II RICERCA SU L’IMMAGINE DELLA SICILIA NELLA STAMPA ... · 4 sempre nella condizione di prima”...
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II RICERCA SU L’IMMAGINE DELLA SICILIA NELLA STAMPA NAZIONALE E
LOCALE
di Salvatore Costantino e Cirus Rinaldi
L’ISOLA PLURALE
Dicono gli atlanti che la Sicilia è un'isola e sarà vero, gli atlanti sono libri d'onore. Si avrebbe però
voglia di dubitarne, quando si pensa che al concetto d'isola corrisponde solitamente un grumo
compatto di razza e costumi, mentre qui tutto è dispari, mischiato, cangiante, come nel più ibrido dei
continenti. Vero è che le Sicilie sono tante, non finiremo mai di contarle. Vi è la Sicilia verde del
carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea
della lava. Vi è una Sicilia «babba», cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia «sperta», cioè
furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una
frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di
carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio...
Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la
grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ragione e la magia, le temperie
del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un
bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del
mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il
filo del proprio destino.
Capire la Sicilia significa dunque per un siciliano capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma
significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l'oscillazione fra claustrofobia e
claustrofilia, fra odio e amor di clausura, secondo che ci tenti l'espatrio o ci lusinghi l'intimità di una
tana, la seduzione di vivere la vita come un vizio solitario. L'insularità, voglio dire, non è unga
segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della
stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere
diversi.Diversi dall'invasore (che è più alto: il normanno non si può prenderlo a pugni, si può solo
colpirlo al ventre con un coltello...); diversi dall'amico che viene a trovarci ma parla una lingua
nemica; diversi dagli altri, e diversi anche noi, l'uno dall'altro, e ciascuno da se stesso. Ogni siciliano
è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l'isola tutta è una mischia di
lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare incredibile,
inaccettabile la morte. Altrove la morte può forse giustificarsi come l'esito naturale d'ogni processo
biologico; qui appare uno scandalo, un'invidia degli dei.
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Da questa soperchieria del morire prende corpo il pessimismo isolano, e con esso il fasto funebre dei
riti e delle parole; da qui nascono perfino i sapori cupi di tossico che lascia in bocca l'amore. Si
tratta di un pessimismo della ragione, al quale quasi sempre s'accompagna un pessimismo della
volontà. Evidentemente la nostra ragione non è quella di Cartesio, ma quella di Gorgia, di
Empedocle, di Pirandello. Sempre in bilico fra mito e sofisma, tra calcolo e demenza; sempre pronta
a ribaltarsi nel suo contrario, allo stesso modo di un'immagine che si rifletta rovesciata nell'ironia di
uno specchio.
Il risultato di tutto questo, quando dall'isola non si riesca o non si voglia fuggire, è un'enfatica
solitudine. Si ha un bel dire che la Sicilia si avvia a diventare Italia (se non è più vero, come qualche
savio sostiene, il contrario). Per ora l'isola continua ad arricciarsi sul mare come un'istrice, coi suoi
vini truci, le confetture soavi, i gelsomini d'Arabia, i coltelli, le lupare. Inventandosi i giorni come
momenti di perpetuo teatro, farsa, tragedia o melodramma. Ogni occasione è buona, dal comizio alla
partita di calcio, dalla guerra di santi alla briscola in un caffè.
Fino a quella variante perversa della liturgia scenica che è la mafia, la quale, fra le sue mille
maschere, possiede anche questa: di alleanza simbolica e fraternità rituale, nutrita di tenebra e nello
stesso tempo inetta a sopravvivere senza le luci del palcoscenico.
È da questa dimensione teatrale del vivere che ci deriva, altresì, la suscettibilità ai fischi, agli
applausi, all'opinione degli altri (il terribile «uocchiu d'e gghenti», l'occhio della gente); e la
vergogna dell'onore perduto; e la vergogna di ammalarsi...
Non è tutto, vi sono altre Sicilie, non finiremo mai di contarle.
Questo libro ne presenta qualcuna.
Gesualdo Bufalino, 1993:5-6
1. Comunicare la Sicilia, rappresentare il cambiamento
In una recente riflessione su “Le immagini del Mezzogiorno” [Cfr. G. Gribaudi, 1999], si
analizzano acutamente i processi attraverso cui si è costruita la "rappresentazione" del
Mezzogiorno e della Sicilia: “All'esterno e all'interno c'è stata l’assunzione dell'immagine di
arretratezza. Le informazioni sono state inserite in questo quadro. Se non erano congruenti,
venivano tradotte o adattate, oppure messe da parte. [...] Tali immagini si costruiscono nel
dialogo Nord-Sud ma sono i meridionali i primi a credervi, ad appropriarsene. [...] Quando
interpretiamo uno 'sconosciuto', lo facciamo a partire da una certa organizzazione simbolica,
lo inseriamo in un sistema di significati che fa parte di un bagaglio culturale costruito in un
determinato contesto storico e nel corso della vita. Spesso scegliamo solo le informazioni
coerenti con l'immagine precostituita; così la rappresentazione si rafforza, in un circolo
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vizioso, diventa realtà, nella misura in cui il rappresentato la accetta e, più debole, finisce per
identificarvisi, la assume come propria" (ibidem: 108-109).
In questo modo viene a formarsi la rappresentazione di un Sud “simbolico, plasmato dai testi
accademici, giornalistici e letterari, e dalla loro ricezione nella sfera pubblica” (Morris 1999
cit.: 22).
Le pagine che seguono, nell’introdurre la presente ricerca, sono da intendersi come occasione
e possibilità di ridiscutere l’immagine e l’identità della Sicilia, spesso deformata, idealizzata,
mitizzata, solo poche volte corrispondente alla realtà.
Nel caso della Sicilia troppo spesso realtà e rappresentazione si mescolano sino a smarrire i
confini distintivi; per questo è necessario smontare e decostruire le immagini, le
interpretazioni, i paradigmi e gli stereotipi che storicamente e socialmente hanno definito la
Sicilia, per cercare di ricostruire un rapporto più diretto con la realtà siciliana.
Bisogna partire pertanto proprio dalla "decostruzione" di immagini della Sicilia associate a
dimensioni disfunzionali del sistema politico, economico e socio-culturale che nel tempo si
sono tradotte in stereotipi e cristallizzazioni simboliche che hanno rallentato, se non arrestato,
i processi di crescita e di sviluppo.
Si tratta. insomma, - come diceva Gesualdo Bufalino aderendo alla decrizione brancatiana
della Sicilia dei mille caratteri - di comunicare non una ma “cento Sicilie”, quella Sicilia che
soffre di “un eccesso d’identità”; che “continua ad arricciarsi sul mare come un’istrice coi
suoi vini truci, le confetture soavi, i gelsomini d’Arabia” [Bufalino, 1993: 6].
La rappresentazione della Sicilia ha fatto ampio ricorso a stereotipi negativi, a cliché e a
immagini cristallizzate che hanno pesato sull’autodescrizione come percezione e
razionalizzazione della storicità e dell’evoluzione della propria identità.
Tali mistificazioni hanno pesato non solo nell’immaginario collettivo, ma hanno posto una
tara anche nei confronti dei risultati e delle analisi delle scienze sociali, all’interno di queste
alcune ricerche di natura economico-sociale (Cersosimo, Donzelli, 2000) e le ricerche sulle
rappresentazioni stereotipate della Sicilia nei mass media (Costantino, Marrone, Trobia, 1999)
hanno offerto interessanti spunti di riflessione.
Per poter introdurre la questione appare opportuno tener conto innanzitutto del processo
interattivo e del contesto storico culturale che ha dato vita alle immagini per comprendere
davvero la storia del Mezzogiorno.
Francesco Renda riferendosi a questo quadro ha parlato della Sicilia come “realtà
sequestrata”, [Renda, 2000, 59] come “vuoto movimento ove tutto cambiava per rimanere
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sempre nella condizione di prima” . E forse la portata di questo sequestro è duplice anche nel
senso che la Sicilia è stata tagliata fuori dall’Europa e contemporanemente dal Mediterraneo.
“L’isola non abbastanza isola” di Borgese era rimasta, anche nel pensiero prodotto dai
siciliani su se stessi , come ha sostenuto Sebastiano Aglianò, isolata. Per troppo tempo la
Sicilia non è stata comunicata ma “replicata”, non è stata de-scritta, ma pre-scritta.
Ci siamo trovati di fronte ad un perverso stallo analitico che è diventato, il più delle volte, un
pesante ostacolo alla comprensione del cambiamento e ha spinto a considerare la Sicilia
come un blocco monolitico (Cersosimo, Donzelli, 2000).
Il nodo centrale della questione risiede pertanto sulla necessità di analisi e di conoscenza
scientifica dei fatti relativi alla Sicilia, partendo dalla “decostruzione” di immagini della
Sicilia associate a dimensioni disfunzionali del sistema politico, economico e socio-culturale
che nel tempo si sono tradotte in stereotipi e cristallizzazioni simboliche che hanno rallentato,
se non arrestato, i processi di crescita e di sviluppo.
Tra gli obiettivi da perseguire sia sul versante della riflessione e dell’analisi scientifica, sia su
quello dell'azione e delle scelte politiche, c'è sicuramente la ridefinizione e la rifondazione di
un immaginario collettivo non più caratterizzato da clientelismo, arretratezza, sottosviluppo,
conservatorismo, come “forme simboliche” sclerotizzatesi non soltanto nello sguardo dell’
’altro’ ma soprattutto nei processi di auto-rappresentazione degli stessi siciliani.
Oggi il discorso sulla Sicilia si va facendo sempre più differenziato e approfondito.
Probabilmente si è fatta più matura la convinzione che la riflessione sulle potenzialità della
Sicilia faccia ormai parte integrante dello sforzo progettuale dell’individuazione-
rivendicazione di una nuova, positiva e aperta identità siciliana. Su quale capitale sociale e
culturale essa può fare leva , quali risorse di fiducia e di cooperazione saprà mobilitare? C’è
un modo per sentirsi “siciliani”, senza con ciò sentirsi “altri”, “esclusi”, “diversi”?
Pensare, dunque, la Sicilia “normale” che mette in movimento processi reali di sviluppo e
che consentano una efficace rappresentazione di sé oltre le rappresentazioni caricaturali e
univoche di una Sicilia tutta familista, clientelare, uncivic.
Proprio in questa prospettiva, è necessario far emergere le energie latenti del Mezzogiorno,
superare la logica della mera predica, per far conoscere e comunicare la Sicilia che lavora e
riesce, che pensa e progetta1, .
1 Si pensi alle recenti esperienze siciliane di sviluppo che hanno successo e che possono fungere da meccanismi trainanti, innescando fenomeni di “diffusività” dello sviluppo, si fa riferimento in particolare alla produzione vinicola di qualità siciliana che sembra muoversi nell’ambito di questi circuiti virtuosi. La viticoltura siciliana, per lungo periodo unilateralmente dedita alla produzione di vini da taglio, ha saputo, pur lentamente, migliorare la qualità del vigneto, le tecniche di cantina e la sperimentazione fino a delineare la fase attuale caratterizzata da grande espansività: formazione di ceti imprenditoriali innovatori, miglioramento delle tecnologie e della qualità
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Leonardo Sciascia sosteneva che la scrittura aveva consumato nell’isola tutti i codici e ogni
presa descrittiva, nella convinzione che sulla Sicilia era impossibile scrivere, e che su di essa
si potesse solo riscrivere. Ma questa impossibilità è riferita alla saturazione raggiunta dai
linguaggi del mito, delle tragiche pratiche della violenza e dello stragismo mafiosi, del
trasformismo politico e della depressione. E’ possibile scrivere della Sicilia legando i
processi postfordisti di crescita esponenziale dell’economia dell’informazione e della rete, la
Net economy?
Si tratta di ripensare la Sicilia attraverso una visibilità centrata sui processi reali e non tutta
consumata, come spesso accade, nei riti della mediatizzazione e della spettacolarizzazione.
Si deve tornare a scrivere sulla Sicilia “normale”, a immaginarla senza trascurare la memoria
ma facendo attenzione a non irrigidirla, a non sovraccaricarla sino a renderla un fardello che
impedisce l’azione e l’innovazione, una sorta di alibi per il “non fare”, per l’immobilismo,
chiudendo lo spazio al futuro. La memoria va considerata, invece, come risorsa fondamentale
nel processo di costruzione di una identità positiva della Sicilia, un “attributo strategico” e
“input immateriale dello sviluppo socio-economico localizzato” (Cersosimo, Donzelli, 2000:
264), badando però che la medesima non diventi, attraverso processi di stereotipizzazione e di
mitizzazione, sostituito cristallizzato e monolitico di processi reali e differenziati.
In tale contesto i mass-media svolgono una funzione di primo piano nella costruzione sia a
livello individuale che collettivo di frame, script, mappe cognitive, rappresentazioni
simboliche fondamentali non solo per guidare i comportamenti sociali e favorire la
comprensione della società nel suo insieme, ma anche, nello specifico, variabili chiave nel
processo di costruzione delle reputazioni individuali e collettive, principali sacche simboliche
di quel capitale d’opinione sul quale fondare una società civile reale e ridefinire progetti e
programmi.
“Le interpretazioni che le news offrono al pubblico ricostruiscono quindi mondi sociali, storie
ed escatologie, evocano motivi di preoccupazione e di speranza, suggeriscono assunti per
decidere cosa notare e cosa ignorare, chi sia da considerare rispettabile o eroico e chi no. Le
notizie si soppiantano a vicenda e a loro volta traggono il proprio significato da altri resoconti
o da altre notizie sempre nel contesto di una certa prospettiva storica e ideologica. Non
del prodotto, diversificazione produttiva e, quindi, allargamento del mercato con la crescita notevole della internazionalizzazione delle imprese vinicole siciliane specie per il settore dei vini fini in bottiglia. La formazione di ceti imprenditoriali che puntano con decisione sull’innovazione e sulla qualità ha innescato un processo di valorizzazione del territorio in cui operano, stimolando la formazione di relazioni, per molti versi, inedite tra economia, storia, cultura, patrimonio artistico e ambientale. Questo processo di sviluppo della produzione vinicola di qualità si accompagna alla riscoperta del nostro immenso capitale culturale (si veda Costantino, Artista (a cura di) 2003).
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stupisce quindi che i vari gruppi di interesse tentino di modellare contenuti e forme delle
news, di quelle televisive e di quelle stampate, poiché creare un mondo dominato da un
gruppo specifico di problemi significa creare nello stesso tempo consenso nei confronti di
determinati corsi di azione" (Edelman, 1992: 32).
Fiducia, immagine, reputazione ed informazione diventano le parole-chiave di una nuova
idea di sviluppo. Spesso i media hanno determinato un’immagine statica e fuorviante e dello
sviluppo nell’isola e dei principali processi socio-culturali che in essa hanno luogo,
pervenendo alla costruzione di un’identità culturale siciliana in piena simbiosi con una certa
rappresentazione di arretratezza associata ad immagini del crimine organizzato molto più
affini alla fiction e a certe produzioni cinematografiche americane e nostrane (Beare, 2000;
Lawton, 2002; Albano, 2003) piuttosto che ad una lettura della diversità meridionale e
siciliana in particolare.
In tal senso si può ipotizzare che i mass-media contribuiscano a formare rappresentazioni
sociali dei fenomeni che, nel caso della ‘messa in scena’ dello sviluppo e delle immagini
legate al Sud, hanno sovente rappresentato distorsioni che si frappongono come pesanti
ostacoli ad una piena ed equilibrata comprensione dei processi di cambiamento che hanno
luogo in Sicilia.
Serge Moscovici (1989) introduce, modificando il concetto durkheimiano di rappresentazioni
collettive, la nozione di rappresentazioni sociali. Queste ultime vengono definite come
modalità di conoscenza che permettono non solo l’elaborazione dei comportamenti ma che
favoriscono altresì che abbia luogo la comunicazione tra gli individui semplificando la
complessità della in immagini facilmente veicolabili e trasmissibili. La funzione principale
delle rappresentazioni sociali sarebbe orientata all’ordinare la realtà attraverso categorie per
prevenire il disorientamento e la dissonanza.
Le rappresentazioni sociali sono definibili pertanto quali «[…] teorie ingenue, proprie del
senso comune, che esprimono sistemi di valori, convinzioni e norme di comportamento, dotati
della duplice funzione di organizzare la percezione del mondo e di servire da codice condiviso
per la comunicazione sociale e gli scambi interpersonali» (Palmonari, 1989: 189), «una forma
di conoscenza, socialmente elaborata e condivisa, avente un fine pratico e concorrente alla
costruzione di una realtà comune ad un insieme sociale» (Jodelet 1992, 48).
Le rappresentazioni sociali pertanto costituiscono dei processi socio-cognitivi di costruzione
simbolica della realtà, non bisogna considerarle esclusivamente come idee, concetti o
credenze su un dato fenomeno o un evento sociale. Esse rappresentato le risorse che gli
individui e i gruppi utilizzano al fine di comprendere, classificare e prendere posizioni rispetto
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alla realtà sociale, costituendo specifiche modalità di organizzazione dell’esperienza e di
‘narrazione’ al fine di rendere familiare ciò di cui difficilmente si può rendere conto.
Oggi, in particolar modo, bisogna prestare particolare attenzione ai mass media, e alla loro
funzione riproduttiva e integrativa: "c'è un continuo bisogno di ri-costituire il 'senso comune'
o la forma di comprensione che crea il substrato di immagini e significati senza i quali
nessuna collettività può operare" (Moscovici, 1989, 40).
I mass-media diffondendo rappresentazioni della realtà sociale contribuiscono non solo a
rendere disponibili presso la collettività risorse simboliche, ma coadiuvano le
rappresentazioni sociali riprodotte a convezionalizzare gli oggetti (Moscovici, 1989:27) e ne
favoriscono il carattere di prescrittività.
Attraverso esse diamo forma alla realtà, la rendiamo più facilmente riconoscibile, più
facilmente adattabile alla nostra rappresentazione di essa, la modelliamo secondo le nostre
immagini e «persino quando una persona o un oggetto non si conforma precisamente al
modello, li forziamo ad assumere una data forma, a entrare in una data categoria, anzi a
divenire identici ad altri anche a rischio di non capirli né decodificarli» (Moscovici, 1989:
27). «[…] lo scopo di tutte le rappresentazioni è quello di rendere qualcosa di inconsueto, o
l’ignoto stesso, familiare» (Moscovici, ibidem:45).
Esse sono dotate di una particolare “forza”, «[…] forza che è la combinazione di una struttura
che è presente addirittura prima che noi cominciamo a pensare e di una tradizione che
stabilisce cosa dobbiamo pensare» (Moscovici, ibidem).
Esse possono essere definite, tenendo conto di quanto finora detto, come «[…] sistemi di
valori, idee e pratiche con una duplice funzione: primo stabilire un ordine che permetta agli
individui di orientarsi all’interno del loro mondo materiale e sociale e di controllarlo;
secondo, permette che la comunicazione abbia luogo tra i membri di una comunità
fornendogli un codice per lo scambio sociale e un codice per nominare e classificare in modo
non ambiguo i vari aspetti del loro mondo e della loro storia individuale e di gruppo»
(Moscovici, 1973:XIII; traduzione mia)2.
L’elaborazione di una rappresentazione sociale è determinata da due fondamentali processi
generatori: l’ancoraggio (ancrage) e l’oggettivazione (objectivation). Per ancoraggio
s’intende quel processo di inserimento di un qualcosa o di qualcuno sconosciuto o minaccioso
in un quadro contestuale in modo da poterlo interpretare e controllare. Moscovici lo definisce
2 “[…] systems of values, ideas and practices with a twofold function: first to establish an order which will enable individuals to orientate themselves in their material and social world and to master it; and secondly to enable communication to take place among the members of a community by providing them with a code for social exchange and a code for naming and classifyng unambigously the various aspects of their world and their individual and group history” ( Moscovici, 1973, p.XIII).
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come quel «[…]processo che porta qualcosa di estraneo e disturbante che ci riguarda nel
nostro particolare sistema di categorie e lo confronta con il paradigma di una categoria che
riteniamo adatta» (Moscovici,1989:51).
Il processo di ancoraggio si definisce attraverso le dinamiche di classificazione e di
categorizzazione, attraverso le quali si determina un modello al quale riferire, nelle interazioni
sociali, un specifico comportamento (evento, oggetto, fenomeno) e dal quale far derivare
adeguamenti e di scostamenti e relative forme di sanzione.
«Nella misura in cui un dato oggetto o una data idea è confrontato con il paradigma di una
categoria, esso acquisisce le caratteristiche di quella categoria ed è ri-accomodato per
riadattarsi ad essa. Se la classificazione così ottenuta è generalmente accettata, allora qualsiasi
opinione che si riferisca a quella categoria si riferirà anche a quell’oggetto o a quell’idea»
(ibid., 51-52)3.
I sistemi di classificazione e di categorizzazione non servono esclusivamente a classificare o
assegnare ed etichettare persone, gruppi o oggetti, essi servono piuttosto a semplificare e
facilitare l’interpretazione e la comprensione di caratteristiche ed interazioni dietro i
comportamenti della gente e a formare opinioni ( Moscovici, 1989:59).
Il processo di oggettivazione consiste nell’incorporamento di concetti e fenomeni che non
sono chiari in realtà concrete e facilmente percepibili: «Oggettivare significa scoprire la
qualità iconica di un’idea o di un essere imprecisi, riprodurre un concetto in un’immagine»
(Moscovici, 1989:61; corsivi miei).
Attraverso il processo di oggettivazione viene estratto dal concetto da agire un “nucleo
figurativo” con la funzione di riprodurre per immagini l’invisibile. Tali immagini –facilmente
utilizzabili e fruibili- vengono utilizzate nelle comunicazioni intra e inter-sistemiche
quotidiane: assumendo il ruolo di principale materiale di scambio dei sistemi comunicativi
sociali, definiscono la funzione strumentale del fenomeno considerato (Palmonari, 2002:84)4.
3 Moscovici continua a riguardo specificando che : “Ancorare è, quindi, classificare e dare un nome a qualcosa. Le cose che non sono classificate e sono prive di un nome sono aliene, inesistenti e, nello stesso tempo, minacciose.[…]. Classificando ciò che non è classificabile, assegnando un nome a ciò che è innominabile, noi siamo in grado di immaginarcelo, di rappresentarcelo. Difatti, la rappresentazione è, fondamentalmente, un sistema di classificazione e di denotazione, di assegnazione di categorie e nomi. La neutralità è proibita proprio dalla logica del sistema in cui ciascun oggetto ed essere deve avere un valore positivo o negativo ed assumere un dato posta in una gerarchia chiaramente graduata. Quando classifichiamo una persona tra i nevrotici, gli ebrei o i poveri, ovviamente non stiamo semplicemente enunciando un fatto, ma la stiamo valutando ed etichettando. E , così facendo, riveliamo la nostra «teoria » sulla società e sulla natura umana” (Moscovici,1989:52) 4 Moscovici ed Hewstone (1983) identificano altri aspetti del processo di oggettivazione: la personificazione, ovvero l’associazione di idee e/o teorie a personalità che ne diventano simbolo e la figurazione, ovvero la sostituzione che il senso comune opera di nozioni complesse con immagini e metafore
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I mass-media hanno spesso trascurato le interpretazioni di una Sicilia articolata, differenziata,
tendendo ad unificarla in una rappresentazione totalizzate in cui si sono condensati e appiattiti
mito, folclore, tipi antropologici, storia, identità e immaginario collettivo.
Ogni rappresentazione sociale implica la considerazione della sua componente immaginaria:
l’immaginario sociale è da considerarsi componente fondamentale nelle analisi sociologiche e
specifica prospettiva di ricerca (Durand, 1993; Fourastié e Jaron, 1993).
“[…] le immagini che le persone hanno le une delle altre sono i solidi fatti della società”,
afferma Charles H.Cooley e continua: “Non intendo che la società debba essere studiata
meramente attraverso l’immaginazione – […] – ma che l’oggetto di studio è innanzitutto
un’idea immaginativa o un gruppo di idee nella mente, che dobbiamo immaginare le
immaginazioni. L’intima comprensione di ogni fatto sociale risiederà nella necessità di intuire
ciò che gli uomini pensano l’uno dell’altro” (Cooley,1992: 121-122; corsivo nel testo;
traduzione mia)5.
Le immagini come solidi fatti sociali ci guidano nell’analisi dei fenomeni sociali così come
essi vengono immaginati, rappresentati, elaborati, processati come concetti culturali:
attraverso lo studio di tali relazioni si possono decodificare i significati sociali e le immagini
attribuiti alla Sicilia e nei media e nelle analisi scientifiche.
Allorquando un fenomeno acquista significato sociale e viene elaborato e diffuso come tale, è
allora che diventa cosa: “E’ parso necessario affermare che i fatti sociali non sono cose. Ciò
che va detto, ovviamente, è che le cose sociali non sono cose: non sono cose sociali e non
sono queste « cose » se non in quanto «incarnano», anzi raffigurano e presentificano,
significati sociali. Le cose sociali sono ciò che sono per mezzo dei significati che esse
raffigurano, immediatamente o mediatamente, direttamente o indirettamente” (Castoriadis,
1995: 251).
L’esistenza di un fenomeno e la sua rilevanza e significatività sociale sono acquisite nel
momento in cui esso è sottoposto al vaglio di senso della società, nel momento in cui è
processato in termini di valore e di utilità di scambio comunicativo, finché esso non è pensato,
immaginato socialmente, comunicato6.
“Reciprocamente, i significati immaginari sociali esistono entro e attraverso le « cose »-
oggetti e individui- che li rendono presenti e li raffigurano, direttamente o indirettamente,
5 «I do not mean merely that society must be studied by imagination – that is true of all investigations in heir higher reaches- but that the object of study is primarily an imaginative idea or group of ideas in mind, that we have to imagine imaginations. The intimate grasp of any social fact will be found to require that we divine what men think of one another» (Cooley, 1992: 121-122) 6 Scrive Cooley che persino una persona in carne ed ossa non è essere sociale finchè non viene immaginata come tale (Cooley 1992: 123 ss)
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immediatamente o mediatamente. Non possono esistere se non mediante la loro
«incarnazione», la loro «inscrizione», la loro presentazione e raffigurazione entro e attraverso
un reticolo di individui e oggetti cui essi «danno forma» -[…]- individui e oggetti che
esistono in generale e sono ciò che sono solo grazie a tali significati” (Castoriadis, ibid.)7.
Henri Tajfel sostiene che “[...] l’inclusione di un evento o oggetto in una categoria dipende
dall’interpretazione che diamo della situazione stessa e ciò comporta che la realtà non sia
colta “così com’è”, ma venga costruita dai nostri sistemi categoriali: la produzione di
categorie è influenzata dalla tradizione culturale, poiché è il sistema culturale che rende
possibile l’esperienza dei singoli” (Tajfel, 1995²:163).
1.1 L’isola tra carta e celluloide
I media sono espressione ed insieme determinanti del sistema culturale. Nel corso della nostra
discussione si è tenuto conto di alcune delle principali distorsioni, facendo soprattutto
riferimento ai discorsi dell’analisi scientifica centrati sullo sviluppo, cui è stata sottoposta
l’analisi dei fenomeni legati al Mezzogiorno e alla Sicilia in particolare, ma è soprattutto nella
produzione cinematografica (Pezzini, 1997; Lawton, 1995, 2002; Albano, 2003; Dal Cerro,
1997; Beare, 2000) e letteraria (Onofri, 1996) che il processo di sviluppo dell’isola è stato
acriticamente associato al binomio “Sicilia=mafia”.
Isabella Pezzini (1997) fornisce una interessante sintesi della rappresentazione del criminale
nella letteratura, nel cinema e nelle produzioni televisive.
Secondo la Pezzini è con la serie de Il Padrino di Francio Ford Coppola che la mafia viene
raccontata con le forti tinte spettacolarizzanti di“megaproduzione e film-evento” [Pezzini,
1997: 102], e “[…] a partire dalla prospettiva dei personaggi mafiosi, i protagonisti indiscussi
e “umani, troppo umani” della rappresentazione [Pezzini, ibidem: 93].
7 «Così la perturbazione esprime il conflitto dei valori sempre presente nel corpo sociale e nello stesso tempo lo ritualizza , gli conferisce una forma accettabile e «passabile». In un certo senso l’effervescenza è il conflitto di passioni vissuto in modo omeopatico. Rifiutare questa procedura, che può assumere forme molto diverse, significa esporsi a un ritorno del represso, significa incoraggiare l’esplosione brutale e sanguinaria. Resistendo puntualmente al potere, trasgredendone le norme stabilite, l’effervescenza, con una presa di processo a lungo termine quasi intenzionale, permette quindi che la trama sociale allentata si tenda nuovamente, essa richiama tutto ciò che costituisce la specificità e la caratteristica di una comunità. […] è certo che queste manifestazioni sono tutt’altro che ragionevoli, e ciò perché esse moltiplicano la «parte d’ombra» che per la maggior parte del tempo è isolata, imprigionata nel corpo stesso. Tale coniugazione permette di spiegare le figure dell’eccesso. In fin dei conti queste ultime ricordano che al di là dei principi di utilità o di realtà in tutte le loro forme, esiste una pregnanza dell’immaginario che è inutile dimenticare o occultare. […]. La conclusione che si può trarre da tutto ciò è che il disordine, il crimine o la catastrofe, che esistono in tutti i modi, sono molto più sopportabili quando vengono messi in scena» (Maffesoli, in Grandi et al., 1985: 184).
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La serie costituirà uno specifico genere cinematografico che contribuirà “[…] l’inevitabile
consolidarsi di stereotipi e di mitizzazioni” [Pezzini, ibidem: 102], favorendo altresì un serie
innumerevole di pellicole che ne scimmiotteranno i tipi antropologici (Dal Cerro, 1997;
Lawton, 2002).
La produzione cinematografica italiana in un’ottica di impegno e di denuncia, pur affiancate
da esigenze di spettacolarizzazione, si caratterizzerà per gli esempi di ricostruzione
documentaristica (Il sasso in bocca di Ferrara, 1970); storica (Il Prefetto di ferro, 1977, di
Squittieri, autore anche di Camorra, 1972 e Corleone, 1978; Il caso Pisciotta di Eriprando
Visconti, 1972); legata alla cronaca e alla visione di genere (La moglie più bella di Damiani,
1970, riprende il caso di Franca Viola che rifiuto di sposare il suo rapitore; Un uomo in
ginocchio, 1979).
Va segnalato Lucky Luciano di Rosi sulla storia di Salvatore Lucania: come nel caso di
Salvatore Giuliano, 1963 (in cui l’opera cinematografica viene utilizzata come “strumento di
conoscenza e di investigazione”), “Rosi è ben attento a non indulgere alla spettacolarità e a
non conferire nessun alone romantico a un personaggio “gelido e spietato”, della cui
psicologia si disinteressa per concentrarsi sulle sue azioni” [Pezzini, ibidem: 102-103].
Successivamente la mafia comincia ad essere un tema costantemente riproposto dalla
programmazione televisiva, “caratterizzato per il momento soprattutto da uno scrupolo
pedagogico, attento alla ricostruzione storica” [Pezzini, ibidem: 93].
Nel 1979, con La mano negli occhi, una storia di mafia, tratta dal romanzi di Andrea
Camilleri, Il corso delle cose, la fiction “insiste sugli aspetti di costume e di mentalità
collegati al fenomeno mafioso: le abitudini alla menzogna, ipocrisia, paura, omertà quella
costellazione che lo stesso Sciascia aveva ascritto al “sentire mafioso”, distinto ma
socialmente contiguo alla vera e propria criminalità” [Pezzini, 1997: ibid.].
E’ con lo sceneggiato La Piovra, una serie di 7 storie (dal marzo 1984 al marzo 1995) alla
spettacolarità e alla costruzione di una dimensione mitica della lotta contro la mafia,
polarizzata sullo scontro tra buoni e cattivi” [Pezzini, 1997: ibidem].
Su La Piovra scrive Pezzini: “Si tratta inoltre di un programma che vuole essere popolare, e
dunque non mancano intrecci amorosi, ambienti patinati, psicologie semplificate, ricorso a
tutti gli stereotipi di genere: ingredienti che, secondo alcuni, rischiano di avere la meglio sugli
aspetti di denuncia , e trasformare troppo la lotta alla mafia in un “polpettone” televisivo,
delegandone ad esso la risoluzione” [Pezzini, 1997: 114].
Ben Lawton (2002) considera, ad esempio, quanto l’immagine del criminale nelle produzioni
cinematografiche americane degli anni Trenta fosse stato associato ai siciliani (e agli italo-
12
americani in generale) in un particolare momento storico (l’indomani del Proibizionismo) e
con l’avvento del sonoro nel cinema, elemento quest’ultimo che non solo rese più visibili i
siciliani e gli italo-americani, stereotipandoli negativamente, ma che aumento l’affluenza di
pubblico in sala ed inoltre.
“Era inevitabile che, nella ricerca di soggetti per il nuovo mezzo tecnologico, il già esistente
genere sui gangster venisse incluso. Il sibilare dei proiettili, l’ululare delle sirene e lo stridio
dei pneumatici sembrava fatto apposta per rivitalizzare un genere che stava languendo”
(Lawton, 2002: 89).
Lo stereotipo dell’italiano vendicativo, rozzo e maldestro fu utilizzato pertanto per interessi di
tipo economico, in maniera funzionale all’uso di nuove tecnologie (sonoro) e di
rappresentazioni ‘etno-centrate’ del crimine e della malavita.
“[…] grazie alla “magia del cinema”, gli italo-americani non solo divennero de facto negli
Stati Uniti l’unica organizzazione criminale strutturata su basi etniche, ma cominciarono
anche a essere percepiti come bestioni un po’ zotici e buffoni completamente privi di
cervello”(Lawton, ibidem: 94), in alcuni casi si può parlare di rappresentazioni xenofobe e
razziste (Canadé Sautman, 2002).
Qui si ipotizza che a favorire l’immagine del siciliano e dell’italo-americano mafioso abbia
contribuito pesantemente il ruolo del cinema, della fiction e di altri prodotti mediatici che
sovente hanno enfatizzato del crimine la componente edonistico-spettacolare che, pur
affascinando e ‘catturando’ pubblico, ha ingabbiato la Sicilia nelle maglie strette delle
stereotipie, ostacolando, tra l’altro, un’analisi scientifica del fenomeno della criminalità
organizzata.
13
Secondo Margaret E. Beare, criminologa canadese, lo stesso paradigma della cospirazione8
(“alien-conspiracy” model ovvero “evil empire perspective”) ha messo in guardia nei
confronti dei pericoli derivanti da “profezie che si auto-avverano” nella trattazione e
nell’analisi dei fenomeni criminali organizzati: il problema consisterebbe allora nella
definizione di crimine organizzato così come concepito non solo in ambito prettamente
legislativo bensì secondo le principali rappresentazioni sociali del fenomeno. “ La “visione”
come raffigurata dai media/cinema, la polizia o i politici diventa ciò che il crimine
organizzato è.” (Beare, 1999).
2. La Sicilia tra media framing e rappresentazione
Il modo in cui i mass-media, e la stampa in particolare, rappresentano le vicende della vita
quotidiana hanno un impatto significativo sul modo in cui la stessa realtà sociale è esperita ed
agita dalla gente.
Infatti “Il discorso dei media è parte del processo attraverso il quale gli individui costruiscono
il senso, e l’opinione pubblica è parte del processo attraverso il quale i giornalisti […]
sviluppano e cristallizzano il senso nel discorso pubblico” (Gamson e Modigliani, 1989: 2).
La ricerca sull’agenda setting (McCombs, 1981; McCombs e Shaw, 1972) aveva dimostrato
le modalità attraverso le quali le issue individuate nei quotidiani divenissero
8 Le prime definizioni di crimine organizzato si ebbero intorno agli anni Venti e soltanto nel 1967 che la definizione del concetto divenne ufficiale attraverso le discussioni di sei famosi ricercatori – tra loro di diversa estrazione disciplinare e formazione metodologica- riunitisi nella Commissione presidenziale per il Crimine Organizzato negli USA. Tra questi Ralph Salerno e Donald Cressey presentarono quella che sarebbe stata conosciuta come la prospettiva tradizionale o del law enforcement, conosciuta più diffusamente sotto l’etichetta di teoria della cospirazione. I lavori della commissione servirono a “ solidificare una particolare visione o versione di ciò che il ‘ crimine organizzato’ era in nord America”: la posizione preponderante rappresentata dagli assunti principali su cui si basavano i lavori di Cressey fu ampiamente dibattutta all’interno della comunità scientifica e degli apparati legislativi. Le caratteristiche del crimine organizzato (La Mafia o La Cosa Nostra ) individuate da Cressey ed inclusi nel dibattito furono: l’esistenza di un’alleanza a base nazionale di almeno 24 famiglie mafiose fortemente unite che controllano il crimine organizzato negli Stati Uniti; le famiglie appartenevano ad un raggruppamento etico specifico, erano siciliane o discendenti da siciliani; ciascuna famiglia era dotata di una struttura gerarchica – con il numero di livelli determinato dalla complessità e la sofisticatezza della divione del lavoro della organizzazione criminale (Boss; under-boss; lieutenants ; soldiers); tra loro le famiglie erano collegate a commissioni il cui compito principale era di sorveglianza; la confederazione controllava non solo gli affari legali ma anche le operazioni illecite. Le posizioni di Cressey furono ben presto criticate. Dwight Smith , Daniel Bell, Joseph Albini e Alan Block espressero scetticismo rispetto alla esistenza di un fantomatico gruppo cospirativo, composto in maggioranza da individui siciliani o di origine siciliana, fortemente organizzato, singolare ed estraneo. La teoria del crimine organizzato quale cospirazione aveva contribuito ad etichettare gli italo-americani e non aveva pregiudicato né il sistema politico né tanto meno gli operatori di giustizia con accuse di corruzione, esso appariva come funzionale alla rappresentazione di un determinato sistema mediatico piuttosto che rispondere ad esigenze di tipo legislativo.
14
conseguentemente issue e parti consistenti dell’agenda politica pubblica fino a sostenere che i
mass media fanno convergere l’attenzione su certi temi.
I mass media costruiscono l’immagine pubblica dei personaggi politici e presentano
continuamente agli individui nuovi argomenti suggerendo loro “le cose su cui riflettere, su cui
informarsi e sulle quali prendere posizione” (Lang e Lang, 1966: 468 cit. in McCombs e
Shaw, 1994: 62; corsivi miei). Più semplicemente i giornali non ci dicono cosa pensare ma
piuttosto ciò a cui pensare e di cui parlare (Cohen, 1963: 13).
La presentazione e la raffigurazione delle issue avviene all’interno e secondo processi
socioculturali che influenzano profondamente non solo il contesto in cui vengono prodotte ma
agiscono su pubblico, policy-makers e governi.
La teoria del media framing (Scheufele, 1999; Entman, 1993; Gamson, 1989; Pan e Kosicki,
1993; Renard, 2000; Iyengar, 1991) ha tra i propri obiettivi di ricercare le modalità e le
strategie attraverso le quali il contenuto delle notizie è presentato e strutturato, modellato e
reso comprensibile al pubblico, al crocevia di agenda pubblica, agenda del pubblico e agenda
dei media.
A tal proposito appare utile, come suggeriscono McCombs, Shaw e Weaver (1997), concepire
non solo delle connessioni tra l’agenda setting e gli effetti di framing, ma considerare gli
stessi processi di costruzione dei frame come un’estensione dei fenomeni di agenda setting9.
Con la stessa funzione di una cornice che separa la tela dallo spazio e la definisce, per
esempio, rispetto ad una parete, il frame suggerisce ciò che è rilevante e ciò che non lo è
(Epstein, 1973; Altheide, 1976; Altheide e Snow, 1979; Fishman, 1980; Zhondag e Kosicki,
1993).
La nozione di frame è traducibile con cornice, intelaiatura, quadro, modello: esso suggerisce
l’inclusione e l’esclusione, l’impermeabilità e la permeabilità insieme10, la separazione ed il
contatto.
Nella formulazione proposta da Goffman (1974) il concetto di frame si riferisce a schemi di
interpretazione che consentono alle persone di individuare, percepire, scorgere, identificare e
classificare gli ‘eventi dell’informazione’.
9 I tre studiosi utilizzano il concetto di ‘agenda setting di secondo livello’ (‘second-level agenda setting’) per descrivere l’influenza della specifica enfasi (salience) utilizzata dai media sull’interpretazione delle notizie da parte del pubblico. 10 Per una lettura critica del concetto di frame associata alla cibernetica di Bateson e al decostruttivismo di Derrida si rinvia a Zoletto (2003), mentre per una disamina dell’uso del concetto in ambito fenomenologico si consideri De Biasi (2001).
15
I frame consistono in filtri o mappe cognitive che permettono ad un pubblico di interpretare e
valutare un dato messaggio e più precisamente comunicano come interpretare un messaggio,
indicandone le parti che più contano a discapito di altre da ignorare (Gillian e Bales, 2001: 4).
Da un punto di vista prettamente sociologico si considera il concetto di frame per riferirsi sia
al modo in cui il significato è codificato e incorporato in un messaggio (encoding) sia alle
etichette che faciliterebbero la comprensione individuale e collettiva e la strutturazione della
conoscenza secondo modelli basati su esperienze passate, convinzioni, aspettative,
identificazioni e proiezioni.
I frames intervengono pertanto nell’orientare ed organizzare la conoscenza della realtà, il
giudizio sulla realtà, il discorso sulla realtà (Thompson, 1998; van Dijk, 1988; Fairclough,
1995; Fowler, 1991).
I frame sono definibili pertanto come l’interfaccia attraverso cui gli individui si relazionano
con la realtà, i principi di organizzazione che regolano gli eventi e il nostro coinvolgimento
soggettivo al loro interno.
Il modo in cui i giornali, e gli altri media, trattano le varie issue ha un impatto significativo
sulla realtà sociale: “I media costruiscono forme sociali e la storia stessa, strutturando
immagini della realtà (nella fiction ma anche nella notizia) secondo un modello prevedibile”
(McQuail, 20014:330).
Non a caso Hartley (2000) usa il concetto di società redazionale (redactional society) per
avanzare l’idea che la communication research e le scuole di giornalismo dovrebbero
esaminare le pratiche editoriali (e redazionali) per determinare “ciò che (da una società) è
considerato vero, e quali politiche e convinzioni ne derivino” (Hartley, 2000:44).
Hartley nota che il significato della parola ‘redactor’ in altre lingue europee è reso con il
termine ‘editore’ mentre in lingua inglese il verbo ‘redact’ si usa per indicare il
convogliamento di un ragionamento o di un discorso in una determinata forma, il suo
prendere forma verso una direzione11.
Le notizie ci permetterebbero pertanto di comprendere la realtà attraverso processi di
riduzione di complessità, attraverso selezioni predeterminate, i ‘news frames’, che permettono
al pubblico di comprendere la realtà, scegliendo tra appropriati repertori cognitivi ed
esperenziali.
Le cornici interpretative assolvono due compiti fondamentali: in primo luogo fornirebbero
una semplificazione della realtà, e in secondo luogo sono strumenti attraverso i quali i
11 Si consideri il significato del termine latino ‘redigere’.
16
giornalisti organizzano in maniera routinaria i contenuti delle notizie al fine di creare un
particolare contesto di consumo per il lettore.
Questo contesto costruisce eventi che “assumono forme reali (take shape as real) nelle menti
dei consumatori di notizie” (Phalen e Algan, 2001, p. 302).
La notizia così come riportata nei quotidiani consiste in una forma interpretativa a priori
elaborata, una porzione limitata di informazione, attraverso la quale i lettori tentano di dar
senso ed organizzare la propria esperienza, aldilà di un controllo diretto di ciò che influenza
la loro esperienza (Thompson, op. cit.).
Come ricordato prima, il framing coinvolge insieme i processi di selezione e di enfatizzazione
(salience): incorniciare una vicenda richiede pertanto la selezione di alcuni aspetti della realtà
osservata e la loro traslazione enfatizzata (salient) in un testo, in modo da determinare la
creazione di un problema, interpretazioni causali, valutazioni di tipo morale e/o le conseguenti
indicazioni di trattamento (Entman, 1993: 25 ss.).
La decisone di includere o escludere alcuni dettagli o alcuni temi nella costruzione di un
articolo deriva dalla natura organizzativa e routinaria della pratica giornalistica e della
percezione del pubblico che i giornalisti posseggono all’interno di un determinato contesto
socio-culturale.
Vari studiosi suggeriscono pertanto che l’esclusione di alcune notizie ricada su quelle vicende
che potrebbero essere giudicate dai lettori come ambigue, non prevedibili in termini di
aspettative simbolico-culturali (Gitlin, 1980: 45 ss.).
Di contro una particolare enfasi posta su alcuni tratti di una vicenda dipende dal grado di
associazione e di prevedibilità che la medesima possiede nei confronti del contesto culturale
in cui ha luogo l’attività di redazione: in questo caso la notizia sarà confezionata anche
attraverso l’ausilio di linguaggio e simboli familiari a quel contesto (Entman, 1993: 53;
Phalen e Algan, 2001: 303) e culturalmente rodati e sedimentati (Berger e Luckmann, 1966)
Pan e Kosicki (1993) hanno ampiamente descritto la struttura del discorso delle notizie e delle
strategie di incorniciamento. In particolare hanno identificato specifiche dimensioni strutturali
che influenzano la formazione dei frame:
• Le strutture di tipo sintattico attraverso le quali sono ordinate parole o frasi;
• La struttura della storia, considerando il carattere generale di notiziabilità
(newsworthiness) di un evento, le peculiarità che ne segnalano la dignità di notizia;
• Le strutture tematiche, rivolgendosi alle strategie adottate dai giornalisti nella
scelta di temi causali all’interno delle loro narrazioni, in forma esplicita, direttamente
17
attraverso le loro osservazioni, o attraverso la citazione di virgolettati, raccontando attraverso
le parole (in prima persona) di altri l’intreccio della trama (plot);
• Le strutture retoriche, dipendenti direttamente dalle scelte stilistiche dei
giornalisti.
Entman (1993) si è invece concentrato sui rapporti tra i media frames e i loro effetti sui
processi di decision-making e sull’opinione pubblica.
Attraverso l’analisi del contenuto di quotidiani e notiziari televisivi americani, egli è arrivato
ad identificare alcuni tratti dei testi mediatici che possono essere considerati come un utile
schema di riferimento per le analisi dei processi di formazione delle notizie, in particolare:
• Il ruolo svolto dai giudizi;
• Gli attori e le azioni ( “who did it”?);
• L’identificazione con le vittime potenziali;
• La categorizzazione, ossia la scelta di etichette per gli incidenti avvenuti;
• La generalizzazione al più vasto contesto nazionale.
Il framing, alla luce delle ricerche citate, è definibile pertanto, all’interno delle redazioni12,
come processo di scelta tra diverse opzioni rispetto alle notizie da presentare ai lettori come
‘la posta in gioco’ (‘what’s at stake’) (Liebes, 2000: 297).
Il framing si connota pertanto come processo complesso che considera l’interazione di tre
principali attori: a) le fonti interessate e le organizzazioni dei media; b) i giornalisti e c) i
pubblici, secondo dinamiche continue in cui risultati di certi processi servono da input per i
successivi.
Per semplicità espositiva è opportuno rendere conto da un punto di vista grafico di quanto fin
qui discusso, consideriamo il seguente schema tratto da Scheufele (1999):
12 Ma anche il pubblico è dotato di strategie di coping e di resistenza nei confronti dei media frame, utilizzando le proprie capacità interpretative (Hall, 1994; de Certeau, 1990).
18
Tra i processi indicati nella figura 113 (Scheufele, 1999) la nostra ricerca si concentrerà
sull’analisi del media frame, che, come si può osservare, è collegato ad altri processi ed in
particolare: a) la costruzione del frame (frame building); b) il frame setting; c) gli effetti di
framing a livello individuale e d) il legame tra frame individuali e frame dei media (in questo
caso i giornalisti volgono il ruolo di pubblico).
La costruzione del frame si concentra sui fattori organizzativi e/o istituzionali,
sull’orientamento politico dei media, sui valori professionali de giornalisti e la loro immagini
del pubblico e l’impatto che questi elementi svolgono sul contenuto e la forma delle notizie. Il
secondo processo chiamato frame setting si rivolge ai caratteri di salienza trasmessi nell’attiva
di agenda setting attraverso i testi. Il terzo processo focalizza sugli effetti di tipo
comportamentale, attitudinale e cognitivo di cui i mass media sono causa a livello individuale.
L’ultimo processo è quello che collega le variabili a livello individuale con i media frame,
attraverso le aspettative che i giornalisti hanno del proprio pubblico.
Il presente lavoro si connota pertanto come un approfondimento ed un arricchimento della
prima ricerca sull’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, nazionale e locale14,
conclusasi nel 1999, e che vedeva il coinvolgimento, già dalla presentazione dei primi risultati
13 Lo schema è da considerarsi principalmente come strumento euristico. 14 L’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, Salvatore Costantino, Gianfranco Marrone, Alberto Trobia, (a cura di), Fondazione Federico II – Centro Studi Pio La Torre, 1999.
19
in un incontro pubblico, di un gruppo diversificato di studiosi dei fenomeni comunicativi e
per estrazione disciplinare e per approcci metodologici e d’analisi differenziati.
Il primo lavoro si era presentato come integrazione di metodologie diverse (sociologica e
socio-semiotica), se da una parte aveva riguardato l’analisi “individualizzata” delle
rappresentazioni fornite da ogni quotidiano, alla ricerca di possibili affinità; dall’altra, si era
concentrato nell’aleborazione di un’immagine “complessiva” della Sicilia, alla ricerca delle
eventuali differenze.
Per quel che riguarda la prospettiva sociologica, la tecnica di riferimento utilizzata è stata
quella dell’analisi del contenuto: veniva adoperata una griglia di lettura, prediisposta a priori,
volta a misurare lo spazio dedicato dalla stampa ad alcune aree oggetto di studio, in modo da
poter successivamente trarre inferenze, sviluppare ipotesi e teorie concernenti le idee, gli
atteggiamenti e i comportamenti degli autori e dei destinatari. Si è cercato a questo scopo di
svelare, esplicitare, ricostruire i centri di notiziabilità di fatti ed eventi, i frames cognitivi
coinvolti nella rappresentazione giornalistica della Sicilia; di verificare la plausibilità
dell’ipotesi di “meridionalizzazione del Paese”, di studiare tramite un approccio qualitativo
alcuni casi particolari riguardanti le vicende siciliane, come quello della scomparsa di Danilo
Dolci15.
Per quel che riguarda invece la metodologia d’analisi di derivazione semiotica, si è utilizzata
la teoria cosiddetta “generativa” di A.J. Greimas, e soprattutto la nozione in essa centrale di
“narratività”. Il che ha permesso di vedere se e in che modo i diversi quotidiani costruiscono
della Sicilia un simulacro discorsivo implicito più o meno unitario, più o meno
contraddittorio, anche in relazione alle conclusioni dell’analisi sociologica. In questo secondo
segmento della ricerca non si è partiti da aree tematiche individuate a monte, ma si sono
ricostruite le procedure testuali volte a “raccontare” la Sicilia, ossia ad articolarne le parti, a
strutturarne l’immagine, a valorizzarla o a disvalorizzarla.
15 Le dimensioni d’indagine esplorate da un punto di vista sociologico, da parte di Salvatore Costantino e Alberto Trobia, in una prospettiva fenomenologico-costruzionistica sono state quattro: una prima dimensione è quelle che emerge dalla tensione dialettica tra realtà e finzione; una seconda dimensione ha riguardato la differenza fra contenuti latenti e contenuti manifesti della comunicazione; una terza dimensione pragmatico-persuasiva ed infine una dimensione semantica. Le aree e le categorie di contenuto dell’analisi, decise a monte dai ricercatori sono state le seguenti: a) Modernizzazione; b) Mafia e Criminalità; c) Politica e istituzioni; d) Stereotipi culturali ed e) Nord vs Sud. I dati così analizzati hanno consentito di dedurre i criteri di notiziabilità che i vari giornali adottano. L’idea è che un maggior numero di articoli di un certo tipo indichi un maggiore interesse da parte dei giornali per quell’argomento. I fatti più notiziabili sono risultati quelli di cronaca e politica. In riferimento al rapporto costruzione delle campagne elettorali e media si rinvia a D.Carzo (a cura di) (2001), I media e la polis, Franco Angeli, Milano.
20
A 4 anni di distanza dalla prima indagine si è pensato di riconsiderare e innovare questo
lavoro iniziale sia nella scelta delle prospettive teoriche che orientano la tematizzazione dei
fenomeni studiati, sia nella valutazione dei metodi e delle tecniche di analisi più adeguati allo
studio della “messa in scena” di alcuni processi sociali che hanno attraversato negli ultimi
anni la nostra regione.
Nel segno dell’interdisciplinarità e della ricerca di saperi aperti al confronto e all’integrazione
tra ambiti disciplinari e punti di vista diversi, e con lo spirito di coniugare e far dialogare
competenze, professionalità ed esperienze maturate in spazi di ricerca e di lavoro che tentano
di collegare l’Università, il mondo della ricerca e della formazione, con il territorio e con i
luoghi di produzione e distribuzione dell’informazione, si è pensato di avviare una seconda
fase di indagine sui media e sulla complessa interdipendenza tra processi sociali e costruzione
dei processi di rappresentazione del medium-stampa.
Questo secondo lavoro si presenta pertanto, non solo come necessario prosieguo della prima
ricerca, ma come un importante ed interessante confronto e dialogo tra chi di chi dirige e
lavora nella “fabbrica delle notizie” e chi analizza e ricerca sulla carta stampata ed i media in
generale.
Il presente contributo infatti non solo approda all’uso critico di nuove metodologie in ambito
sociologico e socio-semiotico, ma si arricchisce anche dei contributi e delle letture critiche di
professionisti della carta stampata. Ciò nel tentativo di cogliere in che misura e con quale
“cifra” i processi selettivi di mediatizzazione dei fatti sociali intervengano nella ridefinizione e
nella percezione degli stessi attraverso il filtro cognitivo del genere “notizia” in cui si ibridano
linguaggi, stili, codici espressivi e “programmi comunicativi” diversi che passano dal registro
narrativo del racconto spettacolarizzato a modalità comunicative apparentemente più “neutre”
di tipo cronachistico-resocontivo caratterizzato, come si rilevava nella prima ricerca, da un
alto livello di tematizzazione e da un basso livello di emotività e di passionalizzazione
dell’oggetto rappresentato.
Queste due dimensioni comunicative risultano distinguibili solo a fini analitici mentre in
realtà, nella pratica giornalistica, sembrano essere profondamente intrecciate nonostante sia
individuabile il prevalere di una tendenza o dell’altra nel confronto tra le diverse testate.
Questa seconda ricerca sull’immagine della Sicilia, caratterizzata come la precedente da un
approccio pluridisciplinare, presenta, come si diceva, delle novità, dettate dalla necessità di
adeguare il nuovo disegno della ricerca alla scelta di :
� nuove categorie interpretative per lo studio di alcuni fenomeni socio-comunicativi,
nell’ambito di una prospettiva teorica sociologica e socio-semiotica;
21
un cambiamento di prospettiva analitica e metodologica che implica un arricchimento
rispetto la precedente esperienza di ricerca ma senza per questo voler giungere
all’assolutizzazione dei metodi privilegiati in questa seconda tappa, la cui fertilità e capacità
euristica è sempre una funzione dell’adeguatezza all’analisi di un particolare oggetto di
studio, ma vedendo piuttosto questa seconda esperienza come “laboratorio di
sperimentazione” cognitivo e metodologico, in cui appunto “mettere alla prova” e “testare”
empiricamente nuovi metodi, tecniche e strumenti di ricerca. In particolare, alla tecnica della
content analysis classica, utilizzata nella precedente ricerca, si è preferita un’analisi mista
tendente più a considerare il senso emergente dai testi ora con l’analisi testuale computer-
assistita, ora con la frame analysis di derivazione goffmaniana (Goffman, 1974) o la
Ethnographic Content Analysis (ECA; Altheide, 2000, 2000a) ed infine con le letture di tipo
socio-semiotico.
Questa scelta è orientata a verificare empiricamente la capacità euristica e la presa
interpretativa di procedure e di metodi diversi e parziali che, se utilizzati in forma integrata
nello stesso ambito di ricerca, possono contribuire all’estensione e alla varietà
dell’articolazione dei risultati e a rendere meno rigide e assertive le conclusioni di questa
ricerca che si avvale di chiavi analitiche e metodologiche diverse, attraverso l’esplorazione di
percorsi interpretativi alternativi ricostruiti passando dai dati testuali all’astrazione teorica
per poi tornare ancora sui dati con un processo di categorizzazione, codifica e ricodifica di
tipo “circolare”.
La costruzione della base empirica della ricerca è stata realizzata selezionando circa 300
articoli, estrapolati da 5 quotidiani nazionali e locali: la Repubblica; Il Sole 24-ore; Il
Giornale e il Giornale di Sicilia.
Di ogni quotidiano è stata altresì considerata la composizione del pubblico di lettori,
elaborando su dati Audipress (1999), ogni dato potesse fornirci indicazioni utili su ciascuna
readership16.
I quotidiani sono stati scelti secondo il criterio della rilevanza attribuita a 3 case studies presi
in esame: 1) la protesta degli autotrasportatori contro l’aumento del prezzo del carburante,
esplosa nell’ottobre 2000; 2) la strage di mafia di Vittoria del gennaio 1999;
3)l’elezione/nomina a Presidente della Regione dell’On.le Angelo Capodicasa del 1998.
Il contributo di Cirus Rinaldi si inscrive nel filone di ricerche sui mass-media che si occupano
prevalentemente di analizzare le tecniche di costruzione delle notizie in riferimento al loro
ruolo di amplificazione di panico e rischio.
16 Si rinvia all’allegato.
22
I mass media sono istituzioni che rivestono un ruolo significativo all’interno del nostro
ambiente simbolico (Lang e Lang, 1981): Altheide sostiene che questi insieme alla cultura
popolare (popular culture) siano i principali responsabili nelle società contemporanee della
formazione di definizioni e prospettive della realtà sociale, con effetti che riguardano non solo
le pratiche ordinarie ed i contesti prossimi agli attori sociali, ma anche la formulazione di
policy issues (Altheide, 2000: 288; McQuail, 20004: 334).
Sempre Altheide afferma che non si tratta di un caso se il pubblico spesso “ritiene di trovarsi
in grave pericolo e che la vita contemporanea sia molto insicura, mentre la cultura popolare e
in particolar modo i notiziari dei network TV hanno accresciuto la copertura di vicende
relative a crimine e pericolo più del 600%” (Altheide, ibidem; traduzione nostra).
L’analisi nello specifico si concentra sullo studio della rappresentazione e costruzione della
vicenda relativa allo sciopero degli autotrasportatori, verificatosi in Sicilia tra l’1 e l’11
Ottobre del 2000 così come trattata dalle pagine de la Repubblica sia nella edizione nazionale
che in quella locale.
Il quotidiano in questione sembrerebbe fungere da mezzo di amplificazione (McQuail, 20004:
343) per quanto riguarda i temi relativi all’ordine pubblico ed al controllo sociale,
contribuendo a costruire determinate percezioni pubbliche di problemi sociali ora relativi alla
mancanza di approvvigionamenti e beni di prima necessità, ora relativi a razzie nelle stazioni
di servizio e a tafferugli vari.
L’analisi è stata condotta in un primo tempo isolando la vicenda dello sciopero degli
autotrasportatori ed identificandolo come ‘evento scatenante’ (trigger event), ovvero come
“[…] battuta di entrata nel concerto, qualcosa che accade ad un certo momento, che
cristallizza l’attenzione e fa scattare il meccanismo dell’informazione giornalistica” (Gonzàles
Gaitano, 1999: 192).
La successiva operazione ha considerato l’analisi dell’ancoraggio dell’evento scatenante a
fatti relativi a differenti livelli cognitivi (relativi alla sfera economica e a problemi di ordine
pubblico, etc.). In tal modo si è proceduto all’individuazione dei principali frame attraverso
cui il fatto è costruito in evento, apprezzando le diverse tecniche di fidelizzazione dei lettori e
di serializzazione della notizia, individuando i contenuti che evadono i temi per concentrarsi
prevalentemente sugli aspetti personali, catturando la fiducia del lettore attraverso storie
personali e racconti di vita dalla trama semplice, relative all’ordinarietà delle azioni
quotidiane, in cui è facile riconoscersi a causa dell’elevato grado di generalizzazione,
astrazione e perché facilmente decontestualizzabili.
23
Giuseppe Intilla ha analizzato lo sciopero degli autotrasportatori così come trattato nel
Giornale di Sicilia e ne La Sicilia, la sua analisi si rifà esplicitamente all’analisi etnografica
del contenuto (ECA) elaborata da David L. Altheide (2000), originale analisi qualitativa dei
documenti che pone la propria enfasi sulla cattura di definizioni, significati, processi e
modelli.
Nello specifico l’analisi ha privilegiato le categorie considerate “pertinenti” per le
caratteristiche dell’agire sociale, compreso il fornire informazioni sul tempo, sul luogo e sui
modi dell’azione: tra gli obiettivi vi è quello di mostrare che il documento si riferisce ad
un’attività sociale e che le suddette categorie sono state indicate come utili modi di catturare i
“personaggi drammaturgici” dell’azione sociale (Altheide, ibidem: 45). Attori sociali
interpreti delle azioni e relazioni socio-comunicative rappresentate nella carta stampata. Detto
in altri termini “azioni” che intercettano “chi dice”, “chi fa” e “chi fa con chi”.
In particolare dall’analisi risulta che il Giornale di Sicilia si contraddistingue per il linguaggio
espressivo utilizzato che vede prediligere il registro cronachistico-resocontivo e un taglio
prevalentemente informativo. Se tra le diverse testate analizzate, non emergono sostanziali
differenze sul modo in cui sono state tematizzate le notizie riguardanti gli effetti della protesta
sull’economia, l’ordine pubblico e la sfera politica; il Giornale di Sicilia si distingue per
l’accento posto sulla tensione tra “particolarismo” e “interesse pubblico”. Il giornale
rappresenta il movimento degli autotrasportatori, ed in modo particolare L’Aias – il sindacato
autonomo che ha organizzato lo sciopero - come una “corporazione”, incurante della sua
mission di soggetto che svolge una funzione pubblica, che non guarda oltre le proprie
esigenze particolari e non si conforma ad alcune regole che impongono l’osservazione di un
dovere quale quello di assicurare i servizi pubblici essenziali.
Il Giornale di Sicilia infine, prende posizione sul modo in cui i notiziari televisivi hanno
trattato la notizia, denunciando il disinteresse di questi nella trattazione degli effetti della
protesta sull’economia siciliana, a favore della considerazione degli aspetti più appariscenti e
folkloristici.
La Sicilia sembra trattare la vicenda con un basso livello informativo e di approfondimento e
conseguente banalizzazione dei temi. La Sicilia si distingue dal quotidiano palermitano per
avere maggiormente rappresentato il movimento della protesta attraverso i racconti di vita di
personaggi comuni. Un'altra differenza riguarda il modo in cui è stato dipinto il movimento.
Esso viene accusato di “meridionalismo separatista” che si ribella contro lo Stato centrale
“colonizzatore” e “depauperatore”. La vicenda viene prevalentemente rappresentata con una
scenografia da guerriglia in cui prevalgono: caos, disordine, immobilismo, scarsa capacità di
24
pianificazione della protesta, i furori prevalgono sui programmi. L’accento e l’enfasi è posta
sui disagi, soprattutto sulla mancanza di beni di prima necessità. Viene evocata l’immagine di
una terra in stato di perenne necessità, dove anche la “normalità” assume il carattere
dell’eccezionalità e della straordinarietà.
Il contributo di Loriana Cavaleri si concentra sulla trattazione che i principali quotidiani
nazionali e locali (Giornale di Sicilia; La Sicilia; la Repubblica, Il Sole-24 ore, Il Giornale)
hanno riservato a quella che è stata battezzata “Strage di Vittoria”, avvenuta il 2 Gennaio
1999, quando due killer, armati di pistola, entrarono in un bar di una stazione di servizio alle
porte del paese uccidendo cinque giovani17. Lo studio si è basato su ottantasette articoli,
apparsi sui cinque quotidiani nazionali e locali, nel periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999.
L’analisi del materiale raccolto è stata effettuata attraverso l’ausilio del software Atlas.ti, per
la selezione, la scelta e la gestione di frammenti di testo tratti dagli articoli: in particolare si è
trattato di decostruire i testi, selezionando e concettualizzando alcune citazioni, per poi
raggrupparle in macro categorie18.
Il nucleo centrale dell’analisi della strage di Vittoria non risiede nell’individuazione della
quantità di pagine dedicate dai quotidiani alla vicenda quanto piuttosto nella comprensione
delle immagini, delle metafore, insomma delle rappresentazioni utilizzate per costruire la
notizia relativa, e ciò è da considerarsi punto originale del contributo, non a ‘Cosa Nostra’ ma
alla meno nota ‘Stidda' del ragusano. L’originalità del contributo risiede altresì nel tentativo di
superare il “vizio epistemologico” che ha condizionato gli sguardi dal e sul Mezzogiorno,
vincolandoli in impostazioni concentrate più sugli ostacoli da superare che sulle risorse
interne da valorizzare (Mutti 1998; Cersosimo e Donzelli, 2000) e di comprendere se negli
articoli che i giornalisti hanno dedicato alla strage di Vittoria, sia possibile individuare uno
scarto da queste raffigurazioni, una visione più matura e consapevole della complessità delle
vicende siciliane.
Marco Centorrino analizza invece la rappresentazione dell’elezione di Capodicasa, primo
presidente dei DS all’Ars, avvenuta nel 1998, nelle maggiori testate siciliane (Giornale di
Sicilia, la Repubblica edizione locale, La Sicilia).
Il contributo si distingue dai precedenti per la precisa prospettiva d’analisi utilizzata che
prende spunto dal modello socio-semiotico elaborato da Landowski (1989), al fine di indagare
sull'identità degli attori che si distribuiscono nello spazio scenico della politica. Esso inoltre,
17 Da quanto stabilito dalle indagini, però, solo tre delle vittime rappresentavano i veri obiettivi, di quello che si è poi rivelato un regolamento di conti tra due clan mafiosi: i Piscopo e i Dominante. I tre appartenevano alla seconda delle due famiglie e, più nello specifico, il più anziano di loro, il trentatreenne Angelo Mirabella, si avviava a diventarne il boss. 18 Si rinvia alla nota metodologica.
25
letto alla luce dei risultati di una recente ricerca sulle elezioni amministrative siciliane (Carzo,
2001), contribuisce in maniera originale ad evidenziare il ruolo giocato dal ‘sistema
giornalistico’, corrispondente a ‘logiche nazionali e non in grado di adattarsi ad altre
dimensioni’, e a considerare l’immobilismo dell’Opinione pubblica mobilitata sovente
secondo ‘narrazioni appassionanti’ma svuotata dell’attivismo proprio della società civile.
Chiudono il lavoro le letture critiche e ‘specialistiche’ di Franco Nicastro e Guido Fiorito.
Secondo Franco Nicastro la Sicilia è stata raccontata attraverso il ‘linguaggio della cronaca’ e
del ‘resoconto stereotipato’ che, se non ne hanno trasmesso un’immagine falsa, non hanno
neppure tenuto conto dei processi reali.
Guido Fiorito considera come sia mutata la carta stampata e l’organizzazione che la sottende
con l’avvento della televisione e di un rapporto simbiotico che ha svilito il concetto stesso di
notizia e mutato persino i profili professionali. Il giornalista, secondo Fiorito, svolgerebbe
infatti una funzione di ‘metanews-making’ ovvero ‘di produrre informazione poco nota
(metanews) sul tema offerto dalle “novità già note” (news)’.
I vari contributi, considerati globalmente, insistono prevalentemente sul concetto di media
frame, concependo quest’ultimo come output di una serie di valori e di norme, di pressioni
organizzative e di posizioni ideologiche che si condensano nel documento-notizia, qui inteso
come “[…] un perenne definire e ridefinire, comporre e ricomporre i fenomeni sociali”
Tuchman, 1978: 184).
È in termini di de-costruzione e ri-costruzione che ci preme qui narrare di Sicilia.
La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori ne la Repubblica
di Cirus Rinaldi
“Ogni sistema di rappresentazione, in effetti, è una spazializzazione di qualche tipo
che automaticamente congela il flusso dell’esperienza,
e nel far ciò deforma ciò che cerca di rappresentare”
(D.Harvey, 1993: 253)
26
“Cos’è dunque rappresentare se non rendere presente un oggetto assente,
renderlo presente in quanto assente,
controllarne la perdita e la morte, con e nella rappresentazione,
dominando il dispiacere o l’angoscia provocati dalla sua assenza
nel piacere di una presenza che lo sostituisce?”
(Marin, 2001: 142-3)
“sto adoperando la parola ‘rappresentazione’ per indicare tutta quella attività di un
individuo che si svolge durante un periodo caratterizzato dalla sua continua presenza
dinanzi a un particolare gruppo di osservatori e tale da avere un certa influenza su di
essi”
(E.Goffman, 1969: 33)
“In una Palermo al sicuro da uragani atmosferici,
invasioni di sciami d’api assassine o pipistrelli famelici,
la mostruosità degli ultimi giorni ha una forma speciale:
dorsi scintillanti, occhi lampeggianti, ululati dalle molteplici modulazioni.
Il nome della bestia è “ingorgo”,
l’arcano che l’ha destata dalle tenebre è quasi indecifrabile agli occhi
di chi s’impunta a pensare che le strade cittadine siano fatte per circolarvi”
[la Repubblica – Palermo 4/10/00]
Il corpus testuale del quotidiano nazionale la Repubblica è pari al 6% del corpus preso in
esame. Per quanto riguarda la composizione della readership19, i dati rielaborati da fonte
Audipress, confermano che tra tutti i quotidiani non vi sono differenze sostanziali se si
prendono in considerazione gli indicatori di genere e di età. Sembra infatti confermato il trend
emerso nell’analisi degli quotidiani. Si precisa altresì, che la rielaborazione dei dati Audipress
non distingue ovviamente tra i lettori delle pagine nazionali e locali del quotidiano.
la Repubblica, così come gli altri quotidiani analizzati, presenta una composizione del proprio
pubblico fortemente sbilanciata sugli uomini (69%), anche se con una percentuale inferiore
rispetto a Il Sole 24-ore e al quotidiano La Sicilia.
19 Per la definizione di readership si rinvia alla nota metodologica e agli allegati.
27
Per quanto riguarda le classi di età, i dati confermano che anche il quotidiano la Repubblica
presenta una maggiore percentuale di lettori nel cluster che raggruppa le fasce comprese tra i
25 e i 54 anni.
Le differenze tra il quotidiano la Repubblica e le altre testate risultano tuttavia più marcate se
dagli indicatori di genere e di età, si passa ad indicatori più sensibili: l’analisi per titolo di
studio, per categoria socio-economica e socio-professionale.
Un dato significativo da segnalare che differenzia la readership del quotidiano La Repubblica
dagli altri quotidiani, è l’alta incidenza di laureati sul totale dei propri lettori (19,3%).
Per quanto riguarda la composizione dei lettori per classe socio-economica, La Repubblica insieme al Sole 24 Ore si distingue dagli altri due quotidiani regionali, perché risulta essere più diffuso tra la categorie “ medio-superiore” (28,3%).
Se prendiamo in considerazione la variabile categoria socio-professionale, La Repubblica
risulta essere il quotidiano più letto dai ceti intellettuali (studenti e docenti) rispetto agli altri
quotidiani (18,6%).
Infine, se consideriamo la variabile ampiezza per centri abitati, il quotidiano La Repubblica
presenta una readership equamente distribuita tra tutte le categorie prese in considerazione20.
Nell’edizione nazionale del quotidiano, la vicenda dello sciopero degli autotrasportatori,
dapprima nella sezione economia, balza nel giro di pochi giorni nella sezione cronaca,
acquistando spazio e visibilità non solo nella gerarchia dei quattro quadranti della pagina e
della sequenza delle pagine, ma anche rispetto alla ricchezza delle forme e dei modelli
giornalistici che vedono alternarsi articoli in forma di servizi, resoconti, commenti ed
editoriali.
La trattazione della notizia, soprattutto nell’edizione locale del quotidiano, è solitamente
anticipata nell’intervallo di pagina 1-5; la disposizione spaziale all’interno della pagina
corrisponde normalmente all’uso dei quadranti alti della pagina; la vicenda è altresì
scomposta e declinata, nel quotidiano esaminato, nelle svariate forme della narrazione e della
nomenclatura giornalistica, con particolare riferimento agli editoriali, alle opinioni, ai corsivi.
Questi elementi tendono sovente più che ad inquadrare tematicamente la vicenda più
verosimilmente a serializzarla, ad illustrarla in termini “episodici” (Gonzàles Gaitano, 1999:
20 Considerare l tabelle in allegato.
28
189) attraverso strategie che avvicinano la narrazione giornalistica a quella televisiva21 e a
forme soggettivanti di narrativizzazione della quotidianità (Landowski, 1990: 226 ss.) che
attraverso l’uso delle opinioni o di rubriche (“la storia”) filtrano la realtà attraverso strategie
comunicative che facilitano le proiezioni – soprattutto di tipo emotivo – del pubblico dei
lettori.
Si consideri rispetto a quanto detto finora le figure 4 e 5, relative ai registri discorsivi
prevalenti nel quotidiano.
Figura 4 Registro discorsivo prevalente - La Repubblica nazionale
21 Soprattutto per l’uso di supporti visuali quali foto, infographics, resoconti grafici che tendono a riproporre il flusso del linguaggio televisivo.
Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo
+++ ++ +
29
Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo
+++ ++ +
Figura 5 Registro discorsivo prevalente - La Repubblica locale
Nelle pagine de la Repubblica nazionale del 3/10/2000 la vicenda degli autotrasportatori si
ritrova nella sezione del quotidiano dedicata all’economia e non è trattata direttamente se non
in un piccolo articolo di taglio centrale.
La corona di articoli che la circondano contribuiscono a ‘preparare’ i lettori: le tecniche di
costruzione dell’evento si esplicitano in termini di temi trattati, di stile lessicale nonché per le
figure retoriche utilizzate, al fine di catalizzare l’attenzione sulla vicenda che da lì a poco22
sarebbe diventata evento scatenante.
Osserviamone da vicino le strategie di costruzione.
L’articolo principale della pagina
Oggi vertice per scongiurare lo sciopero. Frena la crescita dei prezzi alla produzione.
Benzina, ribassi da 10 a 20 lire ma il petrolio torna a rincarare
E i tir bloccano i rifornimenti in Sicilia
non è dedicato esplicitamente al blocco degli autotrasportatori in Sicilia, tratta infatti del caro
petrolio e dei possibili effetti di quest’ultimo su dimensione europea ed in particolare sugli
automobilisti italiani
22 Giorno 5 ottobre la vicenda sarà trattata in cronaca avanzando circa di una ventina di pagine.
30
“Per gli automobilisti italiani si stanno materializzando all’orizzonte nuvole nere, con il petrolio di
nuovo vicino a quota 32 dollari al barile, e chiusure forzate dei distributori previste entro 15 giorni”
Ci si riferisce alla Sicilia esclusivamente in merito al proseguimento della protesta da parte
dei camionisti, sulla scia dei colleghi europei (in particolare belgi, francesi, tedeschi,
lussemburghesi, spagnoli e greci).
Il secondo articolo già dalla titolazione
L’Italia in linea con la Ue ma manca ancora l’Agenzia nazionale per gestire le scorte
Riserve di greggio
100 giorni di autonomia
sembra preparare il lettore ad un imminente periodo di austerity, usando toni allarmistici
“L’Italia ha scorte petrolifere superiori ai 100 giorni. Poco meno di quattro mesi di autonomia in caso
di crisi internazionale, più o meno quanto richiesto dall’Unione Europea”
All’interno del testo si considera l’ipotesi di attivazione dell’ Agenzia nazionale per le scorte
di riserva nel caso in cui le condizioni si aggravino, tale organo nelle intenzioni del governo
dovrà supervisionare “Il “Fort Knox” tricolore di oro nero” (corsivo mio): il tema del
western, della vita di frontiera ritornerà spesso nelle pagine dell’edizione nazionale e di quella
locale.
L’articolo che considera direttamente la vicenda degli autotrasportatori siciliani si carica in
termini di scelte lessicali e nell’uso ricorrente di metafore.
Consideriamo il titolo:
Camionisti contro il caro-greggio. Minacce fisiche ad un collega che non aderiva
Strade e caselli presidiati due arrestati nel catanese
Salta agli occhi innanzitutto la categoria dedicata dell’articolo (“La protesta”).
All’interno di questo breve articolo sono sintetizzati i temi che saranno prevalenti nei giorni
successivi: la violenza e la brutalità primitiva dei camionisti; i toni allarmistici e il linguaggio
militare; i temi della scarsità dei beni primari e della loro inevitabile deperibilità; le forme di
folclorizzazione e ridicolizzazione della vicenda.
Si inizia ad utilizzare un linguaggio mutuato dai reportage di guerra
31
“L’assedio è totale, autotreni fermi in coda per decine e decine di chilometri”,
i protagonisti sono descritti come individui violenti
“[…] i carabinieri di Giarre hanno anche arrestato due camionisti che, armati di coltello a
scatto, hanno inseguito e minacciato un collega che non aveva aderito alla manifestazione”
la cui protesta si origina e diffonde senza organizzazione e progettualità attraverso mezzi di
fortuna ad uopo escogitati
“[…] (la protesta) organizzata sul filo del tam tam e del cellulare del vulcanico responsabile
dell’associazione imprese autotrasportatori siciliani […]”.
Vengono introdotti inoltre i temi legati, più in là ripetutamente battuti, alla scarsa reperibilità
di prodotti e cibi freschi e il loro ineluttabile deterioramento
“ Da sabato, tonnellate e tonnellate di merci deperibili, stanno a deteriorarsi tra le lamiere e
non verranno consegnate fino al termine della protesta”.
La protesta “rigidissima” è sovente intermezzata da episodi che ne banalizzano i contenuti e
gli attori, sulla falsa riga delle macchiette e dei cabaret nazional-popolari: sebbene i
camionisti la continuano ad oltranza,
“L’unica eccezione l’hanno fatta per la cantante Manuela Villa, figlia del “reuccio”: il Tir che
trasportava i suoi strumenti a Niscemi per un concerto è riuscito a superare il blocco solo
dopo una singolare promessa : quella di una mini esibizione lì, sul luogo della protesta, al
casello di San Gregorio dell’autostrada Messina-Catania”.
Consideriamo gli articoli della stessa giornata nell’edizione de la Repubblica locale.
All’evento principale sono accostate notizie secondarie, in alcuni casi si tratta di subtemi, in
altri vere e proprie digressioni su argomenti che di fatto svolgono funzione amplificativa di
panico e disordine. In particolare alle pp. II e III troviamo assemblate questioni relative
all’evento scatenante dello sciopero degli autotrasportatori
Code di chilometri sulla circonvallazione, traffico impazzito anche in centro per il corteo dei precari
32
La città nella morsa dei Tir
Blocchi al porto e in via Oreto, a rischio l’aereoporto
Ed insieme la manifestazione di protesta dei precari (in prima pagina si legge nella
titolazione: “La città bloccata anche dalla protesta dei precari, e il traffico è impazzito.
Assediati dai Tir. Mercati senza merci, prezzi alle stelle”), i cantieri aperti per i lavori di
“maquillage” per il vertice ONU (che se non intralciano la circolazione creano “problemi
invece per i pedoni, per i ponteggi sui marciapiedi”), l’allarme per la sempre più difficile
reperibilità di cibi freschi (“La protesta dei Tir: nei negozi scarseggiano cibi freschi. Allarme
mercati prezzi già alle stelle”), un incidente nei pressi dello svincolo di via Belgio (che ha
causato 14 feriti e “[…] provocato un ulteriore blocco della circolazione in città, proprio in
uno degli snodi più densi di traffico e in una giornata già abbastanza critica per la viabilità
cittadina piegata da cortei e da blocchi stradali”) ed infine persino il falso allarme per una
tromba d’aria a Messina (“Falso allarme per una tromba d’aria, scuole evacuate, torrenti in
piena”).
Sembrerebbe dunque una catastrofe annunciata, nella quale diversi focolai policentrici
concorrono inevitabilmente a fare precipitare la situazione nel caos e nel disordine più totale,
con l’aggravante di un incombente assedio che immobilizza la città di Palermo, la viabilità
nell’intera isola e la sua economia
“Gli autotrasportatori siciliani presidiano le autostrade e i porti. Le auto passano lentamente
fermi mezzi pesanti e padroncini”; “Problemi di rifornimento all’aeroporto di Punta Raisi. Il
prefetto dispone la scorta alle cisterne con benzina”.
I disagi per la protesta dei Tir si fanno sentire già in alcuni mercati generali di diverse città
siciliane e i supermercati non vengono più riforniti delle
“[…] linee fresche delle varie marche quelle con 7 giorni di scadenza e i nostri clienti –
aggiunge il titolare di un centro all’ingrosso- cominciano ad avere una scelta ridotta su alcuni
prodotti come le fette biscottate”.
Anche nell’edizione locale si fa riferimento alla tentata violenza e alle minacce di due
camionisti nei confronti di un collega “ribelle” che non aveva aderito alla protesta e si fa
spesso uso di terminologia e linguaggio associato agli eventi di belligeranza (dall’ “assedio”
al “diktat” degli autotrasportatori alle “sentinelle” del blocco autostradale) o alle citazioni
33
letterarie e/o cinematografiche o più semplicemente ad espressione figurative logorate
dall’uso (“È stata una giornata di ordinaria follia quella di ieri per il traffico cittadino e
siciliano”).
Il neonato sindacato siciliano degli autotrasportatori è rappresentato come organismo
disorganizzato, le cui azioni vertono sull’approssimazione e sull’ “improvvisazione”,
caratterizzato da forti deficit di strutture informative e comunicative per cui gli stessi colleghi
ne hanno una percezione negativa (alcuni si sentono traditi e ingannati dai loro stessi colleghi:
“Nessuno ci ha informati”, “ma questi chi sono?”).
Sono ripetuti i riferimenti alla cultura locale e al folclore non solo nei commenti di tipo
visuale
Foto di manifestanti che sfilano su carretto siciliano
ma anche nella scelta della linguaggio e dei testimoni privilegiati da far parlare:
“Chianci u giustu pu piccaturi (piange il giusto al posto dei peccatori ndr)”
commenta uno dei “capi” della protesta riferendosi all’episodio che ha visto come vittima un
tecnico audio di Siracusa intrappolato pur non essendo appartenente alla categoria.
Sebbene lo scopo degli autori sembra essere dimostrativo, il giornalista sceglie di concludere
l’articolo con le minacce di quello stesso “capo” di cui sopra che chiude dicendo
“[…] noi non molleremo fino a quando non avremo assicurazioni da parte del ministero che
accoglieranno le nostre richiesta”.
La chiusura appare coerente con il clima allarmistico e di “incontrollabilità” che via via le
pagine stanno costruendo.
34
Le foto ed i commenti visuali devono essere esaminate in modo congiunto: esse visualizzano,
sin dalla prima pagina, e supportano il clima allarmistico e di panico creatosi, commentando e
mettendo in relazione la protesta degli autotrasportatori con lo sciopero dei precari ed i
problemi alla viabilità e al traffico.
35
L’edizione nazionale del 4 ottobre mantiene ed esalta il clima allarmistico, all’articolo a firma
di Alessandra Ziniti segue il corsivo a cura di Attilio Bolzoni, esaminiamone da vicino temi e
rappresentazioni da confrontare successivamente con gli articoli della medesima testata nella
sua versione locale.
Si allarga la protesta: centinaia di camion fermi. Le industrie annunciano la cassa integrazione
Bloccato lo stretto di Messina
Sicilia, i Tir insistono: pompe a secco, mercati vuoti
I temi principali attorno i quali ruota la cronaca del quinto giorno di protesta degli
autotrasportatori sono innanzitutto gli effetti che essa ha sulla viabilità, la disponibilità di
alimenti freschi e i timori relativi alla casa integrazione: il trigger event è integrato da subtemi
e da digressioni ulteriori.
Si fa sempre più marcata l’immagine della distanza dell’isola dal resto del paese (e non solo)
dovuta a caratteri di tipo geo-territoriale e alla volontà di autoisolamento dei manifestanti
“Dallo Stretto di Messina non si passa più. Inutile, per le centinaia di Tir in arrivo dal
continente, passare sull’altra sponda. In Sicilia il blocco della rete viaria è ormai totale e così,
da ieri pomeriggio, la polizia ferma a Reggio Calabria e a Villa San Giovanni i mezzi
pesanti”.
L’esasperazione della vicenda si esplicita attraverso l’escalation di tensione (“sono ormai in
centinaia fermi nelle aree di sosta e la tensione si taglia a fette”), mentre l’abbandono e il
disordine vengono sovente associati all’incuria e la sporcizia i cui versano varie zone
dell’isola, in primo luogo nei porti dove le derrate alimentari bloccate cominciano a
deteriorarsi e in alcune zone urbane a causa della sospensione dei servizi di raccolta e di
smaltimento dei rifiuti.
Nel corsivo di Bolzoni le distanze si allargano ed in questo caso ciò è dovuto principalmente
ai modelli culturali e ai moduli comunicativi descritti.
Il corsivo acquista la vividezza del resoconto etnografico, non scevro da riferimenti
cinematografici
“uno di loro si fa chiamare proprio “Anatra di Gomma” come quello che nel film di Sam
Peckinpah guidò la rivolta dei camionisti in Arizona” e ancora “Il fronte del porto a
mezzogiorno”
36
e riportando regolarmente le espressioni gergali dei camionisti tra progetti di resistenza e
revanchismo e abitudini gastronomico-culturali peculiari degli autoctoni
“Dice che lui non mollerà mai, impreca contro il governo, se la prende con gli armatori ,
sbraita contro “gli sbirri della stradale” e alla fine minaccia: “Sì, faremo come in Convoy,
proprio come al cinema…per farci sentire attraverseremo tutta l’Italia fino alle Alpi…”. Poi
divora il suo palermitanissimo panino con la milza […]”.
Il riferimento alla tipicità esotica viene rimarcato nella descrizione ironica del carico di
camion e rimorchi
“Camion e rimorchi di tutti i colori, carichi di latte e polli, mangimi e patate, pomodorini di
Pachino e mozzarelline di Eboli, arance di Paternò e mandorle di Avola […].
Vengono ancora utilizzate espressioni tratte dal linguaggio bellico (“ostaggi”, “il comitato”,
“trincea d’asfalto”). La vicenda si svolge in clima di tensione e disordine: “Colpi di clacson,
bestemmie, un principio di rissa ogni quarto d’ora”.
Il report etnografico suggerisce inoltre immagini relative a connivenze e complicità, una sorta
di solidarismo amorale, di tacito rispetto tra i manifestanti e le espressioni malavitose, illecite
dell’isola, i “misteri palermitani”:
“[…] corre in mezzo alla strada per fermare il furgone carico di zucchero che sta passando.
L’autista gli bisbiglia qualcosa all’orecchio e allora “Anatra di gomma” ordina ai suoi:
“Questo può andare, è lo zucchero per i carcerati dell’Ucciardone…”. È mezzogiorno davanti
al porto di Palermo, si alza un applauso […]”
“È sera e cinque camionisti “ostaggi” dentro il porto ci raccontano cosa è accaduto all’alba:
“C’erano sei o sette camion che uscivano dal mercato ortofrutticolo e volevano passare ma
loro, quelli della protesta, non volevano. Poi dal mercato ortofrutticolo è uscito un signore
piccolo piccolo che tutti conoscevano, uno di quelli “intesi”, uno importante…e i camion
improvvisamente sono passati”. Alla polizia non risulta. Alla Finanza neanche”.
37
Intanto “Camion selvaggio oggi è (quasi) padrone di Palermo”, come sintetizzato nelle
conclusioni.
L’ipotesi della connivenza mafiosa è rinnovata dalla stesso Bulzoni nel corsivo dell’edizione
nazionale del 7 ottobre
I camionisti mantengono le barricate, ma con qualche eccezione
I “leghisti del Sud fanno passare solo i boss”
i manifestanti e, per metonimia, la Sicilia sono associati a forme di neo-separatismo
“Il camionista del fronte del porto non dorme da tre giorni e tre notti, beve solo caffè, le sue
labbra si piegano in un ghigno e lui comincia a sputare veleno “contro Roma ladrona. […]. I
compagni dell’ultima barricata lo seguono battendo le mani, si spintonano, anche loro
urlano: “Si-ci-lia…Si-ci-lia…Si-ci- lia…”
e di collaborazionismo con la malavita locale, riproponendo i vecchi stereotipi dell’isola
irraggiungibile e lasciata al suo destino di luogo delle contraddizioni e del malaffare
“Le barricate si aprono e si chiudono come fisarmoniche sulla via del mare, all’incrocio
dell’Oreto, agli vincoli delle autostrade. Non passa nessuno tranne i camion e i furgoni di
qualche boss. Basta un segnale, basta la “parlata” dell’amico di un amico e anche gli
irriducibili, i più duri tra i camionisti, si trasformano in agnellini e fanno finta di nulla. È
capitato ogni giorno dalle parti del mercato ortofrutticolo, i cariche che devono passare da lì
passano sempre. Ed è capitato anche altrove”.
Persino nei commenti visuali si tende a rappresentare il gruppo dei ‘rivoltosi’ come miliziani
gioiosi per la conquista
38
Nell’edizione locale del 4 ottobre si inaspriscono i toni allarmistici:
Quattro impianti su dieci hanno già esaurito le scorte. E cominciano a scarseggiare merci e
generi alimentari
La Sicilia a caccia di benzina
Le compagnie di autobus a secco bloccano i collegamenti
La foto di auto in coda alle pompe di benzina e di soggetti che attendono in fila a braccia
conserte (in prima pagina) indica chiaramente il taglio dei pezzi che focalizzano ancora una
volta sulla ormai compromessa raccolta dei rifiuti, la scarsità di generi alimentari e prodotti
“freschi” (“Scorte di latte fresco a zero nei sei punti vendita palermitani della Coop, che
hanno annullato tutti gli ordinativi di deperibili e ortofrutticoli, e dove cominciano a
scarseggiare le riserve di beni di prima necessità come pasta e zucchero”) e sul caro-prezzi.
39
la Repubblica, a differenza per esempio del Giornale di Sicilia, costruisce il discorso
ancorandolo a storie ed esperienze personali maturate all’interno della vicenda principale o ad
alcuni suoi subtemi.
Nei racconti di vita si fa spesso uso del dialetto o di forme gergali da esso derivate
(“Vogliamo il lavoro, ci dovete dare ‘u travagghiu!!”, “vastasunazzu”), questi pezzi sono
altresì connotati per il registro altamente emotivo e drammatizzante che, nel caso dello
sciopero degli autotrasportatori, contribuisce a creare narrative personali della catastrofe:
spesso la vicenda principale è integrata con proteste collaterali (i precari, il fermo alla pesca, e
infrastrutture, l’insoddisfazione politica contro “i cornuti che comandano”) filtrate attraverso i
vissuti personali (è il caso della storia “L’ingorgo e gli anziani”).
Nell’edizione nazionale del 5 ottobre la vicenda e i subtemi che la integrano sono trattati in
cronaca: è dato particolare risalto alle foto che commentano ed esplicitano i disagi in cui
versano i cittadini/consumatori (banco frutta di supermercato vuoto e file interminabili alle
stazioni di servizio con bidone alla mano) e i caratteri fenotipici degli autotrasportatori
(ripresi, nella fattispecie, mentre discutono animosamente con atteggiamenti visibilmente
goliardici).
40
Lo stop dei tir diventa parziale, garantiti medicinali. Domani vertice con Bersani
Sicilia, tolto il blocco per benzina e alimentari
Ma i danni di “camion selvaggio” sono enormi
Viene annunciata la “tregua” garantita da Richichi (capo della protesta) in particolare per
quanto riguarda l’approvvigionamento di beni di prima necessità e di medicinali. Il giornalista
elenca in dettaglio gli effetti più devastanti provocati dal blocco, tra i settori più colpiti
figurano quello agro-alimentare e caseario (ennesimo riferimento a compartimenti tipici
dell’isola): i disagi sono sintetizzati graficamente in una tabella sinottica con espliciti
indicatori di tipo iconico (vd. Fulmine /nube nera e transenna/stop).
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Perdurano le difficoltà legate alla mancanza di cibo fresco; sono rimasti a secco i mezzi di
raccolta di rifiuti e persino “le auto scorta dei magistrati e quelle di servizio di polizia”nonché
gli aliscafi che collegano le isole minori.
Il corsivo di Bolzoni – strategicamente dedicato a “I disagi”- consiste in un amalgama di temi
ed immagini che, in definitiva, narrano le vicende quotidiane e paradossali di una città,
Palermo, posta sotto assedio:
Supermercati vuoti, distributori a secco, trasporti in tilt. A Palermo rincari fino al 60%
E nelle città assediate rispunta il mercato nero
Il giornalista, nelle vesti quasi di inviato di guerra, narra di una Palermo che ricorda il
dopoguerra,
“[…] quando […] si trovavano solo stecche di Pall Mall e di Camel e di Lucky Strike. Ma
mai un pezzo di carne buona, mai un pesce che non fosse sarda o che non fosse sgombro, mai
frutta di stagione e neanche uova fresche”
deserta, associata ad immagini tradizionali, esotiche e mitiche insieme:
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“Dai muri e dai tetti pendevano ancora le luminarie per la festa della Maria Santissima della
Mercede, però i banconi delle pescherie e delle ‘carnezzerie’ erano tutti vuoti, le bancarelle
spoglie, i vicoli deserti, nella piazza in fondo non si sentivano le ‘abbainate’ degli olivari e dei
polipari, tra le voci dei suk di Palermo. Niente triglie di scoglio da Porticello né gamberoni
imperiali da Mazara, niente uva da Canicattì, e neppure pesche da Bivona […]”
“La città è un caravanserraglio dal mare alle ultime gole di quella che fu la Conca d’Oro”
“Si trova per due lire, sempre al Capo ma anche nei mercati di Ballarò e di via Montalvo e
pure nella famosissima Vucciria immortalata da Renato Guttuso – soltanto quello che si
produce in zona, fichidindia e càchi che racolgono nelle vicine campagne di Misilmeri,
legumi coltivati nei campi intorno a Villabate, broccoli di Brancaccio”
“[…] il poco pesce tirato su dalle barchette della Bandita e di Romagnolo, perlopiù sgombri e
calamaretti. L’unico pesce che sembra non mancare è quello di allevamento, orate che però a
Palermo nessuno vuole”.
I siciliani sono descritti come individui legati ad un particolare stato di natura che, portandoli
ad interessarsi più della sopravvivenza e della gola, lì priva di quello spirito e senso civico
necessari mentre davanti ai loro occhi “marciscono” alcuni beni e deperibili e si “stanno per
fermare anche le auto di scorta dei pm anti-mafia”.
Intanto le carovane a caccia di carburante utilizzano i vecchi sistemi del “tam-tam”, delle
“voci” e del “passaparola”: si ha tutta l’impressione di vedere un contesto urbano regredire
all’utilizzo di forme di solidarietà meccanica, dell’ “ aver sentito dire che”. Non è un caso che
i pezzi abbiano spesso utilizzato non solo registri discorsivi altamente emotivi e narrativi, ma
che i giornalisti abbiano costruito i propri pezzi preferendo le strutture episodiche a quelle
tematiche.
I riferimenti al folclore e alle tradizioni locali si unisce alla trattazione soggettivante delle
vicende, esplicitata anche dall’uso di tecniche di titolazione che prediligono il parlato:
nell’edizione locale di giorno 5 ottobre si riutilizza la tecnica del resoconto etnografico della
vita dei camionisti:
Davanti al porto da cinque giorni, vivono tra i tir e i bar: “Abbiamo ragione”
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“Stanchi, ma non molliamo”
La trattazione soggettivante non dà spazio all’analisi delle vicende quanto piuttosto ad una
loro semplificazione e banalizzazione con riferimenti ad elementi folcloristici locali che ne
permettono una maggiore generalizzazione e decontestualizzazione:
“Anche lui (si riferisce ad un camionista che scelta la linea dura continua a manifestare ad
oltranza) come altre centinaia di camionisti tiene duo. Vicino al suo tir, intanto è spuntata una
lapa con lo spincione. Lo stesso è accaduto in via Oreto. Ci si arrangia come si può. E per gli
ambulanti di cibo a poche lire, questa è un’occasione da non perdere”
“Già il bar. È diventato una sorta di seconda casa. È qui che i camionisti mangiano qualche
panino e si lavano per come possono. Faticano ma non si piegano”
I subtemi sviluppati nella giornata del 5 ottobre ripropongono il tema della carestia e della
scarsità di approvvigionamenti
Code e proteste, discussioni e liti davanti ai distributori svuotati dopo il blocco dei
rifornimenti
Viaggio tra i dannati della benzina
Assalto alle pompe: “Siamo stati colti di sorpresa”
Si descrivono situazioni al limite della guerriglia urbana: linguaggio e temi evocano scenari
da guerra (“rompetele righe”, “persone armate di bidoni in plastica”, “il piccolo esercito dei
bidonisti”) arricchiti dalle immagini di individui e motociclisti che si avventano sulle stazioni
di servizio e di lunghe file parallele di autoveicoli, e della protesta dei precari alla Regione.
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Il registro discorsivo di forte intensità emotiva, spettacolarizzato e fa uso di forme gergali e
dialettali (si consideri il dialogo tra due signore, in fila per fare benzina, assunto a notizia: “A
poca distanza dal distributore, una donna quarantenne su un Opel Astra, grida “sei una capra”
a un’altra donna che cerca di infilare il muso della sua Jeep. “Va’ lavati i piatti” la replica. Il
dialogo si ferma qui, per fortuna, anche perché –seppure lentamente- la fila si muove”).
L’isola è costruita come distante, terra del disordine e del panico, lontana geograficamente dal
centro del “continente” e lontana simbolicamente dallo sviluppo e dalla cultura civica
nazionale, succube di stereotipi ambigui, ambivalenti che, se regolarmente, ne fanno il luogo
dei paradossi e delle contraddizioni, alcune volte la riconoscono terra esotica, del mito, della
conquista si consideri il titolo seguente:
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Le nuove ricerche, il potenziale dell’isola è di 5 miliardi di barili.
La corsa al petrolio l’isola sogna il Texas
ed ancora scorrendo il testo: “frontiera dell’oro nero”, “Texas italiano”, “Eldorado siciliano”.
Il numero dell’edizione nazionale relativa a giorno 6 ottobre introduce il tema dell’incontro
tra Bersani e Rotella
Oggi trattativa al ministero dei Trasporti. La Regione: i camionisti pronti alle barricate.
Circolano alimentari e farmaci
Sicilia in ginocchio, lavoro a rischio
Confindustria: 8.000 in cig per camion selvaggio
Si presentano inoltre le posizioni delle parti politiche rispetto al caso ed in particolare la
polemica tra i due poli. I temi di natura politica sono tuttavia arricchiti con le quotidiane
descrizioni dei disagi, delle speculazioni, delle merci avariate e delle truffe legate
all’immissione di tali beni in commercio.
Lo sciopero dei camionisti è considerato causa di una sfiorata tragedia
“Per colpa dello sciopero dei camionisti a Palermo si è anche sfiorata la tragedia. Un
appartamento è andato a fuoco mentre il proprietario stava travasando in un bidone alcuni litri
di benzina “conquistati” dopo ore di coda. L’uomo se l’è cavata con qualche ustione e tanta
paura”.
Si crede debba essere prestata particolare attenzione alle varie digressioni tematiche inserite
all’interno dell’episodio scatenate, e seguendo tale indicazione non appare una scelta casuale
quella di inserire subito ai piedi delle foto che commentano l’articolo relativo agli effetti della
protesta (fila alla stazione di servizio presidiata dai carabinieri ed autotrasportatori nei pressi
di un blocco), una notizia relativa ai progetti di rinnovo dei servizi delle Ferrovie dello Stato:
la nuovissima Carta dei servizi permetterebbe infatti di migliorare e rispettare i tempi
“[…] puntualità. Entro la fine del 2000 infatti le Fs giurano di far arrivare in orario, o con un
ritardo massimo di 15 minuti, l’86 per cento dei treni a lunga percorrenza e il 91 per cento
degli Eurostar”
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e l’altra indicazione, utile al fine della nostra analisi, è già presente nella titolo
“Pronta la Carta dei servizi con gli impegni per migliorare i collegamenti. Le Ferrovie
promettono puntualità e pulizia”.
Il tema del pulito, a nostro avviso, è usato in diretta opposizione al tema del marciume e dello
sporco, concetti che chiudono l’articolo che tratta direttamente la vicenda autotrasportatori.
L’edizione locale del 6 ottobre dilata e frammenta l’argomento principale attraverso
l’elaborazione e l’inquadramento di vari subtemi e digressioni: 1) riferendosi alle fazioni
politiche regionali su cui aleggia lo spirito del provvidenzialismo e l’immobilismo (“in attesa
delle decisioni romane”); 2) si considerano i fenomeni di speculazione diffusa sui contenitori
omologati per trasportare carburante presso gli stessi distributori: la vicenda serve da
espediente per denunciare la mancanza di cultura civica (“speculazione ogni qualvolta si crea
una necessità impellente”) e il fallimento della politica energetica nazionale (a causa delle
cisterne inadeguate per approvvigionamenti di lunga durata”); 3) le notizie brevi dedicate: ora
all’ “emergenza” (“Malata dimessa dal Civico non può tornare a casa”), ora agli “alberghi”
(“Niente biancheria pulita la lavanderia è fuori città”), ora a “l’incendio” (la sciagura sfiorata
in un palazzo a causa di un incendio divampato all’interno di un appartamento mentre un
uomo travasava benzina: in uno scorrere disordinato di fatti, un topic eccezionale e
straordinario diventa elemento quasi routinario, ricorrente, prevedibile, ineluttabile); 4)
l’editoriale “L’assessore chiacchiere e distintivo” di Bolzoni: dove si dipinge una Sicilia in
preda alla vittimizzazione a alla cultura della rassegnazione (“[…] la nostra solita iella […]”;
Rotella diviene vittima dell’intervento satirico (è lui che cavalca, fomenta, incita alla protesta,
minaccia barricate e marce su Roma, fa demagogia; Masaniello con i camionisti; “padrino”
del movimento dei camionisti (si fa esplicito uso del linguaggio mutuato dalla mitologia
mafiosa e dunque sottilmente all’ipotesi di connivenze).
Il 7 ottobre è dedicato nelle pagine dell’edizione locale agli effetti dell’incontro tra Rotella e
Bersani, i subtemi e le rappresentazioni collegate a questi si concentrano soprattutto sul
sistema politico isolano, sulle minacce dei rivoltosi e la figura di Richichi “Masaniello dei
camionisti”, sugli effetti della vicenda in vari ambiti e settori della vita pubblica attraverso
digressioni tematiche.
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Il governo regionale è additato come esempio di clientelismo, sperpero di danaro pubblico e
di incompetenza gestionale, l’autonomia decisionale in alcuni settori è considerata dannosa
(“L’autonomia ha fatto più danni della mafia” afferma Enzo Bianco) e i rappresentanti
politici, nella persona di Rotella, sono giudicati espressione di una politica trasformista, ‘più
dannosi di una catastrofe naturale’.
Riferendosi a Rotella nell’editoriale vengono utilizzate le seguenti parole:
“[…] ferroviere passato da un deragliamento politico all’altro, ora con la destra ora con la
sinistra, sempre presente dove c’è una poltrona da occupare e un portafoglio da gestire”.
Si consideri la foto seguente che ritrae Rotella quasi in atteggiamento in cui appare remissivo,
goffo ed impacciato.
La vicenda è enfatizzata (rispetto all’inefficienza e superficialità dei politici locali e in merito
alla costruzione del panico) nella rubrica delle lettere dei lettori, integrando l’evento
principale con storie estreme e facilmente generalizzabili al pubblico del lettori : la prima
scritta da un capostazione (“La demagogia del ferroviere Rotella”) accusa le incompetenze
dell’assessore e gli orientamenti della politica locale contraria ai trasporti su ferro
(contrariamente a ciò che avviene a livello europeo); la seconda propone strategicamente
l’appello disperato di un rappresentante ridotto al lastrico a causa degli effetti perversi della
protesta
“So anche che molta gente sta perdendo il lavoro per colpa di una protesta allucinante
fomentata da un governo regionale complice e da un’opposizione di sinistra incapace di
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mostrare i muscoli”; “ma, in un momento come questo, non riesco a pensare ad altro che alle
cambiali che non potrò onorare perché un pugno di camionisti non mi fa lavorare. Domani
avrei dovuto partecipare a una fiera di paese a San Giovanni Gemini. Avrei guadagnato quei
soldi che mi sono indispensabili per tirare avanti. Ma come ci vado se nel mio furgoncino non
c’è un goccio di benzina. Ho fatto tre notti di coda, ma non sono riuscito fare il pieno. Lo sa
questo l’assessore Rotella? Lo sa che la gente muore di fame perché i suoi amici camionisti si
sono messi in testa di distruggere una regione?”
Nell’intervista a Richichi vengono esposti i motivi della protesta e si sondano i progetti. Ne
esce fuori l’immagine di un uomo dai tratti grotteschi e paradossali. Insoddisfatto delle intese
raggiunte e minaccioso
“Sono caramelle, caramelle, noi di questi contentino non ci accontentiamo e la protesta
continuerà fino a quando non saranno accettate le nostre richieste, noi non siamo neanche stati
ricevuti e a questo punto le misure previste dall’incontro non ci interessano, i blocchi
continuano”,
fortemente risentito a causa del trattamento ricevuto da Bersani (“Ci hanno trattato come
persone indesiderate”).
Il ritratto è quello di un ‘padroncino’ che tra vittimismo
“[…] se erano le cooperative, quelle che vengono dal nord e dall’Emilia Romagna, li
avrebbero fatti entrare. È la prima volta nella storia che una piccola associazione di
autotrasportatori siciliani ottiene un grande successo ed accade che ci trattano come se
fossimo un baraccone da circo”
ed ironia grottesca e grossolana
“[…] Ha visto che il blocco sta provocando disagi a milioni di cittadini “innocenti” che
subiscono senza avere nessuna colpa? E io che ci posso fare? Io i blocchi non li levo perché
la nostra è una protesta legittima. E poi non è vero che le merci non possono viaggiare: le
Ferrovie che ci stanno a fare? Abbiamo una ferrovia efficientissima, lì le merci possono
viaggiare”
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si rivela banale e ridicolo
“Quindi a Roma ha fatto un viaggio a vuoto? Certamente, ma comunque, dopo che ci siamo
spostati da palazzo Chigi, siamo andati in giro per Roma, ci siamo comprati qualche vestito”.
L’articolo è rinforzato da alcuni trafiletti (“Per i pescherecci fermi da 20 giorni la speranza di
indennizzo per calamità”: il panico ed il disordine sono amplificati non solo attraverso il
caro-gasolio e la penuria del pescato, si aggiungono problemi ecologici legati alla presenza
delle mucillagini) e da pezzi destinati alle “testimonianze” (“I camionisti”: si tratta di una
registrazione a caldo degli umori dopo il rifiuto da parte del Governo di ricevere i delegati
degli autotrasportatori. I temi citati ruotano attorno ai concetti di autonomismo e separatismo,
dell’ “orgoglio sicilianista” (“Noi da qui non ce ne andremo mai – dice franco Caminiti – la
verità è che la Sicilia se la passerebbe molto meglio se si distaccasse dall’Italia”; “Quei
polentoni – dice infatti un altro dei manifestanti- ci trattano come se valessimo meno di
niente, come se fossimo “munnizza”, e noi reagiremo per come meritano. Continueremo a
manifestare sino a quando non ci daranno ragione”; “Qui in Sicilia non faremo entrare più
nessuno. D’ora in poi la faremo noi l’autonomia”).
Restano “inquadrati” anche i temi relativi agli effetti della protesta, sotto fotografie di una
città desolata (motociclista rimasto in panne in una via Libertà deserta) e di altri disagi
(mezzi pubblici affollati; polizia che sorveglia un deposito di carburante e persino la
descrizione di una foto inesistente o meglio non corrispondente a quella pubblicata23)
23 La descrizione recita “un automobilista cerca di fare benzina con la tanica di una 500” mentre nell’immagine si vedono individui in fila nei pressi di una stazione di servizio. La foto della descrizione in realtà si trova alla pag.25 dell’edizione nazionale della medesima giornata (con effetti connotativi ben diversi, dal momento che l’immagine è diffusa su tutto il territorio nazionale).
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Scene da dopoguerra Duemila: furti di carburante dalle auto, guerriglia in viale regione
Benzina al mercato nero a rischio poste e sigarette
Si descrive lo stato di calamità in cu versa la città, e i disagi cui sono sottoposti gli
“innocenti” e i settori produttivi dell’isola
“Un’atmosfera da primo dopoguerra che si sperava di non dover più rivivere. E se le Poste
informano che sarà difficile nei prossimi giorni recapitare lettere e bollette ai cittadini, si
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aspetta anche il momento in cui finiranno le scorte per le sigarette, altro indicatore principe
dei momenti di emergenza”
Il panico sembra essere generale e diffuso: immobilismo delle forze dell’ordine rispetto a
violenza e vandalismo (“Volano pietre e bottiglie sotto gli occhi delle forze dell’ordine che,
chissà perché, guardano la scena senza intervenire”); depositi di carburante sotto scorta,
presidiati; derrate alimentari e beni di prima necessità difficilmente reperibili. I disagi sono
principalmente imputati agli autotrasportatori, “[…] il rais Giuseppe Richichi e i suoi boys”.
Persino lo sport ha incontrato delle difficoltà (il calcio in particolare) a svolgere regolarmente
i propri appuntamenti nell’isola. Anche questo articolo si dilata in subtemi e spazi dedicati: “Il
reportage” e “La situazione”. Iniziamo dal primo:
Fino all’alba in viale Strasburgo in attesa del pieno tra birra, pizze e invettive
L’ultima coda di mezzanotte ‘Ma se va male mollo l’auto’”
Si tratta del resoconto dell’attesa presso una stazione di servizio modificata per l’occasione in
momento di bivacco, in cui prevalgono la personalizzazione e la soggettivizzazione, la
sovrapposizione della vicenda principale con le azioni ordinarie della vita quotidiana
raccontate spesso in prima persona, segue qualche frammento:
“È l’una quando Sandro, appoggiato sulla sua Opel Corsa, alza gli occhi verso il cielo e
s’imbatte nel megamanifesto di Berlusconi: “Perché non scende da là sopra? Figurati se a lui
non gli danno la benzina. In questo paese mica ci considerano tutti uguali e chi comanda
pensa solo agli affari suoi”
“Mancano tre ore all’alba e la fila ormai si perde all’orizzonte. Dentro alle auto c’è chi dorme,
chi non riesce ancora e litiga col sedile, che non si reclina a dovere, e chi legge l’oroscopo sul
giornale. È una donna in attesa del marito che dovrebbe venire a darle il cambio: “ma – dice –
come al solito ritarda. Anche di notte, con questi problemi, non riesce a essere puntuale”
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La Confcommercio lancia l’allarme per gli alimentari
Le aziende in ginocchio lunedì 10 mila cassintegrati
Qui i toni allarmistici sono utilizzati per i beni alimentari: cibo e protesta sono stati spesso
associati, sono elementi ricorrenti nei resoconti giornalistici. Colpisce tuttavia che il difficile
approvvigionamento dei beni sia sovente associato alla loro deperibilità, alla dicotomia
concettuale del puro/impuro che in questo pezzo è particolarmente evidente per il riferimento
e per il valore simbolico che assume l’acqua (“L’acqua Geraci visto che non riesce a rifornire
i supermercati di Palermo, ha fermato la produzione […]).
Altro elemento particolarmente citato nei vari articoli, riferibile alla dicotomia prima
ricordata, è il latte che nelle pagine siciliane sembra connotarsi di significati antichi e
primordiali
“L’ALLARME. Niente latte per i bambini”; “Anche i più piccoli pagano le conseguenze del
blocco dei tir in Sicilia”, “Comincia a scarseggiare il latte per i neonati, uno degli articoli che
ci vengono maggiormente richiesti”, “Problemi seri anche all’Ospedale Di Cristina, dove per
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il blocco degli autotrasportatori scarseggiano gli alimenti. Il nosocomio palermitano che
ospita ogni giorno centinaia e centinaia di bambini provenienti dalla Sicilia occidentale
potrebbe presto rifiutare i ricoveri per mancanza di viveri”.
Nella giornata dell’otto ottobre ci si avvia al commiato dell’evento scatenante e ci si prepara
allo sblocco della protesta. Si noti nell’edizione nazionale, comunque, già nel titolo
Lunga riunione in Prefettura. Nella notte a decisone degli autotrasportatori.
Sicilia senza acqua e latte ma i Tir allentano la presa.
Verso la fine dei blocchi, l’isola è in ginocchio
il rinvio ad elementi, “acqua” e “latte”, la cui difficile reperibilità ha causato e continua a
causare disagi e ad allarmare la popolazione.
Gli autotrasportatori sembrano essere stati costretti alla “resa” da pressioni di varie
contingenze (“cittadini inferociti”, “agricoltori in rivolta”, “cassintegrati pronti a tutto” e
“piccolo esercito di poliziotti”).
Nonostante il riferimento ad una normalità che tenta di manifestarsi, nell’articolo si fa ancora
riferimento al tema del disordine (“Sicilia avamposto di guerra”, “centinaia di passeggeri
prigionieri”, “porto ostaggio dei camionisti”, “scene da carestia”, “ressa agli imbarcaderi”,
“scene da guerriglia urbana”). Nessuna tematizzazione e forte ‘quotidianizzazione’ della
vicenda nel corsivo dedicato alla “storia” (Salvatore, venditore ambulante, non lavora da sette
giorni. “sono sul lastrico ed è colpa loro”): la “piccola storia” di un siciliano qualunque
tratteggia a tinte forti, per il pubblico dei lettori nazionali, la quotidianità nella Palermo della
gente comune. La descrizione, come affermato, si addice a quella di un “girone infernale”, nel
quale i soggetti assistono impassibili alla disfatta e ai disagi provocati dalla “barricata più
selvaggia mai alzata in città negli ultimi quaranta anni”
Un motivo che si reputa interessante notare, motivo che ritorna nell’articolo che stiamo
esaminando, è quello dei sistemi di comunicazione tra i rivoltosi: in vari articoli si considera
l’uso di strumenti impropri (passaparola, tam-tam e cellulare) nell’organizzazione della
protesta (ed adesso nel suo sblocco: “ Da Catania, il tam tam della resa ha raggiunto via
cellulare tutti gli snodi della protesta […]).
Così come la protesta si è alimentata con i ‘passaparola’, la costruzione giornalistica delle
vicende si è spesso basata sul ‘sentito dire’, utilizzando quale forma di legittimazione dello
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spessore dell’articolo e della sua veridicità la tecnica della ‘caccia di opinioni’ e ella ‘vox
populi’
Si consideri in particolare l’articolo dal titolo:
Viaggio tra Capo, Vucciria e supermarket. Più adesioni che critiche.
Il popolo dei mercati tifa per i camionisti
(7/10/2000).
Anche nell’edizione locale della giornata dell’otto ottobre, il lettore è guidato alla lettura della
‘resa’ dei rivoltosi, ma immediatamente intimorito dalla foto (file parallele interminabili di
‘bidonisti).
e dai titoli:
Aprono 19 distributori, fino a mercoledì niente carne, zucchero, latte, montagne di rifiuti
La carestia non è finita
E in quattrocento marciano contro il blocco
Nonostante gli accordi la situazione resta “esplosiva” non solo a causa degli umori dei
cittadini, manifestatamene contrari al blocco, ma anche per la grave impasse attraversata da
tutta l’economia siciliana (danni ingenti su agricoltura, artigianato, industria e turismo).
Il linguaggio da trincea (“La resa è vicina”) si alterna alle immagini dell’assedio che si
assopisce, lasciando una città martoriata (“la fine dell’incubo, comunque, non sembra
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lontana”; “Leningrado prima del muro”; “Palermo e la Sicilia come Cuba dopo un quarto di
secolo di embargo”; “Razionata anche l’acqua”; “settimana di inferno”)24 e sporca:
“E dopo benzina, acqua e cibo, all’orizzonte si affaccia anche il pericolo igienico-sanitario.
L’Amia ha annunciatocce da domani i mezzi di raccolta dei rifiuti saranno fermi per
mancanza di carburante”.
La distanza fisica e simbolica dell’isola dal resto del Paese si fa sempre più incolmabile:
“[…] (parla Carrotta, direttore della Confcommercio di Palermo) la Sicilia è lontana dal
continente …”.
Dalla prima pagine si rinvia alla pagine interne per approfondire i subtemi legati all’articolo
appena descritto: 1) “Le Lettere” ( viene data voce ai cittadini: le lettere sembrerebbero
piuttosto messaggi di SOS nel pieno rispetto dei registri comunicativi e delle scelte lessicali
adottati dal quotidiano: “Non abbandonateci”); 2) “Gli incidenti” (il pieno alla macchina
giustifica qualunque espressione di violenza, “Risse per il carburante, due feriti”, lo stato di
emergenza è esteso ad ogni azione o comportamento precedentemente considerate sicure – i
bidoni di plastica non omologati non sono adeguati al trasporto di carburante); 3) vi è spazio
anche per “La curiosità” (a Caltanissetta rubano la benzina dal carro funebre mentre nella
Cala di Palermo un “bisonte “ olandese, prigioniero dei colleghi italiani, passa il tempo
pescando); 4) gli effetti definitivi della protesta verranno valutati da un’unità di crisi,
appositamente creata, composta dai rappresentanti di tutte le categorie produttive; 5) Nuove
psicosi per i consumatori che adesso devono fare i conti con le frodi legate al cibo avariato
(“Programmate ispezioni sulle tonnellate di alimenti rimasti fermi per una settimana a causa
della protesta. Nas, caccia alle merci avariate.Task force per evitare che finiscano in negozi
e mercati”) e il razionamento dell’acqua a causa della mancanza di reagenti per la
potabilizzazione.
I camionisti, in un corsivo a pagina 2 a firma di Massimo Lorello, attendono istruzioni sul da
farsi e pensano piuttosto “[…] a organizzare un’altra veglia, si pensa – come fa Vicè – a
Italia-Romania da vedere su un trentadue pollici montato sul tetto di una Fiat Tipo bianca
parcheggiata a venti meri dal posto di polizia”.
24 Da notare l’inserzione pubblicitaria del latte fresco SOLE, alta qualità, occupante circa mezza pagina.
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I “padroncini” hanno accettato la bozza di accordo. Non ancora terminati i disagi. Oggi nuovo
incontro
Stop alla rivolta, la Sicilia respira
Il 9 ottobre così titola la redazione nazionale uno degli ultimi articoli dedicati alla vicenda
autotrasportatori: i toni sono decisamente resocontivi, si ricostruiscono i principali
avvenimenti su cui si è snodata la vicenda. La normalità tarda ad arrivare, si fa sentire il
“malcontento della popolazione ridotta allo stremo”.
Il bombardamento episodico è più evidente del numero della redazione locale del 10 ottobre
Ora manca la benzina verde
Il ritorno stentato alla normalità (vd titoli di alcuni subtemi collegati: “Pieno possibile fino
alle 22”, “I pescherecci tornano a mare”) è avviato tra mille difficoltà legate innanzitutto alla
scarsa disponibilità di benzina (un trafiletto rassicurante in questo caso titola “Aiuti economici
per impianti gpl”!) all’aumento dei beni di prima necessità, e persino al maltempo che funesta
l’isola. La normalità riprende tuttavia il carattere caotico che nella declinazione isolana
sembra possedere: “La fine della protesta degli autotrasportatori ha anche riportato traffico e
ingorghi in centro, anche perché lo sciopero dei professori ha riversato gli studenti per strada.
E anche questo, purtroppo, è un segno di normalità”.
L’intera vicenda, sotto il profilo politico, è commentata attraverso riferimenti ad immagini
storiche e mitiche (Colapesce) e con una certa ironia per l’inefficienza della “oligarchia
siciliana”: si mette in rilievo l’anacronismo di cui soffre il sistema politico siciliano a causa
delle derive clientelari ed assistenzialistiche cui è andato incontro (“Ha trasmesso una novità
agli elemosinieri del Regno di Sicilia, venuti a chiedere la regalia: Il Regno di Sicilia non ci
può più essere”).
I manifestanti sono descritti attraverso le categorie della violenza, della distruttività
irrazionale e ‘passionale’: un’ “orda” che si è caratterizzata per mancanza di programmi e di
organizzazione; per grossolanità e violenza; questi “[…] hanno assediato la Sicilia,
rendendola più isola di quella che è, si credono un gruppo di fratelli maltrattati da uno Stato
padre-padrone”.
In uno degli ultimi bilanci della vicenda (più simile ad un bollettino di guerra) vengono
indicati i settori maggiormente colpiti dallo sciopero (Fiat; Sicindustria; agricoltura; settori
lattiero-caseario e ortofrutticolo). I più penalizzati sono soprattutto i consumatori a causa delle
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gravi speculazioni (benzina e supermercati; “Per alcuni commercianti è stato un business”) .
“Centinaia di litri di latte fresco andati perduti, pesche settembrine a marcire sugli alberi e i
produttori di uva da tavola per i quali quest’anno sarà da dimenticare”.
“È la fotografia di una regione sull’orlo del baratro” e delle razzie alimentari.
I mass media sono istituzioni che rivestono un ruolo significativo all’interno del nostro
ambiente simbolico (Lang e Lang, 1981): Altheide sostiene che questi insieme alla cultura
popolare (popular culture) siano i principali responsabili nelle società contemporanee della
formazione di definizioni e prospettive della realtà sociale, con effetti che riguardano non solo
le pratiche ordinarie ed i contesti prossimi agli attori sociali, ma anche la formulazione di
policy issues (Altheide, 2000: 288; McQuail, 20004: 334).
Sempre Altheide afferma che non si tratta di un caso se il pubblico spesso “ritiene di trovarsi
in grave pericolo e che la vita contemporanea sia molto insicura, mentre la cultura popolare e
in particolar modo i notiziari dei network TV hanno accresciuto la copertura di vicende
relative a crimine e pericolo più del 600%” (ibidem; traduzione mia).
Il quotidiano la Repubblica sembra confermare tali posizioni teoriche fungendo da mezzo di
amplificazione (McQuail, 20004: 343) per quanto riguarda i temi relativi all’ordine pubblico
ed al controllo sociale, contribuendo a costruire determinate percezioni pubbliche di problemi
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sociali ora relativi alla mancanza di approvvigionamenti e beni di prima necessità, ora relativi
a razzie nelle stazioni di servizio e a tafferugli vari.
La vicenda dello sciopero degli autotrasportatori è trattato da la Repubblica come evento
scatenante (trigger event), come “[…] battuta di entrata nel concerto, qualcosa che accade ad
un certo momento, che cristallizza l’attenzione e fa scattare il meccanismo dell’informazione
giornalistica” (Gonzàles Gaitano, 1999: 192).
L’evento scatenante ha la funzione primaria di rendere comprensibile e “semplificare” la
complessità di una vicenda, a tal fine il trigger event -oltre a possedere caratteri potenziali di
notiziabilità –deve essere ‘costruito’ e “[…] percepito come problema sociale per raggiungere
l’agenda dei media” (ibidem). Il processo di amplificazione si baserà sul richiamo a forti
componenti di tipo emotivo, o a topoi distintivi dell’immaginario e delle rappresentazioni
sociali di un determinato assetto socio-culturale (si pensi alle citazioni della carestia, tema
biblico e alle funzioni simboliche del cibo, della sua deperibilità, del latte per i “picciriddi”).
Tra eventi scatenanti e framing si instaura un rapporto di tipo simbiotico, di co-implicazione e
di co-determinazione. Rispetto a tale relazione, Repubblica sembra avere associato con
particolare frequenza l’evento scatenante a frame relativi a problemi relativi alla sfera
economica e a problemi di ordine pubblico.
L’immagine dell’isola risente dunque di associazioni, implicazioni ed inquadramenti
determinati dall’evento scatenante: tali inquadramenti fungeranno “[…] da cornice di
ripetizione automatica di tutti gli eventi o gruppi sociali […]” (Gonzàles Gaitano, 1999: 193)
in rapporto al trigger event (si consideri in particolar modo la descrizione dei camionisti quali
individui rozzi, grossolani, spesso associati alla definizione di isola nefasta, aspra, dura).
“Alle volte il by-product diviene una scoria che intralcia il sistema informativo e dal quale
risulta difficile scostarsi. Si tratta di una sorta di meccanismo perverso del sistema dei media”
(ibidem).
L’agenda dei media può incorrere in processi di saturazione non solo di natura tematica ma
anche di natura temporale, “un tema non può rimanere a lungo nella scaletta, a meno che non
venga modificato per via della focalizzazione sui diversi aspetti o subtemi che lo integrano”
(Gonzàles Gaitano, 1999: 194).
I contenuti della vicenda si frammentano non solo nelle diverse modalità di ripartizione delle
categorie giornalistiche (dalla notizia al commento, dal resoconto all’intervista) e in svariati
subtemi ed approfondimenti, ma anche in vari stili lessicali e luoghi comuni, questi ultimi
implicati nella costruzione dei meccanismi discorsivi responsabili della riproduzione di
stereotipi.
59
Il testo giornalistico, le cui distinzioni categoriali appaiono essere diventate porose e
permeabili, si basa soprattutto su contenuti che evadono i temi per concentrarsi
prevalentemente sugli aspetti personali, catturando la fiducia del lettore attraverso storie
personali e racconti di vita dalla trama semplice, relative all’ordinarietà delle azioni
quotidiane, in cui è facile riconoscersi a causa dell’elevato grado di generalizzazione,
astrazione e perché facilmente decontestualizzabili25.
“[…] in un quotidiano […], non sono presenti solo le notizie circa i fatti del giorno […], am
anche le rubriche periodiche, testimonianze, posta, annunci, programmi radiofonici e
televisivi, previsioni metereologiche, fumetti, giochi, tutto quanto insomma tende a produrre
l’effetto di una quotidianità ripetitiva, di un’abitudine, di una costanza, di un eterno ritorno
dell’eguale. In tal modo nel giornale non si trova soltanto l’imprevedibile, ma anche i banale,
nel senso del prevedibile, dell’atteso” (Marrone, 2001: 80).
Un ulteriore elemento da considerare è inoltre la relazione tra il profilo emerso e la readership
corrispondente.
Come riportato nelle tabelle in allegato, la Repubblica si distingue dagli altri quotidiani
perché diffusa tra le categorie socio-economiche medio-superiori (caratteristica condivisa con
Il Sole 24 ore), per la significativa incidenza di laureati sul totale dei propri lettori (19,3%) e
perché risulta essere il quotidiano più letto dai ceti intellettuali (studenti e docenti) rispetto
agli altri quotidiani (18,6%).
Questi dati, sia detto in modo del tutto problematico, sembrano in contraddizione con le caratteristiche dell’articolazione di registri e contenuti, gli uni rivolti alla spettacolarizzazione, a forte carica emotiva e a stili lessicali che utilizzano eccessi di intensità ed espressioni astratte, gli altri poco tematizzati e filtrati dall’esperienza quotidiana dei soggetti protagonisti.
Tale discrasia si fa più marcata se consideriamo l’edizione nazionale, i cui articoli hanno
spesso utilizzato luoghi comuni, metafore e meccanismi discorsivi responsabili nella
riproduzione di stereotipi.
25“So anche che molta gente sta perdendo il lavoro per colpa di una protesta allucinante fomentata da un governo regionale complice e da un’opposizione di sinistra incapace di mostrare i muscoli”; “ma, in un momento come questo, non riesco a pensare ad altro che alle cambiali che non potrò onorare perché un pugno di camionisti non mi fa lavorare. Domani avrei dovuto partecipare a una fiera di paese a San Giovanni Gemini. Avrei guadagnato quei soldi che mi sono indispensabili per tirare avanti. Ma come ci vado se nel mio furgoncino non c’è un goccio di benzina. Ho fatto tre notti di coda, ma non sono riuscito fare il pieno. Lo sa questo l’assessore Rotella? Lo sa che la gente muore di fame perché i suoi amici camionisti si sono messi in testa di distruggere una regione?” (la Repubblica 07/10/2000).
60
La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui quotidiani “Giornale di
Sicilia” e la “La Sicilia”
di Giuseppe Intilla
Introduzione.
61
Il caso studio presentato nelle pagine che seguono, riguarda l’analisi testuale dei servizi
dedicati dai quotidiani “Il Giornale di Sicilia” e “La Sicilia” allo sciopero degli
autotrasportatori, verificatosi in Sicilia tra l’1 e l’11 Ottobre del 2000.
L’analisi dei documenti è stata effettuata attraverso la costruzione di un protocollo di ricerca.
In termini generali un protocollo è una lista di interrogativi, di voci, di categorie o di variabili
che guidano la raccolta dei dati provenienti dai documenti.
La metodologia utilizzata per l’analisi dei dati raccolti tramite il protocollo è l’ECA -Analisi
etnografica del contenuto- elaborata da David L. Altheide (2000).
A differenza dell’analisi quantitativa del contenuto dove l’enfasi è sull’ottenere dati che
possono essere catalogati e analizzati statisticamente e, i protocolli utilizzati per questo tipo di
analisi tendono ad avere numerose categorie di variabili, che spesso raggiungono le centinaia;
nell’analisi qualitativa del contenuto l’enfasi è sulla cattura di definizioni, significati, processi
e modelli. Di conseguenza, l’analisi qualitativa dei documenti si basa in gran parte sul testo,
sul resoconto narrativo e sulle descrizioni (Altheide, 2000: 43).
Le categorie utilizzate dal protocollo costruito per la raccolta dei dati provenienti dai servizi
dei due giornali in esame sul caso autotrasportatori, riguardano i seguenti elementi: il titolo
del quotidiano, la data, la posizione dell’articolo nel quotidiano, la posizione dell’articolo
nella pagina, lo spazio occupato dall’articolo, le caratteristiche giornalistiche dell’articolo
(occhiello, titolo e sottotitolo), la presenza di supporti visivi (foto, immagini), i temi e le
categorie interpretative sui quali verte la costruzione della rappresentazione giornalistica, gli
stereotipi e lo stile linguistico espressivo.
L’analisi ed elaborazione dei dati estrapolati dal protocollo, include categorie considerate
“pertinenti” per le caratteristiche dell’agire sociale, compreso il fornire informazioni sul
tempo, sul luogo e sui modi dell’azione. Tra gli obiettivi vi è quello di mostrare che il
documento si riferisce ad un’attività sociale e che le suddette categorie sono state indicate
come utili modi di catturare i “personaggi drammaturgici” dell’azione sociale (ivi: 45). Attori
sociali interpreti delle azioni e relazioni socio-comunicative rappresentate nella carta
stampata. Detto in altri termini “azioni” che intercettano “chi dice”, “chi fa” e “chi fa con
chi”.
Nei paragrafi successivi, vengono presentati i risultati dell’analisi qualitativa dei testi,
integrati con la rielaborazione dei dati Audipress sulla composizione della readership dei due
quotidiani oggetto di studio.
62
1. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui servizi del
“Giornale di Sicilia”.
Il corpus testuale del Giornale di Sicilia corrisponde al 34% del corpus così come
rappresentato nella Fig. 1.
Per quanto riguarda la composizione della readership non emergono differenze rilevanti tra i
quotidiani esaminati rispetto alle differenze di genere. Anche per il Giornale di Sicilia la
composizione del proprio pubblico risulta essere sbilanciata sugli uomini che rappresentano il
66,7% del totale, sebbene il medesimo quotidiano registri la maggiore percentuale di donne
(33,3%) rispetto alle restanti testate analizzate (Audipress, 1999).
Per quanto riguarda la classe d’età dei lettori, il Giornale di Sicilia sembra confermare il trend
che vede quale cluster attivo di lettura quello che raggruppa le fasce d’età comprese tra i 25 e
i 54 anni.
Il quotidiano inoltre, rispetto ai due quotidiani nazionali esaminati, presenta una cospicua
percentuale di lettori in possesso di titolo di studio medio-inferiore (circa il 50% che va da
nessun titolo a licenza elementare e media).
Esso risulta essere più diffuso nella classe sociale media-inferiore rispetto ai quotidiani
nazionali; l’analisi per categoria socio-professionale vede la readership composta (insieme
con la Repubblica) dai ceti intellettuali (docenti e studenti).
Nella distribuzione del pubblico dei lettori per ampiezza dei centri abitati, la bassa percentuale
(1,1%) riportata dal Giornale di Sicilia nella categoria che considera i centri abitati tra i 100
mila e i 250 mila abitanti, è da considerare un fatto contingente: infatti appartengono a questa
categoria le due città di Messina e Siracusa, dove per tradizione culturale il quotidiano
catanese La Sicilia è più diffuso.
Rispetto agli items selezionati nel protocollo di ricerca, il Giornale di Sicilia ha seguito la
vicenda nei giorni che vanno dall’uno all’undici ottobre. Ad eccezione del primo giorno in cui
la notizia è stata trattata nella sezione economica del quotidiano, nel restante arco temporale la
notizia è stata presentata sovente come newsline ed approfondita all’interno del quotidiano
con maggiore distribuzione degli articoli nell’intervallo di pagina 2-5. l’impostazione ottica e
spaziale degli articoli ha privilegiato in maniera preponderante i tagli alti, i commenti e i
supporti visuali (in termini di foto ed infographics).
63
Il quotidiano si distingue per un registro discorsivo prevalentemente resocontivo, come
evidenziato nella Figura 6, corrispondente a strategie di tipo informativo.
Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo
+++ ++ +
Figura 6 Registro discorsivo prevalente – Il Giornale di Sicilia
Le tecniche di costruzione dei titoli all’interno del quotidiano considerato prediligono la
descrizione della scena, così come riportato nella selezione dei titoli che segue:
Si estende a macchia d’olio l’azione degli autotrasportatori. Code al casello di S.Gregorio nel
capoluogo etneo, a Catenanuova e nei pressi di Canicattì.
Caro gasolio, in Sicilia grande protesta – Blocchi stradali a Catania e Caltanissetta
[1-10-2000]
I maggiori disagi sulla statale tra Catania e Ragusa. Traffico in difficoltà anche lungo la Cl-Ag. Solidarietà delle cantanti Villa e Salemi a S.Gregorio.
Caro gasolio, si estende la protesta – Blocchi e rallentamenti in tutta l’isola
[2-10-2000]
La protesta dei camionisti per il caro gasolio
Traffico in tilt. Merci ferme – Sicilia paralizzata dai tir
[3-10-2000]
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Gli automezzi posteggiati lungo le strade e ai maggiori svincoli impediscono il trasporto dei
beni. Allarme all’aeroporto di Punta Raisi: non garantiamo il rifornimento dei velivoli. Due
camionisti arrestati a Giarre.
La Sicilia assediata dai blocchi dei Tir e comincia a scarseggiare il carburante.
[3/10/2000]
Agricoltori al collasso i prodotti marciscono.
[3/10/2000]
Non si blocca la dura vertenza per il caro gasolio
Tir fermi, niente benzina – Mezza Sicilia resta a piedi.
[4-10-2000]
La protesta degli autotrasportatori sta creando gravi disagi in Sicilia. A Messina stop al
traghettamento dei “bisonti”. Da oggi le linee di autotrasporto pubblico non assicurano il
servizio. Telefonata tra Leanza e Amato
I Tir non mollano, l’isola rischia la paralisi
[4/10/2000]
Autotrasportatori in colonna per protesta, automobilisti in coda per disperazione. Non arriva il
carburante ai distributori, a Catania il 99% ha chiuso. A Palermo assalto ai pochi ancora
aperti. E c’è anche chi resta a piedi.
65
Sicilia in «rosso», benzina agli sgoccioli
[4/10/2000]
Dopo la convocazione degli autotrasportatori a Roma
Tir, si allenta la morsa per carburante e cibo
[5/10/2000]
Schiarita nel corso di un vertice a Catania. I “padroncini”: “Giusto favorire i cittadini”.
Ancora tanta incertezza circa i prossimi giorni
Si allenta la morsa, niente blocco solo per benzina e farmaci
[5/10/2000]
Niente rifornimenti per il blocco dei Tir, benzina introvabile, ressa di automobilisti in coda
dalla notte davanti ai pochi distributori aperti. Nei mercati ieri scarseggiavano carne, pesce,
frutta. L’assalto ai supermarket
Palermo. Giornata da… esaurimento.
[5/10/2000]
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Scene da una Palermo in fila.
[7/10/2000]
Nel pomeriggio si era arrivati ad un’intesa in prefettura a Catania, ma una frangia di
oltranzisti si era opposta. Poi una lunga assemblea notturna degli autotrasportatori: la
decisione presa a maggioranza, contrarie Enna e Ragusa.
Tir. L’isola si sveglia dall’incubo Da oggi saranno tolti i blocchi
[8/10/2000]
Torna la benzina altre code
[9/10/2000]
Il Giornale di Sicilia nella rappresentazione degli attori attribuisce rilevanza ai manifestanti,
in modo particolare al leader del movimento degli autotrasportatori Giuseppe Richichi, agli
attori politici, alle organizzazioni delle categorie produttive e dei commercianti ed ai cittadini.
67
Le sfere di competenza degli attori indicati sono prevalentemente ritagliate all’interno di
contesti politici e di ordine pubblico.
Inizialmente la vicenda viene trattata nella pagina dell’Economia, anche se dai frammenti di
testo selezionati si evince essa viene presentata sin dall’inizio come un fatto di cronaca:
“ La Sicilia esplode contro il caro gasolio e gli autotrasportatori bloccano alcuni dei nodi
strategici per la circolazione nell’isola” [1/10/2000]
Il disagio creato sulle strade siciliane e le gravi ripercussioni sul mondo imprenditoriale,
soprattutto le imprese di piccole dimensioni, a causa della protesta organizzata dagli
autotrasportatori, sono i temi più rappresentati dal quotidiano nei giorni a seguire.
Il quotidiano enfatizza la tensione tra “particolarismo” e “interesse pubblico” che risiede oltre
che nelle polemiche tra gli autotrasportatori e la cittadinanza e tra le opposte forze politiche,
soprattutto nei modi in cui il movimento degli autotrasportatori porta avanti la protesta, così
come riportato nelle citazioni selezionate dall’editoriale di Ettore Serio del 4 Ottobre 2000:
“ Nessuno può negare che gli autotrasportatori abbiano buone ragioni per protestare contro il
rincaro dei carburanti… Piena comprensione, dunque, per i motivi che stanno dietro la
vertenza. Non si può essere d’accordo, invece, sul modo con cui la si sta conducendo. C’è
sempre un limite che non va sorpassato ed è quello degli interessi generali, di cui nessun
sindacato, confederale o autonomo che sia, non può non tenere conto. In questo caso siamo
già oltre il quel limite… Una serie di effetti a catena destinati a provocare danni gravissimi ad
una economia siciliana già in crisi…Il discorso, naturalmente, non riguarda soltanto la
categoria degli autotrasportatori, ma la lentezza con cui si stanno muovendo i governi, sia
quello regionale che quello nazionale…”
Viene evidenziato l’oltranzismo di una frangia dura che non è disposta ad accogliere gli inviti
alla ragionevolezza e che spinti da un impulso autodistruttivo rischiano di dilapidare quel
patrimonio di solidarietà che avevano ottenuto:
“ Dopo quello che è successo ieri, però, la comprensione ha ceduto il passo
all’indignazione…La gente subisce ormai la loro vertenza come un ricatto inaccettabile. Non
capisce come una categoria che vive su quel tanto di attività produttiva che la Sicilia riesce ad
68
esprimere, si muova, come spinta da un impulso autodistruttivo, per fare attorno a se terreno
bruciato” [Editoriale di Ettore Serio, 5/10/2000]
Il giornale concede spazio alle “performance” degli attori, evidenziando come l’allargamento
del fronte della protesta e il sostegno alle rivendicazioni degli autotrasportatori, da parte del
Governo Regionale e delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie produttive, siano
da imputare a quel “differenziale geografico” che fa della Sicilia un caso eccezionale
nell’economia italiana:
“la Regione vuole andare fino in fondo. La nostra isola è un caso eccezionale nell’economia
italiana per i costi dei trasporti. Se non otterremo soluzioni valide dal primo gennaio 2001 non
rilasceremo più concessioni alle società petrolifere” [Dichiarazione dell’assessore regionale ai
trasporti Rotella, 4/10/2000]
“ La loro protesta è anche la protesta della imprese siciliane. Il consigliere di Confindustria
delegato per il Mezzogiorno, Francesco Averna si sta attivando per ricercare un’intesa con le
compagnie petrolifere che risolva una gravissima discriminazione fra i prezzi dei carburanti
nel Nord e nella Sicilia” [Dichiarazione di Giuseppe Costanzo di Assindustria Palermo,
4/10/2000]
Gli autotrasportatori vengono definiti “signori dei bisonti”, gente abituata a misurare
l’esistenza col metro del disagio [5/10/2000; pag. 2]. La loro vicenda viene rappresentata dal
giornale ricorrendo ai racconti di vita, attraverso strategie di soggettivizzazione e
personalizzazione che rendono ciascuna vicenda facilmente esportabile all’esperienza del
singolo lettore, così come emerge dai seguenti frammenti di testo riportati:
“Ai tempi, il mestiere, se non comodissimo, dava almeno di che vivere. Adesso è una
porcheria. Non ti lasciano respirare; se uno considera il costo del gasolio, i pedaggi
autostradali, i trasporti; insomma non si può campare più” [5/10/2000]
“Vogliamo che il nostro sia riconosciuto come mestiere usurante” [5/10/2000]
“Non possiamo più andare avanti. Io non consiglierei mai a mio figlio di fare
l’autotrasportatore, mai e poi mai…” [5/10/2000]
69
La rappresentazione della protesta all’insegna della improvvisazione, dello spontaneismo, che
denota l’assenza di qualsiasi capacità di programmazione emerge dalle posizioni dei diversi
attori politici ai quali il giornale dedica uno spazio non privo di rilevanza, così come le accuse
reciproche tra le due contrapposte fazioni politiche sui temi della strumentalizzazione politica
della protesta e sulla sua legittimità :
“ Temo che ci sia qualcuno che non so per quali ragioni intende cavalcare l’impossibile”
[Dichiarazione di Bersani, Ministro dei Trasporti, 6/10/2000]
“ Il Polo la smetta di soffiare sul fuoco di una protesta minoritaria e si assuma le sue gravi
responsabilità nella gestione del governo della Regione…La Loggia pratica un inquietante
sovversivismo dall’alto ” [Dichiarazione congiunta di cinque senatori Ds, 6/10/2000]
“ Ben venga la protesta, se serve per far diventare questo un problema nazionale da inserire
nell’agenda di Amato, anche se ci rendiamo conto dell’enorme disagio di 5 milioni di
siciliani” [Dichiarazione di La Loggia, Senatore di Forza Italia, 6/10/2000]
La rivolta degli autotrasportatori ha spiazzato i sindacati storici e l’Aias, il sindacato
autonomo dei padroncini che guida la rivolta, viene rappresentato come una organizzazione
spontanea dal taglio separatista che in pochi giorni ha messo in sacco sei organizzazioni
nazionali, sei istituzioni del settore trasporti che da mesi discutevano con il governo regionale
ed erano riuscite ad ottenere risultati sul fronte delle rivendicazioni:
“Dopo una settimana di rivolta dei “cobas” dell’Aias, le sei organizzazioni ammettono un
certo sgomento…e definiscono legittime le richieste del fronte della protesta, ma chiedono al
governo attenzione e sensibilità, per far rientrare la protesta dentro un alveo istituzionale”
[6/10/2000]
“Il problema dell’accise sul petrolio è vecchio di 50 anni, trasformarlo in un problema di
elettorale significa davvero svuotarlo di significato…” [Dichiarazione di Leonardi presidente
di Assindustria Catania, 6/10/2000]
70
Il modo in cui viene condotta la protesta dall’Aias risulta essere anche il pretesto per sollevare
un’altra questione di rilevante importanza nell’isola quale quella dell’abusivismo e del lavoro
nero. Il giornale riporta le accuse di Assindustria che denuncia l’esistenza di interessi
criminali dietro la protesta:
“Gli interessi criminali a cui mi riferisco non sono quelli mafiosi, bensì quelli delle aziende
che lavorano nel sommerso, nel mercato nero. Loro non soffrono affatto questo blocco, i loro
camion possono circolare liberamente e rifornire i negozi. Una situazione come questa, nella
quale chi è in regola paga, chi fa l’abusivo ci guadagna, non può non incentivare le
speculazioni e interessi illegali”. [Dichiarazione di Costanzo, Presidente di assindustria
Palermo, 6/10/2000]
“Il blocco penalizza le aziende che lavorano alla luce del sole. Che sono dislocate nelle aree
industriali. Bastano pochi tir che si mettono davanti ai cancelli e si blocca tutto. Chi invece
lavora in nero negli scantinati, senza alcuna garanzia di sicurezza per gli impiegati e senza
pagare le tasse, ci guadagna eccome. I mezzi di questi “imprenditori” sfuggono ad ogni
blocco, circolano in città e provincia, riforniscono i clienti”. [ivi, 6/10/2000]
I temi relativi all’ordine pubblico vengono rappresentati dal quotidiano amplificandone gli
effetti di rischio:
“ E’ quasi il tracollo. Tre giorni dopo l’inizio delle proteste degli autotrasportatori siciliani, a
Palermo, esaurita la benzina, ieri si è rischiato l’azzeramento anche delle scorte alimentari.
Carne, pesce, frutta e verdure scarseggiano anche nei mercati generali, ne deriva l’aumento
dei prezzi al dettaglio. L’Ospedale Civico ha ricevuto una lettera in cui la ditta che rifornisce i
reparti di cibi e acqua fa sapere di non potere più garantire il servizio fino al termine del
blocco” [5/10/2000]
“Le scorte sono ormai finite, adesso si rischia la chiusura totale dei distributori”
[Dichiarazione di Alfonso Anzalone, segretario della Federazione Italiana Benzinai,
5/10/2000]
“Razionamenti. Risse. Ruberie. Ecco le tre “erre” che la dicono lunga sullo stato di crisi a
Palermo.” [7/10/2000]
71
“Sono una vittima della Grande Carestia. Ho capito quanto vale la benzina, quale panico può
esplodere se si spegne improvvisamente la Las Vegas dei distributori. Peggio che se mancasse
il pane, confortati come saremmo da brioches e crackers. Con l’aggravante che sono, come
dire?, uno e trino nella necessità avendo un’auto a benzina verde, una a nafta e una moto a
benzina super. Tre ricerche, tre code, una sola mini-epopea alla fine della quale ci rimarrà uno
slogan da Ricostruzione: un bidone in ogni casa”. [7/10/2000]
“ I Tir fermano anche il calcio siciliano. A causa della protesta degli autotrasportatori, infatti,
il comitato regionale della lega dilettantistica di calcio, ha deciso di rinviare a data da
destinarsi tutte le partite dei campionati che organizza, che si sarebbero dovute disputare oggi
e domani”. [//10/2000]
L’effetto amplificatore dei media si riscontra nello stesso quotidiano che fa esplicito
riferimento al ruolo esercitato dalla televisione nel rappresentare la vicenda26. I notiziari
televisivi vengono accusati di spettacolarizzare l’informazione senza tematizzarla,
focalizzando l’attenzione solo sulle conseguenze di ordine pubblico causate dalla protesta.
Si ipotizza il reciproco sostegno tra TV e carta stampata:
“I notiziari televisivi, come sempre succede in questi casi, hanno puntato la loro attenzione
sugli effetti più appariscenti della paralisi dei trasporti: la benzina venduta a borsa nera, a
cinque mila lire al litro, le lunghe code ai distributori di benzina, gli scaffali dei supermercati
semivuoti, i negozianti ancora forniti di merce che alzano i prezzi. Si tratta di fenomeni gravi,
ma sono quelli meno importanti. Il guasto è più grosso, e riguarda gli effetti sull’economia
siciliana.” [Editoriale di Ettore Serio, 6/10/2000]
Dopo l’accordo raggiunto tra il Governo Regionale e quello Nazionale sulla vertenza
autotrasportatori, dove quest’ultimo accetta l’80% delle richieste avanzate dagli
autotrasportatori, si consuma la fine di un idillio tra l’Assessore regionale ai trasporti Rotella e
l’Aias, il sindacato dei padroncini:
26 Del resto vari autori insistono sulla complementarietà delle funzioni svolte dai diversi mass media; in particola la televisione sembra avere effetti sul ritmo e la generazione episodica dei temi trattati (per una disamina dell’argomento si rinvia a McQuail, 20014
72
“Io sono andato incontro agli uomini dei tir portando i loro problemi all’attenzione della mia
giunta e ottenendo poi un appuntamento con il ministro Bersani. Già da quel momento gli
autotrasportatori avrebbero dovuto sospendere i blocchi. E invece oggi non tornano sui loro
passi, anche se il governo nazionale ha accolto l’80 per cento delle loro richieste. No, io con
loro non discuto più” [Dichiarazione dell’Assessore Rotella, 7/10/2000]
a questo punto il quotidiano in esame sembra prendere ulteriormente le distanze dall’Aias
accentuando il suo atteggiamento critico sul modo in cui è stata condotta la protesta.
Utilizzando uno stile linguistico espressivo che privilegia un registro di tipo valutativo, il
giornalista etichetta la vicenda come un’azione fuori da una “normale vertenza sindacale”,
l’Aias viene dipinta come una corporazione che ha minacciato la convivenza civile e tenuto in
ostaggio un’intera Regione:
“Se si trattasse di una normale vertenza sindacale, la storia finirebbe qui: i padroncini
tornerebbero alla guida dei loro camion; gli automobilisti farebbero il pieno ai distributori
senza bisogno di mettersi in coda per ore: le famiglie non avrebbero la preoccupazione di non
trovare il latte per i neonati…Ma, evidentemente, dietro la protesta dei camionisti c’è
qualcos’altro: la velleità del nuovo sindacato autonomo di stravincere e conquistare magari,
sulla scia del successo, proseliti nel resto del Paese; l’esistenza (o almeno la speranza) di
qualche sponda politica. E perciò è importante che i rappresentanti della Regione siciliana
abbiano preso, dopo l’incontro con Bersani, una posizione netta: i camionisti, che ormai
politicamente sono isolati, hanno avuto quel che potevano ottenere. Ora è tempo che tornino
al lavoro” [Editoriale di Ettore Serio, 7/10/2000]
A partire da giorno 8 Ottobre il quotidiano oggetto di analisi, si concentra sugli effetti della
protesta e sugli insegnamenti da trarne. La vertenza non può essere archiviata come una
semplice parentesi di disagio. Forte è l’accusa mossa ai giornali nazionali e alla televisione
per aver trattato la vicenda con toni opachi, dedicando ad essa notizie di basso rilievo. Si
evidenzia il fatto che la Sicilia da qualche tempo non fa più notizia ed è stata condizionata
dall’esterno; gli atteggiamenti dei governi regionale e nazionale vengono posti sullo stesso
piano:
“Sembra di essere avviati verso la dirittura finale. Ma c’è da dire, comunque vada a finir, che
la vertenza dei camionisti non potrà essere archiviata come una semplice parentesi di disagio,
73
una delle tante che i cittadini del nostro Paese – specialmente i meridionali – sono costretti a
subire. Questa settimana di caos si lascia dietro delle scorie in cui è bene frugare, per trarne
qualche segnale. Intanto è preoccupante il modo in cui televisione e giornali nazionali hanno
trattato l’argomento, con notizie di basso risalto, relegate nelle pagine interne. Nei primi
giorni si è dato risalto soltanto all’aspetto folkloristico della vicenda: le code alle pompe di
benzina, la ricomparsa del mercato nero, gli scaffali dei supermercati semivuoti. Solo ieri il
ministro dei Trasporti è comparso al Tg3, esprimendo la sua preoccupazione. Eppure quello
che stava succedendo non era di poco conto, e sin dall’inizio. Un intera regione di cinque
milioni di abitanti era in ostaggio di centinaia di Tir messi di traverso, il controllo del traffico
commerciale era passato nelle mani degli scioperanti. Nel frattempo i produttori agricoli
lanciavano disperate grida d’allarme, i pescherecci si fermavano, le aziende mettevano gli
operai in cassa integrazione. Tutto questo, cioè il vero problema, rimaneva sullo sfondo, a
conferma del fatto che la Sicilia, da qualche tempo, non fa più notizia, è tornata ad essere
periferia. [Editoriale di Ettore Serio dell’8/10/2000].
Il giornale enfatizza le conseguenze drammatiche causate dal blocco. Palermo viene descritta
come una città in stato d’assedio una Sarajevo sotto i bombardamenti. Viene concesso spazio
alla voce dei cittadini che esprimono il loro malcontento:
“La notte è incerta. Il fiato sospeso di Palermo si mescola a quello dei camionisti in ansiosa
attesa sul fronte del porto. La tenacia della protesta è incrollabile…Tutto sul fronte del porto,
esprime senza volerlo una smisurata voglia di ritorno a casa. Si rincorrono le voci: «A Catania
stanno raggiungendo l’accordo. No buttiamo tutto per aria». E fuori dalla cala, una città che si
è svegliata in stato d’assedio, convinta d’avere fatto un brutto sogno, aspetta che scoppi la
pace”. [8/10/2000, pag. 4]
Giorno 9 ottobre, il quotidiano per la prima volta non tratta la notizia in prima pagina.
All’interno nella sezione “Fatti e Notizie” vengono tematizzate le ripercussioni politiche che
la vicenda ha avuto: le accuse del ministro Bersani nei confronti di chi ha acceso il fuoco della
strumentalizzazione verso il governo; la replica dell’assessore regionale Rotella il quale
sostiene che il governo regionale ha svolto il ruolo di mediatore:
“ Il blocco dei tir è stato a un passo dal trasformarsi in un disastro. Un rischio alimentato ad
arte da chi ha appiccicato alle comprensibili proteste dei camionisti rivoluzioni di impianto
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statutario e ha acceso il fuoco della strumentalizzazione verso il governo nazionale”
[Dichiarazione del Ministro Bersani, 9/10/2000]
“Alla fine di giorni difficili, che hanno visto il presidente Vincenzo Leanza e tutto il governo
regionale impegnati in uno sforzo doveroso e immane di mediazione, sono felice per la
sofferta decisione assunta dall’Aias…Non abbiamo ceduto alla tentazione di un comodo,
irresponsabile atteggiamento di chi avrebbe potuto restarsene alla finestra in attesa che
qualcun altro, dotato di ben altre competenze e risorse, facesse la propria parte.”
[Dichiarazione dell’assessore regionale ai trasporti Rotella, 9/10/2000]
Negli ultimi due giorni, il giornale tematizza il riemergere della psicosi da panico alimentata
da voci infondate sulla ripresa dello sciopero. Giorno 11 ottobre, un articolo di fondo di Ettore
Serio prova a ripercorrere la vertenza degli autotrasportatori mettendosi dalla parte di chi ne
ha sopportato le conseguenze, ovvero i cittadini. Il giornalista riporta le citazioni di un
campione parziale, ma a detta dello stesso giornalista “ugualmente indicativo di cittadini”.
Ne viene fuori che il disagio è stato grande; che le ragioni dei camionisti sono state ben
comprese ma è stato contestato il metodo con cui sono state fatte valere. Si accusano le forze
dell’ordine di avere adottato una strategia “rinunciataria” nonostante la situazione fosse
arrivata ad un passo dal disastro. Viene riportata una mail di un lettore che accusa il Giornale
di Sicilia, il Prefetto e la polizia per avere adottato un atteggiamento permissivo:
“Ho avuto la chiara impressione che l’Italia, anzi scusate la Sicilia sia un territorio dove, sotto
gli sguardi attenti della polizia, è possibile infrangere i codici e violare le leggi. Domani, in
piena ora di punta, vorrei andare in viale della Regione Siciliana e parcheggiare la mia
autovettura al centro della carreggiata. Per protestare. Posso intuire che il signor Prefetto di
Palermo non avrà nulla da ridire se si avvicinerà un poliziotto con la faccia cattiva e mi
infliggerà tutte le multe previste dal codice della strada e farà rimuovere in pochi minuti me e
la mia auto? E posso intuire che le vostre testate considererebbero normale l’operato delle
forze dell’ordine? [11-10-2000]
Tra le testate analizzate, il Giornale di Sicilia si contraddistingue per il linguaggio utilizzato
che predilige il registro cronachistico-resocontivo e un taglio prevalentemente informativo.
Detto in altri termini, sembra che il Giornale di Sicilia sia il quotidiano che si proponga
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soprattutto di dare informazione. A conferma di tale affermazione va considerato il frequente
utilizzo di supporti visuali, quali gli infographics.
Le strategie di notiziabilità adottate dal giornale sembrano essere influenzate anche dal tipo di
readership. Dalla elaborazione dei dati rilevati dall’Audipress che tengono conto del lettore
per giorno medio, emerge una composizione del pubblico rappresentativa di tutte le categorie
di analisi utilizzate. I lettori del Giornale di Sicilia appartengono a tutte le classi socio-
economiche e socio-professionali considerate nella costruzione del profilo del lettore tipo da
parte dell’Audipress (vedi tabelle in allegato).
Il quotidiano si distingue per l’accento posto sulla tensione tra “particolarismo” e “interesse
pubblico”. Il giornale rappresenta il movimento degli autotrasportatori, ed in modo particolare
L’Aias – il sindacato autonomo che ha organizzato lo sciopero - come una “corporazione”,
incurante della sua mission di soggetto che svolge una funzione pubblica, che non guarda
oltre le proprie esigenze particolari e non si conforma ad alcune regole che impongono
l’osservazione di un dovere quale quello di assicurare i servizi pubblici essenziali.
Un altro tema che contraddistingue il Giornale di Sicilia riguarda l’effetto amplificatore dei
media ed in particolare il ruolo esercitato dalla televisione nel rappresentare la vicenda.
Il Giornale di Sicilia infine, prende posizione sul modo in cui i notiziari televisivi hanno
trattato la notizia, denunciando il disinteresse di questi nella trattazione degli effetti della
protesta sull’economia siciliana, a favore della considerazione degli aspetti più appariscenti e
folkloristici.
2. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui servizi del
quotidiano “La Sicilia”.
Dalla elaborazione dei dati Audipress, il quotidiano presenta una composizione della
readership non dissimile da quella degli altri giornali per quanto riguarda gli indicatori di
genere e di età.
Anche la composizione del pubblico del quotidiano La Sicilia risulta essere fortemente
sbilanciata sugli uomini che rappresentano il 74% del totale dei lettori.
Per quanto riguarda la classe di età, la maggiore percentuale di lettori si concentra nel cluster
che raggruppa le fasce comprese tra i 25 e i 54 anni di età.
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Considerando altri indicatori, come quelli relativi al titolo di studio, La Sicilia registra la più
alta percentuale, tra tutti i quotidiani esaminati, di pubblico con titolo di studio fino alla
licenza di scuola media inferiore (51%).
L’area sociale d’insediamento dei quattro quotidiani registra differenze significative anche
quando l’indagine Audipress scompone l’universo dei lettori secondo la loro appartenenza a
classi socio-economiche risultanti dall’intreccio di indicatori relativi alla disponibilità di
reddito personale e familiare ed alla tipologia di consumi.
Le non marcate differenze fra i quotidiani per diffusione nella classe socio-economica
indicata come “media” non dovrebbero portare ad una sottovalutazione delle altre e più
rilevanti articolazioni nella composizione del pubblico: il quotidiano La Sicilia risulta essere
più diffuso tra le classi socio-economiche medio-inferiore ed inferiore rispetto ai due
quotidiani nazionali. Esso presenta una percentuale pari al 19% contro rispettivamente il 6,9%
di Repubblica e il 3,2% del Sole 24 Ore.
Per quanto riguarda infine, l’analisi per categoria socio-professionale, La Sicilia risulta essere
il quotidiano più letto tra gli operai, che rappresentano il 14,2% del proprio pubblico.
Il registro discorsivo prevalente che emerge dall’analisi testuale degli articoli è di tipo
resocontivo, come rappresentato nella figura sottostante.
Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo
+++ ++ +
Registro discorsivo prevalente – La Sicilia Le tecniche di costruzione dei titoli all’interno del quotidiano riguardano sia la descrizione della scena;
Non si placa in Sicilia la protesta dei camionisti contro il caro benzina
La rabbia dei “bisonti”
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Assediati ieri i caselli delle autostrade ct-me e me-pa. Riparte la ricerca di giacimenti di
petrolio e metano.
[1/10/2000]
Dopo le marinerie ieri i camionisti hanno bloccato parzialmente le arterie nevralgiche
dell’isola.
Serrata dei Tir: prove di caos
“Per ore è una dimostrazione, non vogliamo creare troppi disagi”. Oltre ai carburanti chiesti
prezzi ridotti per pedaggi e traghetti
[1-10-2000]
“Il metano ci dà una mano”
In Sicilia un terzo dei giacimenti in Italia
[1-10-2000]
Monta la protesta degli autotrasportatori siciliani che assediano le strade di grande
comunicazione, i porti e i mercati.
I “Bisonti” pronti alla carica.
“Non protestiamo soltanto per il caro gasolio ma per una serie di rivendicazioni”.
[2-10-2000]
Più morbida la protesta sulle strade dopo la mediazione dell’assessore Rotella: il blocco
diventa presidio.
Sicilia, i tir aprono un varco.
Gli autotrasportatori consentiranno il transito delle merci – due camionisti arrestati a
Giarre; avevano bloccato un collega.
[3-10-2000]
Accordo a Catania al termine di una giornata di caos
I Camion restano, via libera alle merci.
Solo presidi sulle strade isolane ma niente stop La Regione pronta a discutere con i
“padroncini”
[3-10-2000]
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Sia il parlato,
Vita da camionista: lo sfogo amaro di un padroncino
Nelle vene ho olio combustibile
“E’ un lavoro duro, ma è la mia vita: ora però il disagio è insostenibile”
[3-10-2000]
Spesso nella costruzione dei titoli si fa uso del dialogo:
Tra i camionisti che assediano il casello dell’A 18 a San Gregorio
«Ma noi lottiamo per la nostra vita»
Gli irriducibili : non fateci fretta, avete avuto un mese per intervenire.
[5-10-2000]
L’intesa raggiunta a Palermo.
«Sospendiamo ma alziamo la posta in gioco»
[5-10-2000]
Si aggrava la situazione al casello della Ct-Me: “Il governo ci ha beffati…”
“Il ministro ci sfida? Noi siamo pronti”
Monta la rabbia per l’esito dell’incontro di Roma. Il vicequestore
“avete paralizzato una città”
[7-10-2000]
Il quotidiano La Sicilia nella rappresentazioni degli attori, si distingue dagli altri giornali
esaminati, per la particolare rilevanza attribuita ai manifestanti e ai cittadini. Le sfere di
competenza degli attori indicati, sono ritagliate all’interno di contesti politici, economici e di
ordine pubblico.
La vicenda viene trattata sin dal primo giorno in prima pagina, e presentata come un fatto di
cronaca con notevoli ripercussioni sull’ordine pubblico. Il giornale pone particolare enfasi sul
ruolo svolto dalle fazioni di rivoltosi che dalla Sicilia orientale, quale fucina e roccaforte del
neonato movimento, iniziano la loro azione di propaganda e diffusione della protesta:
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“E’ soprattutto la Sicilia orientale ad essere interessata alla protesta dei padroncini riuniti nella
neonata Associazione imprese autotrasportatori siciliani, i quali stanno effettuando presidi in
diversi snodi strategici della rete viaria. Per ora dicono i diretti interessati è semplicemente
una dimostrazione.” [1-10-2000]
Nel numero del primo ottobre, a pagina 2, nella colonna a margine destro, un articolo dal
titolo “Il metano ci dà una mano” rappresenta la Sicilia come una terra dalle grandi
potenzialità inespresse e dalle occasioni perdute:
“La Sicilia ha tutto: i giacimenti, le raffinerie, i porti, l’eccellente posizione geografica. A
patto però che non diventi una pattumiera”[1-10-2000]
“In Sicilia c’è più gas che petrolio…Non diciamo che sarà il nuovo Texas, ma questo
significa che ci sono possibilità di fare investimenti”[1-10-2000]
L’enfasi posta sulle risorse di cui il territorio dispone, insieme alle capacità di intrapresa dei
soggetti economici della Sicilia orientale, smentiscono il vecchio stereotipo della Sicilia quale
area economicamente omogenea. Alcuni frammenti selezionati, mettono in evidenza questa
falsa omogeneità, rappresentando un’immagine della Sicilia come un territorio
economicamente eterogeneo caratterizzato dalla presenza di diverse economie:
“I container che contengono i componenti elettronici per il montaggio delle autovetture sono
bloccati al porto di Palermo. E lo stabilimento Fiat di Termini Imerese ferma le catene di
montaggio, mettendo i circa 950 dipendenti in cassa integrazione”[La Sicilia 4-10-2000]
“Gli agricoltori e gli allevatori, a loro volta, minacciano di scendere in piazza perché non
accettano che i loro prodotti, ortaggi, frutta, latte, marciscano nei container. Pensate che a
Vittoria sono già andate a male le primizie”[La Sicilia 5-10-2000]
A differenza di altri quotidiani (si pensa a Il Sole 24-ore che dà spazio ai manifestanti soltanto
per mezzo della voce del suo leader Richichi), il quotidiano La Sicilia, rappresenta il vissuto
dei manifestanti, facendo ricorso a storie di vita di personaggi “comuni”, ponendo l’accento
sul “mestiere usurante” del camionista, riportando dichiarazioni di denuncia dell’abusivismo
nel settore e allo stesso tempo di rivendicazione di diritti sociali negati:
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“ Mia moglie mi dice sempre che non ha sposato un uomo ma un camion, perché quando
torno a casa faccio odore di nafta”[3-10-2000]
“Alla mia famiglia dedico soltanto sei ore alla domenica, anzi quattro, tolte le due occorrenti
per andare allo stadio”[3-10-2000]
“Gestisco una piccola azienda con cinquanta camion – si sfoga il signor Giuseppe Rapisarda –
e a fine anno su un bilancio di circa 40.000.000, traggo un utile minimo; oltre la metà del
ricavato lo spendiamo per il gasolio, che paghiamo ormai a cifre esorbitanti, tra le 1875 lire e
le 1880. E’ impossibile lavorare in questo modo, - aggiunge - col prezzo del carburante che
va alle stelle e con le commesse che ci vengono pagate a prezzi ormai irrisori”.[3-10-2000]
“Noi lavoriamo molto in Sicilia, nel senso che consegniamo i carichi nelle varie località
dell’Isola. Per condurre un carico a Palermo guadagniamo in media 400.000 lire, ma ne
spendiamo circa 260.000 solo per il gasolio. Credete che sia possibile continuare così? Le
nostre tariffe sono ferme a oltre 11 anni fa”[3-10-2000]
Le rivendicazioni degli autotrasportatori non riguardano soltanto il caro-gasolio. La richiesta
di defiscalizzazione dei prodotti petroliferi diventa il pretesto per porre all’attenzione
dell’agenda politica nazionale altre questioni importanti, come lo stato di crisi
dell’agricoltura:
“Non protestiamo solo per il gasolio ma per una lunga serie di altri motivi. Oltre alla
defiscalizzazione del costo dei carburanti, ma si vuole che lo Stato riconosca una volta per
tutte lo stato cronico di crisi regionale agroalimentare, crisi che da giugno a settembre riduce
di gran lunga l’attività degli autotrasportatori isolani”.[2-10-2000]
La testata aggiunge alla protesta degli autotrasportatori anche quella di altre categorie
produttive, come i pescatori. Si delinea la costruzione di un fronte della protesta ampio, con
una ricca lista di rivendicazioni:
“Caro-petrolio, continua la protesta dei pescatori: e nella vertenza entra anche la questione del
fermo biologico.”[3-10-2000]
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Lo sciopero degli autotrasportatori appare argomento in cui si innestano questioni irrisolte sul
gap economico e strutturale tra il nord e i sud del paese, così il giornale inserisce tra le notizie
che riguardano il resoconto degli effetti della protesta, un articolo di fondo del Professore
Umberto Di Cristina dell’Università di Palermo che prende posizione sul dibattito per la
costruzione del ponte di Messina, di cui si riporta il contenuto del sommarietto:
“L’unità politica del Paese è ormai consolidata, non lo è affatto quella economica. Il Ponte
può attenuare il gap di sviluppo tra Sud e Nord e immettere l’economia meridionale nel
contesto di quella europea”[3-10-2000]
Gli autotrasportatori vengono rappresentati come ribelli, il linguaggio utilizzato dal giornalista
appare mutato dalla cronaca di guerra, vengono utilizzati termini come: “trincea d’asfalto”,
“ultimatum”, “mantenere patti e impegni”. Risaltano particolarmente i temi legati al principio
“Pacta servanda sunt” e dell’ordine e dell’onore:
“Gli autotrasportatori ribelli dell’Aias hanno nuovamente preso l’impegno di lasciar passare,
dalla scorsa notte, i tir che trasportano beni di prima necessità…Da parte degli
autotrasportatori la certezza che saranno onorati gli impegni presi davanti al governo
regionale.” [5-10-2000]
Viene mossa una severa critica ai quotidiani nazionali che costruiscono l’agenda delle news
penalizzando la visibilità del “caso Sicilia”.
“Oggi si attende una risposta dal ministro dei Trasporti Bersani, ma tira una brutta aria per
due motivi: 1) Bersani che è persona seria, in pochi giorni potrebbe non avere risposte serie da
dare e alla vigilia distingue tra istanze possibili e «impossibili»; 2) gli organi nazionali di
informazione relegano il «caso Sicilia» tra le ultime notizie, anzi, spesso lo ignorano. Ieri
c’era la rivolta di Belgrado, ma gli altri giorni no. Eppure la questione è grave ed esplosiva,
oggi e nei prossimi giorni potrebbe accadere di tutto. Ci sembra si stia ripetendo quel che
avvenne a Reggio Calabria nel ’70, quando il governo ignorò per mesi la sommossa sin
quando non fu costretto a mandare i carri armati tra le rovine della città. C’è stato un ritardo
nel comprendere i le rivendicazioni che partono dalla sicilia, non solo in questi giorni, ma nei
decenni passati: e questo alimenta la rabbia. [6-10-2000]
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“ La gente deve capire che non lottiamo solo per la nostra categoria, ma per tutto il popolo
siciliano che in questi anni è stato schifiato, in Sicilia le compagnie del nord estraggono
petrolio, lo raffinano e a noi ci lasciano solo la merda, scusando l’espressione. [6-10-2000]
Il movimento viene tacciato di “leghismo meridionalista”, che lotta contro “Roma ladrona”.
La Sicilia viene ancora una volta rappresentata come terra di conquista, marginale rispetto alle
altre Regioni d’Italia:
“Una protesta così massiccia e corale non c’era mai stata in Sicilia, forse solo ai tempi di
«mattone selvaggio». Ma qui c’è di più, c’è la rivendicazione di una insularità e di
un’Autonomia sinora calpestata, la protesta contro «Roma ladrona», Bossi docet.” [6-10-
2000]
Viene evidenziato il rischio che gli effetti provocati dalla protesta finiscano per ripercuotersi
sugli stessi siciliani:
“E’ una protesta che però penalizza solo i siciliani perché le ripercussioni sono locali e non
nazionali. Quando i produttori veneti manifestarono per le quote latte arrivarono con i trattori
a Montecitorio…Non manca la solidarietà dei siciliani, i quali vedono in questa protesta una
rivendicazione meridionalistica quasi atavica di tutti i problemi passati e presenti che
affliggono l’isola. Ma se la protesta è giusta, il caos no. Potrebbe far perdere proprio quella
solidarietà di cui si è detto. E poi non facciamoci male da soli”.[5-10-2000]
La trattazione dei temi politici è legata agli scontri istituzionali tra il governo nazionale e
quello regionale; tra i partiti degli opposti schieramenti e tra i sindacati.
Su questo punto non emergono differenze rilevanti tra i diversi quotidiani presi in esame. Il
quotidiano “La Sicilia” da spazio alle accuse del Ministro Bersani e alla replica del Presidente
della Regione Leanza,
“A discutere di cose ragionevoli e possibili si è sempre pronti. Tuttavia, temo che ci sia
qualcuno che, non so per quali ragioni, intenda cavalcare l’impossibile.” [Dichiarazione del
Ministro Bersani, 6-10-2000]
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“Non c’è alcuna strumentalizzazione da parte del governo. Il problema della defiscalizzazione
dei prodotti petroliferi l’ho proposto per tutta la Sicilia. Un problema anticipato dalla protesta
degli autotrasportatori e dei pescatori. Non capisco perché la defiscalizzazione non può
chiederla il presidente della Regione, mentre possono farlo dieci deputati nazionali che hanno
presentato un disegno di legge che ha già quasi concluso l’iter parlamentare.”[6-10-2000]
Le polemiche tra gli opposti schieramenti politici scaturiscono dalla presa di posizione del
governo regionale che sponsorizzano istituzionalmente la richiesta di defiscalizzazione dei
prodotti petroliferi:
“Non possiamo che essere d'accordo con gli autotrasportatori: la loro protesta è la nostra
contro il comportamento delle compagnie petrolifere e del governo nazionale” [La Sicilia
4/10/2000]
“Abbiamo già chiesto al governo nazionale - ha detto Leanza - la defiscalizzazione dei
prodotti petroliferi. Solleciteremo anche una serie di iniziative perché gli autotrasportatori
siciliani non siano penalizzati due volte dall'insularità”[La Sicilia 5/10/2000]
“Nell'aula di Palazzo Madama, sempre ieri sera, il senatore di Forza Italia, Riccardo Minardo,
ha sollecitato il governo a intervenire al più presto per superare il blocco dei Tir che ostacola
il trasporto merci sullo Stretto. E l'europarlamentare azzurro Umberto Scapagnini, sindaco di
Catania, ha promesso di porre la questione oggi in commissione a Bruxelles per sondare la
possibi- lità tecnica della defiscalizzazione in Sicilia”[La Sicilia 6/10/2000]
“La delegazione di Governo regionale presieduta dall'onorevole Vincenzo Leanza
nell'incontro romano del 6 u.s., forte proprio dei Trattati fondanti dell'Unione europea, ha
dimostrato in punto di diritto la validità delle proprie tesi. I fatti più recenti hanno consentito,
anche in ambito nazionale, la definitiva e irreversibile emersione delle ragioni del popolo
siciliano che adesso trova finalmente in questo Governo regionale e nella sua maggioranza
l'interlocutore istituzionale per esprimere il proprio sconcerto dinanzi ai "no" che mortificano
la voglia di vero sviluppo dell'Isola”[La Sicilia 8/10/2000]
Il giornale sembra polemizzare sul fatto che la deputazione siciliana al Parlamento nazionale
non è affatto compatta nel sostenere le ragioni dei camionisti, sottolineando che lo scontro tra
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i due poli finora rimasto latente, ora ha raggiunto livelli allarmanti. Vengono riportate le
dichiarazioni dei deputati di Forza Italia che sollecitano un intervento del presidente del
consiglio Amato, per riconoscere agli autotrasportatori in lotta tutto ciò che è possibile
concedere loro e sbloccare una situazione ormai drammatica. Si riportano alcune delle
repliche dei senatori siciliani dei Ds:
“Il Polo la smetta di soffiare sul fuoco di una protesta minoritaria e si assuma le sue gravi
responsabilità nella gestione del governo della Regione Siciliana”[6-10-2000]
“ Di questo comportamento suicida stanno infatti pagando le spese i cittadini e gli operatori
economici di tutta l’isola.”[6-10-2000]
Viene sottolineata la posizione dell’On. Scozzari del Ppi, che anche se deputato del
centrosinistra, è su posizioni diverse da quelle espresse dai senatori diessini e chiede:
“un attenzione particolare per le legittime e fondate richieste dei camionisti siciliani”[6-10-
2000]
La Sicilia si contraddistingue altresì avere enfatizzato il ruolo dei prefetti nel facilitare le
mediazioni tra le istituzioni. Emerge la tradizionale figura istituzionale del Prefetto come
autorità che in nome dello stato interviene per risolvere le controversie locali. Una figura
istituzionale a cui le parti attribuiscono fiducia perché in grado di mediare fra gli individui in
vista di un bene comune e che compensa la sfiducia nella capacità dei Siciliani di
autogovernarsi:
“Soltanto ieri sera, con la mediazione del prefetto di Catania, Blonda, e dell’assessore
regionale ai Trasporti, Rotella, si è aperto un varco” [3-10-2000]
“Problemi complessi, come si vede, che necessitano di una soluzione complessa. «Stasera -
riassume infine il prefetto Blonda - si sono valutate le proposte, già note, provenienti dagli
autostrasportatori e dalla committenza”[La Sicilia 4/10/2000]
Ma la richiesta di defiscalizzazione viene inquadrata dal quotidiano non come un fatto
contingente, ma legata a quel sogno energetico siciliano che segue un andamento oscillante .
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Il caro petrolio di questo periodo ha fatto riesplodere il sogno coltivato da almeno
cinquant’anni:
“Ora siamo di nuovo in piena febbre, alimentata anche dallo stesso governo regionale in
contrapposizione con quello nazionale. Ente vertenza Ragusa, Unione petrolifera siciliana,
autotrasportatori, pescatori, tutti insieme ad agitare la rivendicazione della defiscalizzazione
dei prodotti petroliferi. Ma è necessario capire, oggettivamente, quanto la febbre e il sogno
corrispondano alla realtà.”[6-10-2000]
Il 7 ottobre, il giorno dopo l’incontro tra il ministro Bersani e il governo regionale, tutti i
quotidiani esaminati riportano la notizia dell’esito dell’incontro ma con sfumature differenti.
Se per il Giornale di Sicilia l’esito dell’incontro viene presentato come una vittoria poiché il
governo nazionale ha accettato l’80% delle richieste degli autotrasportatori, per La Sicilia si è
trattato di un fallimento:
“Fallisce l’incontro tra il ministro dei Trasporti, Pierluigi Bersani, ed i rappresentanti del
Governo regionale siciliano in merito ai problemi degli autotrasportatori dell’isola. Il blocco
dopo sette giorni resta in vigore.”[7-10-2000]
“Tensione alle stelle tra autotrasportatori e forze dell’ordine…Con i 130 miliardi del governo
ci compriamo le caramelle…” [7-10-2000]
Viene evidenziata la polemica tra gli autotrasportatori e i media decidono la strategia del
silenzio stampa :
“Basta con voi non ci parliamo più. E non scattate fotografie, non ci servite a niente!” [7-10-
2000]
“Smobilita il furgoncino per le dirette televisive di Telecolor, i cameraman non accendono
nemmeno le telecamere, i fotografi, si nascondono le macchine sotto i giubbotti.” [7-10-2000]
Il quotidiano mette in risalto la posizione del governo regionale che rivendica il suo ruolo di
mediatore per ottenere visibilità politica:
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“Abbiamo svolto una mediazione politica difficile e delicata, abbiamo ottenuto per gli
autotrasportatori notevoli vantaggi. Se manterrete il blocco, sarete voi a violare gli impegni e
non ci sarà più nessuna mediazione possibile.”[7-10-2000]
Nei giorni successivi il giornale dà spazio alla voce dei protagonisti della vicenda, delusi e
rassegnati. Alla rabbia si sostituisce presto un senso di impotenza per il quasi fallimento della
protesta, portata avanti da un movimento che finisce per frammentarsi e non percepisce il suo
problema come un “problema politico”:
“A noi non ci interessano i politici, il nostro non è un problema politico, noi vogliamo solo
lavorare in pace, senza essere strumentalizzati da nessuno. Il nostro è un sindacato libero e
deve restare così. I politici in questo clima elettorale litighino pure tra di loro, ma non sulla
nostra pelle”. [Dichiarazione del leader dell’Aias Richichi, 9-10-2000]
“La libera uscita è finita, torno da mia moglie. Ma non scriva il mio nome, altrimenti anche
domani notte dormirò fuori”. [Dichiarazione di uno dei protagonisti, 9-10-2000]
Il ritorno alla normalità assume il carattere dell’eccezionalità, della straordinarietà. Il giornale
pone in evidenza l’apertura domenicale del mercato di Fanello (Vittoria), presentandola come
un fatto di normale straordinarietà. L’utilizzo della categoria bipolare straordinario-normale,
per la costruzione dello stereotipo della Sicilia che va avanti per straordinarietà, ricorre anche
nella rappresentazione dell’ambiguità dell’azione politica del governo regionale. L’immagine
rappresentata è quella di una Sicilia in cui tutto si riduce ad emergenza e dove il ripristino
della normalità è soggetto all’intervento straordinario:
“Danni ingenti, anzi ingentissimi, per i quali – rivela il sindaco di Vittoria – chiederemo un
intervento straordinario, un decreto salva aziende, al governo regionale, che in tutta questa
vicenda ha svolto un ruolo ambiguo che più ambiguo non si può.” [9-10-2000]
L’ultimo giorno in cui il giornale tratta l’avvenimento, viene posto in evidenza il “tam tam” di
voci allarmistiche che ha suscitato un ingiustificato clima di panico e una assurda corsa
all’accaparramento di carburante, pur non esistendo alcuna oggettiva situazione di emergenza:
“Probabilmente le voci saranno state alimentate anche dall’ipotesi di uno sciopero nazionale
dei gestori di distributori di benzina: ma l’agitazione è stata scongiurata ieri da un vertice al
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ministero dell’Industria in cui il governo ha accettato di azzerare il piano di riforma della rete.
Quindi i disagi ci sono ancora ma soltanto per colpa di queste voci del tutto infondate.” [11-
10-2000]
L’immagine rappresentata è quella di una Sicilia terra di disordine dove si agisce sulla base
del sentito dire, della indeterminatezza delle fonti, e non delle conoscenze e
dell’informazione, la fiducia è posta sul passaparola:
“Non si sa come sia nato questo «passaparola» sta di fatto che, pur non esistendo alcuna
emergenza, di fatto la gente sta creando a suo danno, situazioni di emergenza”.
La rappresentazione dellos sciopero degli autotrasportatori ne Il Sole 24-ore
Di Giuseppe Intilla e Cirus Rinaldi
Dall’elaborazione effettuata sui dati dell’indagine Audipress il lettore tipo siciliano del
quotidiano “Il Sole 24 Ore” è prevalentemente maschio con valori superiori rispetto alle altre
testate (79,4%), di età compresa tra i 25 e i 54 anni, in possesso di titolo di studio superiore
(in particolare diploma e laurea) con valori che raggiungono quasi il 90% dei lettori. La
readership del quotidiano appartiene inoltre ad una classe socio-economica medio-alta ed la
maggior parte dei lettori si concentra nelle città grandi e medie.
Nel protocollo di ricerca ci si è orientati nella determinazione dell’importanza spaziale
dell’articolo nella sua collocazione nel quotidiano, della sua posizione rispetto ai quadranti
della pagina e dello spazio occupato dall’articolo nella pagina: la ricognizione della
composizione della pagina e della posizione dell’articolo nella pagina è utile al fine di
esplicitare le scelte informative del giornale e di evidenziarne le cariche emotive (Murialdi,
1975, Come si legge un giornale, da verificare).
Rispetto agli items selezionati nel protocollo, Il Sole 24 Ore ha seguito la vicenda nei giorni
che vanno dal 3 all’11 ottobre, con picchi d’attenzione concentrati l’8 ottobre27: l’enfasi sulla
27 Ciò è dovuto principalmente alla trattazione dell’articolo in prima pagina e al suo rinvio per approfondimenti all’interno del quotidiano; in tali circostanze particolare attenzione è stata rivolta ai temi dell’ordine pubblico e della tutela della legalità, argomenti poco dibattuti dalla testata in questione.
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vicenda è verificabile anche attraverso la posizione dell’articolo nel quotidiano (la trattazione
è anticipata nell’intervallo di pagina 6-10) e la disposizione spaziale all’interno della pagina
(quadranti alti della pagina, spesso spalla e apertura).
Il Sole 24 Ore si distingue altresì per un registro discorsivo che si caratterizza per il taglio
prevalentemente resocontivo e valutativo, come riportato nella figura 3.
Resocontivo Emotivo Narrativo Valutativo
+++ +++
e
Figura 3 Registro discorsivo prevalente - Il Sole 24ore
Il quotidiano in esame si differenzia inoltre per le strategie di titolazione degli articoli,
titolazione che come ricordato svolge il ruolo di anticipazione del contenuto (Spedicato,
2000): le tecniche di costruzione dei titoli prediligono principalmente la descrizione della
scena con limitati riferimenti al parlato, così come riportato nella seguente selezione di titoli:
“Dilaga la protesta dei tir al sud – A Catania blocchi delle strade”
[3/10/2000]
La protesta dell’autotrasporto – si estende il blocco dei tir: scarseggiano carburanti e alcuni
generi alimentari
“Emergenza rifornimenti in Sicilia”
[4/10/2000]
La protesta dei tir – Terminato l’assedio alla fiat di Melfi
“In Sicilia una tregua armata, i camionisti attendono Bersani”
[5-10-2000]
La protesta dell’autotrasporto – Persi ricavi per 100 mld, 8 mila addetti in cig
89
“In Sicilia Imprese ostaggio dei tir”
[6-10-2000]
Si allargano i blocchi stradali nonostante un’intesa tra governo e Regione per sgravi da 130
mld.
“Linea dura dei tir in Sicilia”
[7-10-2000]
Schiarita dopo una lunga giornata di incontri in prefettura
“Sicilia, si allenta il blocco dei tir ma restano disagi e polemiche”
[8-10-2000]
Vertenza autotrasporto – Accordo alla prefettura di Catania con i vertici dei Manifestanti
Sicilia, i tir allentano l’assedio
[8-10-2000]
Imprese siciliane, 1000 mld di danni dal blocco dei tir
[10-10-2000]
La regione agevolerà le Pmi
Trasporti, costi ridotti in Sicilia
[11-10-2000]
Il quotidiano nella rappresentazione di attori e spazi di influenza attribuisce particolare
rilevanza agli attori politici (rappresentanti del governo nazionale e regionale; rappresentanti
dei comuni; rappresentati dei partiti e sindacalisti), ai manifestanti e alle organizzazioni in
rappresentanza degli interessi. Le sfere di competenza degli attori indicati sono
prevalentemente ritagliate all’interno di contesti politici e economici.
Rispetto ai temi di natura politica si focalizza particolarmente sulla questione della de-
fiscalizzazione dei prodotti petroliferi che costituisce tra l’altro il cavallo di battaglia del
fronte della protesta.
Viene evidenziata la polemica scatenatasi tra la Regione siciliana e l’UPS (Unione dei comuni
petroliferi siciliani), questi ultimi rivendicano la loro esclusività e legittimità nel condurre la
90
trattativa con il governo nazionale e accusano il governo regionale di voler cavalcare la
protesta:
“Finora siamo stati ignorati, e adesso che la protesta prende quota e in Parlamento
provvedimenti che concedono agevolazioni fiscali ad imprese e famiglie stanno per andare in
porto, il governo Lenza, vuole metterci il cappello” [Dichiarazione di Giorgio Sortino,
Amministratore delegato dell’UPS, 3/10/2000]
Il governo regionale risponde all’accusa e si pone come l’unica istituzione legittima a guidare
non solo la protesta ma anche a convogliarne gli interessi in campo, riassumendo in se stesso
l’autorità di rappresentanza.
Il quotidiano in esame pone la prospettiva delle fazioni in contrapposizione, con particolare
riferimento alla definizione delle leadership e alla loro lotta per la visibilità: si configurerebbe
pertanto un inattivismo dipendente in larga misura più che dalla fragile e debole
identificazione di obiettivi e sinergie, dal costume diffuso di fare ricorso a politiche della
sponsorizzazione e a “primogeniture”. Si consideri la posizione di Drago, all’interno di un
virgolettato sapientemente posizionato, in risposta alle rivendicazioni dell’UPS
“Siamo, alle solite […]. È la dimostrazione, del perché la Sicilia non ha mai ottenuto nulla
nelle vertenze con lo Stato. Invece di pensare a rinsaldare il fronte per raggiungere l’obiettivo,
si è alla ricerca di primogeniture” [replica di Giuseppe Drago, 3/10/2000]
Il fronte della protesta si allarga a più soggetti collettivi e a diverse categorie (marinai ed
armatori) che sposano le ragioni dei manifestanti ed insieme si rimpolpa l’elenco delle pretese
e delle rivendicazioni (agli sgravi sui prodotti petroliferi si aggiungono la revisione delle
tariffe assicurative, la riduzione dei pedaggi autostradali e dei biglietti dei traghetti).
Alle lagnanze dovute ad ingiuste corvèes che disegnano un gruppo, quello dei manifestanti,
facilmente in preda al vittimismo
“L’insularità è un costo derivante dalla marginalità geografica: lo Stato deve farsene carico,
da soli, non possiamo sostenerlo più […]. Paghiamo tutto più caro, non ce la facciamo più, il
nostro è un mestiere usurante, ci serve la solidarietà e la comprensione di tutti per vincere una
battagli” [Richichi, presidente dell’AIAS, Associazione delle imprese autotrasportatori
siciliani, 4/10/2000]
91
si associano l’intransigenza e il vittimismo del governo regionale
“Siamo stanchi di essere la pattumiera d’Italia […] da noi si estrae il 40% del petrolio e si
raffina il 50% della benzina, che serve a far camminare macchine e mezzi degli italiani. Se il
governo nazionale non riconoscerà il nostro contributo e lo stato di disagio ambientale, il
governo regionale è disposto a fare le barricate” [Rotella, Assessore regionale ai trasporti,
5/10/2000].
Nella politica isolana viene individuata una particolare propensione a forme autolesioniste che
si concretizzano in inerzia e intransigenza insieme
“Un danno che qualcuno comincia a stimare nell’ordine di alcune decine di miliardi. Un
prezzo, che, però, a quanto sembra, la Sicilia è disposta a pagare, pur di ottenere ciò che
chiede. Dimenticandosi, però, che la Regione Siciliana, che non perde occasione per ricordare
alla Stato le prerogative del proprio statuto, ha strumenti e fondi per cominciare a fare
qualcosa” [Commento del giornalista, 4/10/2000].
In virtù del preciso taglio tematico del quotidiano, i rappresentanti delle categorie produttive
svolgono funzione di terzietà rispetto agli attori direttamente coinvolti, ovvero istituzioni e
manifestanti.
Se in un primo momento essi riconoscono la legittimità delle richieste degli autotrasportatori
“La protesta degli autotrasportatori è anche la protesta delle industrie siciliane”
[Dichiarazione di Costanzo, Presidente di Assindustria di Palermo, 4/10/2000]
In un secondo momento ne prendono le distanze
“Le rivendicazioni sono giuste, ma i mezzi sono sbagliati […] il problema del caro gasolio e
dell’alleggerimento del fisco sui prodotti petroliferi immessi al consumo devono essere
affrontati non nella piazza ma al tavolo con Stato e Regione” [Dichiarazione di Puglisi,
presidente di Confindustria Sicilia, 06/10/2000].
92
Tuttavia anche la presente categoria non sembra immune dalla sindrome di vittimismo che
affliggerebbe politici e manifestanti
“Se il blocco dei tir fosse avvenuto nel nord, probabilmente la reazione delle istituzioni e del
paese sarebbe stata meno tardiva e superficiale” [Costanzo, presidente Assindustria Palermo,
6/10/2000].
Il Sole 24 ore ha presentato una Sicilia in cui classe dirigente (politici ed imprenditori) appare
debole e frammentata. Sembra utile, in questo caso, leggere l’intera rappresentazione
attraverso il filtro categoriale del particolarismo versus l’interesse comune applicabile
all’immagine dei siciliani incapaci di perseguire obiettivi comuni tra disfattismo e
individualismo.
Considerando le strategie rappresentative utilizzate, il quotidiano ha dato spazio agli attori
istituzionali e delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi con campi di competenza
direttamente discriminabili e riconoscibili, individuando chiaramente l’attore e la sua sfera
d’azione.
Lo status socio-culturale della readership del quotidiano sembra confermato dal tenore dei
temi e dei registri discorsivi degli articoli esaminati, Il Sole 24 ore, a differenza de “la
Repubblica”, quotidiano a questo affine per composizione di lettori, non sembra orientato ad
una visione soggettivizzante della realtà quanto ad una sua rappresentazione oggettiva, legata
più verosimilmente alla fascia di consumatori/lettori ( le categorie produttive) cui il
quotidiano si rivolge prevalentemente.
93
La strage di Vittoria nei quotidiani nazionali e locali.
di Loriana Cavaleri
Introduzione
È un’opinione abbastanza consolidata quella per cui la Sicilia, stimolerebbe l’attenzione dei
giornali, della televisione, ma anche del cinema e della letteratura, soprattutto attraverso
eventi che hanno principalmente a che fare con il malaffare, la malavita organizzata, i delitti
d’onore e vicende simili. Sarebbe, cioè, nelle pagine di cronaca nera (in riferimento al mondo
dell’informazione cartacea, che qui più in particolare ci interessa approfondire), che l’Isola
verrebbe maggiormente nominata e raccontata (Bevilacqua 1993).
Stesso genere di riflessione ha, anche, in parte ispirato, come si esplicita nell’introduzione,
una recente ricerca sull’Immagine della Sicilia nella stampa quotidiana, di cui questo lavoro
rappresenta una continuazione.
Il caso di cui parleremo in queste pagine ha a che fare proprio con questa tipologia di eventi.
Si tratta, infatti, di una strage di mafia, la cui notizia, nelle settimane immediatamente
successive all’accaduto, ha riempito le pagine dei quotidiani nazionali e locali. Lo scopo di
questo lavoro non è stato, però, quello di individuare quanto di questa vicenda i giornali
abbiano parlato, rispetto, per esempio, ad episodi di altro genere; piuttosto, l’interesse
94
dell’analisi è stato quello di comprendere come lo abbiano fatto, attraverso la ricerca delle
immagini, delle metafore, insomma delle rappresentazioni, da loro utilizzate per costruire la
notizia.
Il presupposto, infatti, dal quale questo lavoro parte è che la storia della Sicilia e dell’intero
Meridione, più che qualsiasi altra parte d’Italia, sia stata fortemente condizionata dalle
rappresentazioni offerte su di essa (Gribaudi, ).
La tesi dell’arretratezza, del “familismo amorale” (????), del clientelismo come elemento
tradizionale che ha impedito il sorgere delle forme organizzative proprie della politica
moderna, ma anche del Mezzogiorno come un tutto unico, omogeneo ed indifferenziato al suo
interno, sono solo alcune delle tesi che più incisivamente hanno dominato il dibattito
accademico e intellettuale sulle cose Meridionali [Catanzaro 1983]. Tesi, che oltre a
influenzare pesantemente le scelte politiche del paese, hanno anche prodotto una sorta di
“vizio epistemologico”, che ha condizionato gli sguardi sul Mezzogiorno, vincolandoli in
impostazioni concentrate più sugli ostacoli da superare che sulle risorse interne da valorizzare
[Mutti 1998].
Coscienti, dunque, di quanto le rappresentazioni sul Mezzogiorno abbiano finito per diventare
stereotipi, bende sugli occhi dei suoi osservatori, la finalità dell’analisi qui proposta, è stata
quella di comprendere se negli articoli che i giornalisti hanno dedicato alla strage di Vittoria,
sia possibile individuare uno scarto da queste raffigurazioni, una visione più matura e
consapevole della complessità delle vicende siciliane.
Presentazione del caso e del corpus analizzato
Come abbiamo già accennato, il fatto di cronaca sul quale abbiamo condotto l’analisi si
riferisce ad un episodio di mafia, che, in particolare, non ha come protagonista di sfondo la
famigerata “Cosa Nostra”, ma la meno nota “Stidda”.
Si tratta della cosiddetta “Strage di Vittoria”, avvenuta il 2 Gennaio 1999, quando due killer,
armati di pistola, entrano in un bar di una stazione di servizio alle porte del paese e uccidono
cinque giovani. Da quanto stabilito dalle indagini, però, solo tre delle vittime rappresentavano
i veri obiettivi, di quello che si è poi rivelato un regolamento di conti tra due clan mafiosi: i
Piscopo e i Dominante. I tre appartenevano alla seconda delle due famiglie e, più nello
specifico, il più anziano di loro, il trentatreenne Angelo Mirabella, si avviava a diventarne il
boss.
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Il corpus dell’analisi è costituito da ottantasette articoli, apparsi su cinque quotidiani nazionali
e locali, nel periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999:
Tab.1 Articoli presi in esame per quotidianoQuotidiani Numero articoli
Giornale di Sicilia 43La Sicilia 18la Repubblica 17Il Sole 24-ore 5Il Giornale 4Totale 87
L’analisi del materiale raccolto, ha seguito una metodologia qualitativa e si è avvalsa
dell’ausilio del software Atlas.ti, per la scelta e la gestione dei frammenti tratti dagli articoli.
Nello specifico, si è trattato di decostruire i testi, selezionando e concettualizzando alcune
citazioni, poi raggruppate in macro categorie.
Il software ha permesso inoltre di rintracciare la frequenza degli articoli assegnati per macro e
sotto categorie e di visualizzarne la mappa semantica28.
I relativi output sono mostrati, rispettivamente, nelle Tabelle 2 e 3:
Tab. 2 Frequenza della macro e sotto categorie
CONTRADDIZIONI 15
Luce e lutto 3
Sviluppo e mafia 13
Giovani e mafia 14
La mafia attrae perché promette guadagni 7
LA MAFIA O LE MAFIE 13
La mafia come qualcosa di morto e resuscitato 7
Continuità e quotidianità della mafia 4
CAMBIAMENTO 14
Senso di disillusione 2
Potenzialità bloccate 1
Le speranze del cambiamento 6
28 Per una descrizione del software si rinvia alla nota metodologica.
96
Familismo 5
I pochi che lottano 3
Chi lotta rischia la vita 2
LE PAURE 14
Omertà 10
LE RESPONSABILITA’ DELLO STATO 13
Lo Stato sa che deve rassicurare 4
Inadeguatezza e arretratezza dei mezzi di polizia e
giudiziari 5
Tab. 3 Mappa semantica delle macro e sotto categorie
1
CONTRADDIZIONI
“Chi scelse di battezzare “Caronte” uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e la
sicula, avrà agito senza malizia, per uno sfoggio di memoria classica o, addirittura, per
scaramanzia. Certo è che, senza volere, ha finito col ricordare al turista che, non solo sta varcando
le soglie di un Paradiso, ma anche di un luogo d’ombra e di pena. È qui al cimento di questa
contraddizione, che la Sicilia vi aspetta (...). Nel rapporto fra queste due voci, nel loro incontro e
scontro, consonanza e dissonanza, sta il segreto doloroso e la ricchezza della nostra terra”
(Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto, Sellerio, Palermo, 1990).
“Luce e lutto”
L'immagine della Sicilia come terra di contraddizioni è riscontrabile in molti degli articoli
analizzati, che però si distinguono per i diversi ossimori proposti.
Nel Giornale di Sicilia, per esempio, la metafora più frequente appare quella del contrasto tra la vita
(rappresentata dai frutti che crescono in questa terra) e la morte; tra la luce, il chiarore del cielo
siciliano e l’atmosfera buia, creata dal lutto per i giovani uccisi. Se il contrasto tra morte e bellezza
non è inedito tra le figure usate per rappresentare la Sicilia, nel caso di Vittoria, questo sembra
presentarsi con più forza perché, le terre della Sicilia orientale, oltre che essere belle sono anche
“floride”:
“È una cappa quella che opprime questa terra di luce e di lutto (...) cinque morti ammazzati. Si è
consumata la prima strage di mafia del 99 a Vittoria. La città dei primaticci e dell'oro verde” (GdS
3-Gen.-1999)
“A Vittoria la paura e la rassegnazione sono sentimenti diffusi, nella città che nel giro di pochi
decenni ha messo su una fortuna con l'agricoltura, con tutte le profonde contraddizioni che ciò
comporta, l'imperativo categorico è fare ricchezza”(GdS 14-Gen.-1999).
“Sviluppo e mafia”
Il risalto dato alle capacità produttive del vittorese, è interpretabile come segno che i cronisti
siciliani hanno maturato l’abbandono della tesi-stereotipo dell’arretratezza, quella per cui l’intero
2
mezzogiorno italiano sarebbe privo di qualsiasi tipo di risorsa e quindi costretto in un’eterna ed
atavica condizione di ritardo e sottosviluppo, e che si dispongono, invece, ad uno sguardo capace di
cogliere e valorizzare le eventuali potenzialità di crescita economica della Sicilia. Leggendo gli
articoli relativi alla strage di Vittoria, infatti, balza immediatamente agli occhi la frequenza con cui
si parla di “sviluppo”. Ma è proprio dalla constatazione di tale sviluppo che emerge, nelle parole
dei giornalisti o dei soggetti da loro intervistati, un’altra delle contraddizioni più spesso incontrate
negli articoli: quella tra sviluppo e mafia. Contraddizione, che viene espressa sia attraverso un
linguaggio simbolico, come, per esempio, nel caso de la Repubblica e del Giornale di Sicilia:
“Vittoria, città del ragusano famosa una volta per i suoi campi di terra buona e profumata, città di
quell’altra Sicilia, dove un tempo non esistevano uomini di rispetto”(la Repubblica 3- Gen. - 1999)
“Vittoria, 'l'Emilia degli Iblei, il polo ortofrutticolo Siciliano da cui partono le primizie per le
tavole di tutta Europa, la capitale delle serre dove crescono piante e fiori distribuiti fino in Olanda
e in Francia, dove un giro d'affari che si stima intorno a 550 miliardi ha attirato le "attenzioni" dei
gruppi criminali più feroci della Sicilia orientale. Benvenuti nel paese che ha inaugurato la
cronaca nera del '99 con una strage spaventosa. Benvenuti nella città dove crescono, nascono e
muoiono anche i fiori del male i cui miasmi sopraffanno il delicato profumo delle rose che qui
vengono coltivate a migliaia”.(GdS 4- Gen.-1999)
“Vittoria, una città fra “oro” e mafia” (GdS 14-Gen.-1999)
sia attraverso un linguaggio, potremmo dire, più specialistico, che si pone ad un macro livello di
osservazione, che utilizza, per esempio, gli strumenti di analisi della sociologia economica.
L’esempio più esplicativo, in questa direzione, è ovviamente offerto dal Sole24ore, che per sua
natura ha questa vocazione:
“Siamo, nel caso analizzato, in un territorio a "economia cattiva": nel senso che vi convivono una
fiorente economia legale (sericoltura con tecnologia avanzata) sostenuta da meccanismi "normali"
di assistenza e con un presunto giro d'affari pari a 1.200 miliardi l'anno. E un altrettanto
consistente processo di accumulazione illecita (si calcola che il traffico di droga e il racket
assicurino alle "famiglie" del posto 400 miliardi l'anno). Sarebbe puerile, a questo punto, non
pensare a infiltrazioni, tra le due economie(...) in un territorio nel quale la mafia insegue e allo
stesso tempo produce flussi di ricchezza” (Il Sole 24-ore 5-Gen.-1999)
3
Uno sviluppo contraddittorio, quindi, perchè alla ricchezza si associa delinquenza e criminalità,
perché la ricchezza non è, in questo caso, uno strumento di emancipazione. Lo sviluppo del
vittorese viene, quindi, rappresentato come uno sviluppo “handicappato”, che se può contare su
risorse economiche, non è sostenuto ed, allo stesso tempo, non libera risorse culturali:
“alla velocità con cui sono stati fatti i soldi non è seguita un altrettanto veloce crescita culturale.
Basti pensare che a Vittoria esiste ancora una sola libreria. A Vittoria, dove il teatro è chiuso da
quattro anni, di cultura se ne respira poca.”(GdS 14-Gen-1999).
È interessante a questo punto notare che l’accostamento tra Sviluppo e Mafia cambia tono e
argomentazioni, quando nei giornali a parlare sono gli attori politici, per esempio D’Alema su la
Repubblica. L’allora Presidente del Consiglio, infatti, sembra volere proprio dissimulare quel nesso
contraddittorio tra Sviluppo e Mafia rimarcato dai giornalisti:
“ «Bisogna raccontare il Sud per quel che è» - dice D’Alema - «senza diffondere paura e
un’immagine falsa di noi stessi». La realtà è che «non siamo travolti dalla mafia. Dobbiamo dirlo,
altrimenti non verrà nessun imprenditore a investire». Lo Stato «ha riconquistato ampie aree del
Mezzogiorno a condizioni di sicurezza» tanto che oggi «gli imprenditori, non solo la Fiat ma tante
piccole imprese, investono nel Sud»”
GIOVANI E MAFIA
Come abbiamo già detto, il riferimento al legame sviluppo - mafia - ricchezza - è rintracciabile in
diversi articoli ed è, addirittura, all’interno di tale triangolo che molti giornalisti cercano la
spiegazione di quello che viene rappresentato come il tratto distintivo e più allarmante della strage
avvenuta a Vittoria il 2 Gennaio del 99, cioè, la giovanissima età delle vittime:
“Cinque manichini. Disarticolati. Pieni di sangue. E di proiettili. Il défilé degli orrori di mafia. (...)
Tutti giovani. Claudio Motta aveva 21 anni; Salvatore Ottone 19; Emanuele Nobile, 23 anni;
Rosario Salerno, 27 anni; Angelo Mirabella, 33 anni”(GdS 3-Gen.-1999)
4
“Sono tutti ragazzi tra i venti e i trenta anni. Tutti vestiti alla stesso modo. Maglioni pesanti e
giubbotti di jeans.” (La Repubblica 3-Gen.-1999)
“Un inferno di fuoco che ha visto cadere sotto una gragnuola di proiettili ben cinque giovani (...)
Un'esecuzione in piena regola, per punire uno sgarro e dare una lezione esemplare ad un gruppo di
ragazzi eccessivamente intraprendenti” (Il Giornale 3- Gen.-1999).
Per quali strade e motivazioni un giovane vittorese diventa un affiliato è, quindi, uno dei temi più
frequenti sui quali si concentrano molti articoli, che individuano nella capacità della mafia di
assicurare status e ruolo, soldi facili e rispetto, la spiegazione più convincente.
“Angelo Mirabella il più anziano delle cinque vittime del bar che avrebbe preso le redini della
cosca di Vittoria e tentato di farsi strada nel mondo della criminalità organizzata. Gestendo traffici
di droga ed estorsioni, tentando di farsi una posizione con gli «affari sporchi» e di accumulare
danaro con i metodi della malavita. Perché i soldi a Vittoria si vedono, la ricchezza prodotta dalle
serre è sotto gli occhi di tutti. E con il danaro si può anche avere rispetto, si può uscire da una
condizione di miseria e ristrettezza e farsi una nuova vita.”(Gds 4-Gen.-1999).
“Cercano il potere col mitra in mano” (la Repubblica 3-Gen.-1999)
Sempre in questa direzione, appare particolarmente interessante un articolo de La Sicilia, in cui ad
essere chiamato in causa è il tema del disagio giovanile. Ciò che colpisce è che la relazione tra
“giovani e mafia” sembra equiparata ad una qualsiasi forma di delinquenza giovanile e spiegata
attraverso il venir meno del ruolo educativo della famiglia, cioè con una spiegazione che potrebbe
adattarsi anche a comportamenti devianti attuati al di fuori del territorio siciliano e non per forza di
matrice mafiosa. Anche questa rappresentazione può essere interpretata come superamento di
alcune tesi-stereotipo del meridionalismo tradizionale, che ponevano il Mezzogiorno, quindi anche
la Sicilia, in una collocazione periferica, impermeabile ed indifferente a qualsiasi processo di
mutamento (anche culturale) proprio del Nord (centro, secondo queste tesi, dello sviluppo e della
modernizzazione italiana). Ma se è plausibile che l’istituzione famiglia entri in crisi anche in
Sicilia, stupisce però non trovare alcun accenno, in nessuno degli articoli dedicati a questo tema,
5
alla possibilità che sia proprio dalla rete parentale che i giovani ereditano quel capitele culturale e
sociale che ne facilita l’ingresso negli ambienti mafiosi:
“Sono i giovani del disagio. Quelli che attuano comportamenti «fuori dalle norme», che vivono
nell'incertezza e nel dubbio. Saltano le lezioni a scuola, innescano meccanismi di fuga, di rifiuto e
di comportamenti devianti. Sognano una vita da boss, da eroe negativo. I giovani del disagio e
della devianza vivono per strada (...) la delinquenza minorile, a volte, è un modo di rispondere a
forme di sofferenza esistenziale (...) La causa sociale più evidente della criminalità minorile è
identificabile nella famiglia che tradisce il suo ruolo privilegiato dell'educazione del minore” (La
Sicilia 4-Gen.-1999).
CAMBIAMENTO
“Cambiamento” è un altro dei codici individuati, all’interno dei quali sono stati, con più frequenza,
ricondotti diversi frammenti di testo, quotations, per utilizzare il linguaggio del software utilizzato.
Il parlare di cambiamento in Sicilia, non è un argomento di natura inedita, anche se, alcuni degli
articoli analizzati, sembrano volere, consapevolmente, rimandare un’immagine incoraggiante, che si
discosta dallo stereotipo gattopardiano del cambiare per non cambiare:
“Fino a qualche tempo fa, forse, più di un siciliano poteva pateticamente immedesimarsi nel
principe che «finge di cambiare per non cambiare». Ora no, ora non più. Ora il gioco è davvero
finito. Ed è finita una cultura. Non la Sicilia.” (Il Sole24ore 13-Gen.-1999)
“Sappiamo bene che tutto questo non basta nell’isola dello spreco, della chiacchiera e
dell’autocompiacimento collettivo. Ma sappiamo pure che è il tono che fa la musica e il tono è
cambiato” (Il Sole24ore 13-Gen.-1999)
I frammenti appena riportati sono tratti da una lettera aperta, apparsa su Il Sole 24-ore, sottoscritta
da esponenti del mondo della cultura, dell’università e dell’economia. È interessante, allora,
notare che nel Giornale di Sicilia, quando a parlare sono altri attori locali (un imprenditore, un
6
sacerdote, una maestra elementare, un amministratore), la prospettiva sul “cambiamento” muta,
facendo emergere immagini pregne di disincanto, disillusione e rassegnazione:
“Di 'fulmine a ciel sereno' parla Riccardo Santamaria. È un imprenditore, produce cassette di
legno per l'imballaggio di frutta, che è rimasto vittima, tra il '92 e il '94, di una serie
impressionante di attentati. La sua colpa? Non avere pagato gli esattori del pizzo, non essersi
piegato alla loro volontà, denunciando tutto. 'Da allora molte cose sono cambiate - spiega - gli
imprenditori non sono più quelli di una volta, hanno voglia di riscatto'. Ma al momento questo
cambiamento non s'è visto se - come spiegano in commissariato - Santamaria resta l'unico che ha
osato rompere il muro dell'omertà” (GdS 4-Gen.-1999).
“L'inquietudine è una morsa che si 'legge' nel volto tirato degli amministratori, nell'omelia gonfia
di disincanto di un prete di frontiera, nel ragionamento doloroso come un rimorso di una maestra
elementare e nelle parole piene di sgomento di un imprenditore che quattro anni fa osò sfidare il
racket ottenendo in cambio cinque attentati alla segheria e un agguato al quale scampò
miracolosamente.” (GdS 4-Gen.-1999).
“Nelle parole dell'assessore c'è la rabbia di chi lavora senza sosta per aiutare i giovani, per
alimentare la speranza di una società più giusta e meno violenta che però vede sfumare ogni sogno,
ogni speranza dalla furia di due pistole automatiche che hanno affermato la supremazia
dell'oltraggio, della sopraffazione, del cieco sopruso mafioso”. (GdS 4-Gen.-1999).
LE SPERANZE DEL CAMBIAMENTO: I GIOVANI E LE DONNE
Nello stesso tempo, è nel Giornale di Sicilia, più che in qualsiasi altra testata, che vengono indicati i
soggetti che possono incarnare la forza motrice del mutamento. Ricompaiono, così, i giovani ed
entrano in scena le donne:
“Ho in mente un grande concerto per i giovani di Vittoria, perché la rinascita deve partire da
loro.” (GdS 9- Gen.-1999)
“Ma anche se il terrore stempera i sentimenti e induce a comportamenti prudenti, queste donne
hanno dentro la voglia di ribellarsi, di voltare pagina e fare in modo che qualcosa finalmente possa
cambiare Nelle parole delle madri sembra essersi insediato il seme della collaborazione con chi sta
7
in prima linea nella lotta alle cosche, un desiderio potente di far in modo che a ragazzi poco più
che ventenni come i loro non tocchi la terribile sorte di essere faldati sotto i colpi dei killer (...) A
Vittoria i segnali della collaborazione ci sono: c'è una donna alla quale hanno ammazzato il figlio
alcuni mesi fa che ha intrapreso un cammino che sembra promettere frutti, e da ieri c'è un'altra
madre che ha mostrato disponibilità a confidare i segreti che negli ultimi anni l'hanno fatta stare in
pena per il «sangue del mio sangue», che è stato ammazzato al bar della pompa di benzina Esso.”
(GdS 4- Gen.-1999)
L’immagine della “madre siciliana” rievoca, senz’altro, la retorica cinematografica in cui le mamme
del sud sono le uniche ad avere senso di giustizia e coraggio. Nonostante ciò, il GdS
problematicizza le reazioni dei cittadini, che appaiono da un lato mossi dalla voglia di diventare,
anche collettivamente, soggetti attivi, dall’altro frenati dalla paura e dalla rassegnazione:
“Una coscienza collettiva Vittoria non sembra averla anche se l’ultima manifestazione
antimafia viene considerata un segnale di risveglio (...) Vittoria però ha ancora paura, aspetta di
essere incoraggiata per spazzare via la rassegnazione e il terrore di essere in balia della mafia”
(GdS 14 - Gen. - 1999).
LE PAURE
In realtà, negli articoli presi in considerazione, si parla più di paura che di coraggio. È interessante
notare che anche la paura sia legata spesso alla produzione di ricchezza del Vittorese e agli interessi
che la mafia ha su questa:
“Ma la gente ha paura, ha anche paura di spendere e investire, di far vedere agli altri di aver
acquisito ricchezza, di aver denaro da spendere”(GdS 14 Gen. - 1999)
Originali appaiono, anche, alcuni commenti apparsi su la Repubblica, in cui ad avere paura non
sono i “normali” cittadini, ma gli stessi mafiosi:
“Alcuni suoi parenti sono stati uccisi, altri in questi giorni sono nascosti. Hanno paura” (La
Repubblica 5-Gen. - 1999)
8
OMERTA’
Come è facile immaginare, la paura si accompagna all’omertà. Mentre le testate locali, il Giornale
di Sicilia e La Sicilia, non dedicano molto spazio a questo tema, la Repubblica, Il Giornale e Il Sole
24-ore lo menzionano spesso:
“Il primo poliziotto che arriva al distributore vede la faccia di un uomo che sa di essere vivo solo
per miracolo. E' Sebastiano, il barman. E' il testimone che non testimonierà niente. (...)E mentre lui
non fiatava, il sindaco di Vittoria Francesco Aiello lanciava l'appello disperato alla sua città: «Chi
sa parli, chi ha visto denunci». Ci sono altri due testimoni della strage, due impiegati del
distributore. Anche loro non parlano (...) Come da copione nessuno dei superstiti sembra aver visto
niente ” (La Repubblica 3- Gen.-1999)
“Questa partita si chiude se chi sa non chiude gli occhi. La gente deve parlare, collaborare
con le forze dell’ordine e i magistrati” (Il Giornale 5- Gen. - 1999).
“Sarà interessante seguire le reazioni della comunità, ancora incerta a leggere i commenti,
tra voglia di denunce o rifugio poi nel valore dell'omertà. Osservando appunto la tipologia di
comportamento scelto potrà capirsi, quasi come in un esperimento in un laboratorio, come e
perchè un'economia legale possa convivere con una illegale in un ambito geografico relativamente
circoscritto”.(Il Sole 24ore 5- Gen-199).
LA MAFIA O LE MAFIE
Dallo specifico fatto di cronaca, sul quale abbiamo concentrato la nostra attenzione, si potrebbero
avviare almeno due distinti lavori di analisi dei quotidiani: uno dedicato, appunto, all’immagine
della Sicilia, l’altro esclusivamente dedito alla rappresentazione della mafia, che quasi si impone
come la vera protagonista della storia.
Il caso studiato si presenta, tra l’altro, come particolarmente stimolante e per il luogo geografico
nel quale avviene la strage (non Palermo, bensì Vittoria) e per l’organizzazione mafiosa mandante
degli omicidi (la Stidda e non Cosa Nostra).
Già da una prima lettura, infatti, sembra quasi che la mafia che ha colpito a Vittoria (la Stidda) non
abbia una specificità propria. Tanto che, per descriverla, si cercano paragoni o la si definisce in
negativo rispetto a Cosa Nostra:
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“Le bande fanno strage di ragazzi alla maniera dei sicari di Al Capone: con lo stesso stile, con la
stessa ferocia, la Stidda - quella mafia che non è Cosa Nostra ma una specie di sua succursale -
uccide cinque giovani a Vittoria, città del Ragusano famosa una volta per i suoi campi di terra
buona e profumata, città di quell'altra Sicilia, dove un tempo non esistevano "uomini di rispetto"”
(la Repubblica 3-Gen.-1999)
In particolare, appare interessante evidenziare che la differenza con Cosa Nostra emerge,
soprattutto, dal modo in cui è aggettivata la Stidda:
“ferocia, l'efferatezza, la barbarie” (GdS 3-Gen.-1999)
“Belve, sono belve. Uccidono senza pietà chiunque passi per la loro strada” (GdS 6-Gen.-1999)
“E cinque morti che "parlano". Cinque balordi di un ceppo di mafia che qui chiamano "il clan
Carbonaro-Dominante", pezzenti della mala, metà pastori e metà trafficanti, estorsori per
necessità, gente capace di scannare un bambino anche per 200mila lire.” (la Repubblica 3-Gen.-
1999)
“Ma più ne arrestano di questi balordi della Stidda, più ne spuntano. Sempre nuovi, sempre più
giovani, sempre più feroci.” (la Repubblica 3-Gen.-1999)
con un lessico cioè che tende, sembra consapevolmente, ad attribuire alla Stidda una
caratterizzazione maggiormente malvagia e selvaggia, come se la Stidda, paragonata appunto molto
spesso ad una belva, fosse più irrazionale, più assente di regole o limiti, più anarchicamente
efferata:
“Stiddari, cioè mafiosi senza pedigree.” (la Repubblica 4-Gen.-1999)
“La mafia di queste parti è un blob, non ha forma precisa, cambia sempre. Oggi è così, domani
chissà. I nemici di ieri, dopo un mese potrebbero diventare anche gli alleati più fedeli. E' senza
regole la Stidda. E' Stidda proprio per questo. Sono imprevedibili i suoi affiliati.” (la Repubblica 4-
Gen.-1999)
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“Cosa nostra a Palermo è orientata su interessi per i quali si è disposti a uccidere, certo, ma solo
se non se ne può proprio fare a meno” (la Repubblica 3-Gen.-1999)
Per concludere, vogliamo brevemente soffermarci sulle reazioni manifestate dalla stampa a quella
che è stata soprannominata la strage di capodanno. In particolare, sono stati individuati due codici
che ben esemplificano, a nostro parere, tali reazioni: il primo è “La mafia come qualcosa di morto e
resuscitato”, il secondo “Continuità e quotidianità della mafia”.
Gli articoli tratti dal GdS, si collocano maggiormente nel primo codice, descrivendo spesso con
stupore la strage di Vittoria, come se celassero la sensazione che la mafia, non avendo più compiuto
azioni eclatanti, fosse qualcosa di ormai scomparso:
“un Capodanno di sangue che rievoca antichi spettri” (GdS 4-Gen.-1999)
“La bestia ferita, insomma, sta avendo un sussulto di violenza, un estremo atto di sovversione
interno per stabilire - ancora una volta - che no, il fiore del male non è morto, ma anzi è ancora
vivo e vegeto e capace di praticare lo sterminio nella città ancora in clima natalizio.” (GdS 4-
Gen.1999)
“La città ha di nuovo paura. La terribile scia di sangue che sembrava cancellata dalla memoria
della gente torna alla ribalta.” (GdS 3-Gen.-1999)
Il Sole 24-ore e la Repubblica, invece, tendono a sottolineare maggiormente un agire mafioso
“normale”, che non si manifesta soltanto nella straordinarietà delle azioni eclatanti:
“Il triangolo Gela-Vittoria- Niscemi, è da anni una vera e propria polveriera. Ogni notte si spara e
si compiono danneggiamenti contro commercianti ed imprenditori che continuano ad essere vittime
del racket delle estorsioni, sia dagli stiddari che da Cosa Nostra. Ogni anno in quel triangolo ci
sono oltre 100 0 tra attentati e danneggiamenti e decine di omicidi che passano inosservati. Ogni
notte c'è un falò, ogni notte bruciano negozi, automobili. Ogni notte saltano saracinesche.” (la
Repubblica 3 Gen.-1999)
“Ancora, c'è un modello di criminalità mafiosa che evidentemente, ne pentiti, ne retate, ne controlli
riescono a mettere in crisi, probabilmente perchè coltiva contatti con altre organizzazione di altre
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criminalità e la politica, ma li esclude a differenza della mafia trasversale, con gli enti
amministrativi, mantenendo quindi una sua sostanziale visibilità.” (Il Sole 24-ore 5 Gen.-1999)
L’isola che non c’è
di Franco Nicastro
Per oltre venti anni la Sicilia ha trovato spazio nei giornali attraverso la cronaca. L’attenzione dei
media è stata concentrata soprattutto sui fatti di mafia, sulle stragi, sui processi, e sul dibattito
politico che da queste vicende ha tratto continuamente spunto e alimento. Non poteva essere
diversamente: tanto dilaganti e devastanti erano stati i fenomeni criminali da richiedere uno sforzo
di copertura mediatica supplementare.
Ma se all’inizio erano stati l’emergenza e l’incalzare degli eventi a dettare la cifra del linguaggio
giornalistico, con il tempo la cronaca ha mantenuto una sua centralità. Così non sono cambiati,
almeno in modo significativo, né l’approccio stilistico né la tecnica quando non sono state più e
solo le stragi gli eventi da trattare.
Da qualche anno l’egemonia informativa sulla mafia è diventata meno assillante e invasiva. Altri
temi hanno nel frattempo guadagnato posti nella gerarchia delle notizie. È perfino ricomparsa
l’informazione politica, che sembrava non riguardare più la Sicilia da quando il tema
dell’autonomia aveva perso la sua originaria rilevanza. A ridestare l’interesse per il caso siciliano
sono stati prima i ribaltoni e i controribaltoni che hanno caratterizzato alla Regione lo scorcio finale
della passata legislatura, poi la crescita dilagante del centrodestra che nelle politiche del 2001 ha
fatto il pieno dei collegi con uno stupefacente 61 a zero e infine la rinascita e il ritorno della
Democrazia cristiana con il suo apparato di uomini, metodi e clientele che sembrava ormai
consegnato alla memoria di una stagione lontana.
Tutte queste vicende si iscrivono, in una dimensione tutt’altro che marginale, in uno scenario
politico nazionale. Soprattutto l’esito delle elezioni del 2001 che ha contribuito alla larga
affermazione della Casa delle libertà. Sarebbe stato dunque logico attendersi dai media la
sperimentazione di una costruzione di realtà coerente con la rilevanza dei processi politici siciliani.
E invece, alla resa dei conti, tutti hanno continuato a proporre, chi più chi meno, il modello di
un’informazione condizionata dalle routine produttive, dagli stereotipi, dai luoghi comuni, dalla
superficialità. I giornali siciliani sono quelli che, ovviamente, hanno prodotto un copertura
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maggiore in termini quantitativi. Ma si sono mantenuti all’interno dello schema espositivo
tradizionale: preponderanza della cronaca, misurato ricorso alle interviste dosate secondo una logica
equilibrista (si sente una campagna e si corre subito ad ascoltare l’altra) , scarsa propensione a un
approccio valutativo. Con l’eccezione dell’edizione palermitana di Repubblica, che ha puntato su
un’informazione più schierata e meno paludata, nei giornali siciliani la modalità descrittiva della
cronaca ha fatto premio sull’analisi. Non per questo si può dire che l’informazione abbia aumentato
la sua distanza dal Palazzo. Secondo tradizione, la propensione filogovernativa dei giornali siciliani
si è ripetuta con tutte le maggioranze del momento.
Sulle testate nazionali l’interesse verso la Sicilia politica ha continuato a essere rapsodico e
guidato da fiammate improvvise: si è in sostanza acceso solo quando l’evento costituiva “notizia” e
si è spento appena è cessata l’eco o si è attenuato l’effetto sul quadro politico nazionale. Così è
puntualmente accaduto con l’elezione di un ex comunista, Angelo Capodicasa, alla presidenza della
Regione. Ma le note dominanti sono state quella del folclore (la somiglianza con Saddam Hussein,
soprattutto) e l’immagine del ribaltone tracciata attraverso il tipico armamentario degli stereotipi
che descrivono la Sicilia come metafora di laboratori politici, anticipatrice di svolte nazionali, luogo
ideale di sperimentazioni coraggiose.
Varie interviste al personaggio non hanno aggiunto nulla a quello che la cronaca aveva già
raccontato. E quando qualcuno ha cercato di approfondire l’analisi di ciò che era accaduto alla
Regione è balenata l’idea originale di leggere l’attualità richiamando il passato. Si è così “scoperta”
una riedizione del governo Milazzo con un’operazione di memoria e un parallelo storico-politico
che hanno reso l’analisi più confusa e inadeguata. Anche agli osservatori più navigati è sfuggito il
fatto che mentre il caso Milazzo era il frutto di una rivolta autonomista contro Roma, nell’elezione
di Capodicasa era accaduto proprio il contrario: a Roma erano maturate le condizioni per rovesciare
la maggioranza di centrodestra in Sicilia e formare un governo omologo a quello che guidava il
Paese.
Ecco cosa può accadere quando, deviando dai tranquilli binari della cronaca, si ricorre a criteri
valutativi più impegnativi per ricostruire l’immagine della Sicilia. E comunque, per restare
all’informazione politica, i media accendono di regola i riflettori sulla Sicilia solo quando non se ne
può fare a meno, soprattutto durante le campagne elettorali. Lo schema è da molti anni, ormai,
sempre lo stesso. La grande testata nazionale manda un inviato per un viaggio attraverso gli scenari
politici del momento. Il resoconto è attento a cogliere temi e aspetti salienti della competizione con
preferenza per la personalizzazione del confronto, che nel sistema maggioritario trova un terreno
ideale. Si interrogano i “sensori” politici per trarre indicazioni sugli orientamenti di voto. Passate le
elezioni, il grande inviato intervista il personaggio premiato dalle urne (o penalizzato) per fargli
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commentare i risultati con l’occhio rivolto sempre a Roma. E tutto finisce a quel punto. Perché il
giornale torni a occuparsi della Sicilia bisognerà aspettare un evento imprevisto oppure un’altra
occasione elettorale.
L’immagine della Sicilia continuerà intanto a essere affidata al linguaggio della cronaca e a una
routine giornalistica che informa poco pur comunicando molto. È un po’ quello che si è verificato in
occasione della strage del 2 gennaio 1999 a Vittoria. I giornali siciliani hanno scommesso tutto
ancora sul dato quantitativo. Hanno riempito le pagine di nomi, notizie sugli schieramenti in campo,
dettagli sulle indagini ma quasi nessuno ha saputo ricostruire il quadro degli interessi e soprattutto
le radici di un fenomeno criminale che ha cercato di inquinare il tessuto civile e politico di Vittoria
(uno dei boss di spicco era anche capo di una formazione politica locale) e assediato una delle aree
più sviluppate del Mezzogiorno. La mafia e le mafie hanno trovato alimento negli elementi di forte
contraddizione della città: elevata crescita economica e alto tasso di disoccupazione; ricchezza
diffusa e sacche di emarginazione sociale; grande sensibilità democratica e litigiosità politica
esasperata. Solo al Giornale di Sicilia può essere riconosciuto un contributo di conoscenza in più e
un tentativo apprezzabile di rilanciare l’urlo disperato di una madre (“farò i nomi”) e gli appelli del
sindaco e del questore per spezzare l’omertà. Ma, oltre questi sprazzi improvvisi di giornalismo
civile, la cronaca non si è spinta. E anzi ha sottovalutato la mobilitazione e la risposta della società
civile che ha organizzato una fiaccolata per fare sentire la voce dell’altra Vittoria: quella che
respinge il ricatto mafioso e reclama il diritto di vivere nella sua onesta industriosità. Le immagini
della manifestazione sono passati certo nei telegiornali ma come corredo spettacolare. I giornali non
hanno fatto neppure questo, e hanno quasi ignorato il valore della risposta popolare: si sono lette
poche righe anche in quei giornali come il Corriere della Sera che pure avevano seguito, con
puntualità inappuntabile, la cronaca della strage. Ma lo avevano fatto senza memoria, dimenticando
per esempio che sul caso Vittoria c’erano già stati due rapporti degli alti commissari Emanuele De
Francesco (anni Ottanta) e Domenico Sica (anni Novanta) e un’indagine della Commissione
antimafia.
Da tutte queste attività investigative emerge una presenza della mafia a Vittoria fin dagli anni
Sessanta. Il processo di radicamento territoriale e di infiltrazione nel tessuto economico non era
dunque recente ed era stato ricostruito fino all’esplosione della guerra per l’egemonia criminale tra
il gruppo legato a “Cosa nostra” e l’ala più spietata della “stidda”.
I giornali hanno però seguito il filone della cronaca e trascurato, se non addirittura ignorato, tutto
il resto. Hanno cercato di spiegare la stretta relazione tra economia sviluppata e criminalità. E lì si
sono fermati perché non avevano altri strumenti di analisi.
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Il caso dello sciopero dei Tir offre un altro esempio di informazione che si muove tra la
superficialità e lo stereotipo. Per capire che si trattava di un affare serio e gravido di conseguenze
pesanti per l’economia e la vita sociale di milioni di cittadini i giornali hanno impiegato qualche
giorno. Hanno atteso che l’agitazione assumesse forme esasperate e che un’intera regione venisse
messa in ginocchio. Ma le cronache non si sono pressoché occupate delle cause dello sciopero e dei
suoi obiettivi: ottenere concessioni che apparivano semplicemente dei privilegi. E hanno insistito su
alcuni elementi fortemente spettacolari: le code estenuanti davanti alle pompe di benzina, le proteste
degli utenti, il blocco dei collegamenti. Non il fatto ma l’emergenza diventava, nella routine
produttiva dei giornali, l’unico elemento suscettibile di essere trattato secondo i criteri della
notiziabilità.
Il comportamento dei media nei tre casi siciliani rivela in conclusione un limite di fondo.
L’immagine della Sicilia viene rielaborata, interpretata e diffusa attraverso la forma espositiva e il
linguaggio della cronaca. C’è un ricorso costante e massiccio al resoconto stereotipato che ha un
corto respiro informativo e prevale sul giornalismo di approfondimento del quale non si vedono
molte tracce. In una forma paradigmatica l’informazione dalla e sulla Sicilia riflette i caratteri più
diffusi del giornalismo di oggi che non anticipa ma insegue gli eventi, li racconta ma non sa
proporre chiavi interpretative. È un giornalismo senza memoria e privo di strumenti di analisi:
perciò comunica i fatti senza accrescerne il livello di conoscenza. E finisce per trasmettere
un’immagine della Sicilia che, se non è falsa, non è neppure quella reale.
LA SICILIA NELL’ERA DELLE METANEWS
di Guido Fiorito
Al tempo delle televisioni, la filosofia che sottointende la realizzazione del giornale a stampa è
mutata profondamente. Oggi, nelle riunioni quotidiane dei responsabili di settore di ogni redazione,
al Giornale di Sicilia come nelle altre testate, in cui si decide quali argomenti trattare, gran parte
delle notizie è data già per scontata nelle mente dei lettori. Prima dell’esistenza della televisione, la
notizia era sostanzialmente l’annuncio di un fatto ignoto ai più; in secondo luogo il racconto di ciò
che era successo, con la descrizione di tutti i particolari. Oggi, in un giornale cartaceo, il giornalista
svolge spesso un compito che, semplificando, definirei di metanews-making, cioè di produrre
informazione poco nota (metanews) sul tema offerto dalle “novità già note” (news). E’ cresciuta la
cosiddetta informazione di servizio: schede, grafici, riassunti di leggi e di procedure utili per un
lettore che ha sempre meno tempo per leggere un giornale in concorrenza con televisioni e
computer. Anche queste sono metanews: informazione di informazione.
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Rimangono, quasi tutte in ambito locale, una serie di news esclusive, che vengono dal giornale
trattate con il metodo tradizionale, e cioè annunciate e raccontate. Ma se si pesa la quantità
d’informazione totale prodotta da un giornale stampato, le metanews oggi superano di gran lunga le
news. E d’altra parte cos’è internet se non una gigantesca rete di metanews? Il rischio è che nei
media, a furia di guardare al mondo delle metanews, si perda completamente la strada che porta alle
news. E se la produzione di news fosse delegata solo a fonti ufficiali il pericolo per la democrazia
sarebbe grande. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano. Inoltre, resta aperto il tema
dell’ordinaria confusione tra news e metanews, che si ridurrebbe se ciascun articolo rivelasse la
propria fonte (o fonti): ciò succede di rado, talvolta non è facile da realizzare per i tempi stretti di
produzione di un quotidiano, e, in qualche caso, per mantenere segreto l’informatore, non è
addirittura possibile.
Addentrarsi nell’immagine della Sicilia nella stampa quotidiana significa occuparsi soprattutto di
metanews. Produrre questi studi (che sono meta-metanews), operando come egregiamente è stato
fatto con strumenti sociologici e semiotici nella prima parte della ricerca, fa luce sulle visioni che i
media cartacei trasmettono, più o meno consapevolmente, contribuendo alla concezione del mondo
che elabora ciascun lettore. La strage di Vittoria, l’elezione di Capodicasa e lo sciopero dei Tir, i
tre avvenimenti scelti per la seconda parte della ricerca, sono fatti eclatanti, lanciati in tempo reale
da radio e soprattutto tv, ed erano già noti alla gran parte dei lettori quando questi prendevano in
mano il giornale.
Nell’esaminare le notizie, i giornalisti ricoprono un ruolo in cui scartano quelle non considerate
interessanti (Kurt Lewin: il redattore come gatekeeper, colui che apre o chiude la porta ad una
informazione) e valutano lo spazio da destinare a quelle ammesse alla pubblicazione. Quando si
tratta di occuparsi di news già note, quindi di produrre metanews, il ruolo del giornalista diventa
maggiormente attivo, viene rafforzato il carattere intellettuale della sua opera e le scelte tengono
conto con maggior forza della linea politico-culturale del giornale.
Ciò è verificabile sulle pagine del Giornale di Sicilia, il mio giornale, per esempio riguardo alla
strage di Vittoria che occupò il titolo di apertura della prima pagina per quattro giorni di seguito. La
ricerca e produzione di metanews seguì le seguenti direzioni: la rottura dell’omertà; l’insufficienza
di uomini e mezzi nella lotta alla mafia e la reazione dello stato; l’immagine della Sicilia dopo la
strage. Il primo giorno, l’edizione del 3 gennaio 1999, la prima pagina apre con il fatto e l’unico
sottotitolo è dedicato al tema della rottura dell’omertà: “L’urlo di una madre:/Farò io i nomi”. Il
giorno successivo, il titolo di apertura del giornale in prima pagina è: “Caccia ai killer/spuntano i
testimoni”. Poco sotto un articolo di fondo di Ettore Serio dal titolo “Il coraggio/contro l’omertà”.
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Quanto all’immagine della Sicilia, nei giorni seguenti, il Giornale di Sicilia ospiterà due interviste
di tono opposto. Il fotografo Oliviero Toscani sosterrà che l’immagine resta negativa: “Voi tendete
sempre a giustificare tutto, invece dovreste essere voi a combattere la mafia sul serio”. Michelle
Padovani, autrice di un libro-intervista a Giovanni Falcone, sosterrà, al contrario: “E’ pazzesco
affermare che in Sicilia niente è cambiato”.
Nello studiare come si forma l’immagine della Sicilia va guardato il punto di osservazione. Ciò
provoca differenti contenuti della parola Sicilia: chi guarda dall’esterno, tende a vedere l’isola come
una monade, un oggetto indivisibile; chi la guarda dall’interno, tende a rappresentarla come
l’insieme dei suoi abitanti. Dall’esterno si cerca l’immagine della Sicilia o, se volete, del Siciliano
(un concetto astratto); dall’interno quella dei siciliani. Nel primo caso il rischio è che la visione sia
manichea, dove “tutto è male” prevale spesso su “tutto è bene”. Chi sta nell’isola vede invece la
Sicilia come l’insieme di immagini diverse di tante persone e quindi tende a promuovere, o
comunque a cercare, la parte buona dei siciliani. Qui il rischio è, al contrario, di far prevalere
un’immagine tutta positiva, altrettanto falsa di quella totalmente negativa. Ancora dall’intervista di
Toscani: “A Corleone ho lavorato con persone serie, tante. Ragazzi fantastici, esemplari, solo che
quando si vive nella spazzatura ci si sporca e loro sono attorniati da spazzatura”. La tesi è che
siccome in Sicilia esiste la mafia, ma anche un’”architettura sbagliata” e “progetti sbagliati”, il
siciliano non possa che essere contagiato dal morbo. La visione dall’interno dell’Isola, così come
emerge anche dalle pagine del Giornale di Sicilia nel caso della strage di Vittoria, è al contrario che
il morbo esista ma che non tutti siano i contagiati. Così, nell’edizione del 9 gennaio, il “Giornale di
Sicilia”, come altri quotidiani, può descrivere la grande fiaccolata a Vittoria contro la mafia con
“una partecipazione oltre le aspettative” e gli umori contraddittori dei familiari delle due vittime
innocenti del massacro, semplificati in un occhiello dalle frasi: “La violenza non uccide la
speranza” e “Forse la gente non cambierà le cose”.
Tra la visione pessimistica espressa dal principe di Salina al piemontese Chevalley ne “Il
Gattopardo” (“I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere
perfetti”) e la profezia ottimistica non realizzata dello scrittore René Bazin in visita in Sicilia nel
1891 (“Si potrà intuire cosa sia la mafia nella vita siciliana: un tratto di antichi costumi, una forma
romanzesca della criminalità, ancora viva, già meno comune, destinata probabilmente a scomparire
come il grande brigantaggio”) c’è oggi una realtà siciliana che è compito dei media raccontare ogni
giorno senza pregiudizi. Ci siamo riusciti? Ricerche puntuali come questa sull’immagine, o meglio
le immagini, della Sicilia ci aiutano a capirlo.
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L'ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE:
DALL'ARTICOLO ALLA SCENEGGIATURA
di Marco Centorrino
Il lavoro di ricerca proposto in questo capitolo, prende spunto da una prima constatazione. L'ipotesi
di partenza, infatti, consisteva nel verificare le differenze nella rappresentazione dell'elezione di
Angelo Capodicasa a presidente della Regione siciliana, tra la stampa nazionale e quella locale.
Terminata la raccolta dei materiali, tuttavia, ci si è accorti come l'enorme squilibrio quantitativo tra
gli organi d'informazione siciliani e quelli d'oltre Stretto rendeva impossibile questo tipo di lavoro.
Tutto ciò, quindi, ancor prima di addentrarsi nella ricerca, può suggerire una riflessione sulla
tematica della "notiziabilità" di eventi politici. L'analisi, ovviamente, va riferita al 1998 - al periodo,
cioè, su cui si concentra la nostra osservazione - anche se, in generale, riteniamo che il panorama
abbia subito negli anni successivi delle variazioni limitate.
Gli Enti "periferici" rispetto alle istituzioni politiche più importanti, infatti, sembrano assumere
un'importanza assolutamente relativa nell'agenda della stampa quotidiana nazionale. Nonostante
essi vengano sovente indicati - il caso dell'Ars è emblematico - come laboratori politici, riescono a
varcare la soglia della "notiziabilità" nazionale solo in chiave di cronaca senza che ciò, almeno nel
caso preso in esame, consenta di portare alla ribalta leader locali o tematiche di respiro meno ampio.
Quanto detto - ma qui, è bene sottolinearlo, ci muoviamo puramente nel campo delle riflessioni, non
avallate da alcun dato scientifico - è indicativo, ad esempio, nel momento in cui i riflettori sono
accesi sulla tematica della devolution. Nella realtà mediatica, in base a quanto argomentato, anche
tale dibattito - facendo sempre riferimento alla rappresentazione della stampa nazionale - viene
decontestualizzato, a dimostrazione di due livelli d'interesse differente riguardo a ciò che viene
discusso nei palazzi della politica e quello che, invece, viene dibattuto nei Palazzi per antonomasia
(Camera e Senato) e dai leader nazionalmente riconosciuti. La discussione locale o regionale, in
altre parole, assume una valenza esclusivamente quando approda a Roma o nel momento in cui
viene veicolata da attori politici di primissimo livello. Ciò può sembrare perfettamente logico, ma -
a nostro avviso - il meccanismo finisce con l'influire fortemente sui contenuti. La
"nazionalizzazione" dell'argomento, in altri termini, comporta un lavoro di packaging, di
sincretismo, di omogeneizzazione che provoca la perdita dei significati originari. In questo contesto,
le pagine di cronaca cittadina che negli ultimi anni i maggiori quotidiani hanno deciso di inserire
nelle proprie edizioni (La Repubblica è, probabilmente, l'esempio più calzante) sono uno strumento
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utile per correggere il circolo vizioso al quale si è accennato, pur se vanno tenuti presenti alcuni
limiti, come, paradossalmente, l'eccessivo livello di localizzazione delle iniziative, che finisce per
renderle poco competitive fuori dalla città di riferimento. Per soffermarci sull'esperienza siciliana de
La Repubblica, possiamo notare come l'edizione palermitana tratti solo marginalmente le realtà
orientali dell'isola, quasi a riproporre ad un livello micro la problematica sulla soglia della
"notiziabilità" regionale-locale. Non si riesce a trovare, insomma, un giusto punto di equilibrio, in
grado di distribuire equamente le fonti d'informazione.
La ricerca proposta, pur se - come detto - non sarà incentrata su questo punto di vista, presenta
comunque - vedremo successivamente - degli spunti riferibili a questa premessa.
Al di là della disamina inerente la differenziazione tra locale e nazionale, si è deciso di procedere
nell'analisi della rappresentazione dell'evento, prendendo come punto di riferimento essenzialmente
le maggiori testate siciliane (Giornale di Sicilia, La Repubblica edizione di Palermo, La Sicilia).
L'elezione di Capodicasa, primo presidente dei Ds all'Ars, avvenuta nel novembre 1998, infatti si
presta, in ogni caso, ad una serie di importanti verifiche, visto che costituisce uno degli ultimi atti
politici ispirati al vecchio sistema elettorale. E, considerato che alcuni dei componenti dello staff di
ricerca che hanno dato vita a questo lavoro, si erano precedentemente concentrati sulla
rappresentazione delle elezioni dirette dei sindaci di Palermo, Catania e Messina, avvenute
pressoché nello stesso periodo, l'approdo dell'osservazione può essere costituito proprio da un
paragone tra il comportamento mediatico di fronte ad un appuntamento che coinvolge la
cittadinanza in prima persona ed un altro che, invece, la riguarda solo indirettamente, visto che la
nomina di Capodicasa viene stabilita esclusivamente dall'Assemblea regionale.
I MEDIA E LA POLIS
Tra la fine del '97 e l'estate del '98, come anticipato, gran parte degli elettori siciliani vennero
chiamati alle urne per il rinnovo, tra l'altro, delle amministrazioni comunali. La rappresentazione
delle consultazioni a Palermo, Catania e Messina, operata dai maggiori quotidiani regionali, venne
monitorata (Carzo, 2001), principalmente con una tecnica di analisi testuale computerizzata29.
Nella fase centrale dello studio, si indagò sul come e quanto i giornali avessero trattato determinate
tematiche (dalla politica, all'economia, ai problemi locali). Ne emerse un quadro sostanzialmente in
controtendenza rispetto ai modelli di americanizzazione della politica italiana, che sembravano
essersi affermati con la discesa in campo di Berlusconi nel '94 (Abruzzese, 1994; Mancini, 1996;
Mazzoleni, 1998; Bentivegna, 2001). Pochissimi gli spazi per la personalizzazione della
consultazione, molti di più quelli dedicati al dibattito politico con risvolti nazionali (in particolare, 29 Dal punto di vista metodologico, si è cercato soprattutto di affinare una tecnica quali-quantitativa. Per un approfondimento su tale tematica, si veda Trobia (2001)
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sulla creazione del terzo polo). Una rappresentazione sostanzialmente piatta, più simile a un
monologo che ad una recita vera e propria, dove il preannunciato confronto diretto tra i candidati30
scompariva. Un quadro diametralmente opposto rispetto alla diffusa convinzione di una
comunicazione politica che pervasivamente attraverso i media e la rete modifica atteggiamenti e
comportamenti di voto31.
Uno dei dati - a nostro giudizio - maggiormente rilevanti di quella ricerca scaturì da un'ulteriore
analisi delle categorie individuate. All'interno dei corpus testuali, infatti, le parole chiave che
delineavano tali insiemi risultavano sempre ben distanti dai nomi degli aspiranti alla sindacatura.
Tutto ciò portò alla conclusione che i veri 'attori' di quelle campagne furono proprio i giornali, i
quali non sembrarono limitarsi semplicemente a uno schema di agenda setting32, cercando di
orientare il dibattito e di coinvolgere nella discussione l'Opinione pubblica. Furono, infatti, gli stessi
media a porre le domande ed a fornire le relative risposte, relegando i candidati sullo sfondo e
limitandosi quasi esclusivamente ad appuntare date e luoghi dei comizi in cui questi ultimi erano
coinvolti.
Un secondo risultato degno di attenzione, è quello relativo proprio al rapporto fra
politica e giornali. Si è parlato, in questo caso, di una sorta di circuito metamediatico,
nel quale i giornali parlano dei politici che parlano dei giornali. La tendenza rilevata è
quella per cui i quotidiani si occupano 'in prima persona' di stabilire e discutere i temi e i
problemi della campagna elettorale, occupandosi dei candidati a livello delle loro
strategie comunicative (i movimenti, i comizi, le 'apparizioni' per le vie della città) e
delle loro 'biografie'. Così, temi importanti quali il lavoro, l'economia e soprattutto i
problemi locali (traffico, territorio, cultura) o passano in secondo piano ovvero vengono
trattati direttamente dai quotidiani senza passare per i politici (locali). (Carzo, 2001,
141).
Un panorama, come vedremo, abbastanza lontano dalla rappresentazione - ben più romanzata - di
quanto accaduto alcuni mesi dopo all'Ars, che, tuttavia, presenta un importante punto di contatto: la
nazionalizzazione della politica nella rappresentazione giornalistica, evidentemente specchio di un
sistema in cui, contrariamente a quanto veniva previsto negli anni '90, i candidati - le elezioni
amministrative siciliane del 2003 costituiscono un ulteriore esempio - finiscono sempre con l'essere
30 A margine della ricerca sulle tematiche, venne anche eseguita una verifica sul rispetto della par condicio. Si notò così come, in tutte e tre le città prese in esame (Palermo, Catania e Messina), gli articoli in cui erano coinvolti direttamente i candidati facevano essenzialmente riferimento solo ai principali esponenti del centrodestra e del centrosinistra, mentre agli schieramenti minori erano dedicati spazi ridotti. 31 Tale tesi sembra trovare riscontro anche in altri studi effettuati in Italia. A tal proposito si veda, ad esempio, Bechelloni e Sorrentino (1997) 32 Sull'argomento si veda, tra gli altri, Shaw (1979)
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scelti nelle segreterie romane e agiscono come diretta emanazione del partito. Lo schema del leader,
preminente rispetto alla sigla, sembra quindi arenarsi o, per lo meno, ridursi alla figura di un leader
nazionale, senza trovare un'applicazione localistica significativa.
IL MODELLO DEL CORO
La metodologia adottata prende spunto dal modello socio-semiotico disegnato da Landowski
(1989), per indagare sull'identità degli attori che si distribuiscono nello spazio scenico della politica.
L'autore francese, nel proprio lavoro, ha usato lo schema del teatro greco come punto di riferimento.
Nei teatri greci, infatti, tra il logheion (dove recitano gli attori) e il koilon (dove sono stipati gli
spettatori) vi è la zona dell’orchestra (dove generalmente viene situato il coro). Tale posizione
scenografica intermedia rispecchia la funzione di mediazione esercitata dal coro all’interno della
rappresentazione tragica: da un lato, come gli spettatori, il coro osserva e commenta quel che
accade sulla scena; da un altro lato, come gli attori, pur senza vivere le peripezie tragiche in prima
persona, partecipa all’azione scenica spesso determinandone lo svolgimento. Il coro è
(relativamente) attivo agli occhi degli spettatori, che assistono alle sue perfomances, ma
(relativamente) passivo rispetto agli attori veri e propri, che vengono osservati da esso; è
personaggio pur senza essere eroe, testimone senza essere spettatore.
Il coro assume insomma nella rappresentazione tragica antica un ruolo molto simile a
quello che viene svolto, all’interno della struttura narrativa profonda, dall’attante detto
Destinante, figura che, all’inizio della storia, fornisce al soggetto-eroe i valori mediante
i quali agire e, alla fine, giudica il suo operato sulla base di quegli stessi valori.
(Marrone, 2002: 66)
Ma se questa funzione di manipolazione e di sanzione esercitata dal coro è resa possibile, è perché
al suo interno si staglia un personaggio che prende la parola per lui: il corifeo. È grazie al corifeo
che, da un lato, gli spettatori vengono edotti su quel che accade sulla scena e, dall’altro, gli eroi
tragici vengono informati di quel che il pubblico pensa del loro operato.
Per Landowski, lo scenario politico è strutturato in maniera pressoché similare: tra governanti
(attori) e governati (pubblico), si pone l'Opinione pubblica:
Pur senza identificarsi né con i governanti né i governati, l’Opinione pubblica è – nel
discorso politico e sulla politica – una specie di personaggio fittizio che fa conoscere
agli uni le esigenze del pubblico e al contempo spiega agli altri il significato delle azioni
della classe politica. (Marrone, 2002: 67)
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Su un livello ipotetico-deduttivo l'impianto appena descritto sembra di facile applicazione. Tuttavia,
vanno presi in attenta considerazione i contesti ai quali si fa riferimento. Già nella ricerca sulle
elezioni amministrative siciliane del '97-'98, ad esempio, appariva chiaro - al di là dell'assenza di
confronto diretto tra i candidati - come il pubblico rimanesse estraneo al dibattito. Era, ovviamente,
destinatario della narrazione, ispirata a sua volta alle mosse degli 'attori-candidati'. Tuttavia, l'analisi
dei contenuti ha rivelato come il vero 'copione' della rappresentazione scaturisse dall'opera di
mediazione, che non vedeva direttamente coinvolto un oggetto di natura "immaginaria" quale
l'Opinione pubblica, bensì i mass-media in prima persona. Tant'è che in più di un'occasione, l'unico
confronto diretto che si registrò fu quello tra i candidati e le testate locali.
Nella ricerca sulla nomina di Capodicasa, quindi, l'elemento dell'Opinione pubblica viene sostituito
dal "soggetto mass-media", interpretato nella doppia veste di corifeo e regista, ferme restando le
posizioni degli attori e degli spettatori. Tutto ciò, naturalmente, richiama la problematica del
rapporto di forza tra attori politici e mezzi di comunicazione, riaprendo il dilemma del 'chi riesce a
controllare chi?'. Rimanendo all'interno della metafora utilizzata, il corifeo è realmente in grado di
indirizzare totalmente quanto avviene sul palcoscenico? Veste contemporaneamente, cioè, anche le
vesti di regista?
Una risposta a questi interrogativi può venire dal lavoro di Ralph Negrine (1994), che ha esaminato
la relazione tra politica e mezzi di comunicazione in Gran Bretagna. In particolare, Negrine si
sofferma sugli aspetti simbiotici di tale rapporto. Lo studioso inglese ribadisce l'idea che il rapporto
tra media e politica è indispensabile per entrambi: ognuno “sfama” l'altro; ognuno informa l'altro e
le azioni di entrambi fanno parte di una strategia comune. In questo quadro, però, i media sono
comunque in grado di agire autonomamente, proprio perché lo squilibrio relazionale è a loro
vantaggio. Se la simbiosi s'interrompe, in sostanza, ad avere la peggio generalmente sono i politici.
Ciò viene enunciato esclusivamente a livello teorico, perché dal punto di vista pratico tale
interruzione si verifica assai raramente. E quando un giornale o un'emittente televisiva cessa di
avere rapporti con un determinato gruppo politico, ciò significa che contemporaneamente si è
avvicinata ad un'altra fazione e lo schema, quindi, rimane immutato. E' anche vero, però, che in
caso di contrasto i media sono pronti a fare valere il loro maggiore 'peso'. Sempre con riferimento al
panorama britannico - per citare uno degli esempi meno conosciuti - si pensi a quanto accaduto nel
1982, quando Lady Diana venne fotografata in bikini, alle Bahamas, durante la gravidanza. La
Famiglia Reale si ribellò, definendo 'di pessimo gusto' la scelta degli editori del Sun e del Daily
Star, che avevano pubblicato quelle foto. La Regina convocò addirittura un incontro con i
responsabili dei giornali, per chiedere maggiore rispetto. L'editore del Sun, tuttavia, rifiutò di
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partecipare alla riunione e, anzi, quando il suo giornale “si scusò” per l'accaduto, ripubblicò le
fotografie incriminate, sotto un titolo ironico: 'Non lo faremo più!'.
IL "COPIONE" DELLA NOMINA DI CAPODICASA
Iniziamo, quindi, a riorganizzare il materiale inerente la rappresentazione della crisi all'Ars, raccolto
attraverso una rassegna stampa nell'arco di venti giorni, che ha riguardato tre testate regionali
(Giornale di Sicilia, Repubblica Palermo e La Sicilia) e quattro nazionali (Il Giornale, La Stampa, Il
Sole 24 Ore e La Repubblica)33. Destrutturando titoli e articoli, abbiamo organizzato un testo
narrativo.
L'ANTEFATTO: "Il ciclone Udr 'ribalta' le giunte regionali" (S24O, 06/11/98).
La causa scatenante che porta alla caduta del precedente Governo regionale, interessa anche
alcuni organi d'informazione nazionale, tant'è che la rassegna si apre proprio con un articolo de Il
Sole 24 Ore. Tale interesse, tuttavia, andrà scemando nei giorni seguenti, quando la parte
dominante verrà rivestita proprio dai giornali regionali.
La Sicilia è la prima regione dove si è registrata la crisi, dovuta ad un disimpegno dell'Udr dalle
giunte di centrodestra. Tutto ciò viene spiegato agli spettatori da più voci, così come verificheremo
in tutto il resto della narrazione. Il coro e gli attori si dividono la scena, tracciando tra loro un'ideale
linea di demarcazione contrassegnata dal discorso virgolettato (le battute degli attori). Tale
considerazione, naturalmente, si presta ad un'osservazione di fondo, dato che, in pratica, le battute
degli attori politici risultano comunque mediate dai giornalisti. Tuttavia, dato che il nostro obiettivo
è puntato non sulla comunicazione politica, bensì sulla rappresentazione che di essa viene offerta al
pubblico, assumiamo come valido tale distinguo, ritenendo che la differenziazione tra il "parlato"
del coro e quello degli attori venga recepita dagli stessi spettatori (lettori) nella fase di encoding
proprio attraverso il virgolettato:
Lo scorso mese, infatti, il cossighiano Giuseppe Drago (ex Ccd) si è dimesso da
presidente della giunta. E proprio in questi giorni è entrata nel vivo la trattativa tra i
vertici regionali di Udr e Centro-sinistra per dar vita alla nuova giunta. Si lavora per
realizzare anche nell'isola un esecutivo modellato sulla maggioranza che sostiene a
Roma il governo D'Alema. L'Udr, che con i suoi 16 deputati sarebbe il partito di
maggioranza relativa della costituenda coalizione, rivendica per l'uscente Drago la
presidenza della Regione, ma dal Centro-sinistra chiedono «segnali; di discontinuità
rispetto al passato» (S24O, 06/11/98).
33 I quotidiani vengono indicati con le seguenti sigle: GDS= Giornale di Sicilia; RP= La Repubblica edizione di Palermo; LS= La Sicilia; ST= La Stampa; IG= Il Giornale; S24O= Il Sole 24 Ore; RN= La Repubblica edizione nazionale.
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Il primo personaggio ad entrare in scena è Massimo Grillo, coordinatore siciliano del partito. La sua
posizione appare determinante, sin dalla prima battuta:
«Non soltanto siamo il partito con più parlamentari regionali della nuova maggioranza,
ma in questa fase di bipolarismo imperfetto riteniamo di non dovere dare troppa
visibilità alle sinistre» (S24O, 06/11/98).
Angelo Sanza, responsabile per gli Enti locali dell'Udr, allarga il quadro e ne puntualizza ancora
meglio i contenuti:
«Ma in Sicilia l'approdo a un Centro-sinistra sembra inevitabile. Li però la situazione è
diversa. Il sistema elettorale per la Regione siciliana è di tipo proporzionale, per cui
parlare di ribaltoni sarebbe del tutto fuori luogo. In Sicilia, poi, ci sono state elezioni da
poco e noi dobbiamo assicurare un governo forte e duraturo» (S24O, 06/11/98).
Lentamente fanno il proprio ingresso sul palcoscenico anche nuovi personaggi, alcuni dei quali
reciteranno da semplici comparse, mentre altri finiranno con il rivestire il ruolo di protagonisti. La
soluzione finale, tra l'altro, viene anticipata immediatamente dal coro, ma il nome di Capodicasa,
dopo una rapida apparizione, rimarrà "congelato" per lungo tempo.
Già perché, alla fine, ad una presidenza diessina potrebbe dare il via libera anche
Giuseppe Drago, Nel caso in cui il suo partito decidesse di tenerlo in panchina e di fare
il pieno di assessorati (RP, 07/11/98).
In questo momento, comunque, è sempre Grillo a dettare le prime regole del gioco. E' lui ad avere
in mano - almeno in apparenza - le sorti della crisi:
«Se non ci sono le condizioni per trovare un'intesa sul miglior nome che possiamo
esprimere tutti insieme, allora si torna alle regole della politica. Cioè alla scelta affidata
ai partiti maggiori» (RP, 07/11/98).
«II progetto dell'Udr è di creare aree moderate distinte dalla sinistra. Non è detto che in
Sicilia si debba procedere a fare un governo fotocopia dì quello nazionale, ma si
possono tentare altre strade per fare divenire la nostra Regione un laboratorio politico. Il
presidente della Regione deve essere scelto da forze politiche siciliane e non da altre»
(LS, 08/11/98).
Accanto a Grillo, anche altri rappresentanti locali del partito, i quali però continuano a osservare da
una posizione defilata dell'"accampamento". Nuccio Cusmano, ad esempio, "alle ventuno risponde
al telefono nella sua abitazione di Sciacca" (GDS, 09/11/98). E' il coro a proporre i nomi dei
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possibili "eroi" ai quali sarà affidato il ripristino degli equilibri iniziali, mentre lui si limita ad
avallarli:
«Noi, in prima battuta, rivendichiamo la presidenza, perché alla Regione siamo stati gli
artefici di una svolta difficile e in questa fase abbiamo bisogno di un'adeguata
rappresentanza». Il nome su cui punta ufficialmente l'Udr è ancora quello del capo della
giunta dimissionario Giuseppe Drago. «Se sorgessero difficoltà, siamo pronti a proporre
un altro nome». Quale? Candidati autorevoli sono Cuffaro, Leanza, D'Andrea e
Manzullo. Ma alla fine, su richiesta del centrosinistra, l'Udr è pure disponibile a cedere
la poltrona: «Se Ds e Popolari reclamassero la presidenza, con motivazioni convincenti,
non ci metteremmo di traverso. Perché abbiamo già stretto un accordo politico, e per
nessuna ragione lo facciamo saltare in aria» (GDS, 09/11/98).
Gli schieramenti sembrano affilare le armi per darsi battaglia. Tuttavia, viene immediatamente
chiarito che non si assisterà ad un singolo conflitto (centrodestra contro centrosinistra), bensì ad uno
scontro più complesso, visto che all'interno delle stesse coalizioni ci sono più "anime":
Se Forza Italia continua a tendere la mano ai cossighiani, dalle parti di An - invece - già
ci si attrezzano per la guerra (RP, 07/11/98).
Da un lato il forzista Gianfranco Miccichè, il quale tenta di ricucire lo strappo, rivolgendosi
indirettamente a Cossiga:
«Mastella e compagni stanno usando Cossiga come utile idiota per liberarsi dagli annosi
e pesanti scheletri, per mezzo di un ipocrita apparentamento a sinistra».
Dall'altro Guido Virzì (An), boccia la nascente alleanza alla Regione definendola "alleanza impura",
bolla i moderati "come fumo nel vento" e invita il presidente della Provincia, Francesco Musotto, ad
«imitare il suo collega dì Messina, Buzzanca, che ha estromesso gli assessori dell'Udr
dalla sua giunta» (RP, 07/11/98).
L'ex minoranza, invece, si trova a fare i conti con i dubbi de La Rete. Orlando - che entra sul
palcoscenico solo per mezzo delle battute recitate dai suoi compagni di partito - si oppone a un
governo copia di quello nazionale: "avrebbe una maggioranza risicata, e sarebbe una tentazione per
i poteri occulti e criminali". Il sindaco di Palermo propone la candidatura alla presidenza di Franco
Piro (GDS, 09/11/98). Di contro:
Piro e Nuccio invitano a non enfatizzare le parole del presidente [del partito, Orlando,
nda]: «Non vuole buttare a mare quanto fatto finora afferma il neocoordinatore
nazionale». Più esplicito il coordinatore regionale Gaspare Nuccio: «Quella di Orlanto è
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una opinione rispettabilissima ma personale. Noi continuiamo a lavorare per dare un
governo alla Regione». (GDS, 09/11/98).
L'antefatto si conclude con la richiesta, inutile, di un intervento esterno per sanare la situazione: "Il
Polo chiede a Scalfaro di fermare i ribaltoni" (IG, 09/11/98).
LA GUERRA COMINCIA: "Maxi-zuffa sul presidente" (RP, 10/11/98)
Ci si avvia alla prima votazione in aula - che causerà la bocciatura di alcuni candidati - ed alla
tematica dei contrasti politici (interni ed esterni), se ne affiancano di nuove.
Le forze in campo, innanzitutto, vengono rappresentate dal coro come giocatori d'azzardo che si
fronteggiano in una partita estenuante e rischiosa. E, così come in ogni gioco, c'è spazio anche per
pronostici e scaramanzie.
Alle cinque del pomeriggio, la sala riunioni del gruppo Ds aII’Ars ha l’aspetto
spiegazzato di una bisca dopo una notte di poker e chemin : Angelo Capodicasa ha la
camicia aperta sul collo, Vladimiro Crisafulli ha la faccia torva e il segretario regionale
Mario Bolognari fa fatica a tenere alto il morale della truppa. E’ il momento cruciale di
questa lunghissima vigilia. (RP, 11/11/98)
Partita a poker con l'Ulivo. «Speriamo che non prendano la proposta come una
provocazione», afferma a mezzogiorno Massimo Grillo, avviandosi all'incontro con
l'Ulivo. (GDS, 12/11/98)
Invero, ieri, al di là delle designazioni fatte e disfatte, la giornata è stata caratterizzata
dalla paura. I candidati probabili, veri o civetta, sapevano che sarebbero andati al
massacro. (LS, 12/11/98)
Giuseppe Drago aveva annunciato: «Stasera, in aula ci arrivo da candidato alla
presidenza della Regione». Non è stato così, ma la sua partita se l'è giocata fino in
fondo. (RP, 12/11/98)
Quando su Palazzo dei Normanni sono già scese le prime ombre della sera, al segretario
diessino Mario Bolognari viene un sospetto: «Che abbia attirato il malocchio? », dice il
professore, che aveva scorto i presagi di un governo di svolta nella data fissata per la
nascita, l'11 novembre, estate di San Martino. S. Martino, niente festa. (GDS, 12/11/98)
la seduta è rinviata a martedì 17, ore 17. Udr e centrosinistra toccano ferro. (GDS,
12/11/98)
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Lo scontro politico (tra e all'interno delle forze politiche), come detto, resta la linea guida, la
tematica di fondo del "romanzo" e in questi giorni si "arricchisce" grazie ai nomi dei papabili "eroi",
i quali "impersonificano" i partiti che rappresentano:
Nel pomeriggio sono cominciate le consultazioni all'interno dell'Udr per il nome da
proporre: Giuseppe D'Andrea e Totò Cuffaro in prima fila. Uno dei due, probabilmente,
si addosserà il compito di gestire il ribaltone di Sicilia. E' Grillo a confermarlo.
«Diciamo che hanno il 40 per cento di possibilità ciascuno - aggiunge il deputato
udierrino Nicolò Nicolosi -. II restante venti per cento lo darei a Vincenzino Leanza».
(GDS, 10/11/98)
[Il segretario regionale di Rifondazione Comunista, Francesco Forgione] annuncia la
sua opposizione a colpi di slogan: «Leanza? A volte ritornano. Cuffaro? E chi lo sposta?
D'Andrea? Le seconde file al potere». (GDS, 12/11/98)
In casa della Quercia serpeggiano le prime delusioni. Forse meglio amarezze. La
delusione, infatti, è conseguenza di inappagate illusioni. E si può veramente credere che
i Ds si erano illusi della malleabilità dell’Udr e degli ex democristiani in genere? Se si,
sarebbero stati ingenui. E poi. dai, anche loro sono alquanto vaccinati. (LS, 10/11/98)
Dietro la porta chiusa il giovane segretario regionale dell'Udr, Massimo Grillo, sta
spiegando agli alleati che lui ha tutte le intenzioni di conservare al suo partito la
presidenza della Regione. E che, probabilmente, potrebbe spendere per quella poltrona i
nomi di Giuseppe D'Andrea, Totò Cuffaro o Vincenzo Leanza. Al di qua della porta, il
neo coordinatore nazionale della Rete, Franco Piro, prima avverte sul fatto che «nel
programma di governo ci sono ancora molte cose da chiarire: a partire dalle riforme
istituzionali», poi intravede ostacoli pressoché insormontabili ad una candidatura
cossighiana per palazzo d'Orleans: «Mi pare chiaro che uno dei requisiti che deve avere
il nuovo presidente è quello di garantire discontinuità con le giunte precedenti». (RP,
10/11/98)
La soluzione finale viene addirittura annunciata dal coro e subito smentita. Tutto ciò alla fine - a
nostro avviso - aggiungerà valenza alla figura di Capodicasa. Proprio perché la sua candidatura
appare improbabile, quando si concretizzerà creerà una sorpresa ancora maggiore:
Insomma il veto di qualche forza minore (i cossuttiani non hanno mai nascosto di
preferire un presidente diessino) potrebbe rilanciare una candidatura del centrosinistra.
In questo caso tornerebbe in ballo Angelo Capodicasa. Ma appare un'ipotesi poco
quotata. (GDS, 10/11/98)
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Sullo sfondo, i tormenti di un protagonista, Massimo Grillo, e del suo partito ("Il mal di pancia tra i
cossighiani di Sicilia", GDS, 10/11/02) che stanno per uscire di scena e per lasciare la ribalta
principale ad altri personaggi e schieramenti, avendo inutilmente cercato un nome che riuscisse ad
incontrare il consenso necessario da parte degli alleati. I dissidi tra le direzioni nazionali dei partiti e
le segreterie regionali riferiti dal coro, tra l'altro, sembrano fare da "scenografia" alle mosse di
Grillo:
«Se i vertici nazionali vogliono imporre una loro soluzione alla crisi, sono pronto a
lasciare il partito». Grillo svela una frattura all'interno dell'Udr: Cardinale e Cusumano
sarebbero disponibili a cedere la Presidenza ai Ds, lui il tormentato Massimo è convinto
che non si debba mollare. «Siamo stati Protagonisti di una svolta, se cedessimo anche la
guida del governo a sinistra cosa racconteremo agli elettori?". Il discorso, in realtà, è più
ampio, e Massimo l'ha anticipato Sabato al congresso della Rete. L'invito è quello «di
giocare la partita della crisi esclusivamente a Palermo». (GDS, 10/11/98)
Grillo, pronto a dimettersi se «a Roma non rispetteranno l'autonomia del partito». (RP,
10/11/98)
Quest'ultimo articolo citato, tra l'altro, è corredato da tre foto che appaiono come un'icona della
situazione. Accanto a Grillo (a sinistra), che ha un'espressione pensierosa, infatti, c'è il raggiante
leader dei Ds siciliani, Mario Bolognari (al centro), e il capo dell'opposizione, Gianfranco Miccichè
(a destra), imbronciato (foto 1).
Foto 1
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La Repubblica edizione di Palermo, 10/11/98
Per il coro è il momento di dedicare a Grillo un ultimo ritratto:
Massimo Grillo, coordinatore siciliano dell'Udr e grande amico del ministro delle Poste
Salvatore Cardinale e del sottosegretario al Tesoro Nuccio Cusumano, sottolinea che
nessuno può sostenere che la crisi l'abbiano aperta loro e quindi di ribaltone non si
tratta. Deputato a Montecitorio dopo una fulminea ascesa in Regione, Grillo è il deus ex
machina di tutta l'operazione e i bene informati assicurano si sia sviluppata a Roma
nelle stanze e nelle circostanze più favorevoli. (ST, 10/11/98)
E' un balletto interminabile, ma a menare le danze sono soprattutto quelli dell'Udr. Il
giovane segretario regionale dei cossighiani, Massimo Grillo, per esempio, ha
cominciato la giornata col piede sbagliato. Era a Roma (dove aveva partecipato alla
riunione del gruppo parlamentare con i big del partito), ma ieri mattina il portiere del
suo albergo si è dimenticato di svegliarlo. Cosi prima di salire sull'aereo che doveva
riportarlo a Palermo, è riuscito a malapena a dire al segretario dei Ds, Mario Bolognari,
che il primo nome proposto dall'Udr era quello di Giuseppe Drago.
La prima mano della partita dunque, durava davvero poco: il tempo per Grillo di sentirsi
dire da tutti gli alleati che «Drago non garantisce la necessaria discontinuità con i
governi precedenti». (RP, 12/11/98)
All'indecisione della futura maggioranza, fanno da contraltare i "dispetti" del Polo, che innanzitutto
cerca di sfruttare la propria posizione sino alla fine ("Ultime poltrone alla corte del Polo. La
morente giunta Drago conferma i manager Asl e vara nomine. RP, 11/11/98) e, poi, cala sul tavolo
le proprie carte facendo saltare il voto. Così, l'appuntamento in aula che appariva decisivo, si
trasforma in un'imboscata - con tanto di vittime - e offre nuovi spunti per la prosecuzione della
narrazione:
Nulla di fatto ieri all'Ars per l'elezione del presidente della Regione: l'astensione in
blocco dei deputati del Polo - in polemica con il «governo del ribaltone» - ha fatto
mancare il quorum dei due terzi necessario perché fosse valida la votazione. (LS,
12/11/98)
L'ecatombe dei candidati eccellenti. Cronaca di dodici ore che hanno diviso, lacerato e
poi ricompattato il centrosinistra siciliano. Cuffaro dice no, D'Andrea si ritira, Spagna
bocciato... (RP, 12/11/98)
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Dalle macerie, tuttavia, compare il nuovo protagonista. Una contromossa che sembra vanificare la
strategia del Polo:
Il nome di Giuseppe Drago viene proposto e bocciato due volte. Quello di Fausto
Spagna resta nell'aria per il breve spazio di una decina di minuti. Totò Cuffaro si ritira
prima di finire nel tritacarne, mentre Giuseppe D'Andrea non riesce ad assaporare
neppure per un attimo l'ebbrezza di sentirsi in corsa per la presidenza della Regione. La
giornata decisiva per la soluzione della crisi divora un candidato a Palazzo d'Orleans
dopo l'altro: fino ad approdare a quello del diessino Angelo Capodicasa. (RP, 12/11/98)
«Pensavo fosse difficile, certo non fino a questo punto» osserva Bolognari. Il quale
assieme ai leader degli altri partiti del centro sinistra, si è visto costretto a bocciare due
candidati alla presidenza (Giuseppe Drago e Fausto Spagna) ed ha assistito a distanza
alla rinuncia di un terzo, il più accreditato nel pomeriggio: Totò Cuffaro. Fino
all'epilogo al fotofinish, il ritorno di fiamma del presidente uscente Drago fra lo stupore
dei volti dell'Ulivo. La votazione notturna sul nome del diessino Capodicasa. (GDS,
12/11/98)
Per Nuccio [La Rete] la presidenza-Capodicasa è «la migliore per un governo di svolta
che punti alla riforma». (GDS, 12/11/98)
Il finale è tutto per Angelo Capodicasa, al quale il viene dedicato un "primo piano" in cui, oltre a
ricostruirne la carriera politica, si cerca di offrire al pubblico anche qualche retroscena della sua vita
privata (vengono pure pubblicate le prime foto, recuperate in archivio):
Angelo Capodicasa è nato a Joppolo Giancaxio, in provincia di Agrigento, il 9
novembre del 1949. Ha conseguito il diploma di maturità classica ed è iscritto
all'Università, alla facoltà di Lettere e Filosofia. È un grande appassionato di calcio:
tanto da essere soprannominato l'"Antognoni" di Joppolo. (GDS, 12/11/98)
Dal corifeo, tuttavia, non sembra levarsi esclusivamente il racconto e la spiegazione degli eventi,
ma - direttamente e indirettamente - c'è anche una presa di coscienza sugli eventi che si susseguono.
Il coro, insomma, comincia a valutare ciò che sta accadendo. Giudizi e commenti si riscontrano,
innanzitutto, nella lettura degli editoriali:
Ma la richiesta più pressante per lo sviluppo economico [della Sicilia] non riguarda
l'infrastrutturazione, la sicurezza, la fiscalità di vantaggio, la sburocratizzazione, la
maggiore flessibilità salariale o l'innovazione tecnologica. Tutti interventi fondamentali!
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No Niente di tutto questo. La innovazione più importante che va portata avanti è quella
che porta alla stabilità dei governi. (GDS, 10/11/98)
Mi fermo qui. Ho voluto dire soltanto che quando si fanno le riforme esse andrebbero
meditate un po' meglio e la loro stesura andrebbe sottoposta preliminarmente ad un
comitato di esperti, fermo restando la facoltà del potere politico di decidere in un senso
o nell'altro. In fondo non si tratta di una qualsiasi legge che, magari scritta in maniera
sbagliata, può essere modificata il giorno dopo. (LS, 11/11/98)
Viene, altresì, dato risalto agli appelli di gruppi e associazioni, "spettatori privilegiati" di quanto sta
accadendo e rappresentanti dell'intera platea, ai quali - secondo il modello habermassiano - viene
dato accesso alla sfera pubblica:
Hanno preso carta e penna, hanno messo in campo la loro statura culturale e hanno
chiesto alla Regione di voltare pagina sulla gestione dei beni culturali, scegliendo un
assessore all'altezza. Vincenzo Consolo, Gioacchino Lanza, Vittorio Alliata, Ludovico
Correo e altri intellettuali, imprenditori e amministratori siciliani hanno rivolto un
appello al ministro dei Beni culturali, al presidente dell'Ars e a tutti i partiti politici
affinché per il nuovo governo regionaIe sia scelto un assessore in grado di avviare una
profonda riforma della politica culturale. (RP, 10/11/98)
[I sindacati confederali] prendono atto del «fallimento della formula di centrodestra» e
chiedono un «esecutivo di svolta, in grado di aprire la stagione delle riforme». (GDS,
11/11/98)
Riforme, scende in campo l'associazione dei Comuni. L'Anci Sicilia ha invitato tutti i
Comuni dell'isola a sottoscrivere la petizione promossa da Cia, Coldiretti e dalle forze
sindacali regionali per chiedere all'Ars e al parlamento nazionale la modifica dello
Statuto della Regione Siciliana introducendo l'elezione diretta del presidente della
Regione. (GDS, 11/11/98)
Infine, i giudizi compaiono tra le righe degli articoli di cronaca:
Palermo abbandona del tutto, l’ultima parola spetta davvero a Roma. In ossequio
all’autonomia... (RP, 11/11/98)
Il ministro Cardinale si lancia invece in un sibillino: «La politica non è un circo!».
Quello che sta avvenendo nella "sua" Sicilia, però, lo ricorda parecchio. II consiglio
regionale va alla nottata della sarabanda finale. Quando, al circo, escono fuori i clown.
(IG, 12/11/98)
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Il resto, come diceva una volta Costanzo, è vita. Anzi lo sarebbe. A Palazzo dei
Normanni, purtroppo, non c'è neanche questa. (LS, 12/11/98)
Si può notare, però, come il coro non rivesta pienamente il ruolo del destinante (ovvero di colui il
quale attribuisce i valori all'inizio della storia e giudica la fine della narrazione stessa proprio in
base a quei valori). Le critiche, non sembrano avere un obiettivo, ma piovono indifferentemente sui
due schieramenti. Non ci sono attori particolarmente sgraditi: è la recita nel suo complesso a destare
perplessità. Gli interventi, da un lato, appaiono come una richiesta di accelerare il ritmo, di alzare il
livello delle battute; dall'altro, costituiscono un invito al pubblico a non assopirsi, contribuiscono ad
aumentarne le aspettative che gli attori dovranno soddisfare.
LA COMPARSA DELL'EROE: "L'accordo c'è, e reggerà..." (RP, 13/11/98)
Si registra un piccolo salto narrativo, legato ad una problematica tecnica: l'accordo sul nome di
Capodicasa giunge nella nottata di giorno 11. Giorno 12, come visto, i quotidiani riescono,
eccezion fatta per il Giornale di Sicilia, a riportare solo gli esiti delle prime votazioni. Il 13 la
notizia è ormai "vecchia" e quindi, soprattutto nei titoli, ci si concentra soprattutto sui commenti.
La definitiva entrata sulla scena dell'"eroe" fa intravedere una possibile soluzione della vicenda. Per
Capodicasa arriva anche l'"investitura degli Dei romani", anche se occorrerà superare gli ultimi
ostacoli i quali - seguendo il filo conduttore della narrazione - sono sia interni, che esterni alla
coalizione.
Innanzitutto, però, va in scena l'ingresso dell'"eroe" ed è soprattutto il coro ad occuparsene:
Forse è un risarcimento della Storia. Angelo Capodicasa, cinque anni fa, rompeva con
Botteghe Oscure per far passare in Sicilia il primo governo di centrosinistra, sotto la
guida di Pippo Campione. Oggi Capodicasa attende di diventare il primo comunista a
Palazzo d'Orleans. Lui, il diessino di Joppolo Giancaxio, uomo di partito all'antica e
grande mediatore, ricorda le sofferenze di allora e le piccole soddisfazioni di oggi. […]
Nella prima intervista da candidato ufficiale alla presidenza (se da oggi a martedì,
giorno del voto d'Aula, non ci saranno altri scossoni nella maggioranza), il diessino coi
baffi - come D'Alema: fin troppi gliel'hanno fatto notare - invita il Polo al dialogo
proprio sulle riforme, parla del risanamento dei conti come obiettivo prioritario. (GDS,
13/11/98)
Un "eroe popolare", alla "portata di tutti", che - nelle foto del giorno (foto 2) - non appare in giacca
e cravatta, bensì in calzoncini e maglietta da calcio, seduto in panchina.
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Foto 2
Giornale di Sicilia, 13/11/98
Ma, soprattutto, secondo il coro occorre ribadire come egli agisca, a livello terreno, con il placet
delle "divinità":
nel suo studio, ieri mattina, ha squillato spesso il telefono. Ed è arrivato
l'incoraggiamento dei vertici dei Ds, da quel Pietro Folena al quale succedette sulla
poltrona di segretario regionale, al presidente della Camera Luciano Violante: «Adesso
fate le riforme». (GDS, 13/11/98)
Uno dei primi a telefonare per fargli gli auguri è stato Luciano Violante. Subito dopo,
sono arrivati i complimenti di Pietro Folena. Il primo giorno da candidato alla
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presidenza della Regione, per Angelo Capodicasa è cominciata con telefonate che
suonano come assicurazioni romane sulla tenuta del patto firmato a Palermo. Quanto
basta perché, davanti al primo caffè della giornata, lui mostri ottimismo sulla
dell'accordo fino a martedì prossimo, giorno in cui l'Ars dovrebbe eleggerlo alla guida
di Palazzo d'Orleans. (RP, 13/11/98)
Gli antagonisti (soprattutto quelli appartenenti allo schieramento del Polo), però, non si danno per
vinti e in primo luogo lanciano i propri strali e sembrano preparasi in vista dello scontro finale:
«Udr e Ds? Mi fanno un po' pena: i loro rappresentanti dovranno spiegare ai figli di
avere tradito un'ideale in cambio di un tozzo di potere». Gianfranco Miccichè,
coordinatore regionale di Forza Italia esprime tutta la sua rabbia per il ribaltone di
Sicilia. «[…] Noi facciamo politica. E denunciamo un governo non voluto dalla gente.
Un vero ribaltone, perché almeno al Parlamento nazionale l'Ulivo aveva vinto le
elezioni A Roma solo l'Udr ha tradito, qui è diverso. È molto peggio». (GDS, 13/11/98)
In serata il coordinatore di An Guido Lo Porto prende carta e penna per dire che «siamo
ancora in tempo per impedire il governo fotocopia e per costituire un forte patto per la
Sicilia». Speranze affidate a un'ultima scialuppa di salvataggio: ma il timone è ormai
passato di mano. (RP, 13/11/98)
Resta lì, Drago, messo di traverso sulla strada del governo-fotocopia. confortato dalla
telefonata mattutina di Leoluca Orlando, dal sostegno (pare) anche di Enzo Bianco,
dall'appoggio dichiarato del forzista Gianfranco Micciché (GDS, 13/11/98)
Drago, dunque, ci prova. Prima ha mandato messaggi al Polo, poi fatto il diavolo a
quattro nel gruppo parlamentare dell'Udr per impedire una candidatura alternativa alla
sua, adesso agita il fantasma degli "arrabbiati" dell'Udr che potrebbero far saltare
l'accordo già raggiunto sul nome di Capodicasa. […] Drago, dunque, lancia l'ultimo
assalto: ma rischia di voltarsi indietro e non trovare più le truppe. (RP, 13/11/98)
I contrasti interni, che pure permangono, sembrano tuttavia affievolirsi in vista di ciò che
comincia ad apparirci come la battaglia decisiva. La grande alleanza viene anche sancita da un
patto sugli assessorati:
L'ultima giornata di trattative ha scavato un solco profondissimo tra il presidente della
Regione uscente [Drago] e il giovane segretario regionale dei cossighiani. […] A sentire
Grillo, dunque Capodicasa può dormire sonni tranquilli. Anche perché, a sigillo
dell'accordo che ha portato alla sua candidatura c'è un sostanzioso patto sulle poltrone:
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l'Udr prende cinque assessorati.
[…] Già, perché se c'è chi è pronto a scommettere che al fianco di Drago nel suo ultimo
assalto si muove il sindaco di Palermo Leoluca Orlando (che ha già bocciato al
congresso della Rete l'ipotesi di governo-fotocopia), dalle parti dell'Udr arrivano solo
giuramenti di fedeltà al nuovo accordo di centrosinistra (RP, 13/11/98)
A margine, i "regolamenti di conti" tra le file della coalizione che sembra inesorabilmente avviata
sulla strada della sconfitta:
Nel mirino ci sono i "traditori" dell'Udr, ovviamente, alleati fino a poco tempo fa alla
Regione e tuttora nelle giunte di centrodestra di molti enti locali. Ha deciso di non
perdere tempo, il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Micciché, e
all'indomani della chiusura delle trattative che porteranno il diessino Capodicasa alla
guida del governo tira le prime somme: «Chiederò agli altri segretari del Polo di
convocare con me una riunione con tutti i sindaci e i presidenti delle province di
centrodestra per dare il via all'operazione che ci costringono a fare». Guai a chiamarla
"epurazione": ma a conti fatti di questo si tratta. (RP, 13/11/98)
Descritto quanto sta accadendo, il coro non fa mancare un proprio giudizio e, ancora una volta,
critica indifferentemente vincitori e vinti.
La crisi politica e il clima di incertezza sulla futura maggioranza hanno scoraggiato i
gruppi finanziari nazionali ed internazionali che non sembrano più interessati a stipulare
con la Regione l'emissione sul mercato di un nuovo prestito obbligazionario. (LS,
13/11/98)
La politica, sosteneva Paul Valéry è l'arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che
la riguarda. E in Sicilia più che altrove. C'è una diga alzata tra il Palazzo e gli elettori,
l'unica, forse collaudata e perfettamente funzionante nell'isola.
[…] Il risultato è che tra poco più di due anni - miracoli esclusi- si andrà a votare col
preistorico proporzionale che l'Assemblea regionale resterà blindata a vita e che i
novanta di oggi, bevitori del Santo Graal, si garantiranno la rielezione d'ufficio. (GDS,
13/11/98)
LA NEGOZIAZIONE DELLA RESA: "Regione, il Polo rilancia le larghe intese: Capodicasa guidi un
governo di tutti" (GDS, 16/11/98)
Comincia una breve fase di negoziazione, prima della consacrazione dell'"eroe". Sullo sfondo,
compaiono le strategie decisive in vista dello scontro finale e continua ad aleggiare la figura di
Orlando, il quale inizialmente era stato presentato come avversario di Capodicasa, mentre adesso
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sembra poter vestire i panni del mediatore pronto, in ogni caso, a non interferire sul verdetto
conclusivo (senza, comunque, comparire mai in scena in prima persona).
La trattativa sembra giocarsi attorno a una definizione chiave: "larghe intese". In sostanza, la
possibilità di azzerare quanto accaduto e di evitare l'ultimo conflitto:
L'ultimo tentativo del Polo, l'ultimo attacco al govemo-fotocopia sta in un appello che i
leader regionale di Forza Italia, An e Ccd lanciano al termine di un vertice domenicale.
«Larghe intese per salvare la Sicilia», è lo slogan. (GDS, 16/11/98)
La lettera di Drago a Capodicasa, candidato designato alla presidenza, sulla formazione
di un governo delle larghe intese, ha riaperto il dibattito politico. Lo ha confermato ieri
il sindaco di Palermo Orlando che, dall'interno del Centrosinistra, ha concordato con
l'iniziativa di Drago. «E il Polo»? Questo interrogativo è di Orlando. La risposta è
arrivata dal Ccd D'Onofrio, che nella risposta di Capodicasa non vede un rifiuto netto
alle larghe intese. […] Da qui l'iniziativa del parlamentare del Ccd di rivolgere «un
appello formale a tutti i gruppi parlamentari presenti in Ars e ai rispettivi leader di
partito, perché prima del voto di martedì si incontrino per valutare con grande serenità,
severità e compostezza la possibilità di dar vita ad un governo di larghe intese».
Anche dai socialisti arrivano sollecitazioni in tal senso. (LS, 15/11/98)
Casse vuote, quattrini appena sufficienti per qualche altro stipendio, e credibilità
finanziaria pari a zero fanno presto a cadere nel calderone della crisi politica. Coglie
l’occasione al volo il presidente della Regione uscente, Giuseppe Drago, che
all’indomani della conferenza stampa con la quale il suo assessore al Bilancio Tricoli
lancia l’allarme si prende la briga di smorzare i toni, ma solo per rilanciare un’ultima
volta la sua proposta. Quella di un governo "ad ampia base parlamentare". (RP,
15/11/98)
A questo punto, però, il centrosinistra ha capito che la propria posizione è solida. Non
soltanto, quindi, rifiuta la mediazione, ma riesce anche a ricompattarsi in maniera quasi
definitiva in vista dell'ultimo atto.
[…] c'è da mettere in cascina voti necessari a parare i colpi di possibili franchi tiratori.
Cosi, Capodicasa si mette immediatamente in movimento. Prima tappa, l'incontro a
Palazzo d'Orleans con Giuseppe Drago («Lui chiede di allargare la maggioranza
parlamentare, ma io sono espressione della maggioranza che mi ha candidato" non sono
decisioni che posso prendere io»). (RP, 13/11/98)
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L’ennesimo no alle larghe intese, semmai ce ne fosse ancora bisogno, giunge a stretto
giro di posta addirittura dalla Rete, di fatto l’unico gruppo parlamentare sul quale le
indicazioni di Orlando avrebbero potuto sortire un qualche effetto. Niente da fare: parla
II coordinatore Gaspare Nuccio per dire che la possibilità di una riuscita di un governo
istituzionale o di larghe intese sognato da Drago ha ormai una percentuale
statisticamente non rilevabile. Cioè nulla. (RP, 15/11/98)
Lui [Capodicasa] dice di «non volere rinunciare a esprimere la propria idea, che è quella
di un esecutivo a termine per una nuova fase costituente. Anche se so - continua il
sindaco di Palermo - che i margini di affermazione della mia tesi sono praticamente
nulli. In ogni caso, Capodicasa avrà un alleato fedele e convinto...».
Insomma, Orlando dissente (e oggi lo dirà al segretario nazionale dei Ds Walter
Veltroni) ma non ha nessuna intenzione di mettersi di traverso. (GDS, 16/11/98)
Il Polo, naturalmente, non abbandonerà le armi, ma cercare di ostacolare gli avversari fino
all'ultimo, tant'è che parallelamente agli appelli sulle "larghe intese", sembra portare avanti la
battaglia dei numeri, di fronte alla quale gli "scudieri" di Capodicasa combattono in difesa del
proprio "cavaliere"
Restano, però, i dubbi sollevati dal forzista Fleres sulla validità del ciclo di votazioni di
mercoledì scorso. Il diessino Silvestro sostiene che vi sono dei precedenti e richiama le
votazioni del marzo 1980 quando al primo scrutinio parteciparono 50 deputati (erano
assenti i Dc per fare mancare il numero prescritto di presenze) e poi si passò
regolarmente al secondo ciclo da cui scaturì l'elezione di Calogero Lo Giudice. Fleres
replica che allora si procedette allo spoglio e si completò il ciclo delle tre votazioni, ora
ci si è fermati alla seconda. Quindi propone la convocazione della Commissione
regolamento, assicurando che la sua non è una posizione politica, ma di rispetto delle
norme. (LS, 15/11/98)
Salvino Caputo di An, sostiene che, in base allo Statuto, anche alla seconda
convocazione, il centrosinistra deve poter contare su 60 deputati, ovvero i due terzi dei
parlamentari eletti.
La replica dell'altro fronte è affidata al diessino Gioacchino Silvestro. Anche lui si rifà
allo Statuto e sostiene che martedì, per eleggere il presidente, «occorre la validità della
seduta e la maggioranza assoluta, qualunque sia il numero dei votanti».
Entrambi i parlamentari si sono rivolti al presidente dell'Ars Nicola Cristaldi perché
garantisca la regolarità della seduta. (GDS, 15/11/98)
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Capodicasa, nel frattempo, può cominciare a "recitare il copione" del presidente e ad esporre
il proprio programma. Tutto ciò, in attesa dell'"incoronazione" ed a fronte di una nuova, più
difficile battaglia - la gestione della Regione - che dovrà affrontare dopo avere vinto quella
per la sua elezione:
Parla il presidente in pectore: «Le riforme entro l'estate». […] Tra i principali impegni il
varo delle nuove regole elettorali in sei mesi. […] «I rapporti con l'opposizione?
Proporremo un patto costituente». […] «Articolisti, le leggi attuali insufficienti:
studieremo un ventaglio di soluzioni» (GDS, 13/11/98)
In mezzo alle prime trattative da candidato presidente, però piomba su Capodicasa la
notizia che la prima gara tra le banche per un mutuo da mille e 50 miliardi da prestare
alla Regione è andata deserta. (RP, 13/11/98)
Prima che il sipario si abbassi, il richiamo del coro - questa volta affidato esclusivamente agli
"spettatori privilegiati" - è puntuale:
[Il presidente della Confindustria siciliana, Giuseppe Puglisi, afferma:] «Alla Sicilia non
serve un altro governo risicato o pasticciato, che tiri a campare, tra veti ed opposizioni,
ancora per qualche mese. Non ci interessano le formule e le coloriture politiche o
l'appartenenza di coloro che saranno chiamati a gestire iniziative e programmi che
possano traghettare la Regione fuori dalla secche in cui è insabbiata da molto tempo».
(LS, 17/11/98)
IL PRIMO SCONTRO: "[Gianfranco Zanna, deputato regionale Ds]: «Il porco è dentro»" (GDS,
18/11/98)
In realtà, Capodicasa è chiamato ad un duplice scontro: da un lato deve ottenere, anche di fronte
al nemico, quella consacrazione che, fino ad ora, era arrivata soltanto in via ufficiosa. Inoltre, la
"missione" finale dovrà essere quella di portare in trionfo le proprie truppe. In entrambi i casi, il
nemico ha preparato insidiose imboscate.
La narrazione, comincia appunto dall'elezione del nuovo presidente e si divide su più livelli
(rintracciabili soprattutto il giorno successivo alla votazione). Innanzitutto, i fatti raccontati da un
narratore esterno, mettendo in risalto le mosse strategiche del centrosinistra, che sono servite ad
aggirare l'opposizione ed a vincere la prima battaglia, e quelle del centrodestra, rivelatesi inutili:
Il capogruppo dei Ds mette nel carniere 45 consensi, uno in più del quorum, cinque in
meno di quanti erano a disposizione della coalizione formata da centrosinistra e Udr. In
sostanza, sono stati cinque i franchi tiratori. Ma Capodicasa ce l'ha fatta, e non a caso
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nel suo primo discorso da presidente ha voluto ringraziare Rifondazione Comunista.
Solo grazie alla mossa dei tre bertinottiani - che non hanno partecipato al voto facendo
abbassare il quorum - il ribaltone di Sicilia ha avuto luogo.
[…] Il Polo, per smascherare i franchi tiratori nel centrosinistra («ma anche nel nostro
schieramento», ammette il leader di An Guido Lo Porto) rinuncia ad un unico candidato
di bandiera e chiede ai propri deputati di votare ciascuno per sé. (GDS, 18/11/98)
Il regolamento dell'Ars è curioso: infatti, se i tre deputati di Rifondazione piuttosto che
assentarsi, si fossero astenuti, il quorum sarebbe rimasto di 46 voti e Capodicasa al
primo scrutinio non sarebbe stato eletto. Si può ben dire che è stata una giravolta, anche
se il segretario regionale Forgione ha dichiarato che il suo gruppo non voterà la fiducia
al nuovo governo Centrosinistra-Udr. (LS, 18/11/98)
In secondo luogo, gli stessi fatti vissuti puntando l'obiettivo su alcuni dei personaggi che
hanno riempito la scena dell'elezione:
Lui, Drago, fino all'ultimo ha taciuto, non aprendo bocca neanche nel corso della
riunione dell'Udr terminata a ridosso della seduta d'Aula. Poi a Sala d'Ercole fa ampi
gesti rivolti ai giornalisti: «Voto Capodicasa, come mi chiede l'Udr». E alla fine: «Ho
fatto fino in fondo al mio dovere». Ma nessuno è disposto a giurare che non è un bluff.
(GDS, 18/11/98)
«Il porco è dentro». Alle dieci del mattino Gianfranco Zanna, deputato diessino,
giovane e in carriera, è felice come una Pasqua, se ne frega dei riti scaramantici e
scommette così, con questa frase ad effetto, sull'elezione di Angelino Capodicasa.
(GDS, 18/11/98)
Il segretario regionale di Rifondazione comunista Francesco Forgione (che aveva
deciso in mattinata la linea da seguire) mette subito il dito nella piaga: «II presidente
della Regione nasce senza una reale maggioranza, condizionato dai neo democristiani.
Noi abbiamo messo a nudo l'imboscata dei franchi tiratori, non abbiamo applaudito
l'elezione di Capodicasa, ma abbiamo goduto delle facce nere tra i banchi del Polo e
anche nelle file della nuova maggioranza». (RP, 18/11/98)
La parte centrale, in questa fase, è però costituita da un approfondito (dopo le prime
descrizioni dei giorni precedenti) ritratto dell'"eroe" - sia sotto l'aspetto professionale, che
sotto quello strettamente personale - e delle sue mosse nel corso della giornata decisiva. La
narrazione è affidata sia a voci interne, che esterne alla scena. Si parte dall'immagine:
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Abito grigio e cravatta blu, a far storcere il naso all'ex segretario Angela Bottari -
presentatasi per l'occasione a Palazzo - erano state già in mattinata le scarpe con suola in
gomma, e poi quella camicia azzurra con bottoni al colletto, anziché bianca. Un "look
poco presidenziale". (RP, 18/11/98)
.Indossa già il vestito grigio da presidente, la solita camicia azzurra ed una cravatta blu a
disegnini bianchi. Cravatta che sostituirà nel pomeriggio con una sempre blu, ma con un
altro disegno: margheritine multicolori. «È più bella, lo fa più allegro», giura Roberta. la
sua segretaria.
[…] Animale a sangue freddo, Capodicasa. Dalla sua faccia che potrebbe benissimo
essere confusa con quella di Saddam Hussein o, più recentemente, anche con quella di
Ocalan, il leader del partito dei curdi («Che ci posso fare?, vuol dire che ho origini
mediterranee»), non trapela nulla. (GDS, 18/11/98)
Si passa, poi, alla descrizione della giornata, vissuta con l'obiettivo puntato sul protagonista:
Il non ancora presidente legge un titolo («È l'ora di Capodicasa») e si ritrova vittima di
quel riflesso condizionato che gli fa mettere immediatamente le mani in tasca. Mossa
che ripeterà più di una volta quando, tra l'una e le due del pomeriggio, deve sottoporsi
alle domande di due giornalisti televisivi.
[…] Arrivano i primi dall'Agrigentino, ma non da Joppolo Giancaxio, suo paese; «Noi
siamo gente seria», assicura il non ancora presidente prima di andare a mangiare
qualcosa. E qualcosa è anche troppo: due panini con prosciutto consumati in piedi nella
bouvette.
[…] Gli ultimi minuti d'attesa si consumano in Aula. Capodicasa sente la conta, ma fa
finta di niente. Poi, al quarantaduesimo ed ultimo voto, scoppia l'applauso e concede le
guance ai baci degli alleati e tiene le mani bene in vista: a quel punto era inutile
rimetterle in tasca. (GDS, 18/11/98)
Commosso mai, da freddo "animale" politico qual è. Emozionato - al massimo - ma solo
un attimo dopo il quarantacinquesimo voto, quando il sempre fedele Mirello Crisafulli
gli è balzato addosso con un abbraccio a dir poco caloroso.
[…] Solo una cosa infatti è riuscita a dargli davvero fastidio nelle ore che precedevano
l''elezione: le domande dei tanti - soprattutto cronisti - che gli chiedevano come ci si
sente da presidente della Regione, o meglio da "primo comunista a Palazzo d'Orleans".
A quel punto non resisteva e, prima di andare in onda in una delle molteplici dirette a
ora di pranzo, si lasciava andare ad un plateale scongiuro, ripetuto - all'occorrenza - nel
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corso dell'intera giornata. Perché Angelo Capodicasa è fatto così, glaciale e razionale in
politica quanto sanguigno e spontaneo smessi i panni del parlamentare. (RP, 18/11/98)
Si risolve anche il "dilemma Orlando", dal quale arriva la prima telefonata di auguri:
Le prime congratulazioni per la pur risicata elezione a presidente della Regione, Angelo
Capodicasa le ha ricevute da Leoluca Orlando. Era appena finito lo scrutinio delle
schede. infatti, quando ha squillato il cellulare di Manlio Mele che lo ha subito passato a
Capodicasa. Una breve conversazione e forse anche una sollecitazione a rilanciare le
larghe intese. (LS, 18/11/98)
Quindi, la descrizione "politica", ideologica e culturale di Capodicasa, dalla quale emerge l'etichetta
di "primo ex comunista a ricoprire la carica di presidente" (RN, 18/11/98)
Guarda una scheda biografica che una tv privata manda in giro per l'etere e interviene
per correggerla: «Non sono laureato, anche se mi manca solo la tesi». Ed ancora: «Non
è vero che sono stato un migliorista, io stavo con Occhetto». (GDS, 18/11/98)
«Un comunista d'altri tempi», dicono di questo quarantanovenne, chierichetto di lungo
corso alla Chiesa madre di Joppolo Giancaxio, nell'Agrigentino, in quell'oratorio
scenario di mitiche partite a calcio col parroco. Il vero cruccio è una laurea in Lettere e
Filosofìa mai conseguita per i troppi impegni parlamentari che gli hanno impedito di
superare l'ultimo ostacolo: la tesi. La sua passione, insospettabile, per le religioni. «Un
interesse squisitamente culturale - spiegava ieri -. Ebbene sì, studio le religioni,
ovviamente anche quella cattolica. E per ora mi sto appassionando alla figura storica di
Gesù». Anche perché ateo, va detto, Capodicasa non lo è, e neanche "agnostico" a
volerla dire tutta: «Cattocomunista? Mi sembra un'esagerazione. Diciamo che una mia
idea del soprannaturale me la sono fatta». (RP, 18/11/98)
Le foto pubblicate contribuiscono a rafforzare tali descrizioni e le immagini dei giorni precedenti.
Così, Capodicasa viene ritratto bambino con i compagni della squadra di calcio (foto 3), durante
uno dei primi comizi e nel corso di un viaggio in Africa in compagnia del regista Tornatore.
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Foto 3
Giornale di Sicilia, 18/11/98
Infine, la famiglia e gli amici:
I suoi sostenitori agrigentini continuano ad arrivare a frotte. L'ex deputato regionale
Lillo Gueli, che oggi fa il sindaco di Campobello di Licata, gli ha portato due pullman
pieni e facendo una sorta di "miracolo delle sardine", ha pigiato oltre centocinquanta
persone nella Sala del Duca di Montalto.
E la moglie? Paola Falco, avvocato, ha preferito restare ad Agrigento perché aveva da
lavorare. E i due figli? Quelli stanno a Palermo studiano medicina e Palazzo dei
Normanni non è poi tanto lontano. Macché. Arriva solo Emanuele, 23 anni, ma non può
assistere al rito dell'Aula perché ha preferito indossare jeans e maglione al posso della
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giacca e della cravatta. Giovanni, 24 anni, nato il primo aprile del 1975, ha preferito
continuare a studiare. «Ma non scriva che non ce ne frega niente - giura Emanuele -
perché non è vero. In famiglia siamo tutti inquadrati» . Prego? «Si, inquadrati, nel senso
che tutti e quattro siamo iscritti al partito e militanti. […]».
E si scopre che papà Capodicasa è uno all'antica. Quando sta a Palermo - e cioè quasi
sempre - vive con i due figli in una casa che sta al Cep, all'estrema periferia di Palermo
e che lì continuerà a stare anche quando sarà l'autoblù della presidenza che già da oggi
lo andrà a prendere. E ai figli ha comprato la macchina solo da poco. Fino ad un paio di
anni fa, per andare all'università, dovevano prendere due autobus. (GDS, 18/11/98)
A Joppolo c'è ancora "papà Capodicasa". I cittadini di Joppolo hanno appreso la notizia
con molta euforia. Nei bar, nei circoli per le strade non si parlava d'altro: l'elezione era
l'argomento del giorno, un evento molto importante non solo per Joppolo, ma anche per
i suoi abitanti.
[…] «Sono veramente contento dell'elezione di Capodicasa, - commenta il farmacista
del paese -. Da 14 anni, ormai risiedo in questo comune e spero che il neo presidente
non si dimentichi di noi». (LS, 18/11/98)
Sul palcoscenico, tuttavia, rimane uno spazio riservato agli sconfitti che continuano a contestare il
verdetto finale:
Per il momento, però, da destra arriva la rabbia di Gianfranco Micciché: «Con rabbia
prendiamo atto che la volontà elettorale dei siciliani è stata umiliata, che il pidiessino
non ha una maggioranza d'aula e che solo con l'aiuto dei rifondatori del comunismo si è
arrivati all'elezione del presidente». E la delusione del leader Ccd Francesco D'Onofrio:
«Non credo che Capodicasa abbia motivi per essere contento. Il risultato di oggi è la
risposta al suo atteggiamento superbo: gli avevamo proposto le larghe intese ha risposto
no. Resta valida la nostra proposta, ma adesso prescinde dalla presidenza di
Capodicasa». (RP, 18/11/98)
Tuona il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Miccichè: «Ci faremo carico
della rabbia dei siciliani truffati nel loro voto, […]». (IG, 18/11/98)
Il commento che chiude questa fase della narrazione è improntato sull'usuale richiamo a tutti gli
attori in scena, soprattutto in relazione ai programmi futuri e, come in altri casi, è affidato sia allo
stesso coro, che a personaggi esterni:
Gli entusiasmi del Centrosinistra, l'imbarazzo dell'Udr e la rabbia del Polo sono bollori
momentanei, soggetti a sgonfiarsi al primo impatto con la realtà. La parata di vecchie e
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nuove leve di ex comunisti a Palazzo dei Normanni è pure comprensibile. Più che di
politica, sa di umano. È uguale alla parata che diede spettacolo, nel luglio di due anni or
sono, quando gli ex missini confluiti in An, per la prima volta, conquistarono il più alto
seggio di Sala d'Ercole. Ma al di là delle debolezze umane, la gestione della cosa
pubblica ha le sue regole. E queste in democrazia dicono inequivocabilmente che più
degli accordi politici delle coalizioni, contano i numeri che ne sono espressione. (LS,
18/11/98)
E del resto sarebbe davvero inutile restituire la parola agli elettori senza una modifica
della legge elettorale, principale responsabile col suo meccanismo puramente
proporzionale, di questa situazione di difficoltà. (LS, 19/11/98)
[…] una legge che recepisca tutta la normativa che l’Italia si è data per entrare in
Europa; dalla Bassanini alla legge sugli appalti. Si metterebbe in moto un grande
processo di modernizzazione. (RP, 19/11/98)
La routine narrativa sembra sottolineare un tranquillo approdo della vicenda verso l'agognato lieto
fine. Come vedremo, tuttavia, ci sarà un'ultima, decisiva prova da superare e, così, l'orizzonte torna
momentaneamente ad offuscarsi:
Capodicasa ha accettato subito e senza riserva la carica di presidente della Regione,
mentre ha chiesto un rinvio a venerdì per l'elezione degli assessori. Nell'Udr, a questo
proposito, sarebbe stato scelto un criterio diverso da quello trapelato nei giorni scorsi.
Sarebbe stato stabilito che le province in cui gli udierrini hanno una carica di governo o
di partito, resteranno fuori dalla Giunta. (LS, 18/11/98)
Tre caselle su dodici sono state riempite, almeno ufficialmente. Ma l'accordo
complessivo è tutt'altro che facile. E una richiesta dell'Udr rischia di far saltare l'intera
manovra: il sottosegretario Nuccio Cusumano e il coordinatore regionale Massimo
Grillo sono tornati a battere sul tasto del posto in più: cinque assessori non bastano ai
cossighiani […] (GDS, 19/11/98)
«Si, abbiamo salvato il governo, ma inconsapevolmente. E comunque non accadrà più».
[…] il segretario regionale del Prc, annuncia che l'opposizione d'ora in poi sarà «netta e
convinta». A partire dall'elezione degli ascessori - oggi ogni bertinottiano voterà per se
stesso - per continuare con il programma: «Diremo no, chiaramente». (GDS, 20/11/98)
Il presidente della regione, Angelo Capodicasa. sta alla finestra: «Cercherò di rispettare
le competenze e professionalità nella assegnazione delle deleghe». (RP, 19/11/98)
44
Arriva il giorno del nuovo governo ma i giochi sono tutt'altro che fatti nella
maggioranza. La squadra degli assessori è pronta solo per un terzo. (GDS, 20/11/98)
Nel filone dei commenti, s'inserisce anche un editoriale de "Il Sole 24 Ore" (20/11/98), in cui si
chiede la nomina di un commissario per arrivare al risanamento finanziario della Regione: "Difficile
che il nuovo esecutivo metta ordine nei conti". Ma, lo stesso Capodicasa scende in campo per
respingere la proposta, sfruttando una sorta di meccanismo metamediatico in cui le testate locali
parlano di ciò che è stato scritto dal quotidiano economico nazionale:
[Capodicasa:] «Allarme esagerato» (GDS, 21/11/03)
Un articolo pubblicato venerdì dal "Sole 24 Ore" aveva questo titolo: «Se in Sicilia
arrivasse un Commissario». Una provocazione? Può darsi, scrive Antonio Calabrò, ma
prevista dallo Statuto regionale. Una gara per un prestito di 1.700 miliardi è andata
deserta perché «le banche non si fidano più della Regione come debitrice di tranquilla
solvibilità». (RP, 22/11/98)
Frattanto, l'ultimo, vero, insidioso nemico comincia a prendere forma:
[…] i franchi tiratori, naturalmente, che qui sono tra i più rinomati del mondo e che
dopo aver fatto mancare i voti al presidente (che però ce l'ha fatta lo stesso per
procurato abbandono d'aula da parte dei rifondatori dell'isola, anch'essi specialissimi)
hanno in pugno la situazione. E la stringeranno a piacimento, dovendo votare (o
impiombare) nei prossimi giorni nome dopo nome, assessore dopo assessore. (ST,
19/11/98)
Viene riproposta la tematica del gioco d'azzardo - "Assessori all'ultima roulette" (RP, 20/11/98) - e
si ricrea la suspance degli eventi precedenti che nella rappresentazione cancella la convinzione del
raggiungimento di una situazione d'equilibrio:
Probabilmente, gli ultimi nodi saranno sciolti prima dell'inizio delle operazioni di voto.
In caso contrario, potrebbero tornare i franchi tiratori, che hanno già fatto capolino per
l'elezione del presidente della Regione, ma in modo molto più massiccio. (GDS,
20/11/98)
LA BATTAGLIA FINALE: " E' difficile, in questi casi, fare il calcolo dei franchi tiratori " (LS,
21/11/98)
L'atto decisivo della narrazione vede protagonista non solo il neo presidente, ma anche il suo
"esercito" (la nuova Giunta) che deve essere portato "in salvo", sfuggendo alle imboscate dei
45
"franchi tiratori". L'evento si svolge in piena notte (per questo, nelle cronache, si ritrova diluito in
due giornate) e solo l'apparire dell'alba consacrerà il lieto fine, dopo gli ultimi colpi di scena che
rischiano di azzerare la vicenda.
La cronaca di quanto si verifica in aula, si accavalla con i "primi piani" dei protagonisti:
È una lunga notte per l'Assemblea regionale, una notte storica. La notte del parto
travagliato del governo di centrosinistra, la notte delle sconfitte e delle rivincite, dei
rimpianti e delle piccole vendette, delle amarezze e della solitudine. (GDS, 21/11/98)
Finisce con tre soli assessori eletti al primo turno: Totò Cuffaro che raccoglie 48 voti,
Vincenzo Lo Giudice e Antonio Papania che ne prendono 46 ciascuno. Dopo il flop,
frenetiche consultazioni nella maggioranza, poi la decisione: Capodicasa decide di
andare avanti o di affrontare il secondo turno di votazione. Che va avanti fino a notte
fonda. (RP, 21/11/98)
«Io l'avevo detto», sogghigna Giuseppe Drago all'una di notte, il presidente uscente che
non si era voluto inchinare alla logica del governo-fotocopia, stava per assaporare la
rivincita, ma al terzo tentativo il centrosinistra ce la fa e Capodicasa si ritrova con una
giunta. Sembrava fatta, ma alle tre di notte il colpo di scena: le schede scrutinate erano
una in più dei deputati. Tutto da rifare. Sfiorata la rissa. E a Palazzo dei Normanni le
luci sono rimaste accese fino all'alba.
[…] Quand'è già notte fonda, si parte con il ballottaggio, mentre rimbalzano le voci su
possibili dimissioni-lampo di Capodicasa. (GDS, 21/11/98)
L'esito della votazione ha letteralmente lasciato di stucco i settori della maggioranza,
mentre da quelli del Polo si gridava «dimissioni, dimissioni». E' difficile, in questi casi,
fare il calcolo dei franchi tiratori, ma pare evidente che ve ne sono stati almeno dieci.
(LS, 21/11/98)
La prima passerella dei volti che raccontano il travaglio di questa notte è alla bouvette, a
cavallo tra la prima e la seconda votazione. Sciamano via mesti i parenti dei candidati
che hanno avuto ben poco da applaudire, qua e la fanno capolino i deputati. Tra una
fetta di pan d'arancia e un wafer - tutto quello che è rimasto per rimediare a un pasto che
irrimediabilmente salterà - c'è posto per un commento. L'argomento preferito? I franchi
tiratori, ovviamente. «Ma li conosciamo tutti, benissimo», dicono in molti.
Il retino Franco Pìro arriva di corsa, si volta appena per un saluto veloce. Poi si lamenta:
«Non mi avete lasciato nulla da mangiare?».
Chi sorride è Nino Croce, forzista, ex assessore ai Beni culturali. Divora a falcate un
46
corridoio, alza le braccia al cielo, agita le mani. Non riesce a trattenere l'entusiasmo. E
grida: «Abbiamo vinto, vittoria su tutti i fronti». Gli occhi si illuminano come a dire al
centrosinistra che in aula si contorce sui numeri che non tornano: «Ve l'avevamo detto.
Eravate avvisati». […] Dietro le sue spalle scivola il diessino Gioacchino Silvestro che
gli sussurra in un orecchio: «Parto travagliato, governo fortunato». Una speranza. (GDS,
21/11/98)
Vengono anche individuati, tra i possibili futuri assessori, i comprimari più valorosi del "generale
Capodicasa":
Nato a Gela, 47 anni, cresciuto nella Termini Imerese "dominata" dallo stabilimento
Fiat, l'attuale coordinatore nazionale della Rete ha una storia che si legge attraverso i
numeri. Nel corso della sua prima esperienza a Palazzo dei Normanni (eletto nell'86
nelle liste di Dp) firmò 575 interrogazioni e 102 interpellanze. Nel '91 venne rieletto,
stavolta neIIe file della Rete e in 51 anni produsse 1144 interrogazioni, 233
interpellanze, 47 mozioni e 30 ordini del giorno. E, in più, il record delle presenze: su
353 sedute dell'Assemblea dal '91 ai '96, Piro ne ha saltate solo tre. E tutte per "impegni
connessi all'attività parlamentare". Insomma, se c'è uno Stakanov nella politica siciliana
questo è Franco Piro. (RP, 21/11/98)
IL TRIONFO DELL'EROE: "Nasce (a fatica) la giunta siciliana" (S24O, 22/11/98)
La tensione si scioglie con il sorgere del sole, quando i franchi tiratori cedono, stremati:
Il governo nasce in un'alba che stempera tensioni e veleni, che allontana l'incubo dei
franchi tiratori, che cancella le paure del centrosinistra, che sfuma l'esultanza del Polo.
Il governo nasce alla quarta votazione, quando manca una manciata di minuti alle sei.
(GDS, 22/11/98)
[…] il diessino Gioacchino Silvestro con saggezza messinese annunciava «parto
travagliato, governo fortunato» […] (RP, 22/11/98)
Quando il sole sorge davvero, però, dall'urna di sala d'Ercole salta fuori la sorpresa:
Giuseppe Drago e Enzo Guarnera (retino dissidente che aveva annunciato il suo voto
contrario alla gran parte degli assessori) dormono nei loro letti, a sala d'Ercole i franchi
tiratori hanno deposto le armi e dalle schede spuntano fuori uno ad uno i nomi dei nove
assessori che mancavano per completare la squadra di Capodicasa. Per il presidente e la
sua maggioranza è la fine di una pericolosissima corsa sul filo. (RP, 22/11/98)
47
Il lieto fine si completa con l'immagine della nuova Giunta che si mette immediatamente a lavoro:
All'alba nella prima riunione della giunta, seguita all'elezione, è stata approntata una
variazione di bilancio per assegnare 15 miliardi ai lavoratori forestali, uno dei tanti
rivoli della spesa regionale per impiegare migliaia di disoccupati. (RP, 22/11/98)
È già al lavoro la nuova giunta regionale siciliana, presieduta dal diessino Angelo
Capodicasa, ma per riuscire a eleggere i 12 assessori ci sono volute ben 11 ore d'Aula e
quattro votazioni. Un percorso accidentato sotto il tiro incrociato delle opposizioni e con
le imboscate dei "franchi tiratori''. (S24O, 22/11/98)
La "colonna sonora" che accompagna i "titoli di coda" è costituita sia dalle voci degli sconfitti, sia
dai commenti dei giornali. Entrambi sembrano pronti a ricominciare - nelle vesti di attori e narratori
- una nuova storia:
[…]Ovviamente Micciché e Lo Porto non ammetteranno neanche sotto tortura di aver
perso su tutta la linea. Il coordinatore siciliano parla anzi di una «vittoria di Pirro» del
centrosinistra. Ma vi hanno fatto cappottare o no? «Non abbiamo cappottato, ci hanno
solo tamponato, ma non vanno da nessuna parte perché non hanno i voti per governare»,
risponde stizzito Lo Porto. (RP, 22/11/98)
Dure intanto le critiche dell'opposizione. Per il leader del Polo, Silvio Berlusconi, «la
nascita della nuova giunta siciliana grazie al ribaltone dell'Udr è uno scandalo». «Siamo
fuori dalla democrazia - ha affermato - e questo modo di fare politica è antidemocratico
e immorale». (S24O, 22/11/98)
Nasce un nuovo governo in Sicilia. Il cinquantaduesimo in mezzo secolo. Un'anomalia,
E nasce male. (GDS, 22/11/99)
LA STRUTTURA NARRATIVA: LA CRISI POLITICA COME UN FILM D'AZIONE
Ordinati gli elementi raccolti, proviamo anche a comprendere quale tipo di struttura narrativa
emerge.
La divisione in "capitoli" (o "atti") della rappresentazione della crisi politica alla Regione ci
fornisce una prima indicazione. Ogni "capitolo" da noi individuato, infatti, può essere letto in
chiave di funzione, termine con il quale Vladimir Propp indicò: "l’operato di un personaggio
determinato dal punto di vista del suo significato per lo svolgimento della vicenda" (Propp, 1988:
27). Osservando il testo narrativo sotto questa prospettiva, l’attenzione viene quindi focalizzata su
"che cosa" fanno i personaggi e non su "chi fa" e "come fa".
48
Inoltre, all'interno dei singoli "capitoli" è possibile rintracciare una serie di contesti - o frame -
ricorrenti, così come sottolineato nelle pagine precedenti:
− Lo scontro tra due formazioni: tale tematica presenta anche un "sottoframe". In ogni
formazione, infatti, esiste un conflitto interno.
− Lo scontro su un doppio livello: la crisi dell'Ars appare rappresentata su due livelli. Da un lato,
infatti, ci viene raccontato ciò che avviene a Palermo, dall'altro le decisioni prese dalle
segreterie nazionali dei partiti, a Roma. Le decisioni romane, tuttavia, sembrano avere una
preminenza su quelle locali, tanto da farci pensare a un contesto "terreno" (locale) ed a un
livello "divino" (nazionale) in cui si indirizzano e si consacrano le azioni "terrene".
− L'interazione strategica: le azioni dei vari attori, lette in chiave interazionista, richiamano il
modello disegnato da Erving Goffman (1969), secondo il quale l’azione strategica è
esplicitamente volta al perseguimento del successo di scopi particolari, senza alcun ideale di
"intesa" tra gli attori sociali coinvolti. Nell’azione strategica ogni individuo cerca il successo,
rischia la sconfitta ma spesso è costretto ad onorevoli compromessi. L’interazione strategica,
infatti, può portare sia alla piena realizzazione d’interessi di parte, sia al conflitto (col rischio
della sconfitta) sia alla negoziazione. Quest’ultima certamente non è l’intesa a cui fa
riferimento Habermas (1981) nell'ambito della teoria dell'agire comunicativo, ma produce forme
concrete di compromesso, attraverso concessioni fatte alla controparte. Mentre perseguono i
propri interessi strategici, e proprio perché lo fanno, gli individui trasformano/modificano il
contesto/situazione rispetto cui interagiscono, e ne risultano, a loro volta, modificati.
E, proprio in base a quanto scritto, possiamo affermare che sul piano
sociopolitico l'affermazione del centrosinistra all'Ars andrebbe interpretata più come il frutto di
una negoziazione, che non come il risultato di un conflitto, nonostante dalla narrazione emerga
un'immagine differente. A nostro avviso, ciò va spiegato con la tendenza alla drammatizzazione
tipica del linguaggio massmediatico, alla quale fa da contraltare una realtà ben diversa. Lo
"scontro finale" prospettato dai quotidiani presi in esame, in chiave politica è una "semplice"
alternanza. Gli sconfitti perdono la ribalta, ma non vengono cacciati dal palcoscenico. Prova ne
sia il fatto che, a cinque anni di distanza e dopo l'approvazione della tanto invocata riforma
elettorale, molti dei nomi che compaiono nel testo narrativo sono ancora protagonisti
dell'attività dell'Ars.
− Il gioco d'azzardo: sovente utilizzato nelle cronache giornalistiche prese in esame, il gioco
d'azzardo costituisce per Goffman una delle metafore che servono a comprendere l'interazione
strategica. E' un frame che, da un lato, rafforza il contesto precedente (l'interazione strategica,
appunto) e, dall'altro, mette in evidenza le mosse e i calcoli che, sul piano narrativo, animano il
49
conflitto (mentre dal punto di vista sociopolitico - come detto - servono a raggiungere la
negoziazione). Contribuisce alla drammatizzazione dell'evento: l'elezione del Governo regionale
come una partita a poker, al termine della quale chi è rimasto senza dote deve alzarsi. Nella
realtà, tutti i giocatori resteranno seduti al tavolo e chi ha vinto potrà sì decidere nuove regole,
ma non cambiare avversari.
Riflettendo sulla struttura narrativa e tralasciando i contenuti sociopolitici dell'evento preso in
esame, riteniamo che il testo dell'elezione del Governo Capodicasa rispecchi un particolare genere
massmediatico. I risultati dell'analisi, infatti, paiono richiamare il copione di un film d'azione.
Soffermiamoci su questo aspetto, prendendo come esempio xXx34, il film di Rob Cohen - che ha
come protagonisti Vin Diesel e Asia Argento - presentato appunto come uno degli action movie più
spettacolari degli ultimi anni. Il film, pur presentando più funzioni rispetto al testo inerente la crisi
all'Ars, offre delle importanti analogie, che possiamo osservare nel dettaglio:
− Antefatto: sia nel testo che abbiamo definito "il copione della nomina di Capodicasa", che in
xXx la scena iniziale è costituita dalla rottura di una situazione di equilibrio. Da un lato un
omicidio, dall'altro il disimpegno dell'Udr che causa il ribaltone. Da qui, una situazione di
tensione. E' il momento in cui compaiono i primi personaggi: Samuel L. Jackson (dirigente del
NSA, ente nazionale per la sicurezza) e Massimo Grillo (segretario regionale dell'Udr), pronti a
reclutare un eroe per ripristinare l'equilibrio iniziale.
− La guerra comincia: si delineano gli schieramenti: il governo degli Stati Uniti contro una
banda formata da ex soldati sovietici; centrodestra contrapposto al centrosinistra. Durante lo
svolgimento della trama, tuttavia, emergerà anche quel secondo livello di scontro -
terreno/divino - del quale abbiamo parlato: in xXx il bene si contrappone al male, nel "copione
della nomina di Capodicasa" la crisi regionale appare un evento importante per mantenere gli
equilibri politici nazionali. Si studiano strategie e, come in un gioco d'azzardo, si mettono in atto
le prime mosse per smascherare gli avversari. All'interno delle forze contendenti, però, non c'è
piena unità d'intenti.
− La comparsa dell'eroe: la "salvezza" viene affidata a un "insospettabile". La NSA sceglie Vin
Diesel, il quale non è un poliziotto, ma proprio per questo motivo può infiltrarsi meglio tra gli
avversari. All'Ars, invece, viene candidato un Ds, partito rimasto estraneo alla contesa tra l'Udr
e il Polo e, inoltre, partito che fino a quel momento non ha mai espresso un presidente della
Regione. Anche nella rappresentazione iconografica sono due eroi popolari, che fanno effetto
proprio perché paiono scardinare gli stereotipi comuni agli spettatori: il non-poliziotto, pieno di
tatuaggi e sostenitore del "libero pensiero in libero Stato", e il non-presidente, da sempre sui
34 Usa-Repubblica Ceca, 2002, Columbia Tristar. Distribuito nei cinema italiani a partire dal 31/10/02.
50
banchi dell'opposizione e ritratto in tenuta da calcio piuttosto che in giacca e cravatta, in Africa
con un regista invece che a Roma in compagnia di un leader del centrosinistra. In questa fase,
appaiono chiari i contrasti interni agli schieramenti: Vin Diesel non sempre esegue gli ordini
governativi, mentre tra i criminali della banda si annidano delle spie; i Ds non trovano subito il
pieno consenso della coalizione e il Polo sembra disgregarsi.
− La negoziazione prima del conflitto: si cerca di trattare la resa, per evitare lo scontro finale. E',
in realtà, una finta negoziazione, visto che i Ds, così come Vin Diesel, sanno che sono in
vantaggio e non conviene loro lasciare ulteriori spazi di manovra agli avversari.
− Il primo scontro: si arriva ad un primo, atteso conflitto, il cui esito sembra scontato. L'eroe,
infatti, trionfa battendo facilmente gli avversari. Vin Diesel distrugge la fortezza nemica, con
l'aiuto di un piccolo esercito, mentre Capodicasa raggiunge il quorum e viene nominato
presidente. I vincitori si ricompattano e lo spettatore sembra essere guidato verso il lieto fine che
segnerà la fine del conflitto e il ripristino della normalità: Vin Diesel sembra pronto a tornare
negli Stati Uniti portandosi appresso Asia Argento, il nuovo Governo regionale appare pronto
per mettersi a lavoro.
− La battaglia finale: improvvisamente, però, l'ultimo "colpo di scena": i criminali, seppur in fin
di vita, sono riusciti a lanciare un ordigno che distruggerà il mondo; Capodicasa deve superare
l'imboscata dei franchi tiratori per ottenere l'elezione della nuova Giunta. L'eroe, a questo punto,
da l'impressione di non farcela e di morire: Vin Diesel rimane sott'acqua nei pressi del ponte S.
Carlo a Praga, e viene compianto da Asia Argento che assiste alla scena dalla riva; Capodicasa
sembra sul punto di rassegnare le dimissioni. Poi, però, ricompare la luce: Vin Diesel riemerge,
mentre l'alba segna la sconfitta dei franchi tiratori all'Ars.
− Il trionfo dell'eroe: l'ultima inquadratura è dedicata ad una situazione di pace: Vin Diesel e
Asia Argento amoreggiano in un'isola tropicale, Capodicasa può godersi il primo giorno da
presidente. Ma, si tratta di un finale cliffhanger, ovvero di un ponte che preannuncia una nuova
avventura. Così, la NSA richiama in missione Vin Diesel, distogliendolo dal suo flirt, mentre
Capodicasa dovrà affrontare una legislatura alla guida di un "governo nato male".
CONCLUSIONI
Rifacendoci alla comparazione con la ricerca inerente le elezioni amministrative siciliane (Carzo,
2001), possiamo ipotizzare che le modalità dell'elezione hanno finito con l'orientare la linea della
rappresentazione mediatica. Nel caso delle amministrative, evidentemente, i quotidiani presi in
esame si sono 'auto-investiti' del ruolo di protagonisti della campagna. Lo scontro e il confronto - in
nome dell'imparzialità - sono stati surrogati da un piatto monologo, i cui contenuti, più che sui reali
51
problemi del territorio, apparivano incentrati su tematiche politiche di ampio respiro e sui
'movimenti' dei leader nazionali.
Evidentemente, nel momento in cui, invece, l'Opinione pubblica ha finito con il perdere qualsiasi
ruolo attivo nell'ambito della consultazione - vista la modalità della nomina di Capodicasa - gli
stessi mass media, sgravati da ogni responsabilità diretta, hanno 'alzato i toni', creando una
narrazione appassionante, cercando continuamente di 'mettere a nudo' gli attori politici, senza però
rinunciare a una posizione preminente nell'ambito del racconto. Sullo sfondo, in entrambi i casi, la
constatazione di un sistema giornalistico concepito secondo una logica nazionale, probabilmente
non perfettamente in grado di adattarsi ad altre dimensioni.
ALLEGATI
LA READERSHIP
di Giuseppe Intilla
41%
25%
20%
7%7%
Il Giornale di Sicilia La Sicilia
La Repubblica locale La Repubblica nazionale
Il Sole 24ore
Figura 1. Distribuzione degli articoli esaminati.
52
Giornale di
Sicilia
La Sicilia La
repubblica
locale
La
Repubblica
nazionale
Il Sole 24ore
Pagina 1
Pagina 2-5
Pagina 6-10
Pagina 11-oltre
Figura 2. Posizione articolo nella pagina - nel periodo considerato.
1. Composizione della readership.
Le tabelle da 1 a 6 presentano, in sintesi, alcune delle principali differenze tra il
pubblico di lettori dei quattro quotidiani secondo l’indagine Audipress sulla stampa
quotidiana e periodica italiana. I dati riportati sono calcolati sulla rilevazione del primo
semestre del 1999, e sono relativi ai lettori nel giorno medio delle testate più lette nella
regione Sicilia. Nelle tabelle sono riportati i dati delle testate scelte come oggetto della
nostra indagine.
Tab. 1. Lettori nel giorno medio: analisi per sesso
Analisi per sesso
Uomini Donne Totale adulti
Lettori nel giorno medio
Valore assoluto
Valore %
Valore assoluto
Valore %
Valore assoluto
Valore %
Il Giornale di Sicilia
348
66,7
173
33,3
521
100
La Sicilia
358
74 126
26 484
100
53
La Repubblica
100
69,4
44
30,6
144
100
Il Sole 24Ore
50
79,4
13
20,6
63
100
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
Tutti i quotidiani considerati presentano una composizione del proprio pubblico
fortemente sbilanciata sugli uomini, che rappresentano il 79,4% del totale per il Sole
24ore, la maggiore percentuale di donne, sempre sul totale dei lettori, è del Giornale di
Sicilia con il 33,3 % sul totale dei suoi lettori.
Per quanto riguarda le classi di età, i dati indicano che tutte le testate oggetto
d’indagine presentano una maggiore percentuale di lettori nel cluster che raggruppa le
fasce comprese tra i 25 e i 54 anni.
Sotto questo profilo non emergono differenze rilevanti tra i quotidiani esaminati.
Tab. 2. Lettori nel giorno medio: analisi per classe d’età.
Analisi per classe d’età
Lettori nel giorno medio
Il Giornale di
Sicilia
La Sicilia
La Repubblica
Il Sole 24Ore
valore assoluto
20 20 2 0
14-17 anni
valore % 3,8 4,1 1,4 0
valore assoluto
93 57 11 5
18-24 anni
valore % 17,9 11,8 7,6 8,1
valore assoluto
124 92 34 18
25-34 anni
valore % 23,8 19 23,6 29,1
valore assoluto
108 117 42 17
35-44 anni
valore % 20,8 24,2 29,2 27,4
45-54 anni
valore assoluto
86 83 28 17
54
valore %
16,5 17,1 19,5 27,4
valore assoluto
48 67 15 3
55-64 anni
valore % 9,2 13,8 10,4 4,8
valore assoluto
41 48 12 2
oltre i 64 anni
valore % 8 9,9 8,3 3,2
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
Le differenze tra le testate risultano tuttavia ben più marcate se dagli indicatori di
genere ed età si passa ad altre e più sensibili categorie: l’analisi per titolo di studio dei
lettori, per categoria socio-economica e socio-professionale.
Tra le differenze più significative nella readership delle tre testate, è da segnalare
l’alta incidenza dei laureati sul totale dei lettori di Repubblica. I due quotidiani
regionali, registrano, nella composizione del proprio pubblico la maggiore presenza di
titoli di studio sino alla licenza della scuola media inferiore; rispettivamente il 50% per
il Giornale di Sicilia e i 51,5% per il quotidiano La Sicilia.
Tab. 3. Lettori nel giorno medio: analisi per titolo di studio
Analisi per titolo di studio
Lettori nel giorno medio
Il Giornale di Sicilia
La Sicilia
La Repubblica
Il Sole 24Ore
valore assoluto
46 34 28 11
Laurea valore % 8,8 7 19,3 17,5
valore assoluto
214 201 82 44
Diploma valore % 41,2 41,5 56,6 69,8
55
valore assoluto
175 151 30 7
Licenza media
valore %
33,7 31,2 20,7 11,1
valore assoluto
73 85 3 1
Licenza elementare valore %
14 17,6 2,1 1,6
valore assoluto 12 13 2 0
Nessun titolo
valore % 2,3
2,7
1,3
0
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
L’area sociale d’insediamento dei quattro quotidiani registra differenze significative
anche quando l’indagine Audipress scompone l’universo dei lettori secondo la loro
appartenenza a classi socio-economiche risultanti dall’intreccio di indicatori relativi alla
disponibilità di reddito personale e familiare ed alla tipologia di consumi.
Le non marcate differenze fra i quotidiani per diffusione nella classe socio-
economica indicata come “media” non dovrebbero portare ad una sottovalutazione delle
altre e più rilevanti articolazioni nella composizione del pubblico: i due quotidiani
regionali risultano essere più diffusi tra le classi socio-economiche medio-inferiore ed
inferiore rispetto ai due quotidiani nazionali. Considerando la categorie classe sociale
“medio-inferiore”, è evidente lo scarto tra il 22,3% del pubblico del Giornale di Sicilia e
il 3,2% del pubblico del Sole 24Ore.
Tab. 4. Lettori nel giorno medio: analisi per classe socio-economica
Analisi per classe socio-economica
Lettori nel giorno medio
Il Giornale di Sicilia
La Sicilia
La Repubblica
Il Sole 24Ore
valore assoluto
6 6 0 2
Superiore valore %
1,1 1,2 0 3,2
56
valore assoluto 83 62 41 19
Medio
superiore valore % 16 12,8 28,3 30,1
valore assoluto 285 304 93 40
Media
valore % 54,8 62,7 64,1 63,5
valore assoluto 116 92 10 2
Medio inferiore valore %
22,3 19 6,9 3,2
valore assoluto
30 21 1 0
Inferiore valore % 5,7
4,3 0,7 0
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
Nell’indagine Audipress, la variabile “categoria socio-professionale” presenta come
la categoria precedente delle differenze tra le diverse testate.
Il Sole 24Ore presenta una percentuale maggiore del suo pubblico tra i ceti superiori
(questa categoria comprende imprenditori, liberi professionisti, dirigenti e possidenti).
La Repubblica e il Giornale di Sicilia condividono la leadership tra i ceti intellettuali
(docenti e studenti); mentre La Sicilia è il quotidiano più letto tra gli operai.
Tab. 5. Lettori nel giorno medio: analisi per classe socio-professionale
Analisi per categoria socio-professionale
Lettori nel giorno medio
Il Giornale di Sicilia
La Sicilia
La Repubblica
Il Sole 24Ore
valore assoluto 35 27 15 18
Ceti superiori valore %
7,4 6,1 11,1 30
valore assoluto 167 172 55 24
Ceti medi valore %
35,2 38,9 40,7 40
Agricoltori valore assoluto 0 0 0 0
57
valore % 0 0 0 0
valore assoluto 20 22 11 3
Docenti valore %
4,2 5 8,2 5
valore assoluto
73 45 14 7
Studenti valore %
15,4 10,2 10,4 11,7
valore assoluto
45 63 12 2 Operai
valore % 9,5 14,2 8,9 3,3
valore assoluto
5 6 0 0 Braccianti
valore % 1,1 1,4 0 0
valore assoluto 129 107 28 6
Pensionati valore %
27,2 24,2 20,7 10
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
Infine nella tabella 6, viene proposta una analisi del pubblico per ampiezza dei centri
abitati. La bassa percentuale riportata dal Giornale di Sicilia nella categoria che
considera i centri abitati tra i 100 mila e i 250 mila abitanti, è da considerare un fatto
contingente. Infatti appartengono a questa categoria le due città di Messina e Siracusa,
dove per tradizione culturale il quotidiano Catanese La Sicilia è più diffuso.
Tab. 6. Lettori nel giorno medio: analisi per ampiezza dei centri abitati
Analisi per ampiezza centri abitati
Lettori nel giorno medio
Il Giornale di Sicilia
La Sicilia
La Repubblica
Il Sole 24Ore
valore assoluto
110 80 26 5
Fino a 10 mila abitanti valore %
21,2 16,5 17,9 8,1
10-30 mila
valore assoluto 102 181 41 19
58
abitanti valore % 19,6 37,4 28,3 30,6
valore assoluto 98 103 18 9
30-100 mila abitanti valore % 18,9 21,3 12,4 14,5
valore assoluto 6 34 12 5
100-250 mila
abitanti valore %
1,1 7 8,3 8,1
valore assoluto
204 86 48 24
Oltre 250 mila abitanti valore % 39,2 17,8 33,1 38,7
Fonte: elaborazione propria su dati Audipress 1999. Valori assoluti x 1000.
L’analisi della composizione del pubblico di una testata si presenta dunque come un
elemento di sfondo nella comprensione dei meccanismi di elaborazione dei criteri di
notiziabilità e rilevanza adottati dalle redazioni, un elemento che sebbene non sia
esplicitamente posto alla base delle procedure redazionali, contribuisce tuttavia ad
orientare l’organizzazione del sapere di senso comune di cui i giornalisti sono interpreti.
NOTA METODOLOGICA E PROTOCOLLO DI RICERCA
di Cirus Rinaldi
1. La rappresentazione dello sciopero degli autotrasportatori sui quotidiani locali
e nazionali
Il corpus considerato è composto da 150 articoli pubblicati tra il 1 e l’11 ottobre 2000
dai seguenti quotidiani locali e nazionali: Giornale di Sicilia, La Sicilia, la Repubblica
(edizione nazionale e locale), Il Sole 24-ore.
Con il termine articolo abbiamo inteso un unità d’analisi riferibile sia a testi di ampie
dimensioni che a quelli di ridotte dimensioni (colonne, trafiletti, editoriali).
Il corpus testuale analizzato è composto in percentuale come indicato nella figura 1:
59
34%
37%
17%
6%6%
Il Giornale di Sicilia La Sicilia
La Repubblica locale La Repubblica nazionale
Il Sole 24ore
Figura 1. Distribuzione degli articoli esaminati.
La ricerca si è concentrata principalmente su due aspetti del documento-notizia: “(a) il
processo, il contesto e la significatività del documento e (b) il modo in cui il documento
aiuta a definire la situazione e a chiarire il significato per il membro dell’audience”
(Altheide, 2000:20), confermando un approccio di tipo processuale e relazionale nello
studio dei vari testi. L’analisi utilizzata è di tipo testuale.
Nell’analisi del testo si è proceduto attraverso una griglia analitica (in allegato) che ci ha
permesso di descrivere le caratteristiche di ogni articolo: gli elementi distintivi del testo
in questione (innanzitutto la titolazione; il virgolettato presente); l’importanza spaziale
dell’articolo nella sua collocazione nel quotidiano, della sua posizione rispetto ai
quadranti della pagina e dello spazio occupato dall’articolo nella pagina.
Tali informazioni ci sono sembrate indispensabili per valutare la composizione della
pagina e della posizione dell’articolo nella pagina al fine di esplicitare le scelte
informative del giornale e di evidenziarne le cariche emotive (Murialdi, 1975).
Si è valutata altresì la presenza di commenti di tipo visuale, con l’obiettivo di
considerare non solo l’uso di immagini e foto, ma anche la presenza di testi schematici
o di grafici di informazione (infographics): con tali informazioni è stato possibile
valutare le relazioni tra testo ed immagini e i valori connotativi di queste ultime rispetto
ai temi trattati.
La griglia comprende anche una parte dedicata alla registrazione dei contenuti e delle
categorie sui quali verte la costruzione della rappresentazione giornalistica: la funzione
di questa sezione è l’individuazione di forme stereotipate di rappresentazione.
60
L’ultima sezione della griglia è relativa registro discorsivo prevalente con la possibilità
di esprimerne in gradi l’intensità. In tal modo è stato possibile prestare attenzione allo
stile lessicale35 (analisi parole scelte per descrivere i fenomeni) e alle figure retoriche
utilizzate (metafore; similitudine; ironia; eufemismi) nonché ai luoghi comuni.
Questa ultima sezione è funzionale all’analisi dei principali meccanismi discorsivi
implicati nella riproduzione di stereotipi: dai contenuti della produzione narrativa e
discorsiva alle modalità con cui i contenuti vengono utilizzati, attraverso l’esplicitazione
e la disamina di repertori interpretativi fondati su forme di conoscenza mediata
(generalizzazione, astrazione, decontestualizzazione).
In una seconda fase si è proceduto con la costruzione di una super-griglia che potesse
permetterci di sintetizzare, anche visivamente, le informazioni raccolte con la griglia.
Nella elaborazione della super-griglia per l’identificazione e l’elaborazione dei profili
abbiamo tenuto conto dei principali nodi tematici ed interpretativi emersi (temi o micro-
frames) e, ad un metalivello superiore, dei frames e dei processi di framing utilizzati dai
giornalisti (e per esteso dalle testate), intendendo con questi ultimi le cornici
interpretative entro cui prende corpo ed è focalizzato un determinato evento e pertanto
le modalità attraverso le quali verrà discusso ed individuato.
Rispetto ai temi (o mini-frames) si sono considerati lo spazio, il ruolo e la qualità della
rappresentazione dei principali attori coinvolti nella narrazione36 e nelle strutture
argomentative, in particolare:
a) manifestanti;
b) governo locale (politica locale);
c) governo nazionale (politica nazionale);
d) forze dell’ordine;
e) categorie produttive e professionali;
35“Espressioni abusate e inutili dal punto di vista dell’informatività (“a livello di”);Espressioni figurative logorate
dall’uso (“l’occhio del ciclone”; “cavalcando la tigre”); Espressioni inadeguate rispetto al contesto perché appartenenti ad ambiti discorsivi diversi (“pole position” – sport; “immaginario collettivo”- teorie psico-sociologiche); Slogan, che condensano ampie assunzioni ideologiche, banalizzandole (“Chiesa è bello”); Espressioni eccessivamente astratte (“tematiche di fondo”; “porre in essere”; “attivarsi”; “discriminare fra diversi contesti”); Espressioni che , oltre ad essere abusate, introducono un eccesso inutile di concretezza rispetto al contesto in cui si trovano (“zoccolo duro”; gatta da pelare”; “patata bollente”); Espressioni passe-partout (“discorso valido”); Eccessi di intensità (“delirante”; “assurdo”); Espressioni soggette a mode che en estendono troppo l’uso (“praticamente”; “territorio”; “degrado”)” Cfr Maria Pia Pozzato, “Dall’antilingua al linguaggio efficace”, in R.Grandi, La comunicazione pubblica. Teorie, casi, profili normativi, Carocci, Roma, 2001, pag.286. 36 Chi parla/Chi fanno parlare? E Come? (Vd van Dijk che parla di interfaccia cognitiva (Ideologies in political discorse on immigration, relazione presentata alla Conferenza internazionale, “New directions in comparative research on racism and xenophobia”, Utrecht, 23-25 aprile; ovvero le credenze, le conoscenze, gli obiettivi di colui che parla)/contesto oggettivo e contesto soggettivo
61
f) cittadini.
Attraverso la disamina dei frames, abbiamo cercato di ricostruire i parametri e le
modalità attraverso le quali, negli articoli, si è discusso e sviluppata la vicenda degli
autotrasportatori. Abbiamo individuato le seguenti dimensioni:
a) Argomento per discutere di problemi politici
b) Argomento per discutere di problemi economici
c) Problema sociale
d) Problema di ordine pubblico
e) Problema culturale
Attraverso tali procedure è stato possibile costruire dei profili e classificarli in base alla
tipologia binaria proposta da Landowski (1990), distinguendo tra forme oggettivanti di
narrativizzazione della quotidianità e forme soggettivanti che passano attraverso la
discorsivizzazione del mondo (Landowski, 1990: 226). Se nella prima tipologia
abbaimo compreso quei giornali caratterizzati da resocontività e registro cronachistico,
nel secondo gruppo abbiamo compreso quelli distinguibili per alta emotività,
drammatizzazione e narratività.
Anche i titoli sono stato oggetto della nostra analisi: essi infatti sono mezzi strategici di
anticipazione del contenuto (Spedicato, 2000). Di questi ultimi si sono considerate le
tecniche di costruzione, indicandone, ove rilevante, la grammatica corrispondente
(titolazione cronachistico-indicativa; titolazione drammatica-brillante; titolazione
informativa/emotiva; se descrivono la scena, il personaggio, il dialogo o il parlato).
Nell’analisi non abbiamo privilegiato singole parole quanto piuttosto i modelli
discorsivi associati alla rappresentazione della vicenda e, per metonimia, della Sicilia.
Infatti “[la rappresentazione è un segno, o un insieme organizzato di segni; […], si può
definire la rappresentazione come un’immagine “costruita” a partire da una selezione,
ricombinazione e anche simulazione di elementi della realtà in vista di uno scambio
comunicativo tra un enunciatore ed un enunciatario” (Giaccardi, 1994: 112).
Nell’individuazione dei temi pertinenti no ci siamo attenuti alla presentazione della
vicenda per se, questa infatti non implicitamente significativa, ma lo diventa nel
momento in cui l’azione che viene rappresentata è parte di una serie di azioni o uno
scenario (Altheide, 2000: 291).
Non abbiamo utilizzato un metodo deduttivo classico, considerando categorie pre-
costruite nell’analisi dei dati bensì un approccio di tipo induttivo (Fairclough, 1995),
62
che ci dato inoltre la possibilità di considerare le notizie come documenti etnografici
(Altheide, 2000b).
I documenti, i testi, che non sono semplici ‘agglomerati di fatti partecipano ai processi
vitali, e ogni parola in essi vibra con le intenzioni con le quali si origina” (Kracauer
citato in Larsen, 1995: 122)37.
2.1 La strage di Vittoria : ATLAS.TI e l’analisi relazionale dei testi
Per l’analisi del caso della strage di Vittoria si è proceduto attraverso un’analisi
relazionale degli articoli dei vari quotidiani con l’obiettivo di pervenire ad un resoconto
coerente degli ottantasette articoli, apparsi su cinque quotidiani nazionali e locali, nel
periodo che va dal 3 al 18 gennaio 1999.
L’analisi del materiale raccolto, ha seguito una metodologia qualitativa e si è avvalsa
dell’ausilio del software Atlas.ti, per la scelta e la gestione dei frammenti tratti dagli
articoli. Nello specifico, si è trattato di decostruire i testi, selezionando e
concettualizzando alcune citazioni, poi raggruppate in macro categorie. Il software ha
permesso inoltre di rintracciare la frequenza degli articoli assegnati per macro e sotto
categorie e di visualizzarne la mappa semantica.
Il metodo della ricerca è quanti-qualitativo, nel senso che si procederà inizialmente ad
una classificazione dei concetti: si tratta di una operazione intellettuale con cui i testi
vengono sottoposti a codifica individuando specifiche categorie e sottocategorie, queste
vengono dapprima elencate e poi vengono stabilite le procedure con cui ciascun caso
viene attribuito ad una categoria (conteggio); di seguito si procederà ad una operazione
di comprensione delle categorie dei partecipanti e vedere come queste vengono
ricondotte all’obiettivo generale della ricerca .
Il conteggio delle frequenze attraverso l’utilizzo di Atlas, non è avvenuto secondo un
approccio di contento analysis tradizionale, affidandosi cioè alla mera ricerca delle
parole del testo, ma ci si è riferito alle Keywords assegnate a ciascun frammento di testo
37 “Documents which are not simply agglomerations of fact participate in the process of living, and every word in them vibrates with the intentions in which they originate and simultaneously foreshadows the indefinite effects they may produce. Their content is no longer their content if it is detached from the texture of intimations and implications to which it belongs and taken literally; it exists only with and within this texture – a still fragmentary manifestation of life, which depends upon response to evolve its properties. Most communications are not so much fixed entities as ambivalent challenges. They challenge the reader or the analyst to absorb them and react to them. Only in approaching these wholes with his whole being will the analyst be able both to discover and determine their meaning – or oe of their meanings – and thus help them to fulfill themselves” (Kracauer, S. (1953), The challenge of qualitative content analysis, in Public Opinion Quarterly, 16(2): 631-642; la presente citazione è a pag. 641; citato in Larsen, 1995: 122).
63
selezionato dopo aver letto per intero la trascrizione, in modo tale che l’attenzione
dell’analisi sia rivolta a categorie di contenuto e non a singole parole.
L’analisi delle testi, come accennato all’inizio, si sostanzierà – attraverso l’uso del
software Atlas.ti 4.1 – in un’analisi processuale del documento (testo), attenta alle
relazioni di senso e alle categorie di contenuto piuttosto che alle singole parole, analisi
che per semplicità si può ridurre a due livelli principali: a) il primo di tipo testuale e b)
il secondo di tipo concettuale.
Il primo livello ci permette di segmentare e selezionare parti dei testi, cui poter
associare – per le specificità del software utilizzato – codici, annotazioni, commenti,
note, secondo le finalità e gli obiettivi della ricerca, proiettandola verso una prima
concettualizzazione.
Il secondo livello permette di raffinare ed elaborare le relazione esistenti tra i concetti
emersi nella fase testuale: attraverso l’uso di Atlas.ti è infatti possibile raccogliere e
scorrere elettronicamente i documenti scritti come se fossero figure, contrassegnando e
classificando le sezioni per recuperarle successivamente.
E’ possibile quindi creare dei diagrammi concettuali che mostrino i legami tra le idee
che emergono dai dati. Questi diagrammi sono a loro volta collegati con i casi, e questo
significa che si possono raccogliere molto velocemente le citazioni che illustrano le
affermazioni teoriche.
I network semantici così costituiti ed emersi durante le fasi di analisi e
concettualizzazione svolgono il duplice compito di rappresentare graficamente
informazioni complesse e di rendere conto delle strutture semantiche dei testi.
Queste ultime sono altresì scomponibili ed osservabili nelle loro dimensioni micro e
macro attraverso i metodi dell’analisi del discorso: se nel primo caso ci atterremo alla
struttura concettuale di senso di una frase (local semantic unity) considerandone la
coerenza strutturale e funzionale locale; nel secondo caso – che ci riguarda
maggiormente- attraverso l’analisi dell’unità semantica complessiva (overall semantic
unit alias il testo ) e della relazioni tra unità semantiche complessive si perverrà
all’individuazione delle macrostrutture del testo ossia delle macroregole di selezione,
astrazione e delle altre operazioni che riducono le informazioni complesse sino ai
themes / topics principali, che sintetizzano il testo e ne specificano le informazioni più
importanti.
Questa operazione di de-costruzione e ricostruzione relazionale del testo faciliterà
l’individuazione non solo della struttura tematica dei testi ma, soprattutto, dei loro
64
schemi informativi ossia dei discorsi e delle rappresentazioni sociali del fenomeno
mafioso di cui ogni settore disciplinare coinvolto nella ricerca è significativo produttore.
La metodologia utilizzata per portare a compimento il lavoro è principalmente la
Grounded Theory38.
La scelta di questa metodologia, è motivata dal fatto che il fenomeno oggetto di studio è
un “processo” che scaturisce da una serie di atti interattivi fra gli attori chiave del
sistema.
La dimensione processuale non potrebbe essere compresa attraverso il linguaggio delle
variabili e della statistica, perché la variabile statistica con i suoi caratteri di neutralità
ed oggettività non costituisce la base per un discorso metodologico complesso. Il suo
obiettivo principale non è però costituito dalla semplice descrizione del fenomeno
studiato, bensì dalla formulazione di proposizioni teoriche ad un livello di sempre
maggiore astrazione (Capecchi, 1996 in Cipolla e De Lillo; Strati, 1999). Il processo di
disvelamento di conoscenze nuove relative ai fenomeni è molto complesso e può essere
realizzato solo con:
• l’immersione dello studioso nel contesto in esame: egli non deve essere
distaccato, ma coinvolto nelle interrelazioni che gli attori sociali pongono in
essere;
• un’analisi approfondita;
• un continuo tentativo di comprensione del contesto con termini vicini a quelli
delle persone che vivono ed operano in tale contesto.
La teoria si costruisce dunque per via induttiva, sulla base qualitativa dei dati e delle
informazioni che emergono nel corso della ricerca empirica. L’analisi induttiva si è
avvalsa della procedura di codifica per categorie e sottocategorie che ha permesso la
individuazione di particolari proprietà e specifiche dimensioni.
Per concludere, il programma Atlas.ti ha permesso le attività di archiviazione,
organizzazione, recupero di grande mole di dati in formato testo nonché fornisce
operazioni più sofisticate di classificazione/categorizzazione, etichettamento e codifica
dei vari frammenti di testo. Esso ci ha permesso di considerare sei diversi livelli di
analisi all’interno di una cosiddetta Unità Ermeneutica (HU) (Muhr, 1997:8-9):
38 La formulazione della Grounded theory è avvenuta nel 1967 in seguito a riflessioni e dibattiti sui metodi di analisi qualitativa in sociologia realizzati da B. Glaser e A. Strauss. Questi ricercatori hanno proposto nuove strategie e procedure per la ricerca finalizzate alla scoperta, e quindi alla formulazione, di nuove teorie empiricamente fondate. Approccio metodologico fondato sul dato emerso dalla ricerca; Cfr. Glaser e Strass (1967).
65
• I documenti primari (primary documents): i testi sui quali verrà effettuata
l’analisi, nel nostro caso si tratta delle trascrizioni dei tre FG;
• le citazioni (quotations), frammenti e porzioni di testo considerate come
particolarmente rappresentative dal ricercatore;
• codici (codes): la cui funzione è quella di ‘etichettare’ ed inventariare,
concettualizzandole, le posizioni dei partecipanti e le interazioni all’interno del
gruppo;
• annotazioni (memos): emerse durante l’analisi, note prese sul campo;
• le famiglie (families): raggruppano ad un livello di astrazione superiore
citazioni, codici ed annotazioni;
• le reti semantiche (networks): permettono di creare diagrammi concettuali e di
rendere graficamente i legami tra quotations, codes, memos e families.
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