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10 I UOMINILIBERI I MERCOLEDÌ 21 NOVEMBRE 2018 I IL CITTADINO DI LODI vecchie abitudini e compiere gesti che molti di noi da persone “libere”, nella quo- tidianità abbiamo dimenticato. Si vive di “piccole/grandi” cose e sensazioni che, confesso, nel tempo avevo rimosso. La permanenza costretta dentro queste mu- ra mi ha obbligato a riflettere sulla mia vita, sui ricordi, sugli sbagli commessi ma anche sulle tante cose belle che ho avuto la fortuna di vivere e che ti rendi conto, forse non si sanno apprezzare nella loro squisita semplicità. Al tempo stesso ti do- mandi dell’incognita della tua vita e di che sarà dopo questa esperienza. Stare qua dentro non è una passeggia- ta, ma una profonda presa di coscienza che ti costringe a “fare i conti” con te stes- so, che può anche farti vivere momenti È la prima volta che mi accingo a scri- vere un articolo per un quotidiano locale, anche perché prima d’ora, non ne avevo mai avuto l’occasione. E mi sembra incre- dibile che questo avvenga dentro un car- cere, in quanto a 53 anni suonati, mai avrei immaginato di trovarmi “dietro le sbarre”! Quello che vorrei far comprendere in questo articolo è la incredibile “sensazio- ne” che una persona qualunque si trovi nel giro di 12 ore proiettato in una dimen- sione mai lontanamente immaginata. De- vo dire che fin dal primo istante che ho varcato la porta d’ingresso, malgrado la tensione e lo smarrimento legati all’incre- dulità di quanto stavo vivendo, ho trovato un ambiente ben lontano da quanto mi aspettavo. Quante volte passando davanti ad un carcere, la domanda che mi ero po- sto era “ma dentro come sarà???”. Oggi posso dire di essermi fatto un’idea, anche se è difficile descrivere in poche righe le molteplici sensazioni che ho provato in questi mesi. La prima è stata di pacata accoglienza, sia con i miei compagni di cella (grazie, Miri, Franco e Farid!) così come con gli altri detenuti ed assistenti. La base di tutto si chiama rispetto, condizione essenziale per essere a tua volta rispettato. La cosa che forse mi ha maggiormente colpito è stato rispolverare tutti i clamori mediatici possibili con uso di elicotteri, cani, squadre speciali, le forze dell’ordine erano piombate in casa dei due fratelli e dopo averla messa sottosopra avevano trovato nell’auto di Mattia i resti di una fascetta firmata per conservare il denaro, come quelle usate per quello ruba- to. Ed ecco due bei colpevoli da immolare sulla gogna mediatica per chiudere velo- cemente il caso. Ma visto che la BreLog era mia cliente, avendo stipulato una polizza crediti, i la- dri oltre ad essere entrati nel caveau della BreLog avrebbero fatto visita anche a me, obbligandomi a pagare il sinistro. Crivoli mi aveva ricordato la deadline per il paga- mento, e oltre a veder il tempo stringere, non riuscivo a togliermi dalle orecchie le parole pronunciate dai due fratelli, per i quali mi era nata una particolare simpatia. Ero andato alla BreLog con il commissario Grazi per capire cosa fosse accaduto. Ave- vo incontrato il direttore generale Michele Pascutti, il responsabile della sicurezza Andrea Regini, e le due guardie, Enrico Strazze e Filippo Gramello, che si erano occupate della raccolta e del deposito nel caveau del denaro che era poi stato ruba- to. Pascutti mi aveva spiegato che ogni giorno raccoglievano gli incassi di circa quaranta centri commerciali della zona, depositando il denaro nel caveau a cui si poteva accedere solo attraverso un sofi- sticato sistema di sicurezza, per poi ver- sarlo il giorno dopo in banca. Unica falla erano le telecamere interne, che avevano subito un guasto il giorno del furto e che quindi non funzionavano. Mi avevano mostrato il filmato del furgone che prele- « Le due guardie erano i colpevoli perfetti per il furto alla BreLog. Ma qualcosa non mi tornava... Le prove schiaccianti, un avvocato incompetente pronto a patteggiare, e il caso BreLog era chiuso ancor prima che si aprisse, anche se loro continuavano a professarsi disperatamente innocenti, e io non so perché ero portato a crederci. Ugo aveva rinunciato alla sua solita pas- seggiata, preferendo i ventidue gradi del mio loft romano, perfettamente climatiz- zato, alla calura delle strade capitoline. Si era disteso sul divano, prendendone pos- sesso, impedendomi di fatto di potermici sedere. Scartabellavo tra i vari documenti del fascicolo per cercare di capire perché quella sinapsi fosse rimasta aperta. I fatti erano semplici, forse troppo, e quindi stra- ni. La BreLog, società di logistica specia- lizzata nella gestione degli incassi della grande distribuzione, aveva subito un fur- to milionari: le erano stati trafugati dal caveau ben otto milioni di euro in contan- ti, frutto della raccolta degli incassi quoti- diani. Nel momento in cui si pensava fosse avvenuto il furto erano presenti solo le due guardie di turno, i fratelli Mattia e Luca De Liguori, napoletani, i quali, pur confessando di essersi addormentati, con- tinuavano a dichiarare di non aver nulla a che fare con il furto. Nel corso di un’azione effettuata con vava il denaro dai vari centri commerciali: quella sera pioveva molto e si vedeva il mezzo, sporco e pieno di fango, fermo al- l’ingresso dei vari centri con la guardia riponeva l’incasso al sicuro nel portellone posteriore. Era davvero una serata infer- nale, perché veniva giù tanta acqua che non si poteva circolare tranquillamente. Il filmato si chiudeva con il ritorno alla base e con i due agenti che scaricavano il prezioso carico per depositarlo nel cave- au, anche se le immagini erano legger- mente alterate perché il furgone, partico- larmente lucido, aveva uno strano riflesso nella telecamera, causato dalla pioggia. Pascutti aveva confermato e aveva detto che dopo aver controllato il denaro, lo aveva come suo solito fascettato, fir- mando ogni singola fascetta prima di ri- porlo nel caveau. La cifra complessiva era poco meno di otto milioni di euro. Alle 22 erano arrivati i fratelli De Liguori che si erano posizionati in cabina di regia di- chiarando che nulla fosse successo sino al mattino, quando Pascutti, arrivato per organizzare il trasporto in banca con Strazze e Gramello, aveva trovato il cave- au vuoto. Regini analizzando il log del si- stema di sicurezza dichiarava che alle 2 del mattino l’allarme fosse stato disinseri- to completamente, per essere riattivato 2 ore dopo. Quindi tutto andava contro i fratelli e il malfunzionamento delle tele- camere peggiorava ancor più la loro posi- zione. Eppure sarà che parlavano la mia madre lingua, sarà che Mattia aveva una simpatia tragicomica che solo un napole- tano può trovare in quelle situazioni, c’era qualcosa che mi aveva lasciato perplesso, ma che soprattutto aveva attivato le mie sinapsi. Ero rimasto colpito dal loro legale, l’avvocato Spugnosi, un mezzo idiota, con una scatolina di medicine sempre in ma- no, che di certo sarebbe riuscito a fargli prendere l’ergastolo, seppur il giudice ne avesse chiesto l’assoluzione. Li avrebbe rovinati con la sua idiozia. Mi alzai per prendere dal frigo una bottiglietta di Per- rier, CO2 allo stato liquido, anche se aperto il frigo non vi trovai nulla. Odiavo bere acqua a temperatura ambiente, figurarsi quando fuori c’erano 40 gradi! Già stavo per scaricare la colpa sulla povera dome- stica, immaginando che la avesse tracan- nata lei, quando mi accorsi che la avevo accusata ingiustamente, perché l’acqua in frigo non l’avevo mai messa. Ed ecco l’illuminazione che aspettavo era arrivata chiudendo il circuito rimasto aperto. Chia- mai immediatamente Grazi chiedendogli di verificare la mia teoria strampalata, ma plausibile. Due giorni dopo incontrai i due fratelli, che non sapevano come ringra- ziarmi perché erano stati messi in mezzo da tutti gli altri. Il denaro nel caveau non era mai entrato, perché Strazze e Gramello avevano fatto solo finta di caricarcelo. Avevano sostituito il furgone pieno di de- naro, con un altro completamente vuoto, ma pulitissimo, e il fatto che fosse talmen- te luccicante, privo di fango, aveva attira- to inconsciamente la mia attenzione. Se i due fratelli erano innocenti, allora l’unica cosa plausibile era che fossero colpevoli tutti gli altri, e così era stato. Strazze e Gramello avevano messo il furgone pieno di denaro al sicuro ed erano rientrati con un furgone vuoto. Regini aveva da remoto disinserito l’allarme e il gioco era fatto: i due poveri fratelli erano belli e incastrati. Certo nessuno sperava nell’aiuto dell’av- vocato idiota che avrebbe poi completato l’opera, offrendogli un involontario aiuto. Non c’era nulla da sdebitarsi. Gli ricor- dai che a volte le apparenze ingannano, come in quel caso e in quello del loro avvo- cato. Inizialmente pensavo fosse un mez- zo idiota, ma poi dopo averci parlato, dopo che erano stati rilasciati avevo capito che mi ero sbagliato: era un idiota completo! Ed Ugo col suo latrato aveva apposto il suo sigillo... n IL RACCONTO DEL BROKER Le apparenze ingannano LA PRESENTAZIONE Stare qui dentro ti costringe a fare i conti con te stesso intensi e profondi. Fra tutti non potrò mai dimenticare il primo colloquio con mio figlio; tutte le ansie, le incognite e le paure che riponevo nell’attesa di vederlo, sono svanite d’incanto in un suo sorriso ed un abbraccio. Forse potrà sembrare poca co- sa, ma per me, così come per tanti altri qui in carcere, l’affetto della famiglia o delle persone vicine sono la vera forza che ti permette di superare i momenti di dispe- razione che purtroppo spesso si manife- stano. E avrei ancora tanto da raccontare ma... devo andare. Per ora, non posso che salutarvi, perché sono tornato a essere un uomo libero, e spero migliore: forse grazie anche a questa esperienza. n Antonio “Toto65” Freni sempre efficienti. A volte desidero che il tempo, da carcerato passi cosi’ velocemente che le idee, i progetti,i pensieri di domani,facciano già parte del passato! Anche se non li ho ancora..... conosciuti !! ICARO cercasi !anche....prima esperienza ! Non ho mai provato attrazione per il volo. Il volo,con qualsiasi tipo “aeromobile”, mi intimorisce e mi mette un po’ di “umana ansia”! Ed è in quei momenti che apprezzo e mi “gusto” particolarmente il celeberrimo : «Tenere i piedi ben piantati per terra!». Come per tutte “le umane cose”,esiste sempre il “rovescio della medaglia !”In questo preciso momento,i miei piedi sono “ben piantati” sul pavimento della cella N.19 del Carcere di Lodi ! Da cui . Dio solo sa come saprei ben vincere ogni timore ed ansia del volo,pur di trovarmi su qualsiasi “diavoleria”, fosse pure un “disco volante”, qualunque sia la destinazione!!! Fortunatamente esi- ste sempre la ”terza parte”della medaglia : tra le due ”facce” c’è lo “spessore”: «Quanti voli i nostri pensieri intraprendono,quante mete, destinazioni” raggiungia- mo”, a ogni ora del giorno e della notte, senza mai uscire dal carcere !!» Punti a favore: non si paga il biglietto, niente attese per l’imbarco, niente sciope- ri,niente “vuoti d’aria e perturbazioni”!Unico punto a sfavore :Il rischio di un “atterraggio” un po’ .... ”rovino- so”!! Consiglio utile: Tenersi alla larga dal “Sole”!!! Non dar mai via del.... tuo ! Uno stolto guardava un albero, d’inverno,spoglio,sen- za nemmeno una foglia, e gli disse : «Come sei pelato!». E l’albero: «Si è vero, però a me le foglie ricrescono !A te i capelli no !!!». Tutto il mondo è paese! Il cuore costruisce, la mente distrugge, l’anima tiene duro ad oltranza e la vita... continua !!! n Il Vegg IL DIARIO DEL “VEGG”

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10 I UOMINILIBERI I MERCOLEDÌ 21 NOVEMBRE 2018 I IL CITTADINO DI LODI

vecchie abitudini e compiere gesti che molti di noi da persone “libere”, nella quo-tidianità abbiamo dimenticato. Si vive di“piccole/grandi” cose e sensazioni che, confesso, nel tempo avevo rimosso. La permanenza costretta dentro queste mu-ra mi ha obbligato a riflettere sulla mia vita, sui ricordi, sugli sbagli commessi maanche sulle tante cose belle che ho avutola fortuna di vivere e che ti rendi conto, forse non si sanno apprezzare nella lorosquisita semplicità. Al tempo stesso ti do-mandi dell’incognita della tua vita e di chesarà dopo questa esperienza.

Stare qua dentro non è una passeggia-ta, ma una profonda presa di coscienza che ti costringe a “fare i conti” con te stes-so, che può anche farti vivere momenti

È la prima volta che mi accingo a scri-vere un articolo per un quotidiano locale,anche perché prima d’ora, non ne avevomai avuto l’occasione. E mi sembra incre-dibile che questo avvenga dentro un car-cere, in quanto a 53 anni suonati, mai avreiimmaginato di trovarmi “dietro le sbarre”!

Quello che vorrei far comprendere inquesto articolo è la incredibile “sensazio-ne” che una persona qualunque si trovinel giro di 12 ore proiettato in una dimen-sione mai lontanamente immaginata. De-vo dire che fin dal primo istante che ho varcato la porta d’ingresso, malgrado latensione e lo smarrimento legati all’incre-dulità di quanto stavo vivendo, ho trovatoun ambiente ben lontano da quanto mi aspettavo. Quante volte passando davantiad un carcere, la domanda che mi ero po-sto era “ma dentro come sarà???”. Oggi posso dire di essermi fatto un’idea, anchese è difficile descrivere in poche righe lemolteplici sensazioni che ho provato inquesti mesi. La prima è stata di pacata accoglienza, sia con i miei compagni di cella (grazie, Miri, Franco e Farid!) così come con gli altri detenuti ed assistenti.

La base di tutto si chiama rispetto,condizione essenziale per essere a tua volta rispettato. La cosa che forse mi hamaggiormente colpito è stato rispolverare

tutti i clamori mediatici possibili con usodi elicotteri, cani, squadre speciali, le forzedell’ordine erano piombate in casa dei duefratelli e dopo averla messa sottosopraavevano trovato nell’auto di Mattia i restidi una fascetta firmata per conservare ildenaro, come quelle usate per quello ruba-to. Ed ecco due bei colpevoli da immolaresulla gogna mediatica per chiudere velo-cemente il caso.

Ma visto che la BreLog era mia cliente,avendo stipulato una polizza crediti, i la-dri oltre ad essere entrati nel caveau dellaBreLog avrebbero fatto visita anche a me,obbligandomi a pagare il sinistro. Crivolimi aveva ricordato la deadline per il paga-mento, e oltre a veder il tempo stringere,non riuscivo a togliermi dalle orecchie leparole pronunciate dai due fratelli, per iquali mi era nata una particolare simpatia.Ero andato alla BreLog con il commissarioGrazi per capire cosa fosse accaduto. Ave-vo incontrato il direttore generale MichelePascutti, il responsabile della sicurezzaAndrea Regini, e le due guardie, EnricoStrazze e Filippo Gramello, che si eranooccupate della raccolta e del deposito nelcaveau del denaro che era poi stato ruba-to. Pascutti mi aveva spiegato che ognigiorno raccoglievano gli incassi di circaquaranta centri commerciali della zona,depositando il denaro nel caveau a cui sipoteva accedere solo attraverso un sofi-sticato sistema di sicurezza, per poi ver-sarlo il giorno dopo in banca. Unica fallaerano le telecamere interne, che avevanosubito un guasto il giorno del furto e chequindi non funzionavano. Mi avevanomostrato il filmato del furgone che prele-

«Le due guardie erano i colpevoli perfetti per il furto alla BreLog.Ma qualcosa non mi tornava...

Le prove schiaccianti, un avvocatoincompetente pronto a patteggiare, e ilcaso BreLog era chiuso ancor prima chesi aprisse, anche se loro continuavano aprofessarsi disperatamente innocenti, eio non so perché ero portato a crederci.Ugo aveva rinunciato alla sua solita pas-seggiata, preferendo i ventidue gradi delmio loft romano, perfettamente climatiz-zato, alla calura delle strade capitoline. Siera disteso sul divano, prendendone pos-sesso, impedendomi di fatto di potermicisedere.

Scartabellavo tra i vari documenti delfascicolo per cercare di capire perchéquella sinapsi fosse rimasta aperta. I fattierano semplici, forse troppo, e quindi stra-ni. La BreLog, società di logistica specia-lizzata nella gestione degli incassi dellagrande distribuzione, aveva subito un fur-to milionari: le erano stati trafugati dalcaveau ben otto milioni di euro in contan-ti, frutto della raccolta degli incassi quoti-diani. Nel momento in cui si pensava fosseavvenuto il furto erano presenti solo ledue guardie di turno, i fratelli Mattia eLuca De Liguori, napoletani, i quali, purconfessando di essersi addormentati, con-tinuavano a dichiarare di non aver nullaa che fare con il furto.

Nel corso di un’azione effettuata con

vava il denaro dai vari centri commerciali:quella sera pioveva molto e si vedeva ilmezzo, sporco e pieno di fango, fermo al-l’ingresso dei vari centri con la guardiariponeva l’incasso al sicuro nel portelloneposteriore. Era davvero una serata infer-nale, perché veniva giù tanta acqua chenon si poteva circolare tranquillamente.Il filmato si chiudeva con il ritorno allabase e con i due agenti che scaricavanoil prezioso carico per depositarlo nel cave-au, anche se le immagini erano legger-mente alterate perché il furgone, partico-larmente lucido, aveva uno strano riflessonella telecamera, causato dalla pioggia.

Pascutti aveva confermato e avevadetto che dopo aver controllato il denaro,lo aveva come suo solito fascettato, fir-mando ogni singola fascetta prima di ri-porlo nel caveau. La cifra complessiva erapoco meno di otto milioni di euro. Alle 22erano arrivati i fratelli De Liguori che sierano posizionati in cabina di regia di-chiarando che nulla fosse successo sinoal mattino, quando Pascutti, arrivato perorganizzare il trasporto in banca conStrazze e Gramello, aveva trovato il cave-au vuoto. Regini analizzando il log del si-stema di sicurezza dichiarava che alle 2del mattino l’allarme fosse stato disinseri-to completamente, per essere riattivato2 ore dopo. Quindi tutto andava contro ifratelli e il malfunzionamento delle tele-camere peggiorava ancor più la loro posi-zione. Eppure sarà che parlavano la miamadre lingua, sarà che Mattia aveva unasimpatia tragicomica che solo un napole-tano può trovare in quelle situazioni, c’eraqualcosa che mi aveva lasciato perplesso,ma che soprattutto aveva attivato le miesinapsi. Ero rimasto colpito dal loro legale,l’avvocato Spugnosi, un mezzo idiota, conuna scatolina di medicine sempre in ma-no, che di certo sarebbe riuscito a fargliprendere l’ergastolo, seppur il giudice neavesse chiesto l’assoluzione. Li avrebbe

rovinati con la sua idiozia. Mi alzai perprendere dal frigo una bottiglietta di Per-rier, CO2 allo stato liquido, anche se apertoil frigo non vi trovai nulla. Odiavo bereacqua a temperatura ambiente, figurarsiquando fuori c’erano 40 gradi! Già stavoper scaricare la colpa sulla povera dome-stica, immaginando che la avesse tracan-nata lei, quando mi accorsi che la avevoaccusata ingiustamente, perché l’acquain frigo non l’avevo mai messa. Ed eccol’illuminazione che aspettavo era arrivatachiudendo il circuito rimasto aperto. Chia-mai immediatamente Grazi chiedendoglidi verificare la mia teoria strampalata, maplausibile. Due giorni dopo incontrai i duefratelli, che non sapevano come ringra-ziarmi perché erano stati messi in mezzoda tutti gli altri. Il denaro nel caveau nonera mai entrato, perché Strazze e Gramelloavevano fatto solo finta di caricarcelo.Avevano sostituito il furgone pieno di de-naro, con un altro completamente vuoto,ma pulitissimo, e il fatto che fosse talmen-te luccicante, privo di fango, aveva attira-to inconsciamente la mia attenzione. Sei due fratelli erano innocenti, allora l’unicacosa plausibile era che fossero colpevolitutti gli altri, e così era stato. Strazze eGramello avevano messo il furgone pienodi denaro al sicuro ed erano rientrati conun furgone vuoto. Regini aveva da remotodisinserito l’allarme e il gioco era fatto: idue poveri fratelli erano belli e incastrati.Certo nessuno sperava nell’aiuto dell’av-vocato idiota che avrebbe poi completatol’opera, offrendogli un involontario aiuto.

Non c’era nulla da sdebitarsi. Gli ricor-dai che a volte le apparenze ingannano,come in quel caso e in quello del loro avvo-cato. Inizialmente pensavo fosse un mez-zo idiota, ma poi dopo averci parlato, dopoche erano stati rilasciati avevo capito chemi ero sbagliato: era un idiota completo!

Ed Ugo col suo latrato aveva appostoil suo sigillo... n

IL RACCONTO DEL BROKER

Le apparenze ingannano

LA PRESENTAZIONE Stare qui dentroti costringea fare i conticon te stesso

intensi e profondi. Fra tutti non potrò maidimenticare il primo colloquio con mio figlio; tutte le ansie, le incognite e le paureche riponevo nell’attesa di vederlo, sonosvanite d’incanto in un suo sorriso ed unabbraccio. Forse potrà sembrare poca co-sa, ma per me, così come per tanti altri quiin carcere, l’affetto della famiglia o dellepersone vicine sono la vera forza che ti permette di superare i momenti di dispe-razione che purtroppo spesso si manife-stano.

E avrei ancora tanto da raccontarema... devo andare. Per ora, non posso chesalutarvi, perché sono tornato a essere unuomo libero, e spero migliore: forse grazieanche a questa esperienza. n Antonio “Toto65”

Freni sempre efficienti.A volte desidero che il tempo, da carcerato passi

cosi’ velocemente che le idee, i progetti,i pensieri didomani,facciano già parte del passato! Anche se nonli ho ancora.....conosciuti !!

ICARO cercasi !anche....prima esperienza !Non ho mai provato attrazione per il volo. Il volo,conqualsiasi tipo “aeromobile”, mi intimorisce e mi metteun po’ di “umana ansia”! Ed è in quei momenti cheapprezzo e mi “gusto” particolarmente il celeberrimo: «Tenere i piedi ben piantati per terra!». Come pertutte “le umane cose”,esiste sempre il “rovescio dellamedaglia !”In questo preciso momento,i miei piedisono “ben piantati” sul pavimento della cella N.19 delCarcere di Lodi ! Da cui . Dio solo sa come saprei benvincere ogni timore ed ansia del volo,pur di trovarmisu qualsiasi “diavoleria”, fosse pure un “disco volante”,qualunque sia la destinazione!!! Fortunatamente esi-ste sempre la ”terza parte”della medaglia : tra le due”facce” c’è lo “spessore”: «Quanti voli i nostri pensieriintraprendono,quante mete, destinazioni” raggiungia-mo”, a ogni ora del giorno e della notte, senza maiuscire dal carcere !!» Punti a favore: non si paga ilbiglietto, niente attese per l’imbarco, niente sciope-ri,niente “vuoti d’aria e perturbazioni”!Unico puntoa sfavore :Il rischio di un “atterraggio” un po’....”rovino-so”!! Consiglio utile: Tenersi alla larga dal “Sole”!!!

Non dar mai via del....tuo !Uno stolto guardava un albero, d’inverno,spoglio,sen-za nemmeno una foglia, e gli disse : «Come sei pelato!».E l’albero: «Si è vero, però a me le foglie ricrescono !Ate i capelli no !!!».

Tutto il mondo è paese!Il cuore costruisce, la mente distrugge, l’anima tieneduro ad oltranza e la vita... continua !!! n Il Vegg

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