Incontro giugno 2011

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Per una Chiesa Viva www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 6 – Giugno 2011 E’ l’invito rivolto alle chiese che sono in Italia dal XXV Congresso Eucaristico Nazionale che si svolgerà ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011 p.v. sul tema “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana”. Partendo dalla domanda degli apostoli ”Signore,da chi andremo? “, la Chiesa che è in Italia si pone in ascolto dello Spirito che le parla oggi e vuole comunitariamente riflettere sulla risposta data da Gesù agli apostoli quando afferma:” Io sono il Pane della vita;chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete,mai”; e si propone come il vero Pane che assicura la vita eterna. Il Congresso Eucaristico di Ancona vuole essere una “continuazione” di quello celebrato a Bari dal 21-29 Mag- gio 2005: senza Domenica,ossia senza la Celebrazione dell’Eucaristia non possia- mo vivere ed un invito a riscoprire la centralità dell’Eucaristia e la stessa cele- brazione eucaristica come il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù che consente alle Chiese parti- colari di diventare autentiche comunità di testimoni del Risorto. Non è difficile rendersi conto dell’importanza della iniziativa e com- prendere come il tema proposto per la riflessione sia altamente attuale e op- portuno per la chiesa italiana, in un tempo in cui dolorosamente si deve con- statare quanto si sia affievolito il Culto eucaristico nelle nostre comunità e come sia insensibilmente cresciuta e diventata quasi inarrestabile la rarefazione e la disaffezione per la partecipazione assidua e consapevole dei battezzati alla Celebra- zione Eucaristica della Domenica, il gior- no del Signore Risorto da santificare e da considerare “giorno del Signore”, da custodire anche come giorno della comu- nità cristiana e giorno dell’uomo, del riposo e della festa. E’ certamente ne- cessario e giusto allora rivedere e ripen- sare i criteri di una saggia pastorale ade- guata a questo momento di crisi per dare priorità all’essenziale della fede cristiana e mettendo al centro della nostra azione la cura premurosa di educare la co- scienza dei fedeli alla imprescindibile necessità dell’Eucaristia per la loro vita quotidiana. L’autentico rinnovamento della Chiesa sollecitato dai documenti fondamentali del Concilio Vaticano II, quali la Costituzione sulla Liturgia, (Sacrosantum Concilium), la Parola di Dio (Dei Verbum), e la Chiesa, (Lumen Gentium) richiede che si riconosca e si collochi nelle nostre Comunità Cristia- ne, al primo posto,quello eminente, ” la Memoria di Gesù Risorto,il Signore che è vivo e sempre presente tra noi in forza della Celebrazione dell’Eucaristia “fonte e culmine di tutta l’attività della chiesa”. Nella Celebrazione dell’Eucaristia,infatti, incontriamo la Persona di Gesù,il Figlio di Dio e nostro unico Salvatore, che “dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”; soprattutto nella Celebrazione dell’Eucaristia Gesù Risor- to ci fa dono della sua Parola e del suo Corpo offerto una volta per sempre per noi. L’Eucaristia è il Sacramento della presenza reale di Gesù che nel corso della storia vive con noi e ci offre il Pane di Vita eterna di cui ogni uomo ne- cessita per vivere in piena comunione col Signore. Molto opportunamente,perciò, nel messaggio della Conferenza Episcopa- le Italiana inviato alle chiese diocesane per esortarle alla degna ed efficace pre- parazione del Convegno Nazionale di Ancona, si fa osservare che il testo del vangelo di San Giovanni rivela che Gesù è pane disceso dal cielo per la vita secondo una doppia modalità: non solo come pane eucaristico, ma anche come pane della Parola di Dio. “Nella celebrazione eucari- stica, questi due modi di presenza del Signore prendono la forma di un’unica mensa, intrecciandosi e sostenendosi mutuamente. È una sinergia che già i Padri sottolineavano nei loro commenti alla preghiera evangelica del Padre no- stro, meditando l’invocazione: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; cfr Gv 6,32.34-35). Basti qui citare sant’Agostino, che così si rivolgeva ai “catecumeni” o iniziandi alla preghiera: “L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano, ma dobbiamo riceverlo non tanto per saziare il nostro stomaco, quanto per sostentare il nostro spirito. Anche quello che vi predico, è pane; e le letture che ogni giorno ascoltate nella chiesa, sono pane quotidiano, e gli inni sacri che ascol- tate e recitate, sono pane quotidiano”. Continua a pagina 2 Riscopriamo la centralità dell’Eucaristia P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Per una Chiesa Viva

www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 6 – Giugno 2011

E’ l’invito rivolto alle chiese che sono in Italia dal XXV Congresso Eucaristico Nazionale che si svolgerà ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011 p.v. sul tema “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana”. Partendo dalla domanda degli apostoli ”Signore,da chi andremo? “, la Chiesa che è in Italia si pone in ascolto dello Spirito che le parla oggi e vuole comunitariamente riflettere sulla risposta data da Gesù agli apostoli quando afferma:” Io sono il Pane della vita;chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete,mai”; e si propone come il vero Pane che assicura la vita eterna. Il Congresso Eucaristico di Ancona vuole essere una “continuazione” di quello celebrato a Bari dal 21-29 Mag-gio 2005: senza Domenica,ossia senza la Celebrazione dell’Eucaristia non possia-mo vivere ed un invito a riscoprire la centralità dell’Eucaristia e la stessa cele-brazione eucaristica come il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù che consente alle Chiese parti-colari di diventare autentiche comunità di testimoni del Risorto. Non è difficile rendersi conto dell’importanza della iniziativa e com-prendere come il tema proposto per la riflessione sia altamente attuale e op-portuno per la chiesa italiana, in un tempo in cui dolorosamente si deve con-statare quanto si sia affievolito il Culto eucaristico nelle nostre comunità e come sia insensibilmente cresciuta e diventata quasi inarrestabile la rarefazione e la disaffezione per la partecipazione assidua e consapevole dei battezzati alla Celebra-zione Eucaristica della Domenica, il gior-no del Signore Risorto da santificare e da

considerare “giorno del Signore”, da custodire anche come giorno della comu-nità cristiana e giorno dell’uomo, del riposo e della festa. E’ certamente ne-cessario e giusto allora rivedere e ripen-sare i criteri di una saggia pastorale ade-guata a questo momento di crisi per dare priorità all’essenziale della fede cristiana e mettendo al centro della nostra azione la cura premurosa di educare la co-scienza dei fedeli alla imprescindibile necessità dell’Eucaristia per la loro vita

quotidiana. L’autentico rinnovamento della Chiesa sollecitato dai documenti fondamentali del Concilio Vaticano II, quali la Costituzione sulla Liturgia, (Sacrosantum Concilium), la Parola di Dio (Dei Verbum), e la Chiesa, (Lumen Gentium) richiede che si riconosca e si collochi nelle nostre Comunità Cristia-ne, al primo posto,quello eminente, ” la Memoria di Gesù Risorto,il Signore che è vivo e sempre presente tra noi in forza della Celebrazione dell’Eucaristia “fonte e culmine di tutta l’attività della chiesa”. Nella Celebrazione dell’Eucaristia,infatti, incontriamo la Persona di Gesù,il Figlio di Dio e nostro unico Salvatore, che “dà

alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”; soprattutto nella Celebrazione dell’Eucaristia Gesù Risor-to ci fa dono della sua Parola e del suo Corpo offerto una volta per sempre per noi. L’Eucaristia è il Sacramento della presenza reale di Gesù che nel corso della storia vive con noi e ci offre il Pane di Vita eterna di cui ogni uomo ne-cessita per vivere in piena comunione col Signore. Molto opportunamente,perciò, nel messaggio della Conferenza Episcopa-le Italiana inviato alle chiese diocesane per esortarle alla degna ed efficace pre-parazione del Convegno Nazionale di Ancona, si fa osservare che il testo del vangelo di San Giovanni rivela che Gesù è pane disceso dal cielo per la vita secondo una doppia modalità: non solo come pane eucaristico, ma anche come pane della Parola di Dio. “Nella celebrazione eucari-stica, questi due modi di presenza del Signore prendono la forma di un’unica mensa, intrecciandosi e sostenendosi mutuamente. È una sinergia che già i Padri sottolineavano nei loro commenti alla preghiera evangelica del Padre no-stro, meditando l’invocazione: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; cfr Gv 6,32.34-35). Basti qui citare sant’Agostino, che così si rivolgeva ai “catecumeni” o iniziandi alla preghiera: “L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano, ma dobbiamo riceverlo non tanto per saziare il nostro stomaco, quanto per sostentare il nostro spirito. Anche quello che vi predico, è pane; e le letture che ogni giorno ascoltate nella chiesa, sono pane quotidiano, e gli inni sacri che ascol-tate e recitate, sono pane quotidiano”.

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Riscopriamo la centralità dell’Eucaristia

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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e le letture che ogni giorno ascoltate nella chiesa, sono pane quotidiano, e gli inni sacri che ascoltate e recitate, sono pane quotidiano”. Con la Costituzione conciliare Dei Verbum, ripresa dalla recente Esorta-zione postsinodale Verbum Domini, la Chiesa si è prodigata perché la Pa-rola di Dio fosse portata con abbon-danza al cuore delle celebrazioni li-turgiche e in una lingua percepita dal popolo con immediatezza, raccoman-dando al tempo stesso di incrementa-re la pastorale biblica non in giustap-posizione ad altre forme della pasto-rale, ma come animazione biblica dell’agire ecclesiale, avendo a cuore l’incontro personale con Cristo, che si comunica a noi nella sua parola”. In sintonia con tutte le chiese che so-no in Italia,in questo mese di giugno è doveroso per noi sentirci maggior-mente coinvolti nella preparazione al convegno Eucaristico Nazionale, par-tecipando all’Adorazione Eucaristica settimanale del Giovedì; celebrando con maggior fervore la Festa della prima Comunione dei nostri Bambini che evoca per tanti il bel grande gior-no della Prima Comunione e, soprat-tutto, partecipando numerosi e con gioia alla Festa del Corpus Domini che si terrà Domenica 26 Giugno p.v.. Viviamola intensamente con gioia esultante, perché essa rappresenta la prima ed importante Festa di una comunità cristiana vera e matura: la Festa del Signore Risorto, che si ar-ricchisce anche dell’ unica e solenne processione eucaristica per le vie del paese, con i Fanciulli che hanno cele-brato la Prima Comunione Eucaristi-ca,nel corso dell’anno, e gli Angiolet-ti,i tanti bimbi innocenti, condotti per mano o in braccio dai loro giovani genitori.

Don Giuseppe Imperato

La Parola di Dio e il mondo d’oggi

Benedetto XVI ricorda inoltre come l’ascolto della Parola non conduca ad una fuga dal mondo ma ad un impe-gno ancora maggiore “per rendere il mondo più giusto e più abitabile. È la stessa Parola di Dio a denunciare sen-za ambiguità le ingiustizie e promuo-vere la solidarietà e l’uguaglianza”. “L’impegno per la giustizia e la tra-sformazione del mondo è costitutivo dell’evangelizzazione”. “Certo – si ribadisce - non è compito diretto del-la Chiesa creare una società più giu-sta, anche se a lei spetta il diritto ed il

dovere di intervenire sulle questioni etiche e morali che riguardano il bene delle persone e dei popoli. È soprat-tutto compito dei fedeli laici, educati alla scuola del Vangelo, intervenire direttamente nell’azione sociale e politica” promuovendo “i diritti uma-ni di ogni persona, basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo, e che come tali sono ‘universali, in-violabili, inalienabili’”. La Parola di Dio è anche “fonte di riconciliazione e di pace”. “Ancora una volta – afferma il Papa - desidero ribadire che la reli-gione non può mai giustificare intol-leranza o guerre. Non si può usare la violenza in nome di Dio!” (99-103). Il documento affronta poi la questione

dell’annuncio ai giovani, ai migranti, ai sofferenti e ai poveri. L’attenzione al mondo giovanile “implica il corag-gio di un annuncio chiaro … essi han-no bisogno di testimoni e di maestri, che camminino con loro e li guidino ad amare e a comunicare a loro volta il Vangelo soprattutto ai loro coeta-nei, diventando essi stessi autentici e credibili annunciatori”. I movimenti migratori “offrono rinnovate possibi-lità per la diffusione della Parola di Dio. A tale proposito i Padri sinodali hanno affermato che i migranti hanno il diritto di ascoltare il kerygma, che viene loro proposto, non imposto. Se

sono cristiani, necessita-no di assistenza pastora-le adeguata per rafforza-re la fede”. Si esorta poi alla vicinanza ai soffe-renti: “la Parola di Dio ci svela che anche que-ste circostanze sono m i s t e r i o s a m e n t e ‘abbracciate’ dalla tene-rezza di Dio. La fede che nasce dall’incontro con la divina Parola ci

aiuta a ritenere la vita umana degna di essere vissuta in pienezza anche quan-do è fiaccata dal male”. Infine, i pove-ri: “la diaconia della carità, che non deve mai mancare nelle nostre Chie-se, deve essere sempre legata all’annuncio della Parola e alla cele-brazione dei santi misteri. La Chiesa non può deludere i poveri: ‘I pastori sono chiamati ad ascoltarli, ad impa-rare da essi, a guidarli nella loro fede e a motivarli ad essere artefici della propria storia’”. Viene quindi espres-so anche il legame tra ascolto della Parola e salvaguardia del Creato (104-108).

Continua nel prossimo numero

SEGUE DALLA PRIMA SINTESI DELLA ESORTAZIONE APOSTOLICA

“VERBUM DOMINI”

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Il tema scelto dal Santo Padre - “Verità annuncio e autenticità di vita nell’era digitale” - si caratterizza per porre al centro di tutti i processi della comunica-zione la persona umana. La Verità ed il valore della testi-monianza personale nell’era digi-tale Il Messaggio del Santo Padre ai giornalisti ed agli operatori della comunicazio-ne si concentra nella considerazione di fondo che “anche in un tempo così larga-mente dominato e, spesso, condizionato dalle nuove tecnologie, resta fondamen-tale il valore della testimonianza perso-nale: accostarsi alla verità e assumersi l’impegno dell’annuncio richiede, per chi opera nel mondo dell’informazione la "garanzia" di un’autenticità di vita che non può venir meno neppure nell’era digitale”. La verità resta l’immutabile faro d’approdo anche per i new-media e, anzi, l’era digi-tale, allargando i confini dell’informazione e della co-noscenza, può rendere ideal-mente più vicino ciò che rap-presenta il più importante degli obiettivi per chiunque operi nel mondo dei media. L'informazione e la comunica-zione tecnologicamente più avanzata, possono promuove-re atteggiamenti di dialogo solidale nelle nostre cit-tà, ispirate comunque dal rispetto tra diverse visioni della vita, religioni, cultu-re, etnìe, opinioni politiche, nella vita familiare, interpersonale, come in quella pubblica. Papa Benedetto nei suoi prece-denti messaggi sulla Comunicazione già considerava come “ i giovani, in partico-lare, hanno colto l’enorme potenziale dei nuovi media nel favorire la connessione, la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità e li utilizzano per comunicare con i propri amici, per in-contrarne di nuovi, per creare comunità

e reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie idee e opinio-ni”. E’ chiaro come le nuove tecnologie hanno anche aperto la strada al dialogo tra persone di differenti paesi, culture e religioni. Il cyberspace, permette di incontrarsi e di conoscere i valori e le tradizioni degli altri. La presenza dei valori cristiani sui social network e l’etica professionale “responsabile” dell’informazione: la comunicazione e la libertà delle opinioni dei lettori si fonda sempre sulla conside-razione della Verità e del Bene comune. Il cardine etico delle regole dell’informazione e della comunicazione rimane sempre il rispetto della Verità, pur nelle difficoltà di rappresentare con

adeguata e disinteressata obiettività la verità dei fatti, come giornalisti non dob-biamo mai dimenticare che il nostro Co-dice deontologico professionale ci impo-ne oggi più che mai di esercitare corret-tamente il diritto di cronaca ed eventual-mente di critica a beneficio dei lettori e per una informazione coerente con i principi della Costituzione: a) che i fatti narrati corrispondano a verità, accertata dal giornalista in buona fede, lealtà e con rigore morale e professionale; b) che la notizia divulgata abbia un oggettivo

interesse pubblico, c) che l'esposizione dei fatti sia corretta, opportuna e serena, secondo il così detto principio della con-tinenza. Come operatori dell’informazione d’ispirazione cristiana dobbiamo sensibi-lizzare gli operatori della comunicazione di massa ed i nostri colleghi di radio-televisioni e testate regionali e provincia-li al rispetto dei principi di una corretta comunicazione giornalistica - su giornali e sulle radio televisioni locali, oltre che sui nuovi strumenti di Internet, dei social network, come in Facebook - specie quando oggetto dell’informazione sono i drammi familiari, la cronaca nera, il co-involgimento di ragazzi minori d’età, usando la massima chiarezza e scrupolo-sità quando si forniscono notizie su dis-servizi, lacune, di soprusi nei confronti

delle fasce più deboli della so-cietà, sull’inquinamento am-bientale e la deturpazione del territorio. I valori dell’Unità Nazio-nale e della Carta costitu-zionale italiana i punti di riferimento degli operatori dell’informazione. Ci piace richiamare in questo 2011 il contributo che il mondo dell’Informazione può dare alla rivalutazione dei Valori dell’Unità Nazionale richiaman-do le recenti parole del Capo dello Stato Giorgio Napolitano:

“Comunque il valore dell’Unità Naziona-le e della Carta si concretizza in una storia che è ancora “patrimonio vivo”, nulla può oscurare il complessivo bilan-cio della profonda trasformazione, del decisivo avanzamento che l’Unità, la nascita dello Stato nazionale e la sua rina-scita su basi democratiche hanno consen-tito all’Italia, anche con le giuste forme di collaborazione tra la comunità civile e quella religiosa.

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VERITÀ, ANNUNCIO E AUTENTICITÀ DI VITA NELL'ERA DIGITALE

Messaggio papale per la 45a giornata mondiale delle comunicazioni sociali 5 giugno 2011

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La cultura, più di ogni altro elemento, è ciò che ci accomuna e ci distingue come Nazione, il patrimonio storico di cui siamo eredi, la cultura che vive in tutte le sue espressioni come ricerca e come cre-azione. “ L’invito del Papa ai giovani: fate buon uso della vostra presenza nell’arena digitale. Papa Benedetto XVI nel suo messaggio ricorda a tutti, giornalisti e lettori come: “La verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desi-derio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella parte-cipazione massiccia ai vari social network. Invito soprattutto i giovani a fare buon uso della loro presenza nell’arena digitale. Rinnovo loro il mio appuntamento alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, la cui preparazione deve molto ai vantaggi delle nuove tecnologie. Per gli operatori della comunicazione invoco da Dio, per intercessione del Patrono san Francesco di Sales, la capacità di svolgere sempre il loro lavoro con grande coscienza e con scrupolosa professionalità.”

Stefano Stefanini

Comunico, ergo sono

“Comunicare è vivere”, recitava un famo-so spot pubblicitario di qualche anno fa. Chissà cosa sarebbe l’uomo se non potes-se condividere il suo vissuto con l’altro, attraverso un linguaggio fatto di segni, gesti, parole ed emozioni, capaci di arri-vare dritti al cuore, di là da ogni tipo di codifica o di sistema di lettura. La comunicazione è prima di tutto lin-guaggio dell’anima. Modo di farsi capire

e sentire che ha conosciuto evoluzioni diverse all’evolversi del mondo intorno, nutrendosene per andare avanti, cresce-re, conquistare, diventare grande. Sistema di segni e di relazioni, di detto e non detto, scritto e non scritto, nell’epoca contemporanea, il comunicare ha subito un’ulteriore profonda trasfor-mazione, che nella differenza degli stru-menti e delle tecnologie usate, comun-que rimane saldo al suo fulcro principale: l’essere umano. Contro una lettura del web feroce, che non lascia scampo alle individualità, dun-que, ci sentiamo di fare nostro il messag-gio del Santo Padre che, in occasione della XLV Giornata Mondiale delle Co-municazioni Sociali, ha ricordato come un uso moderato e consapevole della rete possa essere solo foriero di crescita, di-retto alla creazione di “complesse forme di coscienza intellettuale, spirituale e di consapevolezza condivisa”, sempre più necessarie. La voglia di condividere e fare comunità, alla base dei social network, non è nient’altro che il desiderio di interagire che da sempre l’essere umano, nel suo percorso, ha sentito crescere, portandolo passo dopo passo a inventare sistemi che permettessero di facilitarne l’approccio, renderne più agevole il gesto. Utilizzato senza eccessi né ossessioni, dunque, non fa altro che riprodurre in

chiave digitale, quella peren-ne voglia di essere “connessi” con l’altro che da sempre ci alimenta, da sempre ci so-stiene. L’uomo, del resto, non è nato per rimanere da solo. “Animale sociale” richiede il confronto, lo scontro, la parola di chi ha difronte per sentirsi vivo. E allora comunichiamo. Im-mergiamoci nella rete, senza

dimenticare i principi di onestà, di misu-ra, di rispetto e colleghiamoci agli altri. Condividiamo le nostre verità, mettiamo in comune le nostre credenze, parteci-piamo al processo di comunione dei prin-cipi e dei valori. E viviamo. Ricordandoci sempre di co-municare il nostro essere al mondo.

Iolanda Mansi

COME CI PARLA DIO ? Comunicazione invisibile

La parola è un impulso. Corre febbrici-tante ed elettrica. Guizza argentina, instancabile, madida di significati, di va-lori, di segreti. E’ un nodo che non co-nosce soluzioni: lega in maniera inscindi-bile ciò che apparentemente è distante, chiuso, ovattato. Trincerato nella cella del silenzio. La parola è il soldato preferito della co-municazione: le presta servizio con dovi-zia e responsabilità. Non ci sono ammuti-namenti, sotterfugi, colpi di Stato. E’ l’ancella che porta il necessario, il tedo-foro che improvvisamente, forte di un cammino instancabile, squarcia l’oscurità con il senso e la comprensione, con l’armonia del linguaggio. Certo la parola è componente necessaria ed immediata, scheletro della comunicazione. Tuttavia io credo esista una comunicazione inver-tebrata, che sa tenersi eretta anche senza l’apparato che noi giudichiamo indispen-sabili, almeno secondo la logica comune. Si entra tuttavia in un ambito diverso, in cui il messaggio è forse meno diretto, quasi subliminale, seminato in un tap-peto florido di altri segni, assolutamente fertile e da cui spesso non riusciamo a cavare immediatamente il raccolto. Magari occorre solo un po’ di pazienza in più e la chiave di volta è sicuramente sorprendente, abbagliante. Basta vedere. Non guardare. Guardare fornisce l’impressione di un gesto fatto con fretta ed abitudine. Piuttosto vedere: i segni.

SEGUE DA PAGINA 3

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I nessi. Gli anelli che ci parlano molto meglio delle parole stesse. E questi anelli ci raccontano che siamo voluti come non mai, come nessuno po-trà mai volerci. Non credo esista linguag-gio più perfetto e meno bisognoso di segni grafici e codificabili della bellezza del mondo che ci circonda. Non c’è poesia, discorso, orazione, dialogo, mo-nologo migliore di quello che si rivolge ai nostri occhi: in una sorta di sinestesia magica ed irripetibile, miracolosa, con cui possiamo vedere il modo in cui Dio ci parla Non è retorica. E’ attenzione ai segni di interpunzione, alle perifrasi composte con una dovizia ed un talento paragonabili a quello del migliore degli amanuensi. Dio ci circon-da di discorsi tangibili, fatti di cose, di persone. Purtroppo la fretta a cui siamo congeni-tamente condannati non ci aiuta.. Non ci aiuta spesso a leggere il codice del cielo, la mirabile composizione dei tra-monti, attimi in cui tutto sembra essere stato costruito con la perfezione di un sonetto. La pioggia sciorina monologhi meravi-gliosi, il vento spesso si appoggia agli alberi e ne esalta i sussurri come un mi-crofono invisibile, le brezze sono plettri sul mare, momenti di una sarabanda fatta di rabbia, calma, e poi ancora di rabbia. Dio ci parla così: con l’alternarsi ritmico e a volte confuso delle stagioni, come se ci fosse un eterno, magico dialogo fra terra e cielo, fra colore e temperatura, fra nidi ed ali, fra migrazioni e ritorni. La parola si ritira davanti a tutto ciò, anzi romperebbe quello che è già muto incanto. Spesso il silenzio che ci circonda irrompe con un rumore che ricorda chi siamo e soprattutto perché. E questo dovrebbe essere il primo passo per sfuggire alla solitudine, allo sconfor-to. Non ci si può sentire soli perché cir-condati dalla folla dei segni, segni che non ronzano ma parlano. Una filastrocca priva di suono da cui apprendere tutto , restando con gli occhi colmi di gratitudine e le labbra chiuse. Perché, a volte, anche la parola non è capace di dire.

Emilia Filocamo

Se fossi il Ministro dell’Istruzione del nostro Paese, non esiterei un minuto ad inserire la lettura dei miti greci nel pro-gramma della Scuola Elementare, sin dalle prime classi. A parte la piacevolezza dell’argomento, credo che lo studio del mito rappresenti una delle discipline più stimolanti per accrescere le facoltà criti-che e interpretative di una mente in for-mazione. Chi ha avuto la fortuna di co-noscere i miti greci da bambino, avrà sperimentato quel senso di mistero che li accompagnava, la consapevolezza che, ancor più delle favole che ascoltavamo da genitori e nonni, i miti conservavano un “oltre”, un qualcosa di non detto, di se-greto. In effetti, semplice nell’esposizione, il mito si pone all’attenzione di chi vuole indagarlo co-me un fenomeno molto complesso. Pro-va ne è il fatto che nessun altro concetto della tradizione culturale occidentale è stato sottoposto a più tentativi di definizione, ten-tativi che a oggi non sono ancora terminati. “Queste cose non avvennero mai, ma sono sem-pre”. E’ impossi-bile superare in chiarezza e conci-sione questo splendido giudizio sul mito, pronunciato da Sallustio nel IV secolo d.C. Che cosa unisce l’avventura di Giasone, il film Alla ricerca di Nemo, la conquista dell’Everest da parte di Edmund Hillary? La narrazio-ne mitica: tutti questi personaggi affron-tano un viaggio lungo e pericoloso, com-battono contro avversità e nemici, e infi-ne tornano a casa vittoriosi. E’ sempre il mito a collegare Prometeo, Robin Hood e Arsenio Lupin, ladri gentiluomini pronti a rubare ai ricchi per dare ai pove-ri. Da un certo punto di vista, la storia dell’Umanità non è altro che una succes-sione di miti, che ci avvicinano alle radici del nostro lungo e misterioso passato. Quando parliamo di “mito” la mente di ognuno va subito alla Grecia classica (in effetti, la parola deriva dal greco mythos,

che significa “discorso”, “racconto”). Ma il mito non è privilegio dell’Occidente, perché ha costituito la spiegazione pri-maria dell’origine del mondo per tutte le civiltà. La più grande narrazione mitica di ogni tempo non è occidentale, ma indiana; parliamo del Mahabharata, poe-ma epico composto di 100.000 strofe, il cui nucleo centrale era già noto nel 1500 a.C. Oggi consideriamo assodato che i miti siano forme di comunicazione uni-versale e senza età. Ma non è stato sem-pre così. Il fatto che “queste cose non avvennero mai”, che le storie mitiche non trovassero riscontro nella realtà, ha costituito per secoli un serio ostacolo al loro studio e alla loro comprensione. Ci sono voluti i moderni studi antropologici per segnare una netta inversione di ten-denza, collocando il mito nella dimensio-ne scientifica e letteraria che gli compe-te. Ma ancor prima, è un filosofo italia-

no, Giambattista Vico, a riflettere scientificamente sul mito. Vico considera il mito come una forma autonoma di pen-siero, una verità diversa da quella intellettuale solo nella forma, per-ché espressa in modo poetico e

fantastico. I miti rappresentano l’inizio di un linguaggio articolato, il primo conte-nuto descrittivo dell’origine dei popoli primitivi. Nel periodo illuministico e per buona parte dell’Ottocento ci si allonta-na nuovamente dallo studio dei miti, bollati come credenze “false e irrazionali” perché non fondati sulla realtà. Nel XX secolo, però, le cose cambiano definiti-vamente. Dopo aver analizzato un impo-nente numero di miti elaborati in culture e tempi diversi, l’antropologo inglese James Frazer, nel celeberrimo Il ramo d’oro (1925), afferma che il mito e il rito, benché si manifestino in modo diverso nel tempo e nello spazio, si strutturano intorno a delle costanti archetipiche del pensiero umano.

Continua a pagina 6

SILENZIO, PARLA IL MITO

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Con un noto paradosso, un altro grande antropologo, Claude Lévi-Strauss, parla del mito come di un qualcosa che “viene percepito come tale da ogni lettore in tutto il mondo”. Il mito, spiega Lévi-Strauss, risponde a un’esigenza universa-le, e non è affatto un qualcosa di irrazio-nale, perché l’uomo ha sempre pensato e agito in modo logico. Il problema, allora, diventa non come gli uomini costruisco-no i miti, ma “come i miti si pensano negli uomini, e a loro insaputa”. Se in tutti i sistemi mitici rintracciamo dei significati basilari del pensare e vivere umano, il collegamento mito-religione diventa ineliminabile. Per Mircea Eliade il fondamento e il valore dei miti sta pro-prio nel loro carattere di “ierofanie”, ovvero di rivelazioni del sacro. I miti costituiscono il modello delle azioni u-mane perché ripetono e attualizzano, in un eterno ritorno fissato dal calendario delle feste, la realtà sacra del tempo pri-mordiale. Analogamente, Cassirer vede nel mito una forma spirituale, il cui senso e la cui coerenza provengono dal sentimento, dal fondamento emotivo insito nell’animo umano. Comunque li si voglia connotare, i miti non sono false leggende, ma potenti sto-rie per immagini legate alla religione e ai culti primordiali, che codificano espe-rienze relative alla nascita, alla sofferen-za, alla morte. Siamo impregnati dei miti che tutte le culture hanno elaborato per ogni settore dell’esistenza perché la men-talità mitica ci ha salvato dall’angoscia di non sapere, di non poter dare una spiega-zione a ciò che avveniva intorno a noi. Una mentalità che non ci ha mai abban-donato; ogni mutamento storico-sociale esprime la sua visione del mondo attin-gendo ai miti, piegandoli ai suoi scopi, creandone di nuovi. Penso, ad esempio, alla “mitologia della ragione” presente nell’Idealismo tedesco, o all’aspirazione a un “nuovo mito” rivendicata, nel XX secolo, dal sindacalismo radicale di Sorel, e ancora, ai miti della razza che le ideolo-gie nazionalsocialiste e fasciste cercarono di inculcare nella masse popolari. Oggi l’Olimpo delle celebrità è composto dai divi del cinema, della canzone, dello sport, che troneggiano nel nostro mondo

grazie alla potenza e alla pervasività dei media. Se non c’è disciplina che non debba qual-cosa ai personaggi e al linguaggio del mito, non c’è dubbio che, nel tempo, è stata la letteratura a registrare la più am-pia e profonda influenza della narrazione mitica. Fra le forme elementari che nelle varie epoche le opere continuano a utiliz-zare e riadattare, il teorico della lettera-tura Northrop Frye individua l’archetipo, cioè l’immagine tipica o ri-corrente che riscontriamo in opere di-verse e che ci permette di collegarle fra di loro. E poiché gli archetipi si ritrovano ad ogni livello ed epoca letteraria, tutta la letteratura appare a Frye immersa nel-la miticità. Il mito è la tendenza a raccon-tare una vicenda che è in origine storia di personaggi che possono fare qualsiasi cosa. Nella narrazione mitica molti per-sonaggi sono esseri sovrumani che fanno cose che accadono solo nelle favole. Il mondo del mito prescinde totalmente dai canoni di verosimiglianza e plausibilità dell’esperienza comune, e solo gradual-mente si trasforma nella tendenza a nar-rare una storia credibile o plausibile. I miti degli dèi si trasformano in leggende di eroi, queste in intrecci di commedie o tragedie che, a loro volta, si trasformano in narrazioni più o meno realistiche. Le trame di romanzi come Tom Jones e Oliver Twist, trame imperniate sul mi-stero della loro nascita, si possono far risalire a Menandro (nella commedia Gli arbitri), da Menandro allo Ione di Euripi-de, e da Euripide alle leggende di Perseo e di Mosè. Riassumendo, il pensiero mitico origina in ogni parte del mondo e in ogni cultu-ra. Tuttavia, è chiaro che nessuna indagi-ne scientifica o letteraria del fenomeno può prescindere dalla mitologia greca come oggetto di riferimento. Il mito greco, come ha sottolineato Walter Bur-kert, resta “paradigmatico”. Miti “ctonii”, legati ai cicli della natura, miti “orfici”, che svilupparono il tema della purifica-zione dell’anima, religione olimpica, che esaltò l’ideale apollineo, espressione di armonia, ordine, serenità: la ricchezza dei miti greci copriva l’intero quadro del mondo, nell’intento di comprenderlo e di dargli un ordine. Nell’era dell’uomo-cyborg continuiamo a riferirci a Edipo, Medea, Ercole, Afro-

dite, nomi e destini che moriranno insie-me con noi, nella notte dei tempi. Ne volete una prova? Il mito di Orione è così affascinante, e la costellazione che porta il suo nome talmente bella, che in ogni epoca re, imperatori, condottieri, cercarono di sostituire il loro nome a quello del bellissimo gigante collocato in cielo dagli dèi. Ma dopo la morte dei sovrani, i sudditi tornavano subito a chia-mare la costellazione col suo nome origi-nario. Ieri come oggi, i racconti della fantasia che chiamiamo miti continuano a dimostrarsi più forti di qualsiasi realtà.

Armando Santarelli

Essere uomo

Due parole: un verbo e un sostantivo; grandi enigmi: come? quando? dove? e soprattutto perché? Non credo che Dio Padre Onnipotente, quando abbia deciso di creare l’uomo, se li sia posti tutti … ci sarebbe stato di che impazzire, forse, però dopo tempi memori di profeti, pro-fezie avverate, il diluvio, le guerre, la

schiavitù, la liberazione, le tavole della legge e quant’altro, magari ha deciso di dare una mano a questa umanità. Non avrebbe potuto renderci dono più gran-de: immenso Amore. La storia ci insegna che la cupidigia spesso è più forte della generosità e nessuno si presterebbe ad abbassarsi a fragilità inequivocabili, aven-do la possibilità di esserne al di sopra, eppure Dio ha fatto del Suo unico figlio un uomo, un uomo come e per noi. L’esplorazione dell’”umanità” é comin-ciata con la figura di Maria, in Fraternità c’è voluta più di un’occasione per rende-re giustizia ad una Donna SANTA, ma pur sempre una semplice donna, ed è proseguita con Giuseppe. Chiunque con

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un po’ di buon senso avrebbe lasciato perdere un figlio non suo ed una moglie in stato interessante prima delle nozze …; e poi, durante il cammino quaresi-male, eccolo, Gesù. Bambino prodigio, a dodici anni già discuteva con i saggi del Tempio; carisma da vendere, tanto da convincere prima dodici persone a se-guirlo, così, dall’oggi al domani, senza nessuna assicurazione di niente (neanche del pane quotidiano), e poi folle immen-se a seguirlo. Grandi miracoli: dall’acqua in vino, alla cacciata dei demoni, dal per-dono ai pentiti alle frustate nel tempio per liberarlo dai profanatori. E poi, nel Getsemani, solo Lui, un uomo con la paura del presente. Sì, anche nostro Si-gnore ha provato paura, la più insidiosa fra le debolezze umane. Proprio lei, na-scosta e in agguato, che stringe questi poveri mortali in una morsa sempre semi-chiusa; lei, pronta dietro ogni angolo a gettare amarezze nella vita come zucche-ro a velo, sottile e ingannevole; lei, ma-dre di scelte doverose e incompiute, padre di responsabilità fuggite e figlia di un istinto povero di fede. Ma se ci è ca-scato anche il Figlio di Dio … E’ vero anche Gesù, come Maria e Giuseppe prima di Lui e tutti i Santi dopo di Lui, ha avuto paura. Paura di essere lasciato solo, abbandonato dagli Apostoli, forse anche un po’ dimenticato dal Padre, però la sua cieca fede, lo ha portato all’obbedienza. Questo ci insegna che è vano il detto “ma Lui è il figlio di Dio” per giustificare le nostre inadempienze. Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’intera umanità è figlia di Dio, e per dimostraci il Suo immenso amore, ha reso uomo il Figlio, prediletto donandogli una morte di croce. Che bel regalo, nella nostra moderna concezione questa è una sven-tura, sottrarre una vita per salvarne altre, ma il sacrificio sarà stato almeno proficu-o? Se ognuno di noi provasse a risponde-re, ne sentiremmo delle belle! E’ stato vano nella bestemmia e nel dolore, nella paura e nell’amarezza; è stato proficuo nella preghiera e nel dolore offerto a Dio, nella fede e nella consapevolezza che l’amarezza può, con l’aiuto di Dio essere spunto di gioia. Al lavoro, in Chiesa, con gli altri, e soprattutto in famiglia non c’è un decalogo comporta-mentale, magari. Ognuno cerca di af-

frontare la vita come meglio ritiene op-portuno, i mezzi ci sono, la preghiera non è mai stata tanto decantata eppure è un’arma fuori moda, sebbene molto effi-cace. In Fraternità, Peppe e Laura non si stancano mai di dircelo, tanto che ogni incontro si apre e si chiude con una pre-ghiera, Don Silvio, poi, quest’anno fe-steggia il suo primo venticinquesimo di ordinazione sacerdotale e cosa ha chie-sto? Preghiere, preghiere, preghiere, il nostro parroco Don Giuseppe, ha speso la sua vita per la preghiera e non sono certo gli anni, e sono presenti, a scorag-giarlo. Ora, gli strumenti ce li abbiamo, gli esempi anche; chi aspettiamo? Essere uomini: come, quando, dove e soprattut-to perché, è una scelta, mi auguro, con-sapevole per ognuno di noi, perché a Dio niente è impossibile, se ci ha reso tali è perché ci ama di un amore infinito, cer-chiamo di non sciuparlo. Non occorrono grandi opere, anche piccoli gesti, la tol-leranza dell’altro, pensare ogni tanto “grazie per quello che ho”, una preghiera per cominciare la giornata, …un piccolo gesto può significare tanto per chi lo riceve. Siamo “armati” di preghiera, è ora di partire, l’Uomo è risorto dai mor-ti per la nostra salvezza, non dimenti-chiamolo.

Elisa Mansi MAGGIO

MESE MARIANO Il 31 maggio con la festa della Visitazione di Maria e la processione con la statua della Madonna del Rosario di Pompei abbiamo concluso solennemente il mese di Maggio, dedicato alla comunione con Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. Il mese Mariano, è,come ha sottolineato il nostro parroco Mons Giuseppe Imperato in una sua Omelia,deve essere considera-to un tempo prezioso ed importante nel cammino di fede, per rafforzare la “formazione permanente” a cui siamo chiamati come battezzati. Egli ha sottolineato che tutti i cristiani devono sentire questa responsabili-tà,cercando di non perdere le opportu-nità che il Signore offre, per meglio ap-profondire il Vangelo. Il Papa, i Vescovi, i sacerdoti hanno degli appuntamenti importanti programmati, in cui si incon-trano per riflettere ed approfondire la Parola di Dio; anche a noi laici è data la

possibilità di approfondimento attraverso catechesi, lectio divina, incontri di pre-ghiera; tante opportunità da cogliere per diventare cristiani autentici. Nella nostra Comunità Parrocchiale, l’esperienza del mese mariano è stato un momento di intensa preghiera. Ogni pomeriggio alle 18,30 , ci siamo riuniti per la recita del Santo Rosario. Nella nostra comunità , da qualche anno, si introducono i Santi Misteri cantando con le note del “13 Maggio”. Come diceva Sant’Agostino “chi canta prega due volte”, ed è proprio così, can-tando già si intreccia una intensa comu-nione tra noi e la Santa Vergine ; ricor-dando di volta in volta i Misteri, abbiamo ripercorso la vita di Gesù, ma soprattut-to abbiamo meditato sulle Virtù di Maria che, a partire dal suo “ Sì” all’arcangelo Gabriele ha donato tutta la Sua Vita al Progetto di Dio per la redenzione del mondo, attraverso il Figlio. Alle 19,00 ogni sera la Celebrazione Eucaristica ha completato il momento di preghiera. Altro dono spirituale che ci è stato offerto nel mese di Maggio è stata la Parola di Dio. Nel tempo di Pasqua si proclamano brani tratti dagli Atti degli Apostoli. Letture importanti che ci dan-no testimonianza della semplicità, della letizia, della fede e dell’amore che hanno caratterizzato la nascita della prime co-munità cristiane e quanto sia dirompente l’azione dello Spirito Santo.

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Ancora, nel tempo pasquale, fino alla Domenica di Pentecoste, tempo di gioia e di contemplazione, si leggono i brani del Vangelo di Giovanni, che si riferisco-no alla Resurrezione di Gesù ed alle ap-parizioni ai discepoli. Il Vangelo di Gio-vanni focalizza alcuni “ aspetti teologici” molto importanti. Giovanni passa dalla descrizione delle “donne, di Pietro e Giovanni che trovano il sepolcro vuoto”, a Gesù che si rende visibile ai dieci, poi agli undici con il ritorno di Tommaso. Ancora Giovanni racconta di Gesù che incontra i discepoli di Emmaus, a cui spiega le Scritture. Gesù Buon Pastore che salva le pecore, Gesù Via, Verità e Vita, Gesù che dona la Pace; sono sem-pre aspetti fondamentali della fede pre-senti nel suo Vangelo. Approfondendo questi motivi abbiamo contempla-to,commossi, che Maria è la protagonista umile e discreta della vita di Gesù , è la “ prima e perfetta discepola” perchè è vis-suta in ascolto della Parola di Dio, che ha diligentemente tradotta nella vita di ogni giorno. Osservando ogni insegnamento, nel suo cuore colmo di Spirito Santo, ha conservato e meditato ogni cosa , dimo-strando di amare Gesù, non solo come Mamma, ma prima ancora “ come ancel-la umile ed obbediente”. Maria, inoltre è stata il “cuore spirituale” dei primi passi della Comunità cristiana , con la Sua Presenza è stata memoria vivente del Signore Gesù, diventando così anche Madre della Chiesa . Con un cuore solo ed un’anima sola abbiamo invocato l’intercessione della Beata Vergine ogni sera, concludendo le Celebrazioni con il canto del “Magnificat” e del “ Regina Coeli” . Quest’anno, in particolare, 350° anniversario della Traslazione della reli-quia del sangue di San Pantaleone nella cappella che attualmente la custodisce, abbondanti sono stati i doni spirituali elargitici. Dal 16 al 22 Maggio abbiamo meditato, attraverso le dense riflessione proposteci da Don Carlo Magna, sul significato del culto delle Reliquie dei Santi Martiri e in particolare della Reli-quia di San Pantaleone che gelosamente custodiamo a Ravello. Il 23 Maggio, in occasione della Memoria Liturgica di Santa Rita da Cascia, Mons. Imperato ci ha invitato a meditare su quest’altro

fulgido esempio di santità e di fedeltà al Vangelo, il cui culto a Ravello da alcuni decenni si è sempre più dedicato ad ope-ra di alcuni devoti da non dimenticare: i coniugi Prof. Mario Schiavo e Rosa Paga-no. I fervidi momenti di riflessione e preghiera sperimentati nel mese consa-crato a Maria possano ci stimolino a progredire con sempre maggiore impe-gno il nostro cammino di formazione per raggiungere una fede adulta e responsabi-le.

Giulia Schiavo

MEMORIA DI UN GRANDE EVENTO

La Comunità Ecclesiale di Ravello, dal 14 al 22 maggio u.s., ha celebrato solen-nemente la festa di “San Pantaleone di Maggio” nella speciale ricorrenza del 350 ° anniversario della traslazione della reliquia. Una memoria che ci unisce idealmente alla “Civitas Ravellensis” del XVII secolo allorquando, su iniziativa del Vescovo Michele Bonsio, per assicurare una degna collocazione al prezioso tesoro di cui la chiesa ravellese era gelosa custode, fu edificata la “Cappella Nuova” dedicata al patrono della città. Le celebrazioni, iniziate il 14 maggio con la solenne esposizione della statua e la Santa Messa animata dal Coro Gregoria-no “Laudate Dominum” di Caiazzo, sono poi proseguite con un settenario di pre-parazione ai festeggiamenti del 22 mag-gio, con omelia di Don Carlo Magna che si è soffermato sull’importanza del culto delle reliquie. Le messe comunitarie del mattino hanno scandito la giornata con-clusiva dei festeggiamenti. In serata, in-vece, la solenne processione è stata se-guita dalla messa vespertina, “con grande concorso di popolo devoto”, che si è conclusa con il canto del Te Deum e l’incensazione della reliquia. Non sono mancate, come vuole la tradi-zione, le dolci melodie affidate la Con-certo Bandistico “Città di Minori” men-tre, ancora una volta, in onore del santo patrono, il cielo si è vestito a festa con i caroselli colorati della scuola pirotecnica vesuviana.

Luigi Buonocore

Guardando al Prof. Enrico Medi si com-prende come tutta la sua vita sia stata un inno all’Eucaristia. La Comunione è stata per lui il vero pane di vita che lo ha nu-trito ogni giorno. Il suo apostolato,attraverso conferen-ze,dibattiti,scritti,partecipazioni televisi-ve e interventi radiofonici,aveva due punti di riferimento:l’Eucaristia e la Ma-donna. Sempre ottimista e felice,anche nelle difficoltà e incomprensioni,tutta la sua vita è stata un atto di amore verso Dio e il prossimo. “Ogni nostra chiesa,dove è un tabernacolo contenente il Santissimo Sacramento- scriveva lo scienziato - è l a c a s a d i D i o , vivo,presente,vero,reale,palpitante di amore;è qui,è qui. Maria se lo stringe al cuore,ce lo dona ogni mattina: è Lui,è Lui. Oh Signore,con quale pazzia di a-more infinito hai pensato di donarci Te stesso nell’Eucaristia e lo hai fatto e lo ripeti ogni giorno”. Pio XII gli concesse il privilegio di tenere il Santissimo Sacramento nella cappella che aveva fatto costruire nella sua casa a Roma. La cappella era il suo rifugio;al mattino,appena alzato,scendeva a saluta-re Gesù.E la sera,prima di ritirarsi,si fermava nella cappella dove venivano a dargli la buonanotte le figlie dopo aver pregato sul gradino dell’altare.

SEGUE DA PAGINA 7 Enrico Medi lo scienziato “illuminato”

dal tabernacolo

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Sabato 14 maggio, nella Sala d’Arte Con-temporanea della Pinacoteca del Duomo di Ravello, è stata ufficializzata la dona-zione della scultura Christus Patiens del maestro bergamasco Carlo Previtali alla Collezione d’Arte Contemporanea del Duomo di Ravello. L’evento è stato pre-sieduto da S.E. Rev.ma Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi – Cava de’ Tirreni, che ha proceduto alla bene-dizione alla presenza di Mons. Giuseppe Imperato, Parroco del Duomo, dell’artista Carlo Previtali, di Claudio Caserta, storico dell’arte e Direttore dei Musei del Duomo di Ravello, di Dome-nico Montalto, critico d’arte e giornalista di “Avvenire”, e di Francesca Bianucci, curatrice di eventi d’arte religiosa (ad esempio il “Bimillenario di Cristo”). L’iniziativa è promossa e curata dalla Parrocchia Santa Maria Assunta del Duo-mo di Ravello e dall’Associazione per le Attività Culturali del Duomo di Ravello. La donazione della scultura Christus Pa-tiens alla Collezione d’Arte Contempora-nea del Duomo di Ravello è un evento di rilievo nazionale: infatti, all’interno della ricca produzione artistica di Carlo Previ-tali, l’arte sacra occupa un posto di indi-scusso rilievo e la scultura del Christus Patiens ne assume ora ruolo paradigmati-co: “Il Crocefisso è uno dei miei temi ricorrenti insieme alla Resurrezione e alla Natività, rappresenta un punto cardi-

ne sul quale si fondano i contenuti pro-fondi del cristianesimo: sacrificio e spe-ranza, dono della propria vita per i gran-di ideali di Redenzione... L’urgenza di affrontare il tema del Crocefisso è dovuta alla forte suggestione che questo luogo sacro in stile romanico ha suscitato in me. Ho intuito che poteva essere l’occasione per approfondire il tema del Cristo sofferente che, se pur affrontato molte volte, è sempre suscettibile di ul-teriori approfondimenti”. Nello scritto che apre il volumetto, pubblicato a Mila-no per i tipi di Lubrina, a corredo e testi-monianza dell’evento, S.E. Rev.ma Monsignor Orazio Soricelli attesta: “L’età contemporanea, con i suoi profon-di e complessi disagi, ha reso ancor più attuale l’emergenza di riscoprire il Cristo che soffre in noi; ora in un tempio della Fede dal sentimento che procede oltre il tempo, quale il Duomo di Ravello, la “Crocefissione” di Carlo Previtali offre al pellegrino come all’agnostico il luogo del reincontro universale; e, forse, nel corso dell’ascolto di questo dialogo, ci accorge-remo di quanto quest’opera sia contem-poranea al Cristo medioevale già nel transetto dell’antica Cattedrale di Ravel-lo. Considerazioni, queste, che mi indu-cono a compiacermi per l’impegno pro-fuso da quanti si sono prodigati per arric-chire la collezione museale del Duomo e per aver suggerito, negli spazi dell’arte, ulteriori percorsi per la Fede”. Nel corso della cerimonia, proceduto alla benedi-zione, S.E. Soricelli, dopo aver indirizza-to un caloroso e grato ringraziamento all’artista, ha ricordato come Ravello possieda un notevole patrimonio artisti-co, accresciutosi lungo i secoli grazie alla sensibilità ed alla lungimiranza dei Vesco-vi, del Capitolo della Cattedrale e delle nobili famiglie. Un affresco umano e religioso che ha evidenziato come, fin dal Secolo XI, si sia inteso diffondere la fede attraverso l’arte, impegno che continua nel contemporaneo anche attraverso ini-ziative come questa con lo scultore Carlo Previtali. Tutto ciò consente ai numerosi visitatori che ogni anno frequentano Ra-vello, anche non credenti o lontani dalla

fede, di avvicinarsi a Dio, attraverso il provocante messaggio dell’arte che parla al cuore. “Il Crocefisso del Previtali”, ha continuato l’Arcivescovo Soricelli, “quasi in grandezza naturale, con due monconi di braccia, appare come un antico e rovi-nato reperto medioevale, scarnificato ed emaciato dal dolore, parla al visitatore e manifesta fino a che punto sia giunto l’amore del Figlio di Dio, allorquando ha preso su di sé le sofferenze dell’umanità. Il mistero del dolore può portare lontano da Dio, ma può anche condurre a Lui, proprio in quanto il Cristo ha assunto il dolore e lo ha redento: il dolore, dun-que, quale misura dell’amore. La capaci-tà di saper soffrire manifesta anche la capacità di amare. L’Uomo della Croce ha un linguaggio silenzioso, espressivo, incisivo e comprensibile a tutti”.

Acquisizione della scultura contemporanea:

Il Christus Patiens di Carlo Previtali

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Lo scorso 20 maggio si è aperta a Ravello una tre giorni di approfondimento su arti sacre e liturgia. Nelle sale di Villa Rufo-lo, infatti, si è svolto a due anni dalla prima edizione il seminario “Il Duomo di Ravello e quello di Amalfi: simboli e immagini” nell’ambito del Master di II livello “Architettura, arti sacre e liturgi-a”, organizzato dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, dall’Università Europea di Roma e dal Centro Universi-tario Europeo per i Beni Culturali di Ra-vello. L’argomento del seminario ha reso molto interessante i vari interventi dei relatori che partendo da un approccio al tema molto generale hanno poi ristretto il campo ponendo attenzio-ne alle opere d’arte conte-nuti nei due scrigni della Costa d’Amalfi. Dopo i saluti portati ai partecipanti dal sen. Alfonso Andria, presidente del Centro Uni-versitario, che ha sottoline-ato come sia importante per le comunità locali che intor-no a due evidenze architet-toniche religiose della Costa possa aprirsi un dibattito che ha finalità didattiche per coloro che sono chiamati a costruire, restaurare edifici di culto e ad operare nell’ambito dell’arte sacra, e l’introduzione ai lavori fatta dall’Ing. Salvatore Claudio La Rocca e dal Prof. Pietro Graziani, membri del Comitato Scientifico del Centro Universitario, hanno preso il via i lavori. Tra i vari interventi, tutti particolarmen-te notevoli per il contenuto innovativo nella storia degli studi del settore, ha richiamato l’attenzione di tutti i parteci-panti quello di Don Nicola Mattia che ha presentato un’approfondita analisi dei simboli che si incontrano nell’arte sacra con particolare rapporto con i luoghi delle Sacre Scritture a cui essi sono colle-gati. Il breve excursus sull’ambone Rufo-lo e su quello Rogadeo ha permesso di comprendere al meglio ciò che gli antichi coglievano più facilmente di noi nella simbologia legata ai bestiari e erbari me-

dievali. Qui la stella a sei punte che costi-tuisce la decorazione che si ripete quasi ossessivamente sull’ambone è il simbolo di Gesù a cui si rivolge la Chiesa innamo-rata del suo Signore; il gallo e l’allodola, entrambi animali che cantano al sole na-scente, simbolo di Cristo, sulla lastra laterale del pannello centrale, sono rivol-ti verso il lettorino dove veniva posto il Vangelo, mentre l’Agnello crociato, sim-bolo di Cristo stesso, guarda l’assemblea, posizione che ha un forte significato, considerato che l’allodola, tra tutti gli animali, è quella che ha più richiami al linguaggio simbolico: la Chiesa che si solleva verso Dio (relativamente al fatto

che l’allodola si solleva orizzontalmente verso il sole che sorge), gli annunciatori del Vangelo che di fronte al mistero che Cristo sono in silenzio (l’allodola suole rimanere in silenzio nei campi di grano), la testimonianza stessa di Cristo che an-nuncia la Buona Novella (il canto dell’allodola); la Vergine Odegitria, del pannello laterale, accompagna lo sguardo dell’osservatore verso Cristo e la sua Parola che vengono proclamati dal diaco-no. Per quanto riguarda poi l’ambone Rogadeo, Don Nicola Mattia ha messo in evidenza che nulla era lasciato al gusto della committenza o alla sensibilità dell’artista ma anche dove alcuni aspetti sembrano rispondere a stilemi artistici proprio lì si nasconde il simbolo: la coda della pistrice disegna un otto che è sim-

bolo dell’ottavo giorno, annuncio dell’eternità. Il relatore ha poi posto l’attenzione sul fatto che il linguaggio artistico della Chiesa quando non trovava un corrispondente simbolo nelle figure reali pescava nella simbologia mitologica, come nel caso dell’araba fenice che, la leggenda vuole, quando sta per morire fa un nido alto e si lascia bruciare dai raggi del sole rinascendo poi dalle sue stesse ceneri, oppure si rifaceva ai miti che cir-condavano alcuni animali, come l’aquila che quando sta per morire vola verso il sole e da esso prende la forza per ritorna-re a vivere (simbolo del cristiano che prende forza dal battesimo in Cristo per

cominciare una nuova vita). Nel pomeriggio del primo giorno si è dato spazio all’intervento sulla legislazione riguardante la tutela dei beni culturali, affidato al Prof. Pietro Graziani, il quale in un’ampia panoramica che ha presentato la situazione antecedente e poi succes-siva all’unità d’Italia ha voluto porre l’attenzione su come poi sia difficolto-so poter definire una tute-la completa dei beni cultu-rali ecclesiastici quando essi si trovano non solo sul

territorio nazionale ma anche all’estero dovendo far riferimento a legislazioni tra loro molto diverse dove anche la termi-nologia non appare univoca. Il secondo giorno ha visto l’intervento di Mons. José Manuel Del Rio Carrasco, Sottose-gretario della Pontificia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa, che ha posto l’attenzione sul patrimonio culturale ed artistico della Chiesa diffuso nel mondo e soprattutto su come coloro che operano nell’ambito dell’architettura e dell’arte religiosa devono tener presente la tradi-zione e la liturgia, senza i cui riferimenti le opere possono non rispondere alla missione della Chiesa, che è avvicinare gli uomini al Vangelo. Interessante la lezio-ne tenuta poi da Mons. Capomaccio sugli amboni Rogadeo e Rufolo del Duomo di

Master di II livello “Architettura, arti sacre e liturgia”

Si è concluso a Ravello il seminario “Il Duomo di Ravello e quello di Amalfi: simboli e immagini”

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Ravello, lezione svoltasi nel Duomo stes-so e che ha visto la partecipazione attenta anche dei numerosi turisti che hanno potuto godere di un cicerone d’eccezione per la loro visita. Mons. Capomaccio, partendo dal ruolo impor-tante dell’ambone riscoperto con il Con-civio Vaticano II, che rimanda non solo alla dignità della Parola ma anche al mes-saggio e alla presenza di Cristo stesso nella Parola proclamata, ha evidenziato gli elementi artistici ma soprattutto sim-bolici dei due amboni: nel Rogadeo i cerchi che decorano la lastra inferiore rappresentano la profezia a sinistra, la sapienza a destra mentre i due centrali sono il tempo ante legem e il tempo sub lege (con Riferimento a Paolo ai Romani 6,14), mentre al centro vi è il simbolo del tempo sub gratia: la tomba vuota di Cristo. Interessante la lettura dell’ambone Rogadeo con i riferimenti agli stilemi artistici di Nicola di Bartolo-meo da Foggia, che riproduce nella deco-razione l’ambientazione dell’annuncio della Resurrezione: le numerose figure e decori floreali riportano al giardino dove le donne seppero che Cristo era risorto. Nuovamente viene evidenziata l’importanza della Vergine Odegitria come compartecipatrice della missione salvifica di Cristo. Il pomeriggio, invece, è stato dedicato all’intervento di Mons. Salvatore Vitiello, direttore del Master, che ha enucleato il problema della tra-smissione della Parola e della presenza di Dio durante la sua proclamazione in un discorso più ampio del rapporto dialetti-co tra liturgia della Parola e liturgia dell’Eucaristia. Interessante anche l’interevento del Prof. Morello sul signi-ficato del Duomo di Amalfi e quello di Ravello nella storia civile dei due centri urbani. La serata del sabato si è conclusa per i partecipanti al seminario ma anche per tutta la comunità ravellese con la partecipazione alla liturgia eucaristica animata dal Coro Gregoriano “Laudate Dominum” di Caiazza, che ha fatto da cornice alle celebrazioni in occasione del 350 anniversario della traslazione della reliquia del sangue di S. Pantaleone nella cappella del Sacramento. La domenica mattina è stata dedicata all’intervento del Rev. Prof. Lang, che ha trattato del rap-porto dell’arte con la liturgia in un per-

corso di sinossi dei testi scritti nel corso degli anni da Papa Benedetto XVI, allora ancora Cardinale Ratzinger, e all’analisi del Prof. Molfetta sulla progettazione degli edifici religiosi. La tre giorni si è rivelata, quindi, molto proficua per aggiungere altri particolari alla conoscenza delle nostre bellezze ar-chitettoniche e soprattutto per continua-re quel percorso grazie al quale ciò che i nostri avi hanno saputo realizzare possa ancora parlare quel linguaggio di fede che fu il motivo per cui furono realizzati. Se noi sapessimo utilizzare a pieno quello stesso linguaggio potremmo senza alcun dubbio permettere a molti di cogliere il Mistero attraverso la bellezza dell’arte.

Maria Carla Sorrentino

SABATINO IEFUNIELLO: Un figlio del Sud

che ha illuminato il Nord

Il vescovo della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno nel novembre del 2002 proponeva quasi "icona",nell'anno pasto-rale dedicato ai giovani,la figura del gio-vane SABATINO IEFUNIELLO. La sua vita semplice e calata nel reale fu proposta anche ai giovani della Diocesi di Milano dall'allora arcivescovo Carlo Ma-ria Martini. Nato a Sarno nel 1947,SABATINO viene educato dalla sua famiglia ai valori dell'o-nestà e al servizio degli ultimi. Vive i suoi primi anni a Piazza Croce in Sarno dove frequenta la parrocchia e le iniziati-ve dell'Azione Cattolica. La svolta spirituale del giovane è costitui-ta dal trasferimento a Milano e lungi dal compiere cose straordinarie,decide di

vivere la propria esistenza e un cristiane-simo calato nel reale,al servizio degli ultimi,dei diseredati. Diviene un annun-ciatore del Vangelo attraverso la preghie-ra,l'Eucarestia,il silenzio. Ci sono perso-ne non conosciute dal grande pubbli-co,che non parlano molto,ma che vivono seriamente la vita evangelica. SABATI-NO è una di queste persone. Non interviene un cardinale e in una Diocesi dell'importanza di Milano se non si è veramente in presenza di qualcosa di straordinario che travalica i limiti umani. Dal "Corriere della Sera all'Avvenire è stato definito il "samaritano di Sarno". Il suo apostolato si può riassumere:servizio a Dio e realizzazione del suo re-gno,attraverso i diseredati, gli ultimi.

Aiutò molto fratel Ettore Boschi-ni,anch'egli morto in concetto di santi-tà,della Comunità Rifugio di San Camillo e la sua presenza terrena fu luce di spe-ranza per tante persone sole ed abbando-nate al loro destino. SABATINO IEFUNIELLO morì il 30 agosto del 1982 a 35 anni. Le sue spoglie riposano nella Cappella delle Apparizioni della Modonna di Fatima alla Casa Beta-nia di Seveso. I Missionari del Cuore Immacolato di Maria hanno avviato la causa di beatifica-zione ,per essere stato Sabatino un mo-dello eccezionale di virtù eroiche e la testimonianza di carità e di servizio ha già ottenuto numerosi e autorevoli ricono-scimenti nel popolo di Dio.

Achille Benigno

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CELEBRAZIONI DEL MESE DI GIUGNO

GIORNI FERIALI, PREFESTIVI E FESTIVI Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina del Sacro Cuore Ore 19.00: Santa Messa con Meditazione 2– 9 - 16-23 GIUGNO: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa

5 GIUGNO - VII DOMENICA DI PASQUA - ASCENSIONE DEL SIGNORE Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 11 GIUGNO SOLENNITA’ DÌ PENTECOSTE - VIGILIA Ore 19.00 Messa Vespertina della Vigilia 12 GIUGNO GIORNO DÌ PENTECOSTE Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 13 GIUGNO S:ANTONIO DA PADOVA 19 GIUGNO XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SOLENNITA’ della SS. TRINITA’ Ore 8.00-10.30– 19.00: Sante Messe 21 GIUGNO S. LUIGI GONZAGA 23 GIUGNO SOLENNITA’’ DELLA NATIVITA’ DÌ S.GIOVANNI BATTISTA - VIGILIA Ore 19.00: Messa Vespertina 24 GIUGNO GIORNO DELLA SOLENNITA’ Ore 19.00 Messa della Solennità 25 GIUGNO Inizio del Mese di preghiere in preparazione della festa patronale Ore 18.30: Santo rosario,coroncina Ore 19.00 Santa Messa Vespertina della solennità 26 GIUGNO XIII DEL TEMPO ORDINARIO SOLENNITA’ DEL SS. CORPO E SANGUE DEL SIGNORE Ore 8.00-10.30: Sante Messe 19.00: Processione del SS.Sacramento 2 8 GIUGNO SOLENNITA’ DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI - VIGILIA Messa Vespertina 29 GIUGNO GIORNO DELLA SOLENNITA’ 30 GIUGNO XI anniversario dell’Ordinazione Episcopale di S.E. Mons. Orazio Soricelli Arcivescovo di Amalfi - Cava de’Tirreni.