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Il Mobbing
Familiare e
Risarcimento Avv. Iacopo Savi
Roma, 7 nov. 2014
"MANIPOLAZIONE EMOTIVA E VIOLENZA
PSICOLOGICA - RICONOSCERLA PER
DIFENDERSI”
• Dinamiche relazionali conflittuali
• Azioni e strategie manipolatorie
• Finalizzate alla delegittimazione
• Esclusione dai processi decisionali della famiglia
Mobbing Familiare
• Leading case Sentenza 21 feb 2000 Corte di Appello di
Torino.
«In tema di separazione personale dei coniugi, è rilevante, ai
fini dell’addebitabilità della separazione, il comportamento
pubblico del coniuge che si riveli ingiurioso ed offensivo, nei
confronti dell’altro coniuge, in relazione alle regole di
riservatezza e soprattutto in riferimento ai doveri di fedeltà,
correttezza e rispetto derivanti dal matrimonio. Tale condotta è
ancora più grave se accompagnata dalle insistenti pressioni
“mobbing” con cui il coniuge stesso invita reiteratamente l’altro
ad andarsene di casa» (C.d.A. Torino, 21.2.2000).
Condotte
• “comportamenti del marito erano irriguardosi e di non riconoscimento della partner:
additava ai parenti ed amici la moglie come persona rifiutata e non riconosciuta, sia come
compagna che sul piano della gradevolezza estetica, esternando anche valutazioni
negative sulle modeste condizioni economiche della sua famiglia d’origine, offendendola
non solo in privato ma anche davanti agli amici, affermando pubblicamente che avrebbe
voluto una donna diversa e assumendo nei suoi confronti atteggiamenti sprezzanti ed
espulsivi, con i quali la invitava ripetutamente ed espressamente ad andarsene di casa”
• "il marito curò sempre e solo il rapporto di avere, trascurando quello dell’essere e con
comportamenti ingiuriosi, protrattisi e pubblicamente esternati per tutta la durata del
rapporto coniugale ferì la moglie nell’autostima, nell’identità personale e nel significato che
lei aveva della propria vita”
• “al rifiuto, da parte del marito, di ogni cooperazione, accompagnato dalla esternazione
reiterata di giudizi offensivi, ingiustamente denigratori e svalutanti nell’ambito del nucleo
parentale ed amicale, nonché delle insistenti pressioni- fenomeno ormai
internazionalmente noto come mobbing - con cui invitava reiteratamente la moglie ad
andarsene”
M. Coniugale / M. Genitoriale
• Tre gli elementi distintivi:
• 1) la situazione contingente in cui i soggetti si trovano,
• 2) la loro posizione nell’ambito familiare;
• 3) la finalità della condotta messa in atto.
Mobbing Coniugale
• Mobbing orizzontale: sabotaggi
e scarsa collaborazione.
• Si manifesta nell’ambito del
rapporto di coniugio dove le
parti si trovano in una posizione,
ancorché solo formalmente,
paritaria.
• far prendere al coniuge decisioni
che in altre situazioni non
avrebbe preso mettendo in
discussione il suo ruolo (e la
permanenza) in famiglia.
• Apprezzamenti offensivi in
pubblico
• Atteggiamenti di disistima
• Provocazioni continue e
sistematiche
• Tentativi di sminuire il ruolo in
famiglia
• Coinvolgimento continuo di terzi
nelle liti familiari
• Esclusione dalle decisioni
Mobbing genitoriale • Mobbing Verticale: posto in essere in
presenza di squilibri di "autorità"
• Si manifesta presenta in quelle
situazioni caratterizzate dal venir
meno dell’equilibrio familiare in
presenza di procedimenti di
separazione o divorzio.
• In queste il soggetto agente può
sfruttare una posizione di superiorità
derivante, indirettamente, dai
provvedimenti assunti
• Le condotte sono preordinate ad
impedire all’altro genitore l’esercizio
della propria genitorialità.
• Sabotaggi continui nella
frequentazione dei figli
• Emarginazione dai processi
decisionali
• Campagne denigratorie
nell'ambiente sociale
• Interruzione nella
corresponsione degli assegni di
mantenimento
• Campagne denigratorie con i figli
La nozione di mobbing in materia
familiare è utile in campo sociologico,
ma in ambito giuridico assume un rilievo
meramente descrittivo, in quanto non
scalfisce il principio che l'addebito della
separazione richiede pur sempre la
rigorosa prova sia del compimento da
parte del coniuge di specifici atti
consapevolmente contrari ai doveri del
matrimonio sia del nesso di causalità tra
gli stessi atti e il determinarsi
dell'intollerabilità della convivenza o del
grave pregiudizio per i figli.
Questa impostazione, la quale esclude
ogni facilitazione probatoria per il
coniuge richiedente l'addebito, neppure
scalfisce (ed è anzi coerente con) il
principio secondo cui il rispetto della
dignità e della personalità dei coniugi
assurge a diritto inviolabile la cui
violazione può rilevare come fatto
generatore di responsabilità aquiliana
anche in mancanza di una pronuncia di
addebito della separazione (v. Cass. n.
13983/14).
Art. 2043 c.c.
“Qualunque fatto doloso o colposo che
cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga
colui che ha commesso il fatto a risarcire il
danno”.
Diritto di famiglia Sistema chiuso a tutele tipiche
Apertura
• T. Milano 10 feb 1999: a) piena compatibilità della
disciplina di cui all'art. 2043 c.c. con quella propria
del D. di Famiglia; b) doveri coniugali: vera e propria
posizione giuridica di diritto soggettivo del coniuge
ed in quanto tale meritevole di protezione
• T. Firenze 13 giu 2000: nel rapporto di coniugio i
diritti inviolabili della persona (salute, immagine,
personalità, onore) rimangono intangibili ed ogni
aggressione merita la risposta punitiva
dell'ordinamento con il risarcimento del danno
Danno endofamiliare
« la famiglia è una comunità che si presenta come luogo di tutela
di diritti fondamentali della persona, diritti pieni, diritti
soggettivi, inderogabili e la cui natura non può essere messa in discussione. Non può essere un
luogo di compressione e di mortificazione dei diritti
fondamentali. Il rispetto della dignità di ciascun familiare, il rispetto della personalità sono obblighi giuridici, non semplici
obblighi morali » (Cass. 9801/2005).
« è stata da tempo enucleata la
nozione di illecito endofamiliare, in
virtù della quale la violazione dei
doveri familiari non trova
necessariamente sanzione solo nelle
misure tipiche previste dal diritto di
famiglia, discendendo dalla natura
giuridica degli obblighi suddetti che la
relativa violazione, ove cagioni la
lesione dei diritti costituzionalmente
protetti, possa integrare gli estremi
dell’illecito civile e dare luogo ad
un’autonoma azione volta al
risarcimento dei danni non
patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c.
» (Cass. SS.UU., 26972/2008).
Prova
• Elemento soggettivo (dolo o colpa)
• Fatto materiale (evento dannoso, condotta
agente)
• Nesso causalità
• Danno subito
Danni
• Patrimoniali: danni che hanno
un immediato riflesso sul
patrimonio.
• Danno emergente: perdita
subita
• Lucro cessante: mancato
guadagno
• Non patrimoniali: danni che non
hanno un immediato riflesso sul
patrimonio.
• Biologico: menomazione
• Morale: turbamento stato d'animo
• Esistenziale: alterazione (in
negativo) delle abitudini ed assetti
relazionali che induce a scelte di
vita diverse quanto all'espressione
e realizzazione della sua
personalità nel mondo esterno
Art. 709 ter, II c., c.p.c.
• (Articolo introdotto dalla legge 54/06, in tema di
affido condiviso)
• In caso di gravi inadempienze o di atti che
comunque arrechino pregiudizio al minore od
ostacolino il corretto svolgimento delle modalità
dell’affidamento, [...] il giudice può, anche
congiuntamente: [...] 2) disporre il risarcimento dei
danni a carico di uno dei genitori, nei confronti del
minore; 3) disporre il risarcimento dei danni a
carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro.
Natura risarcimento Responsabilità civile: necessaria
la prova della condotta illecita,
imputabilità, del nesso di
causalità e dei danni patiti con le
problematiche evidenziate.
Punitive damages: questi
costituiscono una sorta di pena
civile volta a dissuadere e punire
chi pone in essere tali condotte
illecite, in questi casi la prova da
fornirsi è limitata alla sola
condotta ed alla sua illiceità e la
relativa quantificazione e
liquidazione dei danni è lasciata
alla libera valutazione del Giudice
(tale azione non pregiudica,
qualsiasi sia l'esito, la possibilità
di agire in via ordinaria per i il
risarcimento dei danni patiti).
Prova
• Le maggiori difficoltà si incontrano nel fatto che le
condotte mobbizzanti rimangono, il più delle
volte, confinate nel privato delle mura domestiche
e se pubbliche possono apparire, se
singolarmente considerate, insignificanti e
normali nell’ambito di una relazione
interpersonale.
Danni patrimoniali
Patrimoniali: spese per viaggi o
vacanze programmate a cui il
genitore abbia dovuto rinunciare
a causa degli impedimenti
frapposto dall’altro genitore.
Quelle derivanti dall’arbitrario
trasferimento del minore in altra
città.
«Il coniuge che abbia trasferito la propria residenza, trasferendo con sé la prole minore, così ostacolando il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può essere condannata d’ufficio al risarcimento del danno nei confronti del coniuge, nella misura pari alle spese del viaggio e di alloggio che quest’ultimo dovrà sostenere per raggiungere e soggiornare nella nuova residenza della prole minore»(Trib. Pisa 20.12.2006)
Danno biologico
• Il danno biologico quale turbamento neuropsichico: logorante angoscia per non aver
potuto assolvere ai doveri verso i figli né soddisfare i propri diritti di genitore.
• «Nella fattispecie, è certamente ravvisabile e risarcibile – a mente degli artt. 2043,
2057 e 2059 c.c., in relazione all’art. 32 Cost. – il danno permanente biologico, oltre
che morale, cagionato dal genitore affidatario al genitore non affidatario, la cui
esistenza ontologica, in termini di subìto pregiudizio alle sue preesistenti condizioni
fisio-psichiche, è provata in re ipsa e va comunque presunta ai sensi degli artt. 2727
e 2729 c.c., trattandosi di danno emergente che deriva dai prolungati turbamenti
neuro-psichici, dal dolore, dalle ansie e dalla logorante angoscia in lui prodottisi per
non avere potuto assolvere, non per sua volontà, agli stringenti doveri verso il figlio,
né soddisfare i suoi legittimi diritti di padre, con pregiudizievoli riflessi anche sulla
propria vita di relazione (nei rapporti parentali, sociali, ricreativi ecc.), menomazioni
tutte fortemente incidenti sulla salute fisio-psichica di un individuo anche in
proiezione futura e, perciò, di concreta e permanente rilevanza biologica, per
le quali, quindi può essere fatta valere l’aspettativa riparatrice» (Trib. Roma
13.6.2000).
Danno morale
• La sofferenza per non aver potuto, incolpevolmente, far fronte
ai doveri genitoriali e per non aver vissuto una relazione serena
con i figli.
• «la compromissione sofferta nella sfera dei proprio rapporti con
il figlio minore, attraverso l’interruzione di ogni apprezzabile
relazione negli ultimi dieci anni, integri la lesione di un diritto
personale costituzionalmente garantito, e rappresenti quindi un
fatto costitutivo del diritto al risarcimento dei danni non
patrimoniali sotto l’aspetto sia del danno morale soggettivo
(patema d’animo), sia dell’ulteriore pregiudizio derivante
dalla privazione della positività derivanti dal rapporto
parentale» (Trib. Monza 8.7.2004, n. 2994).
Danno esistenziale
• Il genitore “collocatario” lasciato solo nella gestione della prole si vede
compressi gli spazi del suo vivere quotidiano.
• «il totale disinteresse del padre nell’occuparsi del figlio ha fatto sì che la
madre si sia trovata da sola a sostenere tutto il peso della responsabilità,
occupandosi della gestione giornaliera del figlio, anche dal punto di vista
pratico; ciò ha inciso drasticamente sulla vita della donna, limitandone la
libertà e condizionandone ampiamente ogni scelta, lavorativa, affettiva,
sociale, e ricreativa. Infatti, dovendo dedicare tutto il proprio tempo al
figlio, essa si è vista impossibilitata non solo a reperire una nuova attività
lavorativa, ma anche a “costruirsi” una nuova vita, ad intraprendere nuove
relazioni sentimentali, amicizie e relazioni sociali in genere. È evidente
che questo sacrificio ha inciso profondamente sulla vita di relazione,
sulla serenità e sull’atteggiamento psichico della ricorrente» (Trib.
Reggio Emilia 5.11.2007).
Liquidazione • L’assenza di criteri la liquidazione in via equitativa ha comportato una generale disomogeneità dei
risarcimenti.
• Sul punto la corte territoriale capitolina ha ritenuto di utilizzare quale strumento di riferimento la
tabella indicativa delle percentuali di invalidità.
• «Prudentemente valutando, questo giudicante ritiene di utilizzare, come strumento di mero
riferimento e senza che ciò ne comporti applicazione, la Tabella indicativa delle percentuali di
invalidità approvata, per le invalidità ex art. 2 legge n. 18/1980 dal D.M. della sanità del 25 luglio
1980, e quindi (all’uopo desumendo dalla relativa fascia di percentuale delle invalidità dallo 0% al
10%) di determinare, in concreto, nella percentuale del 9% la micro-permanente invalidità di
natura fisio-psichica, di lieve entità e non incidente sulla capacità lavorativa del B.A. e di
liquidare tale suo danno biologico nella misura di L. 1.850.000 per ogni punto di invalidità, cosicché
l’ammontare del danno medesimo viene determinato e liquidato in L. 16.650.000 (punti 9 x L.
1.850.000 unitarie), tenuto anche conto che il B.A. aveva l’età di 46 anni alla data di proposizione
della domanda risarcitoria de qua, e che detto ammontare congloba in sé pure l’intervenuta
rivalutazione monetaria dalla data della domanda, per il fatto de quo, sino alla presente pronuncia.
Al predetto importo vanno aggiunte ulteriori L. 4.200.000 (pari, all’incirca, al suo 25%) a titolo di
correlativo danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c., sicché la liquidazione dei
danni in favore del B. A. ammonta a complessive L. 20.850.000 + L. 4.200.000)» (Trib. Roma
13.6.2000)