Il settore delle costruzioni in trentino le strategie delle imprese per uscire dalla crisi

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Habitech Distretto tecnologico Trentino Trentino Sviluppo SpA 1 IL SETTORE DELLE COSTRUZIONI IN TRENTINO: LE STRATEGIE DELLE IMPRESE PER USCIRE DALLA CRISI Quaderni di territorio volume 3 A cura di Sergio Remi Gruppo di lavoro: Tristana Bianchi, Elisa D’Agnol, Claudio Filippi, Gerardine Parisi, Paola Piazzi, Francesco Weber

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IL SETTORE DELLE COSTRUZIONI IN TRENTINO:

LE STRATEGIE DELLE IMPRESE PER USCIRE DALLA CRISI

Quaderni di territorio volume 3

A cura di Sergio Remi

Gruppo di lavoro:

Tristana Bianchi, Elisa D’Agnol, Claudio Filippi, Gerardine Parisi, Paola Piazzi, Francesco Weber

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Sommario

Prefazione ........................................................................................................................................... 4 1. introduzione alla ricerca ................................................................................................................ 7 2. Le caratteristiche (peculiari) del processo edilizio ...................................................................... 9

2.1 La transizione (incompleta) del settore delle costruzioni ........................................................ 12 2.2 Dalla crisi alla riconfigurazione del mercato ........................................................................... 16

3. Alcuni dati di contesto sulle imprese nel settore delle costruzioni in provincia di Trento .... 20

3.1 La formazione del campione di imprese coinvolte nell’indagine ............................................ 23 3.2 La distribuzione territoriale del campione ............................................................................... 24

4. Le caratteristiche delle imprese indagate. ................................................................................. 26

4.1 Modalità operative delle imprese. ............................................................................................ 26 4.2 Forma giuridica e partecipazione a gruppi d’impresa .............................................................. 27 4.3 Attestazione SOA e certificazioni ............................................................................................ 29 4.4 Gli addetti. ................................................................................................................................ 32 4.5 I fatturati. .................................................................................................................................. 39 4.6 Il mercato delle imprese ........................................................................................................... 42 4.7 La partecipazione a gare pubbliche .......................................................................................... 48

5. L’impatto della crisi finanziaria globale .................................................................................... 50

5.1 I dati congiunturali e le (molteplici) ragioni della crisi. .......................................................... 50 5.2 Il “sentiment” delle imprese intervistate. ................................................................................. 57 5.3 Le strategie delle imprese per attraversare la crisi ................................................................... 62

6. La cooperazione tra imprese ....................................................................................................... 64

6.1 Il difficile equilibrio tra crescita dimensionale e cooperazione di filiera ................................ 64 6.2 Le strategie cooperative delle imprese. .................................................................................... 68 6.3 Chi fa Cosa? ............................................................................................................................. 72

7. Il tema dell’innovazione............................................................................................................... 75

7.1 Il catalizzatore innovativo della sostenibilità ........................................................................... 75 7.2 Le politiche per una filiera trentina della sostenibilità ............................................................. 78 7.3 La percezione delle imprese rispetto al mercato dell’edilizia sostenibile ................................ 81 7.3 La domanda, i vincoli e gli attori dell’innovazione. ................................................................ 86

8. Il legno in edilizia ......................................................................................................................... 91 9. La responsabilità sociale d’impresa ........................................................................................... 95 10. Idee, filiere e servizi per uscire dalla crisi ................................................................................ 97

10.1 L’identità del “buon esecutore” non è più sufficiente ............................................................ 97 10.2 Il settore delle costruzioni nel “nuovo capitalismo” .............................................................. 99 10.3 La nuova questione abitativa ................................................................................................ 101 10.4 La sostenibilità ambientale e sociale come driver dell’innovazione .................................... 105 10.5 La riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. .......................................................... 111 10.6 Il nuovo ruolo strategico della “leva finanziaria” ................................................................ 113

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10.7 Compattare e allungare la filiera: innovazione, informazione e organizzazione nel processo edilizio .......................................................................................................................................... 117 10.8 Le partnership pubblico private. .......................................................................................... 121

RINGRAZIAMENTI ..................................................................................................................... 124

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Prefazione Il settore dell’edilizia è sempre stato all’attenzione delle analisi macroeconomiche e delle politiche economiche dei Governi per la sua singolare capacità di produrre effetti trainanti nel sostenere pro-cessi di crescita e di sviluppo nonché nelle politiche di stabilizzazione del ciclo per le sue capacità di anticipare (nel bene e nel male) gli andamenti dell’economia; insomma “quand le batiment va

tout va !”. Anche nell’economia locale il settore delle costruzioni ha tradizionalmente assunto un ruolo di par-ticolare importanza contraddistinguendosi storicamente, rispetto al panorama nazionale, per la più alta concentrazione di imprese. Ha inoltre realizzato una funzione di volano incidendo direttamente su numerosi comparti merceologici dell’industria manifatturiera locale (anche se tradizionalmente meno innovativi) concorrendo in modo significativo al prodotto interno lordo locale. Il tutto grazie anche ad una funzione non secondaria dell’investitore pubblico Provincia con una spesa in conto capitale pari quasi a tre volte quella nazionale; risultato questo di scelte lungimiranti che hanno permesso di realizzare una consistente dotazione di infrastrutture, sostenendo al tempo stesso la domanda. Anche in epoca recente, a fronte della recessione globale il settore delle costruzioni e l’economia trentina nel suo insieme hanno retto meglio di altri territori grazie alle misure poste tempestivamen-te in atto con il Piano anticrisi della Provincia Autonoma di Trento. Accanto alle politiche fondate sulla domanda pubblica e sull’incentivazione a sostegno delle singole imprese si sono affiancate negli anni recenti nuove politiche volte a favorire la creazione di cluster, poli di innovazione su temi di carattere trasversale al sistema (quali l’edilizia sostenibile). Tale scelta nasce dalla consapevolezza che per poter competere a livello internazionale è sempre più importante, specie per dimensioni territoriali e di impresa piccole come le nostre, mettere a fattore comune saperi e competenze delle imprese, degli enti di ricerca e delle istituzioni indirizzandoli su alcune vocazioni territoriali prevalenti realizzando in tal modo quella dimensione critica indispen-sabile per poter sviluppare innovazione e internazionalizzazione. A partire dal 2005, infatti, con un’intuizione politica che ha anticipato di qualche anno il lancio del-la Green Economy a livello globale (come conseguenza e risposta alla grande crisi economica) il Trentino ha avviato un progetto di sviluppo di sistema che ha posto il suo focus sui temi dell’edilizia sostenibile, energie rinnovabili e tecnologie per l’ambiente. Nello stesso anno l’edilizia eco-sostenibile rappresentava nel mondo un piccolo mercato pari a circa il 2% dell’edilizia residenziale e non (commerciale ed istituzionale). Già nel 2008 questa percentua-le è cresciuta al 10% e le attuali stime, in controtendenza con l’andamento del settore edile tradizio-nale, indicano che tale quota dovrebbe quasi triplicarsi entro il 2013 (suddivisa alla pari tra residen-ziale e non ) e quadruplicarsi per il mercato europeo. La sostenibilità può quindi rappresentare oggi la vera innovazione del settore dell’edilizia. Un bene, quello dell’edilizia, che è antico quanto la storia dell’uomo e che ha visto un lungo e lento percorso verso il confort domestico a partire dalla caverna dei nostri progenitori (ove vi si passava il minor tempo possibile quale riparo dalla pioggia e dal freddo) fino alle più recenti innovazioni datate circa solo 150 anni fa con l’introduzione del vetro e la svolta dell’elettricità per arrivare alla casa che noi

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conosciamo certamente più confortevole, supportata da tecnologie e macchinari raffinati ma non per questo più rispettosa dell’ambiente esterno e talvolta della salute di chi la abita: vere macchine e-nergivore concepite sul presupposto di risorse energetiche (fossili) illimitate e dell’assenza di danni ambientali. L’edilizia sostenibile, e in particolare quella in legno, può rappresentare l’innovazione in grado di coniugare aspetti ambientali, sociali ed economici Riducendo l’effetto serra di un settore che incide per il 40% nella produzione di anidride carbonica; basti pensare che un m3 in più di legno e in me-no di cemento consente di ridurre di una tonnellata l’emissione di Co2 in atmosfera. Migliorando il confort e la salubrità di chi l’abita con significativi effetti di tipo sociale ed economico come dimo-strano recenti ricerche che testimoniano un significativo range di impatto positivo sulla salute e sul benessere degli occupanti di edifici verdi: incrementi di produttività dei lavoratori negli edifici in-dustriali, riduzione di somministrazione di medicamenti errati negli ospedali, riduzione dell’assenteismo e crescita dei risultati scolastici degli studenti. Realizzando infine benefici di carattere economico con il rilancio di un settore in crisi attraverso l’innovazione di un prodotto ormai maturo ( e non più sostenibile) garantendo crescita di valore del bene nel tempo, significativa diminuzione di costi di gestione e più veloce ritorno dell’investimento. Per queste ragioni la scelta compiuta con la promozione del Distretto Habitech non rileva solo sul modello di sviluppo economico sin qui perseguito, di tipo multisettoriale, integrandolo con filiere di specializzazione tecnologica, ma propone un nuovo possibile paradigma di sviluppo: non più con-trapposizione tra economia ed ambiente ma economia con l’ambiente, superando l’idea di sostenibi-lità percepita solo come limite o vincolo per considerarla fonte di valore, un nuovo driver in grado di sviluppare idee, innovazione ed investimenti. Le tappe del percorso sin qui condotto sono note: Società consortile distretto tecnologico trentino, costituzione di GBC Italia, Manifattura Domani, promozione di nuovi modelli di certificazione Le-ed, standard energetico minimo di legge, disciplinare Casa legno trentina. Accanto alla promozione di nuovi soggetti e nuovi standard setter, anche l’intervento pubblico a-dotta un nuovo approccio di tipo integrato: politiche della ricerca e dell’innovazione che convergo-no con quelle industriali su temi prioritari comuni, superando tradizionali asimmetrie, politiche ur-banistiche (legge Gilmozzi ) ed energetiche che introducono nuovi strumenti (incentivi, bonus vo-lumetrici, riduzione oneri urbanizzazione) finalizzati a promuovere comportamenti virtuosi del con-sumatore finale nella direzione degli edifici verdi. Il disegno distrettuale si rafforza infine con un sistema di alleanze di carattere internazionale con re-altà ad alta vocazione di sostenibilità (British Columbia, Quebec) e attraverso intese istituzionali con la vicina Provincia Autonoma di Bolzano per la condivisione e convergenza dei due modelli di certificazione LEED e Casa Clima con l’obiettivo finale di dar vita ad un metadistretto regionale sull’edilizia sostenibile. All’interno di questo processo la leva della domanda pubblica è chiamata ancora una volta a svolge-re un ruolo centrale con un ammontare di investimenti stimabili nei prossimi anni per nuove costru-zioni e riqualificazioni intorno ai 350/400 milioni annui per l’intero sistema pubblico allargato di cui il 20-30 in legno. Non più però solo leva della domanda quantitativa ma sempre più leva dell’innovazione grazie a standard di certificazione e procedure di gara in grado di indurre innovazione e aggregazione nelle imprese.

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Un effetto innovativo che, date le caratteristiche già richiamate del settore, potrà risultare moltipli-catore di processi di innovazione sul sistema manifatturiero e dei servizi ed in particolare questa volta sui settori più innovativi quali produzione di nuovi componenti e materiali sostenibili (tra cui il legno), conversione, accumulo, e distribuzione dell’energia, tecnologie ambientali e sistemi intel-ligenti e domotici. Ma analoghe ricadute sono attese sull’intera filiera per così dire verticale dell’edilizia: dalla proget-tazione al sistema creditizio (Green loan) e assicurativo sino alle nuove forme di finanza di progetto e di riqualificazione energetica attraverso ESCO e contratti di EPC. In realtà come ben sappiamo ciò a cui stiamo assistendo nel settore dell’edilizia è solo una parte di una grande rivoluzione verde imposta dal cambiamento climatico che investe non solo il modo di produrre ma anche quello di vivere così come oggi lo conosciamo perché come tutte le vere rivolu-zioni inciderà in termini radicali sui valori e sui comportamenti e stili di vita della popolazione glo-bale. In questo scenario quale sarà il ruolo di uno degli attori fondamentali rappresentato dall’imprenditoria delle costruzioni e il suo contributo di saperi all’idea di città e valli del futuro? Come sta riorganizzando le proprie imprese per uscire dalla crisi rispetto ai processi e alle dinami-che in atto? Con quali soluzioni innovative ed organizzative rispetto anche ai temi della sostenibilità e all’uso del legno come materiale da costruzione? La risposta a queste ed altre domande poste è il fine della ricerca condotta dal gruppo di lavoro che fa capo a Sergio Remi. Una ricerca, come altre dell’autore, di grande efficacia perché capace attra-verso un ascolto attivo dell’interlocutore di cogliere aspetti e percezioni importanti, difficilmente ricavabili dalla lettura del freddo dato statistico e destinate talvolta a rimanere dietro le quinte anche nei dibattiti ufficiali ove i ruoli di rappresentanza informano linguaggi e relazioni. Conoscenze di cui però il decisore politico ha sempre più bisogno nella costruzione di quella coesione sociale che risulta indispensabile per l’efficacia di ogni azione pubblica.

Diego Loner

Dirigente Generale Progetto speciale per la promozione dei distretti tecnologici

e per il programma di legislatura

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1. introduzione alla ricerca

Trentino Sviluppo SpA, in collaborazione con il Distretto tecnologico trentino, ha avviato un per-corso di ricerca sul mondo delle costruzioni in provincia di Trento, volto ad evidenziare le strategie messe in atto dalle imprese del settore rispetto al superamento dell’attuale crisi economica, con par-ticolare riferimento al consolidamento delle logiche di filiera ed alle innovazioni tecnologiche, or-ganizzative e di mercato attuate dalle imprese.

Il settore delle costruzioni, nel suo insieme, ha rappresentato una delle forze trainanti dell’economia della provincia a partire dalla seconda metà degli anni ’90 e per buona parte del decennio in corso, prima di entrare - come tutto il comparto a livello nazionale - nella spirale negativa che segna il mercato immobiliare e gli investimenti edilizi da almeno tre anni. Sebbene in provincia di Trento l’impatto della crisi sia stato in parte attenuato da un importante flusso di investimenti pubblici, non sono mancate situazioni di sofferenza, che hanno spinto molte imprese del settore a ripensare il proprio modello di business, la propria formula imprenditoriale, le tecniche di costruzione ed i mercati di riferimento. Come spesso accade, è proprio nei momenti dif-ficili che gli attori trovano la forza e le motivazioni per ridefinire le basi del loro agire, per riformu-lare i loro modelli di business, per dare vita a nuove architetture organizzative e di coordinamento. Gli importanti investimenti della Provincia Autonoma di Trento nella promozione di un distretto dell’edilizia sostenibile, di nuovi modelli dell’abitare, di sistemi di certificazione energetica ed am-bientale, di rapporti sempre più stretti tra i mondi della ricerca e della produzione edilizia, di nuovi sistemi costruttivi e materiali da costruzione, hanno accompagnato questo processo di riposiziona-mento strategico delle imprese, nella consapevolezza dell’importanza che il settore delle costruzioni ha sul piano economico, ma ancor più su quello sociale e culturale. Le grandi trasformazioni produttive, tecnologiche, dei modelli di regolazione economica degli ulti-mi anni si riflettono, infatti, nel mutamento che investe i temi dell’abitare, del cambiamento urbano, dell’ambiente, degli stili di vita e dei modelli di consumo. Progettare e realizzare ambienti quotidia-ni e produttivi, spazi abitativi, luoghi pubblici, infrastrutture, è attività sempre più complessa che richiede la mobilitazione di conoscenze e kit cognitivi che attingono a molteplici sfere del sapere tecnico e umano. Questa ricerca sul settore edile in provincia di Trento, nasce, in particolare, a seguito di un impor-tante evento di politica economica regionale: l'8 luglio 2009 a Trento, i Presidenti Lorenzo Dellai e Luis Durnwalder hanno firmato il protocollo d’intesa sui temi strategici dell'edilizia sostenibile, sul-la produzione energetica da fonti rinnovabili e sulla mobilità sostenibile. L’obiettivo dell'intesa è quello di favorire la collaborazione tra la Provincia autonoma di Trento e la Provincia autonoma di Bolzano per condividere i due sistemi di certificazione energetica e di sostenibilità. Nello specifico, Bolzano ha adottato la certificazione energetica Casa Clima, molto nota e consoli-data a livello nazionale. La relativa agenzia che opera in Italia nella promozione della bioedilizia è una rete promossa dalle istituzioni pubbliche, ma alla quale aderiscono anche consorzi di imprese edili e banche locali. La fiera di Bolzano “CasaClima” ha avuto una forte risonanza a livello media-tico e allo stesso tempo ha permesso di ampliare i mercati di riferimento.

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Trento, invece, ha investito sul sistema di certificazione LEED (Leadership in Energy and Envi-

ronmental Design) che dovrebbe garantire una certificazione di sostenibilità completa. In particola-re LEED vuole favorire l’edilizia sostenibile (dell’intero processo di produzione), l’energia rinno-vabile e le tecnologie ambientali. L’obiettivo di lungo periodo è quello di costituire una filiera dell’edilizia con elevati standard innovativi nell’ambito della sostenibilità energetica. Attraverso il protocollo d’intesa, le due Province hanno l’obiettivo di armonizzare i rispettivi siste-mi di certificazione definendo così uno standard comune che riassuma il sistema LEED home e Ca-sa Clima. Inoltre, si vogliono condividere progetti e modalità operative nell'ambito dell'efficienza energetica sia per gli edifici pubblici che privati e le rispettive esperienze nello sviluppo e messa in produzione di energie rinnovabili, di modelli di generazione distribuita. Questo passaggio ha ovviamente una forte valenza strategica per entrambi i territori, i quali condi-vidono una visione dell'edilizia quale motore fondamentale dell'economia, considerato che gli inve-stimenti in questo settore hanno effetti positivi sull'intero sistema. L'edilizia ha inoltre ricadute im-portanti sul versante della ricerca e dell'innovazione, specie nel campo delle tecnologie sostenibili e a basso impatto ambientale. Forti di questa consapevolezza, Trento e Bolzano promuoveranno un modello di governance comune che permetta di favorire la collaborazione tra le rispettive Universi-tà ed enti di ricerca nonché la messa in rete delle rispettive imprese e filiere. In questo scenario le imprese di costruzioni non possono rinunciare a svolgere il ruolo attivo di classe dirigente che gli compete e ad inserirsi - sia in qualità di portatori di interessi, sia in quanto detentori di conoscenze di interesse generale – nel dibattito e nei processi decisionali inerenti alla progettazione del territorio. Le competenze tecniche e le conoscenze di cui sono detentrici, infatti, costituiscono una risorsa di grande valore per la progettazione delle città e dei territori di domani.

Si tratta, di conseguenza, di valorizzare la presenza di imprese di costruzione che, nell’esercizio del loro business, sono consapevoli dell’impatto collettivo della loro azione e dell’importanza delle loro competenze. Obiettivo esplicito dell’indagine è stato quindi fornire evidenza alle imprese che in questi anni si sono proposte per capacità di proporre soluzioni innovative, coerenti con la prospetti-va della sostenibilità ambientale e con quella, altrettanto importante, di coniugare urbanizzazione dolce e qualità della vita, efficienza e solidarietà. Un settore definito tradizionale come quello delle costruzioni è in realtà attraversato da dinamiche evolutive e processi di innovazione estremamente complessi. Capire come le imprese di costruzione trentine si stanno riposizionando rispetto a queste dinamiche e processi, in un’ottica di superamento dell’attuale crisi, è stato lo scopo di questa ricerca. Tutto ciò nella consapevolezza che le azioni di accompagnamento che saranno attivate a livello istituzionale dovranno sempre più fondarsi sulle re-ali strategie perseguite dalle imprese.

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2. Le caratteristiche (peculiari) del processo edilizio L’industria delle costruzioni è un’industria del tutto particolare, diversa dalle altre industrie mani-fatturiere: le conoscenze, le tecniche, i prodotti, le capacità manageriali, i rapporti che intercorrono tra i vari operatori del processo edilizio, sono del tutto originali e difficilmente paragonabili a quelli adottati in altri processi industriali. Alcune caratteristiche legate sia al processo di formazione della domanda sia all'organizzazione dell'offerta ne confermano l’elevata specificità. Ciò implica che nell’analisi del settore edilizio difficilmente possano applicarsi i metodi ed i parametri solitamente usati nell’analisi di altri settori produttivi. Risulta pertanto utile sottolineare le principali peculiarità del processo edilizio tradizionale (in quanto tale, largamente diffuso), al fine di avere una chiave in-terpretativa a cui ricondurre i dati emersi dalla presente indagine. Queste prime riflessioni si riferi-scono al settore edile in generale1, prescindendo, per il momento, dalle specificità del settore a livel-lo provinciale. Un primo aspetto peculiare del processo di produzione edilizia è la sua stretta relazione con il

contesto territoriale e ambientale. Per esplicitarsi il processo edilizio ha bisogno di “appropriar-

si” di un pezzo del contesto. Il processo edilizio è un processo produttivo senza la fabbrica, o per meglio dire, la fabbrica è il territorio occupato temporaneamente dal cantiere. Il terreno su cui sorgerà il nuovo edificio – soli-tamente di proprietà del committente - è la “fabbrica” nella quale il costruttore edile svolge la sua attività produttiva temporanea, per poi spostarsi in altri cantieri, in una sorta di nomadismo produt-

tivo. L’attività d’impresa è quindi strutturata secondo parametri spazio-temporali del tutto peculiari rispetto alle altre industrie: “tempo discreto” e “spazio variabile” contraddistinguono tutte le attività del settore, basato sull’assenza di unità locali stabili (l’impresa edile è composta da una sede legale, uffici ed eventualmente un deposito per materiali e macchinari). La continuità economica e fisica dell’impresa dipende dalla capacità della stessa di impegnare le proprie risorse in cantieri di lunga durata (come negli appalti pubblici) o in una molteplicità di cantieri minori e più brevi; ma, ovvia-mente, ciò implica, da parte delle imprese di costruzione, una flessibilità elevata e comporta la

necessità di ricorrere a risorse - soprattutto professionali, ma anche finanziarie e impiantisti-che - diversificate a seconda delle occasioni di lavoro. Il fatto che la “fabbrica”, all’interno della quale opera il costruttore edile, sia una fabbrica che nasce e muore con ogni lavoro, comporta che, nell’impresa di costruzione, le attrezzature fisse siano ridotte al minimo e che gli investimenti, di conseguenza, siano limitati. L’impresa di costruzione, grazie alle sue caratteristiche di flessibilità e agli impianti fissi ridotti al minimo, basa tradizionalmente il suo operare – ed anche il suo successo competitivo – sulla capacità di organizzare fattori produttivi esterni per la realizzazione di o-

pere molto variabili. Un’altra specificità del processo edilizio è che il suo prodotto è un bene “immobile” estrema-

mente costoso, molto più di quasi tutti gli altri prodotti industriali (ad esclusione dei transatlantici e del jet di linea). Ciò implica un’accurata progettazione finanziaria di ogni singola vicenda co-

struttiva, che anticipa la stessa fase di progettazione architettonica. Raramente chi realizza o acqui-sta un prodotto edilizio dispone fin dall’inizio i mezzi finanziari necessari. Il fatto che il prodotto edilizio sia un prodotto di lunga durata fa si che le risorse finanziarie necessarie alla sua realizza-zione possano essere restituite in tempi medio lunghi. Queste caratteristiche, peculiari del processo

1 Nella stesura di questo capitolo si è fatto particolare riferimento al testo di Nicola Sinopoli “La tecnologia invisibile: il

processo di produzione dell’architettura e le sue regie” Franco Angeli Serie di architettura. 1997

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edilizio, hanno fatto si che la messa a disposizione del supporto finanziario da parte delle banche abbia seguito strade originali - e, come dimostra l’attuale crisi, non sempre positive - rispetto a quel-le che caratterizzano il finanziamento di altre attività produttive o i finanziamenti alle persone. Inol-tre, a differenza della svalutazione che caratterizza quasi tutti i prodotti industriali, il prodotto edi-

lizio ha un valore che tende ad aumentare con il passare degli anni. Questa caratteristica fa si che la domanda non riguardi necessariamente la diretta fruizione del bene edilizio, ma si rivolga ad esso anche come bene rifugio o d’investimento. A differenza di altri processi industriali, il proces-so edilizio è totalmente dominato dalla domanda e la figura del committente rappresenta la figura peculiare del processo edilizio. Le caratteristiche di tipo speculativo che caratterizzano un’importante fetta della domanda si riflettono sull’organizzazione del processo edilizio e motivano lo scarso interesse che viene solitamente attribuito alle problematiche dell’organizzazione, della produttività e dell’innovazione, dal momento che il profitto derivante dalle rendite fondiarie tende spesso a fare premio sul profitto industriale. In considerazione del fatto che ogni manufatto edilizio tende a diventare, nel bene e nel male e per tempi molto lunghi, parte del paesaggio naturale e/o dell’ambiente urbano, esso necessita, a diffe-renza di altri prodotti industriali, di rapportarsi con le caratteristiche del proprio contesto: con quelle fisiche (clima, esposizione, geologia); con quelle paesaggistiche e storiche; con quelle fun-zionali (urbanistica, assetto del territorio, caratteristiche socio-economiche, flussi di traffico); con una serie di apparati regolamentari (sicurezza, rispetto di diritti altrui, decoro del sito). Il rapporto

con il contesto fa sì che il prodotto edilizio sommi al suo ruolo economico una serie di signifi-cati di forte valenza culturale e simbolica, difficilmente rilevabili in altri contesti produttivi. Dal-la qualità del prodotto edilizio dipende la qualità del tessuto urbano e territoriale, dei suoi modelli di fruizione e quindi, in estrema sintesi, dei modelli di convivenza sociale. Le scelte relative al settore edile impattano su tutto il sistema economico e sociale: dalle infrastrutture, dall’efficienza logistica e dei servizi fino alla qualità della vita, alla salute e alla felicità delle persone. Anche nella dimen-sione del privato, il “bene casa” rappresenta l’acquisto più costoso nella vita di una famiglia, ne condiziona la qualità della vita e assume, molto più di altri prodotti industriali, il carattere di bene distintivo, identitario, carico di valenze simboliche ed esperienziali. Un secondo aspetto peculiare del settore edilizio tradizionale riguarda l’organizzazione del proces-

so produttivo. Contrariamente alle filiere industriali nel settore delle costruzioni raramente esiste una figura capace di controllare l’intero processo di concezione, produzione e messa sul mercato del prodotto. Il committente è la figura che dà avvio al processo edilizio, ma rappresenta, nella maggioranza dei casi un leader aleatorio. Si tratta, infatti, in molti casi (sia di committenza pubblica, sia di commit-tenza privata) di un operatore non professionale che di solito si presenta sul mercato una sola volta e che, di conseguenza, necessita di consulenti (il progettista, il direttore dei lavori, il collaudatore in opera, il certificatore) per eseguire, gestire e controllare adempimenti così complessi e costosi come sono quelli del processo edilizio. Spesso il committente (soprattutto nel residenziale) subisce l'offer-ta del mercato, e non ha modo di influire più di tanto sugli aspetti progettuali e realizzativi. Al committente spettano gli oneri di acquisire il suolo, di acquisire i permessi a costruire e di finanzia-re l’opera, prima che questa sia realizzata. A differenza di altri prodotti industriali - che prima ven-gono prodotti e poi venduti - un prodotto edilizio non esiste come oggetto fruibile prima della con-clusione dei lavori. Al committente viene proposto un oggetto virtuale - un’idea, un progetto, una simulazione al computer, più raramente un plastico - che viene fabbricato dopo essere stato compra-to. A causa di questa, peraltro ineliminabile, caratteristica del processo edilizio la legge tende a tute-lare il committente richiedendo agli operatori professionali del processo una serie di documenti e di garanzie: il progetto, il capitolato, il contratto, le verifiche delle autorità competenti, il collaudo, le cauzioni, le polizze assicurative.

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A differenza di tutti gli altri processi di produzione industriale il processo edilizio è caratterizzato

da una multi-organizzazione temporanea, anziché da un’organizzazione permanente. Il prefisso multi sta ad indicare il notevole numero di operatori coinvolti nel processo edilizio e l’aggettivo temporanea sta a significare la breve permanenza dei legami (deboli) che si instaurano tra i diversi soggetti coinvolti in ogni singola vicenda costruttiva. Tradizionalmente il processo edilizio vede una frammentazione delle responsabilità, un intervento sequenziale dei singoli operatori e la pre-senza di un unico contratto di costruzione stipulato tra il committente ed un soggetto imprenditoria-le – l’impresa generale di costruzioni – responsabile della costruzione del manufatto. A sua volta l’impresa generale realizza con proprie maestranze solo una parte (spesso ridottissima) dell’opera, affidando (con contratti di subappalto e/o di fornitura in opera) gran parte lavori (impianti, infissi, intonaci, ecc.) ad imprese specialiste e organizzando l’approvvigionamento del cantiere rivolgendo-si a diversi fornitori di materiali edili e componenti. Date le infinite possibilità di aggregazione tra diversi operatori (progettisti, imprese generali, imprese specialiste, impiantisti, fornitori di materiali e componenti, enti di controllo, enti finanziatori, ecc.) e nonostante il fatto che le imprese tendano a coinvolgere propri fornitori di fiducia, non sempre la combinazione di operatori che si aggrega-

no attorno ad un cantiere viene riprodotta in altri cantieri. L’intervento sequenziale dei vari o-peratori nelle varie fasi del processo comporta il fatto che ogni singolo operatore lavora sul risultato dell’attività svolta dall’operatore che lo precede, senza che si configuri mai formalmente né un co-ordinamento, né un preciso momento di sintesi, né tantomeno la possibilità di fruire di informazioni di ritorno. Nella labilità della squadra, nel poco tempo a disposizione dei suoi componenti per impa-rare a lavorare insieme e nella non riproducibilità del gruppo di operatori formato dal committente (o dal progettista, o dall’impresa generale) troviamo la fonte principale dell’incertezza e dei con-

flitti che caratterizzano il processo edilizio. A tale proposito, uno dei libri più interessanti scritti sul processo di produzione in edilizia: “La tecnologia invisibile” di Nicola Sinopoli, sottolinea co-me la qualità del processo edilizio - e quindi del manufatto - dipenda in modo decisivo dalla qualità delle informazioni trasmesse dal committente, da come queste vengono trasformate in un progetto, dai criteri adottati per scegliere le imprese di costruzione e dalle modalità di verifica e controllo dell’attività in cantiere. L’assunto, in definitiva, è che la qualità dipende dall’organizzazione del

processo edilizio e dall’informazione che vi circola. Un'altra peculiarità del processo edilizio riguarda il time to market. Nel processo edilizio i tempi di concezione e produzione del prodotto finale sono relativamente lunghi. Nei processi indu-striali la riduzione del tempo che intercorre tra la concezione di un prodotto e la sua immissione sul mercato è considerato un fattore decisivo di successo e riduzioni drastiche del time to market sono state ottenute nella gran parte dei processi produttivi di tipo industriale. Ciò non è avvenuto nel set-tore delle costruzioni, dove i tempi di progettazione, di approvazione da parte delle autorità e di co-struzione di un fabbricato tendono non solo ad essere difficilmente comprimibili, ma ad aumentare. Solo in alcuni contesti, particolarmente legati alle contingenze di una domanda di realizzazioni ac-

celerate (insediamenti produttivi, interventi di social housing) hanno cominciato a diffondersi prati-che di fast track scheduling, ovvero realizzazioni nelle quali i processi normalmente sequenziali (sia progettuali che esecutivi) vengono posti, per quanto possibile, in parallelo, con modalità gestionali ed organizzative che possono essere ritenute, in un certo senso, la trasposizione delle tecniche di concurrent engineering

2, nate e sviluppatesi negli ambienti industriali manifatturieri ad elevata tec-

2 Per concurrent engineering si intende un insieme organico di metodologie, tecniche e strumenti che consente un ap-proccio alla progettazione integrata di un prodotto e del relativo processo produttivo. Tale approccio permette di ridurre drasticamente i tempi di sviluppo e i costi connessi, consente inoltre maggiore flessibilità alla progettazione e alla pro-duzione, oltre che una migliore qualità dei prodotti. Questa logica di progettazione è conosciuta anche come simultane-

ous engineering, life-cycle engineering, parallel engineering, multi-disciplinary team approach o integrated product

and process development.

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nologia, al mondo delle costruzioni. Anche in contesti più tradizionali, come il settore immobiliare privato, costituisce prassi abbastanza consolidata avviare i lavori di realizzazione delle strutture ri-mandando la definizione degli impianti tecnologici e delle finiture a quando sarà stato individuato il relativo acquirente, con modalità parzialmente riconducibili alle tecniche di fast track.

2.1 La transizione (incompleta) del settore delle costruzioni

Le caratteristiche peculiari del processo edilizio tradizionale, richiamate nel precedente capitolo, portano a descrivere lo stesso, come un settore sostanzialmente statico, arretrato e poco perme-

abile all’innovazione. La frammentazione del settore, sia in termini di offerta, sia in termini di do-manda, ha tradizionalmente ostacolato l’affermarsi di un ampio mercato concorrenziale, accentuan-done invece la segmentazione in molti mercati locali, popolati da una galassia di imprese, in larga misura di piccola e piccolissima dimensione. Questa situazione è riconosciuta come una delle cause della bassa produttività che ancora caratterizza i processi produttivi delle costruzioni ed ha certa-mente frenato anche la dinamica dell’innovazione. Parecchie analisi hanno rilevato che i livelli di efficienza e gli indici di sviluppo tecnico delle costruzioni non seguono la dinamica degli altri setto-ri industriali, dalla cui evoluzione, anzi, tendono ad essere sempre più distanziati. E’ però anche vero che sono le stesse caratteristiche peculiari del processo edilizio ad evidenziare come un settore comunemente definito tradizionale sia, in realtà, caratterizzato da dinamiche

evolutive estremamente complesse, spesso anticipatrici di ciò che avviene all’interno di altri settori produttivi. Il settore delle costruzioni, per molti aspetti, ha anticipato quel processo di rior-ganizzazione e articolazione delle figure produttive che a partire dagli anni ’90 si è generalizzato all’intero comparto produttivo e che si ritiene fondante del modello post-fordista. Nei fatti, il setto-

re meno investito dall’organizzazione tayloristica del lavoro è oggi quello più post-fordista. Già alla fine degli anni ’70, l’impresa di costruzione comincia ad assumere l’assetto di un’“organizzazione virtuale” a prescindere dalla sua dimensione statistica. E’ in quegli anni che ini-zia un processo di disarticolazione “funzionale” delle grandi imprese di costruzione in unità

minori specializzate, cui fa riscontro la diffusione di competenze sul territorio nelle forme della micro-impresa e del lavoro autonomo. Processo che deriva non solo dalla necessità di contenere i costi ma anche dalla spinta derivante dalla specializzazione dell’organizzazione del lavoro. La grande impresa industriale, a partire da quegli anni, si è andata trasformando in un’azienda ca-

pace di acquisire commesse e di coordinare in cantiere il lavoro di piccole imprese specializza-te in fasi distinte del processo produttivo, mantenendo al proprio interno soltanto alcune funzioni organizzative strategiche e alcune figure professionali di elevato profilo, in grado di gestire cantieri e apporti di imprese minori, oppure di manovrare macchinario complesso come le gru. Il processo di frammentazione del settore è ampliamente avvalorato dal notevole peso che vengono contemporaneamente ad assumere le “imprese artigiane” sul complesso delle imprese edili, e che possiamo assumere come ulteriore fattore di flessibilizzazione del lavoro. In uno dei settori più labour-intensive, si realizza il massimo di flessibilità rispetto a tutti gli altri settori produttivi. E ciò avviene proprio sul fattore più importante che caratterizza il settore delle costruzioni, ovvero il fattore lavoro. Il cantiere si presenta sempre più come il luogo nel quale i

due fattori più importanti della produzione (l’organizzazione da un lato e il lavoro dall’altro),

sempre più autonomi e “separati”, si incontrano per produrre.

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E’ proprio questo processo di esternalizzazione e frammentazione della produzione a far si che il settore delle costruzioni sia stato il primo a registrare l’imposizione per legge della certificazione

dell’organizzazione della produzione – altro concetto tipicamente post-fordista - attraverso la cer-tificazione ISO 9000 nel settore dei lavori pubblici (con la legge quadro dei lavori pubblici). Il sistema della “sub contrattazione” assume una spinta talmente forte da far saltare i modelli tradi-zionali di lettura delle imprese in questo settore. La stessa nozione di grande, media, piccola impre-sa nel mondo delle costruzioni è certamente da rivisitare alla luce della configurazione assunta del sistema e alle forme di coordinamento tra gli operatori che connotano il settore. Grande è colui che

compie grandi operazioni, a prescindere dal fatto che disponga, al proprio interno, delle risor-se necessarie per realizzarle o che piuttosto le reperisca sul mercato. Ciò non esclude però una correlazione tra entità delle operazioni condotte e solidità organizzativa dell’azienda. L’impresa virtuale per eccellenza (terziarizzata, immateriale, leggera) nasce e si rafforza nel settore considerato fra i più arretrati e “pesanti”: un paradosso solo apparente che dipende solo dal punto di vista con il quale si può definire arretrato o avanzato un settore economico. Quello che

appariva il settore più arretrato rispetto al modello fordista stava dimostrandosi il settore più avanzato sulla strada del cambiamento post-fordista: cambiamento che ha continuato fino ai nostri giorni, rendendo l’edilizia un osservatorio privilegiato - pur con le sue peculiarità non riduci-bili ad altre industrie e attività di servizio - sulle forme dell’impresa e del lavoro contemporanei. La filiera “abitazione” funziona attraverso la messa in rete e la cooperazione produttiva di una gamma di soggetti d’impresa e del lavoro estremamente differenziata, che include società immobi-liari e intermediari finanziari, medie imprese di costruzioni e pulviscolo molecolare di lavoratori in proprio, professionisti creativi e manodopera di bassa qualificazione. Le imprese di costruzioni

cooperano assai più che gli operatori di altri settori, sebbene tale strategia si sostanzi in asso-

ciazioni temporanee e partnership “a progetto” che in veri accordi prefiguranti modelli più stabili di organizzazione a rete. Il funzionamento di quasi tutte le imprese si basa sulla mobilita-zione di network informali che, di fatto, assumono la forma di “imprese a rete” dalla membership variabile. Questo tipo di multi-organizzazione temporanea non è, naturalmente, una peculiarità del solo pro-cesso edilizio ma presenta analogie con altri processi produttivi caratterizzati da un forte accentra-mento della fase creativa e da un radicale decentramento produttivo. Negli Stati Uniti, ad esempio, questa aggregazione di specialisti autonomi attorno a progetti circoscrivibili nel tempo viene chia-mato “Modello Hollywood” definizione ripresa anche da Jeremy Rifkin nel suo libro “L’Era

dell’Accesso”.3 L’analogia è riferita all’industria cinematografica dove chi produce un film mette insieme una squadra formata dal regista, gli attori, gli sceneggiatori, i tecnici, che si scioglie quando la pellicola è pronta per le sale cinematografiche. Lo stesso assioma post-fordista della centralità della personalizzazione del prodotto e delle picco-

le serie, trova nel mondo delle costruzioni una versione estrema, poiché qui ogni realizzazione co-stituisce un prototipo e la possibilità di realizzare economie di scala è molto limitata. Dunque, più ancora che in altri settori, il controllo dell’incertezza e la necessità di rispondere just in time alle ca-ratteristiche variabili della domanda assume, nel processo edilizio, una rilevanza strategica. E’ sulla base di questa esigenza che, nelle situazioni più avanzate - per i grandi progetti di trasfor-mazione urbana – hanno cominciato a delinearsi “regie innovative” del processo edilizio basate sul management. Si parla di project management, construction management, management contrac-

3 Jeremy Rifkin, L'Era Dell'Accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, 2001

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ting, fast track scheduling. Modelli organizzativi caratterizzati da una progettazione unitaria e inte-grata, opposta a quella sequenziale tipica degli approcci tradizionali, dal rapporto diretto tra com-mittente, progettista e produttore di componenti dall’adozione diffusa di contratti separati fra com-mittente e fornitori e da una drastica riduzione del time to market del prodotto edilizio. Questi nuovi approcci organizzativi del processo edilizio prendono forma a fronte della progressiva diminuzione delle risorse mobilitabili da parte dei “committenti puri” (non importa se pubblici o privati), dalla deregulation in campo economico e urbanistico e dall’irrompere nel processo edilizio della variabile finanziaria, come variabile condizionante la fattibilità stessa di ogni possibile inizia-tiva. Sono questi fattori che portano alla comparsa nel processo edilizio di una nuova classe di pro-motori: i così detti developers, sviluppatori immobiliari che sono operatori finanziari più che o-

peratori edilizi, portatori in quanto tali, di obiettivi di redditività a breve termine dei capitali inve-stiti. A sostenere questa dinamica è il nuovo interesse nei confronti del real estate dei grandi gestori di capitali - banche, assicurazioni, fondi pensione, private equity, merchant bank, operatori di pro-

ject financing, importanti gruppi industriali riconvertiti al FIRE (Finance, Insurance, Real Estate ) - in quanto attività speculativa che assicura profitti notevoli in una fase di bassi rendimenti azionari. Si assiste alla progressiva ibridazione tra mercato finanziario e immobiliare, con conseguente condivisione dei rischi e delle incertezze generati nei due mercati. Le ricadute della recente crisi fi-nanziaria originata dai mutui statunitensi “a rischio” (subprime) dimostrano in maniera emblematica la portata di questi fenomeni. La domanda che si rivolge al settore delle costruzioni si è inoltre progressivamente orientata su una richiesta crescente di attività di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, che ha, negli ultimi anni, superato il livello della nuova produzione, e che – attraverso i nuovi contratti di facility

management4 e global service 5– viene sempre più spesso fornita insieme ad altri servizi, facenti ca-

po a differenti settori produttivi. Le costruzioni hanno sviluppato un cospicuo potere attivante e un’influenza determinante su una parte consistente della base manifatturiera nazionale (il settore delle costruzioni acquista beni e ser-vizi dall’80% dei settori economici). E’ stato stimato che ogni aumento di 1 miliardo di euro di domanda nel settore delle costruzioni attiva un volume di affari 1,796 miliardi di euro (1 miliardo di euro nelle costruzioni e 0,796 miliardi di euro nei settori collegati). Inoltre, 1 miliardo di euro di

nuova produzione significa 23.620 nuovi posti di lavoro, di cui 15.100 nelle costruzioni e 8.520 nei settori collegati.

6 Dal lato dell'offerta la crescente complessità del prodotto edilizio da realiz-zare (che integra tecnologie di processo e di prodotto provenienti da numerosi settori industriali: chimica, elettronica, metallurgia, ecc.) richiede una struttura industriale in grado di far convergere sul singolo manufatto competenze tecnologiche sempre più specialistiche. Accanto alla tradiziona-

le impresa di costruzioni si sviluppa un’industria manifatturiera produttrice di materiali, se-

milavorati, componenti, attrezzature, macchinari che studia i mercati, concepisce prodotti in-novativi, li distribuisce e li commercializza. La filiera delle costruzioni presenta un indotto indu-striale che mette a disposizione nuovi materiali, nuove componenti, nuove tecnologie costruttive, innovazioni immateriali. Le relazioni di interdipendenza fra i vari settori del sistema delle costru-zioni sono sia dirette sia indirette, così da creare interconnessioni rilevanti, volte ad influenzare i driver di sviluppo e di innovazione dei singoli settori di specializzazione.

4 Per facility management si intende un approccio integrato volto al funzionamento, manutenzione, miglioramento, e adattamento degli immobili, delle infrastrutture di un’azienda o un’istituzione che esternalizza tali funzioni a soggetti terzi. Il F.M. prevede un continuo allineamento tra l’uso dello spazio fisico e i bisogni o indirizzi strategici di un’organizzazione. 5 Per global service si intende un modello di offerta che veda integrati, in un soggetto imprenditoriale nuovo, imprese di costruzione e imprese di servizi. 6 Federcostruzioni Rapporto 2010 sul sistema italiano delle costruzioni.

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Il settore delle costruzioni è quindi tutt’altro che statico, perlomeno per ciò che concerne la con-tinua ridefinizione dei propri modelli di business e processi produttivi. E’ comunque anche vero che le dinamiche evolutive fin qui schematicamente descritte, sono determinate da un sistema competi-tivo basato essenzialmente sul prezzo. Le costruzioni, infatti, sono un settore cost-driven, in cui le imprese, piuttosto che focalizzarsi su fattori strategici, tendono ad assumere le proprie decisioni sul-la base del livello più basso dei costi. Tale approccio si è tradotto in un orientamento (positivo, ma che non si può certo considerare anticipatore del mercato) all’innovazione “di processo”, con poca o pochissima innovazione “di prodotto”, laddove è sempre più chiaro che il “prodotto” vero, in edilizia, consiste nei luoghi dell’abitare. La stessa innovazione “tecnologica” viene accettata con fatica e solo quando riesce a trovare una collocazione - senza perturbarlo - nell’assetto tecnico con-solidato, anzi, addirittura nella particolare configurazione tecnologica che caratterizza ormai

quasi stabilmente le varie tipologie di prodotto: poco calcestruzzo e molto laterizio per la resi-denza; travi pilastri e pannelli prefabbricati nell’edilizia industriale; prodotti a posa rapida e sempli-ce nel recupero. Certamente, l’estrema frammentazione, la scarsa competitività ed il riferimento a mercati prevalen-temente locali, che caratterizzano gran parte del settore delle costruzioni, non facilitano l’innovazione, l’investimento in R&S e la collaborazione con i centri di ricerca. Il settore continua a presentare una dinamica d’innovazione lenta rispetto le opportunità e le necessità di crescita

del livello qualitativo degli edifici e di miglioramento della qualità di fruizione degli stessi in termini di sicurezza, sostenibilità ambientale, crescita dell’efficienza energetica, durabilità e manu-tentibilità, eccellenza tecnologica e bellezza architettonica. Da questo punto vista il “prodotto casa” è sostanzialmente fermo agli anni ‘50. Solo nell’impiantistica si è, in parte, riusciti a portare dentro gli edifici nuove prestazioni tangibili: la re-golazione e la programmazione delle temperature interne, caldaie più efficienti e meno inquinanti, reti di distribuzione dei fluidi più rapide da posare e meno invasive grazie ai tubi in materiali sinte-tici. E dotazioni e livelli di comfort impensabili solo vent’anni fa: dalle vasche a idromassaggio al raffrescamento estivo, con costi (d’installazione) quasi popolari. Le caratteristiche e le dimensioni economiche degli appalti spesso non sono tali da consentire con frequenza l’uso di tecnologie avanzate. Al contrario del settore manifatturiero, dove l’innovazione di prodotto di successo comporta una premialità di mercato per l’impresa, nel caso dell’edilizia ciò non avviene, a meno che l’impiego di una tecnologia innovativa non sia esplicitamente richiesto nel capitolato. Emerge dunque che nelle imprese operanti nel settore dell’edilizia - data anche la ridotta dimensione media e le limitate capacità di investimento - i processi di innovazione sono di tipo

“adattivo” o “reattivo”, nel senso che i fabbisogni di innovazione emergono, di volta in volta, ri-spetto alle specifiche problematiche da affrontare nelle fasi di realizzazione delle commesse acqui-site. L’innovazione nel settore delle costruzioni funziona quando risponde a logiche “interne”

all’organizzazione produttiva, mentre difficilmente è guidata dalla necessità di rispondere all’evoluzione della domanda, che è il motore fondamentale di tutta l’innovazione dei prodotti e dei processi industriali. Il settore economico che per primo ha adottato schemi organizzativi e di funzionamento post-

fordisti, appare in ritardo nell’adottare fino in fondo la logica intima del “nuovo capitalismo” - incentrata sulla domanda del cliente, sull’innovazione tecnologica e finanziaria, sulla valorizza-zione dei servizi, dei fattori immateriali e di esperienza che sono commessi al consumo e alla frui-zione dei prodotti industriali - rimanendo forse imprigionato all’interno di quel frazionamento indi-vidualistico che si traduce in scarsa articolazione dell’offerta, in rari esempi di anticipazione del mercato e in penuria di risorse da destinare alla ricerca e all’innovazione.

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Non è detto, comunque, che quanto si è faticato a realizzare - o non si è realizzato affatto - nel corso della fase ascendente del mercato edilizio non sia realizzabile nella crisi. Forse, proprio la contra-zione delle opportunità acquisibili attraverso i consolidati meccanismi di controllo del mercato loca-le incentiveranno la ricerca di nuove formule imprenditoriali e il rinnovamento dei modelli di busi-ness. Proprio la crisi, inoltre, potrebbe premiare sul medio periodo gli operatori che sapranno anti-cipare le tendenze dell’abitare che promettono di svilupparsi nei prossimi anni.

2.2 Dalla crisi alla riconfigurazione del mercato

La crisi ha evidenziato alcune criticità, come la mancanza di fiducia nel mercato, una frenata nei consumi per le famiglie e la difficoltà di accesso al credito, ma è anche una grande opportunità

per riconfigurare il rapporto tra domanda e offerta nel settore delle costruzioni, dal punto or-ganizzativo e strategico. Il settore delle costruzioni è sempre più esposto ad una pressione competi-tiva e ad una domanda che dall’esterno lo sollecita all’evoluzione, chiedendogli di fornire prodotti dotati di prestazioni nuove, di funzionalità migliori, di maggiore valore. Il settore delle costruzioni può dare all’innovazione contributi rilevanti, se lo si concepisce come catalizzatore di una serie di innovazioni per la casa, per l’ambiente, per la persona; è un settore a potenziale alto tasso di inno-vazione se solo si pensa alle questioni dei nuovi materiali, della personalizzazione, della casa come servizio, della gestione dei mercati immobiliari finanziari di tipo più evoluto.

Una recente ricerca realizzata da ANCE Lombardia e CRESME7 individua sei driver del cambia-

mento su cui puntare nei prossimi anni per ridisegnare il mercato delle costruzioni: • l'innovazione tecnologica: l'impiego della tecnologia in tutte le fasi del processo costruttivo –

dalla progettazione alla gestione, passando per la fase realizzativa in cantiere – dovrà imporsi come il motore dell'innovazione del prodotto edilizio;

• la sostenibilità ambientale: l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale sono i nuovi e-lementi innovativi a cui il mercato deve rispondere nel breve termine;

• la sostenibilità sociale: una fascia di popolazione sempre più ampia, che non è in grado di acce-dere all’attuale offerta del mercato, origina una domanda di social housing, a cui il mercato delle costruzioni deve dare risposta secondo logiche di collaborazione tra pubblico, privato e terzo set-tore;

• il nodo delle risorse: il mercato evolve sempre più rapidamente verso modelli di partenariato pubblico-privato (PPP), sviluppando forme di investimento integrate che richiedono nuove cono-scenze economiche e finanziarie: gli operatori del settore dovranno essere in grado di portare ca-pacità ideativa, tecnica, finanziaria e gestionale dialogando con interlocutori pubblici in grado di crescere sullo stesso piano;

• l'intreccio tra costruzioni e servizi: l'attenzione del mercato si sposta progressivamente dal me-ro piano dell'esecuzione a quello della gestione: la filiera delle costruzioni e quella dei servizi dovranno crescere in maniera integrata, grazie agli strumenti del facility management e del glo-

bal service, che negli ultimi anni hanno già portato notevoli vantaggi; • l'intervento sul patrimonio esistente: quello delle ristrutturazioni e della riqualificazione edili-

zia ed urbanistica sia relativa al consistente patrimonio di edilizia residenziale in pessimo stato di conservazione, sia relativa alla riconversione di aree industriali dismesse, si imporrà, nei prossi-mi anni, come un mercato di riferimento importante.

Tali driver del cambiamento non fanno riferimento ad un dato congiunturale - legato alla crisi e al suo superamento - ma ad un dato di mutamento strutturale del mercato delle costruzioni. Con il 2010 - sempre secondo le analisi del CRESME - dovrebbe, infatti, concludersi il sesto ciclo

7 ANCE Lombardia CRESME: Il mercato immobiliare in Lombardia nel 2010

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edilizio italiano dal secondo dopoguerra8. La fine di un ciclo e l’avvio del ciclo successivo compor-tano da un lato il ridimensionamento dei potenziali di mercato e dall’altro un processo di riconfi-

gurazione della domanda e dell’offerta. Figura 1: Serie cicliche delle costruzioni (Fonte: elaborazioni CRESME su dati ISTAT)

Figura 2 Le aree di mercato del nuovo ciclo edilizio (ns. rielaborazione grafica su dati CRESME)

8 Per ciclo edilizio si intende un insieme di processi edilizi di carattere costruttivo, politico amministrativo, economico, compiutisi sul territorio in un determinato arco temporale con periodizzazioni riferite a fasi omogenee. Con l’esclusione del primo ciclo, quello di una crescita straordinaria durata quattordici anni, dal 1951 al 1964, dovuto alla ricostruzione e al miracolo economico, oggi viviamo la fine della fase espansiva più lunga in assoluto, iniziata nel 1995, In particolare dal 2000 al 2007 si determinato il più intenso boom del mercato immobiliare registrato in Italia.

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Limitandoci all’edilizia residenziale, il ridimensionamento e la riconfigurazione della domanda evi-denziano nuove esigenze di sostenibilità ambientale e sociale che caratterizzano una domanda di residenzialità profondamente diversa rispetto agli standard consolidati che hanno caratterizzato i precedenti cicli edilizi. Gli acquirenti di immobili sono sempre più attenti e consapevoli dei vantaggi che l'acquisto di un immobile di qualità può loro apportare sia in termini di miglioramento delle condizioni di vita, sia in termini di riduzione dei costi di manutenzione nel medio e lungo periodo. Per una fascia di fami-glie a più alto reddito, emerge una domanda matura che esprime nuove esigenze di qualità e

premia aspetti come quelli dell'innovazione tecnologica, del risparmio energetico e del benes-sere abitativo. Un vero e proprio "salto di scala" nella qualità della domanda, con le famiglie che sembrano puntare ad una valorizzazione del loro investimento. Si tratta di una domanda che spesso si scontra con la bassa qualità del patrimonio edilizio esistente e che contribuisce in parte a spiegare la contrazione di compravendite e prezzi nel segmento di mercato dell'usato e la corrispondente te-nuta del nuovo. Il concetto di qualità, declinato in tutte le sue molteplici accezioni, diventa il

principio guida per una nuova fase di produzione e riqualificazione edilizia. L’abitazione come bene “distintivo” di qualità elevata è uno degli aspetti centrali della riflessione sui modi dell’abitare. Poiché tale tendenza, a dispetto della crisi, appare piuttosto strutturata e radicata nella società italia-na, è facile ipotizzare che anche in futuro il settore immobiliare costituisca uno dei principali merca-ti ove realizzare aspettative, desiderio di appartenenza, senso d’identità. Non va, inoltre, trascurato che sta crescendo una nuova domanda di abitazioni sociali, che non trova, al momento, risposte in un'offerta economicamente alla sua portata. Il drastico calo delle compravendite di abitazioni, registrato nel recente periodo, evidenzia che gli effetti della crisi hanno fortemente indebolito il potere d'acquisto di alcune fasce di acquirenti. La crisi ha esteso il disagio

abitativo ad un’area sempre più vasta di ceto medio (famiglie a reddito fisso, famiglie numerose, giovani coppie, lavoratori temporanei, studenti fuori sede, anziani, ecc.). Si tratta di soggetti i cui livelli di reddito non consentono di accedere ai programmi di edilizia sociale sovvenzionata, ma che allo stesso tempo non hanno mezzi adeguati per accedere alla casa in proprietà e soffrono del rile-vante aumento degli affitti. A fronte di questa domanda si assiste recentemente allo sviluppo di pro-getti che mirano all’housing sociale perseguendo strategie di offerta articolate tra edilizia privata e edilizia sociale con la partecipazione di soggetti no profit e fondazioni bancarie. A questi progetti si affianca l’esigenza di tecniche di costruzione low cost, con processi di progettazione integrata e di industrializzazione leggera che trasformano il cantiere sempre più in un luogo di assemblaggio di componenti prefabbricati, con una significativa contrazione dei tempi e dei costi di realizzazione. La grande sfida per i costruttori e per le amministrazioni pubbliche, che hanno la responsabilità del governo del territorio è oggi la sua riqualificazione a cominciare dal recupero edilizio e dalla ri-

conversione in termini funzionali delle aree degradate, presenti un po' ovunque, sia all'interno dei centri storici sia nelle periferie urbane e industriali. Le prospettive di questo comparto sono potenzialmente enormi; è richiesto, tuttavia, un grande impegno sia agli imprenditori, chiamati a ge-stire operazioni complesse, sia alle pubbliche amministrazioni, cui si impone uno scatto in termini di semplificazione e di rapidità decisionale. Vista la crescente riduzione delle risorse di cui dispon-gono le Amministrazioni Pubbliche, è evidente che il partenariato pubblico - privato rappresenti una strada obbligata per promuovere operazioni di riqualificazione del tessuto edilizio e sociale, che diano alle nostre città nuovi servizi ed una nuova estetica, nel segno dell'efficienza e della moderni-tà. A fronte di questa evoluzione della domanda il settore delle costruzioni deve oggi ripensare il pro-prio modello di offerta attraverso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale, economica e culturale che consentano al settore di trasformarsi in un’industria della conoscenza e

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dei servizi, orientata ai bisogni del cliente e caratterizzata dall’innovazione. In particolare, so-no quattro i principali fronti di innovazione organizzativa e tecnologica aperti nel settore edilizio: • da un lato, “costruire sostenibile” e “curare la manutenzione degli edifici” aspetti che condi-

zioneranno le pratiche del costruire nei prossimi decenni; • dall’altro, “costruire edifici comodi e fruibili” e “costruire presto e bene”, aspetti aperti da

più tempo ma ancora lontano dall’avere esaurito la loro spinta propulsiva.

A ciò si aggiunge lo sviluppo di competenze capaci di affrontare un mercato in cui sono sempre più sfumati confini tra pubblico e privato e tra lavori e servizi ed in cui l’impresa di costruzione è

sempre più chiamata a svolgere un ruolo a monte – promozione, innovazione e finanzia - e a

valle – gestione e manutenzione – del processo produttivo.

Le riflessioni ruotano intorno alla necessità di una nuova cultura imprenditoriale unita a una ri-alfabetizzazione della progettualità tecnologica ed economico finanziaria, capace di far partecipare alle opportunità nascenti dai nuovi mercati il sistema della piccola e media impresa che rappresenta il cuore del settore delle costruzioni. Essere imprenditori delle costruzioni è e sarà sempre più difficile in un mercato sempre più ridotto e selettivo e per questo più complicato, perché richiede maggiori risorse finanziarie, maggiori capa-cità progettuali, maggiori conoscenze tecnologiche. E’ necessario ripensamento del ruolo tradizio-nale dell'imprenditore edile, che non può più essere solamente “costruttore”, ma deve acquisire, in sinergia con le altre componenti del sistema, nuove professionalità, in modo da proporre ai suoi clienti, pubblici e privati, non più solo il “prodotto edilizio”, ma un insieme articolato di prestazioni e servizi. L'imprenditore edile del futuro dovrà essere allo stesso tempo promotore immobilia-

re, progettista, esecutore, venditore e gestore dell'immobile che ha realizzato, mettendosi in

“rete” con altri professionisti e imprenditori. E’ sempre più necessario il passaggio ad una reale dimensione industriale, passaggio seriamente o-stacolato dalla frammentazione del settore. Per tale motivo, lavorare in reti di impresa caratteriz-

zate da maggiore stabilità è la strada per continuare ad essere competitivi, ottimizzando i costi e creando le condizioni per offrire un prodotto di qualità al giusto prezzo di mercato. Per la fascia del-le imprese di media e piccola dimensione, la risposta alle nuove sfide competitiva si può basare solo sullo sviluppo di nuovi modelli di alleanze strategiche, orizzontali e verticali all’interno della filiera allargata del settore delle costruzioni. Come vedremo dai dati riportati nella presente ricerca, tra le stesse imprese si è ormai diffusa la consapevolezza che la maggiore competitività delle singole imprese e dell'intero sistema dipende dalla concreta capacità dei vari attori della filiera di integrare le loro attività, valorizzando ciascuno le proprie specifiche competenze e senza per questo necessariamente rinunciare alla propria identità di impresa.

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3. Alcuni dati di contesto sulle imprese nel settore delle costruzioni in

provincia di Trento Le costruzioni rappresentano un settore fondamentale dell’economia trentina, sia in termini di ric-chezza prodotta che sotto il profilo occupazionale, le cui positive performance, almeno fino al 2006, hanno contribuito in misura significativa alla “tenuta” del PIL provinciale. L’elevato peso economico dell’edilizia in Trentino può senz’altro essere interpretato come il risulta-to di una forma di specializzazione dell’economia provinciale nel settore. Nel 2008 le imprese di costruzioni rappresentano il 16% dell’intero tessuto produttivo della provincia di Trento, superando notevolmente l’intera area manifatturiera che rappresenta solo il 10% delle attività economiche tren-tine. C’è da considerare, inoltre, che una parte delle imprese normalmente raggruppate nel settore terziario dei servizi come le attività immobiliari, frequentemente, possono rientrare nelle imprese di costruzioni. Per questo motivo l’incidenza dell’intera filiera di costruzioni sul tessuto produttivo provinciale è da considerarsi superiore al 16%. Il settore delle costruzioni, che aveva subito nel corso di buona parte degli anni Novanta un signifi-cativo ridimensionamento, ha poi evidenziato, a partire dal 1998 un’inversione di tendenza. Infatti, la presenza di una riduzione generalizzata dei tassi di interesse, le agevolazioni fiscali accordate ed una spesa pubblica più sostenuta hanno stimolato la domanda di investimenti immobiliari, specie nel settore delle ristrutturazioni, in modo sufficiente ad invertire il trend negativo degli anni prece-denti. Nel 2007, dopo anni di crescita continua, è iniziata una nuova fase di contrazione dell’attività che è proseguita, fino ad oggi in maniera abbastanza marcata. Un’analisi sull’andamento del numero di imprese è reso possibile dai dati Infocamere riportati nella seguente tabella: dal 2000 al 2008 il numero totale d’imprese attive nel settore delle costruzio-ni in provincia di Trento passa da 5.959 a 7.568 con una variazione percentuale del 22,2%. Nella stessa misura aumentano anche le imprese di costruzioni artigiane che, infatti, rappresentano più dell’80% dell’intero settore di costruzioni, nel corso dei vari anni. Nel 2000 l’artigianato rappresen-ta l’82% dell’intero settore di costruzioni, mentre nel 2009 sale all’83%. Tabella 1: Andamento imprese del settore costruzioni in provincia di Trento.

2000 2008 2009 var%

00-08

Totale imprese costruzioni

5.959 7.663 7.568 22,2%

Imprese costruzione artigianato

4.899 6.351 6.278 22,9%

Fonte: nostra elaborazione su dati Infocamere Quindi, l’aumento totale delle imprese nel settore costruzioni si può attribuire quasi esclusi-vamente alle imprese artigiane. Tra il 2000 e il 2008, a Trento, sono nate 1.704 imprese di cui 252 sono industriali mentre 1.452 sono artigiane, ciò significa che per ogni nuova singola impresa indu-striale ne sono nate 5,76 di artigiane. Una ripartizione delle imprese per classe di addetti è resa possibile dai dati dall’archivio ASIA dell’ISTAT (2007) che riporta l’esistenza di 6.264 imprese appartenenti al settore delle costruzioni.

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Rispetto al numero di imprese attive in Provincia di Trento – pari complessivamente a 45.217 unità - le imprese di costruzione rapprendano, come già evidenziato, il 16 % del totale provinciale. Sul fronte occupazionale in Trentino i lavoratori impiegati nel settore delle costruzioni sono quantificati in 24.560 unità, pari al 13,7% della forza lavoro complessiva provinciale (178.989). Dalla tabella seguente si riscontra la dimensione limitata delle imprese edili, indice di un elevato grado di frammentazione dell’assetto produttivo. Tabella 2: Unità locali e addetti nelle unità locali

Classe di addetti Unità locali Addetti 1 addetto 4.164 4.441,57 Da 2 a 9 addetti 2.617 10.337,98 Da 10 a 19 addetti 335 4.556,83 Da 20 a 49 addetti 129 3.917,47 Da 50 a 249 addetti 19 1.289,65 > 250 addetti 0 0 Totale complessivo 7.264 24.544

Fonte: ISTAT archivio statistico imprese attive

Come è riscontrabile dai grafici riportati di seguito nel complesso: • la microimpresa (< di 10 addetti) rappresenta il 93,3 % delle imprese di costruzione in Trentino e

da lavoro al 60,2 % degli occupati nel settore. • la piccola impresa (da 10 a 50 addetti) rappresenta il 6,4% delle imprese e da lavoro al 34,5%

degli addetti. • la media impresa (da 50 a 249 addetti) rappresenta lo 0,2 % del totale provinciale e da lavoro al

5,2 % degli addetti.

Figura 3: Settore costruzioni. Percentuale imprese per classe dimensionale.

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Figura 4 Settore costruzioni: Percentuale addetti per classe dimensione delle unità locali

Il sistema delle imprese di costruzioni trentine, visto nel suo insieme, si connota per alcune caratte-ristiche generali, che è opportuno richiamare brevemente. A fronte di una sostanziale assenza di grandi aziende di costruzioni e contestuale assenza di imprese di costruzioni appartenenti a grandi gruppi d’impresa, il sistema appare relativamente distribuito (se si eccettuano partite iva individuali, cottimisti, lavoratori autonomi) su tre livelli dimensionali: • una dimensione artigiana, preponderante sia per quanto attiene al numero di imprese sia per

quanto riguarda il numero degli occupati; sono imprese che operano prevalentemente in conto terzi, nelle ristrutturazioni e nei lavori di finitura, ma non mancano realtà che operano autono-mamente sul mercato immobiliare privato;

• la dimensione intermedia, rappresentata dalle imprese (comunque di piccole dimensioni) che lavorano prevalentemente in conto proprio, gestendo l’intero ciclo produttivo, dall’acquisto dei terreni alla vendita, affidando quote variabili di produzione all’esterno – perlopiù a imprese arti-giane del primo tipo -; in questo gruppo rientrano anche le piccole imprese che operano nel cam-po dei lavori pubblici, generalmente un po’ più strutturate delle altre;

• un gruppo relativamente ristretto di medie imprese, che generalmente operano in più campi (pubblico e privato) e secondo diverse modalità (conto proprio e conto terzi) e che di solito pre-sentano una superiore articolazione di prodotto e del mercato (anche con quote fuori regione).

Il sistema è completato dalle piccole società di sviluppo immobiliare - senza attività di costruzioni - per quanto non poche tra le aziende del secondo gruppo tendano recentemente a convergere su que-sto tipo di operatore e dal settore cooperativo che, in provincia di Trento, si compone perlopiù di cooperative di abitazione specializzate però nella parte di sviluppo immobiliare e non di costruzioni. Il profilo prevalente di imprese analizzato nella presente indagine si compone di piccole e medie imprese “industriali” che, con qualche forzatura, possono essere considerati l’equivalente “funzio-nale”, in edilizia, di quella media impresa manifatturiera che molti osservatori considerano il vero architrave produttivo del paese, in quanto capace, attraverso i propri processi di outsourcing, di svolgere un ruolo di stabilizzazione delle aggregazioni tra imprese e di diffusione dell’innovazione.

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3.1 La formazione del campione di imprese coinvolte nell’indagine

Gli obiettivi posti alla base della presente indagine hanno condizionato la formazione del campione delle imprese da analizzare. I dati riportati nei successivi capitoli non sono quindi da interpretare come dati assoluti, rappresentativi dell’universo delle imprese del settore delle costruzioni in Tren-tino, quanto piuttosto di una più ristretta fascia di imprese che, già nella fase di predisposizione del campione, si presumeva potessero essere orientate all’acquisizione di innovazioni nel campo della sostenibilità e al consolidamento di reti di collaborazione tra imprese. L’obiettivo di fondo della ricerca riguarda l’individuazione di un nucleo di imprese che svolgono il ruolo di leader di filiera attorno a cui si “ricondensa” il tessuto frammentato e molecolare del pro-cesso edilizio e che sono capaci di fare evolvere il loro retroterra di relazioni produttive. Partendo dalle strategie evolutive di questo nucleo di imprese committenti si può forse capire come i processi d’innovazione si diffondono sul territorio, lungo i percorsi del subappalto e della subfornitura, e come possono essere ulteriormente sostenuti ed incrementati. Il consolidamento di reti di fornitura a livello locale consente alle imprese leader di filiera di rag-giungere un maggiore livello di flessibilità nei confronti del mercato, grazie all’utilizzo di compe-tenze sedimentatisi a livello locale. In quest’ottica tendono ad instaurarsi legami preferenziali e sta-bili con fornitori e subappaltatori selezionati in grado di rispondere a standard definiti, diminuisce la sostituibilità degli attori relativamente ad alcune fasi del processo produttivo, aumenta la specificità degli investimenti in conoscenza, logistica e sistemi di garanzia. In sostanza, si è cercato di individuare un campione di imprese che - almeno sul piano teorico - pre-sentassero le caratteristiche del first mover che guida di volta in volta le altre imprese nei processi di aggregazione e di innovazione. La scelta del campione si è quindi orientata, in prima istanza verso le imprese: • maggiormente strutturate sul piano dimensionale e di mercato; • maggiormente attive nel campo dell’edilizia residenziale (campo particolarmente suscettibile a

forme pervasive di innovazione); • che svolgono un ruolo da impresa generale, quindi con un significativo ricorso all’outsoucing

(senza per questo escludere dall’indagine le imprese specialiste ed il pulviscolo del lavoro auto-nomo);

• che fossero già coinvolte in reti di innovazione operanti nella realtà trentina. Sulla base di questa prima approssimativa griglia di selezione è stato costruito un indirizzario di 200 imprese vagliando gli elenchi dei soci del distretto tecnologico Habitech e dei soci di GBC Italia, e successivamente integrando il campione con imprese segnate dall’Ance di Trento, dalla Federazio-ne delle cooperative, e dall’Associazione artigiani. A tali imprese è stata inviata una lettera di pre-sentazione dell’indagine e di richiesta di intervista. Come avviene in questo tipo di indagini la reale formazione del campione è stata determinata

dalla disponibilità delle imprese a concedere l’intervista. Nel periodo maggio - settembre 2010 sono state intervistate 91 imprese a cui è stato somministrato un questionario strutturato partico-larmente articolato. Considerata la complessità del questionario le interviste sono state direttamente realizzate da ricercatori (giovani laureati impegnati in uno stage presso Trentino Sviluppo SpA) in modo da chiarire all’istante ogni dubbio di interpretazione delle domande contenute nel questiona-rio.

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All’analisi quantitativa è stata aggiunta un’analisi di tipo qualitativo, realizzata con interviste a una

decina di testimoni privilegiati (delegati comprensoriali delle associazioni, aziende di fornitura di materiali edili, istituti bancari, ecc.) che ha consentito una maggior differenziazione delle dinamiche del comparto nei vari territori provinciali e l’approfondimento di alcune tematiche emerse durante l’indagine quantitativa.

Box 1: Le imprese del campione Nell’ambito delle 91 imprese analizzate: • 57 imprese sono associate a Confindustria (Ance); • 19 imprese sono artigiane; • 3 imprese fanno riferimento al sistema cooperativo; • 12 imprese hanno dichiarano di non fare riferimento ad alcuna associazione di rappresentanza; • 21 imprese sono partner del Distretto tecnologico trentino Habitech; • 5 imprese sono partner dell’Agenzia CasaClima.

3.2 La distribuzione territoriale del campione

Una ripartizione del numero totale delle imprese per comprensorio è fornita dal Servizio statistico della PAT sempre sulla base dei dati ASIA ISTAT 2007. Tabella 3 Imprese e addetti del settore costruzioni per comprensorio

Comprensori Imprese % Addetti %

della Valle di Fiemme 392 5,67 1.320 5,37

di Primiero 130 1,88 482 1,96

della Bassa Valsugana e del Tesino 389 5,62 1.721 7,01

Alta Valsugana 795 11,49 2.133 8,68

della Valle dell'Adige 2.027 29,30 7.920 32,25

della Valle di Non 527 7,62 1.709 6,96

della Valle di Sole 275 3,98 892 3,63

delle Giudicarie 673 9,73 2.414 9,83

Alto Garda e Ledro 532 7,69 1.979 8,06

della Vallagarina 1.025 14,82 3.479 14,17

Ladino di Fassa 152 2,20 513 2,09

Provincia 6.917 100 24.560 100

(*) Archivio Statistico delle Imprese Attive

Fonte: Istat - PAT, Servizio Statistica

Pur nella casualità che ha caratterizzato formazione del campione di indagine - su cui ha fortemente inciso la disponibilità delle imprese a concedere l’intervista – si è riusciti a mantenere una certa proporzionalità nella rappresentatività del campione su base territoriale.

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Figura 5 Percentuale distribuzione territoriale delle imprese di costruzione ( campione e universo di riferimen-

to).

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4. Le caratteristiche delle imprese indagate.

4.1 Modalità operative delle imprese.

Un primo dato importante che caratterizza la tipologia delle imprese riguarda le modalità operative

dell’impresa all’interno del processo edilizio. Coerentemente con quelle che erano le finalità dell’indagine, la maggior parte delle imprese intervistate (68) si caratterizza come impresa genera-

le di costruzioni. Tali tipologie di imprese edili acquisiscono commesse la cui realizzazione richiede competenze plu-ri-disciplinari ed operano coordinando in cantiere i lavori di singole imprese specializzate e lavora-tori autonomi (outsourcing). Tabella 4 Modalità operative dell’impresa.

Tipologie di impresa: v.a.

Impresa generale 68

Imprese individuali e lavoratori autonomi 10

Impresa specializzata 9

Impresa che partecipa a consorzio ammesso ai pubblici appalti 3

Altro 1

Totale 91

Le suddette imprese generali devono assicurare la capacità di efficace coordinamento e gestione delle attività operative (sia progettuali, sia realizzative) affidate all’esterno (governo dell’outsourcing), fra loro anche diversificate (flessibilità), mantenendo piena responsabilità nei confronti della committenza in ordine alla qualità delle opere realizzate. Una larga parte delle imprese italiane – indipendentemente dalla dimensione – opera prevalente-mente come impresa generale di costruzione, coordinando dei subappaltatori; la caratteristica di im-presa generale di costruzione può facilmente essere desunta, oltre che dalle modalità operative della stessa impresa, dal rapporto fra fatturato e numero medio di dipendenti nell’anno: sembra, infatti, sostenibile che a fatturati procapite superiori a 150.000 euro corrisponda una quota di subappalti superiore al 50% del fatturato e quindi sostanzialmente un’impresa generale di costruzione. Essere impresa generale di costruzione è una caratteristica strutturale che condiziona il modo di o-perare e non è correlata alle tipologie di lavorazioni effettuate o, ancor meno, alle categorie compre-se nell’attestato rilasciato dalla SOA: Esistono imprese generali di costruzione che operano in setto-ri ad elevata specializzazione come ad esempio il restauro o l’impiantistica elettrica. Tra le imprese generali di costruzione rientra anche la figura denominata “General Contractor” (Legge obiettivo 190/2002) ma le due figure non devono essere confuse. Il contraente generale è, infatti, un’impresa generale di costruzioni dotata di particolari caratteristiche dimensionali, tecniche e finanziarie. Sul fronte opposto troviamo 9 imprese intervistate che operano come imprese specializzate. Sono imprese che operano prevalentemente in uno o più settori specialistici, secondo procedimen-ti/procedure standardizzati, generalmente in subappalto alle imprese generali di cui sopra. Le

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suddette imprese devono assicurare il possesso ed il mantenimento di adeguata competenza tecnica specialistica e la disponibilità di adeguate risorse umane e strumentali. In tal senso, queste tipologie di imprese edili sono più simili, nel loro modo di operare, alle imprese manifatturiere. Le imprese individuali e i lavoratori autonomi coinvolti nell’indagine sono in totale 10. Tale tipo di imprese rappresenta lo “zoccolo duro” del settore edilizio trentino (e italiano) composto in preva-lenza da imprese artigiane senza lavoratori dipendenti. Come evidenziato nella tabella 1 e nelle fi-gure 3 e 4 riportate nei precedenti paragrafi, le imprese edili con un solo addetto in provincia di Trento rappresento il 53,7% delle imprese ed il 18,1% degli addetti nel settore: la consistenza delle imprese individuali nel settore delle costruzioni non è solo un elemento strutturale ma anche ten-denziale. Non vi è dubbio, che in rapporto al peso che ha nel comparto a livello provinciale, questa tipologia d’impresa, è - nell’ambito della presente indagine – decisamente sottorappresentata. Si tratta comunque dell’ultimo anello della filiera del costruire ed il loro coinvolgimento nell’indagine è stato volutamente parziale in quanto è abbastanza difficile attribuire a questo tipo di imprese stra-tegie orientate all’innovazione e all’aggregazione. Per ultime (3 imprese) troviamo le imprese partecipanti a consorzi ammessi ai pubblici appalti. Questi consorzi concorrono in prima persona alle procedure di affidamento delle opere, assumendo la titolarità e responsabilità professionale e giuridica della relativa realizzazione. La struttura attra-verso la quale garantiscono l’esecuzione delle lavorazioni e delle altre prestazioni oggetto del con-tratto è, per legge, quella costituita dall’insieme delle società consorziate, considerate parte organica della struttura consortile. Il trasferimento ad una consorziata della responsabilità per l’esecuzione del contratto avviene attraverso un atto specifico (l’assegnazione) che non costituisce subappalto. Ne consegue che la qualità delle opere realizzate dipende dalle capacità complessive delle imprese consorziate nel loro insieme che, come si è detto, costituisce parte integrante e essenziale della struttura consortile.

4.2 Forma giuridica e partecipazione a gruppi d’impresa

Il dato relativo alle forme giuridiche assunte dalle imprese indagate riflette le caratteristiche delle imprese del settore in termini di modalità operative e dimensioni delle unità locali. Le società di ca-pitale hanno un “peso” più elevato dove la necessità di far fronte a lavori completi di costruzione spinge le imprese a dotarsi di strutture aziendali più complesse Per contro, il comparto che richiede singole specializzazioni produttive oltreché bassi investimenti, si caratterizza per l’ampia prevalen-za di società di persone. Data la prevalente tipologia d’imprese analizzate, le forme giuridiche più diffuse riguardano, per l’appunto, le società di capitali, in particolare la S.r.l (57 imprese); mentre la S.p.A. si colloca a notevole distanza riguardando 9 imprese tra quelle analizzate.

Tabella 5 Forma giudica dell’impresa.

Forma giuridica v.a.

S.r.l. 57

S.n.c. 12

S.p.A 9

S.a.s. 5

Cooperativa 4

Impresa individuale 3

Consorzio 1

Totale 91

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Abbastanza diffusa è anche la S.n.c (12 imprese) e limitate a 5 casi le S.a.s.: quest’ultimo tipo di società, nasce solitamente quando ci sono dei soggetti capitalisti che vogliono investire, ma limitare il proprio rischio, e soggetti imprenditori che sono in possesso di una parte limitata di capitali. Lo scarso numero di imprese individuali (solo 3 imprese) riflette lo scarso peso attributo a questo tipo di imprese nella definizione del campione utilizzato nella presente indagine, ma anche il fatto che le imprese individuali e i lavoratori autonomi si dotano spesso di forme giuridiche più complesse.

Tabella 6 Forma giuridica per tipologia d’impresa.

Impresa

Generale

Impresa

Individuale e

Lavoratori

autonomi

Impresa

specializzata

Impresa

partecipante

a consorzi per

pubblici

appalti

Altro

Totale

S.r.l. 44 4 8 1 57

S.n.c. 9 2 0 1 12

S.p.A 9 0 0 9

S.a.s. 4 0 1 0 5

Cooperativa 1 1 0 1 1 4

Impresa individuale 0 3 0 0 3

Consorzio 1 0 0 0 1

Totale 68 10 9 3 1 91

L'appartenenza a gruppi è un altro indicatore della struttura di relazioni tra imprese. La formazio-ne dei gruppi è nei fatti una forma di integrazione verticale9 attuata attraverso l’acquisizione (o cre-azione) di aziende subfornitrici o comunque complementari al ciclo produttivo. Si tratta di un mo-dello che può essere in molti casi interpretato come la “formalizzazione” di rapporti inter-aziendali di filiera e che segna in molti casi una fase cruciale nella crescita delle imprese: non una crescita per via interna (con l’ampliamento della base occupazionale) bensì per linee esterne, attraverso l’acquisizione (o la creazione ex novo) di imprese, nella maggior parte dei casi legate al core busi-

ness aziendale e aggregate in forma gerarchica sotto un’impresa leader ben riconoscibile sul merca-to. I principali benefici derivati dalla formazione del gruppo, riguardano la possibilità di favorire la specializzazione delle attività produttive, di accedere a mercati di dimensioni di più ampie e di svi-luppare maggiori opportunità di business rispetto a quanto sarebbe possibile operando singolarmen-te. Nell’ambito del campione analizzato 16 imprese hanno dichiarato di far parte di un gruppo, di queste, 6 hanno partecipazioni (o sono partecipate) in società immobiliari, presidiando in tal mo-do la funzione di vendita.

9 Nella microeconomia e nel management strategico, il termine integrazione verticale descrive uno stile di possesso e di controllo. Compagnie integrate verticalmente sono unite attraverso una gerarchia e condividono un proprietario co-mune. Di solito ogni membro della gerarchia si occupa di prodotti differenti e i prodotti insieme soddisfano un bisogno comune. Tramite questo approccio strategico, la compagnia può godere di molti benefici: il controllo dei processi e del-le fonti, la riduzione dei rischi di stockout delle scorte, impiego degli slack di capacità produttiva, l'eliminazione dei contrasti con i fornitori a monte, una maggiore customizzazione dei prodotti o dei servizi erogati, lo sfruttamento di e-conomia di scala (con lo svantaggio di perdere specializzazione) e la conservazione del talento organizzativo.

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Tabella 7 Appartenenza a gruppi per tipologia di impresa.

Tipologie di impresa: SI NO Totale

Impresa generale 15 54 68

Imprese individuali e lavoratori autonomi 0 10 10

Impresa specializzata 0 9 9

Impresa che partecipa a consorzio ammesso ai pubblici appalti 1 2 3

Altro 0 1 1

Totale 16 75 91

Tabella 8 Appartenenza a gruppi per forma giuridica.

Forma giuridica SI NO Totale

S.r.l. 11 46 57

S.n.c. 1 11 12

S.p.A 4 5 9

S.a.s. 0 5 5

Cooperativa 0 4 4

Impresa individuale 0 3 3

Consorzio 0 1 1

Totale 16 75 91

4.3 Attestazione SOA e certificazioni

La qualificazione delle imprese è un elemento strategico per affrontare il mercato. Le domande ri-guardanti la presenza di certificazioni ISO 9000 e la presenza di attestazione SOA evidenziano, in-fatti, che le imprese del campione guardano, in una percentuale assolutamente rilevante, alla certifi-cazione di qualità come un elemento importante per stare sul mercato, in quanto legata alla capacità dell’impresa di organizzarsi al suo interno. La normativa vigente prevede un sistema unico di quali-ficazione delle imprese di costruzione, obbligatorio per tutti gli esecutori di lavori pubblici di im-porto superiore a 150.000 euro, attuato da società per azioni di diritto speciale denominate S.O.A. (Società Organismi di Attestazione), appositamente autorizzate dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e da questa controllate. Le imprese qualificate SOA sono iscritte in un apposito Casellario, in vigore dal 2000, che costituisce un importante strumento informativo a disposizione delle stazioni appaltanti, nell’ottica di una maggiore semplificazione delle procedure di gara. Nell’ambito delle imprese analizzate le qualificate SOA sono 63 su 91. Tra queste troviamo: • 46 imprese generali di costruzioni (su 68); • 6 imprese specializzate (su 9); • 7 imprese individuali ( su 10); • e, naturalmente, tutte tre le imprese aderenti a consorzi ammessi a pubblici appalti. Le 28 imprese che non hanno acquisito la qualificazione SOA hanno motivato tale scelta con il fatto di non partecipare volutamente ad appalti pubblici. Condizione necessaria per il rilascio dell’attestazione da parte di una SOA (per classifiche maggiori o uguali alla III) è in ogni caso il possesso da parte di un’impresa di un certificato ISO 9000. All’interno del campione analizzato le imprese che hanno dichiarato di possedere la certificazione ISO 9001 sono 63. Sono, inoltre, 5 le imprese che, oltre, all’ISO 9001, sono anche in possesso della certificazione ISO 14001.

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Tabella 9 Qualificazioni SOA delle imprese intervistate.

Qualificazioni SOA

I

Fino a €

258.228

II

Fino a €

516.457

III

Fino a €

1.032.913

IV

Fino a €

2.582.284

V

Fino a €

5.164.569

VI

Fino a €

10.329.138

VII

Fino a €

15.493.707

VIII

Oltre a €

15.493.707

Totale

OG 1 Edifici civili e industriali 1 2 4 12 15 12 3 12 61

OG 2 Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela 1 5 3 1 1 1 12

OG 3 Strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, metropolitane 1 4 14 6 6 3 2 36

OG 4 Opere d’arte nel sottosuolo 1 1

OG 5 Dighe 1 1

OG 6 Acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere di irrigazione e di eva-

cuazione 2 3 6 3 6 3 23

OG 7 Opere marittime e lavori di dragaggio

OG 8 Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica 3 3 6

OG 9 Impianti per la produzione di energia elettrica

OG 10 Impianti per la trasformazione e distribuzione di energia elet-

trica

OG 11 Impianti tecnologici

OG 12 Opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale 1 1 2 1 5

OG 13 Opere di ingegneria naturalistica 1 1 1 3

OS 1 Lavori in terra 1 3 5 1 1 11

OS 2 Superfici decorate e beni mobili di interesse storico e artistico

OS 3 Impianti idrico-sanitario, cucine, lavanderie 1 1

OS 4 Impianti elettromeccanici trasportatori

OS 5 Impianti pneumatici e antintrusione

OS 6 Finiture di opere generali in materiali lignei, plastici, metallici e

vetrosi 2 1 1 4

OS 7 Finiture di opere generali di natura edile 1 1 2

OS 8 Finiture di opere generali di natura tecnica 2 2

OS 9 Impianti per la segnaletica luminosa e la sicurezza del traffico

OS 10 Segnaletica stradale non luminosa

OS 11 Apparecchiature strutturali speciali 1 1

OS 12 Barriere e protezioni stradali 1 1 2

OS 13 Strutture prefabbricate in cemento armato

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OS 14 Impianti di smaltimento e recupero rifiuti

OS 15 Pulizia di acque marine, lacustri, fluviali

OS 16 Impianti per centrali produzione energia elettrica

OS 17 Linee telefoniche ed impianti di telefonia

OS 18 Componenti strutturali in acciaio o metallo 2 1 1 4

OS 19 Impianti di reti di telecomunicazione e di trasmissioni e trat-

tamento à.

OS 20 Rilevamenti topografici

OS 21 Opere strutturali speciali 3 6 2 1 12

OS 22 Demolizione di opere 1 1 2

OS 23 Impianti di potabilizzazione e depurazione 1 4 1 6

OS 24 Verde e arredo urbano 1 2 2 5

OS 25 Scavi archeologici

OS 26 Pavimentazioni e sovrastrutture speciali 1 1

OS 27 Impianti per la trazione elettrica

OS 28 Impianti termici e di condizionamento

OS 29 Armamento ferroviario

OS 30 Impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi

OS 31 Impianti per la mobilità sospesa

OS 32 Strutture in legno 1 1 1 3

OS 33 Coperture speciali 1 1

OS 34 Sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità 1 1

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4.4 Gli addetti.

La ripartizione delle 91 imprese analizzate per classi di occupati in azienda (inclusi titolari, soci e familiari se operativi in azienda) è schematizzata nella seguente tabella da cui si evidenzia: il 24 %

di microimprese; il 60 % di piccole imprese; il 16 % di medie imprese. Gli estremi sono rappre-sentati da 4 imprese senza dipendenti (una ha più soci operativi) e da due imprese con più di 100 dipendenti (rispettivamente 110 e 120 dipendenti). Tabella 10 Numero di imprese per classi di addetti.

Occupati N.

1 occupato (il titolare) 3

Da 2 a 9 occupati 19

Da 10 a 19 occupati 33

Da 20 a 49 occupati 21

da 50 a 120 occupati 14

Non risposto 1

Totale 91

In totale nelle 90 imprese analizzate (un’impresa non ha fornito i dati relativi al personale) sono

occupate 2.161 persone. Una ripartizione percentuale di tali occupati per livello di inquadramen-

to è schematizzata dal seguente grafico in cui si rileva il 66% di figure operarie (dove a prevalere sono gli operai specializzati e super specializzati) e il 34% di figure “terziarie” (dove a prevale-re sono i tecnici). Figura 6 Percentuale personale delle imprese per livello di inquadramento.

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Chiaramente tali livelli di inquadramento del personale occupato in aziende non sono rilevabili in tutte le aziende del campione e la loro consistenza varia a seconda della dimensione dell’impresa. I dati rilevati evidenziano come: • la microimpresa si caratterizza per una maggiore percentuale di soci e famigliari coinvolti

nell’operatività dell’impresa: • la piccola impresa si caratterizza per una maggiore percentuale di operai specializzati e super-

specializzati; • la media impresa si caratterizza per la maggiore percentuale di personale tecnico, oltre che per

la presenza di dirigenti e quadri (comunque presenti, anche se in misura più limitata, nella pic-cola impresa).

Figura 7 Percentuale personale delle imprese per livello di inquadramento e per dimensione d’impresa.

9,1 9 9,3

18,2 20,1 19,4

23,6

42,234,5

19,1

17,9 30,7

30

9,33

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Microimprese Piccole imprese Medie imprese

soci e famigliari operativi

dirigenti

quadri

impiegati tecnici

operaispecializzati/superspecializzati

operai qualificati

operai comuni

Tabella 11: Numero imprese con personale per livello di inquadramento.

Microimprese Piccole imprese

Medie imprese

Totale

Numero aziende: 22 54 14 90

senza dipendenti 4 - - 4

con operai comuni 7 31 11 49

con operai qualificati 8 43 13 64

con operai specializzati/super specializzati 11 50 14 75

con impiegati tecnici 10 42 13 65

con quadri 0 2 9 11

con dirigenti 0 7 4 11

Con soci e famigliari operativi 16 37 10 63

Un dato di interesse rispetto alla composizione del personale delle aziende è dato dalla percentuale di personale operativo in azienda su diverse funzioni aziendali. Ad interessare è in particolare la quota di personale interno all’impresa dedicato alla produzione di conoscenza (progettazione, ri-cerca, design, sviluppo processi) alla logistica di produzione e di mercato (sistemi informativi,

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34

rapporto con i fornitori, gestione appalti, marketing e vendite, assistenza clienti) allo sviluppo di si-

stemi di garanzia (test, collaudi, sistemi di qualità). Sull’intero campione analizzato il rapporto che si instaura tra il personale dedicato alla produzione di cantiere e personale dedicato a funzioni terziarie è rispettivamente del 60 e del 40%. Tra le fun-zioni terziarie prevale la tradizionale funzione di amministrazione e gestione del personale (a cui è dedicato il 10% delle risorse interne) a cui si aggiungono: le funzioni di marketing, vendita e assi-

stenza ai clienti (7%); le funzioni di gestione dei fornitori e di gestione degli appalti (entrambe sul 7%); e funzioni di progettazione, ricerca, design, sviluppo processi e le funzioni di gestione di si-

stemi informativi (entrambe al 6%): e per ultime (al 3%) le funzioni riguardanti test, collaudi e si-

stemi di qualità. Figura 8 Percentuale personale delle imprese per funzione aziendale.

Anche in questo caso, la presenza di personale interno dedicato a specifiche funzioni aziendali varia a seconda la dimensione d’impresa. Non è comunque scontato che le medie imprese si caratterizzi-no per una maggiore presenza di personale dedicato alla gestione di “funzioni terziarie pregiate”.

Come evidenziato nella seguente tabella, le medie imprese primeggiano per la presenza interna

all’azienda di risorse dedicate all’innovazione, alla qualità e alla gestione degli appalti, ovvero, alle funzioni: • di progettazione, ricerca, design, sviluppo processi (funzioni internalizzate dal 57,1% delle me-

die imprese); • relative a test, collaudi, gestione di sistemi della qualità (funzioni internalizzate dal 64,4% delle

medie imprese); • relative alla gestione degli appalti (funzioni internalizzate dall’85,7% delle medie imprese).

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Le microimprese dedicano maggiormente le risorse interne a tutte quelle funzioni che gli con-sentono di “governare” l’ambiente esterno all’impresa, ovvero, le funzioni: • di vendita e assistenza ai clienti (funzioni presenti nell’81,8% delle microimprese); • di interfaccia con i fornitori (funzione presente nell’81,8% delle microimprese); • di marketing e comunicazione ( funzioni presenti nel 63,6% delle microimprese); • di gestione di sistemi informativi (funzioni presenti nel 63,6% delle microimprese). Le piccole imprese si collocano su valori intermedi, primeggiando esclusivamente rispetto alle ri-sorse interne dedicate alla produzione in cantiere. Tabella 12: Percentuale di aziende che hanno personale interno dedicato a specifiche funzioni.

Microimprese

Piccole Imprese

Medie imprese

Progettazione, ricerca, design, sviluppo processi 22,7 33,3 57,1

Test, collaudi, sistemi di qualità 27,3 48,1 64,4

Sistemi informativi 63,6 51,9 42,9

Produzione in cantiere 63,6 87 85,7

Marketing, comunicazione 63,6 29,6 42,9

Vendita, assistenza clienti 81,8 57,4 50

Amministrazione, gestione personale 77,3 81,5 85,7

Rapporti con i fornitori 81,8 59,3 78,6

Gestione appalti 40,9 66,7 85,7

I dati sopra riportati sono comprensibili se si considera che più le imprese sono piccole più devono economizzare lo scarso capitale di cui dispongono ricorrendo ad una più efficace gestione e cono-scenza delle risorse esterne all’azienda. In altre parole, più le imprese sono piccole più devono “in-ventarsi” forme originali di modernizzazione dei loro cicli produttivi, che non passano per forti in-vestimenti di risorse interne e capitali (che non potrebbero fare), ma per alleanze, collaborazioni, specializzazioni, focalizzazioni su nicchie produttive ad elevata sostenibilità. Figura 9 Percentuale personale delle imprese per funzione aziendale e dimensione d’impresa.

29,57

59,01 73,11

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

microimprese piccole imprese medie imprese

Gestione appalti

Rapporti con i fornitori

Amministrazione, gestione personale

Vendita, assistenza clienti

Marketing, comunicazione

Produzione in cantiere

Sistema informativo

Test, collaudi, sistemi di qualità

Profettazione, ricerca, design, sviluppo

processi

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36

Si può affermare che nella maggioranza dei casi l’azienda impiega direttamente il personale ammi-nistrativo e impiegatizio, poiché la sua attività core è predisporre procedure, fare correre le carte, sovrintendere ai procedimenti e alle pratiche amministrative. Se opera all’interno del settore pubbli-co, ha (più o meno formalizzato) un ufficio gare, il cui compito è individuare gli appalti ed even-tualmente predisporre l’offerta. Anche nel settore privato (residenziale e non) il carico amministra-tivo è significativo, per queste ragioni la maggior parte degli operatori operano con un certo equili-brio tra personale impiegatizio e operai. E’ comunque evidente che, in proporzione a quelle che sono le risorse interne, la microimpresa de-ve dedicare una maggiore percentuale di personale alle funzioni terziarie, (in particolare come visto sopra ai rapporti con i fornitori, alla vendita e all’assistenza clienti). Nella media impresa il dato dimensionale è, invece, determinato dalla maggiore presenza di personale dedicato alla produzione in cantiere, in quanto riesce a ottenere maggiori economie di scala rispetto alla percentuale di per-sonale dedicato ai servizi terziari interni all’azienda. In relazione alla situazione di crisi che stiamo attraversando un interessante indicatore è rappresen-tato dall’andamento nel numero degli occupati nelle aziende. E’ stato chiesto alle imprese se ri-spetto agli ultimi tre anni - cioè dal 2007, anno di inizio della crisi - gli addetti sono diminuiti, rima-sti stabili o cresciuti. Rispetto a tale dato non si individua un andamento dominante, gli andamenti registrati si ripartiscono, infatti, in modo abbastanza uniforme, con una leggera maggioranza di im-prese (41%) che dichiarano di avere mantenuto lo stesso livello di occupati. E’ comunque interes-sante notare come, nonostante la situazione di crisi, il 27% delle imprese abbia indicato una crescita degli occupati. Figura 10 Andamento percentuale degli occupati in azienda negli ultimi tre anni.

Una ripartizione per classe dimensionale evidenzia come gli andamenti (positivi o negativi) dell’occupazione si ripartiscano in tutte le classi analizzate: ciò porta a pensare che l’andamento ne-gativo o positivo dell’occupazione non dipenda tanto dall’andamento generale del settore, quanto piuttosto dalla situazione di mercato di ogni singola impresa. Nelle medie imprese la percentuale di imprese che denuncia una diminuzione dell’occupazione (21,4%) viene compensato dalla stessa percentuale di imprese (sempre 21,4%) che dichiarano un

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37

incremento di occupazione. Le piccole imprese sono quelle che presentano una maggiore variabili-tà dei dati con una leggera predominanza delle imprese che dichiarano incrementi occupazionali. Le microimprese sono quelle che evidenziano le minori percentuali di incremento occupazionale (4,5%), ma sono anche quelle che dichiarano una maggiore stabilità nella dinamica degli occupati.

Figura 11: Andamento percentuale degli occupati in azienda negli ultimi tre anni per classe dimensionale.

4,5

37

21,4

63,6

27,8 57,1

31,8 35,2

21,4

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Microimpresa Piccola impresa Media impresa

Diminuiti

Rimasti stabili

Cresciuti

Un ultimo dato rilevato sulla situazione degli addetti riguarda la presenza di manodopera stranie-

ra, che come noto, rappresenta una rilevante quota dell’occupazione in edilizia. Dai dati forniti dal-la Cassa edile di Trento si evidenzia il progressivo peso della manodopera straniera del comparto delle costruzioni in provincia di Trento. Figura 12 Manodopera presente nel settore delle costruzioni in Trentino dal 2000 al 2009.

Fonte:Cassa Edile di trento

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Come evidenziato nel grafico seguente i lavoratori stranieri sono presenti nel 67% delle imprese in-tervistate: nel 57% dei casi assunti come addetti a tempo pieno. Figura 13 Percentuale di imprese che occupano manodopera straniera.

Come era logico aspettarsi, il maggior ricorso alla manodopera straniera, attraverso contratti a tem-po indeterminato, è riscontrabile nella media impresa. Figura 14 Percentuale di imprese che occupano manodopera straniera.

22,7

66,7

71,4

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

microimpresa piccola impresa media impresa

Non risponde

Si, come addetti assunti atempo deterninato

Si, come addetti assunti atempo pieno

Non utilizziamo direttamentemanodopera straniera

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39

4.5 I fatturati.

La distribuzione dei fatturati (al 2009) delle imprese analizzate presenta un’estrema variabilità che va dal fatturato minimo rilevato di 40 mila euro al fatturato massimo di 60 milioni di euro. Una di-stribuzione delle imprese del campione per classe di fatturato è schematizzata nel seguente grafico. Figura 15 Numero aziende per classe di fatturato

2

5

6

16

5

14

16

16

7

4

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

Non dichiarato

Da 20 MLN a 60 MLN

da 10 MLN a < di 20 MLN

da 5 MLN a < di 10 MLN

da 4 MLN a < di 5 MLN

da 3 MLN a < di 4 MLN

da 2 MLN a < di 3 MLN

da 1 MLN a < di 2 MLN

da 500.000 a < di 1 MLN

< 500.000

Il fatturato è chiaramente espressione del numero di addetti, pur se il peso di questi sul fatturato di-penda anche da molti altri fattori: dal numero di appalti vinti, dalla tipologia dei processi produttivi, dall’organizzazione del lavoro, dal grado di innovazione degli impianti e delle tecnologie e non da ultimo dall’età dell’impresa. Una ripartizione del fatturato per classe dimensionale di impresa è riportata nella seguente tabella. Tabella 13: Classi di fatturato per classi dimensionali.

Microimpresa Piccola impresa

Media impresa

< 500.000 3 1 -

da 500.000 a < di 1 MLN 5 2 0

da 1 MLN a < di 2 MLN 8 8 0

da 2 MLN a < di 3 MLN 4 12 0

da 3 MLN a < di 4 MLN - 14 0

da 4 MLN a < di 5 MLN - 5 0

da 5 MLN a < di 10 MLN 1 10 5

da 10 MLN a < di 20 MLN - 1 5

Da 20 MLN a 60 MLN - 1 4

Non dichiarato 1 - 0

Totale 22 54 14

Il fatturato medio per addetto - calcolato sulle 89 imprese che hanno fornito sia il dato relativo agli addetti sia il dato relativo al fatturato si attesta sui 247.839 euro.

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40

Considerando gli andamenti dei fatturati negli ultimi tre anni emerge come – nonostante il perio-do di crisi - il 31% delle imprese abbia incrementato i propri fatturati con variazioni che nella mag-gioranza dei casi si attestano sul 10 %. Il 20% delle imprese ha dichiarato una stabilità, mentre la percentuale maggiore delle imprese 41% hanno denunciato cali di fatturati che si attestano nella maggioranza dei casi si attestano su un – 10%. Figura 16 Percentuale di imprese per andamento del fatturato negli ultimi tre anni.

Dai dati rilevati nel campione di imprese analizzate emerge come ad avere maggiormente sofferto in questi ultimi tre anni di crisi siano le microimprese il 52,6% delle quali denuncia un calo dei fat-turati. Figura 17 Percentuale di imprese per andamento del fatturato negli ultimi tre anni e per classe dimensionale.

21,132,7

53,8

26,3

19,2

23,1

52,6 48,1

23,1

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Microimprese Piccole imprese Medie imprese

diminuito

rimasto stabile

cresciuto

Un più dettagliato quadro degli andamenti di fatturato per percentuale di variazione (positiva o ne-gativa) e per classe dimensionale delle imprese si ha nel seguente grafico da cui si evidenzia una maggiore stabilità nell’andamento dei fatturati nelle medie imprese (con oscillazioni tra il -20% e il + 30%).

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41

Figura 18 Numero di imprese per percentuale di variazione del fatturato negli ultimi tre anni per classe dimen-

sionale.

1 12 2

3

1

5

1 1 1 11

4

1

4

6

8

1

10

6

4 2 2

21

1

1

1

3

3

12

1

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

-100 -50 -40 -30 -20 -10 -5 0 5 10 20 30 40 50 100

medie imprese

piccole imprese

microimprese

Alle imprese è stato anche chiesto di fare una previsione sull’andamento del fatturato nei pros-

simi tre anni. Tale domanda ha provocato non poche perplessità in quanto la mancata programma-zione degli appalti e la difficoltà di capire quanti cantieri apriranno una volta terminati quelli in cor-so, rende abbastanza difficoltoso per l’impresa edile fare previsioni sul futuro. Delle 91 imprese in-tervistate, solo 66 hanno azzardato una risposta. L’oggettiva difficoltà di tale previsione – stante l’attuale situazione di crisi di cui non si capisce l’evoluzione – emerge dalle risposte alla domanda, con il campione praticamente spaccato in quattro parti più o meno uguali. Figura 19 Previsione dell’andamento del fatturato nei prossimi tre anni.

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42

Figura 20 Previsione andamento fatturato nei prossimi tre anni per classe dimensionale.

13,6

29,6

14,3

18,2

20,4

35,7

22,7

25,9

42,945,5

24,1

7,1

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Microimpresa Piccola impresa Media impresa

Non risponde

Diminuzione

Crescita

Stabilità

4.6 Il mercato delle imprese

Il segmento di mercato maggiormente praticato dalle imprese del campione è quello della realiz-

zazione / ristrutturazione di abitazioni. Su tale segmento di mercato le aziende operano su com-messa di: • privati cittadini (64 aziende intervistate); • enti privati - ad esclusione di immobiliari e altre imprese di costruzione - ( 53 imprese); • enti pubblici (46 imprese); • gruppi immobiliari (46 imprese); • altre imprese di costruzione (15 imprese). Significativo anche il numero delle imprese che operano in assenza di una specifica committenza, realizzando abitazioni in autonomia per collocarle successivamente sul mercato (43 imprese). Il co-struttore gioca in questo caso anche il ruolo del committente – promotore o, se vogliamo, di quello che gli americani chiamano builder.

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43

Figura 21 Numero di imprese che operano sui diversi segmenti di mercato (erano possibili più risposte).

4

12

15

21

21

25

35

37

41

43

46

46

49

53

64

0 10 20 30 40 50 60 70

Altro

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni progettate in autonomia che

successivamente vende a gruppi immobiliari

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di altre imprese di

costruzione

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di

gruppi immobiliari

L’azienda realizza / ristruttura aree produttive,commerciali,terziarie

progettate in autonomia che successivamente vende sul mercato

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di enti

pubblici

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di

imprese private

L’azienda realizza opere (stradali, infrastrutturali, ecc.) su incarico di enti

pubblici

L’azienda restaura / recupera edifici storici

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni progettate in autonomia che

successivamente vende sul mercato

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di gruppi immobiliari

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di enti pubblici

L’azienda realizza / ristruttura edifici pubblici su incarico di enti pubblici

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di enti privati

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di privati cittadini

La presenza nei vari segmenti di mercato presenta alcune specificità legate alla dimensione d’impresa. Una ripartizione percentuale delle imprese operanti sui diversi segmenti di mercato per classe dimensionale è riportata nel grafico di pagina seguente.

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44

Figura 22 Percentuali imprese per classe dimensionale e per segmento di mercato.

0

9,1

9,1

13,6

18,2

9,1

27,3

36,4

18,2

40,9

27,3

22,7

22,7

45,5

77,3

7,4

16,7

20,4

18,5

20,4

20,4

38,9

59,3

42,6

50

51,9

55,6

59,3

61,1

75,9

0

7,1

14,3

35,7

35,7

78,6

50

28,6

64,3

35,7

57,1

78,6

78,6

71,4

35,7

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

Altro

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni progettate in autonomia che successivamente vende a

gruppi immobiliari

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di altre imprese di costruzione

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di gruppi immobiliari

L’azienda realizza / ristruttura aree produttive,commerciali,terziarie progettate in autonomia che

successivamente vende sul mercato

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di enti pubblici

L’azienda realizza aree produttive, commerciali, terziarie su incarico di imprese private

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di gruppi immobiliari

L’azienda realizza opere (stradali, infrastrutturali, ecc.) su incarico di enti pubblici

L’azienda restaura / recupera edifici storici

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni progettate in autonomia che successivamente vende

sul mercato

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di enti pubblici

L’azienda realizza / ristruttura edifici pubblici su incarico di enti pubblici

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di enti privati

L’azienda realizza / ristruttura abitazioni su incarico di privati cittadini

media

piccola

micro

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45

Se analizziamo i dati per tipologia di committenza notiamo come le medie imprese presentano i

valori percentuali più alti in tutti i segmenti di mercato collegati alla committenza pubblica: il 78,6% delle medie imprese realizza edifici pubblici, abitazioni, aree produttive, commerciali e ter-ziarie, su commessa di enti pubblici. Il 64,3% delle medie imprese intervistate realizza inoltre opere infrastrutturali per conto di enti pubblici. La domanda privata di abitazioni è invece presidiata dalle microimprese e dalle piccole im-

prese: il 77,3% delle microimprese e il 75,9% delle piccole imprese realizza abitazioni su incarico di privati cittadini. Un’altra specificità della piccola impresa edile è quella di presentare i valori percentuali più alti nel restauro e recupero di edifici storici (il 50% delle piccole imprese intervistate opera in questo segmento di mercato) e nella realizzazione di abitazioni per conto di gruppi immobiliari (59,3%) e per conto di altre imprese edili (20,4%). Le aziende che hanno la forza finanziaria di realizzare abitazioni in autonomia e porle successi-vamente sul mercato sono – come ci si poteva aspettare – medie imprese (il 57,1% delle medie im-prese opera anche in questo segmento), ma si rileva anche una percentuale consistente di piccole imprese (51,9%). La maggior parte delle imprese che realizzano abitazioni in autonomia si occupa-no anche della vendita direttamente in cantiere. La percentuale di venduto prima della conclusio-ne dei lavori – calcolate sulla media delle risposte fornite dalle imprese – risulta essere attualmente del 37%. La stessa percentuale media nel 2007 prima della crisi - sempre secondo i dati forniti dalle imprese - era del 62%. Una distribuzione percentuale dei fatturati delle imprese per tipologia di committenza, sulla base dei dati forniti da 89 imprese, è schematizzata di seguito. Figura 23 Distribuzione percentuale del fatturato per tipologia di committenza.

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46

La composizione del fatturato per tipologia di committenza, come illustrato dal seguente grafico, varia notevolmente a seconda della classe dimensionale d’impresa. Dal grafico risulta evidente come il fatturato delle medie imprese sia per la maggior parte compo-sto da commesse di Enti pubblici (61,4%) a cui si aggiunge un 18,2% di “altri committenti privati” quali possono essere imprese e enti privati. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare le medie imprese risultano essere quelle che intrattengono rapporti di fornitura con altre imprese di costru-zione (7,4% del loro fatturato). Sul lato opposto si evidenzia come la committenza della microimpresa sia in maggioranza compo-sto da privati cittadini (47,1 del loro fatturato) a cui si aggiunge una quota importante di fatturato realizzato con società immobiliari (29%). Figura 24 Distribuzione percentuale del fatturato per tipologia di committenza e per classe dimensionale.

47,1

29,5

2,5

2,4

2,9

7,4

29

18,2

3,4

7,9

15,5

18,2

13,6

32

61,4

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Microimprese Piccole imprese Medie imprese

Enti pubblici

Altri committenti privati

Società immobiliari

Altre imprese di costruzione

Privati cittadini

Relativamente ai mercati geografici di sbocco - sempre riferendoci ai fatturati del 2009 - risulta che il mercato delle imprese intervistate è essenzialmente locale: 68 imprese su 91 realizzano l’intero loro fatturato in provincia di Trento; 12 imprese realizzano parte del loro fatturato in pro-vincia di Bolzano; 20 imprese realizzano parte del loro fatturato in altre regioni italiane e solo 2 sui mercati esteri. Una ripartizione del fatturato delle imprese per mercato di sbocco è illustrato dal seguente gra-fico in cui si evidenzia come il 92,4 del fatturato complessivo delle imprese analizzate è realizzato in provincia di Trento, il 5,2% in altre regioni italiane, il 2,3% in provincia di Bolzano e solo lo 0,1% sui mercati esteri.

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47

Figura 25 Percentuale del fatturato delle imprese per mercato.

Le percentuali di fatturato per mercato sono chiaramente funzione delle commesse acquisite nel corso del 2009, una ripartizione di tali percentuali per classe dimensionale evidenzia come siano le

medie imprese a presentare una maggiore proiezione sui mercati extraprovinciali. Risulta co-munque anche evidente come le microimprese - relativamente al 2009 - abbiano presentato una maggiore proiezione delle piccole imprese sui mercati italiani (5%) e su quelli esteri (0,5%). Si può ipotizzare che le microimprese –specialmente se specializzate- a seguito dei prevalenti rapporti di subfornitura, riescono anche ad operare sui mercati extraprovinciali. Figura 26 Percentuali di fatturato delle imprese per mercato di sbocco e per classe dimensionale

94,5 95,4

76,8

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Microimpresa Piccola impresa Media impresa

Estero

Altre regioni italiane

Provincia di Bolzano

Provincia di Trento

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48

In generale, si può affermare che quello delle costruzioni, se si eccettuano le imprese in grado di sviluppare grandi operazioni, rimane un po’ ovunque un settore fortemente legato al territorio, an-che per le evidenti difficoltà logistiche e tecnologiche legate alla realizzazione di opere fuori sede. Naturalmente imprese di grandi dimensioni e dotate di solidità organizzativa possono aggirare con facilità tali limiti, ma per le aziende di minori dimensioni tali ostacoli rimangono insormontabili.

4.7 La partecipazione a gare pubbliche

La partecipazione a gare pubbliche rappresenta una modalità di acquisizione di commesse per la maggioranza delle imprese. Su 91 imprese intervistate ben 61 aziende hanno partecipato a gare

d’appalto indette da enti pubblici negli ultimi tre anni.

Chiaramente, la partecipazione a gare pubbliche presuppone da parte dell’impresa una certa struttu-ra dimensionale e organizzativa: ad avere partecipato a gare pubbliche negli ultimi tre anni sono la totalità delle medie imprese intervistate; il 74,1% delle piccole imprese e solo il 27,3% delle mi-croimprese.

Figura 27 L’azienda ha partecipato a gare d’appalto indette da enti pubblici negli ultimi tre anni?

27,3

74,1

100

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Microimpresa Piccola impresa Media impresa

no

si

Il dato dimensionale dell’impresa risulta determinante nella scelta di partecipare o no a gare per ap-palti pubblici: il principale motivo addotto dalle 30 imprese che non partecipano a gare è l’eccessiva complessità delle procedure di gara e il fatto di non disporre risorse da investire nella presentazione delle offerte. Altre motivazioni riguardano l’eccessiva concorrenza, in particolare da parte di imprese provenienti da fuori provincia. Solo due imprese motivano la scelta di non parteci-pare a gare per il fatto che i prodotti e i servizi che offrono non sono richiesti dalle amministrazioni pubbliche. Un dato importante è che nessuna impresa lamenta il fatto che i bandi di gara pubblici non siano sufficientemente pubblicizzati. La maggior parte delle gare a cui hanno partecipato le imprese intervistate sono state indette da enti pubblici della provincia di Trento, non mancano comunque imprese che negli ultimi tre anni hanno partecipato a gare indette da enti esterni, anche a livello europeo.

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L’appalto è il contratto tipico che disciplina la realizzazione dei lavori edili. Questo tipo di contratto incarica la ditta designata (o appaltatrice) ad organizzare i mezzi necessari alla realizzazione dell’opera appaltata. Gli appalti sono principalmente di due tipi: di sola esecuzione oppure sia di progettazione esecutiva che di esecuzione. La stragrande maggioranza di quelli pubblici (circa il 90%) sono di sola esecuzione, mentre il secondo caso avviene solo se i progetti necessitano di parti-colari competenze specialistiche. Nel caso del campione indagato la maggior parte delle gare ha ri-guardato il solo appalto di lavori.

Tabella 14 Numero di imprese che negli ultimi tre anni hanno partecipato a gare pubbliche per tipologia di sta-

zione appaltante (possibili più risposte).

Stazioni appaltanti N.

Imprese

Provincia Autonoma di Trento 59

Amministrazioni comunali della provincia 57

Enti della Provincia di Trento 42

Enti di altre Provincie/Regioni italiane 12

Provincia Autonoma di Bolzano 11

Enti della Provincia di Bolzano 8

Enti statali 7

Altri stati europei 7

Altro 3

Tabella 15 Oggetto delle gare a cui hanno partecipato le imprese intervistate nell’ultimo triennio (% sul totale

delle gare).

Oggetto appalto %

Appalto di soli lavori 80,4

Appalto di progettazione, esecuzione e gestione 11,8

Appalto di lavori e gestione 5,9

Appalto di progettazione ed esecuzione 2

Fatto 100 il numero di inviti a partecipare a gare sotto il milione di euro pervenuti alle imprese nel corso del 2009, le offerte presentate ammontano all’86% dei casi, le gare vinte al 10,4% e le esclu-sioni dalle gare per motivi formali ad un risicato 1,2% dato, quest’ultimo, che testimonia l’elevata professionalità delle imprese nella predisposizione delle offerte. Più della metà delle imprese che partecipano a gare (34 su 61) dichiarano di avere attivato partnership consolidate da tempo con altre imprese che gli consentono di integrare le proprie com-petenze (integrazione SOA). Tali partnership, seppur ampiamente sperimentate, non si trasformano però in forme strutturate di collaborazione, come possono essere ad esempio i consorzi di imprese. La formazione di consorzi per la partecipazione a gare viene considerata eccessivamente vincolante a fronte di una più semplice associazione temporanea di imprese che consente, in caso di vincita, un’adeguata gestione dell’appalto.

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5. L’impatto della crisi finanziaria globale

5.1 I dati congiunturali e le (molteplici) ragioni della crisi.

Il settore delle costruzioni, ha vissuto dalla fine degli anni ’90 e per buona parte del decennio appe-na trascorso una sorta di âge d’or difficilmente ripetibile, che ha consentito di generare buone per-

formance economiche, consolidare il radicamento territoriale, accrescere il peso e l’importanza del settore nell’economia locale. A partire dal 2007 il mondo delle costruzioni, da motore del cambia-mento e settore trainante dell’economia, si trova immerso in una crisi della quale non è facile di-stinguere cause sistemiche e fattori endogeni. Dai dati riportati nel seguente grafico risulta evidente come l’impatto della crisi, a livello provincia-le, si è manifestato dapprima nel 2007 e poi in maniera più intensa nel 2008, con un significativo calo dei livelli di attività e quindi dei fatturati rispetto alla situazione precedente alla crisi, tornando sui valori dei primi anni 2000. Figura 28 Principali parametri congiunturali dell’industria trentina delle costruzioni e installazioni impianti (va-riazioni percentuali sullo stesso periodo dell’anno precedente).

Fonte: Elaborazioni Centro studi Confindustria Trento su dati CCIAA

Questi andamenti mostrano come nella realtà, il settore delle costruzioni trentino è stato esposto in questi ultimi anni a diverse “crisi”. La prima è una crisi settoriale partita agli inizi del 2008 ma i cui segnali erano ben presenti già nel 2007. Questa crisi settoriale sembra avere diverse motivazioni, molte delle quali rimandano a carat-teristiche strutturali del sistema per troppo tempo sottostimate in una crescita che sembrava inarre-stabile. La crisi è frutto di un eccesso di offerta e i segnali di un potenziale brusco arresto dei trend erano già dentro i dati stessi della crescita, principalmente riguardanti il naturale esaurimento del ci-clo espansivo della domanda dopo 10 anni di crescita e l’eccessivo incremento dei prezzi nella fase finale del ciclo (2004-2007). La domanda si è ridotta, ma l’offerta sconta dell’inerzia del settore: rallenta, ma non si ferma. L’invenduto rende difficile la ripresa del mercato.

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La seconda crisi, quella globale, partita dall’autunno 2008, ha prodotto una lunga fase recessiva, an-cora lungi dall’essere chiusa, comprimendo gli investimenti, il credito al consumo e modificando in profondità il rapporto con il sistema bancario e i meccanismi di pagamento, con ripercussioni su tut-ta la filiera. Per il settore delle costruzioni la crisi finanziaria del 2008, è solo un ulteriore elemento di difficoltà. Le imprese di costruzioni che stavano reagendo alla crisi che aveva colpito il settore si sono trovate ancora più esposte. Le risorse usualmente destinate ad affrontare le fasi critiche erano già state utilizzate per avviare progetti di rilancio lasciando così molti imprenditori edili ancora più esposti. A queste due crisi si deve aggiungere (perlomeno a livello nazionale ed in misura minore a livello provinciale) una contrazione della spesa in opere pubbliche e infrastrutturali, che da una parte ha ul-teriormente inasprito le condizioni di concorrenza all’interno del settore, e dall’altra ha ristretto il campo operativo delle imprese. L’effetto congiunto di questi processi pone oggi sotto pressione tutti gli operatori del settore: anche le imprese più solide si sono trovate a dover fronteggiare in maniera repentina un mutamento delle condizioni di mercato. Sempre dai dati riportati nel grafico precedente risulta evidente come il calo dei livelli di attività e dei fatturati sia stato accompagnato da una relativa tenuta occupazionale. Ciò è in parte imputabi-le alla resistenza delle imprese a far fronte alla crisi attraverso una contrazione dei dipendenti, ma anche allo scarto temporale che intercorre tra il calo del fatturato e la decisione dell’impresa di ri-durre i dipendenti. Il settore delle costruzioni è caratterizzato da una forte inerzia, è un settore pesante e lento, non è

facile fermarlo ed è difficile farlo ripartire, risente della crisi dopo gli altri settori manifatturieri e fa molta più fatica a ripartire. Non è un caso che allo stato attuale gli attori della filiera che mag-giormente hanno risentito della crisi, con drammatici cali di fatturato, non sono tanto le imprese di costruzione, quanto i fornitori di materie prime e componenti collocati a monte della filiera.10 Sebbene, come sopra detto, sia difficile distinguere cause sistemiche e fattori endogeni, non vi è comunque dubbio che la crisi finanziaria originata negli Stati Uniti e acuitasi nell’ultima parte del 2008, abbia prodotto un impatto rilevante nel settore delle costruzioni anche a livello provinciale, ampliando l’intensità della recessione già in atto nella seconda metà del 2007. 10 • La produzione di acciaio in Italia nel 2008 è scesa del –3,1% e il consumo apparente del tondo per cemento armato

è sceso del -5,7%; ma la produzione di acciaio nei primi nove mesi del 2009 è calata secondo Federacciai del 41,7%; • secondo Comamoter, le vendite di macchine per il movimento terra, sono calate del 22,4% nel 2008 e del 46,5%

nel 2009; • secondo l’Osservatorio Congiunturale di Federchimica di Luglio 2009 la produzione di chimica per l’industria,

che ha nelle costruzioni un settore di impiego sempre più importante, è calata nel 2008 del 5,3%; le previsioni per il 2009, ancora da confermare, parlano di una flessione del 19%;

• secondo l’Istat la produzione di piastrelle di ceramica nel 2008 è calata del 7,8% e secondo Assopiastrelle il calo della produzione è stato dell’8,3%, mentre i consumi interni in Italia sono scesi dell’11,4%; secondo l’Istat nei primi 9 mesi del 2009 l’indice della produzione è sceso del 33,5%;

• secondo l’Istat la produzione di cemento in Italia è scesa del 4,2% nel 2008; secondo Aitec la produzione di cemen-to nel 2008 è diminuita del 9,5% e i consumi sono scesi del 9,8%. Secondo l’Istat la produzione di cemento nei pri-mi nove mesi del 2009 è scesa del 19,1%. Secondo le stime CRESME per Eurocostruct il consumo di cemento in I-talia nel 2009 è sceso del 14,5%

• il consumo dei prodotti in calcestruzzo, secondo lo studio realizzato da CRESME per la Consulta del Calcestruzzo e promosso da Federbeton, è sceso del 15% nel 2008 e di un altro 15% nelle previsioni del 2009;

• secondo l’Istat la produzione di laterizi nel 2008 è diminuita del 12,7%, secondo l’Osservatorio Andil, la flessione è stata del 12,4%; nei primi nove mesi del 2009 la produzione di laterizi è scesa del 29,3%.

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I dati forniti della Cassa edile provinciale evidenziano, come a partire dal 2007 si interrompe un trend di crescita praticamente ininterrotta dal 1997, a parte un leggero rallentamento manifestatosi nel 2004 ma poi recuperato (si veda grafico successivo). Nel periodo che va da ottobre 2007 a settembre 2008 i dati evidenziato una prima riduzione del 3,6 per cento sia del numero di ore lavorate che del numero di imprese, mentre i lavoratori erano diminuiti del 5,5 per cento. Gli stessi dati relativi al periodo ottobre 2008 a settembre 2009, eviden-ziano un inasprirsi della situazione rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente: le ore lavorate calano del 15,2 per cento, mentre i lavoratori si sono ridotti del 16,1 per cento; più contenu-ta è stata la riduzione nel numero di imprese, diminuite del 3,4 per cento. Figura 29 Provincia di Trento: Imprese, ore lavorate e lavoratori nel comparto edile (1) (unità, indici:1993=100).

Fonte: Banca d’Italia su dati delle Casse edili provinciali. (1) I dati sono riferiti al periodo di attività delle Casse edili, che va da ottobre dell’anno precedente a settembre dell’anno in esame. Al rallentamento dei livelli di attività ha contribuito l’andamento del mercato immobiliare. In Trentino il livello di indebitamento delle famiglie in termini pro capite è più elevato della media na-zionale e riconducibile per lo più a operazioni connesse all’acquisto di abitazioni. Negli anni recenti la crescita del debito è stata favorita dall’andamento delle quotazioni immobiliari e, come nel resto del Paese, da condizioni di offerta espansive, che hanno consentito il progressivo allungamento del-le durate delle operazioni e il raggiungimento di un elevato rapporto tra il finanziamento e il valore dell’immobile (loan to value)

11 sebbene, come vedremo nei capitoli conclusivi, per il Trentino non sia il caso di parlare di “mutui facili”.

11 load to value = rapporto tra valore del prestito e valore dell’immobile. Se l’immobile vale 100.000 euro e il mutuo ha ltv all’80% significa che la banca finanzia 80.000 euro; i restanti 20.000 euro saranno a carico del richiedente

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Già a partire dal 2006 si assiste ad un rallentamento nella crescita dei prezzi delle abitazioni, che fino a quell’anno avevano avuto incrementi percentuali annuali a due cifre. Negli anni successivi, a fronte di un aumento degli immobili offerti in vendita, si assiste ad una contrazione delle compra-

vendite. Tabella 16 Prezzi delle abitazioni nel comune capoluogo – Prezzi di mercato correnti delle abitazioni nuove o in-

tegralmente ristrutturate (variazioni percentuali).

2004 2005 2006 2007

Trento 10,3 11,8 3,8 3,0 Fonte: elaborazione Banca d’Italia su dati de “Il consulente immobiliare”

Figura 30 Andamento dei prezzi delle abitazioni - Prezzi di mercato correnti nei comuni capoluogo delle abita-

zioni nuove o integralmente ristrutturate. Dati semestrali.

Fonte: Banca d’Italia su dati de il Consulente immobiliare

Tabella 17: Numero delle compravendite registrate all'Ufficio Libro fondiario della provincia autonoma di Tren-

to.

11.90512.554

11.754

10.5059.946

-

2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

14.000

2006 2007 2008 2009 2010

NB: Sono ricomprese le compravendite sia dei terreni, sia degli immobili a destinazione non residenziale.

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Nell’ultimo decennio, anche gli interventi di ristrutturazione edilizia hanno rappresentato un im-portante segmento di attività per le imprese di costruzioni. Il Trentino presenta, a livello nazionale, la più elevata quota di patrimonio abitativo sottoposto a recenti interventi di ristrutturazione: nel pe-riodo 1998-2008, il 30,8 per cento delle abitazioni occupate risultanti dal censimento Istat del 2001 è stato ristrutturato usufruendo delle agevolazioni fiscali. Lo scenario di mercato recente ha mostrato indicazioni importanti di minore crisi per il comparto della riqualificazione. Nel corso del 2009 gli interventi di ristrutturazione edilizia sono tornati a cre-scere, invertendo il trend negativo dei precedenti due anni. Il leggero calo nelle richieste di detra-zioni fiscali per interventi di ristrutturazione presentate all’Agenzia delle Entrate è stato più che compensato dal numero dei contributi provinciali erogati nell’ambito della manovra anticrisi della Provincia Autonoma di Trento.

Tabella 18 Interventi su fabbricati esistenti soggetti a concessione o DIA: superficie ristrutturata, prima, dopo, a

saldo ( 1985 – 2009).

Anni Residenziali

prima dopo saldo

1985 232.988 252.701 19.713 1990 281.843 285.203 3.360 1995 380.605 393.468 12.863 1997 350.459 367.766 17.307 1998 407.079 415.328 8.249 1999 403.308 409.720 6.412 2000 379.993 391.608 11.615 2001 350.595 362.990 12.395 2002 393.687 402.595 8.908 2003 310.209 353.241 43.032 2004 421.579 427.326 5.747 2005 430.917 488.136 57.219 2006 407.046 433.087 26.041 2007 397.341 422.451 25.110 2008 317.723 330.761 13.038 2009 457.778 478.254 20.476

Fonte PAT: Servizio statistica Il Piano straordinario di recupero del patrimonio edilizio varato dalla PAT nell’ambito della manovra anticrisi prevedeva la costituzione di un fondo di 80 milioni di euro per l’erogazione di contributi provinciali per gli interventi di ristrutturazione, alternativi alle detrazioni statali. Nel cor-so del 2009 sono stati sovvenzionati 3.214 interventi, che hanno esaurito le risorse a disposizione del fondo e hanno attivato investimenti per quasi 290 milioni di euro. E’ nell’ambito di tali inter-venti di ristrutturazione dell’esistente che in particolare le piccole imprese di costruzione hanno potuto trovare commesse per attraversare il periodo di crisi. Secondo dati provvisori dell’Osservatorio provinciale dei lavori pubblici, un ulteriore sostegno al settore è derivato anche dall’aumento, nel corso del 2009, sia del numero sia del valore delle opere

pubbliche aggiudicate (6,4 per cento, a 532 milioni di euro). Tale dato 2009 inverte i dati degli anni precedenti ( dal 2004 al 2008) dove il numero e il valore delle opere pubbliche aggiudicate in pro-vincia di Trento si erano ridotti, inizialmente, per il progressivo esaurirsi degli investimenti previsti nel piano straordinario di opere pubbliche varato dalla giunta provinciale a fine anni novanta - com-prendente significativi interventi per il miglioramento della viabilità provinciale – e, successiva-mente, in ragione della flessione delle opere di importo superiore ai 150 mila euro.

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L’incremento verificatosi nel 2009 è essenzialmente riconducibile agli ingenti investimenti dell’Istituto trentino per l'edilizia abitativa (ITEA), che sono raddoppiati rispetto al 2008. Nei primi mesi del 2008 è, infatti, diventato operativo il Piano straordinario per l’edilizia abitativa sociale stilato da ITEA spa. Il piano prevede la messa a disposizione in otto anni di 9.000 alloggi, 3.000 dei quali di nuova realizzazione. Il costo degli investimenti programmati per il periodo 2007-2016 è stato quantificato in 817,5 milioni di euro, la cui copertura viene assicurata per poco più del 50 per cento con risorse finanziarie già disponibili o che proverranno da finanziamenti integrativi della Provincia; la restante parte verrà finanziata con ricorso al credito che verrà assicurato da Cassa del Trentino spa. Tabella 19 Andamento delle opere pubbliche in edilizia abitativa per Stazione appaltante

Anno Stazione appaltante Numero Base di gara

2000 Comuni 1 1.005.907,00

Enti collegati o dipendenti PAT 12 12.090.995,70

2001

Associazioni e fondazioni 1 209.451,39

Comuni 1 612.755,91

Enti collegati o dipendenti PAT 17 26.143.201,51

2002 Enti collegati o dipendenti PAT 19 41.991.554,70

2003 Comuni 2 809.267,51

Enti collegati o dipendenti PAT 7 14.651.507,68

2004 Comuni 2 944.415,54

Enti collegati o dipendenti PAT 12 42.020.423,71

2005 Comuni 3 1.405.894,51

Enti collegati o dipendenti PAT 21 34.267.034,61

2006

Associazioni e fondazioni 1 1.308.503,98

Comuni 4 2.594.374,68

Enti collegati o dipendenti PAT 7 6.536.380,26

2007 Comuni 2 886.468,72

Enti collegati o dipendenti PAT 8 44.574.135,94

2008 Enti collegati o dipendenti PAT 6 22.339.233,01

2009

Comuni 1 256.111,36

Enti collegati o dipendenti PAT 9 10.031.940,59

PAT 8 5.083.785,04

2010 Enti collegati o dipendenti PAT 8 22.228.353,48

Totale complessivo 152 291.991.696,83

Fonte PAT: Servizio statistica

Secondo quanto rilevato dal Cresme, nel 2009 si è registrato un ulteriore aumento degli sconti me-

di applicati dalle imprese, rispetto al prezzo posto a base di gara (cosiddetto ribasso), nelle ag-giudicazioni per l’esecuzione delle opere pubbliche. A livello nazionale si è, infatti, passati da una percentuale di ribasso del 19,8 nel 2008 a una del 21,9 nel 2009 (18,7 la media del periodo 2006-07), mentre per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige (quindi dato regionale) le percentuali rileva-te sono passate dal 20,1 al 21,3 (16,7 la media del periodo 2006-07).

L’incremento delle percentuali di ribasso e la tendenziale stasi del mercato immobiliare hanno con-tribuito alla contrazione del fatturato delle imprese del settore. Secondo quanto rilevato dalle in-dagini condotte dalla Camera di commercio, in provincia di Trento nel 2009 la dinamica del fattura-to restava negativa, sebbene in lieve miglioramento. In generale si evidenzia come il deterioramento delle prospettive reddituali, connesso al manifestarsi della crisi abbia peggiorato sia la redditività del capitale investito sia la capacità delle imprese di ripagare i debiti contratti. Il deterioramento del-la capacità di rimborso si è accompagnato a fragilità insite nella struttura delle fonti di finanziamen-to che erano già presenti nel periodo pre-crisi, come il contenuto grado di patrimonializzazione

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delle imprese rispetto al peso del debito con un conseguente ridotto peso del capitale proprio sui debiti finanziari. Inoltre, la netta prevalenza della componente a breve termine dell’indebitamento ha esposto le imprese a problemi di stabilità delle fonti di finanziamento, soprattutto in presenza di un irrigidimento delle condizioni di accesso al credito. La riduzione dei prestiti al settore delle costruzioni registrato nel 2009 (-4,0 per cento) riflette sia le difficoltà congiunturali che hanno frenato la domanda, sia condizioni di offerta più restrittive ri-spetto a quelle applicate agli altri comparti produttivi. La contrazione della domanda è collegata principalmente a un minor fabbisogno di risorse per investimenti fissi mentre hanno contribuito po-sitivamente le richieste collegate al fabbisogno di capitale circolante e alle esigenze di ristruttura-zione del debito. L’irrigidimento delle condizioni si è realizzato principalmente tramite un aumento degli spread e con la richiesta di maggiori garanzie. L’ultimo aggiornamento congiunturale pubblicato da Banca d’Italia

12 continua ad evidenziare per il settore delle costruzioni in Trentino segnali contrastanti. Si è arrestata la caduta dei livelli di attività nel settore delle costruzioni, ma le prospettive reddituali rimangono modeste. In base ai dati forniti dalle Casse edili, nel primo semestre del 2010 le ore lavorate in provincia di Trento risultano in aumento del 4 per cento rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Le indagini della Camera di commercio segnalano però, per lo stesso periodo, un calo del valore della produzione dell’1,3 per cento. Il numero e il valore delle opere pubbliche aggiudicate in provincia di Trento hanno subito, nel pri-mo semestre dell’anno 2010, un forte calo rispetto all’anno precedente. Secondo dati provvisori dell’Osservatorio provinciale dei lavori pubblici, tale riduzione sarebbe stata nell’ordine del 40 per cento. In provincia di Trento nei primi sette mesi del 2010 il numero degli interventi di ristrutturazione e-dilizia sono stimati in calo del 16 per cento circa rispetto al corrispondente periodo dell’anno prece-dente (considerando che nel 2009 era possibile usufruire di contributi provinciali alternativi alle de-trazioni statali). I dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio segnalano una dinamica dei prezzi piuttosto debole. Secondo i dati diffusi dall’Istat, nel primo trimestre del 2010 le transa-zioni di immobili ad uso di abitazione in Trentino sono diminuite del 6,7 per cento, nei confronti del corrispondente periodo del 2009. Nei dodici mesi terminanti a maggio 2010 è proseguita la flessione dei prestiti al settore delle co-struzioni (-7 per cento in Trentino). Le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni del primo semestre del 2010 sono cresciute del 16,9 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2009. I relativi tassi di interesse sono scesi di oltre 30 punti base rispetto a dicembre.

12 Banca D’Italia Eurosistema Economie Regionali “L’economia delle Provincie di Trento e Bolzano – Aggiornamento congiunturale “ Novembre 2010

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5.2 Il “sentiment” delle imprese intervistate.

A fronte delle dinamiche congiunturali descritte nei precedenti paragrafi, la percezione della crisi

da parte delle imprese intervistate e stata analizzata rispetto a cinque dimensioni: la percezione sugli andamenti del mercato, le ripercussioni sulle attività delle imprese, le prospettive di uscita dal-la crisi, le modificazioni che saranno indotte dalla crisi sull’intero settore delle costruzioni e le poli-tiche necessarie ad accompagnare le imprese in questa difficile fase congiunturale. Rispetto alla percezione degli andamenti del mercato, la maggior parte delle imprese intervistate (82,4%) è concorde nel registrare una contrazione nei volumi di compravendita degli immobili

residenziale rispetto al 2007.13 Anche se non manca un 9% delle imprese che - fondando

l’opinione sulla propria esperienza aziendale - registra una sostanziale stabilità di tali andamenti. Figura 31 Opinioni delle imprese sulle variazioni nei volumi di compravendita nel mercato dell’edilizia residen-

ziale rispetto al 2007 (valori percentuali).

Il calo delle compravendite degli immobili residenziali registrato in questi ultimi tre anni non sem-bra però riflettersi - sempre secondo le opinioni degli intervistati – sull’andamento prezzi di ven-

dita. La metà degli intervistati registra una stabilità dei prezzi di vendita al metro quadro per l’edilizia residenziale di nuova costruzione. L’11% delle imprese segnala addirittura un aumento dei prezzi che si attesta su un + 10%, mentre il 29,7 delle imprese segnalano una diminuzione (-10%) o forte diminuzione (-20%) dei prezzi.

13 Un confronto tra i dati forniti dall’ISTAT sulle compravendite di abitazioni e accessori in provincia di Trento nel 1° e 2° trimestre 2007 (pari a 4461 transazioni) e nel 1° e 2° trimestre 2010 (pari a 3706 transazioni) evidenzia un calo delle compravendite pari a – 16,9%.

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Figura 32 Opinioni delle imprese sulle variazioni dei prezzi di vendita al mq per l’edilizia residenziale di nuova

costruzione rispetto al 2007 (valori percentuali).

Relativamente all’impatto della crisi sull’attività dell’impresa, solo 8 imprese, sulle 91 intervista-te dichiarano di non avere risentito – per il momento- della crisi. La maggior parte delle imprese ha risentito della crisi attraverso: • un sostanziale calo delle commesse rispetto al 2007 (58 segnalazioni), • maggiori difficoltà di accesso al credito (54 segnalazioni), • e difficoltà di pagamento da parte degli acquirenti (51 segnalazioni) che si esprime nella richiesta

di dilazione e rateizzazioni. Le 58 imprese che hanno verificato un calo nelle commesse rispetto al 2007, denunciano un calo medio degli ordinativi pari a -25 %. Le imprese che hanno registrato un calo negli ordinativi sono: il 45,5% delle microimprese, il 66,7% delle piccole imprese e il 78,6% delle medie imprese, dato quest’ultimo che va probabilmente letto in relazione ad una maggiore presenza delle medie imprese sul mercato degli appalti pubblici. La qualità del rapporto con il sistema del credito risulta cruciale per il settore delle costruzioni, poiché impatta direttamente sia sulle imprese, tramite il finanziamento delle opere, sia sui potenziali acquirenti, tramite l’erogazione dei mutui per l’acquisto. Le aumentate difficoltà di accesso al

credito, segnalate da 54 imprese, si sostanziano principalmente nella richiesta di maggiori garan-

zie (25 segnalazioni) e in una minore quota di finanziamento sull’importo totale dell’intervento (17 segnalazioni). Sono una decina le imprese che sottolineano come il principale problema nel rapporto con il credito, non riguardi tanto l’impresa di costruzioni, quanto la stretta nella concessio-

ne dei mutui agli acquirenti che ha determinato, di fatto, il calo delle compravendite.

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Figura 33 Qual è stato, ad oggi l’impatto della crisi finanziaria globale sull’attività dell’impresa ? (possibili più

risposte).

8

14

19

51

54

58

0 10 20 30 40 50 60 70

Per il momento non ho risentito della crisi

Altro

Sto verificando un aumento dei prezzi delle forniture

I clienti hanno chiesto una maggiore dilazione/rateizzazione dei

pagamenti

Vi sono maggiori difficoltà di accesso al credito

Sto verificando un calo nelle commesse rispetto al 2007

Relativamente alle prospettive di uscita dalla crisi prevalgono il pessimismo e l’incertezza: il 39,6% delle imprese intervistate ritiene che la crisi nel settore andrà oltre il 2011, mentre il 29,7 % ritiene che, nella situazione attuale, sia molto difficile fare previsioni. Solo il 4,5% delle imprese in-travede già segnali di ripresa. Figura 34 Qual è la sua personale opinione sulla durata della crisi nel settore delle costruzioni ? (valori percen-

tuali)

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Secondo la maggior parte degli intervistati l’attuale crisi produrrà significative modificazioni sulla

struttura del comparto delle costruzioni. Solo 4 imprese ritengono che con l’uscita dalla crisi le cose riprenderanno come prima. I più sono convinti che la crisi indurrà una selezione delle imprese determinata dalla loro capacità di innovare e dal dato dimensionale. Figura 35: Quale sarà secondo lei l’impatto della crisi finanziaria sull’intero settore delle costruzioni in provincia

di Trento ? (una sola risposta).

4

42

21

7

17

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

Con l’uscita dalla

crisi, le cose

riprenderanno

come prima

Ci sarà una

selezione delle

imprese in base

alla loro capacità

di innovare

Ci sarà una

selezione delle

imprese in base

alle loro

caratteristiche

dimensionali

Ci sarà una

selezione delle

imprese in base

alla loro capacità

di fare filiera

Non risponde

Relativamente alle politiche necessarie ad accompagnare le imprese in questa difficile fase con-

giunturale, le aspettative di uscita dalla crisi, si concentrano principalmente su una riforma del si-

stema degli appalti provinciali (60 segnalazioni) per arrivare ad eliminare il peso preponderante del massimo ribasso, secondo i più alla base dei problemi di redditività delle aziende locali. Tabella 20 Quali sono a suo parere le politiche di settore che possono facilitare l’uscita dalla crisi ? (domanda

aperta multipla con successiva aggregazione delle risposte – sono riportate solo le risposte che hanno ottenuto

più di una segnalazione).

Politiche Segnalazioni

Riforma del sistema degli appalti 60

Semplificazione burocratica 24

Qualificazione e certificazione delle imprese 15

Limitare la frammentazione del settore e a favorire l’aggregazione tra imprese 13

Sostenere i privati nell'acquisto della casa e il mercato delle ristrutturazioni 8

Facilitare l'accesso al credito 7

Maggiori incentivi per le imprese 7

Interventi per l’occupazione 5

Interventi di agevolazione fiscale 4

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Per 28 imprese e’ possibile attenuare gli effetti della crisi promuovendo una ristrutturazione dell’intero settore (processi di aggregazione, qualificazione, certificazione delle imprese) per prepa-rarlo a catturare il filo della ripresa. A fronte delle accresciute difficoltà di rapporto con il sistema bancario (si veda precedente fig.33) solo 7 imprese evidenziano la necessità di interventi volti a fa-cilitare l’accesso al credito. E’ significativo osservare come il dato delle 60 imprese che hanno segnalato la necessità di una re-visione del sistema degli appalti coincida con il numero di imprese (61) che hanno partecipato a ga-re d’appalto indette da enti pubblici negli ultimi tre anni. (si veda precedente pag.45). Una focalizzazione sulle istanze delle 30 imprese (in prevalenza micro e piccole) che non accedono

al mercato degli appalti pubblici evidenzia la necessità delle seguenti politiche. Tabella 21 Quali sono a suo parere le politiche di settore che possono facilitare l’uscita dalla crisi ? (domanda

aperta multipla con successiva aggregazione delle risposte – sono riportate solo le risposte che hanno ottenuto

più di una segnalazione) SOLO IMPRESE CHE NON ACCEDONO DIRETTAMENTE AD APPALTI PUB-

BLICI.

Politiche Segnalazioni

Interventi di semplificazione burocratica 13

Sostenere i privati nell'acquisto della casa e il mercato delle ristrutturazioni 6

Riforma del sistema degli appalti 5

Interventi volti a facilitare l'accesso al credito 5

Favorire la qualificazione e certificazione delle imprese 4

Interventi per l’occupazione 3

Prevedere interventi di agevolazione fiscale 3

Prevedere maggiori incentivi per le imprese 2

Interventi volti a limitare la frammentazione del settore e a favorire l’aggregazione tra imprese 0

Le priorità sono, in questo caso, rivolte agli interventi di semplificazione burocratica e al sostegno

della domanda dei privati che costituisce il mercato prevalente di queste imprese. E’ comunque interessante notare come anche le imprese che non accedono direttamente al mercato degli appalti pubblici siano interessate ad una riforma dello stesso, probabilmente perché vi accedono in qualità di subappaltori. Altro dato interessante è che, in questa tipologia d’impresa, nessuno abbia segnalato la necessità di interventi rivolti a limitare la frammentazione e a favorire l’integrazione tra imprese. Il dato è spiegabile con il fatto che queste risposte evidenziano più un problema (la frammentazione e quindi la necessità di porre delle barriere d’ingresso al mercato) che un’opportunità (favorire pro-cessi di aggregazione). In termini generali possiamo dire che, quando si ragiona di una strategia di uscita collettiva dal-

la crisi, gli intervistati fanno riferimento ancora una volta al ruolo trainante dell’attore pub-blico: il richiamo del keynesismo, per dirla con una battuta, è ancora forte. All’attore pubblico è quindi demandata una funzione strategica per riavviare il ciclo del settore oltre la fase di crisi. E’ però necessario registrare la costante e crescente difficoltà nell’operare con il settore pubblico, sem-pre più bloccato dalla diminuzione delle risorse e da iter procedurali e amministrativi complessi. Forse è opportuno utilizzare la crisi anche come un momento di riflessione collettiva, per avviare una lucida analisi all’interno del settore delle costruzioni. Un settore troppo frammentato e spesso bloccato su logiche individuali, che non permettono di investire il sistema di rappresentanza di una legittimità forte, in grado di contrattare con efficacia politiche di sostegno al sistema.

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5.3 Le strategie delle imprese per attraversare la crisi

Prescindendo delle istanze rivolte all’Ente pubblico per politiche di sistema che consentano l’uscita dalla crisi, le imprese si preparano all’auspicata ripresa del mercato adottando un mix di strategie che chiamano in causa i diversi aspetti della gestione aziendale. Si tratta di strategie diversificate che si rifanno all’esperienza degli imprenditori, abituati a passare momenti difficili connessi agli andamenti ciclici del settore. A strategie difensive, caratterizzate da un ritorno ai fondamenti tipici del settore, si affiancano stra-tegie più offensive di investimento che preparano l’impresa a cogliere i nuovi driver della ripresa. Soluzioni che sottolineano un desiderio forte da parte degli imprenditori edili ad investire nelle pro-prie aziende per garantire continuità all’impresa, evitando quindi opzioni di breve periodo utili solo in una logica di eventuale disimpegno. Solo 6 imprese, tra quelle intervistate, si stanno attrezzando per un’imminente chiusura dell’attività. Rispetto alle strategie riguardati le risorse umane prevale l’investimento in competenze di maggio-re pregio, a partire dalla progettazione (60 imprese) che si affianca comunque ad un maggior ricorso a forme di lavoro flessibile e temporaneo (47). Un terzo delle imprese ritiene di dovere affrontare la crisi attraverso una riduzione della dotazione dell’organico. Più difensive appaiono le strategie riguardanti le strategie di organizzazione del ciclo produttivo. La maggioranza delle imprese appare impegnata in un contenimento dei costi che passa attraverso una razionalizzazione del proprio ciclo produttivo (72) e della logistica (44). Ci si concentra sul proprio core aziendale comprimendo da un lato gli ordinativi ai fornitori (59) e facendo, al tempo stesso, un maggiore ricorso alle esternalizzazioni ed al subappalto (32). Consistente è, comunque, anche il numero di imprese che affronta la crisi attuando investimenti di tipo tecnologico (45). Le strategie di mercato appaiono l’ambito in cui si concentrano le maggiori attenzioni. La maggior parte delle imprese appare impegnata a migliorare, ampliare e diversificare la gamma di prodotti e servizi offerti (64). Si attuano investimenti in promozione, commercializzazione e servizi al cliente (39). L’ampliamento dei mercati geografici di riferimento è un obiettivo strategico per 40 imprese. Un numero più ridotto d’imprese ritiene di dovere affrontare la crisi intervenendo sui prezzi di ven-dita (41) e riducendo la gamma dei prodotti e servizi offerti (9).

La situazione di crisi emerge con forza negli aspetti di gestione finanziaria dell’impresa. La mag-gioranza delle imprese è consapevole di dover comprimere temporaneamente i margini aziendali (67), aspetto che si ripercuote anche su una dilazione nei tempi di pagamento ai propri fornitori (50) e su un maggior ricorso all’indebitamento bancario (42). Gli interventi si concentrano sulla patri-monializzazione dell’impresa attuata con mezzi propri (47) e attraverso l’ingresso di nuovi soci (11) una strategia che, in un momento come quello attuale, permette di acquisire un migliore rating nei confronti del sistema del credito. Per la metà delle imprese indagate risultano, infine, strategiche le politiche di partnership attraver-so un consolidamento delle relazioni produttive con altre imprese (50) e l’adesione a reti attivate da associazioni, consorzi ed enti pubblici (49).

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Tabella 22 Come pensa l’impresa di affrontare la crisi e l’auspicata ripresa del mercato? (numero di segnalazio-

ni – possibili più risposte)

RISORSE UMANE

Attuando investimenti in progettazione e competenze aziendali 60

Utilizzando maggiormente forme di lavoro flessibile e temporaneo 47

Riducendo la dotazione organica 30

CICLO DI PRODUZIONE

Razionalizzando il processo produttivo 72

Comprimendo i costi e gli ordini a fornitori 59

Attuando investimenti tecnologici 45

Razionalizzando la logistica (magazzino trasporti) 44

Facendo maggiore ricorso alla esternalizzazione e al subappalto 32

STRATEGIA DI MERCATO

Migliorando/ampliando/diversificando i prodotti/servizi offerti 64

Intervenendo sui prezzi di vendita 41

Ampliando i mercati geografici di riferimento 40

Attuando investimenti in promozione/commercializzazione/servizi al cliente 39

Riducendo la gamma dei prodotti/servizi offerti 9

GESTIONE FINANZIARIA

Comprimendo temporaneamente i margini aziendali 67

Chiedendo una dilazione nei tempi di pagamento ai fornitori 50

Ricapitalizzando l’azienda con mezzi propri 47

Ampliando il ricorso all’indebitamento bancario 42

Ricapitalizzando l’azienda attraverso l’ingresso di nuovi soci 11

Provvedendo alla chiusura dell’attività 6

PARTNERSHIPS

Consolidando partnerships con altre imprese 50

Aderendo ad iniziative di rete attivate da associazioni/consorzi/enti pubblici 49

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6. La cooperazione tra imprese

6.1 Il difficile equilibrio tra crescita dimensionale e cooperazione di filiera

L’impresa di costruzioni fa parte di un sistema sovraordinato dai confini più vasti dei suoi confini giuridici. In questo sistema avvengono continuamente scambi improntati a competizione e collabo-razione. E’ la natura stessa del processo di produzione edilizia ad imporre alti livelli di coope-

razione tra le imprese. La filiera “abitazione” funziona, infatti, attraverso la messa in rete e la coo-perazione produttiva di una complessità di soggetti, che include committenti pubblici e privati, enti di autorizzazione e di certificazione, società immobiliari e intermediari finanziari, fornitori di mate-riali e componenti, medie imprese di costruzioni e pulviscolo molecolare di lavoratori in proprio, professionisti creativi e manodopera a bassa qualificazione.

Gestire un’impresa di costruzioni in questo contesto significa in primo luogo progettare e go-vernare reti e relazioni. In edilizia è, infatti, impossibile pensare ad un processo di sviluppo orga-nizzativo di un’azienda che non tenga conto dell’evoluzione complessiva del settore. Il prodotto della costruzione edilizia è l’effetto degli sforzi coordinati di un ciclo di imprese, professionisti, la-voratori, enti, che convergono di volta in volta su un programma specifico: il cantiere. Come già evidenziato nei capitoli introduttivi, le imprese di costruzioni cooperano assai più che

gli operatori di altri settori, sebbene tale strategia si sostanzi più in associazioni temporanee e partnership “a progetto” che in veri accordi prefiguranti modelli più stabili di organizzazione a rete. Il funzionamento di quasi tutte le imprese si basa sulla mobilitazione di network informali che, di fatto, assumono la forma di “imprese a rete” dalla membership variabile. Le imprese edili presentano due realtà operative: • quella della sede, composta da personale stabile, con responsabilità direttive e gestionali e collo-

cazione normalmente chiara all’interno dell’organizzazione; • e quella del cantiere, formata da una molteplicità di altre imprese e professionisti che occupano

ruoli temporanei e spesso non chiaramente definibili. Nonostante l’elaborazione di tecniche gestionali sempre più complesse e articolate14, nel cantiere agisce una manodopera poliedrica abituata ad usare tecniche e manufatti di tipo tradizionale, che riesce a supplire alle carenze di programmazione e formalizzazione procedurale che sono tipiche del settore. L’integrazione è data da obiettivi comuni e da prassi consolidate, oltre che dall’intervento gerarchico del capo cantiere; molto meno efficaci sono regole formalizzate, in quanto nel cantiere prevalgono regole d’arte non scritte. L’univocità del processo operativo ha consentito tradizional-mente una collocazione abitudinaria di tutti coloro che intervengono nel processo, in quanto tutti conoscono il proprio ruolo. L’unica vera figura con un ruolo di tipo gerarchico è quella dell’appaltatore generale che, attra-verso la figura del capo cantiere, governa il sistema delle relazioni e i relativi flussi informativi. All’appaltatore generale afferiscono responsabilità sui tempi, costi, qualità dell’opera, coordinamen-

14 Nei cantieri troviamo le soluzioni organizzative più diverse per quanto riguarda le funzioni base: cantierizzazione del progetto, lay out del cantiere, definizione del programma dei lavori, opzioni make or buy, individuazione di fornitori e sub-appaltatori, definizione dei budget economici e finanziari, gestione operativa del cantiere, gestione del progetto (va-rianti, etc), controllo di avanzamento del progetto, controllo dei costi e dei ricavi di commessa.

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to dei rapporti organizzativi interni e mantenimento delle relazioni con il progettista ed il commit-tente. L’appaltatore generale si serve in modo estensivo di un certo numero di subfornitori (o subappalta-tori) per ogni tipo attività. Con questi, l’appaltatore effettua transazioni frequenti e la tendenza - qualora si confermino le relazioni di fiducia - è mantenere i rapporti per lunghi periodi di tempo. Si forma così un raggruppamento di imprese piuttosto stabile, con qualche variante nella composizione dei subappaltatori ad ogni progetto. E’ in questa dimensione, a ben vedere, che lavora l’esercito sia industriale sia artigianale delle costruzioni: un assetto che costituisce uno “stock a fisarmonica” e che assicura al sistema grande flessibilità e adattabilità al ciclo della domanda. Accanto a forme di cooperazione verticale (dove l’impresa costruisce rapporti gerarchici con i propri sub appaltatori su specifiche commesse) sono frequenti forme di cooperazio-

ne/competizione orizzontale, in cui le imprese appartenenti alla stessa fase della filiera si organiz-zano, con accordi più o meno paritetici, per l’organizzazione e realizzazione di progetti edilizi. L’ottica competitiva su base locale non è mai eccessivamente spinta e non è raro che imprese in competizione tra loro attivino forme di collaborazione implicita (non formalizzata, basata su le-gami deboli), per far fronte a problemi contingenti di mercato o di produzione. Tale tipo di coopera-zione risponde al principio della reciprocità, in quanto si tratta di praticare azioni di collaborazione che si attende siano ricambiate in situazioni analoghe. È proprio la dimensione territoriale a giocare un ruolo decisivo in questa forma di cooperazione, in quanto la vicinanza e la continuità delle rela-zioni consente un controllo sul “vissuto morale”, oltre che economico, dei propri concorrenti, che fornisce il presupposto affinché i comportamenti cooperativi possano aver luogo. Questa collaborazione informale, orizzontale, implicita, trova – a volte – elementi di formalizzazio-ne e si trasforma in collaborazione esplicita all’interno di reti formalizzate di imprese. Il concetto di “rete di imprese” è ampio: esistono, infatti, imprese “a rete” organizzate a network ma con

cervello direzionale e comando fortemente accentrati (come possono essere i gruppi d’impresa fatti di imprese controllanti e controllate) e reti più orizzontali, che prevedono relazioni stabilizza-te da accordi espliciti “tra pari” (come possono essere gli accordi di collaborazione su diversi can-tieri, i consorzi di acquisto o di vendita, i marchi collettivi, i distretti tecnologici ecc.). In edilizia il vero problema non è l’attitudine delle imprese a cooperare tra di loro – già lo fanno - quanto piuttosto favorire una forma più strutturata delle reti d’impresa, in modo da abilitare gli investimenti in beni collettivi, consentire l’accesso a commesse di maggiore entità, o ancora di progettare operazioni di portata superiore a quelle normalmente condotte. Tutti gli studi sulle PMI hanno sempre attribuito grande importanza ai vantaggi generati dalle reti di cooperazione nei sistemi produttivi locali. Apertura dei mercati e instabilità della domanda, incre-mento della pressione competitiva, necessità di qualificare i contenuti produttivi e territoriali, esigo-no la definizione di una strategia cooperativa. Da qui la necessità d’indagare ed eventualmente promuovere “campi attrezzati” per l’interazione, ossia ambienti e norme che incentivino e favori-scano reti tra imprese con prerogative stabili. Partendo da questa esigenza, uno degli obiettivi di questa ricerca ha riguardato l’individuazione nel contesto trentino di un nucleo di imprese che svolgono il ruolo di leader di filiera, attorno a cui si “ricondensa” il tessuto frammentato e molecolare del processo edilizio e che sono capaci di fare evolvere il loro retroterra di relazioni produttive. Partendo dalle strategie evolutive di questo nucleo di imprese committenti si poteva forse capire come i processi d’innovazione si diffondono sul terri-

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torio, lungo i percorsi del subappalto e della subfornitura, e come tali processi d’innovazione posso-no essere ulteriormente sostenuti ed incrementati. In realtà ciò non è stato possibile. I dati emersi dalla ricerca evidenziano come - salvo alcune ecce-zioni - il dato dimensionale non corrisponde necessariamente ad un consolidamento del ruolo

di committente (appaltatore) e ad un’effettiva leadership nell’ambito della filiera edile. Contrariamente a quanto avviene in altri settori produttivi, dove il ruolo del committente e dei su-bfornitori è più definito, nel settore edile la situazione si presenta più fluida: la stessa impresa

(grande o piccola che sia) svolge il ruolo di appaltatore su alcuni cantieri e di subappaltatore su altri. Questo impedisce di individuare - com’è invece possibile in altri settori produttivi - sogget-ti emergenti che per dimensione, visione strategica, posizione di leadership nell’ambito di una filie-ra, sono in grado di creare nuovi mercati, indirizzando scelte e processi di specializzazione e inno-vazione in una vasta platea di subfornitori. Paradossalmente, come vedremo dai dati, sono le microimprese a svolgere prevalentemente il

ruolo di appaltatore. Dato spiegabile con la carenza di risorse interne necessarie a far fronte alle commesse e quindi con la necessità di reperire tali risorse sul mercato nella forma del subappalto. Tale dato viene portato alle sue estreme conseguenze in quelle imprese di costruzione che hanno e-sternalizzato, attraverso il subappalto, l’intero processo di produzione edilizia svolgendo esclusiva-mente il ruolo di promotori immobiliari. La frammentazione degli operatori coinvolti nel processo edilizio è riconosciuta dalle stesse im-prese intervistate come una delle cause della bassa produttività che ancora caratterizza i processi produttivi delle costruzioni ed ha certamente frenato anche la dinamica dell’innovazione. Sono stati diversi gli interlocutori che nel corso dell’indagine hanno lamentato l’eccessiva polveriz-zazione della filiera - con una forte presenza singole partite IVA spesso non dotate delle necessarie risorse e competenze - e a indicare la necessità di maggiori vincoli all’ingresso di operatori nel

settore sulla base di una preventiva dimostrazione di adeguate capacità professionali e di un livello minimo di organizzazione. D’altro canto, sono stati anche molti gli interlocutori che manifestano l’esigenza di instaurare

rapporti tra imprese caratterizzati da una maggiore strutturazione, esigenza motivata dalla ne-cessità di creare partnership consolidate per la partecipazione a gare d’appalto o dalla gestione di cantieri particolarmente complessi. Lo sviluppo di forme più stabili di cooperazione tra operatori - specialmente di piccoli operatori come quelli trentini - può favorire il consolidamento organizzativo delle imprese, l’innovazione, l’accesso a risorse che per le singole aziende sarebbero troppo onero-se. Ciò che fino ad oggi ha impedito interventi di razionalizzazione della filiera è che, nel processo edi-lizio, manca il soggetto d’impresa in grado di “pensare” la filera. Gli attori d’impresa, indipen-dentemente dalla dimensione e dalla dotazione di risorse e competenze, si caratterizzano in gran parte, come “buoni esecutori” di progetti e sistemi di relazione pensati da altri. La mancanza di pro-tagonismo delle imprese di maggiore dimensione nel consolidamento di sistemi più strutturati di re-lazioni tra imprese ha, nei fatti, delegato ad altri il ruolo di pensare alla filiera. La filiera edile, non può essere esclusivamente analizzata attraverso il rapporto che esiste tra impre-sa generale di costruzione e le imprese specialiste del subappalto. La filiera edile è composta da una complessa pluralità di altri attori che intervengono a monte e a valle dell’esecuzione del manufat-

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to edilizio e che assumono progressivamente un sempre maggior ruolo nel governo del processo e-dilizio (li analizzeremo in dettaglio nei capitoli conclusivi). La committenza – anche nel caso del privato cittadino – è sempre meno disposta a rivestire il ruolo di leader aleatorio del processo edilizio. Sempre più, il committente (o chi per lui: design team, a-genzia immobiliare, o altri soggetti ancora nei progetti più complessi) sceglie direttamente tecniche, materiali, impianti e gran parte dei sub-fornitori sulla base di suoi specifici parametri di tempo, co-sto e qualità. Tale assunzione di ruolo dei committenti - sempre meno disposti ad affidare la realizzazione di un edificio “chiavi in mano” a un’impresa generale - nasce da nuove esigenze dell’abitare che

non possono essere più soddisfatte da un’offerta standardizzata e che richiedono risposte sempre più personalizzate dettate: • dalla consapevolezza del fatto che le esigenze per le quali si decide di costruire sono destinate a

modificarsi nel tempo e dalla conseguente necessità di programmare la flessibilità d’uso fin dalle fasi iniziali del progetto;

• dalla complessità crescente nell’offerta dei prodotti edilizi e soprattutto nelle istallazioni impian-tistiche che richiede competenze specializzate nelle fasi di progettazione e di scelta delle diverse possibili alternative tecnologiche;

• dal costo ormai elevatissimo degli edifici, che enfatizza gli aspetti finanziari e che consiglia di mettere in primo piano l’interesse per i tempi di decisione, di progettazione e di esecuzione;

• dall’aumento dei costi dell’energia, di quelli finanziari e di quelli di manutenzione che sposta l’attenzione verso i costi “globali” di un manufatto, e cioè i costi del suo ciclo di vita.

A fronte di queste evoluzioni del ruolo degli altri attori della filiera l’impresa generale di costru-

zioni perde il suo tradizionale potere di governo del processo edilizio. E’ costretta abbandonare ogni pretesa di presenza generalista finalizzata a coprire, in proprio o attraverso propri subfornitori di fiducia, l’intero arco delle prestazioni d’opera necessarie ad un progetto. Viene meno anche la commistione, tutta italiana, tra progettista e costruttore che spesso si spinge alla delega all’impresa generale di pezzi sostanziali della progettazione esecutiva. L’impresa generale si trova sempre più nella condizione di: • porsi nei confronti del committente come un qualsiasi altro fornitore del cantiere (sub contrac-

tor); • rinunciare alla tradizionale capacità di organizzare autonomamente acquisti, mezzi e prestazioni

d’opera; • privilegiare le funzioni make su quelle buy, in quanto il vero buyer sarà sempre più il committen-

te aiutato dalla sua struttura tecnica; • puntare verso una specializzazione spinta che la renda competitiva nel mercato della subfornitu-

ra, possibilmente all’interno di mercati geografici più ampi. La capacità dell’impresa di costruzione di recuperare ruolo nel governo del processo edilizio, nella strutturazione di reti di impresa più consolidate e nella definizione del proprio mercato, passa

necessariamente attraverso la capacità di recuperare un rapporto con la domanda (rapporto oggi sempre più mediato da altri soggetti). Per far questo è necessario che i soggetti d’impresa più strutturati sappiano riconquistare spazi inve-

stendo nei servizi a monte e a valle della filiera ed avendo nei confronti dell’innovazione un ruolo proattivo e non solo adattivo. A monte della filiera, si tratta di attivare dei sensori capaci di cogliere i mutamenti della domanda, di proporsi come promotori di nuovi interventi immobiliari e azioni di riqualificazione urbana, di

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disegnare nuove architetture e strumentazioni finanziarie con l’apporto di nuove risorse e nuovi soggetti, di elaborare modelli più efficienti di organizzazione e gestione del processo edilizio, di sviluppare nuovi prodotti edilizi e conseguenti azioni di marketing. A valle della filiera, si tratta di superare il modello del “costruisci, vendi e fuggi” e cominciare a sviluppare azioni di accompagnamento e servizio alle mutevoli esigenze dei propri committenti e di gestione del prodotto edilizio lungo tutto il suo ciclo di vita, investendo sul concetto del lifetime va-

lue15 e sugli strumenti del facility management e del global service.

In questo processo risulta, ancora una volta, determinante il ruolo di supporto dell’Ente Pubblico. In una situazione di tessuto produttivo polverizzato, come quello trentino, è l’Ente pubblico a svol-gere il vero ruolo di capofila del settore. E’ l’Ente pubblico che svolge il ruolo di regolatore (attra-verso le norme), che condiziona lo sviluppo del mercato (nel suo ruolo di committente di opere pubbliche e di edilizia residenziale convenzionata), che promuove l’innovazione nel settore (attra-verso norme, incentivi, sistemi di certificazione e il sostegno a strutture di servizio al settore). L’Ente pubblico può supportare una maggiore assunzione di protagonismo del mondo delle costru-zioni nella razionalizzazione e nel consolidamento della filiera. Gli strumenti non mancano. A tal fine può risultare utile la recente normativa nazionale16 che ha introdotto la nuova figura giuridica dei “contratti di rete”. Si tratta di un’attesa operazione di tipizzazione normativa di forme contrat-tuali finalizzate ad agevolare la collaborazione tra imprese di qualsiasi dimensione e che prevede: • la nascita di consorzi stabili, reti di impresa e aggregazioni aziendali operanti sia nel settore delle

OOPP che nel mercato privato per la realizzazione di progetti di innovazione di prodotto e di processo;

• nuove aggregazioni imprenditoriali (new-co) per la produzione e gestione di servizi complessi “chiavi in mano” o global service;

• il sostegno finanziario alla nascita di consorzi d’acquisto e di piattaforme logistiche e di fornitu-ra.

Questa disposizione costituisce un primo passo in un percorso necessario per realizzare quei proces-si di crescita che il mercato impone al settore delle costruzioni.

6.2 Le strategie cooperative delle imprese.

Le imprese del campione indagato non sfuggono alle categorie interpretative riportate nel preceden-te paragrafo. Più di un terzo di esse (38 imprese), indipendentemente dalla dimensione, opera

su diversi cantieri sia nel ruolo di appaltatore sia nel ruolo di sub appaltatore. Tabella 23 Numero di imprese per modalità operativa e per classe dimensionale.

Microimpresa Piccola impresa Media impresa n.c. Totale

Solo come appaltatore 16 27 7 - 50

Solo come subappaltatore 1 - - - 1

In entrambe le modalità 5 26 6 1 38

In nessuna delle due modalità - 1 1 2

Totale 22 54 14 1 91

15 Il concetto di lifetime value ha a che fare con la fidelizzazione del cliente: si tratta di comprendere che un cliente non vale per quanto ha appena comprato da noi, non vale solo per il suo ultimo acquisto, bensì per tutti i potenziali ac-quisti che potrà effettuare presso di noi in futuro. 16 Ex Legge 8 aprile 2009, n. 33

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Le imprese che cedono lavori in subappalto sono la quasi totalità del campione (88 su 91) con diverse percentuali di ceduto: da un minimo dell’8% (un’impresa) ad un massimo del 100% (5 im-prese). La percentuale media di lavori ceduti in sub appalto, calcolata sulle 88 imprese, è del 35,6%. I maggiori livelli di esternalizzazione dei lavori li troviamo nella microimpresa edile che non ha all’interno le risorse sufficienti per far fronte alle commesse: 21 microimprese su 22 cedono lavori in subappalto con una percentuale media di ceduto del 46% (tale dato scende al 31% per la piccola impresa e al 29,5% per la media impresa). Le 5 imprese che affidano il 100% dei lavori in sub appalto sono 4 microimprese e una piccola impresa (con solo personale tecnico e amministrati-vo) che mantengono all’interno dell’azienda solo le funzioni gestionali della commessa. Le imprese che acquisiscono lavori in sub appalto sono 39 con diverse percentuali di acquisito: da un minimo del 2% (2 imprese) ad un massimo del 100% (3 imprese). La percentuale media di lavori acquisiti in subappalto, calcolata sulle 39 imprese, è del 37,2 %. Le maggiori percentuali di lavori acquisiti in sub appalto li troviamo nella piccola impresa: 26 piccole imprese su 54 dichiarano di svolgere lavori in subappalto con una percentuale media di ac-quisito del 21,5% (tale dato scende all’11,8 per la media impresa e al 4% per la microimpresa). Le 3 imprese che acquisiscono quasi il 100% dei loro lavori in subappalto sono tutte piccole imprese.

Tabella 24 Numero di imprese per percentuale di lavori ceduti in subappalto e per classe dimensionale

d’impresa.

Microimpresa Piccola impresa Media impresa n.c. Totale

0% 1 1 1 - 3

da 1 a 10% 3 7 2 - 12

da 11 a 20% 1 7 2 1 11

da 21 a 30% 4 27 5 - 36

da 31 a 40% 3 3 2 - 8

da 41 a 50% 4 4 - - 8

da 51 a 60% 1 2 1 - 4

da 61 a 70% - 1 1 - 2

da 71 a 80% - 1 - - 1

da 81 a 90% 1 - - - 1

da 91 a 100% 4 1 - - 5

Totale 22 54 14 1 91

Tabella 25 Numero imprese per percentuale di lavori acquisiti in subappalto e per classe dimensionale d’impresa

Microimpresa Piccola impresa Media impresa n.c. Totale

0% 16 28 8 - 52

da 1 a 10% 4 9 1 1 15

da 11 a 20% 1 - 1 - 2

da 21 a 30% - 4 3 - 7

da 31 a 40% 1 1 - - 2

da 41 a 50% - 1 1 - 2

da 51 a 60% - 1 - - 1

da 61 a 70% - 4 - - 4

da 71 a 80% - 2 - - 2

da 81 a 90% - 1 - - 1

da 91 a 100% - 3 - - 3

Totale 22 54 14 1 91

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La scelta delle imprese con cui cooperare avviene essenzialmente su base territoriale: la vici-nanza, la conoscenza diretta e la condivisione di pratiche e sistemi di relazione, sono presupposti fondamentali affinché si creino rapporti di cooperazione. La localizzazione delle imprese con cui si ha un rapporto di collaborazione (subappaltatori) nella maggioranza dei casi analizzati (89 imprese) è all’interno dei confini provinciali, anche se non mancano imprese che hanno attivato rapporti con imprese subappaltatrici della provincia di Bolzano (17 imprese); di altre regioni italiane (14 impre-se) e, in un solo caso, di un altro stato europeo. Il consolidamento di reti di subfornitura a livello locale, consente alle imprese appaltatrici di rag-giungere un maggior livello di flessibilità nei confronti del mercato, grazie all’utilizzo di competen-ze sedimentatesi nel territorio. In quest’ottica tendono ad instaurarsi legami preferenziali e sta-

bili con subappaltatori selezionati in grado di rispondere a standard definiti. Il ricorso a subfornitori, di norma, è regolato attraverso relazioni fiduciarie e improntate a una certa continuità di rapporti. Appare poco diffuso, viceversa, il ricorso a meccanismi accentuati di mercato (gare tra fornitori, contratti usa e getta, ecc.). Ciò consente di limitare gli svantaggi legati alla di-scontinuità dei rapporti, nonché di esercitare maggiori controlli sull’affidabilità delle fonti esterne, monitorandone ad esempio il rispetto delle norme relative alla sicurezza e ai contratti di lavoro. Come evidenziato nel seguente grafico i requisiti più importanti che vengono chiesti a propri

subappaltatori sono la puntualità nei tempi di consegna dei lavori, la qualità dei prodotti e

servizi offerti e la garanzia di una continuità del rapporto a conferma della propensione delle imprese ad instaurare rapporti di cooperazione caratterizzati da una certa stabilità. Sulla base di

questi requisiti 72 imprese su 91 hanno dichiarato di avere adottato specifiche politiche di se-lezione e qualificazione dei propri fornitori. Al contrario la capacità finanziaria (capacità di fare investimenti in tecnologie e scorte, flessibilità rispetto ai tempi di pagamento) rappresenta un aspetto secondario nella scelta dei subappaltatori e ancora debole si presenta la necessità di integrazione sistematica (solo 7 segnalazioni), aspetto che segnala la persistenza di certa separazione tra il lavoro svolto dall’impresa appaltante e l’impresa subappaltante.

Figura 36: Requisiti richiesti a propri subappaltatori (indicare i tre più importanti).

5

6

7

10

17

36

44

65

76

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Investimenti in attrezzature e servizi

Altro

Interazione sistematica

Elasticità finanziaria

Flessibilità prestazioni

Rispetto di prescrizioni

Continuità di rapporto

Qualità prodotto e servizi

Puntualità consegna

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Accanto alle forme di collaborazione verticale che caratterizzano il rapporto tra appaltatore e su-bappaltatori, i due terzi delle imprese intervistate (60 su 91) dichiarano di far parte anche di al-

tre reti di collaborazione tra imprese con un carattere più orizzontale e meno gerarchico. Come già visto in precedenza la forma più diffusa di cooperazione tra le imprese del campione (34 imprese) rimanda a partnership informali consolidate e fondate su rapporti di fiducia che si espli-citano (e gerarchizzano) in Associazione temporanea di imprese in occasione della partecipazione a gare d’appalto. L’associazione temporanea di imprese (ATI) è la forma di aggregazione - senza personalità giuridi-ca e fiscale - attraverso cui le imprese integrano le proprie competenze ricorrendo alle specializza-zioni di altre imprese. L’ATI è composta da un'azienda capogruppo, detta mandataria, alla quale le altre aziende che ne fanno parte, dette mandanti, danno l'incarico di trattare con il committente l'e-secuzione di un'opera. E’ interessante notare come tali aggregazioni temporanee potranno evolvere in forme più strutturate e stabili attraverso i “Contratti di rete” introdotti con la recente normativa. Le altre forme di relazione tra imprese più diffuse all’interno del campione sono: la partecipazione

finanziaria con altre imprese, che come visto precedentemente si sostanzia nella formalizzazione di gruppi di impresa, e la partecipazione a consorzi di sviluppo tecnologico ( in entrambi i casi a tali forme di aggregazione partecipano 24 imprese del campione).

Figura 37 Numero di imprese per partecipazione a reti d’imprese (possibili più risposte).

0

2

2

4

5

5

6

10

11

16

24

24

34

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Accordi per esportazione/internazionalizzazione

Partecipazione a consorzi di acquisto con altre imprese

Accordi di gestione del canale/marchio

Accordi di joint venture

Partecipazione consorzi promozione prodotto

Partecipazione a consorzi di vendita

Accordi per lo sviluppo tecnologico di prodotto/processo

Altro

Accordi commerciali di fornitura componenti/servizi

Accordi commerciali di fornitura materie prime

Partecipazione a consorzi di sviluppo tecnologico

Partecipazione finanziaria con altre imprese

Partnership consolidate per la partecipazione a gare

Si

NO

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6.3 Chi fa Cosa?

Per meglio comprendere come si articolano i rapporti di collaborazione, abbiamo chiesto alle im-prese intervistate “chi fa cosa?”, ovvero, quali attività che caratterizzano il processo edilizio ven-gono prevalentemente svolte in azienda o vengono svolte da altri soggetti (committenti e appaltato-re generale, progettisti esterni, subappaltatori). Una prima distinzione può essere fatta tra le attività che potremmo definire terziarie di carattere organizzativo e le attività svolte in cantiere di carattere esecutivo. Relativamente alle attività terziarie dalla tabella riportata nelle pagine seguenti emerge come le at-tività maggiormente gestite dalle imprese siano quelle che consentono il controllo e il governo del

processo edilizio: la selezione e gestione dei subappaltatori, la gestione della qualità, la sicurezza del cantiere, la progettazione e la direzione delle attività di cantiere. Le attività terziarie maggiormente esternalizzate - a professionisti esterni - sono, invece, quelle rela-tive alle varie fasi della progettazione del manufatto edilizio e al suo collaudo finale. Nella mag-gioranza dei casi le imprese intervistate sono “esecutori di opere progettate da altri”; che manten-gono rapporti strutturati i con professionisti necessari sia per eventuali contenziosi tecnici con gli enti appaltanti, sia nell’eventualità in cui la realizzazione implichi varianti al progetto iniziale. Sul piano dell’acquisizione dei lavori, oltre alle imprese che partecipano a gare d’appalto e che ab-biamo già descritto nei capitoli precedenti, è abbastanza consistente il numero di imprese (circa 50) che svolge un ruolo da promotore immobiliare occupandosi direttamente dell’individuazione di

aree edificabili e dell’acquisto delle stesse. L’acquisizione di permessi e licenze viene invece principalmente delegata a committenti e progettisti esterni. Della vendita si occupano direttamente 51 imprese e, un numero leggermente superiore di imprese, si occupa anche di fornire anche servizi post vendita. La redazione de libretto d’uso e manuten-

zione dell’edificio viene principalmente delegata a professionisti esterni. Relativamente alle attività di cantiere emerge come quasi tutte le imprese intervistate (80 su 91) si occupino direttamente dell’allestimento del cantiere, mentre le operazioni di scavo e rinterro vengono maggiormente affidate a ditte subappaltatrici. Le imprese intervistate nella maggior parte dei casi si occupano della realizzazione dell’involucro

edilizio - fondazioni, opere in c.a., murature, ecc. - delegando alle imprese subappaltatrici gli inter-venti di carattere più specialistico. Il processo di esternalizzazione delle attività di cantiere riguarda maggiormente le opere di lattone-ria, l’impiantistica, i serramenti, le opere in cartongesso, i rivestimenti, i pavimenti, le opere in le-gno, i tetti e coperture, evidenziando il carattere qualificato e specialistico delle lavorazioni date

in sub appalto.

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Tabella 26 Chi fa cosa? Quali delle seguenti funzioni sono svolte dall’azienda intervistata o da altri attori del processo edilizio? (indicare la modalità prevalente - una

sola risposta per riga).

Impresa intervistata

Committente o

Appaltatore

generale

Progettisti

esterni Subappaltatori

Non

contemplato

1. Partecipazione a gare 60 1 30

2. Individuazione aree edificabili 46 42 2 1

3. Acquisto aree 49 29 1 12

4. Acquisizione permessi e licenze 30 32 28 1

5. Brief e progetto preliminare 12 28 50 1

6. Progetto definitivo 9 26 55 1

7. Progetto esecutivo 15 26 49 1

8. Progettazione operativa di cantiere 55 10 25 1

9. Direzione cantiere 61 9 20 1

10. Piano operativo sicurezza cantiere 62 9 19 1

11. Allestimento cantiere 80 2 8 1

12. Subappalti (selezione, qualificazione, contatti) 88 1 2

13. Piano di qualità 69 6 3 13

14. Demolizioni 61 29 1

15. Scavi e rinterri 40 2 48 1

16. Opere in cemento armato 67 23 1

17. Opere in legno 19 1 69 2

18. Fondazioni 67 23 1

19. Ponteggi 52 38 1

20. Murature 68 22 1

21. Tamponamenti cartongesso 10 80 1

22. Tetti e coperture 21 1 68 1

23. Grondaie e opere di lattone ria 3 1 86 1

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24. Pavimenti 9 2 79 1

25. Rivestimenti 9 2 79 1

26. Serramenti 4 2 84 1

27. Finiture 43 2 45 1

28. Impianto idraulico 1 4 85 1

29. Impianto elettrico 2 4 84 1

30. Impianto riscaldamento 3 4 83 1

31. Sistemazioni esterne 68 2 20 1

32. Allacciamenti 63 3 24 1

33. Controllo qualità 68 9 3 11

34. Collaudi 19 10 53 8 1

35. Libretto d’uso e manutenzione 31 2 28 10 20

36. Vendita 51 16 1 23

37. Servizi post vendita 55 12 21 3

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7. Il tema dell’innovazione

7.1 Il catalizzatore innovativo della sostenibilità

Il futuro delle imprese di costruzione - al di là dei possibili e auspicabili effetti rivitalizzanti delle politiche di settore nonché di una prevedibile inversione di tendenza del mercato immobiliare - ap-pare legato alla capacità delle imprese di ristrutturare le basi del proprio vantaggio competiti-

vo e di revisionare le stesse formule imprenditoriali. Tali aspetti, trascurati durante la fase espan-siva del mercato, appaiono improrogabili nell’attuale fase di crisi al fine di superare alcuni limiti congeniti all’ambiente competitivo locale. La spinta per un profondo cambiamento dell’industria delle costruzioni arriverà dalla ricerca di so-luzioni fattibili per uno sviluppo ecologicamente sostenibile, quali le nuove infrastrutture per la produzione di energia da fonti alternative, l’adeguamento del patrimonio immobiliare esistente agli standard di efficienza energetica e le valutazioni di eco-compatibilità delle nuove costruzioni, l’utilizzo massiccio dell’information technology per il recupero di produttività ed efficienza nel pro-cesso di costruzione e gestione dei patrimoni immobiliari e delle città, la nuova politica urbanistica per la riqualificazione, il rinnovo, il recupero delle città anche e soprattutto dal punto di vista ener-getico. Il mondo delle tecnologie emergenti tese alla sostenibilità del processo edilizio è in grande fermen-to, data la consapevolezza dello sviluppo che tale mercato avrà nei prossimi anni. Il campo di appli-cazione delle tecnologie è molto vasto, comunque i settori più interessanti, riguardano: - Nuovi edifici ecologici. Sono i cosiddetti “ecobuildings”, ossia gli edifici nei quali la domanda di energia è molto ridotta o pari a zero. In generale, si considerano a basso consumo energetico quei fabbricati che hanno un fabbisogno termico inferiore a 50 kWh/m2. Al fine di ottenere tali risultati, la progettazione si ritiene debba essere maggiormente curata e mirata rispetto alla progettazione di un fabbricato normale. E’ necessario, inoltre, che ci sia il coordinamento e l’integrazione, fin dalla fase progettuale, dei diversi specialisti (ingegneri, impiantisti, installatori, ecc.). A supporto della progettazione esistono oggi software che consentono il controllo dei risultati progettuali, in termini di impatto energetico, in ogni momento della progettazione. Oltre agli edifici a basso consumo si è sviluppata una nuova cultura degli edifici passivi. Prima dell’anno 2000, la costruzione di edifici a risparmio energetico passivo, ossia di edifici il cui fabbisogno termico non superi i 15 kWh per me-tro quadrato e il cui fabbisogno annuale di energia primaria non sia superiore a 120 kWh per metro quadrato, erano principalmente limitati ai paesi di lingua tedesca. Da allora le esperienze sono anda-te moltiplicandosi anche nel contesto italiano. - Nuovi materiali per l’edilizia. L’applicazione spinta delle tecnologie alle componenti edilizie e ai materiali da costruzione assume un rilievo fondamentale per la costruzione e riconversione di edifi-ci ad alta efficienza energetica in modo efficiente ed economico. Attualmente sono già presenti tec-nologie avanzate rispetto al passato per l’isolamento termico delle pareti e dei tetti attraverso mate-riali e film isolanti, vernici riflettenti e sistemi per la copertura dei ponti termici, serramenti ad ele-vate prestazioni termiche, vetri ad elevato isolamento;

- Building automation dei servizi energetici. La nuova frontiera è data dal controllo avanzato dei servizi energetici nell’edificio attraverso sistemi interattivi e della sensoristica innovativa a basso costo (sensori di presenza di CO2 ecc.). Il risparmio atteso da un buon sistema di gestione potrebbe arrivare fino al 30% del consumo complessivo.

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- Sistemi di climatizzazione. Le tecnologie coinvolte nei sistemi di climatizzazione sono numerose e vanno dalle caldaie ad alta efficienza, ai pannelli solari, alle pompe di calore, all’accumulo termico, ai sistemi di condizionamento. Alcune tecnologie (come, ad esempio, le caldaie a condensazione) sono mature, anche se suscettibili di continui miglioramenti. Altre, come le pompe di calore, sono abbastanza utilizzate, ma richiedono ulteriori azioni di sviluppo e supporto alla diffusione per rag-giungere una penetrazione molto più ampia nel mercato e sfruttare le loro grandi potenzialità in termini di risparmio energetico e diversificazioni delle fonti (ad es. macchine ad assorbimento a gas invece di macchine a compressione elettriche per condizionamento). Altre ancora, come i sistemi di raffrescamento solare, basati sull’accoppiamento di pannelli solari con macchine ad assorbimento o sistemi di essiccamento dell’aria, sono ancora nella fase di prima introduzione nel mercato;

- Software di ausilio alla progettazione. Ormai da anni, sempre più in via di evoluzione, sono pre-senti software che calcolano il fabbisogno complessivo dell’edificio tenendo in considerazione sia l’efficienza energetica dell’involucro termico sia l’impiantistica utilizzata. Attraverso questi softwa-re si possono calcolare l’indice termico e l'efficienza complessiva dell’edificio che tiene conto an-che del fabbisogno di energia per la produzione di acqua calda sanitaria e per l’illuminazione dei lo-cali, nonché l’energia necessaria per la climatizzazione dell’edificio. Sono altresì presenti sul mer-cato numerosi software specifici per il supporto alla progettazione dell’illuminazione, degli scam-biatori di calore, della ventilazione e del raffreddamento, della simulazione dell’ombreggiamento, degli impianti solari termici.

Ma la riflessione sull’innovazione nel settore edile non può rimanere isolata al solo edificio, investe il ciclo produttivo e, soprattutto, l’insediamento. La generazione di energia a livello loca-le sarà uno dei principali elementi del modello di pianificazione urbana energeticamente sostenibile. Tale modello offre la possibilità non solo di integrare un cluster di tecnologie (e di aziende di co-struzione e di servizi), ma anche di stabilire nuove ed organiche relazioni in tutta la filiera edilizia, dall’utente, ai produttori, all’integratore, al gestore, al finanziatore, alla pubblica amministrazione, al mondo della ricerca. La visione integrata del distretto energetico permette di ottimizzare la pro-gettazione dell’intero sistema agendo contestualmente sulla minimizzazione dei consumi delle sin-gole utenze, sulla produzione locale ed economica dell’energia, sull’integrazione delle fonti rinno-vabili, sulla gestione ottimale del sistema.

L’innovazione nel settore delle costruzioni, quindi, inizia nella fase di pianificazione territoriale ed urbanistica e termina con il recupero e il riciclaggio del materiale proveniente dalla demolizione dei fabbricati e delle infrastrutture. Attraverso una gestione coerente dei diversi aspetti legati alla sostenibilità si realizza anche una si-gnificativa riduzione dei costi, attraverso: • l’ottimizzazione della logistica di cantiere che significa minori costi; • la diminuzione dei consumi energetici che significa risparmio netto sui costi; • l’utilizzo di risorse materiali locali che significa valorizzare le produzioni locali e realizzare si-

nergie verticali di filiera; • la riduzione degli output materiali che significa risparmiare sui costi di smaltimento. Pertanto, attraverso una corretta politica di dematerializzazione della produzione, attraverso la ricerca di una maggiore efficienza delle risorse materiali impiegate, attraverso una corretta politica di riutilizzazione e riciclaggio dei materiali di recupero, attraverso l’utilizzazione maggiore delle tecniche di produzione e gestione dei manufatti, attraverso la progettazione non solo di manufatti, ma dell’intero ciclo di vita del prodotto edilizio e dei distretti urbani, in modo efficiente dal punto di vista energetico, è possibile implementare delle politiche di sviluppo sostenibile, ormai irrinunciabi-li e non più procrastinabili.

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La crescita del mercato della sostenibilità edilizia è oggi condizionata non tanto da barriere tecnolo-giche, quanto da difficoltà autorizzative e normative che frenano alcune tipologie di interventi, dal mancato sviluppo di adeguati strumenti finanziari (a partire dal mercato dei titoli di efficienza ener-getica) e da un grado di informazione e formazione dei settori professionali e dei cittadini non anco-ra adeguato. Ma il principale fattore limitante viene individuato nella debolezza organizzativa del sistema, una debolezza che non consente di affrontare il problema nella sua intera complessità. Il sistema indu-striale delle costruzioni è estremamente frammentato e non è ancora in grado di considerare in ma-niera unitaria il processo che va dall’ideazione e progettazione alla costruzione e gestione di un edi-ficio, di gruppi di edifici, di città. Una frammentarietà di standard, di linguaggi e specializza-

zioni, non consente di sfruttare appieno il potenziale innovativo di efficienza energetica, di

fonti rinnovabili e di sostenibilità ambientale nella produzione in generale, che potrebbe na-

scere dall’integrazione e dal coordinamento degli attori del settore. In tale quadro va inoltre evidenziato che il potenziale innovativo del nostro sistema produttivo non è solo nell’innovazione tecnologica in senso stretto, quanto piuttosto nella capacità di fa-

re“produzioni complesse” che hanno un elevato grado di originalità perché si sviluppano in modo differente, in funzione del contesto sociale, culturale, territoriale. Produzioni complesse che si fon-dano sull’utilizzo: • di conoscenze applicative, cioè la capacità di interpretare i bisogni del mercato e proporre solu-

zioni originali; • di conoscenze organizzative, cioè la capacità di sviluppare flessibilità e adattabilità ai mercati; • di conoscenze connettive, cioè la capacità di muoversi in filiere, distretti, reti di cooperazione, di

pescare le competenze dove ci sono, quando servono, di sviluppare reti di collaborazione a geo-metria variabile che si creano e si disfano in funzione delle domande e degli andamenti dei mer-cati.

Non è la tecnologia che disegna la scena in cui si sviluppano le conoscenze applicative, organizzati-ve, connettive, ma è vero, semmai, il contrario: sono queste ultime a dare forma alle strategie azien-dali e a chiamare in causa l’innovazione tecnologica ogni volta che serve e nella misura in cui serve. Il gioco dell’innovazione si basa sullo scambio delle conoscenze. Dallo scambio di informazioni ed esperienze tra diverse unità produttive spesso si realizzano innovazioni pari - e probabilmente anche migliori - di quelle che nascono nei laboratori di ricerca. I circuiti di uso della conoscenza e

dell’innovazione non sono più esclusivamente interni ai confini proprietari di singole imprese,

ma sono oggi circuiti tipicamente di filiera.

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7.2 Le politiche per una filiera trentina della sostenibilità

Ed è proprio sull’integrazione e sul coordinamento degli attori del settore che, in questi ultimi anni, si sono concentrate le politiche pubbliche in provincia di Trento. La necessità di superare i limiti dimensionali e la contenuta propensione a innovare delle imprese locali ha spinto la Provincia Autonoma di Trento a intervenire con una serie di misure e progetti per stimolare e facilitare la

creazione di reti tra imprese (cluster, distretti tecnologici, codici e linguaggi condivisi).

La Provincia autonoma di Trento ha stipulato nel 2006 un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica (Miur) che ha sancito la costituzione di un distretto tecno-

logico dedicato alle energie rinnovabili e allo sviluppo sostenibile. Al momento è anche allo studio la possibilità di realizzare un metadistretto dell’energia e dell’ambiente che coinvolga anche il Tisinnovation park di Bolzano. La creazione di un meta distretto basato su forme di coordinamen-to e collaborazione tra le realtà esistenti verrebbe incontro anche a quelli che sono i più recenti indi-rizzi comunitari e nazionali, che premono per una maggiore finalizzazione e concentrazione degli interventi finanziati.

Habitech, il Distretto Energia Ambiente nasce dalla collaborazione tra Università, laboratori di ricerca, imprese private e istituzioni locali con l'obiettivo di realizzare in Trentino filiere produttive specializzate nei settori legati all’edilizia sostenibile, alla produzione di energia da fonti rinnovabili e alle tecnologie intelligenti per la gestione del territorio. Habitech si presenta come iniziativa di si-stema, nata in un contesto sociale ed istituzionale di grande attenzione alle nuove sfide ambientali e si propone di qualificare il Trentino come polo di eccellenza per le clean technology e come punto di riferimento per soggetti privati e pubblici - locali, nazionali e internazionali- che potranno attin-gere al patrimonio tecnologico, culturale e gestionale concentrato in questo territorio.

All’interno del Distretto Energia e Ambiente Habitech, un significativo gruppo di imprese private e di operatori interessati alle tecnologie innovative del distretto ha accettato di guidare una Società

Consortile pubblico-privata per il distretto, investendo risorse proprie nel successo dell’iniziativa. Circa 184 soci in rappresentanza di oltre 300 imprese, enti di ricerca e agenzie pub-bliche, hanno aderito ad un progetto che mette a frutto la vocazione ambientale trentina, dando vita ad un polo di eccellenza per le tecnologie sostenibili al quale soggetti pubblici e privati possono ri-volgersi per reperire soluzioni tecnologiche e gestionali. In tale prospettiva la Società Consortile as-segna grande importanza alla definizione di nuovi standard di qualità, dei prodotti e dei processi, e si propone di integrare le competenze disponibili in progetti di ricerca.

In quest’ottica, su iniziativa della Società Consortile Distretto Tecnologico Trentino e con il suppor-to di Trentino Sviluppo SpA, nel febbraio 2008 nasce Green Building Council Italia (GBC Ita-

lia), associazione no profit che porta una profonda innovazione nel mercato italiano dell’edilizia grazie all’introduzione nel nostro Paese dei parametri LEED (Leadership in Energy and Environ-

mental Design).

Il riferimento è l’esperienza internazionale dell’USGBC (United States Green Building Council) che ha definito parametri di certificazione di sostenibilità del processo edilizio, oggi applicati in ol-tre 100 paesi del mondo. L’obiettivo di Leed è quello di costituire una filiera dell’edilizia con

elevati standard innovativi nell’ambito della sostenibilità ambientale. Rivolgendosi all’intero processo (dalla programmazione urbanistica alla progettazione fino alla costruzione e gestione del manufatto edilizio), LEED opta per una visione olistica della sostenibilità sfruttando ogni possibilità di ridurre impatti ambientali dei processi di trasformazione territoriale. Si individuano e delineano così le “best practice” per ingegneri, architetti, professionisti e l’intera comunità del settore delle costruzioni, destinate a divenire linee guida nella certificazione.

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Il principale impegno di GBC Italia, in collaborazione con l’Università di Trento, è stato quello di adeguare gli standard Leed, elaborati negli Stati Uniti, al contesto produttivo, territoriale e normati-vo italiano. Oggi GBC Italia conta al suo interno il più alto numero di professionisti abilitati alla certificazione Leed e segue il maggior numero di progetti sul territorio nazionale.

Le specificità del sistema produttivo trentino emergono, in particolar modo, nelle politiche di valo-rizzazione dei sistemi costruttivi in legno, anche per evidenti opportunità di integrazione con i modelli gestionali del patrimonio forestale provinciale.

In Trentino esiste un significativo gruppo di imprese specializzate nella costruzione di case in

legno, con sistemi costruttivi sia a telaio, sia a pannelli. I potenziali di mercato di tali tipologie co-struttive sono molto importanti in considerazione del crescente interesse per la bioedilizia, per l’uso di materiali naturali, per le soluzioni di risparmio energetico, oltre che l’esistenza di importanti spa-zi di sostituzione di tecnologie edilizie tradizionali.

Già a partire dal 2004 la Provincia di Trento ha sostenuto le attività di ricerca del CNR Ivalsa fina-lizzate alla definizione del sistema costruttivo SOFIE (Sistema Casa Fiemme) un innovativo si-stema di costruzione di edifici in legno a più piani, caratterizzati da alta efficienza energetica, eleva-to confort ambientale, durata paragonabile a quella degli edifici in muratura, resistenza al fuoco e importanti prestazioni antisismiche. Le prestazioni antisismiche del Sistema Costruttivo SOFIE so-no state certificate da un test realizzato presso la piattaforma di Miky, in Giappone, dove un edificio in legno di sette piani ha resistito, senza alcun danno strutturale, alla simulazione di un terremoto di forte intensità.

Lo stesso ritorno d’immagine ottenuto dalle imprese costruttrici di case in legno, e dal Trentino nel suo complesso, durante la grande prova di solidarietà offerta dal Trentino in Abruzzo, ha accelerato la necessità delle imprese di avviare un processo condiviso di rafforzamento dell’intera filiera. Inol-tre, le varie imprese artigiane e industriali presenti alle recenti edizioni di Made Expo hanno con-fermato questo crescente livello di attenzione del mercato per il prodotto “Casa in Legno” soprattut-to se legato al brand “Trentino”.

Difficilmente le imprese trentine, di piccolissima dimensione, potrebbero affrontare singolarmente la crescita del mercato di case in legno, attraverso un esclusivo processo di crescita aziendale. Da ciò deriva la strategia orientata a promuovere una logica di sistema, realizzata attraverso alleanze selettive tra le imprese di costruzione trentine e la definizione di un sistema di qualificazione del prodotto.

In considerazione di tali esigenze la Provincia di Trento, in collaborazione con il Consorzio Habi-tech, è oggi attivamente impegnata nel rafforzamento della filiera della casa in legno, in primo luo-go attraverso il Progetto Case Legno Trentino, un sistema di certificazione – primo in Italia - che vuole garantire un prodotto innovativo e tecnologicamente evoluto capace di fare del Trentino un polo di riferimento per l’edilizia in legno riconosciuto a livello nazionale ed internazionale. Nell’ottica di consolidare un forte di polo di competenze nella progettazione di edifici in legno sono stati inoltre avviati, in collaborazione con gli ordini professionali, specifici interventi forma-

tivi indirizzati a ingegneri e architetti.

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La valorizzazione e lo sviluppo di un polo trentino di competenze sui temi della sostenibilità trova un ulteriore punto di aggregazione in Manifattura Domani: una società pubblica costituita il 24 a-prile 2009 per iniziativa della Provincia autonoma di Trento e tramite Trentino Sviluppo con lo sco-po di trasformare il sito industriale dell’ex Manifattura Tabacchi di Borgo Sacco, a Rovereto, in un

polo produttivo che sviluppi iniziative di ricerca, formazione, assistenza tecnica, networking, sulle tematiche della sostenibilità e delle tecnologie ambientali e in uno spazio di sperimentazione di soluzioni innovative dal punto di vista architettonico, ingegneristico, impiantistico, energetico e dei servizi offerti. Specifiche funzioni di Manifattura Domani sono: • intervenire sulle debolezze del sistema produttivo trentino, superandone i limiti dimensionali e la

frammentazione, favorendo aggregazioni operative di filiera, specializzazioni e facendo emerge-re imprese capofila e general contractor;

• attivare specifiche iniziative per l’attrazione di imprese e imprenditori dall’esterno del territorio

trentino in grado di portare nuova linfa per favorire il rinnovamento e affrontare alcuni limiti strutturali e imprenditoriali dell’economia locale;

• far nascere nuove imprese e progetti innovativi raccogliendo i frutti della ricerca di eccellenza

sul territorio, favorendo l’attivazione dell’imprenditorialità locale e creando le condizioni per la crescita di lungo periodo delle imprese, oltre che per gli start up;

• strutturare specifici servizi e funzionalità: servizi tecnici comuni per le imprese esistenti e in fase

di start up (laboratori di apprendimento, omologazione e prototipazione) e servizi di supporto ad elevato standard (spazi conferenza, digital & meeting room, spazi espositivi per tecnologie inno-vative prodotte dalle imprese);

• comunicare innovazione al territorio attraverso la creazione di un luogo simbolico ed evocativo

che esprima tangibilmente la propria vocazione e esprima la libera condivisione spaziale, funzio-nale e di idee sia al proprio interno che verso l’esterno. Tale ambiente favorirà l’attivazione e lo sviluppo di importanti sinergie a valore aggiunto: condivisione servizi e infrastrutture, ambiente favorevole all’attivazione di collaborazioni sistematiche tre imprese, trasferimento formale e in-formale di conoscenze, attivazione di flussi di domanda, iconic landscape e condivisione spazia-le e funzionale.

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7.3 La percezione delle imprese rispetto al mercato dell’edilizia sostenibile

L’edilizia sostenibile e tutto ciò che ne consegue, nella realtà trentina si è certamente molto svilup-pata negli ultimi anni. I temi della sostenibilità ambientale del prodotto e del processo edilizio han-no assunto in Trentino una rilevanza strategica tanto da fare di questa provincia - assieme a quella di Bolzano - un punto di riferimento nazionale per le politiche, sia in campo pubblico, sia in quello privato. Tali attenzioni delle politiche pubbliche ai temi della sostenibilità hanno indotto un notevo-le interesse da parte delle imprese di costruzione che si è tradotto in investimenti e in un deciso salto in avanti nelle tecniche costruttive. Si è, innanzitutto, prodotto un fenomeno importante, che potremmo definire di superamento

dell’indifferenza verso le esternalità ambientali dell’edilizia, e di crescente capacità d’incorporare nella propria prospettiva di business la sensibilità verso i molteplici aspetti della qua-lità del vivere e dell’abitare. Il concetto di sostenibilità ha perso la sua accezione in negativo di li-mite e blocco alla crescita, per assumere il significato in positivo di fonte di valore economico, ca-pace di mobilitare idee, innovazioni, formazione e investimenti. Tra la maggioranza delle imprese intervistate è ormai diffusa la consapevolezza che la sostenibilità del costruire costituisce l’innovazione strategica dell’immediato futuro e giungervi da follower non produrrebbe vantaggi differenziali. La quasi totalità delle imprese intervistate (89%) ritiene che

l’edilizia sostenibile rappresenti, già oggi, un’importante realtà di mercato o che, comunque,

lo diventerà a breve.

Figura 38: Ritiene che il mercato dell’edilizia sostenibile rappresenti una realtà già oggi e/o potrà segnare il mer-

cato delle costruzioni nei prossimi anni? (valori percentuali)

L’interesse e l’investimento delle imprese si orienta a diversi aspetti della sostenibilità edilizia: gli ambiti di maggiore interesse sono rappresentati dal comfort acustico degli edifici, dall’utilizzo di

nuovi materiali e dalla certificazione energetica degli edifici. Una gerarchizzazione degli interes-si espressi dalle imprese intervistate relativamente alle varie tematiche della sostenibilità edilizia è riportata nel grafico di pagina seguente.

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Figura 39 Quali dei seguenti aspetti dell’innovazione del prodotto edilizio ritiene che siano più promettenti in termini di mercato e rappresentano uno specifico interes-

se di investimento per la sua impresa? (una sola risposta per riga).

1

7

6

8

13

13

11

12

19

17

18

21

30

29

25

33

28

39

40

46

47

49

53

4

11

18

19

20

22

22

18

20

21

20

24

25

32

27

35

24

23

21

27

25

25

86

84

74

65

59

58

58

57

54

54

52

50

37

37

34

31

28

28

28

24

17

17

13

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Eolico

Servizi finanziari (tipo Esco)

Costruzioni modulari (case prefabbricate)

Biomasse

Raccolta acqua piovana

Teleriscaldamento

Comunicazione, wireless

Geotermia

Tetto verde

Edifici in legno

Servizi di manutenzione di edifici/impianti

Domotica (sicurezza, sensoristica, monitoraggio)

Ventilazione naturale / ventilazione forzata

Contenimento consumi idrici

Progettazione bioclimatica dell’edificio

Qualità dell’aria negli edifici

Fotovoltaico

Solare termico

Impianti termici ad alta efficienza (condensazione)

Utilizzo di materiali di provenienza locale (legno/pietra)

Certificazione energetica degli edifici

Nuovi materiali

Comfort acustico negli edifici

Abbiamo già investito Intendiamo investire Scarso interesse

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Non vi è dubbio che sulle strategie d’innovazione delle imprese di costruzione incidano le prescri-zioni di tipo normativo: come del resto dimostra l’attenzione principalmente rivolta ai temi del com-fort acustico degli edifici e del risparmio energetico. Sarebbe comunque ingeneroso sostenere che l’attenzione delle imprese ai temi della sostenibilità derivi esclusivamente dalla necessità di adeguare il prodotto edile agli standard normativi in materia di risparmio energetico e di conformità agli obiettivi di qualità ambientale. Come evidenziato dalla seguente tabella, riguardante l’approccio delle imprese ai temi del risparmio energetico, oltre la metà delle imprese intervistate è attivamente impegnata nella costruzione di

un proprio nuovo mercato: • proponendo ai clienti soluzioni innovative per il risparmio energetico (58 imprese); • selezionando le forniture in base alle prestazioni energetiche (39) • selezionando i collaboratori sulla base delle loro competenze in materia (24). Abbastanza significativo è anche l’impegno profuso per internalizzare competenze in azienda: • attivando partnership con esperti di risparmio energetico (19); • organizzando corsi di formazione per il proprio personale (17); • partecipando a progetti pilota al fine di acquisire le competenze necessarie (10). Certamente, per un gran numero d’imprese l’approccio ai temi del risparmio energetico è dettato dalla necessità di adeguarsi alle prescrizioni normative (66 segnalazioni), alle indicazioni dei pro-gettisti (61) e alle richieste dei clienti (49). Nonostante gli interventi di risparmio energetico - in vir-tù degli obblighi di legge - siano ormai entrati di forza nelle pratiche di molte imprese di costruzio-ne, circa un terzo del campione (29) lamenta come tali soluzioni abbiano un costo ancora troppo

elevato per la propria clientela. Sei imprese si dichiarano ancora poco informate in materia e 5 imprese non considerano il risparmio energetico un settore strategico della propria attività. Tabella 27: Qual è l’approccio dell’impresa ai temi del risparmio energetico ? (possibili più risposte).

Tipo di approccio N. rispo-

ste

Ci adeguiamo a quanto richiesto dalle normative in materia 66

Realizziamo le innovazioni previste dai progettisti 61

Proponiamo ai nostri clienti soluzioni innovative per il risparmio energetico 58

Realizziamo le innovazioni richieste dai clienti 49

Selezioniamo i fornitori di materie prime sulla base delle performance energetiche che i loro

prodotti possono offrire 39

Costruire per il risparmio energetico ha un costo ancora troppo elevato per i nostri clienti 29

Selezioniamo collaboratori/subappaltatori sulla base delle conoscenze dell'efficienza energe-

tica 24

Strutturiamo partnership con esperti del risparmio energetico 19

Facciamo seguire con regolarità ai nostri addetti corsi di formazione specializzati 17

Investiamo in progetti pilota per acquisire le conoscenze necessarie 10

Siamo poco informati e avremmo bisogno di maggiori informazioni 6

Non è un settore strategico per la nostra attività 5

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L’attuale situazione di crisi non consente di fare rischiosi balzi in avanti. Altri aspetti fonda-mentali della sostenibilità edilizia – oltre ai temi del’energia - rimangono sullo sfondo in attesa di capire quale incidenza avranno sulla domanda. L’approccio all’innovazione è dettato dalla prudenza e forse anche da una rigidità verso il nuovo a cui si è già fatto riferimento, ma anche da una forte conoscenza del proprio mercato. Esistono timori sulla capacità dei consumatori, in una difficile fase di mercato, di apprezzare - e pagare di conseguenza - queste innovazioni, e quindi le imprese si muovono con molta attenzione, magari facendo singole, piccole operazioni per sviluppare un certo know how e per iniziare a sondare il mercato, ma senza modificare in maniera sostanziale il proprio core business. L’innovazione, come detto, è di tipo adattivo e incrementale: si colgono le inno-vazioni di più immediata applicazione e che hanno già fatto presa sulla domanda o che comunque sono imposte dalla normativa. E’ ancora prematuro stabilire se i temi dell’edilizia sostenibile incen-tiveranno le imprese alla ricerca di formule innovative richiamate nei capitoli introduttivi del rap-porto. Le incertezze che caratterizzano l’attuale fase il mercato immobiliare inducono nei più atteg-giamenti di prudenza. Ci si muove con lentezza, a piccoli passi, adeguandosi alle norme, in attesa di capire come si muoverà il mercato. Che il mercato si stia, comunque, muovendo è testimoniato dall’80% degli intervistati che segnala come le soluzioni per migliorare l’efficienza energetica e ambientale degli edifici aumentano il va-

lore dell’immobile sul mercato, con incrementi che si collocano su valori incrementali che o-

scillano tra il 10 e il 20%.

I timori, espressi da molti, relativi alla scarsa attitudine degli acquirenti ad apprezzare tali innova-zioni – sopportandone i costi - vengono smentiti da un’analisi più approfondita su quali sono i seg-menti di mercato maggiormente suscettibili di innovazione. E’ proprio l’edilizia abitativa minuta

di committenza privata ( mono, bifamiliare, palazzine fino a tre piani) il segmento che, secon-

do le imprese intervistate, esprime la maggiore domanda di efficienza energetica e ambientale (70 segnalazioni). Un mercato quasi altrettanto importante (50 segnalazioni) è costituito, sempre secondo il parere delle imprese intervistate, dalla domanda degli enti pubblici, mentre un minore interesse ai temi della sostenibilità si rileva da parte dei grandi promotori immobiliari (grandi in-terventi residenziali e di carattere terziario).

Figura 40: Secondo la vostra esperienza, la domanda di edifici ecosostenibili in quale tipologia edilizia trova oggi

il suo maggiore impiego? (max tre risposte).

2

2

2

24

28

50

70

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Centri direzionali

Centri commerciali

Altro

Edilizia sovvenzionata/agevolata/social housing

Edilizia abitativa (palazzi > 4 piani, case in linea)

Edilizia pubblica (scuole, ecc.)

Edilizia abitativa ( mono, bifamiliare, palazzine fino a 3 piani )

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Una particolare attenzione è rivolta dalle imprese intervistate al tema della certificazione del prodot-to edilizio. Le imprese intervistate che, ad oggi, hanno realizzato edifici certificati da un punto

di vista energetico sono 40: ulteriori 26 imprese dichiarano che si stanno attrezzando a tal fine. La tipologia di edifici certificati – localizzati in gran parte in provincia di Trento - conferma le ca-ratteristiche della domanda sopra evidenziate: la maggior parte delle certificazioni riguarda, in-

fatti, la domanda di edilizia residenziale espressa da privati.

Tabella 28 Tipologia di edifici certificati realizzati dall’impresa nel corso del 2009 (possibili più risposte).

N.

Edilizia abitativa (mono, bifamiliare, palazzine fino a 3 piani ) 30

Edilizia abitativa (palazzi > 4 piani, case in linea) 14

Edilizia pubblica (scuole, ecc.) 8

Centri direzionali 3

Edilizia sovvenzionata/agevolata/social housing 1

Centri commerciali 0

La metodologia di certificazione maggiormente utilizzata dalle imprese intervistate è CasaClima (24 segnalazioni) seguita dalla certificazione energetica a norma della Direttiva 2002/91/CE (20), dal sistema LEED (5), e dal protocollo ITACA (1). In realtà non è possibile fare un confronto tra

i diversi sistemi di certificazione degli edifici, in quanto differiscono notevolmente gli uni dagli altri. Limitandoci ai due sistemi – CasaClima e Leed – che hanno maggiore rilevanza nel contesto regionale vanno evidenziate alcune peculiarità. Nello specifico, Bolzano ha adottato la certificazione energetica Casa Clima, un sistema di certi-ficazione edilizia con marchio di qualità in linea con la Direttiva Europea (2002/91/CE): dal dicem-bre 2006. La relativa agenzia che opera in Italia nella promozione della bioedilizia è una rete pro-mossa dalle istituzioni pubbliche, ma alla quale aderiscono anche consorzi di imprese edili e banche locali. La fiera di Bolzano “CasaClima” ha avuto una forte risonanza a livello mediatico e allo stes-so tempo ha permesso di ampliare i mercati di riferimento. L’Agenzia Casa Clima fornisce la certi-ficazione energetica per tutto il territorio nazionale. Si tratta di un sistema particolarmente apprezza-to dalle imprese in quanto è un sistema di certificazione energetica degli edifici ormai consolidato, con un marchio riconosciuto dal mercato, adeguato a interventi edilizi di piccola scala, relativamen-te poco costoso e supportato da un’efficiente rete formativa e di assistenza tecnica per professionisti ed imprese. La Provincia di Trento, invece, con la Delibera n. 2564 del 10 ottobre 2008, ha deciso di adottare il sistema di certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) che garantisce una certificazione di sostenibilità completa (non solo energetica) del processo e del prodotto edilizio. Non limitandosi alla sola certificazione energetica del prodotto edilizio, l’applicazione della certificazione Leed si presenta evidentemente più complessa, in particolare per le piccole imprese, in quanto propone modelli operativi e gestionali che incidono profondamente sul modo di operare delle imprese ma proprio per questo motivo fornisce anche un linguaggio co-

mune attorno a cui riorganizzare e innovare l’intera filiera edilizia. Con la suddetta Delibera-zione della Giunta provincia la Provincia di Trento è pervenuta alla determinazione di adottare e-sclusivamente il sistema LEED per la valutazione della sostenibilità degli edifici in costruzione di diretta competenza della Provincia Autonoma di Trento e dei propri Enti funzionali. Attraverso il protocollo d’intesa, le due Province di Bolzano e Trento si sono poste hanno l’obiettivo di armonizzare i rispettivi sistemi di certificazione definendo così uno standard comune

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che riassuma il sistema LEED home e Casa Clima. Nell’adeguamento degli standard Leed al merca-to italiano Green building Council Italia ha inglobato e ampliato gli standard Casa Clima.

7.3 La domanda, i vincoli e gli attori dell’innovazione.

A guidare la domanda di innovazione, secondo la maggioranza delle imprese intervitate, sono ob-biettivi di miglioramento della qualità e delle prestazioni del prodotto edilizio e di riduzione

dei costi di produzione (e quindi presumibilmente dei prezzi di vendita): in sostanza un obiettivo di adeguamento a una domanda di mercato in rapida evoluzione. Tabella 29: Qual è il principale obiettivo che si è posta l’azienda nell’innovare (max tre risposte).

Obiettivi N.

risposte

Migliorare la qualità e le prestazioni del prodotto edilizio 52

Ridurre i costi di produzione (meno materiali, manodopera, energia, difetti, tempo di produzione) 36

Adeguarsi alla domanda di mercato 36

Mantenere quote di mercato per proteggersi dalla concorrenza 28

Migliorare l’impatto ambientale delle attività produttive 24

Migliorare le condizioni di lavoro 20

Aumentare quote di mercato 18

Il principale fattore che induce l’impresa ad innovare è la necessità di essere competitiva sul mercato locale, rendendo efficiente ed economico il processo produttivo, adeguandosi a norme e re-golamenti e rispondendo alla crescente sensibilità dell’utenza agli aspetti di sostenibilità e qualità dell’abitare. Fattori più generali, quali la globalizzazione, la competizione internazionale e la crisi energetica, sembrano avere un peso minore nell’indurre l’impresa ad innovare.

Tabella 30 Più in generale, quali sono i principali fattori che inducono le imprese del settore edilizio ad innova-

re? (max tre risposte)

Fattori N. risposte

Esigenza di essere competitivi 71

Efficienza ed economicità del processo produttivo 42

Norme e regolamenti 39

Sensibilità dell’utenza ai temi ambientali, di benessere e di sicurezza 36

Globalizzazione e competizione internazionale 7

Costo e disponibilità di energia 5

E’ stato chiesto alle imprese (attraverso una “domanda aperta” senza opzioni di risposte preordina-te) quali fossero gli ambiti di innovazione di loro maggiore interesse. L’aggregazione delle rispo-ste si è presentata alquanto problematica, sia per la frammentazione delle risposte, sia per timore di perdere la ricchezza di sfumature che caratterizzano le esigenze di innovazione delle imprese. L’aggregazione delle risposte evidenzia come le aziende di costruzione, nell’attuale congiuntura, esprimano una domanda di innovazione articolata ed estremamente frammentata, a testimo-

nianza di quanti siano gli ambiti e i bisogni di innovazione nel settore.

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Tabella 31 In quali ambiti la sua impresa esprime le maggiori esigenze di innovazione? (domanda aperta)

Gestione della qualità 23 Case in legno 1

Nuove tecniche costruttive 19 Formazione del personale 1

Nuovi materiali 14 Gestione appalti e subappaltatori 1

Tecniche di gestione del cantiere 14 Internazionalizzazione 1

Risparmio e certificazione in campo e-

nergetico (generico) 10

Organizzazione aziendale

1

Nuovi prodotti edilizi

8

Svincolarsi dalle gare pubbliche = pro-

ject financing 1

Logistica 8 Rapporti di filiera 1

Manutenzioni e servizi post vendita

6

Maggiore attenzione alle esigenze del

cliente 1

Certificazioni Leed 5 Sicurezza 1

Gestione finanziaria costi d'impresa 4 Sviluppo di un nostro brevetto 1

Sostenibilità in edilizia

3

Vendita senza intermediazione di a-

genzie immobiliari 1

Macchinari di cantiere 3 Domotica 1

Certificazioni Casa clima 2 Progettazione del verde 1

Progettazione integrata 2

A fronte di questi bisogni di innovazione le imprese che hanno dichiarato di destinare una percentu-ale di fatturato all’innovazione sono 55 su 91. La percentuale media di fatturato destinata

all’innovazione, calcolata sulle 55 imprese, è dell’8,5%. Le imprese che si dichiarano impegnate in progetti di ricerca sono 12: in 7 casi in collaborazione con enti di ricerca del territorio ( Distretto Habitech, IVALSA, FBK, Università).

Figura 41 Numero di imprese per percentuale di fatturato destinata all’innovazione.

36

11

6 5

9

1 1

11

3 4

1 2 1

0

5

10

15

20

25

30

35

40

0% 1% 2% 3% 5% 7% 9% 10% 15% 20% 25% 30% 50%

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88

In edilizia esistono alcune barriere all’innovazione che ne frenano il potenziale effettivo. Se è vero che il ruolo della Pubblica Amministrazione attraverso norme, regolamenti e incentivazioni, svolge un ruolo determinante nell’indurre innovazioni nel settore, sono anche molte le imprese che lamen-tano un’eccessiva burocrazia e una scarsa chiarezza della normativa rispetto agli adeguamenti

e l’accesso ad incentivi per l’innovazione. Le incertezze che accompagnano alcuni interventi di incentivazione al settore delle costruzioni – ultime in ordine di tempo le incertezze che hanno ac-compagnato la riconferma della detrazione 55% per la riqualificazione energetica degli edifici - co-stituiscono un freno agli investimenti delle imprese. Tabella 32: Quali sono i principali fattori che frenano gli operatori del settore nell’introdurre l’innovazione nei

processi edilizi? (max tre risposte)

Fattori di ostacolo N. risposte

Eccessiva burocrazia (adeguamenti normativi, accesso agli incentivi) 57

Fattori economici (rischi eccessivi, costi troppo alti, ecc.) 38

Poca chiarezza nella normativa 33

Fattori ambientali (mancanza di interesse all’innovazione da parte dei committenti, del mer-

cato, ecc.) 24

Mentalità ostile al cambiamento (l'innovazione non "paga") 23

Mancanza di conoscenze, informazioni ed esperienze consolidate 20

Ostacoli interni all’azienda (mancanza di personale qualificato, ecc.) 9

Logica di mercato basata sul profitto immediato 7

Fattori organizzativi della produzione, frammentazione della filiera 5

L’innovazione comporta costi (e di conseguenza rischi) eccessivi per un sistema di piccole imprese che non hanno risorse interne sufficienti - e sufficientemente qualificate - da dedicare a progetti di innovazione. A ciò, secondo gli intervistati, si aggiungono anche fattori di carattere ambientale: • la mancanza di interesse da parte della domanda, in particolare privata, che apprezza le innova-

zioni ma che è poco incline a sopportarne i costi; • una mentalità ostile al cambiamento di molti attori della filiera convinti che “l’innovazione non

paga”; • la mancanza di conoscenze, informazioni, esperienze consolidate, a cui riferirsi; • una logica dominante orientata sul profitto immediato e poco incline ad investire sul futuro; • l’organizzazione di una filiera produttiva eccessivamente frammentata in cui è difficile far circo-

lare informazioni e innovazioni. Al di là del ruolo svolto da pubblica amministrazione nell’introdurre innovazioni attraverso norme, regolamenti, incentivi, e in qualità di committente di opere pubbliche, i principali attori che intro-

ducono innovazioni nel processo edilizio sono, a pari titolo, i progettisti ed i produttori di mate-

riali e componenti.

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Tabella 33 Quali sono, suo parere, i principali attori che promuovono o fanno innovazione nel settore edile?

(max tre risposte)

Attori del processo edilizio che promuovono l’innovazione N.

risposte

Progettisti 37

Produttori di materiali e componenti 37

Promotori e committenti pubblici 36

Imprese di costruzione 22

Centri servizi, Distretti tecnologici, Enti di certificazione, ecc. 22

Associazioni di categoria 13

Promotori e committenti privati 11

Distributori di materiali e componenti 10

Enti di Formazione 10

Università 8

Intermediari immobiliari 2

Altro 2

Banche e istituti finanziari 0

L’impresa si auto percepisce come soggetto d’innovazione in 22 casi. E’ interessante notare cole lo stesso numero di segnalazioni è riservato ai centri di servizio alle imprese. La committenza privata costituisce un soggetto che richiede, e quindi induce, innovazioni nel setto-re per 11 imprese. Termine decisamente basso se rapportato al ruolo svolto dalla committenza pub-blica. Significativo è il riconoscimento riservato alle associazioni di categoria. Mentre decisamente basso, visto il ruolo che svolge nel campo della ricerca, è il riconoscimento riservato all’università. Da segnalare l’assoluta assenza di riconoscimenti al settore del credito nell’indurre innovazioni nel-la strumentazione di carattere finanziario che, come nel caso del project financing, risulterebbe de-terminante per un’evoluzione del settore. In generale, è da evidenziare un ruolo attivo delle imprese intervistate nel tenere i propri dipendenti, costantemente aggiornati sulle evoluzioni tecnologiche, normative e commerciali che caratterizzano il settore. Al di là degli atteggiamenti reattivi che tradizionalmente caratterizzano l’operato in tutte le attività imprenditoriali (la capacità di capitalizzare le proprie esperienze e l’adeguamento alle sol-lecitazioni del mercato), le imprese intervistate investono attivamente su diversi canali: la parteci-pazione a corsi di formazione organizzati da soggetti terzi, quali associazioni di categoria, Camera di commercio, ecc.; la partecipazione a fiere di settore; l’organizzazione di corsi di formazione in-terni; la partecipazione a consorzi di sviluppo tecnologico, l’assunzione di personale qualificato.

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Tabella 34 Attraverso quali canali l’impresa acquisisce tecnologiche, normative e commerciali di cui a bisogno?

(max tre risposte).

Canali N. rispo-

ste

Attraverso corsi di formazione esterni 64

Per trasferimento dai committenti/clienti/fornitori 59

Per autoformazione nel lavoro 57

Da corsi organizzati da associazioni di categoria, Camera di Commercio 52

Per acquisizione nelle fiere di settore 39

Attraverso corsi di formazione interni 28

Partecipazione a consorzi di sviluppo tecnologico 24

Attraverso l’assunzione di lavoratori più istruiti o qualificati 18

Altro 2

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8. Il legno in edilizia Un approfondimento di indagine è stato dedicato all’utilizzo del legno in edilizia e alla realizza-

zione di case in legno. Questo approfondimento si è reso opportuno in virtù dei significativi inve-stimenti che in provincia di Trento si stanno facendo in questo settore (già richiamati nei predenti paragrafi). Il mercato delle case in legno conta in Europa un valore di produzione pari a 7,5 miliardi di euro, in gran parte, pari all’85%, circoscritta ai mercati nazionali. La produzione italiana di case in legno supera i 520 milioni di euro, dei quali 1/3 riconducibili alle imprese del Trentino Alto Adige. Si

stima che in Trentino, nei prossimi anni, una quota del 10-20% della spesa pubblica in edilizia

sostenibile nei settori scuola e social housing potrà essere rappresentata dall’edilizia in legno. Il mercato degli edifici in legno è sicuramente in crescita sia a livello locale, sia nazionale, con ot-time opportunità di business per tutti gli attori della filiera. Aumentano in particolare le richieste del prodotto chiavi in mano da parte dei privati. La “casa in legno” rappresenta ancora una nicchia di qualità nel mercato dell’edilizia e proprio per questo è in controtendenza rispetto alla crisi gene-

rale che ha attraversato il comparto delle costruzioni negli ultimi due anni. In relazione a queste tendenze e opportunità, nel periodo marzo-aprile 2010 Trentino Sviluppo - in collaborazione con il Progetto Speciale Distretti tecnologici della PAT - ha realizzato un’indagine qualitativa che ha coinvolto una ventina di imprese specializzate nella costruzione di case in le-

gno. Scopo dell’indagine era verificare le prospettive del settore, in un’ottica di consolidamento della filiera. Dalle interviste alle imprese che costruiscono case in legno è emerso con chiarezza come uno degli aspetti che condizioneranno le prospettive del settore nel prossimo futuro saranno le

integrazioni e le sinergie che si verranno a creare tra le imprese specializzate nella realizza-

zione delle case in legno e le imprese dell’edilizia tradizionale. A fronte di tali tendenze si rileva, infatti, un crescente interesse delle imprese edili tradizionali

per il settore delle case in legno o, quantomeno, per la crescita di sinergie nella realizzazione di componenti e parti degli edifici in legno, come del resto sta già avvenendo con la crescita di realiz-zazioni di tetti in legno, dell’utilizzo di travi lamellari e di realizzazioni di sopraelevazioni in legno. L’edilizia in legno può, infatti, costituire un importante driver di innovazione per tutto il set-tore edile grazie alle notevoli prestazioni che tale tecnologia costruttiva garantisce in termini di ri-sparmio energetico, comfort acustico, sostenibilità ambientale e - dato particolarmente importante - in termini di riduzione dei tempi di cantiere e mantenimento in corso d’opera dei costi di realizza-zione preventivati. Sulla base di queste indicazioni e tendenze si è voluto chiedere alle imprese edili quale fosse la loro percezione del mercato delle case in legno e quali fossero i loro specifici interessi nel settore.

All’interno del campione analizzano sono presenti solo 3 imprese che realizzano esclusivamente e-difici in legno. Un primo dato importante è connesso al fatto che 12 imprese edili “tradizionali” hanno cominciato a realizzare edifici in legno, altre 4 si stanno attrezzando per tali realizzazioni e 7 dichiarano di montare in proprio componenti edilizi in legno.

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Tabella 35 L’azienda realizza edifici in legno?

N.

No 65

No ma ci stiamo attrezzando 4

No, ma montiamo in proprio componenti in legno 7

Sì 12

Sì, realizziamo esclusivamente edifici in legno 3

Totale 91

In totale le 15 imprese che realizzano edifici in legno nel corso del 2009 hanno realizzato 105 edifi-ci in legno, con una punta di 70 edifici realizzati da un'unica impresa specializzata in questa tipolo-gia di costruzioni. Nella maggior parte dei casi si è trattato di interventi di edilizia residenziale, ma si rilevano anche 5 casi di interventi di edilizia pubblica e la realizzazione di 2 interventi di edifici a destinazione terziaria e commerciale. I pareri espressi dalla totalità del campione sulle prospettive di mercato della casa in legno sono ri-portati nella seguente tabella. Tali pareri risultano abbastanza diversificati, anche se, nel complesso, la maggioranza delle risposte sottolinea un andamento positivo del mercato dell’edilizia in legno

ed un significativo impatto sul tradizionale settore delle costruzioni. Solo 16 imprese considera-no l’edilizia in legno un mercato che continuerà ad essere confinato in una nicchia marginale. Men-tre 11 imprese prevedono addirittura che l’edilizia in legno sottrarrà importati spazi di mercato all’edilizia tradizionale. Tabella 36 Quali sono, a suo parere, le prospettive di mercato della casa in legno?

N.

Prevedo una crescita, ma all’interno di un mercato di nicchia

33

Prevedo un maggiore utilizzo delle componenti in legno nell’ambito delle

tradizionali costruzioni in muratura (es. tetti, travi lamellari, sopraelevazioni) 22

Continuerà ad essere un mercato di nicchia marginale

16

Prevedo un sviluppo: l’edilizia in legno sottrarrà importanti spazi di mercato

alla tradizionale edilizia in muratura 11

Le imprese che fanno edilizia tradizionale si dovranno specializzare

per costruire anche edifici in legno 7

Non so

2

Totale 91

Le tipologie di mercato all’interno delle quali, secondo gli intervistati, l’edilizia in legno potrà tro-vare un maggiore sviluppo sono l’edilizia residenziale privata e l’edilizia pubblica. In generale, si sottovaluta il ruolo che la realizzazione di case in legno può svolgere negli interventi di social hou-

sing.

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Figura 42: In quali tipologie di interventi le case in legno possono trovare un maggiore spazio di mercato? (pos-

sibili più risposte)

4

11

18

38

72

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Edilizia terziaria e

commerciale

Edilizia abitativa (palazzi > 4

piani, case in linea)

Edilizia

sovvenzionata/agevolata/social

housing

Edilizia pubblica (scuole, ecc.)

Edilizia abitativa (mono,

bifamiliare, palazzine fino a 3

piani )

La casa in legno deve ancora conquistare il proprio spazio di mercato: si tratta del resto di un settore che, anche in Trentino ha cominciato a svilupparsi solo nell’ultimo decennio. E’ risultato quindi in-teressante chiedere alle imprese del campione quali fossero, a loro parere, gli ostacoli e le opportu-nità per lo sviluppo di un mercato delle case in legno. Relativamente agli ostacoli che si possono frapporre ad un’affermazione delle case in legno sul mercato immobiliare gli intervista sottolineano prevalentemente alcuni aspetti tecnici: • in primo luogo si teme che le case in legno non durino a lungo nel tempo (56 segnalazioni), con

ripercussioni sulla scarsa redditività dell’investimento immobiliare (15); • in secondo luogo si sottolineano le rigidità del sistema costruttivo, in particolare le difficoltà di

realizzare modifiche impiantistiche (38) e quindi le caratteristiche di un prodotto difficilmente personalizzabile (12) che necessita di costanti manutenzioni nel tempo (38);

• in terzo luogo, nonostante le dimostrazioni tecnico scientifiche attuate da IVALSA con la Casa SOFIE, tra le imprese edili “tradizionali” permangono pregiudizi sulle caratteristiche prestazio-nali degli edifici in legno (31) in particolare, rispetto alla resistenza al fuoco (16) la resistenza a condizioni climatiche difficili (10) e le caratteristiche antisismiche (2).

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Figura 43: Quali sono, a suo parere, gli aspetti della casa in legno percepiti dal mercato come negativi? (max tre

risposte)

2

7

10

12

15

16

31

38

38

56

0 10 20 30 40 50 60

Caratteristiche antisismiche

Altro

Resistenza in condizioni climatiche diff icili

Prodotto non personalizzabile

Reddittività dell’investimento

Resistenza al fuoco

Bassa conoscenza delle prestazioni degli edif ici

Necessità di manutenzione costante

Diff icoltà nel realizzare modifiche impiantistiche

Durata nel tempo

Relativamente ai vantaggi della casa in legno la caratteristica che maggiormente desta l’interesse delle imprese edili “tradizionali” è chiaramente la forte riduzione dei tempi - e quindi dei costi - di cantiere (70 segnalazioni) commessi alla costruzione di una casa in legno rispetto ai tempi necessari alla realizzazione di un tradizionale edificio in muratura. Figura 44: Quali sono i vantaggi competitivi della casa in legno ? (max tre risposte)

4

10

10

12

12

34

39

70

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Altro

Prestazioni fisico - meccaniche

Utilizzo di legname certificato

Prezzo

Estetica e design

Sostenibilità ambientale

Risparmio energetico

Tempi di realizzazione

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9. La responsabilità sociale d’impresa Qual è la percezione che le imprese di costruzione hanno del proprio ruolo sociale? Dai dati emersi nell’indagine potremmo dire che l’identità auto percepita dalle imprese è definita principalmente dalla “cultura della buona esecuzione”, nel senso che gli imprenditori per primi rivendicano per sé un ruolo di buoni realizzatori di opere e di interventi tecnici, più che d’innovatori. Il sistema delle imprese di costruzioni trentino può, a ragione, dichiararsi estraneo a quell’immagine negativa che caratterizza il settore delle costruzioni in altri contesti territoriali e che porta ad identi-ficare il costruttore con la figura dello speculatore che si muove ai margini delle regole. Un soggetto che viene rappresentato (dai media e da ampi strati di opinione pubblica) perlopiù come insensibile alla tematica ambientale, propenso a violare le norme a tutela dei lavoratori, poco innovativo e – nei casi estremi – disinvolto nel rapporto con la politica e con le risorse pubbliche. Gli aspetti che più di altri caratterizzano il ruolo professionale e sociale dell’imprenditore edile tren-tino sono: l’attenzione alle tematiche di sicurezza del lavoro, alle regole d’arte che definiscono le buone pratiche costruttive e della sostenibilità e agli aspetti della legalità. Figura 45: Quali sono, a Suo parere, i principali temi su cui si deve esprimere la responsabilità sociale

dell’impresa di costruzioni? (max tre risposte)

1

1

1

2

3

6

6

6

7

8

8

9

9

14

15

16

26

36

45

60

0 10 20 30 40 50 60 70

Integrazione della filiera edile

Integrazione dei lavoratori stranieri

Eliminazione barriere architettoniche

Altro

Interessi dei consumatori

Qualità delle trasformazioni urbane

Finanza etica

Social housing

Certificazione dei prodotti e dei processi

Fiscalità

Lavoro irregolare

Attenzione alla comunità locale

Inserimento lavorativo dei giovani

Valore dei beni e dei servizi offerti

Innovazione

Formazione dei lavoratori

Legalità

Risparmio energetico

Sostenibilità e qualità ambientale

Salute e sicurezza del lavoro

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A fronte di questa sensibilità ai temi della sicurezza sul lavoro, della sostenibilità ambientale, del risparmio energetico, della legalità, emerge ancora una certa difficoltà a percepire il proprio ruo-

lo di classe dirigente, cioè il ruolo di imprenditori che, nell’esercizio del proprio business, siano cioè consapevoli dell’impatto collettivo della loro azione e dell’importanza delle loro competenze. Le tematiche economiche e sociali che trascendono la diretta responsabilità dell’impresa e l’evoluzione del proprio mercato, rimangono sullo sfondo. Qualche breccia si apre rispetto alla responsabilità dell’impresa verso l’inserimento lavorativo dei giovani e verso la propria comunità locale. Altre tematiche di più vasta portata economica e sociale – ma sempre attinenti al settore delle co-struzioni - quali possono essere la qualità delle trasformazioni urbane, gli interessi dei consumatori, il disagio abitativo, l’integrazione dei lavoratori stranieri, vengono ancora percepite come estra-

nee al proprio campo di azione e delegate alla funzione regolatrice dell’ente pubblico. Il tema della responsabilità d’impresa non è estraneo alla definizione di un percorso di uscita dalla crisi. Tale percorso è, infatti, definito dalla capacità del settore di dare risposte innovative alle nuove domande che emergono nella società. Domande che non possono essere soddisfatte solo dalla funzione regolatrice dell’ente pubblico e che attendono una risposta dal mercato. L’impresa è da sempre un potente strumento di innovazione sociale. Il mondo dell’impresa de-ve riaffermare la sua capacità di portare avanti processi di innovazione economica e mobilità socia-le, di dare senso all’evoluzione della società, di curare gli interessi collettivi del sistema, di pensare il futuro senza rinserramenti nel presente. Essere impresa è una responsabilità che oggi travalica

la pura funzione produttiva. Qualità, flessibilità, capacità di lavorare in rete, capacità di incorporare nel prodotto e nel marchio i desideri degli utenti-clienti, sono le vere cifre del nuovo modello competitivo. Come avvenuto ri-spetto al tema della sostenibilità ambientale - che da problema si è trasformato in opportunità di mercato - altri problemi attendono soluzioni creative, nuovi prodotti, nuovi servizi, modelli orga-nizzativi originali, che possono nascere solo dal mondo dell’impresa. Alcune tendenze già si vedo-no e aprono importanti spazi di mercato per l’impresa di costruzione. Ne parleremo nei successivi capitoli. Le grandi trasformazioni produttive, tecnologiche, dei modelli di regolazione economica degli ulti-mi anni si riflettono nel mutamento che investe i temi dell’abitare, del cambiamento urbano, dell’ambiente, degli stili di vita e dei modelli di consumo. Come già detto nell’introduzione, le im-prese di costruzioni non possono rinunciare a inserirsi - sia in qualità di portatori di interessi, sia in quanto detentori di conoscenze di interesse generale – nel dibattito e nei processi decisionali ineren-ti gli aspetti di gestione del territorio connessi alle nuove dinamiche sociali ed economiche. Le competenze tecniche e le conoscenze di cui sono detentrici, infatti, costituiscono una risorsa di grande valore per la progettazione delle città e dei territori di domani.

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10. Idee, filiere e servizi per uscire dalla crisi

10.1 L’identità del “buon esecutore” non è più sufficiente

Il rapporto tra identità è innovazione è il tema centrale del passaggio che oggi le imprese devono maturare per uscire dalla crisi. Piccole e grandi. Un primo passo che la crisi può favorire. Dopo anni di crescita vissuta in maniera non riflessiva (perché comunque il mercato tirava) è il momento giu-sto per un salto di scala del know how, della conoscenza, nell’uso delle tecnologie. La crisi che stiamo vivendo costituisce la chiusura di un ciclo. La fine di un ciclo e l’avvio di un al-tro hanno come base di arrivo e di partenza, da un lato, il ridimensionamento dei potenziali di mer-cato e, dall’altro, un processo di riconfigurazione della domanda e dell’offerta. Il problema princi-pale che deve affrontare chi opera sul mercato non è, quindi solo comprendere, descrivere, capire la crisi, è anche quello di definire le strategie per collocarsi sul nuovo mercato che si delinea nel dopo crisi. Serve in sostanza una “mappa” per orientarsi, serve una mappa per comprendere dove sia-mo, cosa succede e dove possiamo andare. Guardare avanti e far crescere nuove competenze è un lavoro lungo, ma si comincia sempre da un primo passo. Al momento è chiaro solo che il nuovo ci-clo edilizio sarà molto diverso da quello che abbiamo vissuto e il tema di fondo è quante imprese resisteranno alla crisi e quante saranno in grado di cogliere le sfide che il nuovo ciclo propone. L’identità dei costruttori che emerge da questa indagine, si è detto, è definita da una “cultura della

buona esecuzione”, nel senso che gli imprenditori per primi rivendicano per sé un ruolo di buoni realizzatori di opere e di interventi tecnici, più che d’innovatori. Tradizionalmente l’impresa di co-struzioni non compete sui fattori tecnologici e sugli asset immateriali, ma principalmente sulla sua solidità patrimoniale, sull’affidabilità e la capacità di rispettare i tempi e i costi di realizzazione, sul rispetto della normativa sulla sicurezza e di altre norme settoriali, sull’estraneità a logiche clientelari e di azzardo morale. Questo sintetico elenco potrebbe costituire un mini-prontuario del “buon ese-cutore”, dimensione che anticipa e precede la capacità di sviluppare in modo creativo le expertise tecniche, progettuali e di mercato dell’impresa. Vi è comunque la consapevolezza diffusa che tale identità non è più sufficiente. Sono le stesse imprese intervistate a sottolineare come l’uscita dalla crisi - i cui termini per la maggior parte degli imprenditori sono ancora incerti - determinerà una profonda trasformazione del comparto, por-tando ad una selezione delle imprese sulla base della loro capacità di innovare, della loro dimensio-ne o, quantomeno, della loro capacità di operare all’interno di un sistema produttivo locale sempre più integrato. Le strategie messe in campo dalle imprese per far fronte alla transizione sono principalmente di tipo difensivo e individuale. Si interviene sulla razionalizzazione del proprio ciclo produttivo al fine di contenerne i costi. Si patrimonializza l’impresa per garantirsi un maggior credito nei confronti del sistema bancario. Si guarda con attenzione all’evoluzione del mercato cercando di capire quali possono essere gli ambiti di miglioramento, ampliamento, diversificazione dei propri prodotti e ser-vizi. Si attuando investimenti in nuove competenze aziendali. Nell’attuazione di queste strategie aiuta il ruolo di integratore svolto dall’Ente pubblico trentino che, in un’ottica di riconversione del settore, sta investendo molto nella creazione di nuovi mercati edilizi e nella formazione di nuove competenze incentrate sui temi della sostenibilità. La domanda di innovazione che le imprese rivolgono al sistema si concentra sul miglioramento della qualità e delle prestazioni del prodotto edilizio e sulla riduzione dei costi di produzione. La strategia più diffusa è un adeguamento alle norme, in attesa di capire come si muoverà il mercato. L’obbiettivo è, al momento, riuscire a superare la crisi mantenendo i propri livelli di competitività

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sul mercato locale senza attuare fughe in avanti che comportino una sostanziale modificazione del proprio core business e della propria formula imprenditoriale. E’ improbabile che le imprese di co-struzione (parliamo della maggioranza, non dei first mover che ovviamente esistono anche in questo settore) ricerchino e propongano al mercato, in maniera autonoma, nuovi prodotti edilizi, nuove so-luzioni abitative, nuove soluzioni tecniche o finanziarie, nuovi materiali. Ancora una volta, prevale l’atteggiamento del “buon esecutore”, sempre pronto ad applicare le innovazioni imposte dalle norme, proposte dai fornitori di materiali e componenti o richieste dai progettisti. E’comunque or-mai diffusa la consapevolezza che la sostenibilità del costruire costituisce l’innovazione strategica dell’immediato futuro e giungervi da follower non produca vantaggi differenziali. La grande mag-gioranza delle imprese intervistate ritiene che l’edilizia sostenibile rappresenti, già oggi, un’importante realtà di mercato o che lo diventerà a breve. Emergere un segmento di sviluppatori in grado di realizzare operazioni più innovative. Se la mag-gioranza tende a lavorare in sub comparti e lotti relativamente limitati, verso segmenti di domanda relativamente prevedibili, alcune imprese sembrano decisamente orientate a sperimentare nuovi ap-procci e lanciare nuovi prodotti (l’edilizia in legno, seppur marginale, ne rappresenta un esempio). Per questo ristretto nucleo la precedente fase espansiva del ciclo edilizio ha costituito una palestra per la sperimentazione di nuovi contenuti, ma in qualche caso anche per lo sviluppo di operazioni di un certo respiro. Il mercato locale rimane il principale (se non unico) mercato di riferimento. Si può affermare (e non certo solamente per il Trentino) che quello delle costruzioni (se si escludono le poche imprese in grado di sviluppare grandi operazioni) rimane un settore fortemente legato al territorio, anche per le evidenti difficoltà logistiche e tecnologiche che imprese di piccola dimensione incontrano nella realizzazione di opere fuori sede. Il mercato extralocale, per chi lo pratica, è quello di prossimità (le regioni del nord), l’estero è praticamente inesistente. Operazioni di ampio respiro su mercati extra-locali vengono condotte solo a fronte di una forte regia da parte dell’Ente pubblico (come nel caso dell’Abruzzo). Nel prevalente orientamento al mercato locale entrano in gioco numerosi fattori che attengono alle specificità dell’ambiente regolativo locale, ma anche a un certo “endemismo” che trova razionale spiegazione nei vantaggi che le imprese locali possono capitalizzare. L’appartenenza a network relazionali locali consente, infatti, l’accesso alle informazioni, l’ottenimento di finanzia-menti, l’approvvigionamento delle competenze, la selezione dei fornitori. Tutte le imprese del set-tore sono fortemente radicate nel tessuto di relazioni locali che finisce per assumere una funzione selettiva e di screening degli operatori. L’ingresso di grandi operatori esterni desta preoccupazione e non mancano istanze di tipo protezionistico, indirizzate all’Ente pubblico al fine di garantire e di valorizzare il tessuto produttivo locale. La domanda di residenza espressa da privati cittadini rappresenta il segmento di mercato dove il complesso delle imprese intervistate realizza circa un terzo del proprio fatturato (al pari del mercato pubblico), l’altro terzo è costituito da una committenza fatta di società immobiliari, altri committen-ti privati (imprese, enti) e altre imprese di costruzione. A questo mercato privato le imprese rivol-gono una sempre maggiore attenzione, ma la loro specializzazione in questo segmento rimane co-munque ancora contenuta. L’orientamento dei più, con le poche eccezioni, è stato rivolto in questi anni a segmenti di clientela intermedi, quella ancora in grado di esprimere una domanda di nuova abitazione relativamente standardizzata. Si lavora principalmente su commessa, anche se significa-tivo è il numero delle imprese che realizzano abitazioni in autonomia per collocarle successivamen-te sul mercato. Il mercato delle ristrutturazioni è a prevalente appannaggio delle piccole e microim-prese. L’offerta delle imprese intervistate è polivalente, sia in termini di prodotto, sia di potenziale committenza, e pochi, viceversa, hanno puntato sulla specializzazione (al di fuori delle certificazio-ni SOA necessarie per l’accesso agli appalti pubblici) in particolari segmenti di mercato residenzia-le.

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Si rilevano timide le aperture, da parte dei soggetti più dinamici, verso la “finanza di progetto” (il territorio non offre molti esempi in questo senso) e alle partnership pubblico-private per la rea-

lizzazione di programmi pubblici. Non esiste in questo campo una storia consolidata e non molte, tra le imprese esaminate, dispongono di risorse e requisiti tali da proporle come partner credibili per progetti complessi. Orientamenti in questo senso si sono raccolti però tra le imprese di vertice del sistema. Nuovi prodotti edilizi (come il social housing) o nuovi servizi e modelli di gestione del pa-trimonio immobiliare (Facility management, Property managementi, Esco, mercato dei titoli ener-getici, ecc) rimangono per il momento in buona parte estranei allo scenario di riferimento delle im-prese di costruzione trentine. In questo campo si sono solo rilevate solo alcune istanze riguardanti la privatizzazione di alcuni servizi di pubblica utilità. Il settore pubblico resta molto importante, ma è sempre più diffusa l’opinione per cui le condizioni di accesso alle commesse siano divenute più proibitive e meno redditizie, marginalizzando implici-tamente gli operatori meno solidi sotto il profilo organizzativo, ma anche buona parte delle imprese trentine che nell’accesso ai bandi pubblici non reggono alla competizione con imprese di prove-nienza esterna. Tali difficoltà di accesso al mercato pubblico determinano quella che possiamo rite-nere la principale istanza che le imprese del settore delle costruzioni rivolgono alla politica, ovvero una profonda revisione del sistema degli appalti pubblici. Ad essere accusato è il sistema del mas-simo ribasso che non garantirebbe sufficienti meccanismi di qualità e trasparenza. I livelli di cooperazione tra imprese sono alti: tipici di un settore che, per realizzare il proprio pro-dotto, necessità dell’apporto di innumerevoli competenze e prestazioni. Le imprese tendono a stabi-lire partnership con altre imprese che, seppur informali, siano caratterizzate da una certa stabilità. I ruoli di appaltatore e subappaltatore sono spesso intercambiabili e questo determina “relazioni a

geometria variabile” all’interno dei vari canteri. Si instaurano rapporti di scambio e collaborazione tra imprese attraverso meccanismi selettivi fondati, ancora una volta, sulla “cultura della buona ese-cuzione”: qualificazione, specializzazione, puntualità di consegna, vissuto morale dell’impresa, rappresentano le basi essenziali perché si instaurino tali collaborazioni. I legami tra imprese sono solidi, spesso di lunga durata, ma non sono in grado di consolidare posizioni di leadership. Questo impedisce di individuare, come avviane in altri settori produttivi, soggetti emergenti che per dimen-sione, visione strategica, posizione di leadership nell’ambito di una filiera, sono in grado di creare nuovi mercati, indirizzando scelte e processi di specializzazione in una vasta platea di subfornitori.

10.2 Il settore delle costruzioni nel “nuovo capitalismo”

Per chiudere il cerchio aperto in sede introduttiva, il settore economico che per primo ha adottato schemi organizzativi e di funzionamento “post-fordisti”, appare oggi in ritardo nell’adottare fino in fondo la logica intima del “nuovo capitalismo”, rimanendo forse imprigionato all’interno di quel frazionamento individualistico che si traduce, secondo quanto si è inteso comunicare, in scarsa arti-colazione dell’offerta, rari esempi di anticipazione del mercato, penuria di risorse da destinare all’innovazione. Uno dei due principali processi che caratterizza il nuovo capitalismo (oltre alla globalizzazione17) è la smaterializzazione della produzione, che non significa rinunciare alla manifattura, ma la capa-cità di incorporare nel manufatto una serie di valori “immateriali”: l’attenzione all’evoluzione della domanda e alle esigenze del cliente, il design, la qualità, l’innovazione, le prestazioni, il signi- 17 Uno dei driver fondamentali della ripresa del settore delle costruzioni è anche l’esplorazione dei mercati esteri. Tale tema non viene trattato nel presente rapporto in quanto, come si può verificare dai dati raccolti, non supportato da un’effettiva domanda da parte delle imprese trentine.

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ficato, la sicurezza, il benessere, la garanzia, il marketing e la comunicazione, i servizi post vendita, la finanza, ecc. In un contesto di profondi mutamenti socio-economici (che, hanno coinvolto la produzione, il lavo-ro, il welfare) l’offerta del “bene casa” rimane ancorata ai vecchi schemi dell’abitazione di pro-prietà, della rendita immobiliare, di modelli abitativi relativamente standardizzati. A fronte di tale offerta si profila una domanda di residenzialità profondamente diversa rispetto agli standard conso-lidati che hanno caratterizzato i precedenti cicli edilizi. La vendita/acquisto di una casa è sempre meno una transazione avente per oggetto uno spazio compreso tra muri e sempre più la determinazione convenzionale del valore di un “luogo dell’abitare” intriso di valenze funzionali, simboliche e culturali. Progettare e costruire abitazioni è dare forma alla vita quotidiana, ma anche fornire valore distintivo alla medesima, poiché la casa è il

più distintivo dei beni scambiabili sul mercato. Il valore della “casa come luogo” (e non come semplice spazio) da inserire in una mappa cognitiva di “luoghi” che forniscono qualità e significato allo spazio urbano, ha una durata destinata a travalicare cronologicamente la crisi. E’ questa concezione dell’abitare che determina il vero campo dell’innovazione nei suoi termini materiali, di anticipazione del mercato e di capacità di tradurre le forme di vita in valore eco-

nomico. Il punto di partenza per una rinnovata cultura del costruire - che potrebbe costituire il lascito positi-vo della crisi - è il fatto che il più tangibile dei beni - l’abitazione - è anche quello che contiene

maggiore valenza esperienziale e valore immateriale. La costruzione dei luoghi, essendo una costruzione di senso, è un grande impegno intellettuale, che richiede un maggiore investimento di intelligenza per metro cubo costruito, che significa più va-lore aggiunto e maggiore produttività. Ciò che oggi conta, più del prodotto, sono le idee che danno significato a quel prodotto. E’ la produzione immateriale, infatti, a garantire una parte sempre

più grande del valore (prezzo) pagato dal cliente finale. Oggi viviamo una fase di ri-personalizzazione dell’economia e dunque anche dello spazio fisico, che rimette al centro i significati elaborati dalle persone e assegnati ai luoghi. La sfida del settore delle costruzioni è acquisire la capacità di comprendere, anticipare, accompagnare la domanda delle persone che sono gli utenti e fruitori del prodotto edilizio e dei luoghi da esso definiti. Fare in mo-

do che il cliente-utente diventi un attore fondamentale del ciclo produttivo. Da questo punto di vista il settore delle costruzioni mostra significativi ritardi rispetto all’industria manifatturiera che ormai, da tempo, ha imparato a comprendere e antipare i bisogni e i desideri

dei consumatori con modelli di produzione incentrati sulla domanda e sulla personalizzazione del prodotto. Nel processo di produzione edilizia questo non è ancora avvenuto, il cliente utente continua ad essere considerato un leader aleatorio che subisce l'offerta del mercato, e non ha modo di influire sugli aspetti progettuali e realizzativi (soprattutto per il nuovo residenziale). Le scelte degli acquirenti/fruitori sono basate soprattutto su localizzazione dell'immobile, caratteri-stiche funzionali, finiture e prezzo, ma cresce l’attenzione alle caratteristiche prestazionali dell’edificio, ai materiali di costruzione ed ai costi di gestione delle abitazioni. L'attenzione delle persone rispetto ai temi dell’abitare si sta progressivamente spostando dalle caratteristiche del sin-golo alloggio alla qualità complessiva dell’ambiente nel quale l’insediamento abitativo si colloca.

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Il valore “immateriale” che progressivamente si dovrebbe far assumere alle questioni abitative, an-drebbe sempre più legato a tutti quei fattori che hanno riferimenti con il contesto: alle problemati-

che ambientali e alle connotazioni sociali nelle quali si colloca l'insediamento residenziale e alle quali esso risponde. Le grandi trasformazioni produttive, tecnologiche, dei modelli di regolazione economica degli ulti-mi anni si riflettono nel mutamento che investe i temi dell’abitare, del cambiamento urbano, dell’ambiente, degli stili di vita e dei modelli di consumo. Progettare e realizzare ambienti quotidia-ni e produttivi, spazi abitativi, luoghi pubblici, infrastrutture, è attività sempre più complessa che richiede la mobilitazione di conoscenze e kit cognitivi che attingono a molteplici sfere del sapere tecnico e umano.

10.3 La nuova questione abitativa

Il problema casa per molti anni è stato “rimosso” nella convinzione diffusa che l’elevato tasso di proprietà fosse ormai una garanzia sufficiente della soddisfazione del fabbisogno. La corsa alla patrimonializzazione, a partire dalla fine degli anni ’90, è stata massiva. Di fatto oltre 5 milioni di acquirenti di case, dal 2000 a oggi, hanno determinato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare registrato in Italia. Come risulta dai dati ufficiali dell’Agenzia del Territorio, solo negli ultimi mesi del 2007 e nei pri-mi del 2008 si è avuto un raffreddamento degli scambi, senza dubbio legato alle mutate condi-

zioni del mercato del credito, cioè all’incremento dei tassi di interesse sui mutui, e con gli effetti della crisi dei mutui subprime statunitensi, che hanno indotto le banche a selezionare in modo mag-giormente restrittivo la propria clientela. Chi non ha acquistato una casa nelle favorevoli condizioni degli anni passati – in un momento in cui i mutui erano molto vicini come costo all’affitto,– ha oggi maggiori difficoltà a sostenerne le spese per l’acquisto della casa. La lievitazione dei canoni oltre ad aver aumentato le difficoltà a far fronte alle spese della casa per molte famiglie ha, nei fatti, ridotto la possibilità di accedere a costi ragionevoli ad un alloggio in lo-cazione, riducendo e scoraggiando nuove forme di mobilità territoriale. Gli investimenti in edilizia

residenziale destinata alla locazione non sono stati fin qui presi in considerazione da parte degli operatori professionali a causa della generale bassa redditività del capitale investito che raggiunge il suo minimo nella fascia destinata ai ceti più disagiati. Non a caso gli investitori istituzionali (Fondi Immobiliari, Casse di Previdenza, Società di Assicurazione, ecc.), negli ultimi anni si sono rivolti esclusivamente al settore immobiliare corporate (uffici, commercio, industria, hotel, leisure, ecc.). La voglia di casa delle famiglie si è dovuta misurare con il rialzo dei prezzi: e quindi da un lato chi ha comprato si è indebitato di più, per periodi più lunghi; dall’altro ha cercato un’offerta economi-camente più “accessibile” andando ad acquistare nelle zone più esterne delle città e delle aree

metropolitane, nelle prime ma soprattutto nelle seconde corone urbane, magari servite da qualche linea di trasporto ferroviario regionale. Il fenomeno, per quanto riguarda la provincia di Trento, è chiaramente descritto nell’annuario 2010 del Servizio Statistica della PAT in cui si evidenzia come il capoluogo negli ultimi anni ha perso 3.450 residenti a vantaggio dei comuni della cintura, in par-ticolare Pergine Valsugana. A spostarsi è soprattutto la fascia di popolazione tra i 30 e 44 anni di chi mette su famiglia ed è alla ricerca di una soluzione abitativa più conveniente e adeguata alle proprie esigenze. Trento continua a crescere solo grazie all’afflusso di immigrati stranieri. Gli effetti territoriali di queste dinamiche sono sempre più evidenti. Mentre l’economia si è pro-gressivamente terziarizzata, concentrando nelle città i posti di lavoro nei servizi avanzati e tradizio-nali, sono cresciute dal punto di vista residenziale e demografico le aree di cintura urbana, dove i

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valori immobiliari sono più alla portata dei portafogli familiari. Si tratta di un fenomeno generale, in atto da alcuni anni, ma che solo ora appare in tutta la sua evidenza. Gli effetti sono la crescita delle cinture urbane, ma anche delle aree più esterne, ed il calo demografico delle aree centrali e di quelle montane più periferiche, non coinvolte dalle dinamiche di sviluppo turistico. L’effetto è stato l’ulteriore incremento del consumo di suolo. L’aumento dei processi di dispersione insediativa ha avuto un effetto rilevante sul sistema della mobilità con l’aumento contestuale del numero dei pendolari, cioè di coloro che escono dal proprio comune di residenza, e l’allungamento dei tempi degli spostamenti casa-lavoro. Un fattore di spinta importante della nuova questione abitativa è costituito dalla generale crescita

quantitativa e differenziazione dei soggetti di domanda. Anche il Trentino appare segnato da al-cuni fenomeni di carattere generale, come l'invecchiamento della popolazione, l’incremento del numero di famiglie e la contestuale riduzione del numero dei componenti, la domanda di abitazioni temporanee per motivi di studio e di lavoro, la difficoltà che i giovani incontrano nel creare una fa-miglia, lo sviluppo dell'immigrazione e le limitate forme di incremento demografico negli abitati in cui si sono concentrate maggiori funzioni territoriali, fenomeni questi che incidono direttamente sul fabbisogno abitativo in assoluto e sulla sua distribuzione geografica.

Gli anziani sono portatori di bisogni molto particolari, anche rispetto alla dimensione abitativa, che attengono almeno a tre fattori: quello economica, trattandosi in gran parte di persone a reddito me-dio-basso; quello fisico, relativo cioè all’adeguatezza dello spazio abitato rispetto alle specifiche e-sigenze; quello sociale, trattandosi spesso di persone sole. La nuclearizzazione spinta delle famiglie e la progressiva difficoltà di quest’ultime ad offrire assistenza ai parenti anziani, finiscono per im-pattare direttamente sulla qualità della vita delle persone in età avanzata. L’incidenza della spesa a-bitativa per le famiglie di anziani in affitto nel mercato privato è particolarmente elevata laddove si incrociano bassi redditi (pensioni sociali) e la localizzazione in un’area urbana. Molti anziani vivo-no in immobili sovradimensionati rispetto alle loro esigenze, con alti costi di gestione (manutenzio-ne ordinaria e straordinaria, aspetti fiscali, ecc.). Per gli anziani proprietari le difficoltà possono de-rivare anche dalle mediocri o pessime condizioni dell’abitazione con carenze di vario genere, situa-zione aggravata dall’eventuale presenza di disabilità negli occupanti anziani. Non va inoltre trascu-rata la tipologia edilizia e le condizioni dell’immobile, in molti casi non adeguate ai bisogni di cui gli anziani sono portatori. Si pensi alle case senza ascensore, agli immobili fatiscenti, alle case iso-late. Questi fattori, tenendo presente la forte correlazione tra anzianità e disabilità, spesso si confi-gurano come vere e proprie barriere architettoniche in grado di penalizzare fortemente la qualità della vita degli anziani. L’incremento del numero di famiglie negli ultimi anni ha registrato valori elevati. Processo che si è accompagnato alla costante diminuzione del numero di componenti. Queste dinamiche determinano un “mercato di sostituzione” costituito da famiglie alla ricerca di condizioni abitative più congrue rispetto alla composizione del nucleo, ma anche alle accresciute esigenze di qualità della vita. E’ questa la domanda che, quando ha disponibilità finanziarie, principalmente si rivolge alle nuove realizzazioni esterne ai centri urbani ma comunque caratterizzate da buona accessibilità, dotazione di verde, qualità edilizia con tipologie unifamiliari o villette a schiera e con preferenze fortemente differenziate rispetto al building di tipo più intensivo. E’ questo mercato di sostituzione che ha in buona parte alimentato il settore edilizio negli ultimi anni e ha consentito la crescita esponenziale dell’intermediazione immobiliare. Il mercato immobiliare si è arricchito di una figura poco nota in passato: il compratore-venditore. Sono famiglie che già possiedono la proprietà di un’abitazione e che, in questi anni di difficoltà e di incertezza, hanno comunque deciso di fare un upgrading, un sal-to di qualità, di vendere per comprare una casa di maggiore qualità e di maggiore valore.

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Per gli studenti universitari la ricerca di un alloggio rappresenta un primo ostacolo per avvalersi del tanto dibattuto diritto allo studio: ad oggi, infatti, la questione abitativa costituisce una notevole criticità in tutte le città universitarie raggiungendo livelli più o meno allarmanti. In mancanza di un’adeguata offerta di posti letto nelle residenze e collegi universitari, la principale soluzione per tutti resta quella dell’affitto di un appartamento, di una stanza o addirittura di un posto letto da pri-vati. Naturalmente una pressione della domanda così elevata non fa altro che drogare il mercato de-gli affitti facendo crescere in maniera spropositata i prezzi soprattutto nelle aree centrali o prossime alle sedi degli atenei. In aggiunta al fenomeno crescono i cosiddetti contratti “in nero”, non adegua-tamente fermati dagli ultimi provvedimenti adottati in materia di affitti per motivi di studio. La questione abitativa resta un problema per i giovani, anche una volta terminati gli studi. Per loro si prospetta, infatti, un mercato immobiliare di difficile accesso date le condizioni economiche di chi oggi si inserisce nel mondo del lavoro. Il diffondersi delle condizioni di precariato e di flessibi-

lità lavorative e le conseguenti incertezze sul proprio futuro fanno sì che, per le giovani generazio-ni, sia sempre più difficoltoso usufruire dei servizi bancari (come ad esempio l’accensione di un mutuo) o comunque impegnarsi a lungo termine per sostenere le spese di una propria abitazione. La difficoltà che si incontra nell’andare a vivere in maniera indipendente in un alloggio proprio o in af-fitto è alla base della forma di disagio che minano anche le opportunità per le giovani coppie di crearsi un proprio nucleo familiare. Vi è poi la domanda di prima abitazione da parte di nuclei famigliari stranieri, che si orienta (spes-so con effetti sostituitivi della popolazione autoctona, attratta dalle abitazioni nei “nuovi quartieri” o nella prima cintura urbana) principalmente nelle aree adiacenti ai centri storici, nei quartieri operai risalenti alla prima industrializzazione che, a causa della bassa qualità o fatiscenza dell’edificato, offrono ancora qualche opportunità di abitazioni relativamente a basso costo. La condizione abitati-va degli immigrati è contrassegnata da una situazione di diffusa precarietà, superiore a quella lavo-rativa. Inevitabilmente, sui processi di inserimento abitativo degli immigrati pesa la debolezza delle politiche abitative per le fasce medio-basse con conseguente conflittualità nell’accesso a una risorsa scarsa. Emerge anche una domanda di nuovi ceti professionali caratterizzata da notevole mobilità che si orienta verso i centri urbani in cui si concentra il terziario dei servizi avanzati, le funzioni logistiche, dalle attività culturali, formative e di ricerca. Una domanda caratterizzata dalla necessità di muover-si all’interno di reti sociali, economiche, culturali, infrastrutturali, complesse, che ridisegna gli spazi e le funzioni dei centri storici sul piano commerciale e della fruizione culturale, che si appropria dei contenitori dismessi della città fordista per destinarli a nuove funzioni in cui la dimensione residen-ziale e quella produttiva spesso si confondono. Si pensi, ad esempio, al recupero di edifici industria-li ed artigianali che vengono riconvertiti in spazi abitativi e professionali per i nuovi ceti in ascesa dell’economia culturale; fenomeno che in alcuni quartieri storici sta portando a nuove concentrazio-ni e specializzazioni funzionali legate alle nuove professioni, innescando dinamiche di gentrifica-

tion18. Un altro esempio è costituito dalle tante nuove edificazioni in piccoli fondi (garage, laborato-

ri in cortili interni, spedizionieri, ecc.) sparsi nella città o al fenomeno, diffuso nelle zone semi-centrali, dei “sottotetti” (nuovi alloggi ricavati in mansarde di immobili pregiati già esistenti).

In una realtà turistica come quella trentina una rilevante quota della domanda abitativa è costituita dalle seconde case. In quest’ambito la domanda di loisir e di accesso ad amenities paesaggistiche e ambientali si interseca con le opportunità di investimento in un bene immobiliare. L’integrazione tra edilizia e turismo rappresenta la principale fonte di reddito e occupazione in molte realtà montane.

18 Per gentrification s’intende il processo di più o meno graduale sostituzione della popolazione originaria di un quartie-re, spesso di caratteristiche popolari, con nuovi abitanti di ceto sociale più abbiente, in genere attirati dalla “tipicità” del luogo. Processo che in genere determina una riqualificazione urbanistica ed un incremento dei valori immobiliari.

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A fronte di ciò si determina un aumento del consumo di suolo in aree ambientali di pregio, un au-mento dei valori immobiliari con conseguenti difficoltà di accesso al mercato da parte della popola-zione residente, uno snaturamento di luoghi e comunità caratterizzati da specifici valori identitari, che sono la base stessa dell’attrattività turistica di questi contesti. Ma è anche in queste aree che prende progressivamente forma una rinnovata cultura della manutenzione (centri storici, vecchi nu-clei, paesaggi), nuove forme di ospitalità turistica diffusa e modelli di intrattenimento turistico ca-paci di rispondere a una rinnovata domanda di fruizione e residenzialità turistica più consapevole e attenta ai valori ambientali, culturali, alle tradizioni eno-gastroniche dei territori visitati. La qualità del costruito, sia come recupero di valori architettonici, storici, urbanistici, sia come nuove realizza-zioni capaci di inserirsi nel contesto, è parte integrante di questa nuova offerta turistica. Come visto, sono molteplici le nuove domande di residenzialità che al momento non trovano un’adeguata offerta di mercato: • una domanda di qualità ambientale, di paesaggio, di benessere abitativo, di efficienza energetica; • una domanda di accesso al bene casa, che non è più solo un problema per fasce deboli della po-

polazione, ma per quote sempre più rilevanti di ceto medio; • una domanda di flessibilità, adattabilità del manufatto edilizio alle mutevoli esigenze delle fami-

glie e degli individui; • una domanda di connettività, mobilità, socialità, accessibilità a servizi diffusi di livello metropo-

litano adeguati ai nuovi modelli di vita, di consumo culturale e di produzione. A fronte di tali domande la casa è tornata ad essere, dopo anni, un argomento al centro

dell’agenda politica e non solo in Italia. Il miglioramento della qualità urbana (edificato, territorio, mobilità, relazioni, integrazione) rappresenta una risposta ad una domanda sociale ma anche un im-portante fattore di competizione economica. Si potrebbe obiettare che non è compito dell’industria delle costruzioni farsi carico di queste do-mande sociali, la cui risposta è delegata ai sistemi di welfare e di programmazione urbanistica dell’Ente pubblico. Tale obiezione si scontra pero con due questioni di fondo: • da un lato la progressiva riduzione delle risorse pubbliche, sempre più concentrate a risolvere

gli aspetti di effettivo disagio sociale e abitativo mentre, come abbiamo visto, il “problema casa” riguarda un’articolata composizione sociale;

• dall’altro lato la consapevolezza che l’intervento pubblico poco può fare se sul fronte dell’offerta non si sviluppano nuovi modelli capaci di rispondere a questa nuova articolazione della doman-da e determinare un mercato immobiliare più fluido, meno ingessato sui meccanismi della rendi-ta fondiaria.

I nuovi scenari che si sono aperti potranno essere pienamente sfruttati dalle imprese di costruzione, in un’ottica di rilancio del settore, se esse riusciranno a superare ed a rimuovere le resistenze al cambiamento, affrontando la sfida dell’innovazione nel prodotto e nel processo e concependo i

prodotti edilizi non più solo come beni patrimoniali ma come soluzione ai problemi e come va-lore aggiunto al consumatore. E’ questa la scommessa delle trasformazioni urbane a venire, che richiederà più e non meno proget-tazione, più capacità di pensare l’equilibrio tra abitazione, servizi, luoghi collettivi. Una scommessa che potrebbe alimentare nuove opportunità per le imprese di costruzioni, a patto di affrontare e con-tribuire al superamento di quei limiti del sistema sui quali ci si è dilungati nel rapporto.

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Tre le questioni strategiche: 1) la capacità di affrontare la sfida della sostenibilità ambientale, sociale ed economica ade-

guando i prodotti edilizi alle caratteristiche della domanda; 2) la messa in campo di azioni volte al superamento della frammentazione del processo edili-

zio, che costituisce un vincolo esplicito alla qualificazione del sistema delle imprese nello svi-luppo di progetti sul mercato privato;

3) la ricerca e di nuovi schemi di partenariato pubblico-privato-associazioni, che da una parte incentivino una “cultura del buon affidamento” nella gestione degli appalti pubblici e dall’altra consentano la diffusione di formule e progetti gestiti in partnership con l’attore pubblico per la realizzazione di interventi d’interesse collettivo.

10.4 La sostenibilità ambientale e sociale come driver dell’innovazione

Di fronte all’esaurimento delle risorse e alla crisi energetica, si sta affermando una rinnovata cultura dell’abitare e del costruire che deriva da una riflessione critica condivisa sull’importanza dell’ambiente e del benessere collettivo. L’emergenza ambientale, infatti, non è più una prospettiva, ma un problema da risolvere che richiede la collaborazione di tutte le parti sociali, dagli enti pubbli-ci alle imprese, fino ai privati cittadini, e che si appella alla sperimentazione di politiche e strategie innovative. La sostenibilità sta diventando elemento centrale e motore di un nuovo modello di pianificazione urbanistica e socioeconomica che progressivamente informa le decisioni dei governi dell'Unione Europea. Le politiche, i piani e i programmi integrano, con sempre maggiore efficacia, la preven-zione ambientale, l'economia e l'equilibrio sociale. La sostenibilità ambientale è solo una delle componenti chiave della sostenibilità. Il criterio di so-stenibilità ambientale non deve quindi essere interpretato esclusivamente in termiti di limite o vin-colo allo sviluppo, ma come opportunità di crescita economica e sociale.

Figura 46 Le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile

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Gli edifici sono responsabili per più del 40% delle emissioni dannose nell'atmosfera terrestre; è quindi necessario un approccio sostenibile per portare avanti lo sviluppo e la costruzione di edifici sempre più attenti alle politiche di salvaguardia dell'ambiente, ma soprattutto per realizzare abita-zioni, scuole e uffici che siano davvero uno strumento per vivere sani e lavorare meglio.

I temi della sostenibilità ambientale del prodotto e del processo edilizio hanno assunto in Trentino una rilevanza strategica tanto da fare di questa provincia - assieme a quella di Bolzano - un punto di riferimento nazionale per le politiche della sostenibilità, sia in campo pubblico, sia in quello privato. I consistenti investimenti fatti dall’Ente pubblico in questo settore hanno indotto un notevole inte-resse da parte delle imprese di costruzione che individuano nel tema della sostenibilità un merca-

to ormai maturo su cui attuare investimenti, in primo luogo in termini di acquisizione di com-petenze aziendali. Chiaramente le possibilità di investimento delle imprese sui temi della sostenibilità è da rapportare all’attuale congiuntura economica. Sul breve termine le istanze delle imprese, più che all’innovazione sui temi della sostenibilità come opzione strategica di uscita dalla crisi, sono rivolte alle politiche anticrisi che investono il tema delle commesse pubbliche: l’aumento dei volumi nel settore delle piccole opere, la revisione del sistema degli appalti, il problema dei tempi di pagamen-to che si ripercuotono lungo tutta la filiera del subappalto, la semplificazione amministrativa, la competitività del sistema locale rispetto all’ingresso di operatori esterni. Nel frattempo però, attraverso punti di osservazione come le fiere specializzate, le associazioni di categoria e lo stesso Distretto tecnologico, le imprese guardano in modo attento all’evoluzione

del mercato dell’edilizia sostenibile cercando di cogliere le tendenze e le innovazioni più con-solidate, quelle che possono produrre un immediato valore aggiunto, quali sono - come abbiamo vi-sto- i temi del comfort acustico e dell’efficienza energetica su cui la maggior parte delle imprese intervistate ha già attuato investimenti. A destare particolare interesse sono anche tutte quelle innovazioni che supportano le attuali strate-gie delle imprese volte a incrementare l’efficienza ed economicità del ciclo produttivo. In tale con-testo va collocato l’interesse verso i nuovi materiali da costruzione, in cui rientra anche l’interesse per le costruzioni in legno, principalmente per la riduzione dei tempi di cantiere consentita da tali realizzazioni. Altrettanta attenzione viene rivolta alle innovazioni di tipo impiantistico quali pos-sono essere gli impianti termici ad alta efficienza, o l’utilizzo dei pannelli solari sia nel termico, sia nel fotovoltaico. L’attuale situazione di crisi non consente di fare rischiosi balzi in avanti. Altri aspetti fonda-mentali della sostenibilità edilizia rimangono sullo sfondo in attesa di capire quale incidenza avran-no sulla domanda. L’innovazione, come detto, è di tipo adattivo e incrementale: si colgono le inno-vazioni di più semplice e immediata applicazione e che hanno già fatto presa sulla domanda o che comunque sono imposte dalla normativa. Emblematico in tal senso è il tema della certificazione degli edifici, per la quale le imprese si ri-volgono a sistemi ormai consolidati, percepiti dal mercato, supportati da un’efficiente assistenza formativa e relativamente poco costosi come è, nello specifico, il sistema di Casa Clima, maggior-mente utilizzato dalle imprese intervistate. A sistemi più articolati e complessi come Leed - capaci di indurre profondi mutamenti nel modo di operare dell’impresa - si guarda con interesse nella con-sapevolezza delle prospettive insite in uno strumento ormai utilizzato a livello globale per i grandi interventi edilizi. Di contro sono però ancora poche le imprese - almeno nell’ambito del campione

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intervistato - che hanno investito in tale sistema. Certamente Leed sta contribuendo in modo deter-minante alla reputazione del Trentino sui temi della sostenibilità edilizia, coinvolgendo importanti realtà imprenditoriali a livello nazionale ma, a livello locale, la maggior parte delle imprese intervi-state giudica ancora tale sistema al di fuori della propria portata (troppo complesso, troppo costoso, non ancora conosciuto e apprezzato sul mercato residenziale locale che costituisce il principale rife-rimento per le nostre imprese). Per chi si occupa di promuovere l’innovazione nel comparto delle costruzioni è importante com-prendere questo approccio adattivo di gran parte delle imprese ai temi dell’innovazione. L’innovazione viene considerata tale quando si inserisce – senza perturbarlo- in un assetto tecnico produttivo consolidato, quando consente una maggiore efficienza e economicità dell’attività di can-tiere e quando produce una redditività nel breve termine per il fatto di essere spinta dal mercato o dall’imposizione normativa. E’ evidente che tale approccio all’innovazione riguarda una platea vasta di followers e che non mancano di contro i first movers, individuabili in alcune imprese di maggiore dimensione o in pic-cole imprese fortemente specializzate. Sarebbe, infatti, ingeneroso sostenere che l’attenzione alla sostenibilità ambientale derivi esclusivamente dalla necessità di adeguare il prodotto edile agli stan-dard normativi in materia di risparmio energetico e di conformità agli obiettivi di qualità ambienta-le. Si tratta però di un’innovazione obbligata; giungervi da follower non produce vantaggi differen-ziali. Al contrario chi ha investito in anticipo in questo campo si è posto oggi nella condizione di capitalizzare i vantaggi (tecnologici, di apprendimento, di reputazione) sedimentati. E però difficile - com’era del resto negli obiettivi della ricerca - riuscire a individuare, nell’ambito del sistema delle imprese locali, soggetti leader capaci di produrre innovazione e trasferirla nell’ambito della filiera. Tale ruolo come vedremo nei successivi paragrafi, è maggiormente indivi-duabile nei soggetti collocati a monte della filiera: i fornitori di materiali e componenti edilizie

e i progettisti. L’innovazione più significativa espressa dal contesto locale è probabilmente individuabile nell’edilizia in legno: innovazione nata in un settore contiguo all’edilizia (quello delle carpenterie) e nata - anche in questo caso -, da un processo di adattamento all’aumentata competizione - nel set-tore della costruzione dei tetti in legno - che ha spinto un ristretto nucleo di imprese innovative ad investire in questa tecnologia costruttiva. Il supporto fornito dal sistema locale a questa innovazione ( il sistema costruttivo SOFIE e il proget-to Casa in Legno Trentina) unitamente al ruolo svolto dal Trentino nel drammatico evento de l’Aquila, hanno evidenziato le potenzialità di tale sistema costruttivo che sempre più interesse de-sta a livello nazionale, in particolare riguardo a interventi di social housing e di edilizia pubblica scolastica. E’ ancora presto dire quale sarà l’impatto di questa innovazione sul sistema delle impre-se locali che si occupano di edilizia “tradizionale”. Di certo si tratta di un’innovazione che desta

l’interesse di un buon numero di imprese locali, proprio per la sua capacità di comprimere i tem-pi (e i costi) dell’attività di cantiere e la sua adattabilità ad alcuni interventi edilizi (p.e. le sopraele-vazioni). La reputazione acquisita dal Trentino sui temi della sostenibilità ambientale e il vantaggio competi-tivo che - al momento - abbiamo acquisito rispetto alla costruzione delle case legno costituiscono un posizionamento strategico per l’elaborazione di prototipi di case ecologiche a basso costo e per avviare una campagna di marketing a livello nazionale rispetto a tale tipologia di produzione edili-zia. Ciò costituirebbe fra l’altro un percorso di uscita delle nostre imprese da un mercato essenzial-mente locale. Il target di tale azione di marketing è molto ampio e comprende:

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• una molteplicità di soggetti che attivano progetti di social housing (fondazioni bancarie, fondi immobiliari investitori privati, società di gestione del risparmio, compagnie di assicurazioni, cas-se di previdenza, ecc);

• le amministrazioni comunali impegnate in progetti di edilizia pubblica, in particolare scolastica; • le autonomie funzionali impregnate in grandi progetti di trasformazione urbanistica che prevedo-

no lo spostamento di residenze (la recente visita di Pedemontana Lombarda SpA in Trentino per conoscere il sistema di produzione di case in legno ne rappresenta un esempio).

Se i temi della sostenibilità ambientale cominciano a far parte del patrimonio delle imprese

trentine e costituiscono uno stimolo all’innovazione nel settore, nei termini fin qui descritti, al-trettanto non si può ancora dire della sostenibilità sociale. Nei fatti dall’indagine non sono e-mersi modelli di riferimento riconducibili a un processo di attenzione e adeguamento alla domanda con l’elaborazione di nuovi prodotti edilizi, nuovi modelli di residenzialità e conseguenti strategie di marketing. Seppure la maggior parte delle imprese abbia indicato come strategica la necessità di diversificare

il proprio mercato sia in termini di prodotto/servizio offerto, sia in termini di nuovi mercati geografici, rispetto al mercato privato l’offerta rimane generica e non specializzata, orientata ad uno specifico segmento della domanda: quella delle famiglie con disponibilità di investimento che si orientano a tipologie edilizie a bassa densità abitativa e collocate in aree esterne ma prossime ai centri di attrazione urbana. Colpisce che, tra i possibili campi di sviluppo del settore, pochissimi tra gli intervistati abbiano fatto riferimento al social housing su cui, a livello nazionale ed europeo, si sta concentrando l’attenzione di molti operatori privati e amministrazioni pubbliche (si veda box di pagina successiva). Una delle sfide future del settore delle costruzioni sarà la capacità di produrre case ecologiche a

basso costo, coniugando le esigenze di sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale. Su questo fronte le iniziative e le esperienze a livello nazionale cominciano a moltiplicarsi. A parti-re dai prototipi di case ecologiche low cost elaborati dall’Architetto Mario Cucinella. Per lo svi-luppo di tale prototipo si è sviluppata un’intesa con il Centro ricerca e innovazione del Gruppo Ital-cementi, i cui tecnici lavorano in stretta collaborazione con lo studio dell’architetto Cucinella. Il team sta studiando cementi, materiali da costruzione, tecniche per l’isolamento termico e acustico e processi di industrializzazione per la riduzione dei costi di costruzione. La prima città pronta a dare concreta attuazione al progetto è quella di Settimo Torinese: trenta alloggi eco-sostenibili realizzati in un’area industriale dismessa interessata da un innovativo progetto di recupero urbano. Un punto di riferimento importante del settore è la Fondazione Social Housing (FHS) un’iniziativa della Fondazione Cariplo che promuove iniziative immobiliari sociali (il c.d. Immobiliarista Socia-le), ricercando risorse finanziarie e promuovendo modalità non profit per la gestione degli alloggi, delle comunità dei residenti dei servizi sociali e di vicinato. La FHS non si occupa di erogazioni a fondo perduto, attività svolta in modo diretto dalla Fondazione Cariplo. FHS ha più in generale as-sunto un ruolo di promozione del settore dell’edilizia sociale e di trasferimento di buone pratiche che in altri paesi, soprattutto europei ma non solo, si sono diffuse al punto da rappresentare quote molto significative del settore immobiliare residenziale. In collaborazione con Euricse (European

Research Institute on Cooperative and Social Enterprise), FHS ha recentemente organizzato un convegno a Trento sulle prospettive del social housing e sugli aspetti inerenti alla gestione sociale di tali interventi.

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Box: Che cos’è il social housing

La traduzione letterale di social housing è edilizia sociale, le ascendenze migliori vengono dall’Olanda e dall’Inghilterra e si differenzia marcatamente dagli interventi per promuovere la rea-lizzazione di case popolari, l’Edilizia Residenziale Pubblica, perché quest’ultime vengono realizzate direttamente o indirettamente solo grazie all’intervento pubblico e poi locate a canoni molto bassi ed a favore di nuclei familiari con pochi mezzi di sostentamento. L’housing sociale si rivolge invece a quella fascia di popolazione che ha difficoltà ad accedere al mercato immobiliare ma che allo stesso tempo ha livelli di reddito che non consentono di chiedere l’assegnazione di case popolari. Tale “zona grigia” è rappresentata soprattutto da giovani coppie, studenti, immigrati, anziani. Il modello fa riferimento alle tradizioni del mondo cooperativo e del mutuo soccorso oggi tornate di attualità in una complessa fase di transizione economica e sociale. Il canone medio dell’housing sociale è almeno pari al 30% in meno del canone di mercato e, in dipen-denza della città ove è avviata l’iniziativa, si aggira indicativamente in media a 400-500 €/mese. I progetti più avanzati in Italia quanto ad iter di realizzazione sono localizzati a Crema, Parma e Mi-lano e si stima che l’operazione a livello nazionale nei prossimi anni potrà produrre più di 40 mila alloggi. Le formule di gestione degli immobili sono le più varie e servono ad assicurare la sostenibilità economica del piano finanziario ed a rendere compatibile intervento sociale e remunerazione del capitale. L’obiettivo primario è creare appartamenti da affittare a canone moderato tuttavia, come a Parma, parte degli alloggi sono messi in vendita – a prezzi comunque inferiori al mercato – con l’obiettivo di generare risorse in grado di rendere sostenibile l’operazione. E’ configurabile anche la formula dell’affitto con riscatto dove l’operazione diventa un accompagnamento alla proprietà dell’immobile. Il Fondo Immobiliare chiuso gestito da una Società di gestione del risparmio (SGR) che nella so-stanza rappresenta un meccanismo di project financing, è lo strumento già individuato a livello na-zionale per favorire la raccolta dei capitali necessari a finanziare l’operazione ed a cui parteciperan-no in prevalenza investitori privati (Fondazioni, Compagnie di assicurazioni, Casse previdenziali, Banche e Finanziarie ecc.). Gli obiettivi di remunerazione stabiliti dal Fondo nazionale (Fondo In-vestimenti per l’Abitare), destinato ad alimentare fino al 40% i Fondi locali, stabilisce un rendimen-to obiettivo del proprio investimento fino a 3 punti sopra l’inflazione. Il ruolo pubblico a sostegno delle iniziative per il canone moderato, date le finalità sociali e pur mantenendo un ruolo sussidia-rio, possono concretizzarsi attraverso contributi o aree a costo zero, anche all’interno di un quadro di programmazione urbanistica negoziata, a sostegno del canone agevolato. Il presupposto dell’idea del modello di Fondo Immobiliare è la presenza di una committenza fi-nanziariamente solida e la capacità di portare avanti i progetti a vantaggio quindi anche del settore dell’edilizia e costruzioni. Il modello è stato pensato a livello nazionale dove Cassa Depositi e Prestiti ha approntato un Fondo, che avrà a regine una dotazione di 2,5 miliardi di Euro ed una capacità potenziale di mobili-tare nel tempo investimenti fino a 12 miliardi di Euro e che interverrà con risorse finanziare per par-tecipare fino al 40% nei Fondi locali. Il meccanismo messo a punto dal presidente dell’Acri Giu-seppe Guzzetti con i ministri Giulio Tremonti e Altero Matteoli, vuole minimizzare l’impegno di risorse pubbliche incentivando attraverso lo strumento del Fondo Immobiliare la finanza privata.

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Il legno è uno dei protagonisti del social housing. A Milano il Progetto Casa Bosco, nato dalla collaborazione tra lo studio dall’Architetto Stefano Boeri e l’impresa edile di Camillo Agnoletto (componente del direttivo ANCE della Lombardia) ha messo a punto un progetto di case in legno ecologiche che possano essere realizzate in tempi brevi con il coinvolgimento diretto chi le abiterà. La proposta fatta al comune di Milano e ai comuni dell’hinterland milanese è la realizzazione di in-terventi di social housing negli spazi interstiziali in disuso del tessuto urbano. La prima realizzazio-ne, alla cui definizione progettuale hanno contribuito anche le imprese trentine del Consorzio SO-

FIE, è prevista nel comune di Abbiategrasso. Sempre milanese è l’iniziativa Housing Contest promossa da Comune di Milano, Assinpredil Ance, Federlegno Arredo, l’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano, IN/ARCH Sezione Lom-bardia. L’iniziativa riguarda il lancio del “Bando europeo per la formazione di un Repertorio di

progetti per edifici residenziali ad alte prestazioni e basso costo”. Prima in Italia nel suo genere, l’iniziativa intende promuovere qualità architettonica, ricerca ed innovazione nel settore dell’edilizia residenziale, attraverso esempi concreti di edifici ad elevate prestazioni tecnologiche realizzabili a costi e tempi contenuti. I progetti che supereranno la selezione tecnica e qualitativa en-treranno a far parte di un Repertorio dove i committenti potranno attingere, ovunque vorranno ope-rare, potendo così formulare business plan puntuali e certi a livelli qualitativi predefiniti. I primi dati parziali del Piano nazionale per l’edilizia abitativa, forniti dal Cresme, parlano di ol-tre 12 mila alloggi di social housing previsti in 12 accordi di programma regionali, che si sommano ai cinquemila già in corso di realizzazione. Il tutto per un investimento pubblico- privato di oltre due miliardi. Predominante il coinvolgimento dei privati, con quasi il 70% dei fondi complessivi ma con un apporto diverso da Regione a Regione che sono via via crescenti se aumenta la quota di con-venzionata per la vendita e di locazione a riscatto dopo 10 anni. Tali numeri sono destinati ad au-mentare con i programmi in arrivo dalle altre Regioni. Anche in Trentino vi si appresta ad investire sull’importante tema del social housing. Il Piano straordinario in materia di edilizia abitativa agevolata della PAT ridefinisce la legislazione vigente in materia di edilizia agevolata e prevede di realizzare programmi di edilizia pubblica a carico di I-tea e programmi per alloggi a canone moderato, soprattutto per le giovani coppie. All’interno di questo piano un’importate ruolo è riservato al coinvolgimento di risorse private, attraverso la

promozione di idonei strumenti, quali i fondi immobiliari per il social housing. Il piano della PAT prevede l’acquisizione di 700 alloggi da parte di Itea, l’acquisizione di 300 al-loggi attraverso il contributo di imprese che vogliono immettere sul mercato abitazioni a canone moderato e la realizzazione di 2.000 alloggi attraverso la costituzione di un fondo immobiliare

chiuso per il social housing. Tecnofin Trentina Spa ha coordinato il gruppo di lavoro incaricato di elaborare il progetto di mas-sima del fondo di investimento immobiliare che - in considerazione del numero di realizzazioni - gestirà uno dei più importanti interventi di social housing mai realizzati livello nazionale. Il progetto di fondo immobiliare prevede la partecipazione della Provincia e degli Enti locali (attra-verso il conferimento di terreni edificabili o immobili da ristrutturare) e di investitori istituzionali locali per il reperimento di risorse da utilizzare per finanziarie la costruzione delle abitazioni o le ristrutturazioni. Attraverso questo strumento saranno garantiti, da un lato, la tutela degli interessi pubblici coinvolti nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, dall’altro, il coordinamento del-le iniziative attraverso l’adeguato coinvolgimento di risorse economiche non speculative. Sempre in Trentino, recentemente Euricse ha siglato un protocollo d’intesa con il Comune di

Trento. L’obiettivo di questa collaborazione è di individuare i bisogni legati all’abitare, riportare le

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buone prassi di social housing in ambito nazionale ed internazionale. Inoltre il protocollo prevede una collaborazione per “mappare” le aree territoriali che si possono prestare per nuove costruzioni o ristrutturazioni di alloggi da destinare a iniziative di social housing.

10.5 La riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Altra sfida importante per il settore delle costruzioni – con implicazioni rispetto ai temi della soste-nibilità ambientale e sociale - è quella della riqualificazione edilizia e urbanistica. I crescenti livelli di consumo di suolo rappresentano oggi una delle principali problematiche per la programmazione urbanistica, ma anche per la stessa industria delle costruzioni. Tali problematiche sono particolarmente evidenti in un territorio montano come quello trentino dove la scarsità di suolo edificabile nei fondovalle produce conflittualità tra i diversi modelli d’uso del territorio: agricol-tura, residenza, turismo, infrastrutture, insediamenti produttivi. Non ha caso, tra gli aspetti più di-battuti del Piano urbanistico provinciale e di maggiore impatto per il sistema delle costruzioni, tro-viamo il contenimento dello sviluppo delle seconde case dettato dall’esigenza di garantire la fun-zione residenziale della popolazione stabile. I campi in cui si esercitano le funzioni regolative sono molteplici ma uno spazio importante di svi-luppo del settore delle costruzioni è occupato proprio dall’insieme di interventi sul patrimonio fisico esistente, riassumibile nella nozione di riqualificazione urbana. Oggi è impensabile continuare a occupare nuove porzioni di prezioso suolo agricolo: la città va ricostruita su se stessa. Alla progres-siva riduzione di suolo disponibile per nuove edificazioni si affiancano nuove opportunità di recu-

pero e riconversione funzionale di aree ex industriali dismesse, o di quartieri residenziali de-

gradati, oltre che di manutenzione e riqualificazione di centri storici e vecchi nuclei. Anche questi temi trovano importante rilevanza all’interno della programmazione urbanistica provinciale. Nell'ottica di razionalizzare l'impiego di nuovo territorio, il Piano urbanistico provinciale rafforza la priorità della riconversione di aree dismesse o brownfield site

19, nel caso di esaurimento degli spazi disponibili nelle aree industriali già consolidate, ponendo attenzione alle modalità utilizzabili e all'architettura finanziaria idonea a sostenere tale operazione. Un esempio è la conferma nel piano urbanistico provinciale della previsione di aree di riqualificazione urbana in corrispondenza dell'a-rea ex Italcementi a Trento ed ex Montecatini a Mori, al fine della riconversione di siti industriali dismessi, altamente significativi per la loro localizzazione lungo l'asta dell'Adige. Un altro esempio è l’attenzione dedicata al recupero funzionale di importanti testimonianze di archeologia industriale come nel caso dell’ex Manifattura tabacchi di Rovereto riconvertita a polo di funzioni produttive e terziarie proprio sui temi della bioedilizia e delle energie alternative. Analoghe attenzioni della programmazione urbanistica provinciale sono riservate agli interventi di rinnovo urbano, in particolare nei quartieri di scarsa qualità edilizia realizzati negli anni ’60 e ’70, e al recupero dei centri e dei nuclei storici e a una loro valorizzazione sul piano abitativo, com-merciale (i centri commerciali naturali) e della fruizione turistica culturale. E’ in questo contesto di rinnovo urbano che trova collocazione uno dei principali motori della ripre-sa, ovvero la riqualificazione del patrimonio abitativo esistente. La domanda che si rivolge al settore delle costruzioni si è progressivamente orientata su una richiesta crescente di attività di

manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, che ha, negli ultimi anni, superato il livello della 19 Il termine brownfield site si riferisce generalmente a proprietà immobiliari, la cui espansione, riqualificazione o riuti-lizzo potrebbero essere complicati dalla presenza, o potenziale presenza di sostanze pericolose, inquinanti o contami-nanti.

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nuova produzione e rispetto al quale serve una ridefinizione di modelli di offerta innovativi come il facility management e global service che incrementerà i settori delle manutenzioni e delle installa-zioni che coinvolgono in particolare la piccola impresa. Molti analisti del settore delle costruzioni - a partire dal Cresme - individuano per la riqualifica-

zione un ruolo di traino nel nuovo ciclo edilizio. Per comprendere meglio il fenomeno si conside-ri che la vita media di un fabbricato edilizio è concordemente valutata in circa quaranta anni di vita. L’analisi del prodotto italiano indica in 350.000 solo le abitazioni costruite negli anni cinquanta, 500.000 quelle costruite negli anni’60 e 550.000 quelle costruite negli anni’70. Si tratta di patrimo-nio edilizio in uno stato di conservazione mediocre e spesso pessimo per il quale è urgente effettua-re interventi di manutenzione e ristrutturazione. Inoltre, l’80% del patrimonio edilizio nazionale (8 abitazioni su 10) è stato costruito prima dell’emanazione della Direttiva Europea 2002/91/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici e richiede, pertanto, interventi di adeguamento20. La riqualifi-cazione edilizia nel nuovo ciclo sarà caratterizzata dal prevalente aspetto tecnologico rispetto a quello estetico e, in questo scenario, l’energy tecnology e il facility management giocheranno un ruolo rilevante. Il recupero di parti del centro storico o le operazioni nelle aree dismesse e porzioni di città sono cer-tamente operazioni complesse. Dalla progettazione, alla realizzazione, fino alla gestione e commer-cializzazione sono necessarie molte competenze diverse. Un insieme di fattori che sembrano limita-re fortemente l’accesso a questo tipo di interventi alla grande maggioranza delle imprese del settore, che, come abbiamo visto dai dati, preferiscono concentrarsi in tante piccole operazioni di ristruttu-razione edilizia, più semplici da gestire. Bisogna saper valutare con attenzione lo scenario futuro, in particolare in un tessuto urbano e terri-toriale come quello trentino “bello e fragile” che presenta ampi margini di recupero e di manuten-zione. Le prospettive di questo comparto sono potenzialmente enormi; è richiesto, tuttavia, un gran-de impegno sia agli imprenditori, chiamati a gestire operazioni complesse, sia alle Pubbliche Am-ministrazioni, cui si impone uno scatto in termini di semplificazione e di rapidità decisionale. Vista la crescente riduzione delle risorse di cui dispongono le Amministrazioni Pubbliche, è evidente che il partenariato pubblico - privato rappresenti una strada obbligata per promuovere operazioni di ri-qualificazione del tessuto urbano ed edilizio, che diano alle nostre città e al nostro territorio nuovi servizi ed una nuova estetica, nel segno dell’identità, dell'efficienza e della modernità. Probabilmente sempre di più si avvantaggeranno quelle imprese in grado di strutturare reti di impre-sa in cui gestire in maniera partecipata questi progetti complessi. Una scelta che permetterà alle sin-gole imprese di concentrarsi nelle attività core, mantenendo le imprese autonome le une dalle altre, ma in grado di operare in maniera concertata. Il rischio, in alternativa, è che le grandi operazioni rimangano appannaggio solo delle imprese più strutturate – non necessariamente più grandi – oppu-re diventino terreno di conquista per società esterne, lasciando alle imprese del territorio il ristretto mercato dei sub appalti.

20 In Italia è stata data attuazione alla direttiva europea attraverso il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, succes-sivamente integrato e modificato dal Decreto Legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, entrato in vigore il 2 febbraio suc-cessivo.

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10.6 Il nuovo ruolo strategico della “leva finanziaria”

La rinascita di un’economia nasce dalla ripresa del settore delle costruzioni, in passato ne ab-biamo avuto dimostrazione. In una recentissima indagine di Federcostruzioni è stato stimato che l’investimento di un miliardo di euro nel settore delle costruzioni produce 23.620 nuovi posti di la-voro, di cui 15.100 nelle costruzioni e 8.520 nei settori collegati. Ma, differentemente da altre precedenti crisi, gli investimenti immobiliari e la realizzazione di

opere non sembrano per ora svolgere una funzione di ammortizzatore degli effetti dell’attuale crisi o di volano per l’immissione di risorse fresche nel circuito economico. Il denaro, per ora, non si è spostato dai mercati finanziari al mattone, secondo uno schema a reciproca compensazione che sembrava funzionare fino a qualche tempo addietro. Per quanto i dati confermino che, per il momento, in Italia la crisi del settore immobiliare sia de-scrivibile più in termini di calo che non di tracollo, ad essersi incrinato, a partire dal 2007, è stato proprio il modello di accumulazione descrivibile come FIRE economy (Finance, Insurance, Real

Estate ), in cui settore finanziario e settore immobiliare si alimentavano reciprocamente, il primo creando le condizioni di un generalizzato indebitamento, il secondo fornendo al primo risorse per alimentare la produzione di “denaro a mezzo di denaro”. L’innovazione nel mercato dei mutui immobiliari e negli strumenti finanziari hanno accresciuto l’esposizione del sistema finanziario al ciclo immobiliare. Per mezzo di tecniche di securization

21, edifici e proprietà immobiliari, beni fisici non astraibili dal contesto in cui sono inseriti, hanno

potuto essere scambiati sul mercato dei capitali alla stregua di titoli negoziabili, con caratteri-stiche di rischio e rendimento ritenute affidabili e comparabili a quelle di altri investimenti finanzia-ri. Con un efficace gioco di parole i francesi indicano questo fenomeno con l’espressione “pierre

papier” (“mattoni di carta”). Con tempi e costi di transazione contenuti e procedure più semplici di quelle necessarie ad ottenere la proprietà diretta di un immobile, i “mattoni di carta” sono stati scambiati su mercati finanziari sempre più integrati e interconnessi tra loro. Anche se il numero de-gli immobili implicati rimane invariato, i titoli potevano essere cambiati e rivenduti molte volte, a-limentando l’investimento diretto e indiretto nel settore immobiliare. E’ proprio questo connubio finanzia-immobiliare a essere entrato in crisi (definitivamente?) dapprima la bolla dei mutui subprime e poi con il ciclone finanziario aperto simbolicamente dal crollo di Lehman Brothers. L’edilizia può svolgere una funzione anticiclica laddove trainata dalla domanda abitativa. Ma il boom immobiliare più recente si è basato più sulla leva finanziaria e sulla rendita che non sulla produzione di valore poggiante su un’effettiva domanda. La crisi congiunta dei settori finanziario e immobiliare, se offre indicazioni sui limiti congeniti di questo regime di accumulazione (la cui trattazione esula dalle finalità di questo rapporto di ricerca), fornisce anche (e questo invece ha molte relazioni con quanto trattato) indicazioni, di pari impor-tanza sul suo funzionamento. Analizzare la crisi del settore delle costruzioni senza analizzare il suo stretto rapporto con il settore della finanza impedisce, infatti, di osservare - dietro la cortina fumogena dell’economia di carta - il fenomeno reale che ha reso possibile la bolla speculativa.

21 La cartolarizzazione (securization), una delle maggiori innovazioni dell’industria finanziaria negli anni ’80, consente di vendere tutti i tipi di crediti (presumibilmente validi), andando così ad accrescere il volume complessivo delle transa-zioni.

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Il boom immobiliare nell’ultimo decennio si è connotato come un processo di “finanziarizzazione

della vita quotidiana”. La grande abbondanza di liquidità circolante ha permesso di mettere a di-sposizione di tutti strumenti e prodotti finanziari destinati a sostenere bisogni e desideri con l’erogazione di mutui e di credito al consumo. Dentro la bolla speculativa dei subprime c’era la vita quotidiana di chi accedeva ai mutui, intesa come bisogno, desiderio, identità sociale, pratica distin-tiva, degli individui e dei gruppi, nel loro intreccio tra valorizzazione personale e desiderio di appar-tenenza. Era questa la merce quotata dalla finanza globale, la domanda alla base della bolla specula-tiva. Anche in Italia, alla tradizionale propensione al risparmio delle famiglie si sostituisce un progressi-vo indebitamento delle stesse. Si diffonde l’accesso dilazionato alla proprietà anche tra soggetti economicamente più deboli che contraggono mutui sempre più lunghi e onerosi in una situazione di incertezza rispetto ai redditi e all’andamento delle principali variabili macro-economiche. L’essenza della crisi è il fallimento dell’illusione che attraverso l’indebitamento fosse possibile cre-are inclusione individualistica per tutti, dando a ognuno l’opportunità di diventare proprietario. E’ stato il tentativo utopico di dare una casa a tutti attraverso il mercato, anziché attraverso il welfare. Si potrebbe certo obiettare che il mercato trentino appare poco interpretabile attraverso que-sto schema che enfatizza le interdipendenze tra finanza e investimenti immobiliari. Sul nostro territorio, in particolare, le banche sono state molto più oculate nella concessione dei mutui e nella definizione dei tassi, laddove vere operazioni di edilizia speculativa su larga scala non sono state neanche tentate. Le caratteristiche del mercato locale, orientato su fasce di costo basse e medio-basse avrebbero anzitutto evitato le operazioni speculative condotte da grandi gruppi immobiliari, l’attitudine cultu-rale dei trentini (più propensi a mobilitare il risparmio che l’indebitamento), l’orientamento “mode-rato” delle banche (ben lontano dalla logica dei famigerati subprime) e le caratteristiche dell’offerta, presidiata da costruttori del territorio ritenuti anch’essi relativamente impermeabili a logiche specu-lative, sono fattori che tra loro combinati concorrono a determinare una fisionomia del settore delle costruzioni in Trentino, forse meno dinamica, ma proprio per questo meno esposta ai default del mercato nei periodi di crisi. Pure acquisendo nella sostanza questa argomentazione, riteniamo che non esistano nell’economia globale zone franche regolate esclusivamente sulla base di processi endogeni per definizione “buoni”, poiché fondati su attori reali, equilibrio tra domanda e offerta, tangibilità. Anche in Trentino, per quanto il fenomeno non potesse essere descritto in termini di “mutui facili”, il settore finanziario ha sostenuto la domanda abitativa delle famiglie e gli investimenti immobiliari privati. Il mercato delle abitazioni in Trentino - per quanto dimensionato su standard inferiori a quelli delle maggiori aree urbane italiane - negli anni compresi tra il 2001 e il 2007 è cresciuto in termini non proporzionali alla domanda abitativa. Ad alimentarlo è stata una domanda d’investimento immobiliare sostenuta dalla disponibilità di credito che ha determinano un costan-

te incremento dei valori medi - per quanto concentrato su alcune aree prevalentemente turistiche e cittadine- e una conseguente maggiore difficoltà per le famiglie ad accedere al mercato della prima casa e al mercato di sostituzione.

La grande disponibilità di liquidità in circolazione e la forte concorrenza tra istituti bancari ha per-messo l’espansione del credito alla clientela portando ad un’offerta sempre più articolata che si è concretizzata in proposte di contratti a più lunga durata rispetto a quelli offerti in passato, oppure con scadenza flessibile e ad una crescita della quota finanziata che risulta talvolta superiore all’80%

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del valore dell’immobile. Si affacciano sul mercato immobiliare anche famiglie a basso reddito spinte dall’opportunità di pagare una rata del mutuo che è sostanzialmente comparabile alla rata d’affitto. Le stesse cartolizzazioni dei mutui residenziali sono stati in anni recenti una pratica diffusa anche tra le banche trentine, sebbene tali cartolarizzazioni abbiano riguardato titoli di qualità e non certa-mente titoli tossici. Oggi il fenomeno si è arrestato. Nell’ultimo periodo le banche non hanno ritenu-to necessario trasformare i propri portafogli di mutui immobiliari in titoli finanziari collocabili sul mercato garantiti dai prestiti stessi perché la liquidità scaturita dall'operazione non sarebbe stata im-piegabile in nuove attività in una fase perdurante di crisi che reclama ancora un’attenta selezione delle famiglie e delle imprese. L’uragano subprime ha oggi, di fatto, spazzato via questi prodotti dal mercato del credito. Il morbo della recessione immobiliare sembra aver contagiato anche i titoli concessi a famiglie me-no rischiose e garantiti da ipoteche immobiliari con bassa quota di finanziamento rispetto al valore dell’immobile. Tra il 2007 e il 2009, tutte le agenzie di rating hanno aumentato i downgrade dei crediti cartolarizzati, anche a fronte di una sostanziale tenuta degli upgrade, a causa del peggiora-mento delle condizione economiche e dell’incremento delle insolvenze o dei ritardi sui pagamenti dei mutui, ma anche di una migliore lettura da parte delle stesse agenzie sulla sostenibilità dei valori immobiliari che costituiscono, ancora oggi, il sottostante dei prestiti. Si manifestano serie difficoltà a piazzare i titoli presso investitori privati sfiduciati dalla scarsa trasparenza ma anche a investitori istituzionali sempre più prudenti. Si interrompe, in tal modo, il canale che attraverso la finanza

alimentava la crescita del settore immobiliare. La controprova dell’importanza della leva finanziaria, anche a livello locale, è fornita oggi proprio dalle accresciute difficoltà di accesso al credito di impresa e ai mutui immobiliari, che si traducono in minore vivacità del mercato. Oggi ci sono una serie di fattori che impediscono allo stesso immo-biliare trentino di ripartire: • i prezzi delle case, che rimangono elevati perché i proprietari non vogliono saperne di rivendere

a un prezzo inferiore rispetto a quello pagato; • l’incertezza economica delle famiglie, oggi più che mai costrette a ricorrere a un mutuo per

comprare casa; • la stretta creditizia, con le banche che pretendono più garanzie da parte dei richiedenti. Il rapporto tra il mondo della finanza e il mondo delle costruzioni non è mai stato facile e mai

come oggi appare compromesso. La volatilità è l’anima della finanza, e senza la volatilità la finanza non esiste. La finanza si occupa essenzialmente di valutare la volatilità, ossia il rischio connesso a un investimento, al fine di scien-temente comprare e vendere rischio. La volatilità è, invece, l’incubo del mondo immobiliare, e contro la volatilità l’immobiliare prospera proprio per arginarla e per stigmatizzarla. L’immobiliare è il rifugio per eccellenza per chi rifugge dal rischio ma oggi ci si accorge che anche gli immobili possono perdere valore significativamente, fatto inconcepibile per gli italiani, ma ben noto ad americani, inglesi, spagnoli.

Concentrarsi unicamente sull’economia reale come strategia di uscita dalla crisi non è sufficiente: bisogna riconnettere reale con virtuale. Per un rilancio del settore delle costruzioni e del mercato

immobiliare non serve meno finanza ma ci vuole più finanza.

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Quanto più le banche riusciranno a finanziare la propria attività (cartolarizzando crediti di qualità e collocando titoli con maggiore trasparenza) tanto più ne beneficerà l'economia reale attraverso le erogazioni.

Ma non solo. L’investimento immobiliare si avvicinerà sempre di più a una logica di tipo red-

dituale e non più patrimoniale, come accadeva in passato. Le nuove opportunità che si aprono nel settore (innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, partenariato pubblico privato, integrazione con i servizi, manutenzione) comportano un aumento della com-

plessità finanziaria degli interventi e un aumento strutturale di volatilità, che va valutata, go-vernata, valorizzata, attraverso nuovi strumenti finanziari.

Si tratta di ricostruire un legame difficile, superando un modello di business finanziario immobi-

liare che nel recente passato ha trascurato molti aspetti strutturali riguardanti la ricerca della qualità degli immobili declinata secondo precisi parametri tecnologico-prestazionali e una visione del business immobiliare in grado di esplorare analiticamente i diversi e molteplici aspetti della do-manda sociale e della conseguente redditività: dai costi di gestione, ai servizi che possono essere of-ferti alle diverse categorie di utenza in funzione di una loro fidelizzazione e di un incremento della redditività. Una possibilità di ripresa del mercato immobiliare, anche per sostenere l’importante mercato della sostituzione edilizia, è al momento individuabile in un segmento di residenze con elevati criteri di qualità, di attenzione ecologica ed energetica, alla sicurezza, alla manutenzione degli edifici, magari anche con “innovative regolamentazioni condominiali”, tutti aspetti che dovrebbero godere di pro-mozioni e facilitazioni politiche e finanziarie. Si tratta di superare una visione degli immobili

come semplicistico bene da costruire e rivendere, anziché di un formidabile bene realmente di

rifugio da preservare, curare e gestire scientificamente lungo tutto il suo ciclo di vita. L’attenzione va posta su nuovi modi di costruire, ma soprattutto sui criteri con cui il patrimonio immobiliare viene utilizzato, gestito e messo a reddito, investendo sul concetto del lifetime value. La soluzione per uscire non solo c'è già, ma riempie le agende dei governi e le pagine dei giornali. Si chiama green economy, l'economia attenta alla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Che la green economy non sia una nuova bolla destinata prima o poi a scoppiare - come ogni tanto viene detto - ma sia un cambiamento profondo e di lungo periodo nel modo in cui il sistema econo-mico-produttivo è organizzato, si evince da moltissimi fattori. Restando nel campo della finanza, lo si evince, ad esempio, dal grande interesse con cui gli analisti finanziari si sono messi a studiare questioni ambientali e settori particolarmente green. Si affacciano sul mercato nuovi strumenti finanziari: le Energy service company, il Social housing, il Facility

management, il Property management, il mercato dei titoli energetici, solo per citarne alcuni. Que-sti nuovi strumenti finanziari saranno il luogo in cui sperimentare nuove politiche industriali ed e-conomiche, e far convergere obiettivi di innovazione e crescita sostenibile sul piano ambientale, so-ciale ed economico.

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10.7 Compattare e allungare la filiera: innovazione, informazione e organizzazione nel proces-

so edilizio

Come decritto nei capitoli introduttivi, nel settore delle costruzioni prevale la forma della quasi or-

ganizzazione, ossia una particolare forma di organizzazione che, secondo l’approccio dei costi di transazione22, presenta contemporaneamente alcune caratteristiche dei mercati e delle gerarchie. La quasi organizzazione è il meccanismo di governo risultante da questi due aspetti: da un lato il basso rischio di opportunismo e di monopolio bilaterale rendono efficiente il mercato come sistema di re-golazione fra i vari attori coinvolti, dall’altro lato, l’alta incertezza correlata all’elevata incidenza della razionalità limitata richiede elementi di integrazione e perciò di controllo gerarchico. Risulta quindi conveniente alle imprese di costruzione ricorrere a forme di coordinamento inter-

medie fra il mercato e la gerarchia. È difficile per le parti trovare eque condizioni dello scambio a causa dell’impossibilità di disporre di tutte le informazioni necessarie per la valutazione di un pro-getto. È impossibile includere in un contratto tutte le possibili clausole che rendano inequivocabile il comportamento delle parti. Ne consegue un’inevitabile cooperazione fra imprese, che si manife-sta, specie fra le imprese di minori dimensioni, non tanto in accordi formalizzati, quanto nella crea-zione di un linguaggio operativo comune (prassi tradizionali consolidate, regole d’arte non scritte) fra imprese accomunate da fiducia, reciproca e rapporti tendenzialmente stabili. A ciò si aggiunga la particolare struttura della catena di approvvigionamento in cui l’architetto prepara il progetto dell’edificio (esaurendo in ciò il suo compito), e l’appaltatore provvede a tutte le restanti fasi del processo (esecuzione dei lavori, reperimento delle maestranze, rapporti con i forni-tori) senza che tra i diversi attori vi sia un adeguato scambio di informazioni. L’intervento sequen-ziale dei vari operatori nelle varie fasi del processo comporta il fatto che ogni singolo operatore la-vora sul risultato dell’attività svolta dall’operatore che lo precede, senza che si configuri mai for-malmente né un coordinamento, né un preciso momento di sintesi, né tantomeno la possibilità di fruire di informazioni di ritorno. Occorre considerare ancora il fatto che l’edilizia è un’industria people-centred: nonostante la cre-scente meccanizzazione di molte fasi produttive, le costruzioni rimangono fortemente legate alla manualità, a metodi ed operazioni labour intensive con l’aggravante di presentare spesso un livello di skills non particolarmente elevato. A fronte di tale situazione si va sempre più diffondendo la consapevolezza che la qualità del pro-

cesso edilizio - e quindi del manufatto - dipende in modo decisivo dall’organizzazione del pro-cesso edilizio e dall’informazione che vi circola: dalla qualità delle informazioni trasmesse dal committente, da come queste vengono trasformate in un progetto, dai criteri adottati per scegliere le imprese di costruzione e dalle modalità di verifica e controllo dell’attività in cantiere. Il tutto con l’obbiettivo fondamentale, non solo di una maggiore soddisfazione della domanda, ma anche di ab-battere drasticamente il livello di errore sul cantiere che ancora oggi ha grande incidenza sui costi di produzione. 22 La teoria dei costi di transazione nasce per cercare di capire come le imprese si organizzano al loro interno, ed in particolar modo si concentra sulla dualità tra gerarchia (insieme delle regole formali che definiscono procedure e mec-canismi di funzionamento proprio dell'azienda) e mercato (libertà di iniziativa lasciata ai singoli di agire anche se spinti dall'individualismo). Secondo questa teoria i costi si dividono in due categorie: i costi di produzione sono tutti quei costi legati all'effettuazione di un'attività; i costi di transazione sono tutti quei costi legati all'organizzazione di un'attivi-tà, e si dividono tra costi ex ante (prima della transazione) e costi ex post (dopo la transazione).

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Il partenariato di progetto, le pratiche di progettazione integrata, la condivisione di linguaggi formalizzati - come ad esempio quelli proposti da Leed - possono far superare i limiti organizzativi e informativi intrinseci all’attuale processo edilizio, inserendo fornitori e appaltatori nel processo decisionale proprio nelle fasi iniziali del progetto stesso, insieme al cliente, offrendo trasparenza, una maggiore efficienza e l’opportunità di discutere di metodi e prodotti innovativi23. Le stesse strategie della qualità oggi note e abbastanza diffuse, in qualche caso supportate da di-sposti normativi, hanno, in effetti, messo a punto alcuni strumenti di programmazione delle attività, particolarmente utili quando la committenza esprime capacità tecniche. Infine, sempre maggiore importanza assume l’uso di strumenti informatici come il B.I.M.

(Building Information Modelling) che consente una dettagliata simulazione a più dimensioni, (progettuale, tecnica, gestionale, ecc.) delle attività di cantiere, ma anche dell’intera vita del manu-fatto edilizio (consumi energetici, manutenzioni, ecc.). La necessità di compattare e allungare la filiera intervenendo su flussi informativi e modelli orga-nizzativi del processo edilizio è una necessità che nasce dall’evoluzione dei ruoli assunti dagli al-

tri attori che partecipano alla filiera. A monte della filiera, la tendenza che emerge nell’ultimo periodo, fa risaltare il ruolo determinante svolto dai fornitori di materiali, componenti ed impianti. Per chi, come il Distretto tecnologico Trentino, si occupa di innovazione nel settore edile i fornitori di materiali, componenti e impianti posti a monte della filiera rappresentano l’interlocutore strategico capace, più di altri, di indi-

rizzare e guidare le scelte delle imprese di costruzioni verso nuove soluzioni costruttive e pro-gettuali. Il contributo proveniente da questi attori del processo edilizio si è espresso nell’intensificazione degli sforzi in ricerca e sviluppo e nel conseguente avvio di progetti di collabo-razione con enti di ricerca, da cui sono nate una serie di innovazioni di prodotto da trasferire alle imprese a valle della filiera stessa. Sarebbe troppo lungo in questa sede elencare le innovazioni in-trodotte negli ultimi anni da questi attori nel processo di produzione edilizia: nei macchinari e stru-mentazioni di cantiere, nei nuovi materiali di costruzione spesso integrati a sistemi fotovoltaici, nei sistemi di isolamento, nella correzione dei ponti termici, nei serramenti e nell’impiantistica. E’ suf-ficiente partecipare ad un qualsiasi evento fieristico del settore edile per comprendere il ruolo assun-to da questi attori sul fronte del cambiamento tecnologico. Altrettanto rilevante è l’evoluzione del ruolo dei committenti privati, sempre meno disposti a svolgere il ruolo di leader aleatorio del processo di produzione edilizia. La leadership del commit-tente nei confronti degli altri operatori del processo edilizio è ormai un dato sempre più acquisito. Il committente non è più soltanto l’operatore che paga il conto finale (sempre più salato di quello pre-ventivato), ma anche l’operatore che attiva il processo, mette a punto i propri obiettivi, affida gli in-carichi ai diversi operatori. Il committente in prospettiva tenderà sempre più a concentrare su di sé gran parte dei poteri di decisione, sia che si tratti di un intervento immobiliare complesso, sia che si tratti di costruire una villetta o ristrutturare un appartamento. L’ingresso di nuove figure di committenti (operatori finanziari, operatori del social housing, mul-

tiulities) è all’origine delle “regie innovative” del processo edilizio basate sul management, richia-mate nei capitoli introduttivi del rapporto. Ma anche nei tradizionali interventi di edilizia residenzia-le, promossi da privati cittadini, è sempre più diffuso il preminente ruolo del committente che in-terviene (direttamente e/o tramite consulenti) in maniera consapevole nella scelta dei prodotti, dei

23 Ci si riferisce, in particolare alla fase comunemente indicata con il termine inglese di brief in cui il committente defi-nisce le proprie esigenze, obiettivi, i limiti economici, ecc.

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materiali, delle soluzioni impiantistiche, finanche dei fornitori24. A fronte di un eccesso di offerta la domanda aspetta, guarda e sceglie, non si accontenta dei prodotti e dei servizi standard proposti dal mercato. Si produce una separazione netta tra i consulenti di fiducia del committente e gli operatori che eseguono i lavori, che vengono coinvolti con forme contrattuali separate. Con la crescita di importanza del settore della manutenzione cambia radicalmente il mercato delle costruzioni. Il principale effetto è che se prima, nella nuova costruzione, l’impresa di costruzioni svolgeva il ruolo di regista del mercato e dettava le regole dei comportamenti di tutti gli altri attori, a monte e a valle, grazie ad un vero e proprio rapporto di monopolio con la domanda, oggi questo ruolo è stato messo in discussione nel mercato della manutenzione dove a dettare le regole è il committente. Le esigenze del mercato della manutenzione sono di piccola dimensione, difficilmente programmabili, la domanda è profondamente frammenta, dispersa, si rivolge indifferentemente a tutti gli operatori del settore e cambia la filiera di una parte importante del mercato delle costruzio-ni. Negli anni recenti il sistema delle imprese artigiane ha saputo rispondere bene a questo nuova domanda e ha visto crescere il proprio ruolo: da semplice subappaltatore a gestore diretto del

rapporto con l’utente finale. Le imprese artigiane non a caso sono cresciute in numero e fatturato, mentre nelle imprese di costruzioni più strutturate, si è assistito ad un’emorragia di manodopera di-pendente che si immette, come indipendente, sul mercato. Anche la committenza pubblica è chiamata ha svolgere un nuovo ruolo di leadership nel processo edilizio: per stessa richiesta delle imprese di costruzione. I processi di revisione del sistema degli appalti, sempre più orientati a superamento dei criteri del massimo ribasso, prevedono da parte degli enti appaltanti la capacità di valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa con criteri di valu-tazione che riguardano il prezzo, ma anche la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il servizio post-vendita, l’assistenza tecnica, il costo di uti-lizzazione e manutenzione, il termine di consegna, ecc. Vi è poi la necessità di alleggerire le impre-se dagli oneri finanziari legati alla mancanza di liquidità conseguente ai ritardi di pagamento che si riflettono lungo tutta la catena del subappalto e che determina una tendenza, negli appalti pubblici, di stipulare contratti separati per le diverse lavorazioni, forniture, installazioni, con singole imprese specializzate. Una parte importante del canale di innovazione è presidiato dai progettisti, architetti o ingegneri, che spingono le imprese ad adottare nuove soluzioni abitative e tecnologiche. Il rapporto tra impre-sa di costruzione e progettista è ancora troppo spesso limitato alla mera fornitura del progetto, ma la nuova articolazione della domanda di abitazione e la sempre maggiore assunzione di ruolo da parte dei committenti sta modificando anche il ruolo e la posizione dei progettisti nel processo edilizio. Da un lato, al progettista viene sempre più chiesto di svolgere il ruolo di integratore tra i saperi e

le funzioni sempre più complesse che caratterizzano il processo edilizio. Il progetto perde la sua sequenzialità secondo la quale l’architetto disegna lo spazio, lo strutturalista lo puntella e l’impiantista cerca di sopravvivere tra i vincoli posti dall’architetto e dallo strutturalista. Si diffon-dono le pratiche di progettazione integrata, cosi come si diffondono i design team all’interno di studi professionali capaci di aggregare diverse competenze e capaci di governare, per conto del committente, l’intero processo edilizio. Dall’altro lato, al progettista è sempre più chiesto di essere interprete della domanda: di avere la capacità di cogliere i fenomeni emergenti espressi dalla so-cietà e trasformarli in prodotti di architettura in grado di rispondere ai nuovi bisogni e ai nuovi desi-deri dell’abitare. L’architetto, all’interno del design team, potrà continuare a far valere la sua inne-gabile peculiarità di essere l’unico operatore della filiera pienamente consapevole dei significati cul-turali e simbolici connessi all’ambiente costruito e alla funzione dell’abitare. 24 In questa sede non si prende in considerazione il fenomeno, se vogliamo estremo, ma comunque diffuso, dell’autocostruzione.

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L’interfaccia tra domanda e offerta è ormai quasi interamente presidiata da agenzie di intermedia-

zione immobiliare che non si occupano solo della mera fase di compra vendita ma - grazie al rap-porto privilegiato con la domanda - svolgono diffusamente il ruolo di promotori di interventi im-mobiliari, selezionano i propri fornitori su base concorrenziale, governano il processo edilizio attra-verso propri tecnici, forniscono servizi post vendita riguardanti l’amministrazione e la manutenzio-ne degli immobili, accompagnano il cliente rispetto alle sue mutevoli esigenze abitative gestendo il mercato di sostituzione. A fronte di queste evoluzioni di ruolo degli altri attori posti a monte e a valle della filiera l’impresa

generale di costruzioni perde il suo tradizionale potere di governo del processo edilizio. Tale con-dizione non rappresenta comunque un destino ineluttabile nella misura in il sistema delle imprese

di costruzione saprà recuperare il rapporto con la domanda. La cosa forse più importante è la capacità di progettare nuovi prodotti edilizi e nuove forme di a-

bitare in grado di soddisfare i bisogni e i desideri del cliente. Mentre i bisogni sono dati - e in quanto tali vanno soddisfatti - i desideri vanno indotti e stimolati con adeguate politiche di offerta e di marketing. La fascia dei bisogni, come abbiamo visto, in questo ultimo periodo si è molto ampliata coinvol-gendo porzioni sempre più vaste di ceto medio. Rispetto a questa domanda l’industria delle co-

struzioni trentina dovrebbe, quantomeno, cominciare a prendere in considerazione i nuovi strumenti e prodotti del social housing e dell’edilizia low cost. In Trentino esistono già tutti i pre-supposti per elaborare proposte originali ed esportabili al di fuori del contesto provinciale. Rispetto alla fascia dei desideri, quello che l’industria delle costruzioni deve ancora imparare a fare e’ ciò che l’industria manifatturiera fa già da tempo: vendere le idee e mettere i prodotti al loro

traino. La sostenibilità ambientale e il green building sono un’“idea motrice” potente, capace - come ab-biamo visto dai dati di questa indagine - di aggregare l’attenzione e gli investimenti dei diversi atto-ri della filiera delle costruzioni trentina. Dobbiamo comunque tenere presente che le “idee motrici”, come qualsiasi forma produzione immateriale di conoscenza, sono un bene riproducibile. I temi della sostenibilità ambientale e del green building caratterizzano oggi l’offerta di gran parte del sistema delle costruzioni a livello nazionale e mondiale. La reputazione che in Trentino siamo

riusciti a conquistarci su questi temi va quindi consolidata attraverso la costruzione di un si-

stema di offerta di prodotti, servizi, soluzioni abitative che siano supportate da logiche di filie-

ra e da adeguate politiche di comunicazione e marketing. Servono investimenti per aumentare l’efficienza energetica e la compatibilità ambientale della casa ma anche per dare un nuovo valore simbolico all’abitare. Il committente è disposto a paga-re il prezzo della sostenibilità non solo per i previsti risparmi energetici e benefici ambientali che avrà abitando la nuova casa, ma anche per il significato che questo modo di abitare ha in termini di stile di vita e di estetica del vivere. La casa ecologica non è soltanto ecologica: la sua sobrietà si ac-compagna ad altri significati altrettanto importanti, che fanno capo al “vivere bene”. La casa acqui-sta valore, infatti, se è silenziosa, soleggiata, immersa in un paesaggio gradevole, arredata in modo coerente con lo stile di vita del proprietario, e via significando. Oggi – una volta esaurito il ruolo della leva finanziaria - a trainare la domanda di casa è la scelta di uno stile di vita più sobrio, in cui la qualità conta più della quantità.

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L’investimento in conoscenza, nel valore immateriale di un prodotto, ha un costo iniziale, ma porta con sé una proprietà economica di grande portata: la possibilità di riusare la stessa conoscenza a

costo zero, o con costi di adattamento molto limitati. Detto in altre parole, la buona architettura - quella che incorpora più intelligenza per metro cubo, efficienza, estetica, significati – costa quanto la cattiva architettura, ma in più ha successo, nel senso che piace al pubblico e, a conti fatti, costa molto meno del prezzo al quale può essere venduta. E' l’evoluzione stessa del mercato - sia sul piano dell’offerta, sia su quello della domanda - che im-pone un cambio di mentalità e un ripensamento del ruolo tradizionale dell'imprenditore edile, che non può più essere solamente il “costruttore”, ma deve acquisire, in sinergia con le altre componenti del sistema, nuove professionalità, in modo da proporre ai suoi clienti, pubblici e privati, non più solo il “prodotto edilizio”, ma un insieme articolato di prestazioni. Tale sistema articolato di presta-zioni può svilupparsi solo entro una logica di sistema, in cui la filiera delle costruzioni si incrocia

in modo strutturato con la filiera dei servizi.

10.8 Le partnership pubblico private.

Un’ultima annotazione riguarda il mercato delle opere pubbliche che – come abbiamo visto dai dati – costituisce un’importante porzione di mercato delle imprese coinvolte nell’indagine. I temi al cen-tro delle istanze delle imprese, sono la generale revisione del sistema degli appalti pubblici e le

misure anticrisi messe in campo per il sostegno al settore. Entrambi i temi sono già oggi ai primi posti dell’agenda politica provinciale. Oltre a ciò, l’innovazione per il futuro del settore delle costruzioni è da ricercare nella capacità, da parte delle imprese, di mobilitare, fare convergere e organizzare apporti diversificati, risorse priva-

te e pubbliche per la realizzazione d’interventi complessi, anche in partnership col settore pub-blico. I prossimi dieci anni saranno caratterizzati da una disponibilità di risorse pubbliche decisamente più contenuta rispetto al recente passato. La strada più diretta per affrontare questo problema è quella del partenariato pubblico privato (PPP): interessi privati e interessi pubblici, risorse private e ri-sorse pubbliche si uniscono, in forma trasparente, per moltiplicare le potenzialità di investimento. Sempre più in futuro si manifesterà la necessità di ricorrere a nuovi modelli del rapporto pubblico privato e a privilegiare il project financing ( di cui il PPP può essere considerato un’estensione) nell’affidamento dei lavori per la realizzazione di opere e servizi di interesse generale. Possiamo dire che, per quanto riguarda le opere e i servizi pubblici, siamo entrati in una nuova sta-gione che si caratterizza in modo molto diverso rispetto al ciclo precedente dominato dai contratti da affidare con gli strumenti del contraente generale e dell’appalto integrato, e finanziati interamen-te con risorse pubbliche. Oggi non potendo più contare che parzialmente su adeguate risorse pubbli-che la realizzazione di opere e servizi di interesse generale dipenderà sempre più dal successo del PPP. Si tratta di un mercato ormai uscito dalla sua fase embrionale per diventare uno dei principali moto-ri delle costruzioni. Da una prima fase orientata alla realizzazione di opere pubbliche si è progressi-vamente passati alla concessione e gestione di servizi (reti, trasporti, sanità, parcheggi, cimiteri, im-pianti sportivi, arredo e riqualificazione urbana, verde pubblico, ecc.) In questo contesto si collocano anche alcune normative urbanistiche varate da diverse regioni italia-ne come i Programmi integrati d’intervento (PII) che consentono una rapida riconversione di aree

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dismesse attraverso la contrattazione diretta tra operatori e Pubblica amministrazione, nonché alcu-ne normative di carattere nazionale come quella delle STU (Società di trasformazione urbana) che prevedono la costituzione di società miste tra comuni e privati per il recupero e la riqualificazione di parti di città obsolete e/o degradate. Un segmento di mercato destinato a crescere nei prossimi anni è, infatti, quello della riqualifica-

zione urbana basata sul partenariato pubblico privato e su nuove forme di contrattazione tra sog-getto pubblico e soggetto privato. All’interno del tema della riqualificazione passano temi rilevanti che riguardano la qualità del patrimonio edilizio, specialmente in quelle parti del tessuto urbano spesso costruite in fretta, con materiali costruttivi scadenti e senza qualità architettonica. La stratificazione sociale nelle periferie urbane pone di fronte a una nuova stagione della doman-

da di servizi. Questa domanda può essere utilizzata per la definizione di una nuova politica di in-tervento basata sull’integrazione tra costruzioni, servizi, energia; la ricostruzione gestione e manu-tenzione non solo dell’edificio ma degli insediamenti, l’equilibrio tra costruito, ambiente e territo-rio. Una serie di servizi alle persone, agli edifici e agli insediamenti che possono essere in parte pri-vatizzati definendo gli obiettivi delle prestazioni e gestiti attraverso gli strumenti del project finan-

cing e del facility management. Per gestire tali interventi serve un soggetto imprenditoriale nuovo, o ancor meglio, una rete di sog-

getti imprenditoriali ognuno con la sua competenza, in grado offrire: servizi agli edifici, servizi alle persone, servizi allo spazio, servizi pubblici e sociali che possono essere privatizzati, servizi al-la qualità della vita, interventi di demolizione, interventi di ricostruzione, nuovi standard tecnologi-ci, nuove tipologie edilizie. Sempre più, già oggi, si ricorre a queste nuove forme di finanziamento pubblico-privato, non solo per grandi opere, ma anche per servizi e opere edili più piccole, in Comuni meno strutturati dei ca-poluoghi. Si tratta di un mercato eccezionale di lavori, servizi, consulenze, forniture basato sulla pa-rola chiave integrazione e sugli obiettivi di riduzione dei costi e migliore qualità. L’analisi dei dati a livello nazionale mostra un mercato in crescita, una grande domanda, ma anche una sorprendente distanza tra domanda e offerta. O meglio tra domanda, interesse dell’offerta, e ca-pacità di realizzare. La sempre maggiore relazione tra soggetto pubblico e soggetto privato nel campo della trasformazione territoriale chiama competenze sempre più complesse che riguardano la capacità di composizione degli interessi, la fattibilità economica finanziaria, il tema della proget-tazione in grado di pensare alla gestione dei servizi. Un progetto di partenariato pubblico privato è un progetto che vede diversi soggetti, logiche, nature, ed attese di tipo amministrativo, tecnico, economico-finanziario, commerciale e di pubblica utilità incrociarsi, confrontarsi, ricercare equilibri, minimizzare e ripartire i rischi connessi a lunghi iter amministrativi, costruttivi, gestionali, volti alla realizzazione e gestione dell’opera o del servizio di interesse pubblico ma comunque capace di produrre rendimenti finanziari in grado di remunerare adeguatamente gli investitori e i finanziatori dell’opera nel medio-lungo periodo. Nonostante tali aspetti di complessità, la realizzazione di partnership con il settore pubblico median-te iniziative co-progettate e co-gestite, rappresenta una prospettiva di grande interesse per il set-

tore delle costruzioni. Partecipare a questi mercati vuol dire avere idee, capacità tecniche e progettuali, finanziarie e ge-stionali. Serve, non tanto la dimensione finanziaria e di impresa, quanto la capacità di svilup-

pare un adeguato know how. Anche le piccole imprese, quelle del subappalto, possono partecipa-

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re, magari integrandosi in logiche di filiera e passando per nuovi modelli associativi. Il primo passo è passare da una logica del costruire e vendere ad una logica del costruire e gestire.

Su tali tematiche, in provincia di Trento, un importante supporto alle imprese può essere trovato in Trentino patrimonio SpA che già svolge attività di consulenza, assistenza o servizi in materia di progetti di investimento e sviluppo economico, di partenariato pubblico-privato, di finanza di pro-getto, e di strumenti finanziari per la gestione e la valorizzazione del patrimonio, oltre che per il fi-nanziamento dei progetti di investimento. Le stesse Associazioni imprenditoriali in questo passaggio di mercato giocano un ruolo fonda-mentale per la loro capacità di creare reti tra imprese capaci di valorizzare la ricchezza del territorio. Le associazioni possono svolgere un ruolo fondamentale per portare il sistema delle piccole imprese verso una nuova tipologia di offerta imprenditoriale. Nuove forme di associazione imprenditoriale che consentano di operare nei nuovi mercati e dialogare con l’ente pubblico, con i portatori di know

how e di risorse finanziarie, su basi progettuali concrete.

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RINGRAZIAMENTI

Come è ovvio, tutta la responsabilità di eventuali errori o imperfezioni che fossero presenti nel rap-porto va attribuita unicamente al sottoscritto che ha curato la stesura del testo e che - seppur in ma-niera molto limitata - ha cercato di fornire qualche contributo originale. Nonostante due decenni di attività con le imprese, questa è solo la mia seconda ricerca sul settore delle costruzioni. La prima risale agli inizi degli anni ’90, il suo titolo era “L’Europa del costruire” ed era stata fatta con il Consorzio Aaster per conto della Dioguardi SpA. Il settore delle costruzioni, come detto nelle prime pagine del presente rapporto, è un settore produttivo particolare, per com-prenderlo e individuare categorie interpretative ai cui ricondurre i dati raccolti dalle imprese e stato necessario confrontarsi con altri lavori. Di particolare utilità sono stati gli scritti di Nicola Sinopoli sull’organizzazione del settore edile, di Oliviero Tronconi e Nicola Antonucci di ComplexLab sulla finanza immobiliare, le ricerche del Cresme e gli interventi del suo direttore Lorenzo Bellicini. Di certo questa ricerca non sarebbe nata senza lo stimolo di Trentino Sviluppo SpA, del Consor-

zio Habitech e del Progetto speciale distretti tecnologici della PAT e senza la loro disponibilità ad investire nella sua realizzazione. Un ringraziamento va a Gianni Baldessarri, Francesca Dal-

piaz e Nicola Polito dell’area immobiliare e assistenza giuridica di Trentino Sviluppo che con competenza hanno assistito il gruppo di ricerca nell’elaborazione del questionario utilizzato nell’indagine. Il lavoro più impegnativo, riguardante la realizzazione delle interviste alle imprese, è stato svolto da tre giovani stagisti: Tristana Bianchi, Elisa D’Agnol e Francesco Weber. Il loro contributo assume un significato particolare in quanto rappresenta l’esempio dell’impegno e della dedizione che i giovani mettono nel lavoro, nonostante la condizione di precariato in cui si trovano ad operare. Spero sinceramente che questa esperienza di ricerca li possa aiutare a trovare una collo-cazione nel mercato del lavoro adeguata alle loro aspettative. Claudio Filippi, Paola Piazzi, Danie-

la Sannicolò e Monica Carotta hanno contribuito all’impostazione della ricerca, alla definizione del campione e alla risoluzione dei molteplici problemi organizzativi che si sono manifestati nel corso dell’indagine. A Gerardine Parisi e Feliciana Bruni devo l’impegnativo lavoro di elabora-zione statistica dei dati rilevati. Per ciò che riguarda l’acquisizione dei dati strutturali e congiuntura-li del settore delle costruzioni in Trentino un ringraziamento va al Servizio statistico della PAT per la gentile disponibilità. Un ringraziamento particolare va, inoltre, ad una serie di interlocutori che si sono resi disponibili a fornire osservazioni e contributi sulla base della prima stesura del testo. Senza le puntuali osserva-zioni di Gianluca Salvatori l’esposizione dei risultati di questa ricerca sarebbe risultata decisamen-te più confusa. Analogo ringraziamento lo devo a Gianni Lazzari e a Diego Loner che ha scritto la prefazione alla ricerca. Una fondamentale mappa per comprendere il mondo delle costruzioni tren-tino mi è stata fornita da Franco Menestrina e Giovanni Sbetti di ANCE Trento. Una lunga chiacchierata con Ferruccio Cazzanelli, Paolo Carazzai e Gianpaolo Inama di Unicredit mi ha permesso di approfondire i rapporti che intercorrono tra mondo della finanza e mondo delle costru-zioni. Fabio Ramus e Claudio Nadalini di Tecnofin mi hanno aiutato ad affrontare con maggiore competenza le tematiche relative al social housing. Il lavoro sul campo è stato anticipato da una serie di interviste qualitative a testimoni privilegiati. Un ringraziamento va a Paolo Gonzo, Direttore della Cassa Rurale Bassa Valsugana, a Carmelo

Sartori, Presidente della Federazione edile degli artigiani e ai delegati comprensoriali

dell’associazione artigiani che ci hanno aiutato nella fase preliminare dell’indagine.

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Naturalmente, il principale ringraziamento va alle 91 imprese coinvolte nell’indagine che, nono-stante il difficile momento e gli impegni di lavoro, hanno dedicato molto tempo per rispondere alle domande dei nostri intervistatori. Spero possano essere ripagate, traendo da questa ricerca qualche utile indicazione per la loro operatività. Il curatore della ricerca Sergio Remi