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1 Introduzione al design italiano Il carattere peculiare del design italiano è quello di avere un’identità movimentista. Tale identità si emerge e si sviluppa, però, con un certo ritardo rispetto alle altre nazioni. La Rivoluzione Industriale in Italia ha inizio con notevole ritardo; è , infatti, solo nell’età Giolittiana (1899-1915) che nella nostra nazione si ha un importante sviluppo dell’industria pesante e in particolare modo dei campi siderurgico e metallurgico. Sono quindi i primi anni del ‘900 che vedono la nascita delle prime grandi aziende come: Pirelli, Ansaldo, Fiat, AlfaRomeo, Olivetti. Il primo incontro con il design nella nostra nazione avviene, grazie al determinante apporto dell’industria pesante, nel campo dei trasporti: ferroviari,aerei e navali. Il passaggio dal legno all’acciaio è stato lungo, ma proprio in questi anni nascono le prime linee ferroviarie e i primi cantieri navali che fanno uso dell’acciaio. Una scossa nell’ambito della ricerca e della sperimentazione è dato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Indubbiamente questa è piuttosto da considerare una fase di proto-design in quanto non si ha una grande produzione per via dei consumi ridotti, non si pensava ancora a vendita di massa dei prodotti e produzione seriale di oggetti di largo consumo. Prodotti caratteristici della Grande Guerra sono stati gli aerei, di ricognizione o bombardieri Inizialmente il materiale impiegato per la loro costruzione era il legno ed erano concepiti come “barche con le ali” poiché si credeva agli idrovolanti piuttosto che agli aerei. Da ricordare sono i progetti di Caproni (prodotti dalla Piaggio) che si basano su una costruzione modulare per la quale all’aggiunta di ogni cellula (una doppia ala e la relativa carlinga) doveva corrispondere l’aggiunta di un motore. Finita la guerra ci si troverà davanti al problema di convertire la produzione degli aerei da bellica a civile e in questo avrà molta importanza la comunicazione, la pubblicità che ne verrà fatta, molto spesso legata a manifestazioni sportive. L’aereo non più in legno ma in metallo nasce in Italia nel 1933 per merito dell’ingegner Gabrielli che aveva avuto contatti con l’industria tedesca. Ci si inizia a rendere conto del fatto che per poter viaggiare più a lungo c’è bisogno di avere più spazio e più leggerezza e queste richieste possono essere soddisfatte dall’impiego dei metalli anziché del legno. Nel 1933 viene bandito un concorso per la realizzazione del modello Savoia Marchetti S55 in versione metallica. Sarà la Piaggio con Gabrielli a produrlo giungendo ad una grande svolta in campo aeronautico: da quel momento verrà abbandonato l’impiego del legno nella produzione aerea. Per quanto riguarda l’ambito aereo è opportuno anche citare, almeno brevemente, le sperimentazioni fatte per quanto riguarda la produzione degli elicotteri. I primi studi vengono fatti

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Introduzione al design italiano

Il carattere peculiare del design italiano è quello di avere un’identità movimentista. Tale identità si

emerge e si sviluppa, però, con un certo ritardo rispetto alle altre nazioni.

La Rivoluzione Industriale in Italia ha inizio con notevole ritardo; è , infatti, solo nell’età

Giolittiana (1899-1915) che nella nostra nazione si ha un importante sviluppo dell’industria pesante

e in particolare modo dei campi siderurgico e metallurgico. Sono quindi i primi anni del ‘900 che

vedono la nascita delle prime grandi aziende come: Pirelli, Ansaldo, Fiat, AlfaRomeo, Olivetti.

Il primo incontro con il design nella nostra nazione avviene, grazie al determinante apporto

dell’industria pesante, nel campo dei trasporti: ferroviari,aerei e navali. Il passaggio dal legno

all’acciaio è stato lungo, ma proprio in questi anni nascono le prime linee ferroviarie e i primi

cantieri navali che fanno uso dell’acciaio.

Una scossa nell’ambito della ricerca e della sperimentazione è dato dallo scoppio della Prima

Guerra Mondiale.

Indubbiamente questa è piuttosto da considerare una fase di proto-design in quanto non si ha una

grande produzione per via dei consumi ridotti, non si pensava ancora a vendita di massa dei prodotti

e produzione seriale di oggetti di largo consumo.

Prodotti caratteristici della Grande Guerra sono stati gli aerei, di ricognizione o bombardieri

Inizialmente il materiale impiegato per la loro costruzione era il legno ed erano concepiti come

“barche con le ali” poiché si credeva agli idrovolanti piuttosto che agli aerei. Da ricordare sono i

progetti di Caproni (prodotti dalla Piaggio) che si basano su una costruzione modulare per la quale

all’aggiunta di ogni cellula (una doppia ala e la relativa carlinga) doveva corrispondere l’aggiunta di

un motore.

Finita la guerra ci si troverà davanti al problema di convertire la produzione degli aerei da bellica

a civile e in questo avrà molta importanza la comunicazione, la pubblicità che ne verrà fatta, molto

spesso legata a manifestazioni sportive.

L’aereo non più in legno ma in metallo nasce in Italia nel 1933 per merito dell’ingegner Gabrielli

che aveva avuto contatti con l’industria tedesca. Ci si inizia a rendere conto del fatto che per poter

viaggiare più a lungo c’è bisogno di avere più spazio e più leggerezza e queste richieste possono

essere soddisfatte dall’impiego dei metalli anziché del legno. Nel 1933 viene bandito un concorso

per la realizzazione del modello Savoia Marchetti S55 in versione metallica. Sarà la Piaggio con

Gabrielli a produrlo giungendo ad una grande svolta in campo aeronautico: da quel momento verrà

abbandonato l’impiego del legno nella produzione aerea.

Per quanto riguarda l’ambito aereo è opportuno anche citare, almeno brevemente, le

sperimentazioni fatte per quanto riguarda la produzione degli elicotteri. I primi studi vengono fatti

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già nel 1914 da Corradino D’Ascanio. Il primo prototipo, prodotto in un’officina artigianale di

Pescara e finanziato dal barone Trojani è il DAT 1 che però si solleva da terra circa 30 cm e poi

ricade in seguito ad una rottura. Vengono fatte alcune modifiche ma, forse anche a causa

dell’impiego di materiali di recupero, anche il DAT 2 subisce una rottura. Il primo risultato arriva

per D’Ascanio con il DAT 3 che riesce a sollevarsi di 10 metri e a spostarsi in orizzontale.

Successivamente D’Ascanio viene assunto dalla Piaggio dove, oltre ad apportare innovazione grazie

alle eliche a passo variabile per potersi adeguare in alto alla rarefazione dell’aria, può continuare le

sue sperimentazioni sull’elicottero ottenendo con il DP 4, DP 5 e DP 6 risultati eccellenti grazie

all’impiego della binala, senza però poter giungere alla messa in produzione a causa del clima di

sfiducia presente in Italia nei confronti di un oggetto che non facesse riferimento all’acqua per

decollare ed atterrare e per l’assenza di un mercato che potesse farne uso.

DAT 3 Corradino D’Ascanio

In campo navale si fanno studi molto accurati e vengono effettuate le prime prove degli scafi nella

vasca idrodinamica così da determinare nuove forme all’opera viva ottenendo una prua sempre più

slanciata in avanti e una poppa tagliata di netto.

Il primo transatlantico ad essere prodotto sulla spinta di innovazioni idrodinamiche nell’opera

viva e formali nell’estetica dell’opera morta è il tedesco Breme. In Italia si produrrà, a Trieste, il

Conte di Savoia. L’Ansaldo produrrà invece il Rex che, nonostante presenti ancora una poppa

rientrante risulta molto moderno ed elegante: finestratura moderna, funamboli molto infossati,

forma data da una certa suggestione futurista.

Per quanto riguarda l’allestimento degli interni dei transatlantici va ricordata l’opera di Gustavo

Pulizzer Finali che fu il primo a voler introdurre una certa pulizia formale in modo tale da

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riprendere l’estetica che si presentava all’eterno anche negli interni. In precedenza, invece, gli

allestimenti interni si basavano su una sorta di vera e propria scenografia che voleva richiamare

l’idea dei grandi palazzi storici con l’intento di far vivere, per la durata della traversata, una vita

aristocratica ai passeggeri.

Altro mezzo di trasporto ad essere stato impiegato durante la Prima Guerra Mondiale in Italia e

quindi ad ottenere un rapido sviluppo è stata la Moto Guzzi che veniva impiegata come

collegamento tra le retrovie. Finita la guerra anch’essa subirà una riconversione per l’impiego

civile.

Il primo mezzo di trasporto diffuso i cui costi cercano di essere ridotti al massimo è la

Cinquecento (la cosiddetta Topolino perché sarà l’auto che Walt Disney prenderà come mezzo di

trasporto di proprietà del suo storico personaggio Topolino, appunto) di Dante Giacosa.

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L’origine movimentista del design italiano.

L’identità del design italiano ha una origine diversa da quella di tutte le altre storie del design. In

Italia il design è molto vicino alle teorie e alle idee artistiche sviluppatesi agli inizi del ‘900 e tutte,

non una soltanto, influenzeranno lo sviluppo del design italiano. I movimenti artistici che hanno

ispirato il futurismo sono stati a lungo non studiati in Italia perché compromessi con il regime e la

parte culturale tra le due guerre è rimasta in ombra. Successivamente però si sono studiati e si è

capita la loro importanza in Italia ma anche nel resto del mondo.

Una di queste vanguardie artistiche è stato indubbiamente il futurismo che ha coperto ogni campo

artistico e culturale. Ricordiamo tre eventi importanti nella storia di questo movimento:

1. il 20 Febbraio Filippo Tommaso Maeinetti pubblica a Parigi il Manifesto Futurista (dove

già si esalta la velocità e il mito della modernità);

2. l’11 febbraio 1910 Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severgnini,

Giacomo Balla firmano il Manifesto dei Pittori Futuristi. Tali pittori affronteranno, tra

tutti, in particolar modo, i temi del movimento e della velocità ricorrendo alla forma della

freccia, del cuneo che si insinua.

Dinamismo di un automobile Luigi Russolo

3. Antonio Sant’Elia scrive il manifesto Architettura Futurista.

Torre Faro Antonio Sant'Elia

1914 Matita nera,rossa,gialla,azzurra; acquerello su carta 29,8x16,2 Como - Museo Civico di Palazzo Volpi

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Stazione aeroplani e treni ferroviari con funicolari La città nuova. Casamento con ascensori, e ascensori su tre piani stradali esterni, galleria, passaggio coperto su Antonio Sant'Elia tre piani stradali 1914 Antonio Sant'Elia Inchiostro nero, matita nera, azzurra; carta da lucido 1914 50x39 cm Inchiostro nero, matita nera, azzurra Como - Museo Civico di Palazzo Volpi su carta da lucido 52,5x51,5 cm Como - Museo civico di Palazzo Volpi Questi tre manifesti sanciscono il periodo del primo futurismo, infatti, con il 1915 e l’entrata nella

Prima Guerra Mondiale da parte delle truppe italiane il futurismo cambierà direzione.

Alla nascita di una coscienza del design in Italia dà, infatti, un apporto determinate proprio il

secondo Futurismo. Giacomo Balla, Fortunato Depero, Enrico Pranpolini iniziano a disegnare

ambienti espositivi, mobili, oggetti per la casa, vestiti, libri e manifesti, al fine di «ricostruire

l’universo rallegrandolo», così com’è dichiarato nel Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo

pubblicato l’11 marzo 1915 (a cura di Balla e Depero). Si vogliono spingere a fare tutto ciò che

riguarda il mondo dell’artificiale.

I futuristi fondano laboratori artigianali, le case d’arte, dove producono i loro oggetti. Della Casa

d’Arte Depero a Rovereto si ricorda una prima avventurosa versione nel 1917 con un’unica operaia

in una stanza di metri 4x4 e un secondo laboratorio con 10 operaie, sempre a Rovereto, dove escono

nel 1920 arazzi, soprammobili e giocattoli.

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Padiglione pubblicitario per matite Fprtunato Depero 1925 Costruzione in legno 143x48x48 cm Rovereto – MART (Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di trento e Rovereto)

Progetto di chiosco pubblicitario

Fortunato Depero 1924

Collage di carte colorate 59x39 cm Rovereto - MART

Bozzetto per il padiglione del Libro Progetto per padiglione pubblicitario Treves Tumminelli Depero-Campari Fortunato Depero Fortunato Depero 1926-27 1928 Matita nera su carta 42,2x51,1 cm Matita su carta 31x30,4 cm Rovereto – MART Rovereto - MART

Grattacieli e Tunnel Fortunato Depero 1930 Tempera su carta 68x102 cm Rovereto - MART

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Della Casa d’Arte Italiana fondata nel 1918 a Roma da Antonio Giulio Bragaglia e dal critico

d’arte Mario Recchi, resta una produzione limitata di cuscini, mobili, lampade, ceramiche di Balla,

Cangiullo, Prampolini. I futuristi danno anche un’importante apporto alle grafica pubblicitaria

ricorrendo al paroliberismo (scrivere parole e frasi in modo tale che rappresentino ciò che

significano) di Filippo Tommaso Martinetti.

Nel 1925 all’Esposizione di Arti Decorative di Parigi Balla e Depero espongono i loro mobili

futuristi è ottengono un buon successo. La questione dell’immobilità del mobile era stata sollevata

da Francesco Cangiullo che aveva scritto Il mobilio futurista nel 1920, un manifesto dove si

auspicava la realizzazione di «mobili a sorpresa parlanti e paroliberi».

Salottino Paravento Giacomo Balla Giacomo Balla Salotto in legno laccato e tappeto di Prampolini 1918 1939

Gilet di panno. Gilet di lana Fortunato Depero. Giacomo Balla 1925

Tavolo in legno Fortunato Depero Con intarsi in buxus 1938-39

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L’avanguardia futurista si rivela importante anche in campo fotografico. Il Manifesto della

fotografia futurista verrà presentato solo nel 1930 ma già negli anni precedenti si può notare in gran

parte dei quadri futuristi l’ispirazione all’analisi del movimento fatta dalle fotografie di Étienne-

Jules Marey, Eadweard Muybridge e già sul finire dell’Ottocento da Ernst Mach, che studiò i

proiettili.

Fotografie scattate ad un proiettile per studiarne il movimento eseguiti da E. Mach

Il fotografo e regista Anton Giulio Bragaglia teorizza, opponendosi alla fotografia tradizionale che

riduce il movimento e la velocità a staticità, il fotodinamismo: analizzare il movimento nella sua

continuità, l’esito del movimento è impresso su un unico fotogramma, con la tecnica della

stroboscopia. Questo modo di concepire la fotografia è molto più coerente con le idee futuriste

poiché esalta sia la velocità che la simultaneità. Questo modo di raffigurare il movimento,

l’affermarsi della fotografia con inquadratura zenitale (dopo la diffusione delle immagini scattate da

palloni aerostatici o aerei) aggiunta al paroliberismo rinnoveranno il linguaggio della grafica

pubblicitaria.

Le pubblicità di Depero (famose quella per la Campari) fanno quasi sempre ricorso al disegno

colorato a campiture piatte e diffondono l’ideale di una modernità giocosa: le sue figurazioni

mettono i scena automi-marionette che sembrano usciti da una scatola del “meccano”.

Pubblicità per la Campari Fortunato Depero 1926

Il Futurismo è stato una corrente importante che ha toccato ogni ambito della progettazione e che

ha influenzato molti altri movimenti, anche di altre nazioni.

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Altri movimenti contemporanei al secondo Futurismo che concorrono a creare l’identità del

design italiano sono Metafisica e Novecento.

Metafisica è una corrente artistica che nasce nel 1917 dall’incontro a Ferrara tra Giorgio De

Chirico e Carlo Carrà. Metafisica rappresenta una classicità trasognata ed irreale, vuole portare lo

spettatore fuori dalla storia facendogli rivivere il mito della classicità in una condizione surreale.

Piazze vaste, statue classiche, torri, porticati con prospettive irreali, ombre lunghe sono alcuni

degli elementi che caratterizzano lo spazio enigmatico proposto da Metafisica. Nonostante non crei

un codice o una modalità di progettazione, de Chirico diffonde un gusto, perché crea una

condizione psicologica in chi osserva i quadri di impostazione metafisica, che verrà assorbito

assorbite da alcuni architetti e designer (ricordiamo i mobili di Carlo Mollino dalle forme molli e

sinuose e le architetture delle città di Littoria e Sabaudia). Le opere architettoniche di questi anni

eseguite , per esempio, da Piacentini e Libera sono tutte influenzate in maniera inconscia (come un

transfert) da questo movimento, e tale influenza ancor più si nota negli allestimenti di esposizioni o

mostre. Va detto anche che il movimento del Surrealismo prende le mosse proprio da Metafisica.

La torre rossa Giorgio de Chirico 1913 Ol,io su tela 73,5x100,5 cm Venezia - Peggy Guggenheim Collection

La grande torre Giorgio de Chirico 1915

Olio su tela 82x36,5 cm Firenze - Tornabuoni Arte

Interno metafisico con grande fabbrica Giorgio De Chirico 1916 Stoccarda - Staatsgalerie

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Per quanto riguarda Novecento prevalgono due tendenze: una fa riferimento al “classicismo

lombardo” o “purismo lombardo” (Giovanni Muzio, Giuseppe Pizzigoni, Fiocchi, Tommaso Buzzi,

ecc.) che trae spunto dalla storia riutilizzandoli in chiave modernista; l’altra intende declinare la

Secessione viennese nell’italianità (Gio Ponti, Emilio Lancia) nel gusto di una contaminazione

stilistica. Novecento guarda alle esperienze europee più avanzate ma intende trovare un’originalità

tutta italiana. Novecento si differenzia quindi da Metafisica perché quest’ultima si estraniava dalla

storia ,mentre questo la tiene ben presente Tale gusto si manifesterà anche nel design con la

caratteristica di presentare elementi artistici della tradizione misti a scelte moderniste. La prima

affermazione vera e propria del linguaggio Novecento si ha nell’ambito della III Biennale di Monza

del 1927 dove, per l’occasione, pittori e architetti propongono esempi «per una maggiore cura

dell’estetica moderna del negozio e della vetrina»: Felice Castrati allestisce una macelleria,

Francesco Mezio una caffetteria, Gigi Chessa una farmacia e La Rinascente presenta la serie di

mobili Domus Nova, progettati da Emilio Lancia e Giò Ponti.

E’ da ricordare, parlando di influenze di differenti movimenti anche il razionalismo italiano che

prende le mosse dallo sviluppo dell’astrattismo in Italia dovuto alla “Scuola di Como”

Nomi da ricordare come protagonisti del razionalismo sono Figini, Pollini, Albini, Natan Rogers,

Terragna, Rava, Gardella che saranno anche i primi progettisti italiani nel campo del design vero e

proprio aggiungervi l’apporto del Razionalismo italiano della scuola di Como. Il Razionalismo in

Italia si sviluppa in maniera differente dal movimento internazionale; questo accade perché

l’ambiente culturale italiano, specie quello lombardo dove il Razionalismo si sviluppa, è implicato e

contaminato da molte altre pulsioni e correnti artistiche che non può certo ignorare. A questo

proposito si può citare l’esempio dell’architetto Libera che ha iniziato a lavorare presso la casa

d’arte di Depero producendo tessuti ed oggetti per la casa.

Tutti questi movimenti sono importantissimi per quanto riguarda gli effetti avuti sulla cultura del

progetto italiano. E’ il periodo in cui si sviluppano tutti i suddetti movimenti quello in cui nasce il

design italiano. L’identità del design italiano può essere definita movimentista perché nasce in

questo clima culturale, dominato dalle sperimentazioni e ricerche delle avanguardie, dei movimenti

artistici, del primo Novecento.

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Il design italiano negli anni ‘30.

Per parlare dello sviluppo del design negli anni ’30 del secolo scorso è necessario prima fare

alcuni accenni sulle riviste di design nate proprio in quel periodo. Nel 1928 viene fondata da

Marangoni “La casa bella” ; nel 1933, con Pagano e Persico muterà il nome in “Casabella”e i due

le daranno un’impronta vicina alla concezione razionalista nell’arredamento, nel design ed anche

nell’impostazione grafica. Nel 1928 anche Gio Ponti fonda una rivista: “Domus” che si pone

nettamente più vicina al gusto Novecento (nonostante il suo fondatore sia uno tra i progettisti più

eclettici che abbiano caratterizzato l’esperienza italiana). Altra rivista da ricordare è “Pegaso”,

fondata da Ojetti su posizioni conservatrici che avranno poco successo.

Per quanto riguarda il design, che sta in questi anni finalmente emergendo, le sue prime

realizzazioni non sono veri e propri oggetti ma allestimenti. Ricordiamo nel 1934 la Sala delle

Medaglie realizzata da Persico e Nizzoli, due negozi Parker a Milano sempre di Persico e Nizzoli e

il Bar Graia realizzato da Luigi Figini e Gino Pollini con l’aiuto di Baldessarri.

Molto importanti e particolari sono le esperienze lavorative fatte da Baldessarri e Nizzoli. Il primo

aderì all’architettura razionalista dandole però una particolare impronta futurista e nei suoi mobili

sono facilmente riconoscibili forme antropomorfe, il suo pensiero voleva “fare dell’architettura una

scultura”. Il secondo è un designer molto originale che segue un particolare percorso: inizialmente

lavora come pittore e poi come illustratore (i primi lavori li farà per le acciaierie di Cornigliano a

Genova) con gusto Novecento, passerà a progetti veri e propri di grafica ed ad allestimenti, da

questo dedicarsi alla presentazione degli oggetti nascerà poi l’interesse per la progettazione degli

oggetti stessi lavorando per Olivetti.

Realizzata per la Biennale di Monza del 1930 va ricordata la “Casa elettrica” realizzata da Figini e

Pollini e sponsorizzata dalla società Edison: un progetto di casa moderna non solo per la

disposizione degli arredi ma anche per la presenza dei primi elettrodomestici.

Gruppo 7 Casa elettrica Prototipo di Figini-Pollini-Frette-Libera-Bottoni 1930 Sponsorizzata dalla Società Edison Pensata per esporre tutti gli apparecchi elettrici destinati ad essere usati in casa.

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Nella nostra nazione si avranno numerose sperimentazioni in campo radiofonico appoggiate dal

regime fascista che vedeva nella radio un ottimo mezzo di diffusione delle proprie idee ed anche di

controllo della comunicazione. E’ lo stesso regime ad organizzare l’Associazione Nazionale del

Grammofono e ad indire numerosi concorsi per la realizzazione di apparecchi radio. Nel 1933 il

concorso bandito dalla Triennale di Milano in collaborazione con la Società Nazionale del

Grammofono è vinto da un progetto di Figini e Pollini: una radio a forma di parallelepipedo sorretta

da quattro tubolari. Un progetto di radio interessante è quello realizzato da Albini con due lastre di

securit che lascia trasparire l’anima elettrica e meccanica dell’apparecchio.

L’impiego di materiali autarchici (faesite, masonite, securit, anticorodal, gommapiuma, linoleum)

da un notevole impulso alla sperimentazione.

Radiogrammofono Luigi Figini e Gino Pollini 1933

Ma il vero e proprio debutto del design italiano nel mondo della produzione industriale avviene

per via di tre importanti oggetti: la Olivetti Studio 42 (nel 1935) progettata da Figini e Pollini con

l’aiuto, nella parte grafica, di Xanty Schavinsky e, nella parte meccanica, Luzzati, primo oggetto di

design ad essere prodotto serialmente in Italia; il Radioricevitore Phonola progettato nel 1940 dai

fratelli Luigi e Pier Giacomo Castiglioni insieme a Luigi Caccia Dominioni; l’Addizionatrice

Summa progettata da Marcello Nizzoli nel 1940 come suo primo progetto per la Olivetti.

Olivetti Studio 42 1935 L. Figini, G. Pollini , X. Schavinsky, Luzzati

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Radioricevitore Luigi e Piergiacomo Castiglioni Produzione: Phonola 1939 In collaborazione con Caccia Dominioni

Addizionatrice Summa Marcello Nizzoli 1940 Produzione: Olivetti

Nonostante sia vero che l’Italia si trovi in ritardo nello sviluppo industriale rispetto alle altre

nazioni, va detto che gli anni ’30 hanno un forte impulso il settore automobilistico: nel 1928 viene

prodotta la Lancia Lambda, un modello di torpedo con carrozzeria portante. Mario Revelli inizia i

primi crash test per rendere le auto sicure all’urto e progetta alcuni modelli molto innovativi. E’ in

questi anni che Dante Giocosa propone il primo modello di Fiat 500 (la cosiddetta Topolino perché

sarà l’auto che Walt Disney prenderà come mezzo di trasporto di proprietà del suo storico

personaggio Topolino, appunto).

Fiat 500 “Topolino” 1936-1955 Meccanica molto semplice.

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SCHEMA RIASSUNTIVO (fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale)

1808

Edizioni Ricordi a Milano (nel 1880 “Officine grafiche Ricordi”)

1896

Stamperia di Edmondo Chappuis a Bologna

Magazzini Mele (Napoli)

Impiegano la Ricordi

1902 Primo numero di

“Il risorgimento grafico” a Milano

1908

Il Futurismo

Camillo Olivetti fonda a Ivrea l’industria Olivetti

1928

Nasce la rivista “La casa bella”

(Guido Marangoni)

Nasce la rivista “Domus”

(Gio Ponti)

Anni ‘30 Alla Olivetti lavorano: E. Persico, M. Nizzoli,

L. Figini, V. Pollini

1930 Bar Graia a Milano

(Figini, Pollini, Baldessarri)

1933 Figini e Pollini vincono il concorso bandito dalla

Società Nazionale del Grammofono

Alla triennale di Milano il padiglione tedesco è interamente

dedicato alla grafica

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(segue 1933) Nasce lo

studio grafico Buggeri

Primo numero della rivista “Campo grafico”

(Dradi e Rossi)

E. Persico redattore di “La casa bella” che

cambia nome in “Casabella”

1934

Due negozi Parker a Milano

Sala della Medaglie d’oro

(Nizzoli, Persico)

1935 Macchina da scrivere

Olivetti Studio 42 (Figini, Pollini, Schavinsky)

1936

Mostra dell’Oreficeria Antica alla VI Triennale (Franco Albini)

1938

Apparecchio radio in securit progettato da F. Albini

1940

Radioricevitore Phonola (L. e P. Castiglioni, Dominioni)

Addizionatrice Olivetti MC4S Summa

(M. Nizzoli)

Mostra della produzione in serie e dello standard alla VII Triennale

organizzata da Giuseppe Pagano

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Il design italiano del 2° dopoguerra.

E’ al termine della Seconda Guerra mondiale, quando la consapevolezza di doversi risollevare per

poter cancellare tutto ciò che il conflitto ha portato di negativo, che il design italiano inizia a

svilupparsi ed affermarsi. Questa rinascita avviene in Italia in primo luogo nel campo dei trasporti:

non si può certo puntare ad auto di lusso, ci si indirizza quindi a mezzi di trasporto che possano

essere alla portata di tutti e possano essere il più possibile comodi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale si iniziano a commercializzare maggiormente le biciclette e,

successivamente la Garelli propone sul mercato delle biciclette motorizzate. Ma la vera svolta nel

campo dei mezzi di trasporto accessibili a tutti si ha grazie alla Piaggio.

Ecco, infatti, che nel 1945 la Piaggio presenta la Vespa, un progetto di Corradino D’Ascanio il

quale ha portato sullo scooter alcuni dei suoi studi fatti in campo aeronautico: la Vespa è uno

scooter a scocca portante, il carter non è quindi un semplice strumento per nascondere le parti

meccaniche ma ne costituisce anche la struttura portante. La Vespa avrà un grande successo

divenendo uno degli oggetti del design italiano più conosciuti al mondo.

Brevetto Vespa MP6 Corradino D'Ascanio Produzione: Piaggio 1945

Vespa MP6 Corradino D'Ascanio Produzione: Piaggio 1945

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La Vespa di Salvador Dalì

Esposta al museo di Pontedera

Sulla base dell'esperienza maturata dai francesi, a Pontedera si ipotizzano diversi armamenti possibili: cannone da 75 mm senza rinculo, bazooka, mitragliatrici e fucili mitragliatori, mortai da

60 e da 81 mm. Tutti correlati dal munizionamento necessario. a confronto con la jeep diventata quasi il simbolo dell'ultimo conflitto, lo scooter offre un impareggiabile rapporto tra prezzo di vendita e impiego di massa, riuscendo a primeggiare sia sentieri, foreste, sottoboschi. Anche a paragone con la motocicletta il confronto sul terreno lo darebbe per vincente.

In concorrenza con il prodotto della Piaggio la Innocenti due anni dopo, 1947, presenta il suo

scooter: la Lambretta. Anche i progettisti della Lambretta sono ingegneri aeronautici, Torre e

Pallavicino, che vi applicano il concetto del telaio a tubolare portante, a sorreggere il peso non è

quindi, come nel caso della Vespa, una scocca ma un traliccio.

Lambretta C. Pallavicino - P. Torre Produzione: Innocenti 1947

Un altro interessante prodotto progettato da C. D’Ascanio, ma per una scelta di mercato, non

commercializzata in Italia è stata la Vespa 400, un mezzo a 4 ruote.

Vespa 400 Produzione: Piaggio 1953 Bella, simpatica, elegante, in netta concorrenza con dei colossi automobilistici com'erano la Fiat e l'Autobianchi. Non ebbe la fortuna che gli sarebbe stata dovuta, sebbene ne siano state prodotte ben 28.000 unità, e sia stata anche prodotta su licenza in diversi paesi del mondo.

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Oltre alla Vespa e alla Lambretta, diventano icone del trasporto italiano due automobili, di

piccole dimensioni ma indubbiamente interessanti ed apprezzate che riescono a sancire il passaggio

dalle due alle quattro ruote e fanno sì che anche l’auto possa essere posseduta dalla maggior parte

della o popolazione e non solo dalle persone più agiate. Si tratta di due auto progettate da Dante

Giacosa: la Fiat 600 prima e la Fiat Nuova 500 dopo, che ancora vediamo circolare per le nostre

strade.

Fiat 600 Fiat Nuova 500 Dante Giacosa Dante Giacosa 1945 Produzione: Fiat 1957

Un’interessante esperimento che volle tentare di risolvere il problema della mobilità ma che non

ebbe grande successo (rimase in produzione solo dal 1953 al 1955) fu l’Isetta di Ermenegildo Preti:

un’automobile due posti e di ridotte dimensioni, alla quale si accedeva attraverso un unico

portellone anteriore…date le dimensioni la si può attualmente ritenere una sorta di antenata della

Smart.

Isetta E. Preti Produzione:Iso 1953-55

Un altro motociclo da ricordare è il Galletto prodotto dalla Moto Guzzi, caratterizzato dalla

particolare carrozzeria e dalla posizione della ruota di scorta posta dietro la ruota anteriore.

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Dante Giacosa si dedicherà anche al progetto di una berlinetta, che però verrà ripreso e portato a

termine da Pininfarina: la Berlinetta Cisitalia che otterrà un grande successo a livello internazionale

sarà esposta permanentemente al Moma di New York come “scultura semovente”. Era, però, ancora

un’automobile realizzata con rifiniture fatte a mano, un’auto venduta su ordinazione.

Cisitalia Pininfarina

1947

Uno dei primi prodotti dell’immediato secondo dopoguerra non legato al settore dei mezzi di

trasporto è stata la macchina da scrivere Lexicon 80 (1948-49) di Marcello Nizzoli per Olivetti

realizzata con un carter in alluminio presso fuso, con forme nei dettagli che richiamano la stream

line statunitense.

Lexicon 80 Marcello Nizzoli Produzione: Olivetti 1948 Adriano Olivetti sceglie di chiamare artisti ed architetti, rappresententanti di una cultura diversa a quella di fabbrica per collaborare con l'Ufficio progetti e studi da lui creato nel 1929

Nel campo del mobile sono da ricordare le aziende Azucena e Rima. Della prima ricordiamo la

sedia Catilina di Caccia Dominioni che riprende il concetto del voler riprendere qualcosa

appartenuto al passato riadattandolo.

Lo sviluppo del design italiano avviene anche, e soprattutto, attraverso

questo settore del mobile.

Nel 1946 è da ricordare la prima lavatrice della Candy.

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La rinascita avvenuta negli anni successivi alla guerra porteranno anche la nazione italiana al

“boom economico”, a quel periodo che ha determinato arricchimento e benessere sociali diffusi. Il

design italiano seppe bene inserirsi in questo quadro sociale ed approfittarne specie nell’ambito

della produzione di oggetti in plastica.

Ci sono molte generazioni di designer che si sono occupate di mobili a partire dagli anni 50. Molti

non si rifanno ad una corrente particolare ma lavorano individualmente, altri invece fanno capo a

delle tendenze. Marco Zanuso, che lavorerà a lungo affiancato dal tedesco Richard Supper, si rifà al

razionalismo. Marco Zanuso realizza la poltrona Lady importando in una seduta la tecnologia

impiegata per realizzare l’imbottitura delle sedute automobilistiche.

Lady Marco Zanuso Produzione: Arflex 1951 Deve molto all'impiego della gommapiuma e del nastrocord

Tra i progetti da ricordare annoveriamo la sedia “Superleggera” di Gio Ponti realizzata in faggio e

paglia, materiali giustificano quindi il peso ridotto, ed ispirata alla sedia di Chiavari.

Superleggera Gio Ponti Produzione: Cassina 1956

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Questo è il quadro del design italiano fino agli anni ’60, periodo in cui dominano le figure di

Castiglioni, Mari, Sapper, Zanuso ed in cui ha inizio il lavoro di Giorgetto Giuggiaro. Va anche

ricordato che in questi anni, seppure non siano propriamente designer ma ingegneri, lavorano molto

attivamente D’Ascanio, Giacosa, Pallavicino, Pininfarina, Torre.

Gli anni ‘60

Negli anni ’60 inizia a profilarsi anche una nuova generazione di designer: De Pas, D’Urbino, Lo

Mazzi si affiancano alla generazione di Zanuso, Aulenti, Bellini, Giuggiaro.

Ci si inizia a dedicare alla progettazione degli impianti stereo, uno dei primi è il RR126HF

progettato dai fratelli Castiglioni per la Brionvega; di questa stessa azienda è la radiolina TS502

progettata da Richard Sapper e Marco Zanuso, due designer che hanno sempre impostato i loro

progetti sulla linea razionalista. Sempre di Sapper e Zanuso è il telefono Grillo che, nonostante

abbia ancora dimensioni considerevoli, prelude al concetto di telefono elettronico, pieghevole e

compatto. Nel 1954 Zanuso e Supper propongono alla Brionvega il televisore Algool particolare

perché lo schermo è rivolto verso l’alto per cui può essere posto tranquillamente sul pavimento

senza necessitare un mobile che lo contenga, che verrà poi rivisto e perfezionato e messo in

produzione nel 1962 con il nome di Algool II..

Telefono “Grillo” Marco Zanuso e Richard Sapper 1965 Produzione:Auso Siemens, Selezionato per il Compasso d’oro nel 1967.

Algol II Marco Zanuso- Richard Sapper Produzione: Brionvega 1962

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RR 126 HF A. e P. Castiglioni Produzione: Brionvega 1964

Radio TS 502

Marco Zanuso – Richard Sapper 1965

Produzione: Brionvega

Sotsass nei primi anni ancora ispirato dai canoni della forma-funzione, inizia a lavorare con la

Olivetti producendo macchine da scrivere differenti da quelle ispirate alla stream line di Nizzoli

(ricordiamo la Lexicon 80 del 1947), più squadrate e dalle forme più definite. Tra queste ricordiamo

la Valentie 1969 prima macchina da scrivere trasportabile.

Da ricordare l’Auto Nova di Pio Manzù che ha lavorato per un certo periodo nello studio

Castiglioni . Da ricordare, frutto di questo connubio Manzù-Castiglioni è la Lampada Parentesi.

Pio Manzù City taxi 1968

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Parentesi A. Castiglioni – Pio Manzù Produzione: Flos 1970

Agli inizi degli anni 60 nasce il movimento del Neo Liberty. Si tratta di una prima reazione in

Italia al Razionalismo che era ormai diventato uno stile internazionale affermato in ogni campo

progettuale e produttivo ma che iniziava anche ad apparire “stanco”.

Appartenenti a questa corrente sono due oggetti in particolare: la poltrona S. Luca di Achille e

Piergiacomo Castiglioni (composta da 6 blocchi prodotti separatamente e successivamente montati

ed assemblati insieme) e la sedia a dondolo Sgarsul di Gae Aulenti.

San Luca A. e P. Castiglioni Produzione: Gavina 1961

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale non si prova a studiare quanto accaduto tra le due

guerre ma si tende a dimenticare e a cancellare i movimenti artistici forse perché in parte accusati di

essere stati compromessi con il regime; per reazione a quanto accaduto nel passato, per tornare a

rivedere cosa ci fosse stato di positivo in quel periodo storico nasce il Neo Liberty; una prima

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proposta che cerca di scardinare l’insistente affermazione del razionalismo. Inizialmente trova il suo

elaboratore teorico nella personalità di Vittorio Gregotti.

Una fase interessante di studio e presentazione di quanto sta accadendo in Italia in questi anni è

ben rappresentata tramite le Eurodomus. Queste furono delle rassegne con il fine di promuovere la

produzione del mobile in Italia e furono organizzate dalla rivista Domus. La prima venne

organizzata a Genova nel 1966; punto principale fu la proposta di una casa sperimentale. La

seconda si svolse nel 1968 a Torino e vi venne proposto, da De Paz D’Urbino e Lo Mazzi, un

padiglione totalmente gonfiabile realizzato in pvc. Furono realizzate altre due Eurodomus: una nel

1970 a Milano e l’ultima nuovamente a Torino nel 1971 anche queste con interessanti proposte.

Gli anni Sessanta e Settanta sono anche gli anni durante i quali nascono movimenti di design

ispirati alle contestazioni e ai movimenti delle avanguardie artistiche contemporanee di quegli anni.

La Pop Art di Andy Warhol ed il New Dada in particolare sono movimenti artistici che vogliono

estraniare dall’ originario contesto oggetti tipici della società dei consumi dando loro una nuova vita

estetica; così nel design si iniziano a riproporre oggetti, parti di oggetti o materiali in ambiti

differenti da quelli in cui vengono impiegati abitualmente. In Italia alcuni designer fanno propri i

caratteri generali di questa contestazione realizzando oggetti molto originali per distaccarsi dal

fondamento del razionalismo, ossia contestando la forma-funzione.

Ricordiamo, per quanto riguarda l’influenza della PopArt: la poltrona gonfiabile Blow di De Pas,

D’Urbino, Lo Mazzi; la poltrona Joe di De Pas, D’Urbino, Lomazzi, una poltrona fatta in cuoio

dalle sembianze di un guantone da baseball; la poltrona Sacco di Gatti, Paolini, Teodoro che non ha

una forma propria ma, essendo costituita da pallini di polistirolo, si adatta perfettamente alla

posizione che ogni fruitore vuole assumere; Pratone di Archizoom che aumenta a dismisura le

dimensioni dell’erba di un prato su cui ci si può sdraiare e che, così come succede all’erba vera, si

adatta alla posizione assunta da chi vi si siede o sdraia;

Polrtona Blow Scolari-D'Urbino- Lomazzi- De Pas Produzione: Zanotta 1967

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Poltrona Joe De Pas – D’Urbino - Lomazzi 1970 Celebrazione di Joe di Maggio, grande giocatore statunitense di baseball di quegli anni.

Poltrona Sacco Gatti – Paolini – Teodoro 1970 Piena di milioni di palline di polistirolo espanso. Rispondeva all'esigenza di atteggiamenti più liberi potendo assumere più forme diverse.

Bocca Studio 65 Produzione: Edra 1970

Achille e Piergiacomo Castiglioni lavorano ispirati dal Dadaismo. Prendendo degli oggetti già

esistenti, come faceva Duschamp nelle sue opere, li assemblano tra loro così da ottenere nuovi

oggetti. A questo periodo appartengono due particolari sedute: Mezzadro e Sella che non hanno

richiesto una produzione seriale dei componenti poiché sono realizzati con oggetti che l’industria

già produceva (la seduta di un trattore, una sospensione di un mezzo di trasporto già esistente sul

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mercato e un pezzo di legno preso sempre nel mondo dei macchinari agricoli in un caso e la sella di

una bicicletta da corsa nell’altro, sono i componenti base di questi due prodotti).

Mezzadro A. e P. Castiglioni Produzione: Zanotta 1967 Gamba di acciaio cromato e curvato con base in faggio naturale che regge il sedile di una macchina agricola.

Sella A. e P. Castiglioni

1967 Asta in acciaio verniciato con

basamento in fusione di ghisa che regge una sella di bicicletta

da corsa.

Anche la lampada Toyo nasce da questo tipo di metodologia: viene impiegata una canna da pesca,

per il basamento un trasformatore e il faro no è altro che quello di un’automobile.

Tre pezzi già esistenti assemblati fanno l’oggetto d’uso, un oggetto d’uso anche di grande

successo.

Il radical design si rifà, invece, a quanto sostenuto dal movimento dell’arte povera: utilizzare i

materiali essenziali ( in particolare legno recuperato), non lavorati per riuscire a creare una nuova

grammatica del design, sperimentando come poter ottenere oggetti d’uso. Ricordiamo Andra Pranzi

e Riccardo Dalisi

La vasta produzione del design italiano calata in maniera molto forte nel contesto sociale

contemporaneo di quegli anni vede il raggiungimento del suo apice nel 1972. Questo è l’anno in cui

venne allestita al Moma di New York la mostra, voluta ed organizzata dall’argentino Emilio

Ambaz, intitolata: “Italy: the new domestic landscape”. Vi vengono esposti tutti gli oggetti prodotti

dal design italiano fino a quell’anno e altri pensati per l’occasione come il Car-a-sustra di Bellini.

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Car-a-sutra 1972 Bellini 1972

La mostra presenta tutte le diverse e a volte contraddittorie, ma pur sempre coesistenti, realtà del

design italiano facendo sì che venisse conosciuto all’estero e ne sancisce l’affermazione definitiva a

livello mondiale. Fino a quel momento, infatti, il design italiano era stato considerato di secondo

piano a favore di quello tedesco o scandinavo; la mostra al Moma invece sancisce l’importanza del

“made in Italy” a livello internazionale.

Il design italiano, soprattutto attraverso Supertudio e Archizoom evidenziano l’apertura verso

nuovi linguaggi declinando spesso linguaggi di altri campi agli oggetti d’uso.

Lampada da tavolo Passiflora Superstudio Produzione: Poltronova 1966 Perspex piegato a caldo

Plia Giancarlo Piretti

Produzione: Castelli 1967

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Tizio Richard Sapper Produzione: Artemide Lampada da tavolo con aste conduttrici

Il postmoderno

Per quanto riguarda il design italiano è da ricordare la tendenza del design postmoderno

nell’ambito del quale lavorano Alchimia e Memphis.

Il post moderno è un movimento culturale complesso che parla del cambiamento delle società per

via della fine della modernità e dell’inizio della postmodernità. Rappresentanti ne saranno, in

particolare, E. Sotssass (quando rivedrà il suo metodo di progettazione abbandonando il

razionalismo) e A. Mendini.

Successivamente alla mostra del Moma nel 1972 si nota un passaggio del design italiano dalla

tendenza Pop al postmoderno. Iniziano, a partire dagli anni ’70, ad entrare in crisi le ideologie e le

idee forti che sino a quel momento preludevano ad una fiducia illimitata nella Modernità, nasce la

filosofia Postmoderna ( Jean-François Lyotard scrive La condizione postmoderna). Il “pensiero

debole”, (Vattimo, Cacciari, Severino) – versione italiana della filosofia della postmodernità -

influenza il design di Mendini, Sottsass e Branzi. Vengono proposti oggetti in netto contrasto con il

principio della forma-funzione: la libreria Cartlon di E. Sottsass, il tavolo Tangram di Morozzi.

L’idea è quella di abbandonare l’intrenational stile (il razionalismo) per dare possibilità

alternative che trovino una vera e propria applicazione; non ci si vuole fermare a sole proposte di

ricerca ma arrivare anche alla produzione di oggetti ad alto contenuto tecnologico.

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Cartlon Tangram E. Sottsass M. Morozzi Produzione: Cassina 1983

Nello stesso tempo è sollecitata una nuova unione tra ornamento e progetto, la poltrona Proust di

Mendini è un esempio di questi tentativi (bisogna ricordare che il Razionalismo aveva provocato

una espulsione dell’ornamento dell’architettura e dal progetto in generale).

Poltrona Proust A. Mendini

Negli anni ’80 una mostra itinerante - Memphis - che raccogli numerosi pezzi di design italiano

postmoderno è esposta nei maggiori musei d’arte contemporanea del mondo ed ottiene un grande

interesse di pubblico. È la definitiva messa in crisi del codice funzionalista.

Munari, Mari, Castiglioni non sono sfiorati dalla tendenza postmoderna e continuano nell’ambito

del filone definito della “funzione della ricerca estetica” creando oggetti di design con essenzialità

nella forma e nell’uso dei materiali. A questo proposito ricordiamo per esempio Abitacolo di Bruno

Munari, un letto a più funzioni realizzato in scarni profilati metallici elettrosaldati.

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Abitacolo Bruno Munari Produzione: Robots 1971 Scrittoio e relativa libreria costituiti da un telaio in acciaio elettrosaldato con accessori in materiali vari.

Sof Sof Enzo Mari Produzione: Driade 1973 Sedia composta da cinque anelli in tondino di ferro dello spessore di 6mm saldati elettricamente, su cui vengono inseriti il sedile ( con due tasche di tessuto) e lo schienale leggermente elastico.

In questo quadro va anche ricordato l’apporto dato al design italiano dalla Scuola di Ulm; in

seguito alla sua chiusura nel 1968, infatti, molti suoi teorici si trasferiscono in Italia portandovi le

idee della scuola: teorici come Tomás Maldonado e Martin Krampen, progettisti come Andries Van

Onck, Hans von Klier ed Herbert Ohl.

Un altro apporto, utile ed interessante, il design italiano lo ha avuto dalla cultura giapponese

attraverso l’esperienza tipicamente orientale del fare leggero e piccolo. Progettisti come Makio

Suike e Isao Hosoe realizzano nuove forme di arredamento compatto e oggetti da indossare.

( Fonte:lezioni sul design italiano, prof. Rocco Antonucci)