorrere dalla prima scadenza del consiglio o del collegio
• successiva all’entrata in vigore del decreto legge sono ridotti del 10 per cento rispetto
• al compenso stabilito al momento della nomina4. Sono espressamente escluse
dall’ambito di applicazione le società quotate e le loro controllate.
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chiarito che non si applicano, invece, alle società le disposizioni in base alle quali “la
partecipazione agli organi collegiali (…) degli enti che comunque ricevono contributi a
carico delle finanze pubbliche nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica”
Con la legge di conversione del decreto legge n. 78/2010 è stato opportunamente
e “può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute”, e gli eventuali
gettoni di presenza non possono eccedere i trenta euro a seduta giornaliera.
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Finanziamento delle società con bilancio in perditaLa nuova normativa ha introdotto alcuni limiti al
finanziamento delle società apartecipazione pubblica non quotate che hanno i bilanci
in perdita. Il decretolegge fa espressamente riferimento all’obiettivo di
aumentare l’efficienza delle societàpubbliche e richiama “i principi nazionali e comunitari in
termini di economicità econcorrenza”, tra cui evidentemente vi sono i principi in
materia di aiuti di Stato. Salvol’ipotesi in cui il capitale sociale si riduce al di sotto del
limite legale, le amministrazioni
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pubbliche non possono partecipare ad aumenti di capitale, né effettuare trasferimenti
straordinari, aperture di credito, rilascio di garanzie a favore di società partecipate non
quotate che abbiano registrato, per tre anni consecutivi, perdite di esercizio oppure che
abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.
Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti effettuati a fronte di convenzioni, contratti di
servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse oppure
alla realizzazione di investimenti.
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Al fine di salvaguardare la continuità nellaprestazione di servizi di pubblico interesse, la
norma prevede alcune deroghe al divietoqualora sussistano gravi pericoli per la sicurezza
pubblica, l’ordine pubblico o la sanità.In questi casi su richiesta dell’amministrazione
interessata, con decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri soggetto a registrazione
presso la Corte dei conti, è possibileautorizzare specifici interventi finanziari a favore
delle società partecipate.
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Vincoli alle spese e alle assunzioni di personaleLe società inserite nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione,che come visto sono un insieme molto ristretto, sono
soggette a una serie di vincolipiù stringenti rispetto alle altre società a partecipazione
pubblica.Anzitutto, esse sono tenute a conformarsi al principio di
riduzione di spesa per studi econsulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e
pubblicità, nonché persponsorizzazioni secondo i criteri desumibili dai vincoli
imposti, per questi profili, alleamministrazioni pubbliche.
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Inoltre, le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni
pubbliche e non quotate sono tenute ad adeguare le loro politiche di assunzione del
personale alle disposizioni contenute nell’articolo 9 del decreto legge n. 78/200910. Ciò
comporta, in particolare, che dal 2015 le assunzioni di personale a tempo
indeterminato, previo svolgimento delle procedure di mobilità, non potranno
comportare una spesa superiore a quella relativa al personale cessato nell’anno
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eccedere quello delle unità cessate nell’anno precedente.
precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non potrà
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Applicabilità delle precedenti disposizioni alle regioni e alle province autonome
Tenuto conto della giurisprudenza costituzionale relativa ai limiti della competenza
legislativa statale in materia di società a partecipazione pubblica12, il decreto legge n.
78/2010 prevede espressamente che tutte le disposizioni contenute nell’articolo 6 volte
a ridurre i costi degli apparati amministrativi, incluse le disposizioni sui limiti ai
compensi, sul finanziamento delle società in perdita e sui vincoli alle spese e alle
assunzioni di personale illustrate nei precedenti paragrafi, “non si applicano in via
diretta alle regioni” e “alle province autonome”.
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Per tali soggetti, queste previsionicostituiscono “disposizioni di principio ai fini del
coordinamento della finanza pubblica”.Per le regioni a statuto ordinario che aderiscono
volontariamente alle regole previstedall’articolo 6 è introdotto un meccanismo
premiale, che dovrebbe essere operativo dal2011; le modalità, i tempi e i criteri di attuazione
saranno definiti con decreto di naturanon regolamentare del Ministro dell’economia e
delle finanze, sentita la ConferenzaStato-Regioni.
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Contenimento del numero delle società partecipate dai comuniTra le disposizioni relative agli enti territoriali, il decreto legge n.
78/2009 ha introdottoalcune misure volte a contenere il numero delle società partecipate
dai comuni.A questo fine, ai comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti è
vietato costituirenuove società. Entro il 31 dicembre 2011, inoltre, tali comuni devono
mettere inliquidazione le società già costituite al 31 maggio 2010 o cedere la loro
partecipazione.Il divieto non si applica alle società, con partecipazione paritaria
oppure conpartecipazione proporzionale al numero di abitanti, costituite da più
comuni la cuipopolazione complessiva supera i 30.000 abitanti.
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I comuni con popolazione compresa tra i 30.000 e i 50.000 abitanti possono invece
detenere la partecipazione in una sola società ed entro il 31 dicembre 2011 devono
mettere in liquidazione le altre società già costituite.
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Sul totale di 8101 comuni esistenti in Italia, solo 144 comuni non sono interessati dalla norma, in quanto hanno popolazione superiore a 50.000 abitanti.
I comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti sono 7797 e quelli con popolazione tra 30.000 e 50.000 sono 160. Secondo elaborazioni della Corte dei conti relative al triennio 2005/2007, su un totale di 3361 società partecipate dai comuni, quelle partecipate dai
comuni sotto i 30.000 abitanti sono 2584 (il 76,9% del totale) e quelle partecipate dai
comuni con popolazione tra 30.000 e 50.000 abitanti sono 488 (il 14,5% del totale)16.
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La norma fa salvo quanto previsto dall’articolo 3, commi 27, 28 e 29 della legge 24
dicembre 2007, n. 244. Tra le due discipline sembra configurarsi un rapporto di
complementarità: mentre l’articolo 14, comma 32, del decreto legge n. 78/2010
riguarda i soli comuni con popolazione inferiore alle soglie e stabilisce un limite
generale alla costituzione di nuove società e al numero di quelle, già esistenti, in cui è
consentito detenere partecipazioni (con la via d’uscita fornita da iniziative congiunte di
più comuni, così da superare la soglia relativa alla popolazione), la legge n. 244/2007
limita, per tutte le amministrazioni pubbliche, il tipo di attività che possono essere svolte
attraverso le società partecipate.
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Infatti, il comma 27 dell’articolo 3 prescrive che leamministrazioni “non possono costituire società aventi
per oggetto attività diproduzione di beni e di servizi non strettamente
necessarie per il perseguimento delleproprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere
direttamente partecipazioni,anche di minoranza, in tali società”. Per le società che
producono servizi di interessegenerale nell’ambito di competenza dell’amministrazione
locale, viene riconosciuta exl ege la funzionalità al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente.
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Pertanto, lacostituzione di tali società e l’assunzione in esse di partecipazioni è
sempre ammessain base al comma 27. I successivi commi 28 e 29 dell’articolo 3 fissano
la procedura daseguire per dare attuazione alla disciplina sostanziale. L’assunzione di
nuovepartecipazioni e il mantenimento delle attuali deve essere
autorizzato dall’organocompetente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei
presupposti dettati dalcomma 27 e la delibera deve essere trasmessa alla Corte dei conti. Le
partecipazioniincompatibili con la disciplina del comma 27 devono essere cedute a
terzi, nel rispettodi procedure a evidenza pubblica, entro il 31 dicembre 2010.
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La recente Indagine della Corte dei conti sulle partecipazioni societarie dei comuni e
delle province evidenzia le “intuibili difficoltà applicative” delle disposizioni contenute
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nell’articolo 14, comma 32, del decreto legge n. 78/2010. La Corte sottolinea in particolare che i comuni medi potranno detenere una sola società partecipata “
e, pertanto, è verosimile che faranno confluire le partecipazioni in una multiutility (con delicate operazioni di conferimento, fusione e quant’altro”; per i piccoli comuni la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica “dovrebbe poter avvenire
soltanto attraverso conferimento ad imprenditori o a società non costituite dall’ente locale (art. 23-bis, comma 2, lettera a), posto che l’attuale sistema normativo e la
conforme giurisprudenza amministrativa non lasciano spazi alla gestione diretta né
appare più ammissibile la costituzione di società miste (ex art. 23-bis, comma 2, lett.b).
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Diversamente, i servizi locali privi di rilevanza economica potranno essere gestiti
attraverso organismi non societari, quando non direttamente”. La Corte dei conti
osserva anche che entrambe le tipologie di comuni dovranno inoltre procedere alla
messa in liquidazione delle società partecipate o alla cessione delle quote entro la fine
del 2011, con presumibili effetti significativi sotto il profilo economico e sociale.
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Il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le riforme per il federalismo
adotterà, entro la fine di ottobre 2010, un regolamento in cui saranno determinate le
modalità attuative delle disposizioni del decreto legge n. 78/2010 relative alle società
partecipate dai comuni e potranno essere individuate eventuali ulteriori ipotesi non
comprese nell’ambito applicativo.
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Considerata la portata dirompente delle nuovedisposizioni, questo regolamento potrà svolgere un
ruolo fondamentale nel chiarire idubbi interpretativi ed assicurare l’attuazione delle
nuove disposizioni. Il rischio è infattiche, come altre previsioni che prevedono l’obbligo
per le amministrazioni pubbliche dirazionalizzare le proprie partecipazioni societarie,
anche questa norma sia soggetta asuccessivi differimenti temporali volti a renderla, in
sostanza, inefficace.
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3. Indagine della Corte dei conti sulle partecipazioni in società da parte di
comuni e provinceIl fenomeno delle partecipazioni degli enti locali
in società e altri organismi sotto ilprofilo finanziario, gestionale, operativo e
contabile, è da tempo oggetto di attenzioneda parte della Corte dei conti. Nel giugno 2010
la Sezione autonomie della Corte hapubblicato i risultati di un’indagine con cui
riferisce al Parlamento sul fenomeno delle
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partecipazioni in società e altri organismi da parte dei comuni e delle province.
L’obiettivo è delineare l’ampiezza del fenomeno delle partecipazioni, individuare i
modelli organizzativi, gestionali e di controllo adottati a riguardo dai comuni e dalle
province, nonché rilevare, in termini generali, sia i flussi finanziari intercorrenti tra soci
pubblici locali e organismi partecipati sia i risultati economici degli organismi stessi.
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L’indagine, riferita all’arco temporale 2005/2008, con analisi finanziarie fino al 2009, ha
interessato 5.928 enti locali, pari al 72,22% del totale dei comuni e delle province.
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Dall’analisi risulta l’esistenza di 5.860 organismi partecipati da 5.928 enti (comuni e
province). Si tratta in particolare di 3.787 organismi con forma giuridica societaria
(società per azioni, società a responsabilità limitata, società consortili e società
cooperative) e 2.073 organismi con forma giuridica diversa (consorzi, fondazioni,
istituzioni, azienda speciali). L’indagine compiuta dalla Corte dei conti indica tra il 2005
e il 2007 un aumento dell’11 per cento del numero degli organismi societari partecipati
dai comuni.
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Dal punto di vista dell’attività svolta, il 34,67% degli organismi partecipati si occupa di
servizi pubblici locali. In particolare il 10,26% si occupa di ambiente-
rifiuti; il 9,46% di servizio idrico; l’8,24% di trasporti; il 6,71% di energia e gas. Il restante 65,33% degli organismi partecipati svolge attività riconducibili ad altri servizi, tra cui spicca il settore delle attività culturali sportive e dello sviluppo turistico.
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Con riferimento ai risultati economici delle società partecipate, dall’indagine risulta che 568 società, corrispondenti al 22,35% del totale, sono sempre in perdita. L’area di attività prevalente per le società sempre in perdita è quella dei servizi diversi dai servizi pubblici locali (con il 63,32% delle società sempre in perdita). Sono interessati in particolare il settore delle attività culturali sportive e dello sviluppo turistico e quello dei servizi di supporto alle imprese.
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Nell’area dei servizi pubblici locali, il settore che mostra la percentuale più elevata di società in perdita è quello dei trasporti, seguito dal settore dell’ambiente–rifiuti.
La Corte conferma che, come già evidenziato in una precedente relazione del 2008 e nell’audizione al Parlamento sulla finanza locale del gennaio 2010, la costituzione e la partecipazione in società da parte degli enti locali risulta essere spesso utilizzata
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“per forzare le regole poste a tutela della concorrenza” ed eludere i vincoli di finanza
pubblica imposti agli enti locali. Le iniziative del legislatore volte a ridimensionare il
fenomeno delle partecipazioni societarie dei comuni, da ultimo con la manovra estiva
contenuta nel decreto legge n. 78/2010 descritta nel precedente paragrafo, trovano
fondamento nell’esigenza di rimediare a queste distorsioni.
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Per altro verso, la Corte sottolinea le responsabilità degli enti locali di maggiori
dimensioni nell’assicurare alla collettività servizi svolti secondo parametri di efficienza
ed efficacia e la regolarità, correttezza e legalità della propria azione. Gli enti locali
devono assicurare il rispetto di un’ampia serie di vincoli normativi relativi all’attività
dell’ente locale, all’affidamento dei servizi, alla sfera d’azione e al funzionamento delle
società partecipate. Ciò richiede sistemi di governance che includano adeguati
strumenti di direzione, informazione e controllo.
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A tal fine, la Corte dei conti auspical’introduzione dell’obbligo per gli enti locali di
definire preventivamente gli obiettivigestionali a cui devono tendere le società
partecipate, di organizzare sistemi informativiadeguati a rilevare l’intera attività finanziaria,
organizzativa, gestionale e contabile dellesocietà partecipate e nuovi controlli sulla qualità
dei servizi erogati direttamente oindirettamente dall’ente locale.
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La Corte dei conti sottolinea anche l’importanza di una revisione complessiva del
sistema contabile locale, che renda possibile cogliere dai bilanci degli enti locali
informazioni disaggregate sulla gestione degli organismi partecipati e procedere a un
effettivo consolidamento dei conti. Va ricordato che la nuova legge italiana di
contabilità e finanza pubblica adottata alla fine del 2009 contiene la delega al
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Governo ad armonizzare il sistema contabile e gli schemi di bilancio delle
amministrazioni pubbliche e include tra i criteri di delega “l’adozione da parte delle
pubbliche amministrazioni di un bilancio consolidato con le proprie aziende, società o
altri organismi controllati” secondo uno schema tipo. La Corte dei conti richiama
anche la previsione, contenuta nei disegni di legge sul codice delle autonomie e per la
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repressione della corruzione attualmente all’esame del Parlamento, dell’obbligo per i
comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti di adottare un bilancio consolidato
da redigere secondo il modello contabile di competenza economica. Essa sottolinea
infine l’importanza del lavoro compiuto dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità
degli enti locali presso il Ministero dell’Interno, volto a delineare un principio contabile
che stabilisca i requisiti per la redazione e la presentazione del bilancio consolidato e
per la contabilizzazione degli organismi controllati, a controllo congiunto e collegati, nel
rendiconto consolidato dell’ente locale.
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4. Applicabilità del decreto legislativo n. 231/2001 alle società a partecipazione
pubblicaCon la sentenza n. 28699 del 21 luglio 2010 la Corte di
Cassazione, Seconda SezionePenale, si è pronunciata sull’applicabilità alle società a
partecipazione pubblica deldecreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilità
degli enti per illecitiamministrativi dipendenti da reato. Il ricorso sottoposto alla
Corte riguardaval’applicabilità della disciplina a un ospedale specializzato
interregionale che opera informa di società per azioni partecipata al 51 per cento da
capitale pubblico e al 49 percento da capitale privato.
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L’analisi della Corte di Cassazione si incentra sull’ambito soggettivo di applicazione
della disciplina come definito daIl’articolo 1 del decreto legislativo n. 231/2001. In base
all’articolo 1, le disposizioni sulla responsabilità dell’ente per gli illeciti amministrativi
dipendenti da reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio si applicano agli enti
forniti di personalità giuridica, alle società e alle associazioni, anche prive di personalità
giuridica; sono esclusi dall’ambito di applicazione solo lo Stato, gli enti pubblici
territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici
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non economico. Secondo la Corte di Cassazione, “il tenore testuale della norma è
inequivocabile nel senso che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria,
ma non sufficiente, all’esonero dalla disciplina in discorso”, dovendo ricorrere anche la
condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica.
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La Corte di Cassazione osserva che la condizione dell’assenza di attività economica è
“contraddetta dalla veste stessa di società per azioni”: ogni società, proprio in quanto
tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne
gli utili (articolo 2247 del codice civile), a prescindere da quella che sarà poi la loro
destinazione.
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Non è stato accolto l’ulteriore argomento secondo il quale la società a partecipazione
pubblica, in ragione dell’attività espletata nel settore sanitario, sarebbe stata esonerata
dall’applicazione del decreto legislativo n. 231/2001 in quanto ente chiamato a svolgere
funzioni di rilievo costituzionale. Secondo la Cassazione, infatti, supporre che per
l’esonero dal decreto legislativo n. 231/2001 basti la mera rilevanza costituzionale di
uno dei valori coinvolti nella funzione dell’ente “è opzione interpretativa
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Che condurrebbe all’aberrante conclusione di escludere dalla portata applicativa della
disciplina un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore sanitario,
ma in quello dell’informazione, della sicurezza antinfortunistica e dell’igiene del lavoro,
della tutela ambientale e del patrimonio storico e artistico, dell’istruzione, della ricerca
scientifica, del risparmio e via enumerando valori (e non ‘funzioni’) di rango
costituzionale”.
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