Indice - Crisalide

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Indice

Introduzione 11

1 Varietà dell’esperienza sciamanica 21

2 Cambiamento di forma, teste tagliate e la rete della vita 42

3 I margini del crepuscolo 66

4 La musica che incanta 89

5 L’anima della natura 128

6 La gente della foresta 162

7 Viaggi pericolosi 193

8 La morte: il ‘centro di una lunga vita’ 215

Conclusione 242

Note 245

Edizioni Crisalide

TOM COWAN

IL FUOCO

NELLA TESTA

Uno studio

sullo sciamanismo celtico

INTRODUZIONE

IL PROBLEMA DELLO

SCIAMANISMO CELTICO

o studio dello sciamanismo celtico è un compito travol-­gente e affascinante che affronta due tipi di fenomeni, lo scia-­manismo e la spiritualità celtica, presenti per millenni in varie parti del mondo. Nell’Europa occidentale, lo sciamanismo ha almeno 20.000 anni di vita, e forse di più. Le prime testimonianze sono visibili nelle pitture delle grotte di Lescaux, nella Francia meridionale, e di Altamira, nella Spagna settentrionale. Queste

ma di un’accuratezza sorprendente, di esperienze sciamaniche

in parte uomini, in parte mammiferi e in parte uccelli), lo stato di trance e la simbologia sorprendentemente eloquente di nascita, vita, morte e rinascita. Le fonti da cui sono scaturite queste immagini non sono sepolte per sempre nel passato, ma appartengono alla psiche umana. Immagini simili si ritrovano nelle descrizioni dei viaggi sciamanici fatti da uomini e donne contemporanei che praticano lo sciamanismo nella moderna società occidentale.

Gli elementi centrali dello spirito celtico sono sopravvissuti con stupefacente continuità dal VII-­VI secolo a.C. sino a oggi. Nella frase augurale usata attualmente in Irlanda: “Possano le strade aprirsi davanti a te, possa il sole scaldare il tuo volto, la piog-­gia cadere gentile sui tuoi campi e il vento esserti sempre alle

L

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spalle”, percepiamo l’eco di un antico rito celtico che chiamava gli elementi a testimoni di un giuramento di fedeltà: “Possano i cieli cadermi addosso, possa il mare chiudersi su di me e la terra inghiottirmi se romperò questo giuramento”(1). All’inizio dell’era cristiana, un monaco irlandese cita gli elementi naturali in riferimento alla morte di Cristo sulla croce: “Alla morte [di

-­li, il cielo non cadde su di loro per schiacciarli”(2). Che si tratti dell’augurio rivolto a un amico, di un giuramento di fedeltà o di un commento su una possibile punizione per l’uccisione di Cristo, la spiritualità celtica esprime uno stretto rapporto con il mondo naturale. In questa continuità di immagini tra l’antica ritualità e le espressioni moderne perdura anche la relazione sciamanica con gli elementi. Il celta, ieri ma anche oggi, si aspetta che il vento, il cielo, il mare e il sole rispondano alla sua sincera invocazione, così come lo sciamano delle antiche pitture rupestri

la tribù potesse iniziare la caccia.

LO SCIAMANISMO

Il termine sciamano proviene dalle popolazioni tunguse della Siberia e indica un uomo o una donna dotati di un tipo partico-­lare di potere spirituale. Gli sciamani erano visionari e guaritori estatici (quelli che oggi potremmo chiamare consulenti spiri-­tuali) che operavano in stato di trance. Di recente, il termine è stato applicato in modo generico e non troppo preciso a forme diverse di pratiche spirituali e di guarigione presenti nelle culture tribali, dall’uso cerimoniale di tamburi e sonagli ai riti in onore dell’animale totemico. Nel 1951 Mircea Eliade, una delle massime autorità nel campo dello sciamanismo e delle religioni primitive, ha affrontato l’argomento in uno studio fondamentale, Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi, che rimane ancora oggi uno dei testi essenziali per comprendere le pratiche sciamaniche tradizionali di tutto il mondo. Eliade mette

in guardia dall’usare indiscriminatamente il termine sciamano per indicare “ogni mago, stregone, medicine-­man o estatico che s’incontra nel corso della storia delle religioni”, sostenendo che un tale uso trasformerebbe la realtà dello sciamanismo in una “nozione estremamente complessa e, a un tempo, imprecisa”, e quindi assolutamente inutile(3). Eppure negli ultimi quarant’anni il crescente entusiasmo per lo sciamanismo ha introdotto questa parola nel linguaggio comune e ha determinato il suo impiego nel campo della religione, della spiritualità e dell’ambientalismo. Naturalmente questo termine e le pratiche che ad esso fanno riferimento svolgono nell’evoluzione della coscienza umana un

centrale da cui trae origine.

Per usare in modo appropriato il termine ‘sciamano’ bisogna

tratti essenziali dello sciamanismo autentico, ma allo stesso tempo evitare quell’eccesso di purismo che non accetta di riconoscere fenomeni di vero sciamanismo in contesti culturali diversi da quelli delle popolazioni tunguse della Siberia. Occorre usare

sciamaniche sono presenti in quasi tutte le culture native e stanno registrando un netto incremento anche tra i contemporanei che

trascorso una notte in totale solitudine nella tundra siberiana.

Lo sciamanismo è essenzialmente un modo di vedere la realtà, e allo stesso tempo un metodo per agire all’interno di questa visione della realtà. Lo sciamano percepisce l’universo in modo diverso dagli altri esseri umani e fa esperienze dirette che tra-­scendono quelle delle persone normali. Gli elementi comuni dello sciamanismo, presenti nella maggior parte delle culture che hanno una solida tradizione sciamanica, sono i seguenti: (1) gli sciamani sono in grado di accedere a un particolare stato di coscienza nel quale (2) sperimentano un viaggio nei regni non-­ordinari dell’esistenza dove (3) raccolgono conoscenza e potere che usano poi per se stessi o a favore di altri membri del loro gruppo sociale. In questi tre elementi si condensa quello

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Nei regni non-­ordinari dell’esistenza lo sciamano percepisce riferimenti immateriali e in larga misura immaginari e considera spiriti le entità che vi incontra. ‘Immateriali’ e ‘immaginarie’ sono per lo sciamano le dimensioni dello spirito, cioè di quella realtà non-­ordinaria che trascende la percezione umana che si

fare un esempio, il mondo degli spiriti appare come immateria-­

spesso stupefacenti ripercussioni sulla realtà ordinaria. Riguardo alla guarigione, ad esempio, uno sciamano può viaggiare nella realtà non-­ordinaria per recuperare l’anima di una persona morente o per rimuovere le cause di una malattia che posso-­no apparirgli sotto forma di insetti o di demoni. Lo sciamano lavora quindi con la natura invisibile, spirituale, della malattia,

vale per il termine ‘immaginario’. Uno sciamano può viaggiare in un luogo appartenente alla realtà non-­ordinaria e parlarne come di una dimensione dello spirito, per poi scoprire che quel luogo esiste anche nella realtà materiale. Può scoprire che altri sciamani si sono recati nello stesso luogo (con il corpo o fuori dal corpo) e che lo conoscono bene, a riprova che l’Altro Mondo ha un’esistenza indipendente dall’immaginazione personale dello sciamano. Inoltre, le numerose testimonianze di manifestazioni

modo almeno parzialmente indipendente dall’immaginazione della persona che le vede.

I CELTI

Le popolazioni celtiche occuparono e dominarono tutta l’Eu-­ropa centrale durante il VII e VI secolo a.C. Nel IV secolo a.C. raggiunsero il culmine della loro civiltà e si espansero verso il sud, l’ovest e l’est europeo. I Celti erano un popolo di guerrie-­

ri. Nel 390 a.C. alcune tribù celtiche misero a sacco la città di Roma, dando origine nei Romani a quella paura dei Celti che durò per secoli. Nel 279 a.C. un bellicoso gruppo di Celti assalì

Celti stabilirono insediamenti e avamposti in tutto il continente europeo, dalla Spagna settentrionale alla Turchia e dalle Isole Britanniche alle coste del Mar Nero.

Il termine celta veniva usato dagli storici greci e romani per in-­dicare indiscriminatamente tutte le popolazioni che occupavano

del mondo classico, ma in realtà queste tribù non si unirono mai a formare un’unica ‘nazione’ celtica. L’idea di unità nazionale era estranea ai Celti, così come quella di comunanza etnica o di identità culturale. Ogni tribù aveva una lingua e uno stile di vita differente: alcune di esse vivevano in comunità di coltiva-­tori, altre in poderose fortezze dominate da capi carismatici, in

in roccaforti militari. Molti insediamenti celtici divennero il

Budapest, altri invece erano semplici accampamenti temporanei che poi nel corso dei secoli scomparvero.

Nonostante tutte queste differenze, ancora oggi molti studiosi ritengono che quelle tribù costituissero un gruppo etnico omo-­

accomunavano le tribù celtiche. Gli autori classici, tra cui Livio, Strabone, Cesare, Tacito, Plinio il Vecchio, Posidonio, Erodoto e Diodoro Siculo, da cui abbiamo tratto gran parte delle notizie

valori, istituzioni e credenze comuni. Dai loro resoconti, i Celti appaiono come dei guerrieri coraggiosi, orgogliosi ed entusiasti, che indossano e ostentano con orgoglio abiti, gioielli e ornamenti molto più ricchi e vistosi di quelli dei popoli mediterranei, che lavorano con grande abilità i metalli, dando vita a uno stile im-­mediatamente riconoscibile, che amano i cantastorie, la poesia, le canzoni, i banchetti e le bevande fermentate, che amano la vita di famiglia e si comportano con lealtà verso il proprio clan.

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Fisicamente i Celti erano più alti e prestanti delle popolazioni dell’Europa mediterranea, con pelle e capelli tendenzialmente più chiari e spesso con occhi azzurri. Tra i tratti culturali comuni alle tribù c’erano le credenze religiose, tra cui l’immanenza del mondo degli spiriti e l’immortalità dell’anima umana.

Gli autori classici, che spesso tacciavano la spiritualità celtica di superstizione, riferiscono del loro profondo interesse per le cose spirituali. La studiosa Anne Ross scrive che “i Celti erano così completamente imbevuti e appassionati alla loro religione e alle sue espressioni, che essa era sempre e positivamente in primo piano nella loro vita”(4) e sottolinea che le diverse tribù celtiche non avevano un unico ‘sistema’ religioso, cioè una singola strut-­tura spirituale che percorreva le pratiche religiose dall’Atlantico al Mar Nero, dal Baltico al Mediterraneo. Le diversità erano molte ma è comunque lecito parlare di una somiglianza tra i riti e le pratiche spirituali della religione delle singole tribù, basata principalmente su quella fusione di naturale e sovrannaturale che connota la forte tensione mistica che percorre tutto il pensiero e la tradizione celtici. “Tutto ciò”, conclude la Ross, “denota

Esistono sorprendenti parallelismi tra la cultura tribale dei Celti e quella dei Nativi americani. Come gli Indiani d’America, anche i Celti vivevano in gruppi tribali distinti e separati, che si univano

praticavano entrambi una spiritualità legata alla terra e condi-­videvano numerose credenze e pratiche animistiche, assieme a un atteggiamento di rispetto per la loro terra e per gli spiriti che la abitavano. Anche il loro destino fu ugualmente tragico. Come i Nativi americani, i Celti si scontrarono con altri popoli in cerca di espansione territoriale. Nel II sec. a.C. alcune tribù germaniche iniziarono a incalzare da nord e nel secolo successivo i Daci mossero contro i Celti da est (dall’attuale Romania). Nel 58 a.C. Giulio Cesare entrò in Gallia, che allora era territorio celtico, e la conquistò. Nell’84 d.C. ormai gli eserciti romani si

a occidente dall’avanzata militare della civiltà romana. Oggi, esattamente come i Nativi americani, molti Celti si battono per la salvaguardia della loro lingua, della loro cultura e delle loro tradizioni, comprese le antiche pratiche religiose, soprattutto nelle poche sacche in cui la civiltà celtica è sopravvissuta quasi intatta.

L’acuta descrizione del destino dei Celti che lo storico romano Tacito ci tramanda potrebbe essere applicata a molti altri casi

in diverse aree del pianeta, si sono scontrati con le popolazio-­

quella che di fatto era stata la loro schiavitù”. Le legioni e gli insediamenti dei Romani avevano infatti portato per la prima volta una relativa pace tra gruppi orgogliosamente rivali, ma il prezzo che le tribù soggiogate dovettero pagare per la Pax Ro-­mana fu altissimo: la perdita dell’indipendenza e dell’identità culturale. Le imposizioni ideologiche che accompagnavano i beni materiali portati dall’area mediterranea annullarono i valori e le credenze che per secoli avevano forgiato la vita dei Celti. A poco a poco gli antichi costumi vennero sostituiti da quelli

mantenere e assimilare, ove possibile, le tradizioni dei popoli soggiogati. L’inevitabile risultato fu che il modello educativo

seguito cristianizzare) le nuove generazioni.

La nostra ricerca sullo sciamanismo celtico muove da quelle -­

re comunità in tutta l’Europa continentale e che gettarono i semi della ricca eredità celtica oggi in nostro possesso. Strette

verso occidente e si stabilirono in quelle che oggi costituiscono le ‘Sei Nazioni celtiche’: Irlanda, Scozia, Galles, Inghilterra, Cornovaglia e Isola di Man. Le aree in cui le tradizioni celtiche vennero meglio conservate furono quelle che non subirono mai l’invasione romana: l’Irlanda, le Highlands della Scozia occidentale e le regioni montuose del Galles. Ma, ovviamente,

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non limiteremo l’espressione ‘spiritualità celtica’ ai valori e alle -­

no permeato tutte le popolazioni celtiche in tutto l’arco della storia. Per capire lo sciamanismo celtico dobbiamo muoverci in un raggio molto ampio, cosa che sicuramente i Celti, abituati a una vita di spostamenti, apprezzerebbero.

Una testimonianza della sopravvivenza dello spirito celtico e dei suoi tratti sciamanici si può rintracciare nel fatto che in ogni

di credenze più antiche della loro epoca, cioè di quel substrato

bardi e poeti, eroi leggendari, dèi e dee mitologici, monaci e santi cristiani, mistici, streghe e guaritori: ciò che separa tutte queste

e tecnologica del mondo moderno, è molto meno forte di ciò che le unisce, quei solidi valori spirituali rimasti immutati nei secoli. La profonda tensione mistica che i Romani tacciarono di superstizione costituiva l’ossatura della spiritualità celtica. Questa

elemento che fa del popolo dei Celti, antichi e moderni, uno dei principali depositari dell’esperienza sciamanica. Non vi fu

in un Altro Mondo invisibile e nella possibilità di percorrerlo alla scoperta dei misteri dell’universo divino.

IL FUOCO NELLA TESTA

Attorno al 1890, il poeta e patriota irlandese William Butler Yeats scrisse una poesia intitolata La canzone di Aengus l’errante(5), che inizia così:

Andai nel bosco di noccioli

E tagliai e pelai una verga di nocciolo,

Con questa canna da pesca, ricavata da un albero a cui i Celti attribuivano poteri magici, e nell’ora incantata del crepuscolo, quando “le stelle come falene spuntavano scintillando”, Aengus pescò una trota d’argento e la portò a casa per cucinarla. Ma, mentre accendeva il fuoco, udì una voce chiamarlo per nome e istintivamente guardò la trota che aveva appoggiato per terra. Il

di melo tra i capelli”. Dopo averlo chiamato per nome, la ma-­gica fanciulla corse fuori dalla capanna e scomparve nell’“aria scintillante” del giorno. Aengus si ripromise di trovarla e da quel giorno dedicò tutta la sua vita alla ricerca della fanciulla, “errando per terre cave e luoghi collinosi”.

Aengus possiede il “fuoco nella testa” in cui gli sciamani di tutte le culture vedono la fonte dell’illuminazione, della visione che

ogni altro mondo indipendente dalla mente che lo sciamano può visitare durante il suo viaggio. Seguendo la luce della propria visione, Aengus percorre le “terre cave” che si estendono al di sotto o al di là del denso strato della realtà ordinaria. Sotto vari aspetti il viaggio di Aengus ripercorre il classico viaggio sciamanico dell’anima, illuminato dall’immaginazione. Questo elemento non

che fa conoscere i contenuti del regno della coscienza è proprio l’immaginazione e la persistenza dello sciamanismo da 20.000

sue caratteristiche peculiari di individuo. È proprio questo che ci si aspetta da un’esperienza che è allo stesso tempo personale e transpersonale: il contenuto delle visioni sciamaniche viene modellato dalle credenze e dalle aspettative tanto dello sciamano che della cultura alla quale egli appartiene. Il fuoco nella testa

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IL FUOCO NELLA TESTA VARIETÀ DELL’ESPERIENZA SCIAMANICA

è acceso da ogni sciamano in termini individuali, ma si nutre in buona parte delle credenze e dei valori della sua cultura. La

di melo tra i capelli e le terre cave sono temi diffusi tra tutti i Celti, non solo sciamani. Fanno parte del folklore nell’ambito del quale lo sciamano celtico si muove.

Nel mondo celtico è viva ancora oggi la fede nell’immanenza dell’Altro Mondo. Anche la letteratura irlandese contemporanea abbonda di persone comuni che odono canti provenire da una festa del popolo fatato o incontrano gruppi di fate o entrano nella luce crepuscolare dell’Altro Mondo, dove vivono avventure che non hanno nulla da invidiare a quelle degli sciamani più esperti. Queste persone non hanno nessuna conoscenza delle tecniche sciamaniche dell’estasi, ma una cultura che conferisce veridicità a esperienze di questo tipo tende a incrementarne

potere spirituale dello sciamano possono rivelarsi alla coscienza ordinaria in qualunque momento della vita quotidiana, mentre si pescano trote o si accende il fuoco per cucinare.

Non sappiamo se Aengus trovò mai lo spirito-­fanciulla che aveva cambiato per sempre la sua vita. Ci auguriamo tutti che ci sia riuscito, che l’abbia trovato e che abbia potuto realizzare i propositi cantati:

E bacerò le sue labbra, le prenderò le mani;;Camminerò fra l’alte erbe screziate;;

Le mele d’argento della luna,Le mele d’oro del sole.

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VARIETÀ DELL’ESPERIENZA SCIAMANICA

i udivano dei tamburi sulle colline attorno a Edimburgo”. Un documento pubblicato a Londra nel 1684 per provare l’esistenza delle streghe e degli spiriti parla di un ragazzo chiamato il “ragazzo delle fate di Leith, in Scozia” che ogni giovedì notte saliva con il suo tamburo su una collina tra Edimburgo e Leith. Lì, batteva il suo tamburo mentre “uomini e donne entravano attraverso porte invisibili in stanze sontuose e, dopo aver banchettato tra musiche e svaghi, si dirigevano in volo verso terre lontane come la Francia o l’Olanda”, per poi fare ritorno alla realtà ordinaria(1).

Chi era il ragazzo delle fate di Leith? Chi erano quegli uomini e quelle donne capaci di attraversare porte invisibili? E dove andavano in realtà?

Gli attuali praticanti lo sciamanismo, che usano il tamburo scia-­manico per indurre uno stato visionario di coscienza allo scopo di viaggiare in regni non-­ordinari di esperienza, riconoscono

del ragazzo delle fate, il tamburo, le porte dell’Altro Mondo, il festino degli spiriti e il volo dell’anima in Francia e in Olanda. In tutto il mondo stanno riprendendo vita le antiche tecniche dello sciamanismo in molti circoli di tambureggiamento, tecniche simili

S“

IL FUOCO NELLA TESTA VARIETÀ DELL’ESPERIENZA SCIAMANICA22 23

a quelle testimoniate nella Scozia del XVII secolo.

Lo sciamanismo è un fenomeno diffuso a livello mondiale e sopravvissuto, in varie forme, alle società di raccoglitori-­pescatori-­cacciatori di 20.000 anni fa. Come scrive lo studioso di mitologie e religioni comparate Joseph Campbell, lo sciamanismo è “la componente fondamentale di una tradizione antichissima che presenta numerosi tratti e caratteristiche di cui alcuni possono

ma sempre in relazione a un’inconfondibile crisi vocazionale” che chiama un uomo o una donna a diventare un “camminatore tra i mondi” della realtà ordinaria e non-­ordinaria(2).

Prendendo in prestito il titolo di un classico studio di William James, Varieties of Religious Experience [Varietà dell’esperienza religiosa], si può dire che ci furono e continuano a esserci nume-­rose varietà dell’esperienza sciamanica. I moderni praticanti lo sciamanismo non vivono e non operano come gli antichi sciamani

riconosce e non appoggia gli ‘sciamani a tempo pieno’. Com’è normale in una società urbanizzata e industrializzata, basata sulla sempre maggiore specializzazione in quasi tutti i campi, i diversi ruoli svolti dagli sciamani nelle società arcaiche sono oggi

narratori, sacerdoti, per citarne solo alcune.

Lo sciamanismo degli sciamani delle culture native ancora esisten-­ti e dei praticanti lo sciamanismo che vivono nei centri urbani è allora solo una forma diluita dell’antico sciamanismo? Potrebbe essere così, se diamo credito all’antica leggenda siberiana del super-­sciamano Morgan-­Kara. Secondo questa leggenda, il Dio Supremo, dopo che Morgan-­Kara ebbe recuperato un’anima che Egli aveva imprigionato in una bottiglia, tagliò in due il suo tamburo a due facce con un fulmine. Da allora il tamburo sciamanico ha una sola faccia e gli sciamani non sono più così potenti come Morgan-­Kara. Se così fosse, le attuali generazioni di sciamani, istruite da anziani nativi o da istruttori contem-­

poranei di sciamanismo, non avrebbero lo stesso potere degli sciamani del passato.

Che sia o non sia vera la teoria della ‘decadenza dello sciamani-­smo’, secondo cui gli sciamani contemporanei non sarebbero che deboli discendenti di quelli di un tempo, è indubbio che oggi abbiamo perduto la ricca cultura in cui gli antichi scia-­mani agivano e che li appoggiava. A partire dalla Rivoluzione

ripudiato le modalità mistiche e visionarie di percezione della realtà su cui lo sciamanismo si fonda. È comprensibile che oggi lo sciamanismo sia quasi ignorato dall’uomo della strada;; ma, forte o debole che sia, conosciuto o ignorato, lo sciamanismo

-­ritualità esoterica da tempo dimenticata. Esso ha molte cose in comune con le tradizioni mistiche ed esoteriche di tutte le culture, antiche e moderne. In tutto il mondo ci sono persone che continuano ad avere esperienze sciamaniche spontanee. Sotto nomi diversi e con differenti interpretazioni, l’esperienza centrale (core experience) dello sciamanismo è ancora parte integrante dell’esistenza degli esseri umani.

Le esperienze visionarie riportate dagli sciamani dell’antichità continuano a prodursi in uomini e donne appartenenti alle moderne culture occidentali e nei membri delle comunità tri-­bali ancora esistenti. L’antropologo Michael Harner, pioniere dei metodi di insegnamento del core shamanism (gli elementi

limitanti di ciascuna cultura) scrive, nel suo classico La via dello sciamano, che i “metodi sciamanici sono sorprendentemente

sono diverse per altri aspetti e che sono state separate da oceani e continenti per decine di migliaia di anni”(3). Alcuni antropologi spiegano questo fatto con la teoria della dispersione, secondo cui

core shamanism potrebbe essere invece un archetipo comune

IL FUOCO NELLA TESTA VARIETÀ DELL’ESPERIENZA SCIAMANICA24 25

a tutta l’umanità. Campbell sottolinea che “il sistema nervoso centrale della nostra specie è cambiato pochissimo nel periodo di 12.000-­15.000 anni successivo all’epoca degli sciamani delle caverne” e che “una stessa tensione umana” è presente in tutte le forme di sciamanismo, ovunque esse vengano riscontrate(4). Può darsi che dentro di noi viva l’immagine innata di un uomo o una donna che conoscono le tecniche per viaggiare nei regni invisibili con l’aiuto degli spiriti-­guida (spirit companions): una speranza non completamente conscia, da cui trarre elementi di saggezza e di conoscenza in grado di guarire lo spirito umano.

L’ARCHETIPO SCIAMANICO

Qual è l’archetipo che sta alla base dell’esperienza sciamanica e che, secolo dopo secolo, viene attivato in determinate persone in modo diverso? In parte, questo archetipo è composto dagli elementi centrali (core elements) dello sciamanismo: il viaggio nella realtà non-­ordinaria;; l’aiuto degli spiriti-­guida, in genere sotto forma di animali;; il ritorno alla realtà ordinaria portando con

Oltre a questi elementi centrali, ne troviamo altri:

una crisi traumatica, che spesso si manifesta come malattia debilitante o quasi mortale (anche se alcuni sciamani avvertono la chiamata in modo più gra-­duale, man mano che il loro spontaneo misticismo evolve in un rapporto sempre più intenso con il mondo degli spiriti);;

la capacità di viaggiare a proprio piacimento nell’Al-­tro Mondo;;

una diversa visione della realtà che include un senso di unità e di interrelazione di tutte le cose viventi con il potere, o forza vitale, che pervade l’universo;;

la capacità di ‘operare magie’, ovvero la capacità di guarire, di vedere e di controllare la realtà ordina-­ria con modalità considerate non-­ordinarie per gli standard comuni.

Nella sua pienezza, l’esperienza sciamanica avviene in uno stato di coscienza non-­ordinaria simile a quello di trance, che Harner chiama “stato di coscienza sciamanico”. Attualmente sono in fase

della coscienza, che si presenta come una condizione simile ad altri stati visionari come il sogno, l’ipnosi, le allucinazioni, la rêverie (sogno a occhi aperti), le esperienze extracorporee e le esperienze di pre-­morte. Pur con le dovute differenze, lo stato di coscienza sciamanico ha qualcosa in comune con ognuno di questi stati e chi viene addestrato allo sciamanismo può accedervi volontariamente, una volta che sia in grado di padroneggiare le ‘tecniche primordiali dell’estasi’(5). Il metodo più comune per indurre lo stato di coscienza sciamanico è l’ascolto di un suono ipnotico come la percussione monotona di un tamburo, il battito costante di due bastoncini, il tintinnare di sonagli e/o lo svolgimento di un’attività ripetitiva come il battito delle mani, il canto o la danza.

Ciò che distingue lo sciamano da altri mistici e operatori del

negli spiriti-­guida e negli insegnanti soprannaturali per acquisire il potere e la saggezza che lo sciamano, al suo ritorno, metterà a disposizione del gruppo sociale sotto forma di ‘servizi scia-­manici’. Questi servizi sciamanici sono vari e comprendono la divinazione, la guarigione, l’interpretazione dei sogni, i riti di passaggio, il recupero delle anime e altri riti pubblici o privati, comuni o individuali di cui la persona assistita ha necessità.

o la magia meteorologica) e le verità visionarie (il segreto dell’ar-­

in non-­sciamani (maghi, streghe e stregoni, sensitivi e guaritori spirituali), l’attività sciamanica è fortemente contraddistinta da un potere che proviene direttamente dai viaggi negli altri mondi

IL FUOCO NELLA TESTA VARIETÀ DELL’ESPERIENZA SCIAMANICA26

in compagnia di spiriti-­guida personali.

L’archetipo sciamanico si manifesta in molte culture come una combinazione di attività, visione e servizio. L’attività è il viaggio in trance nell’Altro Mondo in compagnia degli spiriti-­guida, o spiriti alleati (spirit companions). La visione è quella delle realtà non-­ordinarie che rivelano la natura spirituale dell’universo. Il servizio è l’ampia gamma di capacità e di talenti di natura psichi-­

la speranza e la paura che accompagnano l’inevitabile viaggio

Collettivo, Regno dei Cieli o Mente Divina. Le risposte all’ar-­chetipo sciamanico variano da individuo a individuo, e forse

iniziato e trasformato che è stato chiamato a esplorare il ‘più grande universo’ prima della morte del corpo, per ritornare poi a condividere con gli altri l’esperienza vissuta.

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