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    IL LAVORO NELLA SOCIOLOGIA -

    MICHELE LA ROSA

    INTRODUZIONE

    La conoscenza delle scienze sociali viene effettuata attraverso alcune DICOTOMIE, quindi un

    rapporto tra:

    Il sistema sociale si articola in tre grandi sottosistemi: ECONOMICO, POLITICO-

     AMMINISTRATIVO e SOCIO- CULTURALE- da questi 3 sottosistemi si delineano le 3 fasi

    della disciplina sociolavorista:

    1. PRIMA FASE centralità del sottosistema economico e coincide con la prima

    industrializzazione capitalista. (Taylor). Il mercato legittima la società.

    2. SECONDA FASE dopo la crisi del 29 cade l’illusione del mercato autoregolato e

    autoregolatore quindi si inserisce l’intervento statale (Human Relations)3. TERZA FASE evoluzione della disciplina. In questa fase la cultura è molto

    importante per lo sviluppo del post fordismo

    Micro/ specifcità

    Disciplina

    specialistica:

    Macro/totalità

    Disciplina

    generale :

    Prassi

    Importanza dell’elaborazione

    concettuale derivata dalla

    conoscenza che è derivata

    dall’esperienza empirica.

    Teoria

    Importanza

    dell’elaborazione

    concettuale, conoscenza

    della realtà e sua

    interpretazione, più che

    Interdisciplinarietà

    Mentre sarebbe meglio che

    l’oggetto di studio fossero

    anche altre discipline come

    Disciplinarietà

    a sociologia del lavoro

    studia il lavoro dal punto di

    vista di una sola disciplina

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    La sociologia del lavoro è divisa in due filoni di ricerca ben distinti. Caratteristiche e

    divergenze:

    • INDUSTRIAL SOCIOLOGY USA 1900. Nata in seguito ad esigenze di

    riorganizzazione capitalistica a causa di una maggiore richiesta di razionalizzazionedel lavoro. Ha comeoggetto il lavoro collocato nella grande industria e la struttura

    della fabbrica poiché la disciplina e risolve problemi interni di tipo organizzativo. Il

    metodo è micro perché ha l’obiettivo di risolvere i singoli problemi organizzativi della

    fabbrica, quindi ha per oggetto la “fabbrica concreta”. Il metodo è anche pragmatico ed

    empirico - quantitativo. Da questa parte nasce l’ Organizzazione Scientifica del Lavoro.

    Taylor e la one best way: scienza oggettiva, sviluppo infinito e concezione negativa ed

    economicistica dell’uomo.

    SOCIOLOGIE DU TRAVAIL UE (Francia) 1950. Nata in seguito alle esigenze diriconsiderazione delle scelte della prima. Ha comeoggetto il lavoro in generale anche

    se riconosce che l’oggetto di studio principale doveva essere il lavoro all’interno della

    fabbrica. Il metodo è teorico qualitativo e riguarda aspetti macro (es. mercato del

    lavoro, ruolo della tecnologia, disoccupazione e sue cause non economiche) che non

    riguardano problemi interni alla fabbrica ma problemi che riguardano l’intero sistema

    sociale produttivo. Per Naville e Friedmann la sociologia del lavoro studia le collettività

    con un minimo di stabilità che si costituiscono in occasione del lavoro. Da questa parte

    invece nasce la disciplina socio lavorista con Naville e Friedmann: la tecnologia èneutrale e positiva e il lavoro viene rivalutato.

    La realtà sociale e soprattutto quella lavorativa sono in rapido mutamento e soggetta a 2

    diversi tipi di TRASFORMAZIONE.

    TRASFORMAZIONI OGGETTIVE che stanno attraversando l’intero sistema sociale e

    quindi anche il “micro” sistema aziendale e sono:

    • Finanziarizzazione dell’economia;

    • Globalizzazione;

    • Sviluppo del terziario;

    • Nuove tecnologie;

    • Differenziazione produttiva;

    • Ridefinizione della struttura aziendale;

    • Emergenza dei processi comunicativi;

    • Diffusione di lavori atipici;

    TRASFORMAZIONI SOGGETTIVE che stanno caratterizzando la cultura , l’orientamento,

    l’atteggiamento e le azioni dei soggetti:

    • Il lavoro cambia in qualità e quantità

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    • Cambia forma e contenuto;

    • Muta il senso del lavoro dipendente che ricerca sempre maggiore autonomia;

    • Muta il significato attribuito al lavoro

    • Muta il rapporto vita-lavoro

    Da questo ne conseguono una ricerca di percorsi personali nel lavoro , gusto dell’iniziativa,

    circolarità nel modo di cadenzare il lavoro e acquisita significatività del tempo di non-lavoro.

    3.L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO:

    TAYLOR E FORD

    Il Taylorismo nasce intorno agli anni '900 e conseguentemente a questo filone di pensiero

    nasce la concezione scientifica dell'organizzazione del lavoro (OSL). Per OSL si intende che

    l'obiettivo dell'impresa è raggiungere la massima efficienza, che comporta il raggiungimento

    del massimo profitto e in fine del massimo benessere dei lavoratori. Primissimo fautore

    dell'organizzazione scientifica del lavoro fu Frederich Taylor.. La teoria di Taylor fu che il

    lavoro dovesse essere organizzato secondo i dettami della scienza, e che quindi dovesse

    rispettare calcoli, tempi e misure.Ciò che Taylor fa è sostanzialmente quello di trovare il modo

    migliore possibile far si che il tema della produttività possa essere un tema nella produzione di

    massimo sviluppo. Potremmo dire che Taylor sposa e condivide le tesi di Smith rispetto ai temi

    del lavoro e della produttività del lavoro. La produttività del lavoro è la linfa stessa della

    produzione di ricchezza: non ci può essere benessere sociale se non c'è la capacità di rendere

    l'impresa più efficiente. Per rendere l'impresa più efficiente però occorre avere tecnologia e

    lavoro e un giusto rapporto tra questi. Tutto il lavoro svolto da Taylor mira a migliorare la

    tecnologia dell'impresa e dalla capacità produttiva svolta dal lavoro. Il taylorismo è il primo

    tentativo di inserire i lavoratori in un disegno organico – funzionale e sistematizzante. In

    primo luogo al centro abbiamo il tema della scientificità e dell’organizzazione scientifica del

    lavoro. Taylor sostiene che è possibile ricavare, attraverso un'analisi scientifica molto precisa e

    circostanziata, le modalità ottimali di organizzazione del lavoro: lui è convinto che la scienza,

    lo sviluppo del sapere scientifico, metta a disposizione la possibilità di osservare, prima, e di

    ricavare, poi, quelle che sono le modalità migliori di esercizio del lavoro in un'impresa. Il

    taylorismo dice che si può applicare la scienza positiva, cioè quella scienza che mira alla

    scoperta di verità oggettive, anche nell'ambiente di lavoro, e che quindi occorra indirizzare

    quel metodo di organizzare del lavoro e della produzione basato su prove di efficientismo. In

    secondo luogo secondo Taylor, il modo migliore per aumentare la produttività del lavoro è

    quello di segmentarlo, di parcellizzarlo, cioè di ridurlo all'interno di un'azione produttiva molto

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    breve nel tempo, molto semplice e infine collegata con le altre. Si parcellizza il lavoro perchè in

    questo modo esso diventa più efficiente (quindi la produttività del lavoro aumenta). Tutto

    questo però non avrebbe portato a tensioni sociali perché per Taylor il suo modello avrebbe

    portato ricchezza, cioè i lavoratori si sarebbero convinti che in effetti con questo modo ognuno

    guadagnava di più, sia l'impresa che la forza-lavoro. La collaborazione tra impresa e lavoro,

    quindi tra capitalisti e manovalanza, sarebbe stata automatica perchè istruita dalla ricchezza

    prodotta. Tutti, capitalisti e lavoratori, sarebbero stati portati a collaborare tra loro perchè la

    ricchezza prodotta da questa collaborazione sarebbe stata talmente grande da soddisfare tutti,

    ed ad aumentare così il benessere collettivo. Tutto questo non succederà, anche se l'intuizione

    che fu primariamente di Taylor, fu messa effettivamente all'opera da un altro grande

    imprenditore: Henry Ford.

    Il modello Incentive and Initiative management era la modalità lavorativa precedente quellataylorista per cui era necessario dare ai lavoratori premi di produzione in qualità di incentivi

    tali da spingerli a migliorare il loro operato, quindi:

    - Gestione della produzione basato sul sistema della spinta (drive system);

    - Mancanza di sistemi rigorosi di controllo tecnico ed economico;

    - Mancanza di metodi affidabili di reclutamento;

    - Impero dei capi reparto e dei contrattisti.

    Secondo Taylor questo era un metodo assolutamente inadatto a quello che era il potenziale sia

    tecnologico che di produzione finale di un'impresa: questo non permetteva affatto di sfruttare

    la potenza del lavoro fino in fondo ma creava confusione nell'impresa, conflitto tra i lavoratori

    etc. Era un sistema che rischiava di dissiparsi, anche perché i lavoratori entravano in

    competizione.

    L’organizzazione scientifica del lavoro viene formulata agli inizi del 900 e tenta di

    sistematizzare “scientificamente” l’organizzazione aziendale in un disegno organico,

    funzionale e sistematizzante. Ma questa nuova teoria poté funzionare per i diversi fattori che

    alla fine dell’800 premevano sull’economia americana e sul sistema mondiale della produzione

    di massa:

    - Gigantismo industriale;

    - Nuove tecnologie produttive;

    - Offerta di lavoro dequalificata ed immigrazione;

    - Prospettiva di un mercato illimitato.

    L’obiettivo di Taylor era la massima efficienza dell’impresa che avrebbe comportato

    massimizzazione dei profitti e infine massimo benessere dei lavoratori. Per benessere deilavoratori si intende benessere collettivo aziendale, non soggettivo e quindi riferito al

    benessere individuale, ma un benessere funzionale all'azienda.

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    I fondamenti di questo orientamento sono di 2 tipi:

    1.IMPLICITI (che spiegano la vera ideologia del taylorismo) hanno una concezione di

    scienza come “oggettiva”(la scienza riesce a produrre un sapere positivo), una visione

    economicistica e negativa dell’uomo(come l’homo oeconomicus che non ha interesse adinstaurare legami sociali, a preoccuparsi del prossimo, ma ha solo in mente di

    raggiungere un obiettivo di arricchimento personale ) e uno sviluppo economico

    illimitato fondato sul libero mercato;

    2. ESPLICITI (esigenza di un’organizzazione scientifica del lavoro oggettiva e senza

    alternative “one best way”: uomo giusto al posto giusto. La one best way significa che c'è

    la possibilità di ricavare il miglior modo oggettivamente possibile per organizzare il

    lavoro dentro l'impresa. Il metodo è ovviamente applicabile a tutte le imprese, a

    prescindere dal settore produttivo, dalla grandezza, dalla collocazione territorialepoiché la scienza ci permette di superare questi aspetti; dal punto di vista del metodo

    non c'è un limite all'applicazione dell'organizzazione scientifica del lavoro: è chiaro

    però che se ci sono degli elementi di questa ingegneria organizzativa che sono

    rinvenibili in ogni applicazione, ci saranno anche delle differenze che dipenderanno da

    come la one best way viene poi effettivamente applicata.) cordiale collaborazione tra

    lavoratori e dirigenti , avversione per il sindacato . organizzazione aziendale

    gerarchico- funzionale cioè organizzazione verticale dei rapporti cioè da livello inferiore

    a superiore e semplificazione del processo produttivo.

    Il nuovo metodo produttivo era iltask management che prevedeva una:

    - Decomposizione di ogni mansione di lavoro umana e nella sua ricostruzione in base a

    principi esterni;

    - Divisione del lavoro manuale da quello intellettuale;

    - Standardizzazione del lavoro e perdita della conoscenza da parte del lavoratore;

    - Produzione standard rivolta al consumo di massa;

    Da questo metodo ne derivava uno studio scientifico dei metodi di lavoro che comportava :

    misurazione dei tempi, analisi della posizione fisica, eliminazione dei movimenti inutili e

    ricostruzione delle sequenze ottimali dei movimenti necessari. Il modo migliore per aumentare

    la produttività del lavoro è quello di segmentarlo, di parcellizzarlo, cioè di ridurlo all'interno di

    un'azione produttiva molto breve nel tempo, molto semplice e infine collegata con le altre.

    Tutta la riflessione di Taylor è concentrata sulla produttività, e non gli interessa

    problematizzare il rapporto tra lavoro e società e tra lavoro e individuo: gli interessa solo nel

    momento in cui questa problematica gli può tornare utile se contribuisce all'aumento della

    produttività. In questo senso, siamo in una concezione pragmatica della disciplina: Taylor

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    voleva che il tema dell'organizzazione scientifica del lavoro venisse applicato in tutte le

    imprese della società industriale.

    CONSEGUENZE DEL TAYLORISMO:

    1.Dequalificazione degli operai idi mestiere;

    2.Parziale qualificazione della manovalanza semplice;

    3.Sistema di paghe differenziate e personalizzate.

     CRITICHE:

    1. Sfruttamento degli operai. Secondo la critica marxista è un espressione del

    capitalismo monopolistico

     Marx e le critiche al macchinismo industriale , illavoratore si vedeva espropriato delle sue abilità e conoscenze , parla del concetto di

    alienazione. Mentre secondo la critica umanistica è presente la perdita del significato

    del lavoro.

    2.Impossibilità di determinare la condotta umana

    3.Mancata attenzione agli aspetti psicologici. Al lavoratore non si chiedeva di esprimere

    la sua qualità, gli si chiedeva semplicemente la sua disponibilità nel senso più bieco del

    termine (disposizione in un ingranaggio: è il tema dell'alienazione se volete). Non è più

    l'uomo ad agire la macchina ma è la macchina ad agire l'uomo.

    HENRY FORD E IL FORDISMO

    Nel 1909 nasce il modello T della Ford soprannominato Lizzie e nel 1913 introduce la catena di

    montaggio. Le caratteristiche del fordismo sono la catena di montaggio, la grande impresa , la

    produzione di massa, l’organizzazione scientifica del lavoro e contratto a tempo pieno ed

    indeterminato. Per Ford una buona paga garantiva pace sociale, benessere generale e

    attaccamento dell’operaio al lavoro.

    Grazie a quel salario aumentato, il lavoratore diventava ancheconsumatore. Fino a quel

    momento il lavoratore lavorava per sopravvivere, per comprarsi i beni di sussistenza e basta.

    Perchè il salario era uguale al valore dei mezzi di sussistenza. Il fordismo capisce che dentro il

    sistema capitalistico invece, il capitalista può trarre un vantaggio enorme dal fatto che quella

    forza lavoro lì potrebbe avere non solo un consumo di sussistenza ma anche di vita (ad esempio

    comprando le stesse automobili che i lavoratori producono nelle catene di montaggio). E

    dunque voi capite che il livello di produzione e di ricchezza si eleva enormemente: se prima le

    automobili erano un mezzo per pochi, perchè il salario era corrisposto al valore dei mezzi di

    sussistenza, ora invece non lo è più perchè la possono comprare tutti in virtù dell'aumento di

    salario corrisposto nel fordismo, poiché questo ora non è più soltanto uguale ai mezzi di

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    sussistenza ma è uguale ai mezzi di sussistenza e al consumo di vita, quindi anche al consumo

    di automobili. Grazie all'aumento dei salari si crea un mercato nuovo, e straordinariamente

    ampio. Quindi si istruisce un rapporto vizioso dal punto di vista economico tra progressivo

    aumento del salario e la possibilità di accedere, grazie ad esso, al mercato. Il capitalismo viene

    spinto enormemente in avanti da questo meccanismo che darà un forte impulso alla crescita

    del modello capitalista, che configurerà la società basta sul sistema fordista. Su questo

    meccanismo si baserà il fordismo: verrà dunque attenuato il compromesso capitale lavoro, dove

    il lavoratore accetta di essere avvilito dentro questo meccanismo ma in cambio però vuole un

    salario stabile e sicuro, e la possibilità di accedere a dei beni ai quali prima non si aveva

    accesso.

    ESTRATTO 1- F.W.Taylor – L’ organizzazione scientifica del lavoro (OSL)

    L’obiettivo della direzione era la massima prosperità del padrone e quella dei lavoratori per cui

    elevare e sviluppare i lavoratori al massimo livello di efficienza facendo anche fruttare al

    massimo il capitale investito. Ma questo è possibile solo con la minima spesa di sforzo umano /

    risorse della natura, costi dei macchinari , salari. Ognuno produce al massimo delle sue

    possibilità quando la quantità di lavoro e il capitale richiesto è minima . il sistema migliore è

    il task management(o organizzazione per compiti) per cui ogni lavoratore deve avere un

    compito ben definito da compiersi (in un determinato lasso di tempo) e per adempiere al suo

    scopo gli viene fornita ogni possibile conoscenza agevolazione e aiuto. il lavoratore non ha

    iniziativa. Le 3 ragioni che militano a favore sono:

    - Il materiale umani va ben selezionato e sviluppato

    - I compiti scelti sono quelli che rendono di più

    - Nessuna discussione con i datori di lavoro.

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    4. LE RELAZIONI UMANE

    Con la crisi del ‘29 cade la fiducia nel mercato autoregolato ed autoregolatore e nello sviluppo

    senza pause. Si passa così alla seconda fase nella quale il sottosistema politico-amministrativo

    diventerà soggetto attivo, re distributore e riequilibratore rispetto alle disuguaglianze /

    differenze che il mercato aveva contribuito sempre più a disegnare. Esempio principale di

    questa fase è il New Deal di Roosevelt che riconsidera i sottosistemi politico-amministartivo e

    socio-culturale quindi l’azienda non è un sistema isolato. In questo contesto vediamo l’entrate

    in scena delle Human Relations altro non è che un aggiornamento dell’OSL e rappresenta un

    movimento dell’azienda verso la società. Il modo in cui la sensibilità l'emotività, il morale, il

    clima, che si venivano a creare dentro il reparto influiva sul lavoro stesso. Questo fu molto

    importante perchè introdusse forse la vera novità rispetto al taylorismo, quella che

    effettivamente porta molto spesso ad identificare quella che è la scuola delle relazioni umane

    come elemento di discontinuità del taylorismo, cioè il fatto che il cosiddetto homo oeconomicus,

    che era posto da Taylor come un presupposto implicito alla sua teoria, che l'uomo possa essere

    sostanzialmente accontentarsi di un incentivo economico, e quindi anche disciplinabile, perchè

    il lavoro dipendeva prevalentemente dall'incentivo economico che veniva promesso e dalla

    disciplina che veniva organizzata dentro il posto di lavoro; questi erano gli unici elementi

    significativi e che quindi occorreva intervenire prevalentemente su questi aspetti, nel dettaglio

    dell'esercizio del lavoro, dettaglio più o meno standardizzato, o almeno personalizzato a

    seconda della qualità fisica della risorsa produttiva della forza lavoro e quegli altri elementi

    emotivi fossero totalmente insignificanti: la scuola delle relazioni umane invece viene a

    scoprire quello che è il tema delle relazioni umane dentro la fabbrica, e mostra come siano

    effettivamente intervenienti all'interno dei processi di produzione del valore. E questo è

    veramente il tema chiave di questa scuola, per far funzionare bene una fabbrica occorre tenere

    presente quelle che sono le relazioni tra i soggetti che abitano nello spazio produttivo, ma

    questa volta in continuità con la logica tayloristica, infatti ciò che conta di più, e ciò che è più

    proprio a questa scuola, è il fatto che questa analisi possa aumentare il rendimento del lavoro

    (non che possa aumentare il benessere del lavoratore, che di questo effettivamente non fregava

    niente a nessuno). Ciò che importava ai teorici della scuola delle relazioni umane era

    comprendere che agendo su quelle che sono le dimensioni emotive dei lavoratori, su quelle che

    sono le relazioni tra i lavoratori, su quelli che sono gli aspetti umani del lavoro, si poteva

    aumentare l'efficienza del lavoro.

    Questo movimento si fa risalire ai famosi esperimenti a Hawthorne vicino a Chicago nel 1924

    nella Western Eletric Company da parte di alcuni ingegneri per approfondire quelle tecniche di

    organizzazione del lavoro che permettono di migliorare il rendimento stesso del lavoro. Il loroesperimento riguardò gli effetti dell’illuminazione sul rendimento della manodopera. La

    finalità era quella di verificare l’incidenza delle condizioni ambientali sulla produzione.

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    pose una prima variabile cioè meno ore di lavoro e uno spuntino e una pausa a metà

    mattinata e la settimana lavorativa corta. Una cosa sorprendente di questa fase fu che

    più si abbassava l'orario di lavoro, cioè più il tempo di lavoro veniva dedicato alla

    produzione da parte di quelle operaie e maggiore era il rendimento. Venne introdotta la

    figura del sorvegliante. una figura legata all'impresa che stava sul posto di lavoro di

    queste cinque operaie, e osservarle, a prendere appunti, ad ascoltare ciò che le operai

    dicevano; quindi oltre a fare un'osservazione attenta di ciò che accadeva (registrando

    tempi), ascoltava ed raccoglieva anche le proposte delle operaie. Questo esperimento

    durò 5 anni. L’obiettivo era lo studio dei fattori informali/formali che favoriscono il

    rendimento dell’operaio. Dai risultati ottenuti si vide che erano 2 i fattori determinanti

    l’aumento della produzione:incentivo economico del gruppo e lima favorevole creato

    dalla maggior integrazione tra operaie e supervisore. le operai potevano

    colloquiare con il sorvegliante, si sentivano prese in considerazione e non più

    unicamente degli ingranaggi di quella macchina produttiva; si sentivano osservate e

    dunque venivano coinvolte direttamente dall’impresa. L’aspetto umano venivano in un

    certo qual modo considerato, facendo sentire la forza lavoro meno avvilita inducendola

    così a dare di più e lavorare meglio.

    2.MICA SPLITTING ROOM (1928) l’obiettivo era quello di misurare l’effetto del

    sistema di pagamento ad incentivi di tipo individuale e dei rapporti cordiali. Le

    condizioni erano le stesse della TEST ROOM ma l’esperimento venne sospeso per la

    crisi del 1929. I risultati furono comunque i seguenti: si scoprì che l’aumento del

    rendimento dipende soprattutto dall’instaurarsi di una supervisione amichevole e

    quindi da migliorate condizioni umane nel gruppo di lavoro; anche per le pause di

    riposo e l’incentivo economico ha un effetto modesto. E’ LA COLLABORAZIONE CHE

    FA AUMENTARE LA PRODUTTIVITA’.

    3.INTERVISTE (1928) l’obiettivo era quello di validare i risultati già emersi e

    individuare i motivi di lamentela/soddisfazione dei dipendenti. Vennero effettuate circ

    21000 interviste su 40000 dipendenti e furono colloqui di circa mezz’ora dove i

    dipendenti potevano sfogare ansie e frustrazioni.4.BANK WIRING OBSERVATION ROOM l’obiettivo era quello di verificare la

    relazione tra le dinamiche informali di un gruppi di lavoro e l’andamento produttivo,

    inoltre individuare le cause del rallentamento della produzione. L’esperimento

    comprese 14 operai addetti al montaggio dei quadri telefonici in una sala di

    osservazione. Si scoprì così che il gruppo era regolato da una serie di norme informali.

    Più precisamente:

     –il livello di produzione è determinato da norme sociali;

    -I soggetti posti in un gruppo di lavoro vanno considerati come un sistema sociale

    dotato di norme;

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    -Il gruppo attiva meccanismi di autodifesa contro pressioni esterne miranti a eliminare

    i benefici acquisiti.

    RISULTATI COMPLESSIVI

    1.Ilfattore umano  . Il modo in cui la sensibilità l'emotività, il morale, il clima, che si

    venivano a creare dentro il reparto influiva sul lavoro stesso. Questo fu molto

    importante perchè introdusse forse la vera novità rispetto al taylorismo, quella che

    effettivamente porta molto spesso ad identificare quella che è la scuola delle relazioni

    umane come elemento di discontinuità del taylorismo, cioè il fatto che il cosiddetto

    homo oeconomicus, che era posto da Taylor come un presupposto implicito alla sua

    teoria, che l'uomo possa essere sostanzialmente accontentarsi di un incentivo

    economico, e quindi anche disciplinabile, perchè il lavoro dipendeva prevalentemente

    dall'incentivo economico che veniva promesso e dalla disciplina che veniva organizzata

    dentro il posto di lavoro; questi erano gli unici elementi significativi e che quindi

    occorreva intervenire prevalentemente su questi aspetti, nel dettaglio dell'esercizio del

    lavoro, dettaglio più o meno standardizzato, o almeno personalizzato a seconda della

    qualità fisica della risorsa produttiva della forza lavoro e quegli altri elementi emotivi

    fossero totalmente insignificanti: la scuola delle relazioni umane invece viene a scoprire

    quello che è il tema delle relazioni umane dentro la fabbrica, e mostra come siano

    effettivamente intervenienti all'interno dei processi di produzione del valore. E questo è

    veramente il tema chiave di questa scuola, per far funzionare bene una fabbrica occorre

    tenere presente quelle che sono le relazioni tra i soggetti che abitano nello spazio

    produttivo, ma questa volta in continuità con la logica tayloristica, infatti ciò che conta

    di più, e ciò che è più proprio a questa scuola, è il fatto che questa analisi possa

    aumentare il rendimento del lavoro (non che possa aumentare il benessere del

    lavoratore, che di questo effettivamente non fregava niente a nessuno). Ciò che

    importava ai teorici della scuola delle relazioni umane era comprendere che agendo su

    quelle che sono le dimensioni emotive dei lavoratori, su quelle che sono le relazioni tra i

    lavoratori, su quelli che sono gli aspetti umani del lavoro, si poteva aumentare

    l'efficienza del lavoro.

    2.Maggiore attenzione dell’azienda ai fattori informali non istituzionalizzati ma fonte di

    conflitto (clima lavorativo,psicologi aziendali) Mayo arrivò alle conclusioni che per

    rendere una fabbrica efficiente occorre sviluppare un'attenzione forte e anche

    scientificamente motivata su quelli che sono gli aspetti informali dell'impresa, quindi

    agire per ristrutturarli perchè Mayo aveva tanto quanto Taylor allergia rispetto alle

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    organizzazioni dei lavoratori: i lavoratori non dovevano auto organizzarsi, i lavoratori

    dovevano cooperare con l'impresa, dovevano essere messi in condizione di poterlo fare.

    3.Chi protesta è un disadattato.

    INSEGNAMENTI DELLE H R:

    1.Scoperta dell’importanza del piccolo gruppo

    2.Impulso ad altre indagini empiriche

    3.Interesse per la vita non lavorista.

    PRINCIPI ESPLICITI DELLE HR

    Riferiti all’uomo l’uomo ha una natura sociale e relazionale; i bisogni umani hanno al primo

    posto il bisogno; rilevanza delle motivazioni nell’agire e nel lavoro.

     Riferiti all’azienda l’azienda è un sistema articolato e complesso con ulteriori sottosistemi;

    ricerca di maggiore flessibilità nella gestione aziendale.

    Per Mayo il lavoro di un operaio dipende dalle sue capacità sociale cioè stare in un gruppo.

    CRITICHE ALLE HUMAN RELATIONS

    1.Sottovalutazione del ruolo del sindacato;2.Ingenua ide di un’armonia fra le classi e mancata attenzione alle relazioni di potere e ai

    conflitti sociali;

    3.Pregiudizio manageriale di fondo;

    4.Sottovalutazione delle motivazioni economiche a favore di quelle psicologiche;

    5.Effetto manipolatorio: si presentano come oggettive e neutrali ma hanno una chiara

    funzione antisindacale e seguono gli interessi delle a sola dirigenza;

    6.Ideologia anacronistica e conservatrice : non riconosce la validità della politica e della

    funzione dello stato;

    7.Non scientificità degli esperimenti: scorrettezze di metodo ed interpretazione dei dati;

    8.Sottovalutazione dell’’elemento partecipativo

    9.Aggiornamento dell’OSL perché: l’obiettivo è sempre la massima efficienza, prevale una

    gestione paternalistica della manodopera e i principi espliciti delle HR sostituiscono

    quelli impliciti dell’OSL permettendo la sopravvivenza del taylorismo.

    ESTRATTO 2- Elton Mayo – le implicazioni del fattore umano

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    Necessità nell’industria di uno sviluppo delle tecniche di intervista per sfruttare / prevenire

    certe situazioni emotive. Quindi l’indagine dall’inizio incontrò 2 ostacoli:

    1.La direzione voleva conoscere i fatti relativi ai rapporti tra le persone in relazione

    all’organizzazione e la sorveglianza del lavoro. Quando questi vennero scoperti

    assomigliavano più a dei pregiudizi;

    2.Collegati alla prima.

    Mayo condivide l’opinione di Piaget per cui intervistatore deve cercare di indurre a far parlare

    liberamente l’intervistato. E si capì che la principale difficoltà era costituita dal fattore umano.

    ESTRATTO 3 – Blumberg – le lezioni dimenticate degli esperimenti di Mayo

    Blumberg vuole reinterpretare gli studi di Mayo in particolare soffermarsi sul primo

    esperimento fatto alla Hawthorne con lo studio della Relay Assembly Test Room. Molti autori

    sostengono che l’importanza di questo esperimento è collegabile al fatto che si sviluppino

    rapporti informali interpersonali che possono o assecondare l’organizzazione nella

    realizzazione dei suoi fini o sovvertirli. Secondo Blumberg l’unica spiegazione degli aumenti

    della produttività e nel morale dell’operaio va ricercata nel ruolo di primo piano che le operaie

    della test room svolgevano nella determinazione delle condizioni di lavoro. Fu per Blumberg

    introdotta una buona dose di partecipazione operaia : vera causa dell’aumento della

    produttività. Secondo lui ciò che effettivamente fu importante di quelle ricerche non fu tanto

    l'effetto Outorn, ma l'effetto partecipativo. Per partecipazione si intende, quanto e come la

    forza lavoro deve partecipare alla progettazione dell'ambiente lavorativo ed in certi casi

    avanzati quanto deve influire sulla strategia dell'impresa, fino a che punto può essere

    considerata una degli Stakeholders utili alla strategia d'impresa. Secondo Blumberg il merito

    dei cambiamenti nel lavoro fu dato non dai “cambiamenti fisici in sé stessi, ma piuttosto il

    modo in cui furono introdotti”: il metodo partecipativo. Inoltre si può aggiungere che, appunto,

    il punto significativo di questi esperimenti era l'introduzione di una dose di partecipazione,intesa come la possibilità da parte delle operaie di accedere al processo di decisione, e non

    dunque i cambiamenti fisici e tecnici e il conseguente sviluppo di una serie di rapporti

    informali interpersonali. Il risultato principale di questi esperimenti è la partecipazione delle

    operaie al processo di decisione.

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    ESTRATTO 4 – C.W.Mills – relazioni umane e nuova praticità illiberale

    Mills afferma che la sociologia ha perso la sua spinta riformatrice poiché la sociologia

    industriale è tutt'altro che una sociologia critica: in realtà è una sociologia che si pone al

    servizio del potere.

    Non si parla di un Mayo attento ai bisogni dei lavoratori e molto caritatevole nei confronti di

    essi, ma in realtà non è che fosse quello l'interesse della scuola delle relazioni umane, ma

    bensì all'aumento dell'efficienza del lavoro. Si mostra quest'interesse di Mayo verso non tanto

    il benessere del lavoratore ma l'interesse verso la possibilità di aumentare l'efficienza del

    lavoro, la chiamerà la “praticità illiberale” della scuola delle relazioni umane. Elton Mayo era

    animato da un'ideologia, cioè che la società industriale fosse una società problematica, fosse

    una società Durkehmianamente anomica, capace cioè di produrre norme cogenti come le

    società pre - industriali, ma nonostante questo ne accoglieva fino in fondo le novità e le

    potenzialità produttive, perciò egli non era un anti – industrialista, ma anzi era come

    Durkheim, che non era un sociologo come Tonnies, cioè preoccupato dal farsi della società

    industriale e dal dissolversi della comunità o solidarietà comunitaria, egli infatti vedeva in

    quello sviluppo la possibilità del prodursi di diritti di individualità che erano naturalmente il

    bene massimo per un repubblicano ed un illuminista. Nello stesso modo Elton Mayo credeva

    nella possibilità della società industriale di favorire il benessere e di sviluppare una società

    nuova con caratteristiche positive; ciò che però temeva era il fatto che se non si riusciva a

    produrre una giusta disciplina nella fabbrica, che era diventato il cuore pulsante della società

    industriale(la società industriale trovava nella fabbrica, secondo Elton Mayo, non solo il cuore

    produttivo ma il modello morale che occorreva estendere sull'intera società). La disciplina di

    fabbrica diveniva la disciplina della società industriale. Quindi Mayo aveva un po' un

    atteggiamento morale in senso durkheimiano, morale come collante dei rapporti sociali, solo

    che per produrre questo disciplina occorreva avere ben presente quelle che erano le devianze

    che si producevano dentro la fabbrica, e quindi comprenderle fino in fondo e dunque gestirle

    fino in fondo. Questa è un po' l'ideologia di Elton Mayo e non certo quella rivolta a modificare i

    processi di alienazione e di rendimento del lavoro.

    5.APPROCCIO SOCIO-TECNICO E RUOLO DEL

    TAVISTOCK INSTITUTE

    Il Tavistock Institute pur essendo di stampo anglosassone pone un ponte versa la sociologie du

    travail francese. E’ un continuo delle H R ma anche un’apertura verso la tecnologia dei

    francesi. Naville infatti pensa che la tecnologia liberi l’individuo dall’alienazione mentre gli

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    italiani dei quaderni rossi e asserisce l’uomo alla macchina.. il Tavistock Institute nasce a

    Londra nel 1921 come clinica psichiatrica quando iniziano ad aumentare le tecnologie. Le

    caratteristiche essenziali di questo approccio sono un ripensamento del ruolo della macchina e

    del posto dell’uomo. Schumacher enuncia 7 principi a cui questo approccio deve ispirarsi:

    1.L’unità di base nell’organizzazione deve essere il gruppo di piccole dimensioni i

    motivi per cui è un principio fondamentale sono : i gruppi di medie dimensioni creano

    dei leader informali e troppi leader informali fanno sorgere difficoltà; piccolo gruppo

    =condizioni migliori per lavorare; migliore capacità di coordinare il lavoro.

    2.Tutti i membri del gruppo devono essere remunerati sulla base dello stesso sistema

    retributivo e devono godere delle stesse condizioni di contratto bisogna rimuovere

    tutte le barriere che impediscono al gruppo di lavorare insieme;

    3.Vanno massimizzati gli accordi flessibili di lavoro tra i membri dello stesso gruppo. 

    Quando si entra in una fabbrica si scopre che il lavoro svolto dal lavoratore in realtà è il

    lavoro che loro devono svolgere perchè lo ha deciso la direzione. Se vogliamo ottenere i

    vantaggi che la flessibilità può dare, allora bisogna eliminare questa demarcazione

    netta con la direzione e lasciare che gli individui facciano anche lavori che non sono

    stati decisi dalla direzione. Eliminare tale demarcazione significa introdurre un

    sistema retributivo che incoraggi e non inibisca la flessibilità: riguarda quindi il modo

    di effettuare la promozione del lavoratore e delle sue capacità.

    4.Ciascun gruppo dovrebbe avere un leader formale ci deve essere infatti qualcuno che

    decide un’interpretazione comune e per risolvere questo problema ci sono 2 modi:

    -principio di unanimità e le condizioni ottime per averla sono numero di persone

    limitato, sufficiente tempo a disposizione e le alternative di scelte sono limitate. Se no

    l’altro è il principio di autorità quindi dopo varie diatribe uno assume una decisione.

    5.Ciascun gruppo dovrebbe essere responsabile attraverso il capo, della pianificazione del

    suo lavoro :principio di delega.

    6.Ciascun gruppo dovrebbe avere la possibilità di valutare i risultati del proprio operato e

    paragonarli con degli standard.

    7.Ciascun gruppo di lavoro dovrebbe eseguire una serie di attività indipendenti e

    significative che raggruppate insieme costituiscono un compito intero, qualcosa di

    intero e di completo.

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    6.LA SCUOLA FRANCESE E LA NASCITA DELLA

    SOCIOLOGIA DEL LAVORO EUROPEA

    La scuola francese segna la nascita del movimento socio- lavorista in Europa traitè de

    sociologie du travail curato da Friedmann e Naville. Questo movimento privilegia l’approccio

    “macro”, un forte legame interdisciplinare e copre anche lo studio delle collettività di lavoro

    non industriali del commercio , dell’amministrazione e dell’agricoltura. In questo manuale c'è

    un intento conoscitivo, un intento di considerare vari aspetti delle trasformazioni del lavoro

    dentro l'impresa, ma c'è anche un intento fondativo, cioè quello di segnare la nascita di una

    nuova disciplina che loro definiscono Sociologie du travail. Questo volume ha alcune

    caratteristiche ben precise: in primo luogo è un volume che esce a cura di questi due grandi

    personaggi che hanno anche il compito di creare una forza gravitazionale, la sociologia del

    lavoro francese è caratterizzata da un centro motore, che è appunto nel CNRS francese nel

    settore in cui agivano Friedmann e Naville, quindi ha una caratteristica accademica di quella

    che è soprattutto in Francia un'istituzione di grande prestigio accademico e che gode anche di

    grande prestigio internazionale nel campo della scienza.

    Una delle caratteristiche principali di questo volume è la sua natura interdisciplinare, cercare

    di riformare, cioè di preoccuparsi fortemente delle dinamiche interne ai siti industriali,

    dinamiche che avevano degli effetti di evidente avvilimento di quelle pratiche lavorative, ma

    nello stesso tempo non si poneva l'obiettivo di maturare, rovesciare, capovolgere ma abbiamo

    una rivalutazione del lavoro. Secondo loro questa rivalorizzazione del lavoro sarebbe statapossibile nel momento in cui la tecnologia fosse arrivata al suo massimo sviluppo, al suo acme.

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     Avevano l'intento di produrre dei cambiamenti ma non all'esterno della società industriale, ma

    all'interno di essa.

    Naville e Friedmann si concentrano su argomenti diversi:

    1.Il primo sulla tecnologia intorno alla cui oggettività, neutralità e positività planetaria.

    Era sua convinzione che il processo tecnologico ormai emergente a tutti i livelli

    rappresentasse un momento di palingenesi non solo della natura ma anche della

    società e dell’uomo. La tecnologia acquista così una valenza interamente e

    integralmente sociale e nel contempo va ad esprimere un’evoluzione autonomia. Per

    Naville la tecnologia è un grande strumento di sviluppo che modifica e altera i limiti

    della società nel senso emancipativo, cioè permette di aprire scenari di libertà perchè

    produce una potenza che permette l'uomo di liberarsi dai limiti che la natura gli

    impone; la tecnologia è quello strumento che gli permette di agire lo spazio del rapporto

    uomo natura, di smuoverlo. Tecnologia quindi un mezzo di sviluppo che ha

    caratteristiche di neutralità rispetto alle dinamiche sociali: dipende da chi e da come la

    usa. Secondo Naville Le finalità che possono essere perseguite tramite lo sviluppo

    tecnologico non dipendono dalla tecnologia, ma dipendono appunto dai corpi sociali che

    la utilizzano. Secondo Naville lo sviluppo tecnologico tecnologico ha una sua autonomia,

    la tecnologia è oggettiva e neutrale: può essere utilizzato in un modo diverso e dipende

    da chi e da come viene utilizzata, ma nella sua essenza non è lo strumento di una classe

    per asservimento di quell'altra. La tecnologia non è il frutto dello sviluppo di una

    società di classe, è il segno dello sviluppo umano generale, e quindi sarà molto

    importante determinarne l'uso che se ne fa e quindi arrivare a farne un uso

    emancipante. Bisogna dunque governare le potenzialità di questo mezzo a fini

    emancipativi e non a fini di sfruttamento: secondo Naville la tecnologia, e la tecnologia

    produttiva in particolare, possono essere usati per quella che lui chiama la palingenesi

    dell'umanità, cioè un raggiungimento di uno stato di libertà.

    2.E’ preoccupato del futuro del lavoro umano per il quale avanza la pressante richiesta di

    “rivalorizzazione sociale, morale ed intellettuale.Friedman scrive un saggio in cui

    prende atto che il modo di lavorare che la tecnologia determina sul lavoratore è tale per

    cui produce su di esso un forte avvilimento intellettuale sociale e morale: una

    svalorizzazione dell'umanità nelle sue componenti intellettuali, morali e sociali; e

    siccome ciò rappresenta un pericolo occorre intervenire in virtù delle nuove potenzialità

    tecnologiche, le quali sono in grado di rompere le schema concatenante della catena di

    montaggio, re immaginando il lavoro e re immaginandolo all'interno di uno schema di

    valorizzazione che comporti un accrescimento intellettuale per chi lo mette in pratica; e

    che, in un circolo virtuoso in virtù di questo arricchimento intellettuale prodotto dalla

    trasformazione, dalla uscita della catena di montaggio si possa produrre un clima

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    lavorativo nuovo fatto di solidarietà, di riconoscimento di cooperazione, di

    comunicazione e che quindi permette alla socialità del lavoro di diventare altra rispetto

    alla catena di montaggio e che quindi permetta all'umanità stessa che in quel lavoro e

    in quell'esperienza si formano di valorizzarsi anche da un punto di vista sociale oltre

    che intellettuale, unificando così la morale dei lavoratori con quella della società che

    accoglie queste grandi fabbriche di produzione. Lo sviluppo troppo rapido e accelerato

    non ha consentito di tenerne conto.” per Friedman il lavoro è un'esperienza umana

    fondamentale poiché sostanzialmente il lavoro determina quello spazio di esercizio e di

    governo del rapporto uomo natura e in quanto tale è uno spazio che agisce e retroagisce

    sulla società: il modo in cui si lavora produce il modo in cui la società si organizza. Il

    nesso tra il modo in cui si lavora e il modo in cui la società esprime sé stessa è un nesso

    strettissimo: il modo in cui l'uomo organizza il suo rapporto con la natura attraverso il

    lavoro retroagisce sul modo in cui quel lavoro viene riconosciuto ed organizzato

    socialmente.

    ESTRATTO 5- Georges Friedmann e Pierre Naville- prefazione al trattato di

    sociologia del lavoro (cap.6)

    L'oggetto non deve essere quello della sociologia industriale, ma loro dicono che sono lavoro

    tutte quelle esperienze produttive che comportano ad una minima stabilità, che si organizzano

    con una finalità precisa (quella della produzione, e che vedono impegnati persone diverse in

    cooperazione tra loro.

    La sociologia del lavoro affronta campi di studio sempre più numerosi e nello stesso tempo

    cerca di sviluppare metodi di ricerca e adattare i suoi strumenti a disposizione. questa opera è

    nata per presentare i più recenti problemi che sono stati trattati solo superficialmente o

    comunque ancora non sono stati affrontati. l'industrializzazione infatti non è un fenomeno

    tipico soltanto dell'Europa occidentale o dell' America del nord. è un processo che coinvolge

    tutti i paesi a prescindere dalle loro strutture economico-sociali. alle radici del "sottosviluppo"

    c'è un ritardo nel processo di industrializzazione. la sociologia del lavoro non presenta campi di

    studio con frontiere ben delimitate perché comunque essa copre ogni aspetto del lavoro e

    quindi la collettività. la varietà dei problemi è una conseguenza della varietà dei collaboratori:

    economisti, statistici, medici del lavoro, esperti in organizzazione ecc.

    l'intento è quello di offrire un'opera documentata, informata e chiara tale da evitare gli scogli

    della terminologia. questo trattato è principalmente su dati relativi alla Francia ma presenta

    anche aspetti del resto dell’Europa.

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    ESTRATTO 6- Georges Friedmann- l'oggetto della sociologia del lavoro

    Il lavoro è uno dei tratti specifici della specie umana perché comunque l'uomo è un animale

    sociale occupato dal lavoro. il lavoro è infatti un denominatore comune, la condizione di ogni

    vita umana in una società. per Colson l'attività lavorativa si distingue essenzialmente per i

    suoi fini, per il valore dei prodotti che esso crea. ("il lavoro è l'uso che fa l'uomo delle sue forze

    fisiche e morali per la produzione di beni e servizi").per Henri Bergson "il lavoro umano

    consiste nel creare un'utilità". il lavoro umano per alcuni economisti consiste nell'organizzare

    in un quadro sociale la lotta contro la natura ed è infatti in questo confronto che molti studiosi

    hanno cercato la definizione di lavoro.

    per Marx infatti il lavoro è essenzialmente la trasformazione operata dall'uomo, attraverso la

    tecnica sulla natura, la quale a sua volta reagisce sull'uomo, modificandolo. la trasformazione

    della natura è orientata verso un fine cioè la sua dominazione da parte dell'uomo. come dice

    marx infatti a proposito della trasformazione degli oggetti in prodotti: il processo si estingue

    nel prodotto

    ESTRATTO 7- Pierre Naville - il metodo nella sociologia del lavoro

    l'impiego di una combinazione di metodi.

    ESTRATTO 8- Georges Friedmann- per una triplice valorizzazione del lavoro

     (aggiungere)

    (cap 7) OLIVETTI

    LA SOCIOLOGIA ITALIANA “NON ACCADEMICA”:

    L’ESPERIENZA DEI “QUADERNI ROSSI” –CAPITOLO 8-

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    Introduciamo l'esperienza dei quaderni rossi per una duplice motivazione: ha un significato

    simbolico ancora oggi e perché il pensiero di colui che ne era il propulsore(Raniero Panzieri)

    ha utilizzato due elementi metodologici molto interessanti come l'uso della ricerca per fini

    politici e una considerazione della tecnologia opposta a quella di Naville fra il 1962 e il 1966

    escono 6 numeri dei quaderni rossi considerati dagli stessi redattori strumenti di lavoro a

    carattere monografico. l'elemento unificante è Raniero Panzieri. Il primo fascicolo è dedicato

    alle lotte operaie e sviluppo capitalistico, il secondo tema fabbrica e società , il terzo a Piano

    Capitalistico e classe operaia, il quarto a Produzione , consumi e lotta di classe il quinto

    intervento socialista nella lotta operaia. La costante era cogliere il nuovo che sta esprimendo la

    classe operaia e l’urgenza di recuperare un ritardo proprio delle elaborazioni della sinistra. Nel

    primo fascicolo Panzieri scrive sull’uso capitalistico delle macchine nel neo capitalismo e qui la

    tesi dello stesso è molto chiara: la tecnologia non può esprimere nessuna potenzialità

    liberatoria o trasformatrice in quanto totalmente sussunta nell’ambito della logica

    capitalistica. Inoltre sottolineava la consapevolezza che la società capitalistica si stava

    trasformando quindi stavano cambiando anche quelle categorie classiche a cui la sinistra

    faceva riferimento.

    ESTRATTO 9- Raniero Panzieri- Sull’uso capitalistico delle macchine nel

    neocapitalismo

    La cooperazione è una forma fondamentale per la produzione capitalistica. La cooperazione, il

    rapporto reciproco tra gli operai comincia nel processo lavorativo, ma nel processo lavorativo

    hanno già cessato di appartenere a se stessi. Entrandovi sono inglobati nel capitale. Quindi la

    forza produttiva sviluppata dall’operaio non è altro che la forza produttiva del capitale.

    Il processo produttivo capitalistico si sviluppa nei suoi vari stadi storici come processo di

    sviluppo della divisione del lavoro, e il luogo fondamentale di questo processo è la fabbrica. Lo

    sviluppo della tecnologia avviene all’interno di questo processo capitalistico. Questa tecnologia

    insieme al sistema capitalistico distrugge il vecchio sistema della divisione del lavoro e lo

    consolida come sfruttamento della forza-lavoro. La facilità del lavoro (specializzazione) diventa

    un mezzo di tortura perché la macchina non libera l’operaio dal lavoro ma toglie il contenuto al

    lavoro stesso. Nella nuova fabbrica l’automa è l’operaio stesso.

    Il processo di industrializzazione coincide con l’aumento di potere del capitalista, possibile

    attraverso le diverse fasi della razionalizzazione del lavoro.

    PROBLEMI E PROSPETTIVE DELLA SOCIOLOGIA DEL

    LAVORO ITALIANA OGGI- CAPITOLO 9

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    La nostra sociologia del lavoro risale alla prima metà degli anni 50e si posso definire 3 periodi

    della nostra scienza socio- lavorista :

    • Primo periodo con inizio intorno alla metà degli anni 50 e si conclude nel 68 che

    potremmo definire la sua istituzionalizzazione, legittimazione e consolidamento. Nascecon le analisi di studiosi come Ferrarotti, Bonazzi e altri. E’ il periodo caratterizzato da

    molti studi, pubblicazioni e ricerche;

    • Secondo periodo che coincide con l’esplosione trasgressiva che dal 68 arriva fino alla

    fine degli anni 70

    • Terzo periodo che è quello attuale caratterizzato da un dopo crisi profondo

     Nel nostro paese e quindi alla nostra disciplina socio- lavorista manca un nucleo scientifico

    unitario condizionante e forte e abbiamo riflessioni di maggior rilievo provenienti da fonte non

    accademiche. Una caratteristica tipica della disciplina socio- lavorista italiana è quella

    dell’interesse nell’approfondire la realtà aziendale e per quelli che erano i soggetti collettivi in

    essa operanti. Due sono i luoghi dove si produce quella cultura empirica – sociologica, in

    particolare, che permetteranno alla disciplina di avere anche in seguito un riconoscimento

    accademico, comunitario inteso come comunità scientifica. Questi due grandi rami dello

    sviluppo della disciplina in Italia, che sono quello dell'impresa, in particolare è estremamente

    importante l'esperienza Olivettiana dove Adriano Olivetti si fa promotore di un intensa

    riflessione sul rapporto tra l'impresa, il lavoro e la società; una riflessione fatta sia di elementi

    di riflessione tecnico – scientifica, ma soprattutto di riflessione sociologica e anche politica.

    Molti degli autori che oggi sono riconosciuti tra i più grandi della nostra disciplina provengono

    da questa esperienza: Olivetti diventò famoso perché dentro la sua fabbrica promosse lo

    sviluppo di un'impresa interpretata e pensata come una comunità, come un luogo in cui il

    lavoro non poteva essere sfruttato per produrre un profitto ma come un luogo all'intero del

    quale il rapporto tra capitale e lavoro doveva costruirsi all'interno di una reciproca

    collaborazione promozionale della vita e del sapere. Un concetto straordinariamente

    importante, le sedimentazioni oggettuali, dei prodotti tangibili di questa grande spinta

    riformatrice innovativa del modo fare di impresa con l'idea che porta con sé, ad esempio

    fondando una casa Editrice dentro quello spazio. La casa editrice che si chiama Comunità, che

    ha pubblicato molte delle opere scientifiche tra cui quelle di Durkheim. Non solo. A Pozzuoli c'è

    un' esperienze di lettura industriale: una fabbrica pensata per permettere all'operaio di

    crescere spiritualmente dentro quell'ambiente di lavoro. Quindi una grandissima biblioteca, la

    fabbrica è stata costruita dove vi era la villa di Cicerone che ha la vista sul mare (il motto è

    “non solo catena di montaggio”). In ogni caso è dentro l'impresa che si produce una riflessione

    sociologica intesa sul lavoro e sul rapporto del lavoro con la società, quindi non dentro

    un'accademia, dentro un'istituzione pubblica. Poi l'altro grande filone è quello che riguarda la

    riflessione para - sindacale, la riflessione dei gruppi che si occupano di gestire il conflitto e

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    l'antagonismo operaio: non fanno sociologia osservativa, ma fanno e sviluppano una riflessione

    di tipo antagonista dentro il capitalismo, contrariamente all'esperienza francese, si formano

    riflessioni aldilà della mera critica che proviene dalla conoscenza di alcuni fenomeni.

    L'esperienza dei quaderni rossi e l'operaismo, è un'esperienza che lega strettamente la attività

    politica a quella scientifica che fa dell'attività scientifica un momento di produzione non solo di

    conoscenza ma anche di conflitto sociale. La riflessione si sviluppa attorno ai ruoli dove le

    contraddizioni del capitalismo vengono al pettine, dove i nodi di queste contraddizioni

    emergono con maggiore forza. La grande forza dell'esperienza di analisi operaista, quindi il

    filone che non trova nessuna collocazione accademica ma che è il frutto di una esperienza

    sociale e di militanza, e anche caratterizzante di questa esperienza è il fatto che si propone

    un'analisi dei rapporti tra capitale e lavoro che spiazza la tradizionale modalità di analisi del

    marxismo e dei partiti che in quegli anni si richiamano a quella tradizione culturale, quindi si

    mette in discussione un'egemonia culturale dell'analisi del conflitto e della rivoluzione che

    veniva rappresentata nei luoghi di lavoro dai sindacati e dai partiti politici forti.

    QUALITA’ TOTALE, QUALITA’ DEL PRODOTTO,

    QUALITA’ DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE: FINEDI UNA ANTINOMIA? ( CAP 10)

    Due sono i fattori che determinano una forte discontinuità: il mutamento sostanziale de l

    quadro rivendicativo e la prospettiva della automatizzazione e della automazione e il

    conseguente imporsi dell’uso di nuove tecnologie, prime tra tutte quella della produttività e

    dell’uso delle risorse umane sia quantitativi che qualitativi. Il fatto principale fu che cadde la

    presunzione dell’one best way, quindi acquisì la possibilità di cambiare l’organizzazione del

    lavoro. Si iniziò a parlare di “qualità del lavoro”, negli Usa infatti si parla diquality of working

    life e in Europa si mettono per la prima volta in gioco un serie di fattori non strettamente

    connessi l’ambito e le condizioni lavorative. Tutte queste trasformazioni determinano la

    possibilità di mutare e trasformare completamente l’organizzare del lavoro, ridefinendo le

    mansioni in termini del tutto nuovi. Da qui nascono nuovi modi di produrre e il job- (re)design,

    quelle nuove forme di organizzazione del lavoro che ridisegnano la logica organizzativa della

    produzione e iniziano un superamento rispetto al taylorismo. Mentre per quanto concerne la

    tecnologia si vuole sottolineare come essa sia insieme strutturata e strutturante il processo

    produttivo e come quindi anche lo stesso futuro dipenda sia dalla logica del processo di ricerca

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    scientifica che si attua e sia dal “governo” effettivo che delle tecnologie stesse viene poi

    realmente messo in atto.

     L’interrogativo si incentra in ogni caso proprio sulle potenzialità innovative che, sia

    l’orientamento alla qualità del lavoro messo in campo dagli individui sia la natura stessa dellenuove tecnologie sarebbero in grado di mettere in campo a tal punto da far ritenere possibile il

    superamento della tradizionale dicotomia fra qualità del lavoro ed efficienza dell’impresa. Se

    ciò si dimostrasse possibile significherebbe che se governata la tecnologia potrebbe riportare

    ad unum obiettivi da sempre considerati alternativi ed inconciliabili ed aprirebbe certamente

    una fase nuova sia nelle relazioni industriali sia nelle relazioni di lavoro.

    ESTRATTO 10- Friedrick Pollock - Automazione e conseguenze sociali

     Automazione è una parola che può designare una quantità di cose, dalla produzione alle linee

    di montaggio fino alle forme più complesse di tecnica del controllo automatico. Da qualche

    tempo però la parola automazione indica uno sviluppo tecnico che sostituisce con le macchine

    la manodopera umana nelle fabbriche e negli uffici. Con “automazione” si intendono metodi

    proprio della fase attuale dello sviluppo tecnico, di produzione e lavorazione automatica di beni

    , così come di raccolta ed elaborazione di informazioni. I fini e i metodi dell’automazione si

    potrebbero definire così: ‘automazione ha come scopo la sostituzione mediante macchine della

    forza-lavoro umana, nelle funzioni di servizio, comando e sorveglianza delle macchine come

    pure nella funzione del controllo dei prodotti finché al limite non una mano debba toccare ilprodotto dall’inizio fino ala fine del processo lavorativo. I suoi metodi possono essere impiegati

    sia per processi parziali che per un ciclo di produzione completo della materia prima fino al

    prodotto finito. Nel primo caso parliamo di automazione parziale nel secondo di produzione

    completamente automatica.

    Metodologicamente il principio fondamentale dell’automazione è l’integrazione dei singoli

    processi della produzione finora discontinui in un processo complessivo continuo, concatenato

    che viene eseguito per mezzo di sistemi combinati di macchine speciali e di macchine utensili

    di estrema precisione tecnica e viene diretto e sorvegliato da apparecchi elettronici. Lo sbocco

    logico finale dell’automazione è il processo lavorativo completamente automatico. Tale

    procedimento lavorativo completamente automatico è caratterizzato da 4 punti che sono i

    seguenti:

    1.Tutti i procedimenti di lavorazione del materiale, di montaggio e imballo , sono

    integrati e si svolgono automaticamente, essi cominciano con la presa in consegna delle

    materie prime e terminano solo a lavorazione compiuta.

    2.I singoli processi lavorativi sono accordati l’uno all’altro in modo che l’intero processopossa scorrere uniformemente.

    3.I semilavorati vengono passati automaticamente da macchina a macchina.

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    4.Dopo ogni fase importante, il semilavorato viene collaudato automaticamente, per

    accertare se risponde ai requisiti qualitativi prescritti. In caso negativo, sempre

    automaticamente, vengono intraprese le necessarie correzioni nella macchina o nel

    processo lavorativo oppure se ciò non è possibile, viene dato l’allarme al sorvegliante.

    Inoltre le singole macchine utensili o speciali avvertono, prima ancora del superamento

    dei margini di tolleranza ,se una delle loro parti si è consumata sensibilmente.

    In seguito si discuteranno alcuni effetti sociologici dell’automazione che potrebbero verificarsi

    se la direzione dell’economia venisse lasciata all’automatismo del mercato. I mutamenti nella

    situazione sociale e nella coscienza degli uomini presentano un duplice aspetto. Da una parte,

    essi sono il logico sbocco di un’evoluzione che cominciò con l’espulsione del tessitore a ano ad

    opera del telaio meccanico, e che aveva trovato finora la sua più perfetta espressione nel lavoro

    alle linee di montaggio, sono l’ingresso della macchina in un campo di attività umana chefinora le era precluso e quindi la tendenziale scomparsa di un numero ancora imprevedibile di

    professioni qualificate. Con il progressivo affinarsi della tecnica dei calcolatori, l’ambito delle

    originarie prestazioni di lavoro produttivo si restringerà sempre più. D’altra parte , il sistema

    di produzione automatica crea una categoria di specialisti altamente qualificati addetti alla

    sorveglianza e alla manutenzione dei macchinari automatici. L’uomo quindi diventa un

    semplice accessorio della macchina,soggetto alle sue imposizioni e condannato a ripetere

    sempre le stesse operazioni esattamente prescritte. Si crea così una disumanizzazione del

    lavoro umano.

    Una delle tendenze che si è delineata è la trasformazione di una parte sempre maggiore della

    popolazione in una specie di surplus population. Significa che la maggior parte degli uomini

    possono facilmente essere permutati con chiunque altro e quindi sono sempre minacciati dalla

    disoccupazione. L’altra tendenza è l’approfondirsi dell’abisso tra le qualità personali e

    l’istruzione tecnica e amministrazione di uno strato esiguo di managers altamente qualificati e

    dall’altra l grande massa di semplici operai che non importa che comprendano il significato di

    ciò che fanno.

    ESTRATTO- Pierre Naville – Verso l’automatismo sociale

     Aggiungere!!! CHIEDERE A TANIUS

    ESTRATTO- Ferdinando Chiaromonte - Il nuovo job design

    La maggior parte degli esperimenti effettuati in USA negli anni 60 sono basati sulle tecniche

    di job rotation, job enlargement e job enrichment.

  • 8/17/2019 Il Lavoro Nella Sociologia Michele La Ro

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    • Job Rotation consiste nella rotazione del lavoratore nell’ambito di una stessa area

    attraverso un certo numero di posti di lavoro differenti. A seconda dell’obiettivo che ci

    si propone : migliore qualificazione del lavoratore in senso stretto , capacità di svolgere

    un lavoro più qualificato e capacità di conoscere e dominare una o più consistente fase

    di ciclo produttivo. I diversi compiti attraverso i quali si ruota sono rispettivamente

    sovra ordinati l’uno all’altro quanto alle abilità ed alle conoscenze richieste per

    svolgerli, o qualitativamente sullo stesso piano anche se richiedono conoscenze

    differenziate. Si hanno così due tipi di rotazione: verticale e orizzontale quella verticale

    risulta essere quella più significativa ed incidente. Ma dal momento che questa

    comporta una sorta di promozione è molto meno diffusa. Quella orizzontale viene usata

    all’interno delle aziende al fine di garantire alla direzione un uso elastico della forza

    lavoro per far fronte alle diverse esigenze della produzione.

    • Job Enlargement(ampliamento orizzontale dei compiti). E’ un processo di

    ristrutturazione del posto di lavoro, attraverso una ricomposizione delle mansioni in

    modo che il lavoratore che prima svolgeva una o poche operazioni svolga anche tutta

    una serie di operazioni collegate alla prima da un punto di vista tecnico- professionale.

    Questo ampliamento dei compiti del singolo lavoratore viene ottenuto attraverso la

    modifica del posto di lavoro; si arriva ad una de specializzazione del lavoratore stesso.

    L’obiettivo del job enlargement è un aumento della varietà. Ma questa ricomposizione

    delle mansioni incidendo sulla struttura del posto del lavoro tende a produrre

    mutamenti nella tecnologia del processo produttivo, a meno che non ci si trovi davanti

    ad una tecnologia flessibile.

    • Job Enrichment (arricchimento verticale dei compiti). Consiste in una

    ristrutturazione della mansione , nella direzione di un approfondimento della stessa.

    Esso viene realizzato attraverso una delega al lavoratore che prima svolgeva compiti

    solo esecutivi, di alcune funzioni di programmazione, di organizzazione e di controllo

    del proprio lavoro. Questa è una divisione dei compiti tra capo e dipendente. Anche qui

    è necessario che la tecnologia si abbastanza flessibile da tollerare l’assorbimento di

    compiti direzionali in una mansione prima soltanto esecutiva. In altre parole se le

    modifiche nella divisione del lavoro sono sostanziali c’è una grande incisione anche

    sulla tecnologia.

    La prospettiva unificante è quella di un aumento della soddisfazione dei dipendenti e quindi

    una conseguente maggiore motivazione al lavoro determinata da una riduzione della

    ripetitività e monotonia e dal fatto che si pensa ad un presunto arricchimento dei contenuti

    del lavoro stesso.

  • 8/17/2019 Il Lavoro Nella Sociologia Michele La Ro

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    IL LAVORO FRA FLESSIBILITA’ E QUALITA’ TOTALE:

     VERSO IL MODELLO GIAPPONESE? (CAP 11)

    I capisaldi del modello giapponese sono il just in time e la produzione snella che si combinanoperò opportunamente con solide articolazioni di “collettivo virtuoso”, relazioni industriali e

    sindacati di livello aziendale e un sistema occupazionali che garantisce un’occupazione a vita.

    Inoltre il rapporto uomo-macchina è molto più attento alle esigenze dell’individuo. E'

    caratterizzato dal fatto che vi è un forte intreccio tra tradizione e cultura: il vecchio si

    metabolizza nel nuovo e serve da linfa vitale delle cellule di un sistema che si caratterizza, per

    la sua specificità, in quanto sistema. Infatti, l'economia giapponese presente un'economia con

    caratteristiche che non sono riconducibili a quelle di economie capitalistiche occidentali

    ortodosse: il modello giapponese è un sistema unico, che armonizza interessi generali eparticolari in un unico scopo, e che riesce a fare ciò una disciplina e una coesione totalizzanti.

    Il toyotismo viene teorizzato da Ohno: il metodo toyota si fonda sulla congiunzione di due

    principi: Just in time e auto-attivazione della produzione. Appena si parla del metodo di

    produzione giapponese si pensa che il punto di arrivo sia appunto, zero stock: in realtà è il

    punto di partenza. il sistema toyota si dimostra al contrario estremamente flessibile: la

    flessibilità è la ragione per cui esso è stato concepito. Il metodo americano è un metodo di

    riduzione dei costi attraverso la produzione di automobili in quantità progressivamente

    crescenti e con una gamma di modelli sempre più ristretta, mentre invece il modello toyota

    produce a buon mercato delle piccole serie di numerosi modelli differenti. La tecnica di

    produzione toyotista però, non è esente da problematiche come quella sulla produttività. Ohno

    infatti si chiede come poter riuscire ad aumentare la produttività quando le quantità prodotte

    non aumentano.

    ESTRATTO- Antonio Guizzetti- Attorno all’enigma giapponese

    aggiungere

    ESTRATTO- Benjamin Coriat – Concetti e Prassi nel modello Giapponese

    Ohno afferma che il metodo Toyota si fonda su due principi che sono il just in time e l’auto-

    attivazione della produzione il resto , non è costituito che da tecniche e procedure applicative.

    Ohno afferma inoltre che l sistema Toyota è nato dal bisogno del Giappone di produrre piccolequantità di numerosi tipi di prodotti e in seguito si è evoluto fino a diventare un vero sistema

    di produzione. Questo sistema è quindi efficace per la diversi fazione ed è estremamente

  • 8/17/2019 Il Lavoro Nella Sociologia Michele La Ro

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    flessibile. La differenza che c’è tra il taylorismo e il toyotismo è : produzione in grande scala di

    prodotti rigorosamente identici contro piccole serie di prodotti diversificati. L’obiettivo di Ohno

    era quindi quello di produrre a basso costo piccole serie di prodotti diversificati. Da qui però

    nascevano alcune difficoltà come il fatto di far aumentare la produttività quando le quantità

    prodotte non aumentano. Per questo Ohno dice che è necessario trovare un altro punto di

    partenza per incrementare la produttività. Pensare quindi non la grande ma a piccola serie e

     jon l’uniformità ma la differenziazione del prodotto, questo è lo spirito Toyota. Si presenta

    quindi il problema degli stock e da questa nuova analisi della produzione partiranno 2

    scoperte:

    1.La “fabbrica minima” quindi l’idea secondo la quale dietro lo stock ci sono quelli che

    hanno concorso a produrlo cioè la manodopera, l’eccesso di lavoratori rispetto alla

    domanda solvibile ed effettivamente soddisfatta. Per cui in sintesi, dietro lo stock c’èuna sovraccapacità produttiva di capitale fisso. Da questa base si ha la prima scoperta

    di principio: partire dallo stock permette di individuare e di localizzare i mezzi e i

    punti di intervento in cui è possibile ottenere degli incrementi di produttività. Infatti se

    si eliminano gli stock si eliminano al tempo stesso la manodopera e la capacità

    produttiva esuberanti. La “fabbrica minima” risulta quindi essere quella fabbrica le cui

    funzioni produttive , il capitale fisso ed il lavoro impiegati sono ridotti ai coefficienti

    strettamente necessari per far fronte alla domanda giornaliera settimanale. Per Ohno

    ci sono quindi due modi per aumentare a produttività : il primo è collegato allo sviluppodel volume di produzione e il secondo sulla riduzione dell’organico addetto alla

    produzione. Il punto d’attacco scoperto da Ohno è quindi quello di partire dallo stock

    per individuare la manodopera esuberante e razionalizzare la produzione. Questa

    fabbrica minima dovrà essere anche una fabbrica flessibile, capace quindi di assorbire

    con un numero ristretto di dipendenti le fluttuazioni quantitative e qualitative della

    domanda.

    2.“Dirigere con gli occhi” dal momento che si vuole applicare l’idea della fabbrica

    minima è necessario eliminare ogni cosa superflua. Serve quindi un’organizzazionegenerale della produzione che permetta di far risalire alla superficie e di rendere

    visibile tutto ciò di cui può essere alleggerita la fabbrica, tutto ciò quindi che non è

    necessario. Dirigere con gli occhi significa essere in grado di esercitare in gni momento

    un controllo diretto sui lavoratori subordinati.

    Sommando questi due punti fondamentali si arriva ad avere una fabbrica “snella ” e flessibile e

    trasparente.

     Aoki sottolinea alcune differenze importanti che servono a tipicizzare e opporre un’impresa Jad una A. questa differenziazione avviene sulla base dei 3 tratti seguenti:

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    1.Al livello delle officine la divisione del lavoro si fa nell’impresa A secondo i principi

    di specializzazione e di rigida compartimentazione in funzione di standard prestabiliti

    mentre nell’impresa J la divisione del lavoro è fluida e flessibile.

    2.Al livello dell’impresa nel suo insieme, la differenza è tra un modo gerarchico di

    ripartizione dell’autorità (impresa A) e delle procedure snelle e trans funzionali di

    coordinamento (impresa J).

    3.Nel sistema d’appalto l’opposizione è tra l’integrazione rigida caratteristica

    dell’impresa fordista e le diverse forme di deconcentrazione e di decentramento che

    caratterizzano il modello giapponese.

    Inoltra Aoki insiste su 2 punti:

    - Il primo riguarda il fatto che la vera e propria opposizione si riferisce alla struttura di

    scambio di informazioni verticale e gerarchica nell’impresa A ed una struttura

    orizzontale nella quale il principio gerarchico è attuato attraverso procedure di

    incentivazione alla realizzazione dei contratti espliciti o impliciti che legano i differenti

    tipi di agenti che concorrono alla realizzazione degli obiettivi

    - Il secondo punto è il sottolineare che la struttura snella e orizzontale dell’impresa J è

    più efficiente di quella A. quest’ultima funziona alla grande serie standardizzata per

    mercati in espansione ma incontra grandi difficoltà a realizzare i suoi obiettivi.

     Altri punti di diversità e opposizione riguardano:

    1.Punti relativi alla struttura finanziaria dell’impresa. L’impresa J permette all’azienda

    industriale autonomia di gestione e stabilità nel lungo periodo mentre l’impresa A ne è

    priva a causa del peso dei vincoli finanziari.

    2. Punti relativi alla divisione del potere.

    (aggiungere)