I.Il base della riproduzione capitalisticalettere.uniroma2.it/sites/default/files/allegati/Modello...
Transcript of I.Il base della riproduzione capitalisticalettere.uniroma2.it/sites/default/files/allegati/Modello...
vari temi è venuto dall'applicazione della teoria d · sistemi al problema della localizzazione industriale red 1977; Goddard 1977; McNee 1974). A ogni modo uesto sforzo non ha raggiunto il suo scopo per divers ragioni, prime fra tutte la mancata specificazione de economia come sistema industriale centrato sul mut ento tecnologico come principale processo all'opera, , a concezione limitata della struttura economica in ter ini di collegamenti, e la relegazione del sociale e de contraddizioni a11'esterno del sistema (Storper and W ker 1979).
Una fonte teorica alternativa è ra resentata dal marxismo. Recentemente alcuni geog fi industriali hanno iniziato a prendere in considerazi e Marx (es.- Hamilton 1979; Holland-1979), e i marxisf anno cominciato a interessarsi alla localizzazione i B.ustriale (Massey 1978a; 1978b; Dunford 1977a; 1977b; astells 1975; 1977; Castells e Godard 1974; Harvey 197 ; Barnbrock 174; Bluestone e Harrrison 1980; Storper t. al. 1981; Storper e Walker 1979). Elaborare una teo marxista della localizzazione industriale non signific rifiutare tutte le intuizioni, o la maggior parte di ess degli altri approcci; non si deve reinventare la ruota ignifica piuttosto rifiutare alcuni principi e integrar altri all'interno di un quadro complessivo che spess ne altera l'assetto in modo sostanziale. Per fare ciò do iamo iniziare delineando un chiaro e conciso model di riproduzione del capitalismo (parte I) . prima di ap · care i concetti marxisti ai principali pro-blemi nella cerca sulla localizzazione (parte II). I lettori che hanno amiliarità con il Capitale di Marx posso saltare direttam te alla parte II.
Il nu eo fondamentale del marxismo è l'idea che la riprodu one allargata del capitale e dei rapporti sociali capit 'istici siano una necessità strutturale della società capit ·stica; di conseguenza, l'oggetto principale nell' analis · della localizzazione industriale deve essere questa
}j ssa struttura dinamica piuttosto che l' <<industria», la/" ocalizzazione» (Io spazio) o altri singoli elementi, come
150 Capitale e localizzazione industriale
il mercato, l'impresa, le scelte dirigenziali, la tecnologia o la geografia fisica. La mancanza di spazio ci impedisce di addentrarci nelle molte controversie, nel marxismo come nella teoria della localizzazione, sollevate dalla nostra esposizione. Diamo inoltre per scontata, dunque, una certa familiarità del lettore con le principali scuole di pensiero all'interno della teoria della localizzazione.
I. Il modello basedella riproduzione capitalistica1
1. Il modo di produzione capitalistico
Il modo di produzione capitalistico emerse in Europa nelsedicesimo e nel diciassettesimo secolo (Marx, I, 146, 366)2
•
Un modo di produzione si definisce in base ai rapporti sociali di produzione o alla modalità di organizzazione del lavoro sociale e di estrazione del plus-prodotto (Shaw 1978). Nel modo di produzione capitalistico questi rapporti sono rapporti di classe: da un lato, la concentrazione dei mezzi di produzione nelle mani di una classe capitalista, dall' altro la mancanza di mezzi autonomi di sussistenza da parte di una classe di lavoratori salariati, costretti a vendere la propria forza-lavoro ai capitalisti (Marx, I, capitolo 6)3.
La chiave per l'analisi storica è l'interazione tra rapporti
La discussione della Parte I deve molto alla lettura dei lavori di David Harvey; in particolare il libro The limits to capitai, di prossima uscita.
2 Data la vastità dei ragionamenti che stiamo riassumendo, i riferimenti ali' opera di Marx nella parte I si limiteranno spesso all'ind1cazione del capitolo o della sezione anziché della pagina.
3 Altre condizioni, necessarie ma non sufficienti, per l'emergere del capitalismo sono uno sviluppo relativamente avanzato del mercato di scambio, della moneta, e delle forze produttive nella manifattura, così come la concorrenza, il richiamo del guadagno monetario (individualismo proprietario) e l'accumulazione di considerevoli ricchezze personali (Marx I, parti I e VIII).
Lo spazio del capitale 151
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
di produzione e forze produttive (Shaw 1978; Mishra 1979). L'espressione «forze» si riferisce sia ai mezzi di produzione sia a tutte le capacità degli esseri umani che insieme utilizzano questi mezzi. I rapporti di produzione determinano il contesto per la funzione e lo sviluppo delle forze produttive. Quando lo sviluppo di queste ultime è bloccato, si ha una situazione di crisi, dalla quale possono emergere nuovi rapporti di produzione. Prima di nna rottura rivoluzionaria, comunque, i rapporti sociali del modo di produzione esistente vengono continuamente perfezionati attraverso il miglioramento delle pratiche economiche e delle istituzioni sociali, al fine di mantenere la struttura fondamentale della società e, al tempo stesso, promuovere l'ulteriore sviluppo delle forze produttive. Questo duplice processo all'interno del modo di produzione capitalistico permette che vi siano grandi mutamenti storici senza il rovesciamento della struttura sociale fondamentale (vedere di seguito, sezione t 6).
Il marxismo afferma la priorità del capitale nella dinamica sociale contemporanea, ma ciò non significa che la storia sociale coincida con Y accumulazione di capitale o che sia il semplice riflesso sovrastrutturale del modo di produzione capitalistico (cfr. Williams 1977; Laclau 1977; Dunford 1977;
Walzer 1978; 1981). In altre parole, l'unico utilizzo possibile del concetto di modo di produzione è in termini strutturali. Le esigenze strutturali dell'accumulazione sono le condizioni necessarie della riproduzione sociale, ma non sono sufficienti a definire la natura della società e della «vita quotidiana» - lasciando da parte le contraddizioni sociali, i modi di produzione misti, e via dicendo.
2. La produzione di merci e di capitale (plusvalore)
In un sistema di scambio generalizzato, tutti i prodotti dellavoro diventano merci4 (Marx, I, capitolo I). Le merci hanno
4 Anche la maggior parte dei beni non prodotti dal lavoro, come la terra, assumono la forma dj merce.
152 Capitale e localizzazione industriale
�
l' I
tre dimensioni sociali: valore ( tempo di lavoro incorporato), valore d'uso (utilità per i consumatori) e prezzo (valore di scambio, Marx, I, capitolo I). La dimensione chiave è quella del valore (Marx, I, capitoli Il e ID). Con lo sviluppo della produzione di merci il denaro cresce di importanza come misura dei prezzi, facilitatore dello scambio e deposito di valore (Marx, I, capitoli II e III). Col passare del tempo la ricerca del denaro (valore), anziché il godimento dei valori d'uso, diviene il fine ultimo della produzione di merci (Marx, I, capitolo IV). I possessori di denaro ( capitalisti) non possono accrescere le loro riserve di valore attraverso lo scambio se non imbrogliandosi l'uno con l'altro, dato che tutto il valore deriva dalla produzione. I rapporti di produzione capitalistici risolvono questo problema consentendo di creare plusvalore senza violare le leggi dello scambio (Marx, I, capitoli V e VII). Il plusvalore è la differenza tra il valore di ciò che i lavoratori producono e il valore della forza-lavoro come merce, ossia il costo per la riproduzione dei lavoratori (Marx, I, capitolo VII).
L'essenza della produzione capitalistica è l'estrazione di plusvalore, anche se la questione è più complessa di quanto possa sembrare. La produzione capitalistica di merci implica tre sistemi: rapporti di valore, rapporti di prezzo e rapporti di valore d'uso. Né i capitalisti né i lavoratori «vedono» mai il valore o il plusvalore: essi operano sulla base di prezzi di mercato e di valori d'uso (tecniche; desideri e bisogni). Il profitto è il prezzo del plusvalore, mentre i salari sono il prezzo del valore della forza-lavoro. La produzione capitalistica delle merci differisce dalla semplice produzione di merci per il fatto che prezzi e valori divergono sistematicamente a causa della tendenza, determinata dalla concorrenza tra capitali, verso l'equiparazione dei tassi di profitto sul capitale anticipato, mentre il rapporto capitale-lavoro (la composizione organica del capitale) cambia a seconda dei settori produttivi (Marx, III, parti 1-3)5.
5 Anche se il cosiddetto «problema della trasformazione» e la sua inadeguata trattazione da parte di Marx complica molto la questione, le
Lo spazio del capitale 153
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
3. Capitale e lavoro
Tempo addietro la ricerca del profitto ha portato i capitalisti a cercare di ottenere il comando diretto sulla produzione. In questo modo essi possono controllare non solo il prodotto e il plusvalore prodotti dalla classe lavoratrice, ma il processo di lavoro stesso. La necessità di controllare l'attività del lavoratore rende l'organizzazione della produzione un problema tanto sociale quanto ternico (Marx, I, capitoli X, XillXV; Gintis 1976; Braverman 1974; Edwards 1979). La difficoltà di mantenere questo tipo di controllo nasce dal fatto che Y alienazione dei lavoratori dalla propria attività vitale fondamentale, il lavoro, determina un antagonismo tra le classi (Marx, I, XIII-XV). Siccome il conflitto di classe è intrinseco alla produzione capitalistica, da cui si estende alla riproduzione della classe operaia fuori dalla fabbrica, la volontà, la vita sociale e le lotte concrete dei lavoratori costituisco un elemento fondamentale dello sviluppo capitalistico (Thompson 1968; Gutman 1977). Allo stesso tempo, la loro subordinazione alla classe capitalista e la loro acquiescenza alle regole della società capitalistica è solitamente ottenuta tanto con la forza quanto con 'la silenziosa coazione dei rapporti economici' che fa apparire le leggi del capitalismo come leggi naturali (Marx, I, capitolo XXIII) 6
•
4. La circolazione del capitale
Anche la circolazione capitalistica inizia con la merce,la quale non solo deve essere prodotta, ma deve essere poi
intuizioni fondamentali dell'analisi del valore restano valide - per esempio il fatto che tutta la produzione è lavoro sociale, che il capitale sfrutta il lavoro all'interno delle leggi dello scambio giusto, che il lavoro deve essere distribuito razionalmente all'interno dei vari settori della produzione e che il rapporto capitale, lavoro deve essere costantemente riprodotto (d. Mumy 1979).
6 ln altre parole, se il libero arbitrio della classe operaia è fortemente co-
154 Capitale e localizzazione industriale
venduta nel mercato, dove il valore sì «realizza» come denaro. Tuttavia, il punto di partenza per la circolazione del capitale non è la produzione; il capitale inizia sotto forma di denaro, che viene investito negli elementi della produzione, i quali vengono messi al lavoro per produrre merci, che vengono a loro volta vendute in cambio di denaro - e profitto - e così via, all'infinito. La formula di Marx è D-P-M-D'. Questo è il circuito primario del capitale. In esso il capitale assume tre forme differenti: capitale monetario, capitale produttivo, capitale-merce (Marx, II, parte 1, in particolare p. 104-5). Modelli di circolazione più complessi (non-primari) emergono assieme alla necessità di investire in capitale fisso, costruire magazzini, stimolare la spesa dei consumatori, fare ricerca sul prodotto e così via. Queste attività contribuiscono solo in modo indiretto alla produzione e alla circolazione del plusvalore, ossia al circuito primario del capitale industriale (Harvey 1978; Marx, II, capitolo VII).
La circolazione richiede tempo, e la velocità alla quale il capitale completa il suo movimento da D a D' determinerà il suo tasso di crescita. Nel circuito primario il «tempo di rotazione» consiste principalmente nel tempo di produzione sommato al tempo di circolazione (vendita) delle merci (Marx, II, p. 121; capitoli XIII e XIV). Nei àrcuiti nonprimari il tempo di rotazione è solitamente più lungo. Inoltre, la circolazione comporta dei costi che devono essere sottratti al plusvalore complessivamente prodotto7
(Marx, II, capitolo VI, p. 129-32). La continuità è essenziale
stretto, ciò non significa che non esista, come vorrebbero molti pensatori convenzionali. L'idea che il capitale abbia delle forze creative in sé, indipendentemente dal lavoro sociale che gli dà vita, è un effetto di ciò che Marx chiama «feticismo del capitale» (Gurley 1971; Walker 1979). Tuttavia, poiché l'alienazione del lavoro è un prodotto reale del dominio di classe, il capitale è in grado di «prendere in prestito» la forza del lavoro sociale e di costringere il lavoro a seguire le leggi del suo sviluppo (Marx I, prefazione).
7 Nessun nuovo valore, per definizione, può aggiungersi nello scam-
Lo spazio del capitale 155
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
per ridurre i tempi e i costi della circolazione (Marx, II, p. 102, p. 266). Inoltre, l'equilibrio deve essere raggiunto collegando i singoli capitalisti in un flusso coordinato, nell'assenza di un piano sociale (Marx, II, parte 3).
5. L'accumulazione di capitale
Il capitale in movimento è plusvalore investito nellaproduzione per creare altro plusvalore; è valore in espansione (Marx, I, capitolo XXIV). La riproduzione allargata del capitale - accumulazione di capitale - è la forza fondamentale per la crescita economica nelle società basate sul modo di produzione capitalistico. L'impulso all'accumulazione ha origini diverse, come la smania per la ricchezza personale, ma è rinforzato prima di tutto dalla pressione collettiva della concorrenza (Marx, I, p. 592). Il vantaggio competitivo derivante dal contenimento dei costi (deprezzamento delle merci) offre ai capitalisti la possibilità di fare maggiori profitti e/ o di inserirsi in mercati più grandi, mentre lo svantaggio competitivo rappresenta la minaccia di un eventuale fallimento (Marx, I, capitolo Xli, p. 316-19). Un altro stimolo fondamentale per l'accumulazione è la crisi, che mette in pericolo tutti i capitali ( vedere di seguito, sezione I, 7). Il terzo è il progresso scientifico8
.
L'impulso all'accumulazione costringe i capitalisti a cercare di accrescere la produzione e la circolazione di plu-
bio (Marx, I, capitolo V, p. 509). Il lavoro della circolazione, perciò, è necessario ma, :;trettamente parlando, improduttivo di valore. Il risparmio dei capitalisti, in ogni caso, 'crea' del plusvalore che non sarebbe altrimenti disponibile per l'accumulazione. I capitalisti possono ricavare profitti anche investendo nella circolazione; questi vengono sottratti al plusvalore complessivamente prodotto (Marx, III, parte 4 e�
8 Anche se è necessario ricordare che una scoperta scientifica può assumere una logica parzialmente indipendente dalla ricerca sistema-
156 Capitale e localizzazione industriale
svalore9• Ciò richiede, prima di tutto, il reinvestimento dei
profitti. E comporta lo sviluppo delle forze produttive.
6. Lo sviluppo delle forze produttive (il progresso tecnologico eorganizzativo)
Ci sono molti metodi per far avanzare le forze produttive. Alcuni dipendono dagli sforzi dei singoli capitalisti, mentre altri sono effetti non previsti della loro azione collettiva. A fini euristici; possiamo distinguere le forze che accrescono la produzione, le forze che facilitano la circolazione e quelle che fanno entrambe le cose.
Ci sono due modi per produrre più plusvalore: allungare la giornata lavorativa (plusvalore assoluto) e aumentare la produttività (plusvalore relativo10
, Marx, I, parte 3 e 4). Storicamente, la produttività del lavoro è progredita attraverso la cooperazione (incluse le economie di scala), la divisione del lavoro e la meccanizzazione (Marx, I, capitolo 12-14; Braverman 1974). L'applicazione del macchinario al lavoro manuale dei lavoratori è stato l'elemento chiave della rivoluzione industriale (Marx, I, capitolo 15). Questo cambiamento nei rapporti sociali di produzione pone il lavoro su di un piano strettamente tecnico, che permette il rapido sviluppo delle fonti di energia meccanica, dei processi a flusso continuo e dei controlli automatici (Marx, I, capitolo 15, sezione 1). Inoltre dà origine a una se-
tica all'interno dell'impresa moderna, e che non è semplicemente il prodotto di altri impulsi all'accumulazione.
9 Questo si applica tanto alle industrie capitalistiche quanto a quelle che operano solo nella sfera delJa circolazione, come, per esempio, i mercanti e i finanzieri.
10 Il singolo capitalista cerca di ottenere un vantaggfo competitivo deprezzando le merci. Il mutamento tecnologico richiesto .non fa risparmiare lavoro in termini di prezzo, ma lo farà in termini fisici e di valore, come la teoria marxiana e l'evidenza storica insegnano (Hamer 1973; Rosenberg 1972). Gran parte della meccanizzazione sarà in-
Lo spazio del capitale 157
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
parazione tra ideazione ed esecuzione dei compiti, con il perfezionamento di quest'ultima attraverso la scienza, i sistemi informatici, etc. (Braverman 1974).
La logica del!' accumulazione porta i capitalisti ad aumentare le vendite e a ridurre i tempi e i costi della circolazione. Ci sono svariati mezzi per ottenere questo risultato, come l'incremento della produttività del lavoro improduttivo, il miglioramento dei sistemi di trasporto e comunicazione, l'introduzione di nuovi prodotti, la pubblicità e il perfezionamento della continuità e dell'equilibrio dei movimenti di capitale (Marx, II, parte 2).
Marx introduce anche la categoria di «leve dell' accu mulazione», che si riferisce ai modi attraverso cui si promuove la rapida crescita della dimensione effettiva del capitale e del lavoro sociale. Tra questi troviamo la centralizzazione di capitale, che si realizza attraverso l' assorbimento dei piccoli competitori e la fondazione di società per azioni, e la creazione di un esercito industriale di riserva mediante la distruzione degli artigiani e la sostituzione del lavoro con le macchine (Marx, I, capitolo 25).
Infine, ci sono delle istituzioni sociali che provvedono a tutte le funzioni appena elencate. L'istituzione sociale principale è il mercato; oggi la sua estensione e la sua efficienza consentono grandi vendite, transazioni veloci e l'incremento della produzione a un livello mai visto prima. Il mercato non è solo un presupposto del capitalismo, qualcosa che viene sistematicamente sviluppato nel tempo dalla produzione capitalistica. Tre altri sottosistemi integrano e a volte sostituiscono il mercato: il sistema del credito, la corporation e lo stato moderno (cfr. Mandel 1975) 11. Tali istituzioni servono inoltre a perfezionare i
trodotta non solo per ragioni di costi, ma anche al fine di controllare o eliminare l'elemento problematico della produzione, i lavoratori(Marx, I, p. 436; Braverman 1974).
11 Le funzioni del credito, dello stato e delle società per azioni (antenate delle corporation) sono spesso menzionate nel Capitale. Tuttavia, la loro
158 Capitale e localizzazione industriale
rapporti di produzione (cfr. sezione I, 1). Un mercato migliore, per esempio, stabilisce rapporti di valore maggiormente esigenti.
La grande impresa moderna, in particolare, non solo concentra in sé una maggiore quantità di capitale, ma la pone sotto il controllo di un unico corpo dirigenziale, che può distribuirla in modo sofisticato nei differenti rami della produzione per massimizzare i guadagni (divisione organizzativa); mette in relazione l'offerta dei materiali con i processi di lavorazione (integrazione a monte); collega produzione e commercializzazione (integrazione a valle); incorpora le funzioni della circolazione non primaria, come pubblicità e Ricerca & Sviluppo, all'interno di un sistema organizzato di produzione e circolazione; unisce progressivamente rami scollegati della produzione (conglomerazione, Chandler 1962). Si tratta di soluzioni organizzative a problemi che nascono nella produzione e nella circolazione del capitale, e sono la conseguenza logica dell'impulso all'accumulazione. Così, pur modificando la topografia sociale, la corporation non contraddice le caratteristiche tipiche del capitalismo, come la concorrenza tra capitali o le tendenze alla crisi 12•
7. Crisi e cambiamento
L'accumulazione di capitale incontra periodicamente ostacoli che, se non vengono superati, deviano l'economia dal sentiero della crescita sostenibile conducendola verso una crisi (recessione, Harvey 1975a; 1978; Lebowitz 1978). Le radici potenziali della crisi sono tante quante sono le
importanza non è stata generalmente riconosciuta da alcuni marxisti, mentre altri hanno pensato che togliesse la terra sotto i piedi all'analisi del valore di Marx (Baran e Sweezy 1966). La nostra posizione, affine a quella di Mandel (1975) e Harvey, è l'esatto contrario.
12 Ci sembra sconcertante che sia stata fatta tanta pubblicità ai risultati relativamente scarsi che le grandi corporation hanno ottenuto nel li-
Lo spazio del capitale 159
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
sfaccettature della riproduzione capitalistica, ma le cause principali dipendono dalle dinamiche essenziali caratteristiche dell'accumulazione. In primo luogo, dato l'impulso all'accumulazione e il carattere competitivo e non pianificato della produzione, i capitalisti nel loro insieme tendono a investire più del necessario (Devine 1980). In più, a causa dei tempi lunghi che intercorrono tra gli investimenti e la creazione di nuova capacità, i capitalisti non possono vedere chiaramente gli effetti della loro azione collettiva; gli investimenti, inoltre, si incorporano nel capitale fisso. Per queste ragioni il sistema non è in grado di regolarsi in modo automatico (cfr. Marx, II, 186). In secondo luogo, i capitalisti tendono a sviluppare le forze produttive troppo rapidamente, per esempio espandendo eccessivamente il sistema del credito rispetto alle capacità attuali del lavoro sociale di produrre e far circolare il plusvalore (Marx, III, 508). In entrambi i casi avremo un sovra-accumulazione di capitale rispetto alle possibilità di realizzare profitti oppure la caduta tendenziale del saggio di profitto (Marx, ID, p. 251; Harvey 1978)13
•
L'effetto de11a crisi sarà la svalutazione del capitale in eccesso, in particolare attraverso i fallimenti, e di stimolare la classe capitalista a compiere vigorosi sforzi per promuovere la produzione e la circolazione del plusvalore, utilizzando strumenti quali la fusione di imprese, l'intervento pubblico e l'introduzione, il consolidamento e la diffusione di nuove tecnologie (Harvey 1978; Mandel 1975; Marx, III, p. 253-55). Oltretutto, «ogni crisi è il punto di
mitare la concorrenza all'interno di certi mercati. Come osserva Mandel (1975, p. 327-42), la concorrenza ha molte dimensioni, e non è stata significativamente indebolita a livello mondiale. Inoltre, come puntualizza Chandler, le corporation stesse hanno scoperto presto i limiti di questo metodo di favorire l'accumulazione; l'entusiasmo iniziale per la costruzione di trust è scomparso al cambio del secolo (ChandJer 1962).
13 Non c'è accordo sulla teoria della crisi tra i marxisti contemporanei, anche se concordano tutti sul fatto che le tendenze verso la crisi e i li-
11,n t.anitale e localizzazione industriale
··�
partenza per nuovi sostanziosi investimenti» (Marx, Il, 186). L'accumulazione segue così un percorso ciclico, caratterizzato da boom di investimenti (solitamente brevi) seguiti da periodi di crescita rallentata o negativa (cfr. Abramowitz 1977; Mandel 1975; Schumpeter 1939). Ogni nuova stagione di investimenti inaugura nuove configurazioni di forze produttive e di istituzioni sociali - ossia nuove configurazioni di quella che possiamo chiamare «struttura sociale dell'accumulazione» (Gordon 1978b; Walker 1981). Per questo possiamo ragionevolmente parlare di stadi dell'evoluzione storica nel capita1ismo14
•
8. Relazioni spaziali
Il rapporto tra l'accumulazione di capitale e le relazionispaziali è di tipo dialettico-strutturale (cfr. sezione I, 1). L'organizzazione spaziale della società capitalistica non è semplicemente l'ombra dell'accumulazione che si muove lungo la faccia della terra. Lo sviluppo capitalistico implica necessariamente una componente spaziale (Castells 1977, 115; Mingione 1977; Harvey 1975; Walker 1978; 1981). Una delle ragioni che legano indissolubilmente capitale e spazio è la necessità per la gran parte dell'indu-
miti dell'accumulazione dipendono dalle contraddizioni interne del capitale, non da interventi esterni (Wright, 1878; Mandel, 1975; URPE, 1978; Harvey, 1978; Lebowitz; Divine, 1980). Pochi restano fedeli alla spiegazione che Marx diede della caduta tendenziale del saggio di profitto, legata alla crescente composizione organica del capitale (Marx, Ill, parte 2). La maggior parte, tuttavia, ha mantenuto una visione troppo ristretta del problema, elevando questa o quella particolare caratteristica del modo di produzione e circolazione capitalistico, come la necessità di vendere le merci o la lotta sul salario, al rango di causa primaria. La nostra posizione è simile a quella di Devine (1980) e Harvey, e per alcuni aspetti a quella di Mandel (1975).
14 Anche se l'evidenza è piuttosto controversa, vorremo prendere in considerazione stadi di sviluppo di circa 50 anni, combinando lunghe fasi di accumulazione relativamente vigorosa, come il periodo post-bel-
Lo spazio del capitale 161
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
stria di assumere una forma immobile, ossia il problema stesso della localizzazione. Un'altra ragione è la necessità di creare, oltre alle fabbriche, un ambiente costruito fatto di strade, abitazioni, etc. Una terza ragione risiede nella comunità spazialmente determinata che è spesso formata dai lavoratori. Di conseguenza, il capitalismo produce necessariamente un paesaggio sociale, o «geografia del-1' accumulazione», coerente in termini generali con la struttura sociale dell'accumulazione ma mai strettamente determinato da questa.
9. Conclusioni della parte I
Alla base di ogni teoria della localizzazione industrialevi sono alcuni assiomi basilari riguardanti i processi sociali ed economici coinvolti nella creazione del paesaggio industriale. Prima di addentrarci nel fitto bosco della teoria della localizzazione, vogliamo dunque insistere sulle molte differenze assiomatiche tra il precedente modello marxista e altri approcci alla localizzazione industriale, come l'economia neoclassica, il comportamentismo e la teoria dei sistemi (c.fr. introduzione).
- Il sistema in questione non è semplicemente un'economia di scambio, né solo un sistema industriale, bensì un �odo di pro�uz_io�e capit�listico e una società s�tturatam modo cap1tahst1co che li comprende entrambi.
- Il fine della produzione capitalistica è la realizzazione del profitto, e l'imperativo strutturale dell'economia nel suo insieme è l'accumulazione di capitale. Non si stratta di una posizione rigidamente funzionalista, dal momento che a) le strade possibili per raggiungere que-
lico, e periodi di crescita lenta e difficile, segnati da crisi più serie e da ristrutturaziorù economiche significative, come sta succedendo oggi (cfr. Mandel 1975; Schumpeter 1939; Gòrdon 1978b; Walzer 1977).
162 Capitale e localizzazìone industriale
sto risultato sono molte e c'è un alto grado di libertà di comportamento o culturale; b) non tutto nella società si muove verso quel risultato senza generare contraddizioni; c) gli obiettivi potrebbero non essere raggiunti, e in tal caso le imprese o l'economia non sarebbero in grado di riprodursi. Un'analisi dialettico-strutturale non si fonda su relazioni lineari di causa ed effetto.
- Il cambiamento tecnologico, o lo sviluppo delle forzeproduttive, non nasce al di fuori del sistema economico. Nonostante gli imperativi tecnologici appaiano sotto forma di leggi di natura, il mutamento tecnologico è un prodotto sociale nel senso che: a) il progresso tecnico è spinto principalmente dall'impulso all'accumulazione; b) entro certi limiti, i capitalisti possono scegliere tra diverse tecnologie; c) la scelta di una tecnica dipende tanto dalla preoccupazione del capitalista per il controllo quanto dal mero calcolo economico.
- La moderna corporation (stato, sistema finanziario,etc.) non costituisce la base per un approccio completamente nuovo all'economià e alla localizzazione. La realizzazione dei profitti e la concorrenza continuano a dirigere l'azienda. Ciononostante, le aziende costituite da un unico stabilimento e perfettamente competitive hanno una rilevanza limitata.
- Mercato, corporation e sistema industriale non sonostrettamente auto-regolati; sono soggetti a disfunzioni. Le principale fonti di contraddizione e cambiamento, oltretutto, si trovano all'interno del sistema capitalistico, non nelle perturbazioni provenienti dall'ambiente esterno o dall'innovazione tecnologica. In particolare, né la concorrenza né la crisi sono state definitivamente superate.
- L'avanzato livello sociale e tecnologico delle moderne economie capitalistiche non ha ancora inaugurato un'economia post-industriale, né tantomeno un'economia post-capitalistica. Le cosiddette funzioni terziarie o 'dei servizi' riguardano principalmente la circolazione (finanza, commercio, trasporti, pubblicità, etc.), il mana-
Lo spazio del capitale 163
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009
gement e la riproduzione della forza-lavoro (scuole, ospedali, servizi domestici}, tutte cose che dipendono fortemente dalla produzione di merci (alcune di esse, come il servizi all'impresa, sono esse stesse forme di produzione di merci).
- Tutte le attività e le trasformazioni industriali hannouna dimensione sociale. Questa dimensione comprende l'elemento vivente della produzione sociale - il lavoratore. E, oltretutto, lo include all'interno di rapporti sociali di dominio di classe, sfruttamento e alienazione.
Tenendo presenti questi assiomi possiamo ora affrontare i problemi più specifici legati alla teoria della localizzazione industriale, declinando, allo stesso tempo, le ulteriori implicazioni del modello marxista.
., II. Localizzazione industriale
Abbiamo iniziato presentando il modello/4 riproduzione capitalistica per tre ragioni: ci fo
�-se .tlcuni concetti
chiave e alcuni assiomi di base per l' i della localiz-zazione; presenta questi el.ementi e parti di un si-stema piuttosto che come intuizi9rlì isolate, in contrasto con l'eclettismo di tanti stu
�i s }fa localizzazione; infine,
stabilisce la priorità eleme re dell'accumulazione rispetto al «problema>} della) calizzazione. Quest'ultima affermazione rappres
�nt Ìl punto di partenza per la se
conda parte del sag · . Utilizzando il modello neoclassico dell'equilibrio pa9 ale ( weberiano) come paragone, la riflessione si svily.pperà in due parti. La prima, composta da tre sezioni, présenterà il punto di vista secondo cui la geografia ,sJ.éll'industria si sviluppa principalmente come consemehza della dinamica dell'accumulazione, piuttosto ché'come risultato della collocazione ottimale delle at-thjtà in base alla distribuzione dei mercati, della forza-la
���!,, e dei materiali. La seconda parte, composta da ·quattro sezioni, analizzerà più da vicino il ruolo dei fattori
164 Capitale e localizzazione industriale
I
/'' f
di mercato nella distribuzione e nel movimento d"ell'in-dustria, con particolare attenzione al fattore cru.dale rap
J'
presentato dalla forza-lavoro. /
1. Localizzazione e investimenti /,/
I I,,
Secondo la teoria weberiana cla,Lca della localizzazione, la 'scelta del luogo' è il punt6 di partenza per l' analisi della localizzazione. Ciò sigiµtica che il problema della localizzazione è visto princip9-1inente come un problema di allocazione - di ottimizz�&ione spaziale (massimizzazione dei profitti) in base plla distribuzione dei mercati e dei fattori della produziqne. Il modello di riproduzione capitalistica descritto n�la parte I, da un lato, suggerisce come punto di parte.ç1.za per la teoria della localizzazione, l'impegno di capitpfe monetario, ossia le scelta degli investimenti (seziope I, 5). Oltretutto, si tratta di un punto nel tempo che 1f'on può essere isolato o congelato: costituisce un mo17rènto nella circolazione continua del capitale (sezione J, 4J Gli investimenti, ossia la trasformazione di capitale m
10netario in elementi della produzione, è una
fase� d l Jrcuito del capitale industriale, D-P-M-D' (sezione I 4). Il «problema della localizzazione» sorge quan il capitale diventa capitale produttivo (P), perché la pr�uzione implica un insieme di elementi fissi - stabilipenti, uffi_ci, neg��i, macchine - ?:e de_vono essere effe�1vamente 1mmob1h per essere utilizzati 15•
( La teoria neoclassica della localizzazione prende in /�onsiderazione un solo aspetto dell'intero circuito, D-P-M-
15 Non consideriamo, in questo caso, gli adattamenti che intervengono nella circolazione del capitale, materie prime, magazzini e forza-lavoro, anche se questi possono rappresentare spesso i fattori più importanti per i mutamenti di breve periodo della localizzazione del-1' attività econonùca (Woodbury, 1953; James e Huges, 1973).
Lo spazio del capitale 165
AA.VV., Giovanna Vertova (a cura di), Lo Spazio del capitale, Editori Riuniti, Roma, 2009