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Filippo Quitadamo 1 IL LEGAME CHIMICO Al termine di questa Unità dovrai essere in grado di: applicare la regola dell’ottetto per descrivere la configurazione degli atomi nei composti e per prevedere quali legami si formano in certe condizioni; descrivere alcuni casi semplici di legame ionico in termini di cessione e acquisto di elettroni; descrivere alcuni casi semplici di legame covalente, in termini di condivisione di coppie di elettroni; illustrare il significato del legame covalente dativo; acquistare famigliarità con le formula di Lewis ed utilizzarle nella costruzione di semplici formule di struttura dei composti; partendo dall’elettronegatività, evidenziare la natura delle interazioni di natura dipolare; a partire dai valori di elettronegatività, prevedere la natura del legame tra due determinati elementi e spiegare il parziale carattere ionico dei legami covalenti in alcuni composti; descrivere il legame idrogeno, distinguere le situazioni in cui si forma, prevedere gli effetti sulle proprietà delle sostanze; caratterizzare il legame metallico e spiegare le proprietà dei metalli; giustificare l’esistenza delle forze inter-molecolari in molecole polari e non polari; illustrare sinteticamente i principi della teoria detta del legame di valenza (VB); distinguere legami σ e π, individuando le loro caratteristiche fondamentali; delucidare il significato dell’ibridazione, distinguendo i vari tipi; illustrare il significato degli orbitali molecolari nella formazione dei legami. PERCHE’ SI FORMANO I LEGAMI? Raramente gli atomi si trovano isolati in natura, più di frequente essi si aggregano dando luogo a quella miriade di composti che caratterizza il mondo che ci circonda. La scoperta della struttura elettronica dell'atomo ha permesso sia di capire qual è la natura delle forze che tengono unite queste particelle elementari, sia di spiegare i modi diversi con cui si possono formare i legami chimici. Prima di descrivere i vari tipi di legame chimico, è bene ricordare che tutti i sistemi materiali tendono spontaneamente a realizzare la condizione di minimo contenuto energetico. Questa legge vale anche per gli atomi che si aggregano per formare molecole, pertanto, due o più atomi tendono ad unirsi in quanto il contenuto energetico del composto finale risulta inferiore a quello degli atomi di partenza. La tendenza che gli atomi mostrano a formare molecole, legandosi spontaneamente mediante legami chimici, può essere ricondotta alla generale tendenza di un sistema a raggiungere una situazione stabile, a

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Filippo Quitadamo 1

IL LEGAME CHIMICO

Al termine di questa Unità dovrai essere in grado di:

� applicare la regola dell’ottetto per descrivere la configurazione degli atomi nei composti e per prevedere

quali legami si formano in certe condizioni;

� descrivere alcuni casi semplici di legame ionico in termini di cessione e acquisto di elettroni;

� descrivere alcuni casi semplici di legame covalente, in termini di condivisione di coppie di elettroni;

� illustrare il significato del legame covalente dativo;

� acquistare famigliarità con le formula di Lewis ed utilizzarle nella costruzione di semplici formule di

struttura dei composti; � partendo dall’elettronegatività, evidenziare la natura delle interazioni di natura dipolare; � a partire dai valori di elettronegatività, prevedere la natura del legame tra due determinati elementi e

spiegare il parziale carattere ionico dei legami covalenti in alcuni composti;

� descrivere il legame idrogeno, distinguere le situazioni in cui si forma, prevedere gli effetti sulle proprietà

delle sostanze;

� caratterizzare il legame metallico e spiegare le proprietà dei metalli;

� giustificare l’esistenza delle forze inter-molecolari in molecole polari e non polari;

� illustrare sinteticamente i principi della teoria detta del legame di valenza (VB);

� distinguere legami σ e π, individuando le loro caratteristiche fondamentali;

� delucidare il significato dell’ibridazione, distinguendo i vari tipi;

� illustrare il significato degli orbitali molecolari nella formazione dei legami.

PERCHE’ SI FORMANO I LEGAMI?

Raramente gli atomi si trovano isolati in natura, più di frequente essi si aggregano dando luogo a quella miriade

di composti che caratterizza il mondo che ci circonda. La scoperta della struttura elettronica dell'atomo ha

permesso sia di capire qual è la natura delle forze che tengono unite queste particelle elementari, sia di spiegare i

modi diversi con cui si possono formare i legami chimici. Prima di descrivere i vari tipi di legame chimico, è bene

ricordare che tutti i sistemi materiali tendono spontaneamente a realizzare la condizione di minimo contenuto

energetico. Questa legge vale anche per gli atomi che si aggregano per formare molecole, pertanto, due o più

atomi tendono ad unirsi in quanto il contenuto energetico del composto finale risulta inferiore a quello degli

atomi di partenza. La tendenza che gli atomi mostrano a formare molecole, legandosi spontaneamente mediante

legami chimici, può essere ricondotta alla generale tendenza di un sistema a raggiungere una situazione stabile, a

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minore contenuto di energia; infatti, l’energia della molecola così formata è inferiore rispetto a quella dei due

atomi isolati. Possiamo schematizzare il processo di formazione di un composto, nel modo seguente: A + B → AB + energia, dove con A e B sono indicati due singoli atomi separati, e con AB il composto derivato dalla loro

unione. La formazione di un legame chimico corrisponde, quindi, ad un bilancio energetico favorevole e

l'esperienza insegna che quanto più alta è l'energia che si libera durante il processo, tanto più stabile risulterà il

composto finale. Si nota chiaramente che il sistema ottenuto è più stabile di quello di partenza, visto che una parte della sua

energia è stata ceduta all’ambiente esterno. L’energia di legame è l’energia che deve essere fornita per rompere

un certo legame in una mole di sostanza; la stabilità di una molecola, quindi, è tanto maggiore, quanto più alta è

la sua energia di legame (vedi termochimica).

Per descrivere il comportamento dei diversi atomi vanno tenute in considerazione l’energia di ionizzazione e

l’affinità elettronica. Sperimentalmente, è possibile valutare la forza di un legame misurando la lunghezza di

legame, cioè la distanza tra i centri dei due atomi legati; a distanze di legame inferiori corrispondono legami più

forti.

Quando sono stati scoperti i gas nobili, si osservò che questi elementi non reagivano né con altri elementi, né fra

loro stessi; erano cioè stabili. Proprio per tale motivo furono denominati "nobili" o "inerti". In un primo tempo

non si riusciva a capire il motivo di tale inerzia chimica, ma, dopo che fu ideato il modello atomico, si notò che

tutti i gas nobili (ad eccezione dell'elio) presentavano otto elettroni nell'ultimo livello quantico. Era logico,

pertanto, concludere che la struttura elettronica ad otto elettroni sul livello energetico più esterno doveva

rappresentare una condizione di particolare stabilità. Nel 1916, il chimico americano Gilbert Newton Lewis,

suggerì un'ipotesi, che oggi va sotto il nome "regola dell'ottetto" per spiegare la tendenza che hanno gli atomi

ad unirsi in composti. La regola può essere espressa nei seguenti termini:

Gli atomi tendono a perdere, acquistare o condividere elettroni al fine di raggiungere una condizione di stabilità corrispondente a otto elettroni nel livello energetico più esterno.

Questa regola, pur non risultando valida in tutti i casi, si rivela molto utile per determinare le modalità con cui gli

atomi si uniscono tra loro a formare i composti .

In natura è, infatti, molto improbabile trovare atomi singoli allo stato libero; essi si riuniscono per formare le

molecole, in cui i diversi componenti atomici sono legati da forze di attrazione dette legami chimici.

Si definisce legame chimico qualunque forza di natura elettrostatica capace di tenere uniti gli atomi che

formano un composto.

Per completare il livello energetico più esterno e raggiungere quindi la stabilità elettronica, gli atomi possono:

� cedere o acquistare elettroni realizzando un legame ionico

� mettere in compartecipazione i propri elettroni esterni con quelli di un altro atomo, realizzando un

legame covalente.

Il realizzarsi di uno o dell’altro tipo di legame dipende dalla differenza di elettronegatività ∆E (si definisce

elettronegatività la grandezza che esprime la capacità di un atomo di attirare gli elettroni esterni. Tale

caratteristica è funzione dei valori che hanno l’energia di ionizzazione e l’affinità elettronica).

� Con una differenza di elettronegatività superiore a 1,9 il legame sarà ionico

� Con una differenza di elettronegatività uguale o inferiori a 1,9 il legame sarà un legame covalente.

Poiché la formazione del legame richiede che gli atomi siano sufficientemente vicini, gli elettroni interessati

saranno quelli più esterni; è quindi necessario fare riferimento alla configurazione elettronica degli atomi. Nel

1916 il Prof. Lewis attribuì la stabilità chimica dei gas nobili scarsamente reattivi all’ottetto elettronico che

caratterizzava il loro strato esterno ed ipotizzò che anche gli altri elementi tendessero a raggiungere questo stato

di stabilità cedendo, acquistando o condividendo elettroni, per assumere la configurazione elettronica del gas

nobile precedente o seguente.

Così, ad esempio, i primi tre elementi del terzo periodo (Na, Mg e Al) perdono gli elettroni nello strato esterno,

formando ioni di carica positiva che hanno la stessa configurazione elettronica del gas nobile precedente, il neon.

Analogamente, gli elementi alla fine del periodo, come S e Cl (Gruppi VI e VII) acquistano elettroni e formano ioni

carichi negativamente, raggiungendo la configurazione del gas nobile successivo, l’argo. Gli elementi centrali,

come Si e P, che non formano ioni, raggiungono la struttura tipica dei gas nobili mettendo in comune elettroni

con altri atomi che partecipano ai legami.

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Studi successivi hanno evidenziato composti in cui gli elementi non hanno la struttura di un gas nobile; tuttavia,

la stragrande maggioranza dei composti può essere spiegata con questa teoria, che ancora oggi risulta di grande

utilità.

In sintesi il legame chimico si forma perché:

1. gli atomi tendono spontaneamente a legarsi tra loro

2. l’energia complessiva del sistema molecola è inferiore a quella del sistema formato da atomi isolati (scopo

stabilizzante)

3. la forza di attrazione elettrostatica del nucleo di un atomo si esercita sia sui propri elettroni, sia sugli

elettroni esterni degli atomi vicini.

Il fine del legame chimico è un assetto elettronico stabile e l’abbassamento del patrimonio energetico che si

realizza con l’ottetto elettronico esterno (regola dell’ottetto di Kossel e Lewis e regola del duetto) che si può

raggiungere in tre modi:

• cedendo elettroni

• acquistando

• condividendo elettroni.

RAPPRESENTAZIONE DEGLI ATOMI CON I SIMBOLI DI LEWIS

Prima di descrivere i diversi tipi di legame, esaminiamo una modalità di rappresentazione, sempre dovuta a

Lewis, che sarà utile per comprendere meglio e per schematizzare la formazione dei legami. Nei simboli di

LEWIS il simbolo chimico dell’elemento rappresenta il nucleo con gli strati interni di elettroni dell’atomo; gli

elettroni di valenza, disposti nel livello esterno, sono rappresentati con puntini, rispettando, con alcune

eccezioni, la disposizione nei diversi orbitali (un puntino per elettroni spaiati, due per coppie di elettroni). Gli

elementi appartenenti ad uno stesso gruppo, avendo gli elettroni esterni disposti nello stesso modo, sono

rappresentati da formule di Lewis uguali (a parte il simbolo).

Ad esempio, per gli elementi del V gruppo N, P ed As, che hanno configurazione esterna ns2 npx1 npy

1 npz1 i

simboli di Lewis contengono cinque punti così disposti:

Vediamo esempi in altri gruppi:

Al (III Gruppo) ha configurazione esterna 3s2 3p1 e simbolo (Lewis ignorava il significato dello spin e

non considerò i due elettroni 3s appaiati)

Si (IV Gruppo) ha configurazione esterna 3s2 3px1 3py

1 e simbolo (anche qui Lewis non considerò i due

elettroni s appaiati)

S (VI Gruppo) ha configurazione esterna 3s2 3px2 3py

1 3pz1 e simbolo

I (VII Gruppo) ha configurazione esterna 5s2 5px2

Quindi, per gli elementi rappresentativi il numero di punti nei simboli di Lewis corrisponde al numero del

gruppo nella tavola periodica; questa rappresentazione è meno usata per gli elementi di transizione.

La Valenza

A questo punto è chiaro che i modi diversi con cui gli atomi possono legarsi per formare composti chimici,

dipendevano dalla loro particolare configurazione elettronica esterna (C.e.ex.) e la valenza ha un significato fisico

ben preciso.

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La valenza base di un elemento rappresenta il numero degli elettroni spaiati che compaiono sull'ultimo livello

quantico del corrispondente atomo.

L'idrogeno H, ad esempio, il cui atomo presenta un unico elettrone (ovviamente spaiato) sul primo livello

energetico, è un elemento monovalente.

Il Sodio Na, il cui atomo possiede complessivamente undici elettroni, ma che nell'ultimo livello quantico ne

presenta uno solo, è un elemento monovalente.

Il Cloro Cl, con sette elettroni spaiati, presenta valenza base 7

mentre elio He e neon Ne che non possiedono elettroni spaiati, devono essere considerati zerovalenti.

In realtà, la valenza che abbiamo indicato come il numero degli elettroni spaiati dell'ultimo livello quantico

dell'atomo, è solo una valenza base che può essere modificata spostando alcuni elettroni su altri orbitali vuoti

disponibili.

Nel calcio, ad esempio, è sufficiente un minimo apporto di energia, per elevare l'orbitale 4s, allo stesso livello

energetico degli orbitali 4p vuoti. Avendo i quattro orbitali la stessa energia, in accordo con la regola di Hund (gli

elettroni hanno tendenza ad occupare il massimo numero possibile di orbitali isoenergetici), un elettrone

dell'orbitale 4s deve andare ad occupare un orbitale 4p, come mostrato in figura.

Il calcio passa, quindi, da valenza zero a valenza due e il suo atomo viene detto "atomo eccitato".

Analogamente, eccitando il carbonio, dalla bivalenza si passa alla tetravalenza secondo un meccanismo analogo a

quello precedente ed illustrato in figura.

Lo spostamento degli orbitali, e conseguentemente degli elettroni, avviene normalmente solo se è necessaria una

minima spesa energetica. L'energia che bisogna fornire per spostare l'elettrone da un orbitale ad un altro, verrà

successivamente restituita, e in misura ancora maggiore, in seguito alla formazione del legame. Nel neon, invece,

non essendoci a disposizione orbitali vuoti con energia di poco superiore a quella degli orbitali occupati dagli

elettroni, servirebbe una notevole quantità di energia per innalzare questi ai livelli energetici molto alti degli

orbitali vuoti. Ma, questa energia non è disponibile nelle normali reazioni chimiche: il neon resta, quindi,

zerovalente.

CLASSIFICAZIONE DEI LEGAMI CHIMICI

Per semplicità, i legami chimici possono essere divisi in tre grandi categorie: i legami atomici, quelli

elettrostatici (nella realtà i legami sono per lo più di natura mista fra i due) e metallico. Se uno o più elettroni

esterni dell’atomo A hanno un contenuto di energia molto maggiore rispetto a quelli di B, essi possono passare

da A a B, formando ioni A+ e B- e dando luogo ad una interazione elettrostatica che tiene i due atomi uniti. Se,

invece gli elettroni esterni di A e B hanno pressappoco la stessa energia, può formarsi un legame atomico

attraverso la messa in comune di elettroni, che portano a nuove strutture con contenuto di energia inferiore.

Esaminiamo ora in maggior dettaglio la formazione dei diversi tipi di legame.

Un altro tipo di classificazione dei legami chimici prevede il seguente schema:

1. Legami principali o forti o intramolecolari, tra atomi uguali o diversi: covalente puro, polare, dativo,

di coordinazione, ad elettroni delocalizzati, metallico.

2. Legami secondari o deboli o molecolari o intermolecolari: legame dipolo-dipolo; idrogeno; ione-

dipolo; dipolo-dipolo indotto ……

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Legami metallici.

I legami atomici (omeopolare, polare, dativo, ad elettroni delocalizzati) sono quelli che si formano per la messa in comune di elettroni appartenenti agli orbitali esterni di atomi dello stesso tipo, o di tipo diverso (elettroni esterni = cemento del legame). I legami elettrostatici (ionico, idrogeno) si formano fra ioni o molecole elettricamente cariche (il cemento non è costituito dagli elettroni, ma da una forza elettrostatica). I legami metallici, infine, sono quelli che si instaurano fra ioni positivi tutti uguali immersi in una nuvola elettronica uniformemente distribuita.

Comunque, i tre tipi fondamentali di legame chimico sono forti: legame covalente, ionico e metallico.

I legami chimici "più forti o intramolecolari" hanno un contenuto energetico maggiore e sono più difficili da

rompere, mentre i legami "più deboli" hanno un contenuto energetico minore e sono più facili da rompere. Da

ciò deriva che le molecole che hanno al loro interno legami chimici più deboli sono più instabili.

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Inoltre, tanto più un legame è forte, tanto minore è la lunghezza del legame, essendo la forza che tiene uniti

gli atomi maggiore.

Le forze Intermolecolari o legami deboli sono interazioni deboli di natura elettrostatica tra molecole neutre e ioni.

Le energie coinvolte in questi tipi di interazioni sono di gran lunga minori rispetto a quelle coinvolte nei legami

chimici intratomici (fino a 4000 kJ/mol per un legame ionico ad esempio).

A differenza dei legami intratomici, che legano tra loro atomi differenti di una stessa molecola, le forze intermolecolari si

esplicano tra due o più molecole (che possono essere tra loro uguali, come avviene in una sostanza pura, o differente,

come avviene in una miscela o all'interfaccia tra due differenti materiali).

Le forze intermolecolari contribuiscono a determinare alcune caratteristiche delle sostanze, come ad esempio punto di

fusione o di ebollizione. Un'elevata forza fra le molecole di una soluzione fa innalzare il punto di ebollizione di

quest'ultima, perché riuscire a portare le molecole in fase vapore risulta più difficile in quanto bisogna fornire un surplus

di energia (presumibilmente sotto forma di calore) per rompere questi legami. Stesso discorso si può fare per il punto di

fusione.

Esistono le seguenti tipologie di forze intermolecolari (in ordine di forza crescente):

• Forza di dispersione di London: interazione dipolo indotto-dipolo indotto (con energia di legame compresa fra 0,05-

40 kJ/mol)

• Forza di Debye: interazione dipolo-dipolo indotto (con energia di legame compresa fra 2-10 kJ/mol)

• Interazione ione-dipolo indotto (con energia di legame compresa fra 3-15 kJ/mol)

• Forze di van der Waals: interazione dipolo-dipolo (con energia di legame compresa fra 5-25 kJ/mol)

• Legame a idrogeno (con energia di legame compresa fra 10-40 kJ/mol)

• Interazione ione-dipolo (con energia di legame compresa fra 40-600 kJ/mol).

Le forze di London (conosciute anche come forze di dispersione o forze dipolo istantaneo-dipolo indotto)

identificano tutte quelle forze che si presentano a livello atomico e molecolare dovute a multipoli istantanei come

risultato di effetti quantistici. Le forze di London possono essere presenti anche tra molecole che non presentano dipoli

o multipoli permanenti.

Queste forze fanno parte della più ampia categoria delle forze di van der Waals. Il loro nome deriva dal fisico tedesco-

americano Fritz London.

In chimica, le forze di van der Waals, chiamate così in onore dello studioso van der Waals che ne formula la legge nel

1873, sono forze attrattive o repulsive tra molecole. Il termine forza di van de Waals include tre tipi diversi di interazione

intermolecolari:

• forza dipolo permanente-dipolo permanente o forza di Keesom;

• forza dipolo permanente-dipolo indotto o forza di Debye;

• forza dipolo indotto istantaneo-dipolo indotto istantaneo o forza di dispersione di London.

Natura elettrostatica del legame chimico

La natura del legame chimico si può spiegare facilmente osservando le forze coulombiane interagenti tra le molecole. Infatti, se si considera un elettrone, ovvero una carica negativa posta tra i due nuclei, esso sarà sottoposto a forze attrattive da parte dei due nuclei che saranno controbilanciate da quelle repulsive fino a quando non si sarà raggiunta la stabilità del sistema; quindi, l'elettrone sarà caduto in una buca di potenziale dalla quale gli sarà difficile uscire. In tal modo si è formato un legame chimico.

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Legami primari

I legami chimici primari sono le forze che tengono uniti gli atomi che formano le molecole. Un legame primario è attuato dalla condivisione o dal trasferimento di elettroni tra atomi e dall'attrazione elettrostatica tra protoni ed elettroni. Tali legami generano il trasferimento di un numero intero di elettroni, detto ordine di legame, anche se in alcuni sistemi vi sono quantità intermedie di carica, come nel benzene, in cui l'ordine di legame è 1,5 per ogni atomo di carbonio. I legami primari sono generalmente classificati in tre classi, in ordine di polarità crescente:

Famiglia del legame covalente

Covalenza: elettroni in compartecipazione, cioè messa in comune degli elettroni di valenza.

Il legame covalente è il legame che si instaura quando due atomi condividono una o più coppie di elettroni dando luogo alla formazione di una molecola. La teoria della valenza (V.B. o Valence Bond) considera il legame covalente come una sovrapposizione di orbitali atomici con formazione di orbitali molecolari. Quanto maggiore è la sovrapposizione dei due orbitali atomici, tanto più forte sarà il legame. Pertanto, è il concetto di sovrapposizione che spiega il legame covalente.

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Il legame covalente è il legame che si instaura tra due atomi appartenenti ai non metalli (uguali o aventi differenza di elettronegatività - scala di Pauling - compresa tra 0 e 0,4) che mettono in compartecipazione una coppia di elettroni (detti coppia di legame) in un orbitale esterno che abbraccia entrambi gli atomi. Il legame covalente viene rappresentato da un trattino che congiunge i due atomi legati.

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Legame covalente puro, omopolare o omeopolare

Il legame covalente puro o legame omeopolare si verifica quando due atomi uguali, che hanno le stesse o molto simili caratteristiche energetiche pertanto la coppia di elettroni è equamente condivisa tra i due atomi; è un legame covalente che s'instaura fra due atomi appartenenti allo stesso elemento. In pratica si stabilisce un’interazione (cioè il legame) tra atomi dello stesso tipo: è il caso tipico dell'idrogeno, dell'ossigeno, dell'azoto atmosferico, ecc.

Essendo la nube elettronica distribuita simmetricamente, il legame risulta non polarizzato.

La nuvola elettronica è simmetricamente distribuita intorno a ciascun nucleo (a salsiccia). Esiste una distanza precisa (0,75 Å nel caso dell'idrogeno) fra i nuclei dei due atomi, in cui si ha il bilanciamento perfetto fra attrazioni e repulsioni: questa distanza è detta lunghezza o distanza di legame. I due elettroni della molecola H2 si muovono entro una regione di spazio che prende il nome di orbitale molecolare e può considerarsi il prodotto della fusione dei due orbitali atomici preesistenti.

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I legami covalenti che si formano fra due atomi che condividono due coppie di elettroni prendono il nome di doppio legame. I legami covalenti che si formano fra due atomi che condividono tre coppie di elettroni prendono il nome di triplo legame.

Per constatare il numero di legami covalenti formatisi fra due atomi bisogna conoscere la valenza dell'atomo degli elementi considerati e dopo aver fatto questo scoprire quanti elettroni gli mancano per essere stabili (regola dell'ottetto).

es. N = azoto V gruppo = 5 elettroni di valenza (+ 3 elettroni per completare l'ottetto).

I legami fra due azoti sono un triplo legame: N ≡ N.

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Legami σ, π e multipli

Se la sovrapposizione di due orbitali è frontale avviene cioè lungo l'asse che congiunge i due nuclei, il legame che si forma prende il nome di legame σ (sigma). Si tratta di un legame particolarmente solido e può realizzarsi fra qualsiasi tipo di orbitale, s, p, o ibrido. Se la sovrapposizione fra due orbitali è laterale avviene cioè fianco a fianco, si genera il legame π (pi greca). Questo legame è più debole del precedente e si forma solo per sovrapposizione di due orbitali di tipo p. Il legame σ è perpendicolare alla congiungente i due nuclei e giace ai due lati di un piano di simmetria che passa per i nuclei stessi.

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Legame covalente polare con orbitale molecolare asimmetrico

Il legame covalente polare s’instaura tra due atomi con differenza di elettronegatività compresa tra 0,4 e 1,9. In questo caso, gli elettroni coinvolti nel legame risulteranno maggiormente attratti dall'atomo più elettronegativo, il legame risulterà, quindi, polarizzato elettricamente, cioè ognuno degli atomi coinvolti nel legame presenterà una carica elettrica parziale.

Quando una molecola è tenuta coesa da soli legami covalenti puri o possiede una simmetria tale da annullare reciprocamente le polarità dei suoi legami covalenti risulterà complessivamente apolare. Invece una molecola costituita da due atomi legati fra loro da un legame covalente polare è polare (o dipolo elettrico); ciò non significa, in genere, che la molecola abbia una carica elettrica, perché nella sua totalità essa è elettricamente neutra. Si può prevedere facilmente la struttura polare di una molecola nel caso essa sia biatomica. L'orbitale molecolare che si verrà a formare in seguito al legame non sarà più perfettamente simmetrico, ma si presenterà con un maggior addensamento elettronico nella regione dello spazio intorno all'elemento più elettronegativo. Esempi: HCl; H2O; NH3. Il legame covalente polare possiede due proprietà:

• è direzionale, per cui si formano angoli definiti e costanti

• ha una lunghezza di legame fissa.

Legame dativo

È un tipo particolare di legame covalente detto, dativo in quanto i due elettroni coinvolti nel legame provengono da uno solo dei due atomi.

L'atomo che "dona" al legame la sua "coppia solitaria", cioè entrambi gli elettroni appaiati presenti in un suo orbitale viene detto "datore". L'altro, che mette a disposizione un orbitale esterno vuoto (cioè con due posti vuoti che possono essere occupati da due elettroni) o che riorganizza la sua configurazione elettronica per accogliere la coppia di elettroni (cioè ad esempio spostare due elettroni presenti su di un orbitale dispari su di un altro orbitale dispari, liberando un orbitale) viene detto "accettore".

Il legame dativo può essere rappresentato con una freccia dal donatore all'accettore. Le condizioni per questo legame sono due:

• il donatore deve avere un doppietto elettronico libero, non impegnato in altri legami

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• l’accettore deve avere un orbitale vuoto, disponibile ad ospitare il doppietto: HClO3, HClO4, H2SO4.

Il legame di coordinazione è un particolare tipo di legame dativo che consente la formazione di uno ione, mentre il legame dativo consente la formazione di una molecola neutra.

Esempi di legami di coordinazione sono rappresentati da quelli relativi alla formazione dello ione ammonio NH4

+, di H3N-BF3, di H3O+ e di [Cu (H2O)6]

2+ al quale è legato il colore azzurro delle soluzioni acquose dei sali di rame.

Legami delocalizzati e legame metallico

Alcuni legami covalenti, detti delocalizzati, possono legare insieme tre o più atomi contemporaneamente, come nei composti aromatici.

Legame metallico: modello a nube elettronica

La forma più estrema di delocalizzazione del legame covalente si ha nel legame metallico.

Secondo questo modello in un metallo gli atomi perdono i loro elettroni di valenza trasformandosi in cationi (ioni positivi). Gli ioni si dispongono in modo da impacchettarsi nel miglior modo possibile (massimo impaccamento), creando così strutture geometriche ben definite. Gli elettroni di valenza non appartengono più ai singoli atomi, ma sono liberi di muoversi (elettroni delocalizzati) tra i vari cationi. Secondo questo modello un metallo può essere rappresentato come un reticolo cristallino di ioni positivi tenuti uniti da una nube di elettroni condivisi estesa a tutto il reticolo; essendo tali elettroni non legati a nessun atomo particolare, risultano essere estremamente mobili; tale mobilità è responsabile della elevata conducibilità elettrica dei metalli.

Il legame metallico è un caso particolare di legame chimico delocalizzato e consiste in una attrazione elettrostatica che si instaura tra gli elettroni di valenza e gli ioni positivi metallici.

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Caratteristiche

Gli atomi di metallo hanno in genere pochi elettroni di valenza che sono facilmente delocalizzabili in un reticolo di atomi metallici caricati positivamente. Si può visualizzare questo tipo di legame immaginando un metallo come un reticolo di ioni positivi tenuti uniti da un’atmosfera di elettroni.

Come nel caso del legame ionico non esistono quindi molecole vere e proprie ma aggregati reticolari di atomi metallici tenuti insieme da questa forza di tipo elettrostatico.

Questo modello spiega alcune proprietà caratteristiche dei metalli: sono buoni conduttori, perchè gli elettroni sono liberi di muoversi all'interno del reticolo cristallino; la malleabilità, la duttilità e in genere la facile lavorabilità di queste sostanze. I metalli si presentano duttili e malleabili, possono cioè essere ridotti in lamine o in fili sottili. Questa caratteristica può essere spiegata pensando che lo slittamento dei piani reticolari uno sull'altro non alteri di molto le interazioni di legame fra gli atomi.

Inoltre, l'elevata conducibilità elettrica e termica si giustifica immediatamente con la notevole mobilità di

cui sono dotati gli elettroni: l'azione di un campo elettrico provoca infatti l'immediato trasferimento degli stessi

lungo il metallo e analogamente l'aumento di temperatura in una zona del metallo determina l'aumento della

loro energia cinetica e la conseguente trasmissione del movimento a quelli presenti nella parte più fredda. La conducibilità elettrica nei metalli diminuisce all'aumentare della temperatura in quanto aumentando la

temperatura aumentano le oscillazioni degli elettroni che ostacolano il loro moto ordinato.

Infine, la tipica lucentezza metallica si spiega immaginando che la luce costringa gli elettroni a saltare sui

numerosi livelli energetici vuoti e molto vicini gli uni agli altri degli ioni che costituiscono il metallo per poi

ricadere ai livelli inferiori restituendo l'energia sotto forma di fotoni di vario tipo, cioè di luce di tutti i colori.

Elettropositività: I metalli sono elementi elettropositivi, tendono cioè facilmente a perdere gli elettroni di

valenza (potenziali di ionizzazione molto bassi).

Le caratteristiche metalliche degli elementi si vanno attenuando procedendo lungo il Sistema Periodico, da

sinistra a destra. Ciò si giustifica considerando che gli elettroni di valenza aumentano progressivamente in

quella direzione riempiendo gli orbitali più esterni.

Gli orbitali vuoti, indispensabili per consentire la formazione di legami delocalizzati tipici dei metalli, si fanno

sempre più rari. Gli elementi collocati più a destra nel Sistema Periodico, sono dei non metalli tipici che si

legano attraverso legami di tipo covalente, cioè a coppie elettroniche localizzate in punti precisi della

struttura.

In pratica il legame metallico può classicamente immaginarsi come un reticolo cristallino formato dai cationi

dei metalli e da un "mare" di elettroni delocalizzati. In questo modo si spiegano le peculiarità dei metalli: la

conduzione del calore e la loro opacità e lucentezza sono legate alla mobilità degli elettroni di valenza

(elettroni delocalizzati) che incrementano la loro energia cinetica, mentre duttilità e malleabilità sono

spiegabili dal libero scorrimento reciproco dei piani reticolari (legami non direzionati), il quale non provoca la

distruzione dell'edificio cristallino in quanto il legame non è costituito da pochi elettroni localizzati, ma da tutti

gli elettroni disponibili. La presenza di legami forti all'interno del legame metallico spiega anche altre

caratteristiche proprie dei metalli stessi ovvero l'alta densità, la non solubilità e i punti di ebollizione e fusione

molto alti.

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Teoria delle bande

struttura elettronica a bande per metalli, semiconduttori e isolanti.

Una teoria più moderna che riguarda il legame metallico è la teoria delle bande. Essa è in relazione con la teoria dell'orbitale molecolare e parte dal presupposto che gli orbitali atomici (AO) di ciascun atomo possano dare origine a orbitali molecolari (MO) con tutti gli altri atomi vicini. Partendo, quindi, da nAO si otterranno nMO estesi a tutto il cristallo. Ogni orbitale molecolare si trova in un particolare livello energetico e poichè i livelli sono molto numerosi e molto vicini, danno origine a una banda continua di energia, in cui possiamo pensare che l'energia non sia quantizzata. Queste bande possono rimanere separate o sovrapporsi parzialmente tra loro. Nella figura seguente è rappresentata la sovrapposizione parziale delle bande continue di energia 2s e 2p in un metallo:

i livelli più bassi contengono elettroni e sono definiti bande di valenza, quelli a energia maggiore sono vuoti e rappresentano le bande di conduzione.

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I conduttori metallici hanno una banda di valenza solo parzialmente riempita o una banda di valenza in stretta contiguità, o addirittura sovrapposta, alla banda di conduzione: in questo modo gli elettroni risultano praticamente mobili e possono facilmente passare da un livello di energia E1 ad un livello E2, generando una corrente elettrica per imposizione di una differenza di potenziale o per assorbimento di un determinato fotone hν (fotoelettricità). Aumentando la temperatura, aumentano i moti oscillatori degli atomi lungo l'asse del nodo cristallino: in questo modo il flusso libero di elettroni risulta ostacolato e si spiega il perché la conduttanza elettrica diminuisca con l'aumentare della temperatura.

bande elettroniche di un semiconduttore. In teoria i livelli energetici possibili sono infiniti ma ad alti valori l'elettrone viene

espulso. Le bande hanno ampiezza differente in relazione agli orbitali atomici da cui derivano.

I semiconduttori possiedono, invece, una distribuzione orbitalica dove la banda di conduzione è separata dalla banda di valenza da un piccolo gap energetico, minore di un elettronvolt per mole di elettroni. Aumentando la temperatura si fornisce energia agli elettroni che possono superare il piccolo gap energetico, questo effetto prevale sul moto oscillatorio degli atomi; la conduttanza di un semiconduttore aumenta all'aumentare della temperatura.

Gli isolanti sono caratterizzati dall'avere un forte gap energetico tra le bande di valenza e quelle di conduzione, dell'ordine di qualche elettronvolt per mole di elettroni, rendendo impossibile il libero fluire degli elettroni.

Legame ionico o salino o elettrovalente o eterovalente

Il legame ionico è un legame tra ioni con carica di segno opposto. Tali ioni si formano da atomi aventi differenza di elettronegatività superiore al limite convenzionale di 1,9: in queste condizioni, l'atomo più elettronegativo (caratterizzato da una elevata energia di ionizzazione ed elevata affinità elettronica, quindi più esposto ad attrarre a se un elettrone) priva l'altro atomo meno elettronegativo (caratterizzato da una bassa energia di ionizzazione ed una affinità elettronica quasi assente, quindi con meno possibilità di attrarre a se un elettrone) di un elettrone; il primo atomo diventa uno ione con carica negativa (ione negativo), il secondo uno ione con carica positiva (ione positivo). Avviene un totale trasferimento di elettroni.

Questo legame è di natura prettamente elettrostatica; l'arrangiamento degli atomi nello spazio non ha la direzionalità del legame covalente: il campo elettrico generato da ciascuno ione si diffonde simmetricamente nello spazio attorno ad esso.

È un legame forte che avviene tra ioni ed è di natura elettrostatica, essendo una deformazione estrema del legame covalente polare. Le sue caratteristiche salienti sono:

• interessa solidi ionici

• il numero delle cariche positive è sempre uguale al numero delle cariche negative

• non è un legame direzionato

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• non si formano molecole, ma ioni

• è un legame permanente, difficile da rompere, perché gli ioni sono incastonati

• allo stato fuso gli ioni sono mobili e conducono la corrente elettrica

• i legami ionici in acqua si rompono, mentre i covalenti restano integri.

Il legame ionico è un legame chimico di natura elettrostatica che si forma quando le caratteristiche chimico-fisiche dei due atomi sono nettamente differenti, e vi è, soprattutto, una grande differenza di elettronegatività tra i componenti. Per convenzione si è soliti riconoscere un legame ionico tra due atomi quando la differenza di elettronegatività ∆E è maggiore di 1,7 (corrisponde a una percentuale di ionicità maggiore al 60%). Al diminuire di tale differenza cresce il carattere covalente di un legame.

Nel legame ionico l’attrazione esercitata dal nucleo dell’atomo più elettronegativo sull’altro atomo, meno elettronegativo, è così forte che la nuvola di carica elettronica può considerarsi come spostata completamente sull’elemento più elettronegativo. L’elettrone dell’altro elemento, meno elettronegativo, viene strappato e un legame ionico è creato in seguito alla formazione di un catione e un anione. Il legame così creato è puramente elettrostatico dovuto all’attrazione reciproca (per la legge di Coulomb) dai due ioni di carica opposta.

A differenza del legame covalente che si produce lungo la direzione stabilita dagli orbitali di legame, il legame ionico non è direzionale. L’attrazione tra cariche di segno opposto infatti, non si sviluppa in un'unica direzione ma agisce con ugual forza, in tutte le direzioni con simmetria sferica (a pari distanza).

La formazione del legame ionico avviene attraverso tre fasi:

1. ionizzazione del metallo (potenziale di ionizzazione): cioè, l’atomo del metallo deve cedere

facilmente elettroni, deve avere un basso potenziale di ionizzazione (il processo assorbe energia);

2. ionizzazione del non metallo (affinità elettronica): l’altro atomo deve acquistare elettroni, cioè deve

avere affinità elettronica elevata (il processo sviluppa energia);

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3. disposizione degli ioni in un reticolo per attrazione elettrostatica (energia reticolare): sviluppa energia

reticolare che compensa il divario energetico tra affinità e potenziale. Infatti, l’affinità elettronica non

riesce mai a compensare il potenziale di ionizzazione.

Fattori che favoriscono i legami ionici

� bassa energia di ionizzazione dell'elemento catione

� alta affinità elettronica dell'elemento anione

� elementi fortemente elettropositivi ed elettronegativi.

� Ioni di piccole dimensioni e con numero di carica elevato, i quali possono stabilire forti interazioni e

determinano elevate energie reticolari.

� I composti ionici sono formati da cationi nella sinistra della tavola periodica e da anioni alla destra

della tavola.

Legami secondari o deboli o molecolari

Comprendono le interazioni:

• ione-dipolo

• dipolo-dipolo

• fra dipoli indotti

• Legami idrogeno.

I dipoli molecolari possono originare delle forze di attrazione intermolecolari.

I legami intermolecolari sono essenzialmente costituiti dalla reciproca attrazione tra dipoli statici - è il caso delle molecole polari - o tra dipoli e ioni - è il caso, ad esempio, di un sale che si scioglie in acqua.

Nel caso dei gas nobili o di composti formati da molecole apolari la possibilità di liquefare viene spiegata tramite la formazione casuale di un dipolo temporaneo quando gli elettroni, nel loro orbitare, si trovino casualmente concentrati su un lato della molecola; tale dipolo induce nelle molecole vicine a sé uno squilibrio di carica elettrica (il cosiddetto dipolo indotto) che genera reciproca attrazione e provoca la condensazione del gas. Il legame viene, quindi, prodotto da queste particolari forze di attrazione, dette forze

di dispersione o di Van der Waals.

Un caso particolare di legame intermolecolare, che può anche essere intramolecolare quando la geometria della molecola lo consente, è il legame idrogeno.

Un atomo di idrogeno legato ad un atomo di ossigeno (o di fluoro), a causa della sua polarizzazione positiva e delle sue ridotte dimensioni, attrae con un'intensità relativamente elevata gli atomi di ossigeno (e di fluoro e, in misura minore, di azoto) vicini.

Tale legame, benché debole, è responsabile della conformazione spaziale delle proteine e degli acidi nucleici, conformazione da cui dipende l'attività biologica dei composti stessi.

Le interazioni di Van der Waals: 1910

• Forze dipolo-dipolo

• Forze di London o di dispersione (1930): tra molecole non polari (dipoli istantanei e indotti)

• Legami idrogeno.

Oltre ai legami diretti fra atomi e ioni, illustrati in precedenza, esistono anche altri tipi di legami che si

instaurano sia tra ioni e molecole, sia tra le molecole neutre (polari e non polari) e vicine tra loro.

Se nell'acqua si scioglie un composto ionico del tipo NaCl, si nota la presenza, in soluzione, degli ioni Na+ e

Cl-. Tali ioni attirano su di sé le molecole polari dell'acqua e le legano con un legame di natura elettrostatica.

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Lo ione positivo Na+ orienterà la molecola di acqua dalla parte negativa, cioè dalla parte dell'ossigeno,

mentre lo ione negativo Cl- orienterà la molecola di acqua dalla parte positiva e la legherà quindi dalla parte

dell'idrogeno. Ogni ione, pertanto, quando si trova in soluzione acquosa appare rivestito da un numero più o

meno grande di molecole di acqua. Il legame che si forma fra uno ione e una molecola polare si chiama

legame ione-dipolo.

Oltre al legame appena descritto, esiste tutto un insieme di legami molto deboli di natura elettrostatica tra

molecole polari e non polari indicate genericamente come interazioni di Van der Waals, dal nome del fisico

olandese che le studiò per primo. Si tratta di forze molto deboli e a corto raggio, cioè di forze che fanno

sentire i loro effetti solo se le particelle sono molto vicine fra loro.

Le forze di Van der Waals sono sempre presenti nella materia, anche quando non esistono i legami più forti

che abbiamo descritto in precedenza. Se non vi fossero queste forze, in alcuni casi non vi sarebbe alcun

legame tra le molecole, e la materia non "starebbe insieme".

Le forze di Van der Waals si chiamano interazioni dipolo-dipolo quando riguardano l'unione di due molecole

polari, come potrebbe essere il caso di due molecole di acqua che vengono a contatto.

Si chiamano interazioni dipolo-dipolo indotto quando una molecola polare induce, in una molecola apolare

con la quale viene a contatto, una momentanea separazione delle cariche. Fra le due strutture elettriche si

instaura a quel punto un legame di tipo elettrostatico.

Esiste anche il caso di due molecole apolari che, per un breve istante possono presentare gli elettroni

addensati maggiormente da una parte piuttosto che dall'altra creando un dipolo istantaneo. Ciascun dipolo

istantaneo genera intorno a sé un campo elettrico che polarizza a sua volta altre particelle circostanti

inducendovi a sua volta un dipolo elettrico istantaneo. I dipoli istantanei possono quindi interagire fra loro

con una forza che si chiama interazione dipolo indotto-dipolo indotto.

Le interazioni di Van der Waals possono essere considerate delle specie di legami chimici debolissimi (in

media 100 volte più deboli dei legami covalenti) che si formano solo quando le molecole sono a stretto

contatto.

Le forze di London sono interazioni tra molecole non polari. Infatti, in seguito al movimento continuo degli

elettroni di una molecola, essi si accumulano nella stessa zona, provocando una distribuzione ineguale della

carica elettrica nella molecola, che si trasforma in un dipolo istantaneo. Tra i dipoli indotti vicini si vengono a

creare forze di attrazione intermolecolari di breve durata, che cessano quando la distribuzione delle cariche

torna uniforme e le molecole ritornano apolari.

Conseguenze: anche se molto deboli, tali forze influenzano il comportamento delle sostanze non polari.

Infatti, senza di esse non sarebbe possibile liquefare i gas; tengono unite le molecole del liquido, impedendo

il ritorno allo stato aeriforme; si manifestano anche nei soldi come la naftalina, che sublima a temperatura

ambiente, appena le forze di London vengono meno.

Il legame idrogeno o della vita

Vi sono molecole molto polari, contenenti l'atomo di idrogeno unito con legame covalente ad atomi molto

elettronegativi (in pratica solo con fluoro, ossigeno e azoto), in cui esso, polarizzato positivamente, è in

grado di stabilire un legame di tipo elettrostatico con atomi elettronegativi presenti nella stessa molecola o in

altre molecole vicine. A questo tipo di legame che può essere considerato un caso particolare di legame

dipolo-dipolo si dà il nome di legame a idrogeno ed essendo abbastanza forte, presenta le caratteristiche del

legame chimico vero e proprio.

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In realtà il legame a idrogeno, se preso singolarmente, è piuttosto debole, ma, poiché se ne formano in gran

numero contemporaneamente, presi tutti insieme, influiscono in modo determinante sulle proprietà chimiche

e fisiche di un composto.

ORDINE di LEGAME

Per indicare il numero di legami che uniscono due atomi si usa parlare di ordine di legame: esso rappresenta

il numero totale di coppie di elettroni che partecipano al legame tra due atomi L’ordine di legame di un

legame singolo è 1, quello di un legame doppio è 2, ecc.

L’ordine di legame (e di conseguenza l’uso di espressioni come legame singolo, doppio o triplo) trova

riscontro sperimentale nella sequenza delle lunghezze e delle energie di legame: la lunghezza di legame

diminuisce all’aumentare dell’ordine di legame, mentre l’energia di legame aumenta.

MAPPE DI SINTESI

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APPROFONDIMENTI

Generalità e proprietà delle forze di London

Le forze di London (dette anche interazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto) sono forze attrattive tra molecole non polari.

Anche molecole di per sè non polari possono divenire, per brevissimi intervalli di tempo, molecole polari. Ciò è dovuto al moto degli elettroni attorno al nucleo.

In un atomo, solitamente la distribuzione della nuvola elettronica è simmetrica rispetto al nucleo dell'atomo; i baricentri delle cariche negative e positive coincidono e la molecola è non polare. In un dato istante può succedere però che la distribuzione della nuvola elettronica sia asimmetrica rispetto al nucleo e addensata da un lato. Ciò determina la formazione di un dipolo istantaneo:

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Ciascun dipolo istantaneo genera un campo elettrico che a sua volta induce un dipolo indotto nelle molecole circostanti:

Tra il dipolo istantaneo e il dipolo indotto si viene a formare una forza attrattiva detta forza di London.

Sequenza delle interazioni tra un dipolo indotto e un dipolo istantaneo

E' proprio grazie a questo tipo di interazione se molecole perfettamente apolari come O2 e N2 possono esistere allo stato condensato.

L'intensità delle forze di London aumenta all'aumentare delle dimensioni e della massa molecolare delle molecole. E' per questo motivo che F2 e Cl2 sono gassosi, Br2 è liquido mentre I2 è solido.

Previsione della geometria delle molecole

I legami covalenti sono legami direzionali e pertanto possono formare tra loro angoli caratteristici che determinano la forma e quindi la geometria della molecola. La geometria di una molecola può essere prevista applicando la teoria VSEPR, (VSEPR è acronimo della denominazione inglese Valence Shell Electron Pair Repulsion, cioè repulsione delle coppie di elettroni del guscio di valenza). Tale teoria permette di prevedere la geometria molecolare delle sostanze a partire dalle formule di Lewis.

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Molte proprietà delle sostanze dipendono dalla geometria delle molecole che la compongono. L'odore e il sapore dei cibi ad esempio sono causati dalla forma delle loro molecole, ma anche la polarità, il punto di fusione e il punto di ebollizione sono proprietà che dipendono dalla geometria molecolare.

La teoria VSEPR in breve

Per un trattazione più approfondita vi rimandiamo alla seguente dispensa: teoria VSEPR. I doppietti elettronici più esterni (strato di valenza) di un atomo, essendo carichi negativamente, tendono a respingersi e a disporsi il più lontano possibile gli uni dagli altri. In tale modo viene resa minima la forza repulsiva tra questi doppietti e la molecola risulta, quindi, più stabile. La teoria prevede, inoltre, che le coppie di elettroni solitarie (non impegnate in legami) tendano ad occupare un volume maggiore rispetto alle coppie di elettroni condivise (cioè quelle coinvolte nei legami chimici) ed esercitino pertanto una forza repulsiva maggiore. In prima approssimazione la forza repulsiva tra coppie di elettroni varia nel seguente modo: repulsione tra doppietti solitari > repulsione tra doppietti solitari e doppietti condivisi > repulsione tra doppietti condivisi. Inoltre, secondo la teoria VSEPR la geometria di una molecola dipende unicamente dalla somma tra il numero di legami (indifferentemente dal fatto che siano semplici, doppi o tripli) e le coppie solitarie presenti nell'atomo centrale. Ogni molecola può essere rappresentata con la formula generica AXmEn in cui con A rappresentiamo l'atomo centrale, X il numero di atomi legati all'atomo centrale ed E le coppie di elettroni solitarie presenti sull' atomo centrale. Secondo la teoria VSEPR, per determinare la geometria di una molecola bisogna calcolare il valore del numero sterico NS eseguendo la somma tra (m + n); in altre parole, è necessario determinare il valore del numero sterico NS sommando il numero di atomi (X) legati all'atomo centrale (A) e il numero di coppie di elettroni libere presenti sull'atomo centrale. In base a questo valore è possibile prevedere la geomeria della molecola.

Di seguito sono rappresentate le possibili geometrie molecolari suddivise in base al valore del numero sterico NS e di coppie solitarie presenti sull'atomo centrale:

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La teoria VSEPR approfondita

Nel 1957 i chimici R. Nyholm e R. Gillespie misero a punto una teoria che permetteva di prevedere la geometria delle molecole. Tale teoria fu chiamata VSEPR, acronimo della denominazione inglese Valence Shell Electron Pair Repulsion cioè repulsione tra doppietti elettronici del guscio di valenza.

Secondo tale teoria le coppie di elettroni più esterne, avendo tutte la stessa carica negativa, tendono a respingersi le une con le altre e a disporsi il più lontano possibile.

Nella teoria VSEPR bisogna tenere conto di tutte le coppie di elettroni del guscio di valenza, sia quelle coinvolte nella formazione di legami chimici(doppietti condivisi), sia quelle che non partecipano alla formazione di alcun legame (doppietti solitari). I legami covalenti doppi e i legami covalenti tripli sono considerati alla stregua di semplici legami e la geometria della molecola dipende quindi unicamente dal numero di legami, indipendentemente dal fatto che siano legami singoli, doppi o tripli.

Inoltre, secondo tale teoria, i doppietti solitari tendono ad occupare un volume maggiore rispetto ai doppietti condivisi ed esercitano quindi una forza repulsiva di maggiore intensità. In linea di massima la forza repulsiva tra coppie di elettroni varia nel seguente modo: repulsione tra doppietti solitari > repulsione tra doppietti solitari e doppietti condivisi > repulsione tra doppietti condivisi

Per determinare la geometria molecolare è necessario calcolare il valore del numero sterico NS sommando il numero di atomi (X) legati all'atomo centrale (A) e il numero di coppie di elettroni libere presenti sull'atomo centrale. In base a questo valore è possibile prevedere la geometria della molecola.

Ogni molecola potrà essere rappresentata con la formula generica AXmEn in cui A rappresenta l'atomo centrale, X il numero di atomi legati all'atomo centrale ed E le coppie di elettroni solitarie presenti sull' atomo centrale.

NS = 2; geometria lineare

Per molecole con struttura AX2

La geometria lineare è assunta da quelle molecole il cui atomo centrale presenta due legami chimici e nessun doppietto solitario e che quindi hanno formula generica AX2. (A = atomo centrale; X = atomi legati all'atomo centrale).

Queste molecole risultano lineari X—A—X e i due legami si dispongono a 180° l'uno dall'altro.

I legami doppi o tripli valgono come singoli legami e pertanto molecole come l'druro di berillio BeH2,

H—Be—H

l'anidride carbonica CO2 O=C=O e il cianuro di idrogeno HCN H—C≡N, presentano tutte geometria lineare.

NS = 3; geometria trigonale planare

Per molecole con struttura AX3, AX2E.

Molecole con tre legami e nessun doppietto solitario sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX3) assumono geometria trigonale planare con i legami disposti su un unico piano a 120° l'uno dall'altro. Presentano questa geometria il tricloruro di boro (BCl3) e la formaldeide (H2CO):

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Molecole con due legami e una coppia di elettroni solitaria sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX2E; E rappresenta la coppia di elettroni presente sull'atomo centrale) assumono geometria angolata (derivata dalla geometria trigonale planare). A causa della maggior repulsione della coppia solitaria sulle coppie di legame, l'angolo di legame risulta inferiore a 120°. Presenta questa geometria l'anidride solforosa SO2:

Riassumendo:

NS = 3

Numero coppie solitarie

0 1

trigonale planare angolata

NS = 4; geometria tetraedrica

Per molecole con struttura AX4, AX3E, AX2E2.

Molecole con quattro legami e nessun doppietto solitario sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX4) assumono geometria tetraedrica con i legami disposti a 109,5° l'uno dall'altro.

Presenta questa geometria il metano (CH4) la cui struttura può essere rappresentata con legami a cuneo: quelli pieni indicano un legame che esce dal piano e si avvicina all'osservatore; quelli tratteggiati indicano un legame che si allontana dall'osservatore.

Molecole con tre legami e una coppia di elettroni solitaria sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX3E; E rappresenta la coppia di elettroni presente sull'atomo centrale) assumono geometria piramidale (derivata dalla geometria tetraedrica). A causa della maggior repulsione della coppia solitaria sulle coppie di legame, l'angolo di legame risulta essere inferiore a 109,5°.

Presenta questa geometria la molecola dell'ammoniaca NH3 nella quale gli angoli di legame sono di 107,3°:

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Molecole con due legami e due coppie di elettroni solitarie sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX2E2) assumono geometria angolata (derivata dalla geometria tetraedrica). Le due coppie solitarie occupano due vertici del tetraedro ed esercitando una forte repulsione nei confronti degli elettroni di legame, comprimono l'angolo di legame a valori inferiori rispetto a quelli caratteristici della geometria piramidale.

Presenta questa geometria la molecola dell'acqua H2O nella quale gli angoli di legame sono di 104,5°:

Riassumendo:

NS = 4

Numero coppie solitarie

0 1 2

Tetraedrica Piramidale Trigonale Angolata

NS = 5; geometria bipiramidale trigonale

Per molecole con struttura AX5, AX4E, AX3E2, AX2E3.

Molecole con cinque legami e nessun doppietto solitario sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX5) assumono geometria bipiramidale trigonale con tre legami equatoriali disposti su un unico piano a 120° l'uno dall'altro e altri due legami detti assiali disposti rispettivamente sopra e sotto il piano dei legami equatoriali.

Presenta questa geometria la molecola del pentacloruro di fosforo PCl5:

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Riassumendo:

NS = 5

Numero coppie solitarie

0 1 2 3

Bipiramidale Trigonale Altalena o Cavalletto a forma di T Lineare

NS = 6; geometria ottaedrica

Per molecole con struttura AX6, AX5E, AX4E2, AX3E3, AX2E4

Molecole con sei legami e nessun doppietto solitario sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX6) assumono geometria ottaedrica con quattro legami equatoriali disposti su un unico piano a 90° l'uno dall'altro e due legami assiali disposti rispettivamente sopra e sotto il piano dei legami equatoriali.

Presenta questa geometria la molecola dell'esafluoruro di zolfo SF6. Riassumendo:

NS = 6

Numero coppie solitarie

0 1 2 3 4

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Ottaedrica Piramidale Quadrata Planare Quadrata a forma di T Lineare

NS = 7; geometria bipiramidale pentagonale

Per molecole con struttura AX7, AX6E, AX5E2, AX4E3, AX3E4, AX2E5

Molecole con sette legami e nessun doppietto solitario sull'atomo centrale (molecole con formula generica AX7) assumono geometria bipiramidale pentagonale con cinque legami equatoriali disposti su un unico piano a 72° l'uno dall'altro e due legami assiali disposti rispettivamente sopra e sotto il piano dei legami equatoriali. Presenta questa geometria la molecola dell'eptafluoruro di iodio (IF7)

TEORIE SUL LEGAME CHIMICO

1. Teoria di Lewis (regola dell’ottetto) secondo la quale si ha formazione di un legame chimico covalente quando due atomi mettono in comune un doppietto elettronico per raggiungere la stabilità (ottetto elettronico esterno).

2. Teoria VSEPR: mentre la teoria di Lewis non descrive la geometria delle molecole, la teoria VSEPR prevede la geometria delle molecole, per cui gli elettroni di valenza si respingono reciprocamente avendo carica dello stesso segno e si dispongono nella molecola alla massima distanza possibile. Secondo questa teoria la forma delle molecole dipende semplicemente dalla repulsione degli elettroni che circondano l’atomo principale della molecola. Ogni molecola assume la forma in cui è massima la distanza tra le coppie di elettroni che circondano l’atomo centrale X, sia che si tratti di coppie elettroniche condivise, sia libere. Infatti, detti X l’atomo centrale; Y gli atomi diversi che lo circondano; E le coppie di elettroni di valenza libere, per prevedere la forma della molecola, si deve tener conto:

• Del numero di atomi legati all’atomo centrale

• Dei doppietti elettronici liberi che lo circondano.

N.B. In questo conteggio, poiché non si considerano i legami, bensì gli atomi, eventuali legami multipli valgono solo un legame covalente.

Pertanto, la molecola di CO2 è del tipo XY2, è una molecola lineare, con disposizione digonale, la forma molecolare è lineare con angolo di legame di 180°.

La molecola BeCl2 si comporta in modo analogo.

Anche il trifluoruro di boro BF3 non ha doppietti liberi intorno al boro e per la sua molecola del tipo XY3 si prevede la struttura triangolare con angoli di 120°.

La molecola del metano CH4 è del tipo XY4, così come CCl4, per presentano una struttura tertraedrica con angoli di 109°28’.

La teoria per le molecole del tipo XY5 prevede la forma piramidale trigonale.

Per le molecole tipo XY6 la teoria prevede una forma ottaedrica (SF6).

Molecole di H2O ed H2S: secondo la teoria VSEPR attorno all’ossigeno e alla zolfo non ci sono solo altri atomi, ma anche due doppietti elettronici liberi, pertanto, sono del tipo XY2E2 e, quindi, la loro struttura è più simile alle molecole tipo XY4, essendo quattro i gruppi che circondano l’atomo centrale. Pertanto, è naturale la forma tetraedrica, anche se la presenza di due doppietti liberi comprime l’angolo che invece di 109° passa a 104° per l’acqua e a circa 92° per H2S.

Nell’ammoniaca NH3 la forma è del tipo XY3E, essendoci un doppietto libero intorno all’azoto. Tale doppietto pesa sui legami e li restringe leggermente portandoli a 107°.

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Infine, la teoria VSEPR ci permette di prevedere anche se una molecola è polare o apolare. Infatti, se non ci sono doppietti elettronici liberi (E) e se i gruppi Y uniti all’atomo centrale X sono tutti uguali, la molecola si può considerare apolare.

Ad esempio: sono apolari le molecole del tipo XY2, XY3, XY4, come CO2, BCl2, CH4, CCl4, BF3, BeF2, SO2.

Sono polari le molecole del tipo XY2Z2, XY2E2, XY3E, come CH2Cl2, H2O, NH3. La polarità di una molecola dipende sia dal tipo di legame, sia dalla sua geometria. Una molecola può essere

considerata polare quando i centri delle cariche positive non coincidono con i centri delle cariche

negative.

3. Teoria del legame di valenza o VB

4. Teoria dell’orbitale molecolare o MO.

N.B. - Le ultime due teorie rientrano nella meccanica ondulatoria. La Teoria del Legame di Valenza (o VB, da Valence Bond), proposta da Pauling nel 1930, interpreta la formazione del legame covalente mediante il concetto quantomeccanico di orbitale. Secondo questa teoria il legame covalente si forma per parziale sovrapposizione di orbitali atomici, gli elettroni di legame appartengono agli atomi di partenza e la densità di carica degli elettroni di legame è massima nella regione di sovrapposizione degli orbitali, formando un nuovo orbitale chiamato orbitale molecolare, che appartiene ad entrambi gli atomi legati ed accoglie i due elettroni con spin antiparallelo.

La teoria descrive le molecole solo nello stato fondamentale; considera solo gli elettroni di valenza; segue l’idea di Lewis, secondo cui le coppie di elettroni di legame e i lone pair sono localizzati su ciascun atomo.

Secondo la teoria VB un legame covalente tra due atomi si forma se sono verificate le seguenti condizioni:

1. Un orbitale di un atomo ed un orbitale dell’altro atomo si sovrappongono

2. Il numero complessivo di elettroni contenuti nei due orbitali sovrapposti non è maggiore di due.

La forza del legame dipende dal grado di sovrapposizione, maggiore è la sovrapposizione e più forte è il legame

legami sigma e legami pi-greco

Secondo la teoria del legame di valenza la formazione del legame covalente nella molecola di idrogeno H2, avviene per avvicinamento e sovrapposizione di due orbitali sferici semipieni (contenenti cioè un solo elettrone) con formazione di un nuovo orbitale molecolare.

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La sovrapposizione dei due orbitali 1s porta alla formazione di un legame covalente detto sigma (σ).

Consideriamo adesso la molecola di fluoro F2. L'elettrone spaiato coinvolto nella formazione del legame covalente, si trova su un orbitale di tipo p. La formazione dell'orbitale molecolare si spiega ammettendo la sovrapposizione degli orbitali atomici incompleti 2p di ciascuno degli atomi. La sovrapposizione avviene utilizzando i lobi aventi il medesimo segno. Si tratta di una sovrapposizione frontale poichè i due orbitali p si sovrappongono nella direzione dell'asse congiungente i due nuclei.

Si ha la formazione di un legame sigma (σ) che corrisponde a un legame forte.

Nel caso di legami covalenti doppi, si vengono a formare due sovrapposizioni ma solo una delle due può essere frontale (legame σ). Il secondo legame, più debole del primo, consiste in una sovrapposizione laterale di due orbitali p paralleli e prende il nome di legame pi-greco (π).

Per esempio, nella molecola di ossigeno O2 (O=O) si vengono a formare due sovrapposizioni: la prima frontale (legame σ), la seconda laterale (legame π).

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Il legame π è più debole di un legame σ e non permette la libera rotazione dei due atomi legati attorno all’asse di legame.

Nel caso di legami covalenti tripli, si vengono a formare tre sovrapposizioni di cui una frontale (legame σ) e due laterali (legami π).

Quindi, per esempio, nella molecola di azoto N2, si ha la formazione di un legame σ in seguito alla sovrapposizione di due orbitali atomici di tipo p lungo la congiungente i due nuclei, i restanti orbitali p danno luogo a sovrapposizioni laterali formando due legami π. Il triplo legame è più forte di un doppio legame e non consente la libera rotazione dei due atomi legati attorno all’asse di legame.

Infine nella molecola del cloruro di idrogeno HCl, la sovapposizione degli orbitali semipieni è tra un orbitale s dell'idrogeno e un orbitale p del cloro

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con formazione di un legame σ

La teoria VB, però, non riesce a spiegare in modo convincente alcune proprietà delle molecole. Per esempio, l’ossigeno è molto reattivo ed è paramagnetico, cioè viene attratto da un campo magnetico. Queste caratteristiche sono proprie delle molecole con elettroni spaiati e non sono spiegabili con la teoria del legame di valenza. Esiste un’altra teoria derivata dalla meccanica quantistica, che prevede che gli elettroni, a seguito della formazione del legame, non appartengano più ai singoli atomi, ma all’intera molecola (teoria MO).

Teoria degli orbitali molecolari (MO)

Mentre la Teoria VB:

- descrive le molecole solo nello stato fondamentale;

- considera solo gli elettroni di valenza;

-segue l’idea di Lewis, secondo cui le coppie di elettroni di legame e i lone pair sono localizzati su ciascun atomo.

La Teoria MO:

- descrive le molecole anche nello stato eccitato;

- considera tutti gli elettroni, non solo quelli di valenza e combina gli orbitali atomici di ciascun atomo che vengono trasformati in altrettanti orbitali molecolari.

La teoria V.B. ha il vantaggio di essere semplice e spiega un gran numero di strutture molecolari. Però, rimane una semplificazione della realtà che, invece, è più complessa.

Per spiegare certe proprietà (come le proprietà paramagnetiche dell’ossigeno liquido) e per trovare più corrispondenza tra la struttura e le proprietà delle molecole, è stata proposta la teoria MO.

Il punto di partenza di questa teoria (MO) è di considerare, a differenza di quella del legame di valenza, che al legame tra atomi non concorrano solo gli elettroni di valenza, ma in generale tutti gli elettroni degli atomi costituenti la molecola. Nella molecola così concepita non esistono più gli elettroni che appartengono ai singoli atomi, ma essi sono tutti ridistribuiti nella molecola su nuovi livelli energetici, denominati orbitali molecolari. Gli orbitali molecolari sono centrati attorno a tutti i nuclei di una molecola.

In base alla nuova teoria la molecola non è più descritta come un insieme di atomi legati grazie alla sovrapposizione degli orbitali esterni di valenza, ma come un insieme di tutti i nuclei degli atomi coinvolti, attorno ai quali si dispongono i nuovi orbitali chiamati orbitali molecolari, dove c’è la massima probabilità di trovare gli elettroni: la molecola non è più rappresentata come una realtà ben precisi, ma viene descritta come un insieme di nuclei attorno ai quali c’è la massima probabilità di trovare tutti gli elettroni presenti nella molecola, vista in termini probabilistici.

Gli orbitali molecolari si distinguono in:

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Orbitali di legame o leganti, più stabili perché ad energia minore rispetto agli orbitali atomici (AO), se gli elettroni soggiornano più a lungo nello spazio perinucleare.

Orbitali di antilegame o antileganti, meno stabili perché a maggior energia se gli elettroni di legame soggiornano più a lungo nella regione opposta ai nuclei, dove prevalgono le forze repulsive e la probabilità che si formi il legame è minima. Antilegame: ridotta densità elettronica fra i due nuclei.

Ibridazione o Ibridizzazione: fenomeno di mescolamento degli orbitali atomici o molecolari all'atto della formazione

di composti, da cui risultano orbitali diversi per forma geometrica e per quantità di energia. Per ibrido si intende un incrocio tra due specie diverse, che determina la formazione di una specie con alcune nuove

caratteristiche, diverse da entrambe le specie da cui derivano. Anche gli orbitali atomici possono formare ibridi;

questi sono stati ipotizzati per spiegare la forma assunta da alcune molecole, non corrispondente a quanto

prevedibile in base alla configurazione elettronica degli atomi. Ipotizzando, invece, un incrocio tra orbitali s e p a

formare orbitali ibridi, con caratteristiche ed energie intermedie tra s e p, è possibile giustificare geometrie molecolari

altrimenti non comprensibili.

Le ibridizzazioni degli orbitali s e p possono essere di tipo:

• sp (dà luogo a strutture lineari); esempi di ibridizzazione sp si hanno nelle molecole di anidride carbonica

(CO2), acetilene (C2H2) e cloruro di berillio (BeCl2);

• sp2 (dà luogo a strutture planari); esempi di ibridizzazione sp2 si hanno nelle molecole di trifloruro di boro

(BF3), triossido di zolfo (SO3), diossido di zolfo(SO2) e etene (C2H4);

• sp3 (dà luogo a strutture tetraedriche). Esempi di ibridizzazione sp3 si hanno nelle molecole

di ammoniaca (NH3), metano (CH4), acido solforico (H2SO4) e acido solfidrico (H2S).

Ibridazione sp3

Ibridazione sp2

• con ibridazione sp: si formano 2 legami σ diretti a 180° uno dall'altro (lineare)

• con ibridazione sp2: si formano 3 legami σ diretti a 120° uno dall'altro (triangolare planare)

• con ibridazione sp3: si formano 4 legami σ diretti a 109,28° uno dall'altro.

Ibridazione sp3 - singolo legame

Per esempio, l’atomo di carbonio nella formazione del metano (CH4): la sua configurazione elettronica è

1s2 2s2 2p2, mente la configurazione elettronica esterna (C.E.Ex.) è s2p

2.

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L’orbitale s è occupato da due elettroni e non potrebbe, perciò, formare legami covalenti con altri atomi; per

giustificare la formazione dei 4 legami con altrettanti atomi di idrogeno si può ipotizzare che uno dei 2 elettroni

dell’orbitale 2s, assorbendo energia (ossia “eccitandosi”), sia “traslocato” nell’orbitale 2p rimasto vuoto, realizzando

una condizione in cui 4 elettroni “spaiati” occupano parzialmente 4 diversi orbitali e possono formare così 4 legami

covalenti con l’elettrone “spaiato” presente nell’orbitale s degli atomi di idrogeno. Tuttavia, questo modello non è in

grado di spiegare perché i 4 legami tra il carbonio e l’idrogeno nella molecola di metano sono uguali, come si può

rilevare sperimentalmente. Dobbiamo, perciò, ipotizzare che, oltre al “salto” di un elettrone da un orbitale s a uno p,

si verifichi anche una ibridazione, ossia un riarrangiamento o mescolamento tra 1 orbitale s e i 3 orbitali p, che porta

alla formazione di 4 nuovi orbitali ibridi, detti sp3, tutti uguali tra loro, aventi una forma intermedia tra l’orbitale s e gli

orbitali p.

Legandosi agli orbitali s degli atomi di idrogeno, questi orbitali ibridi formano 4 legami sigma (σ) con angoli di

legame di 109,5°, che determinano la forma tetraedrica di questa molecola.

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Questa operazione matematica prende il nome di ibridazione. I nuovi 4 orbitali ibridi, chiamati sp3, hanno per 1/4 le

caratteristiche dell'orbitale s di partenza e per 3/4 le caratteristiche degli orbitali 2p. Il 3, esponente di p, indica il

numero di orbitali p che partecipano alla formazione dell'ibrido. I 4 orbitali ibridi sp3 sono identici e hanno la

seguente forma:

Il lobo di dimensione maggiore è quello che viene utilizzato nei legami. Talvolta, per questioni di praticità, non si rappresenta il lobo di dimensione minore. I quattro orbitali ibridi sp3 puntano verso i vertici di un tetraedro, disponendosi a 109,5° l’uno dall’altro:

Nella formazione della molecola del metano, si ha una sovrapposizione tra i 4 orbitali ibridi sp3 e 4 orbitali 1s appartenenti a 4 atomi di idrogeno diversi:

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Ibridazione sp2 - doppio legame

Oltre all'ibridazione sp3 esistono anche altre ibridazioni. Dal mescolamento di un orbitale s con due orbitali di tipo p

si ottengono 3 orbitali ibridi detti orbitali sp2 che si dispongono su di un piano formando angoli di 120° l'uno dall'altro

(geometria trigonale planare), come si verifica nella molecola di trifluoruro di boro (BF3).

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L'orbitale p non coinvolto nell'ibridazione si dispone perpendicolarmente al piano formato dai tre orbitali ibridi sp2.

Anche l’atomo di carbonio può formare ibridi sp2, nei quali l’orbitale s insieme a 2 dei 3 orbitali p forma 3 orbitali ibridi

equivalenti, che si dispongono su un piano, con angoli di 120° l’uno dall’altro (geometria planare a triangolo equilatero) mentre il terzo orbitale 2p non partecipa all’ibridazione e rimane su un piano perpendicolare agli orbitali ibridi. Presentano ibridazione sp2 gli atomi di carbonio uniti da un legame covalente doppio (>C=C<), come ad esempio nella molecola dell’etene (o etilene) H2C=CH2. Il doppio legame C=C si realizza in seguito alla sovrapposizione frontale tra due orbitali ibridi sp2 e alla sovrapposizione laterale tra i 2 orbitali p non coinvolti nell'ibridazione.

Ibridazione sp - triplo legame

La combinazione di un orbitale di tipo s e uno di tipo p dà origine a 2 orbitali ibridi sp. Ogni orbitale ibrido sp ha il 50% di carattere s e il 50% di carattere p.

I due orbitali ibridi sp (nei quali per questioni di praticità, si omette di rappresentare il lobo di dimensione minore) si dispongono a 180° l’uno rispetto all’altro (geometria lineare).

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Gli orbitali p non coinvolti nell'ibridazione sono disposti perpendicolarmente tra loro e sono perpendicolari ai due orbitali ibridi sp:

Presentano ibridazione sp gli atomi di carbonio uniti da un legame covalente triplo (alchini) (-C≡C-), come ad esempio nella molecola dell’etino HC≡CH. Il triplo legame -C≡C- si realizza in seguito alla sovrapposizione frontale tra due orbitali ibridi sp e alla sovrapposizione laterale tra le due coppie di orbitali p non coinvolti nell'ibridazione.

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