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GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI E TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI 1 GRUPPO DI LAVORO E TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI presso il Consiglio Nazionale Forense Dossier di documentazione a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense Roma, 8 settembre 2018 (* 1 ) * Dossier dell’Ufficio Studi n. 2/2018 a cura di G. Di Iacovo, con la supervisione del Cons. F. Marullo di Condojanni

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GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

E

TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

1

GRUPPO DI LAVORO E

TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA

AVVOCATI presso il Consiglio Nazionale Forense

Dossier di documentazione a cura dell’Ufficio studi del

Consiglio nazionale forense

Roma, 8 settembre 2018 (*1)

* Dossier dell’Ufficio Studi n. 2/2018 a cura di G. Di Iacovo, con la supervisione del Cons.

F. Marullo di Condojanni

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GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

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TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

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INDICE DOSSIER

INTRODUZIONE

1. Relazione introduttiva, di F. Marullo di Condojanni

CONTRIBUTI DA PARTE DEI COMPONENTI

2. Le società tra avvocati, di G. Bertolotti

3. I principi generali della professione forense esercitata in forma societaria, di M. Zotta

4. Società tra avvocati, Relazione sui profili tributari, di A. La Rosa

5. Riflessioni per il gruppo di lavoro "società", di G. Facchini

6. Idee per una normativa sulle società ed una riscrittura della normativa sulle società tra

avvocati, documento dell’Ufficio monitoraggio legislativo OCF

7. STP, Aspetti fiscali, documento del CNDCEC, Gruppo di Lavoro sulle Società tra

Professionisti

8. Bozza di documento sulle società tra professionisti, documento di Aiga

9. Pro memoria, L’avvocato “In società”, di F. Amadei

10. Bozza mozione, di R. Belcredi

11. Bozza mozione, di F. D’Ambrogio

12. Bozza mozione, di M. Diego

VERBALI DELLE RIUNIONI DEL GRUPPO DI LAVORO

13. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 21.03.2018

14. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 24.05.2018

15. Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 20.06.2018

GIURISPRUENZA RILEVANTE RECENTE

16. Cass. Civile Ord. Interlocutoria, Sez. U, n. 15278/2017

17. Cass. Civile, sentenza SS.UU. n. 19282/2018

18. Consiglio nazionale Forense, sentenza n. 63/14

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GRUPPO DI LAVORO IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

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TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETÀ TRA AVVOCATI

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PRASSI

19. Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Coordinamento Normativo, Risoluzione n.

35/E del 2018, “Natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati STA - Art. 4-bis

Legge 31 dicembre 2012, n. 247”

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO DELL’UFFICIO STUDI DEL CONSIGLIO

NAZIONALE FORENSE

20. S-2017-66 del 2017.09.21, Associazioni professionali e società nella L. 247-12 dopo

modifiche L. concorrenza

21. S-2017-67 del 2017.10.16, Società tra avvocati: le criticità della legge sulla

concorrenza

NORMATIVA

22. Art. 4-bis e art. 5 (abrogato) L. 247/2012

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Prof.Avv.  Gianluca  Bertolotti  Università  degli  studi  Roma  Tre  ASN  ordinario  di  diritto  commerciale  Docente  di  diritto  industriale  [email protected]    

*  Documento  riservato  e  confidenziale,  vietata  la  diffusione  e  la  riproduzione,  anche  parziali,  senza  il  consenso  dell’  autore.  

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Le  società  tra  avvocati*    

 

1.Le   rilevanti   e   preoccupanti   criticità   determinate   dalla   abrogazione   dell’art.5  

della  legge  n.247  del  2012  (legge  professionale  forense),  per  effetto  della  legge  4  agosto  

2017n   .124   (in   vigore   dal   29   agosto   2017)   “Legge   annuale   per   il   mercato   e   la  

concorrenza”,   e   dalla   sostituzione   delle   regole   ivi   contenute   con   una   disciplina    

lacunosa  e  atecnica  che  rende  manifesta  la  totale  incompetenza  del  legislatore  storico,  

oltre  ad  una  visione  completamente  “mercatista”  della  professione   forense   in  piena  e  

palese    collisione  con  i  diritti  fondamentali  dei  cittadini  e,  in  particolare,  con  il  diritto  di  

difenderli  garantito  dalla  Costituzione  della  Repubblica.  

In  seguito  all’entrata  in  vigore  della  legge  n.124  del  2017  -­‐  che  ha  abrogato  l’  art  5  della  

legge  professionale   forense,  nonché   il  dlgs  96  del  2001,   che  disciplinava  compiutamente  un  

tipo  (“speciale”,  secondo  alcuni,  ma  in  ogni  caso  riconducibile  allo  schema  organizzativo  della  

società  in  nome  collettivo)  di  società  tra  avvocati  -­‐  e  per  effetto  di  disposizioni  palesemente  e  

gravemente     lacunose  e  per   lo  più  atecniche  -­‐  dunque,   in   larga  misura,   incomprensibili,  non  

solo  per  la  generalità  degli  operatori  del  diritto,  ma  anche  per  gli  specialisti  della  materia  –  si  è  

attualmente  al  cospetto  di  una  disciplina  delle  società  tra  avvocati  caratterizzata  da  incertezze  

e  conseguente  enormi  difficoltà,  quando  non  anche  “impossibilità”,  di  operare  e  di  funzionare  

nel  preminente   interesse  dei   clienti   e,   in  particolare,   del  diritto  di  difesa  dei   cittadini,   il   cui  

presidio  costituzionale  (24  cost.)  è  superfluo  ricordare.    

Va   detto   che   l’intervento   normativo   in   rassegna   è   figlio   di   una   idea   marcatamente  

“mercatista”   della   professione   forense   e   perciò   del   tutto   ignorante   il   profilo   valoriale   dei  

diritti   dell’individuo   al   di   fuori   e   se   non   in   quanto   “economicamente   rilevanti”   e,  

conseguentemente,   una   visione   che   marginalizza   le   persone,   appunto,   “economicamente  

deboli”.  

Si   tratta   dunque     di   una   visione   che   collide   con   l’interesse   generale   dei   cittadini   ad  

esercitare  il  diritto  di  difesa  e  dell’inclusione  delle  categorie  più  deboli  nel  tessuto  sociale  del  

Paese:  obiettivo  prioritario  al  quale  la  presente  analisi  intende  offrire  un  contributo  è  dunque  

quello  di  riscrivere,  quanto  prima,  la  attuale  disciplina  delle  società  tra  avvocati,  proponendo  

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una   disciplina   attenta,   meditata   e   condivisa   dai   soggetti   interessati,   attraverso   un   ampio   e  

pubblico  dibattito.  

Nelle   more   delle   necessaria   riforma     che   qui   s’intende   proporre,   diventa   urgente   e  

imprescindibile   sospendere   l’applicazione   delle     regole   in   tema   di   società   tra   avvocati  

introdotte  dalla  legge  n.124  del  2017,  recuperando  l’art.5  della  legge  professionale  forense.  

E  invero,  è  impressionante  l’elenco  delle  criticità  determinato  dalla  insipienza  tecnica  

della  legge  e  dalla  sciatteria  delle  formulazioni  delle  disposizioni  in  essa  contenuta.  

 

2.L’inventario  delle  criticità  in  tema  di  società  tra  avvocati  dopo  le  modifiche  in  

tema  di  società  tra  avvocati  introdotte  dalla  legge  4  agosto  2017,  n.  124  

 1)Si  ammettono  soci  non  professionisti;    2)Si  ammettono  professionisti  non  avvocati;    3)Non   si   prevede   una   componente   maggioritaria   di   avvocati,   né   quanto   agli   assetti  proprietari,  né  con  riferimento  all’esercizio  del  diritto  di  voto    Criticità:  stando  alla  formula  della  legge  sembrerebbe  non  necessario  che  proprietà  e  diritti  di  voto   siano   riservati   ad   una   maggioranza   rappresentata   da   avvocati,   ma   se   cosi’   fosse   non  avrebbe  senso  e  anzi  sarebbe  ingannevole  e  decettiva  la  denominazione  “società  tra  avvocati”  e   non   si   capirebbe   per   quale   ragione   la   disciplina   di   una   società,   denominata   appunto   “tra  avvocati”  ,  sarebbe  stata  inserita  nella  legge  professionale  degli  avvocati  .  Inoltre,   l’esclusione  di   un   avvocato   che   fosse   radiato   dall’albo,   appunto  perché   la   disciplina  ora   consente   anche   la   presenza   di   non   avvocati   nelle   società   tra   avvocati,   potrebbe   non  determinarne   in   automatico   anche   l’esclusione   dalla   società,   perché,   si   potrebbe   sostenere  che   l’avvocato   radiato   possa   restare   nella   società   tra   avvocati   in   qualità   di   “socio   non  avvocato”.  Tale   soluzione   sarebbe   tuttavia   foriera   di   grave   nocumento,   anzitutto,   per   la   generalità   dei  cittadini  e  poi  anche  per  i  soci  avvocati.      4)E’  stata  eliminata  la  disposizione  secondo  cui:  <<  in  ogni  caso  l’esercizio  in  forma  societaria  della  professione  forense  non  costituisce  attività  d’  impresa>>.    Criticità:  la  professione  forense  inclusa  nell’aerea  dell’impresa  ?    5)  E’  stata  eliminata   la  disposizione  secondo  cui  <<   la  società   tra  avvocati  non  è  soggetta  al  fallimento>>.    Criticità:   raccordo  con   la   riforma  delle  procedure  concorsuali  e  possibilità  di   sottoposizione  della  società  tra  avvocati  alla  liquidazione  giudiziale.    

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 6)  E’  stata  eliminata  la  disposizione  che  qualificava  redditi  di   lavoro  autonomo,  anche  ai  fini  previdenziali,  i  redditi  prodotti  dalla  società  tra  avvocati.    Criticità:  per  la  agenzia  delle  entrate  vale  il  sistema  delle  società  commerciali  e  allora  i  redditi  sarebbero  da  qualificare  come  redditi  d’impresa.      7)   Soltanto   con   riferimento   alla   denominazione   sociale   e   non   anche   alla   ragione   sociale,   la  legge  impone  l’indicazione  di  “società  tra  avvocati”.    Criticità:  la  ragione  sociale  può  dunque  essere  formata  “liberamente”?  informazione  ai  clienti;  decoro   della   professione   forense   rispetto   alla   scelta   di   ogni   e   qualunque   denominazione;  pubblicità  decettiva.    8)E’  stato  eliminato  il  riferimento  al  d.lgs.  n.96  del  2001    Criticità:   le  previsioni   sono   laconiche,   quali   i   riferimenti  per   colmare   le   lacune  della   attuale  disciplina?      D’altra   parte,   se   quelle   poco   anzi   elencati   sono   soltanto   alcuni   dei   problemi   più   gravi   posti  dalle   ultime  modifiche   legislative   alle   società   tra   avvocati   è   del   pari     evidente   che   nessuna  delle  criticità  (numerose,  rilevanti  e  complesse)  che  erano  state  sollevate  con  riferimento  alla  disciplina  previgente  sono  state  risolte.  In  definitiva,   con   riferimento  alle   società   tra   avvocati   è  di  palmare  evidenza   che   la   legge…è  disastrosa.  

 

 

3.La   funzione     del   Consiglio   Nazionale   Forense   e   il   contributo   alla   corretta  

costituzione  di  società  tra  avvocati  

 

Nel   complesso   e   preoccupante   contesto   del   quale   si   è   qui   dato   conto,   il   Consiglio  

Nazionale   Forense,   in   considerazione   della   specialità   della   professione   forense   e   dell’alta  

funzione   che   l’avvocatura   è   chiamata   dalla   Costituzione   ad   assolvere,   è   dunque   il   soggetto  

istituzionale   naturalmente   preposto   alla   elaborazione   di   principi   in   grado   di   orientare,   di  

fronte   alle   rilevanti   criticità   interpretative,   tutti   i   professionisti   a   vario   titolo   coinvolti   nella  

costituzione  delle  società  tra  avvocati.  

 

4.L’interesse   pubblico   alla   presenza   effettiva,   e   maggioritaria   rispetto   ad   altri  

eventuali  professionisti,  di  avvocati  nelle  società  tra  avvocati  

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Nella  citata  legge  per  la  concorrenza,  la  stortura  che  desta  maggior  allarme  sociale,  che  

all’evidenza  si  pone  in  contrasto  con  i  principi  di  trasparenza  e  che  è  suscettibile  di  ingannare  

coloro   che   si   rivolgono   alle   società   tra   avvocati,   sta   nella   circostanza   che,   per   effetto   della  

abrogazione   dell’art.5   della   legge   n.247   del   2012   e   delle  modifiche   introdotte,   la   disciplina  

attualmente   vigente   sembra   consentire   ad   una   società   la   cui   compagine   sociale   sia  

rappresentata,   ad  esempio,  da  1   solo  avvocato,   titolare  di  una  quota  pari   all’1  %  dell’intero  

capitale   sociale,   3   ingegneri,   titolari   complessivamente   del   70   e   da   una   banca   che   abbia   il  

restante  29%  per  cento  del  capitale  sociale,  di  usare  l’indicazione  di  “società  tra  avvocati”  e  di  

operare  come  tale  e  dunque  di  esercitare  la  professione  forense!  

Orbene,   premesso   che   quanto   si   è   appena   esemplificato   rende   vieppiù   evidente   la  

necessità   ineludibile  di  procedere  quanto  prima  alla  riscrittura  delle  regole  sulle  società   tra  

avvocati,   occorre   garantire   tutela   ai   cittadini   di   fronte   a   siffatti   fenomeni   ed   evitare   che  

società,  che  sono    “tra  avvocati”  solo  nel  nome,  possano  presentarsi  ed  essere  percepite  come  

enti  nei  quali  sono  soci  ed  operano  una  componente  rilevante,  per  quote  di  capitali  e  per  teste,  

di  avvocati.    

A  tale  fine,  si  propone  di  seguire  i  principi  di  seguito  indicati  nella  formulazione  degli  

statuti  di  società  tra  avvocati.  

Del  resto  e  conclusivamente,  si  deve  tenere  in  debito  conto  che,  pur  dopo  le  modifiche  

normative   in   rassegna,   resta   integro     un   profilo   centrale   per   la   interpretazione   della    

disciplina  della  società  tra  avvocati.  

Si   allude,     cioè,   alla   circostanza   che   siffatta   disciplina   non   è   stata   scritta   come   legge  

autonoma,   come   invece   accaduto   con   riferimento   alla   legge   generale   sulle   società   tra  

professionisti,     bensì   continua   ad   essere   inserita   nel   più   generale   contesto   della   legge  

professionale  forense:  si  tratta,  dunque,  non  già  di  norme  di  diritto  societario  ma  di  norme  per  

l’esercizio   della   professione   di   avvocato   e   che   riguardano   le   società   il   cui   oggetto   sociale  

include  appunto  l’esercizio  di  tale  professione.    

Con  la  conseguenza,  di  notevole  rilievo  operativo,  che  allora  la  disciplina  della  società  

tra  avvocati  va  interpretata  alla  luce  dei  principi  fondanti  la  professione  di  avvocato  e  in  tale  

prospettiva   assume   certamente   un   notevole   significato   la   circostanza   che   pure   le   ultime  

modifiche   normative   esplicitamente   dichiarano   la   società   tra   avvocati   soggetta   al   codice  

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deontologico,   norma   che   all’evidenza   non   potrebbe   aver   alcun   significato   se   riferita   alle  

società  commerciali  e  dunque  all’attività  d’impresa  che  con  le  stesse  si  esercita.  

Come  si  vedrà  più  avanti,   tale  ultima  notazione  è   rilevante  sul  piano  della  normativa  

fiscale  del   reddito  prodotto  dalle   società   tra  avvocati   che  essendo  altro  e  diverso   fenomeno  

dall’impresa   non   può   seguire   il   regime   pensato   e   previsto   per   la   stessa   e   per   le   società  

commerciali,   contrariamente   ad   un   diffuso   orientamento   e   alla   posizione   ufficiale     della  

Agenzia  dell’entrate  da  ultima  adottata  (peraltro  contraria  a  quanto  sostenuto  nel  2003,  con  

riferimento   alle   società   tra   avvocati   di   cui   al   d.lgs.   n.96   del   2001,   nella   risoluzione   del   28  

maggio  n.  118/E).  

In   proposito,   vale   la   pena   di   ricordare   che   il   legislatore   della   legge   n.247   del   2012  

aveva  chiaramente  percepito  la  riferita  diversità  fenomenica  ed  esplicitamente  previsto  che  il  

reddito  prodotto  dalle  società  tra  avvocati,  sul  piano  del  regime  fiscale,  fosse  da  considerarsi  

reddito  da  lavoro  autonomo.  

 

5.  Principi   fondamentali  per  la  corretta  elaborazione  degli  statuti  di  società  tra  

avvocati,  nell’interesse  pubblico  generale  a  garantire  un  esercizio  concreto  ed  effettivo  

del  diritto  di  difesa  ai  cittadini  

 

 

 

a)  DENOMINAZIONE  E  RAGIONE  SOCIALE  

Occorre   subito  osservare   che   la   legge  originaria  non   conteneva  alcuna   regola   circa   il  

nome   delle   società   tra   avvocati   e   che   allora,   prima   delle   modifiche   del   dicembre   2017,   si  

sarebbe  potuta  costituire  una  società  tra  avvocati  che  si  sarebbe  potuta  presentare  al  pubblico  

e  che  avrebbe  potuto  usare  negli  atti  e  nella  corrispondenza  un  qualsivoglia  nome  di  fantasia  e  

senza  alcun  riferimento  alla  professione  forense:  “Boutique  Carlo”.  

Tale   grossolana   svista   è   stata   parzialmente   corretta   nel   dicembre   del   2017   e   si   è  

stabilita   l’obbligatorietà   della   indicazione   “società   tra   avvocati”.   Tuttavia,   la   legge  

esplicitamente  si   riferisce  alla   sola  denominazione  sociale  e   ciò  potrebbe   indurre  a   ritenere  

che  nelle  società  di  persone  l’obbligo  della  indicazione  “società  tra  avvocati”  non  sussista.  

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E’   dunque   opportuno   che   nella   formulazione   degli   statuti   di   società   che   hanno   ad  

oggetto   l’esercizio   della   professione,   a   prescindere   dal   tipo   sociale   in   concreto   adottato   (e  

dunque,  sia  che  si  tratti  di  una  società  per  azioni,  ovvero  di  una  società  in  nome  in  collettivo  e  

via   dicendo),   si   indichi   sempre   nel   nome,   negli   atti   e   nella   corrispondenza   la   locuzione    

“società  tra  avvocati”.  

 

 

b)MAGGIORANZE  SOCI  AVVOCATI  

Nelle  società  che  hanno  ad  oggetto  l’esercizio  della  professione  forense,  nell’interesse  

generale   al   corretto   svolgimento   della   stessa,   nel   rispetto   del   principio   di   trasparenza   e,   in  

particolare,  al  fine  di  evitare  il  proliferare  di  fenomeni  decettivi  e  ingannevoli  per  il  pubblico  e  

di  tutelare  l’affidamento  che  genera  l’indicazione  società  tra  avvocati  quale  entità  nella  quale  

operano   soltanto   o   comunque   in   massima   parte   avvocati,   è   opportuno,   quanto   agli   assetti  

proprietari,   che   i   soci   avvocati   abbiano   una   quota   complessiva   pari   almeno   ai   due   terzi  

dell’intero  capitale  sociale    e  che  i  soci  avvocati  siano  anche  numericamente  in  maggioranza  

rispetto  alle  altre  componenti  e  cioè  altri  professionisti  e  soci  non  professionisti.  

 

c)  QUORUM  DELIBERATIVI  

Al  fine  di  rendere  efficace  e  sostanziale,  anche  e  soprattutto  sul  piano  della  governance,  

la   componente  maggioritaria   di   soci   avvocati,   è   naturalmente   opportuno   che   la   formazione  

della   volontà   assembleare   e   dunque   dell’organizzazione   della   società   tra   avvocati   non   sia  

determinata  prescindendo  da  un  rilevante  consenso  di  soci  avvocati.  

Pertanto,  nella  redazione  di  statuti  di  società  tra  avvocati,  si  suggerisce  di  attribuire  ai  

soci  avvocati  almeno  i  due  terzi  del  totale  dei  diritti  di  voto.  

 

d)GOVERNANCE  

La   disciplina   attuale   impone   che   l’organo   di   gestione   sia   rappresentato   da   una  

maggioranza   di   soci   avvocati,   pur   consentendo   a   soci   appartenenti   ad   altre   professioni  

intellettuali  di  assumere  la  carica  di  amministratore.  

In   coerenza   con   la   disciplina   degli   assetti   proprietari   e   dei   quorum   necessari   alla  

formazione   della   volontà   sociale,   si   suggerisce   di   prevedere   negli   statuti   delle   società   tra  

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Prof.Avv.  Gianluca  Bertolotti  Università  degli  studi  Roma  Tre  ASN  ordinario  di  diritto  commerciale  Docente  di  diritto  industriale  [email protected]    

*  Documento  riservato  e  confidenziale,  vietata  la  diffusione  e  la  riproduzione,  anche  parziali,  senza  il  consenso  dell’  autore.  

7  

avvocati   che  almeno  due   terzi  dei   componenti   l’organo  di  gestione  siano  soci  avvocati  e   ciò  

anche   in   considerazione   della   circostanza   che   il   centro   decisionale   dell’agire   societario   è  

l’organo   di   gestione   ed   è   dunque   opportuno   che,   trattandosi   di   società   aventi   ad   oggetto  

l’esercizio  della  professione  di  avvocato,  la  componente  forense  sia  largamente  rappresentata,  

nel  generale   interesse  pubblico  a  che   l’esercizio  del  diritto  di  difesa  sia  effettivo  e  efficace  e  

dunque  presidiato  da  coloro  ai  quali,  per  il  percorso  di  studi  e  accertamento  delle  specifiche  

competenze,  l’ordinamento  riconosce  l’esclusiva  funzione  della  difesa  in  giudizio  dei  cittadini.  

 

e)ESCLUSIONE  DEL  SOCIO  

Per   effetto   della   disciplina   introdotta   dalla   legge   sulla   concorrenza   e,   in   particolare,  

dell’apertura  delle  società  che  esercitano  la  professione  forense  anche  a  soci  non  avvocati,  si  è  

potrebbe  sostenere  che  il  socio  avvocato  escluso  dalla  società  tra  avvocati  per  aver  posto   in  

essere   comportamenti   contrari   all’ordinamento  professionale   (ad   esempio,   per   essere   stato  

radiato  dall’albo)  possa  restare  nella  compagine  sociale,  seppure  a  diverso  titolo  e  cioè  quello  

di  socio  non  avvocato.    

Si  tratta  di  una  tesi  inaccettabile,  non  soltanto  perché  la  legge  esplicitamente  dice  che  

<<   La   sospensione,   cancellazione   o   radiazione   del   socio   dall’albo   nel   quale   è   iscritto  

costituisce  causa  di  esclusione  dalla  società>>,  ma  perché  lede  sia  gli  interessi  dei  clienti  e  sia  

quelli  degli  altri  soci  della  società  tra  avvocati,  che  si  vedrebbero  costretti  a  dover  tollerare  la  

presenza  di  un  soggetto  che  si  è  reso  colpevole  di  atti  gravissimi  nell’esercizio  della  funzione  

di  avvocato.  

Al  fine  di  evitare  le  riferite  criticità,  è  opportuno  indicare  esplicitamente  negli  statuti  di  

società  tra  avvocati  che  il  socio  avvocato  che  sia  stato  sospeso,  cancellato  o  radiato  dall’albo,  

deve  essere  escluso  dalla  società  e,   fino  alla  cessazione  della  sanzione  disciplinare,  non  può  

essere  riammesso  nella  società  tra  avvocati,  neppure  in  qualità  di  socio  non  avvocato.  

 

 

6.   Considerazioni   sui   profili   fiscali   e   la   necessità   di   elaborare   una   disciplina  

specifica  per  le  società  tra  avvocati.  

L’elaborazione   e   la   redazione   di   statuti   e   di   clausole   statutarie   all’evidenza   non   può  

incidere  direttamente  sulla  disciplina  applicabile  ai  fini  fiscali  e  previdenziali.  

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Prof.Avv.  Gianluca  Bertolotti  Università  degli  studi  Roma  Tre  ASN  ordinario  di  diritto  commerciale  Docente  di  diritto  industriale  [email protected]    

*  Documento  riservato  e  confidenziale,  vietata  la  diffusione  e  la  riproduzione,  anche  parziali,  senza  il  consenso  dell’  autore.  

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Tuttavia,   in   considerazione   del   rilievo   operativo   e   del   vivo   dibattito   in   merito,   è  

opportuno   fare   alcune   considerazioni   circa   la   natura   del   reddito   prodotto   dalle   società   tra  

avvocati  .  

Una  recentissima  risoluzione  della  Agenzia  delle  entrate  (n.35/E  del  7  maggio  2018)  ha  

ritenuto   che   il   reddito   prodotto   dalle   società   tra   avvocati     sia   da   considerare   ai   fini   fiscali  

reddito  d’impresa.  

Si  tratta  di  una  decisione  fondata  su  profili   tanto  formali  quanto  scorretti  e  cioè  sulla  

circostanza  che  le  società,  in  quanto  tali,  vanno  assoggettate  al  reddito  d’impresa.  

Al   riguardo   si   deve   osservare   che   la   ragione   per   la   quale   l’ordinamento   ha   in   via   di  

principio  ritenuto  considerato  reddito  d’impresa  quello  prodotto  dalle  società  è  una  ragione  

storica   che   trova   riscontro   nel   dato   esperienziale:   nell’idea   del   legislatore   del   1942,   e   nella  

prassi  degli  affari,  la  società  è  pensata  (e  normalmente  è  perciò  costituita)  per  l’esercizio  della  

impresa,  ovvio,  dunque,   che   il   reddito  dalla   stessa  prodotta,   sia  nell’idea  del   legislatore,   che  

nella  stragrande  maggioranza  dei  casi  concreti,  è  reddito  d’impresa.  

Ciò  non  toglie,  tuttavia,  che  per  effetto  della  evoluzione  legislativa,  e  della  elaborazione  

di  discipline  speciali  rispetto  al  sistema  per  così  dire  naturale  e  secondo  il  quale  la  società  è  

solo  una  delle  tante  possibili  forme  dell’impresa,  la  società  può  essere  impiegata  in  ambiti  del  

tutto  estranei,  quando  non  addirittura  antitetici,  a  quello  della  impresa.  

Ed  è  allora  evidente  che  in  tali  ultimi  casi  e,   in  particolare,  quando  la  società  è  invece  

una   forma   con   la   quale   si   organizza   il   lavoro   autonomo   intellettuale   e   quando   l’agire   del  

professionista   intellettuale   sovrasta   l’organizzazione  della  quale  pure  egli   si   serve,   siamo   in  

presenza  di  un  reddito  di  lavoro  autonomo.  

D’altra   parte,   la   legge   n.247   del   2012,   nella   sua   originaria   formulazione,   aveva  

esplicitamente   previsto   che   il   reddito   prodotto   dalle   società   tra   avvocati   dovesse   essere  

considerato,  sia  a  fini  fiscali  che  a  fini  previdenziali,  reddito  da  lavoro  autonomo.  

Per  mero  scrupolo,  occorre  segnalare  con  forza  che  del  tutto  destituita  da  fondamento  

è  la  ricorrente  affermazione  che  l’  agenzia  delle  entrate  avrebbe  correttamente  inquadrato  il  

tema  “alla  luce  della  disciplina  vigente”.    

Invero,  non  esiste  affatto  una  disciplina  fiscale  vigente  sulle  società  tra  avvocati  per  la  

circostanza  che  si  tratta  di  un  fenomeno  nuovo,  niente  affatto  riconducibile  alla  impresa  e  del  

quale   il   legislatore   “tributario”   non   ha   tenuto   ancora   conto.   Si   che   l’opzione   da   perseguire  

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deve   essere   quella   di   scrivere   una   specifica   disciplina   fiscale   “speciale”   in   ragione   della  

specialità   del   fenomeno,   fermo   restando,   però,   che   l’inclusione   della   professione   forense  

nell’area  del  lavoro  non  è  seriamente  discutibile  (e  non  è  un  caso  che  nel  2003  l’  agenzia  delle  

entrate   abbia   fornito   una   interpretazione   diametralmente   opposta   a   quella   da   ultima  

sostenuta  e  si  sia  espressa  nel  senso  che  le  società  tra  avvocati  di  cui  al  d.lgs.  n.  96  del  2001  

producono   redditi   da   lavoro   autonomo),   salvo   nelle   (sul   piano   empirico   assai   rare   e  

sporadiche)  ipotesi  concrete  nelle  quali  il  sovradimensionamento  dell’organizzazione  rispetto  

al   lavoro   professionale,   trasformi   il   professionista   intellettuale   in   imprenditore   e   allora   la  

società  tra  avvocati  in  impresa  collettiva.    

 

 

 

 

 

 

 

 

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PRINCIPI GENERALI DELLA PROFESSIONE FORENSE ESERCITATA IN

FORMA SOCIETARIA

INDICE DEI CONTENUTI

I. PREAMBOLO 3

II.Parte Prima Principi generali della professione forense 4

IV.1. Disciplina dell’ordinamento forense (l. 247/2012 articolo 1) 4

IV.2. Disciplina della professione di avvocato (l. 247/2012 articolo 2) 8

IV.3. Doveri e Deontologia ( l. 247/2012 articolo 3) 13

III. Parte Seconda Annotazioni ai principi 16

IV.Parte Terza Principi Organizzativi ( d.lgs. 96/2001) 16

IV.1. Disposizioni generali (Articolo 16 d.lgs. 96/2001) 16

IV.2. Costituzione e oggetto (Articolo 17 d.lgs. 96/2001) 17

IV.3. Ragione sociale (Articolo 18 d.lgs. 96/2001) 18

IV.4. Modificazioni (Articolo 19 d.lgs. 96/2001) 19

IV.5. Invalidità della società (Articolo 20 d.lgs. 96/2001) 19

IV.6. Requisiti soggettivi dei soci e situazioni di incompatibilità (Articolo 21 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 20

IV.7. Subentro di nuovi soci (Articolo 22 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 22

IV.8. Amministrazione (Articolo 23 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis 23

IV.9. Incarico professionale e obblighi di informazione (Articolo 24 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 24

IV.10. Compensi (Articolo 25 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 25

IV.11. Responsabilità professionale (Articolo 26 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 26

IV.12. Iscrizione (Articolo 27 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 27

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IV.13. Procedimento di Iscrizione (Articolo 28 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 28

IV.14. Annotazioni (Articolo 29 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 29

IV.15. Responsabilità disciplinare (Articolo 30 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 30

IV.16. Situazioni di incompatibilità o di conflitto (Articolo 31 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 31

IV.17. Cancellazione dall'albo per difetto sopravvenuto di un requisito (Articolo 32 d.lgs. 96/2001) 32

IV.18. Elezioni dei consigli locali e nazionali (Articolo 33 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis] 33

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I. PREAMBOLO

La legge n. 247 del 31 dicembre 2012 titolata“ Nuova disciplina

dell'ordinamento della professione forense” “nel rispetto dei principi

costituzionali, della normativa comunitaria e dei trattati internazionali,

disciplina la professione di avvocato”

La legge 4 agosto 2017 n. 124 ha introdotto all’interno della legge n. 247 del

31 dicembre 2012 l’articolo 4 - bis titolato “Esercizio della professione forense

in forma societaria”

Le pratiche e prescrizioni in materia di governo societario sono abitualmente

influenzati da un insieme di aree del diritto, quale il diritto societario, la

regolamentazione dei valori mobiliari, gli standard contabili e di revisione dei

conti, il diritto fallimentare, il diritto dei contratti, il diritto del lavoro e il diritto

fiscale la diversità ̀ delle fonti del diritto interessate rischia di essere all’origine

di sovrapposizioni indesiderate e di conflitti che possono ostacolare la

realizzazione di obiettivi fondamentali di governo societario.

Avuto riguardo all’esercizio della professione forense in forma societaria,

inoltre, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della

primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta

occorre tener conto, altresì, dei principi costituzionali, della normativa

comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato

La nuova disposizione normativa è stata collocata dal legislatore nel titolo I –

Disposizioni Generali - della legge n. 247 del 31 dicembre 2012, a seguire i

principi generali di cui agli articoli 1 “Disciplina dell'ordinamento forense”, 2

“Disciplina della professione di avvocato“ e 3 “Doveri e deontologia”.

I Principi Generali cui si deve ispirare l’esercizio della professione forense in

qualunque forma venga esercitata, tenuto conto della specificità della funzione

difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei

diritti alla cui tutela essa è preposta, rappresentano i cardini cui devono

adeguarsi tutti i soggetti abilitati all’esercizio permanente in Italia della

professione di avvocato (riferimento all’articolo 6 del d.lgs. 96/2001)

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II. Parte Prima Principi generali della professione forense

IV.1. Disciplina dell’ordinamento forense (l. 247/2012 articolo 1)

“ 1. La presente legge, nel rispetto dei principi costituzionali, della normativa

comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato.

2. L'ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in

considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui

tutela essa è preposta:

a) regolamenta l'organizzazione e l'esercizio della professione di avvocato e,

nell'interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde

garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide;

b) garantisce l'indipendenza e l'autonomia degli avvocati, indispensabili

condizioni dell'effettività della difesa e della tutela dei diritti;

c) tutela l'affidamento della collettività e della clientela, prescrivendo l'obbligo

della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della

prestazione professionale;

d) favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in

particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito.”

L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto

nel rispetto dei principi indicati dalla legge e, quindi dovrà comunque essere

garantita:

Articolo 1 lettera a)

…la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi

individuali e collettivi sui quali essa incide;

Conseguenze sulla struttura societaria:

L’idoneità professionale degli iscritti è canone di garanzia della

tutela degli interessi individuali e collettivi. Esso dovrà essere

garantito anche dal nuovo soggetto.

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Statuto

Patti

parasociali

Codice etico

Articolo 1 lettera b)

… l'indipendenza e l'autonomia della società, indispensabili condizioni

dell'effettività della difesa e della tutela dei diritti

Conseguenze sulla struttura societaria:

L’indipendenza costituisce uno dei principi fondamentali del

codice deontologico degli avvocati europei, approvato dal

C.C.B.E. il 28 ottobre 1988, con le modifiche introdotte il 28

novembre 1998 e il 5 dicembre 2002. L’art. 2 al punto n. 1

recita: “La molteplicità dei doveri che incombono sull’avvocato gli

impone una indipendenza assoluta, immune da qualsiasi

pressione e in particolare da quella derivante da propri interessi

o da influenze esterne. Questa indipendenza è tanto necessaria

per la fiducia nella giustizia quanto lo è l’imparzialità del

giudice. L’avvocato dunque deve evitare ogni attacco alla

propria indipendenza e controllare di non trascurare l’etica

professionale per compiacere il proprio cliente, il giudice o i terzi.

Questa indipendenza è necessaria sia nell’attività extragiudiziale

che in quella giudiziale, poiché la consulenza fornita dall’avvocato

al proprio cliente non ha alcun valore reale se è data per

compiacenza o per un interesse personale o sotto l’effetto di una

pressione esterna

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L’indipendenza degli avvocati implica la necessità di un

atteggiamento asettico ed equidistante nei confronti dei poteri,

delle istituzioni, dei terzi che in qualche modo tentino di coartare

la libertà professionale.

Indipendenza che, dovrà necessariamente essere garantita anche

dal nuovo soggetto societario, anche attraverso l’adozione del

codice etico e/o clausole statutarie espresse

Statuto

Patti

parasociali

Codice

etico

Articolo 1 lettera c)

…la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

parasociali

Codice

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etico

Articolo 1 lettera d)

…favorire l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in

particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

parasociali

Codice

etico

Riflessioni

L’assetto di governo societario, quindi, dovrebbe promuovere il rispetto dei

principi di disciplina della professione forense ed articolare chiaramente la

suddivisione delle responsabilità ̀ fra le diverse componenti societarie ed in

particolare quelle preposte alle supervisione, alla regolamentazione e alla

garanzia dell’applicazione dei principi sopra richiamati.

1. L’assetto di governo societario dovrebbe essere elaborato tenendo conto

della peculiarità della professione esercitata, e degli obblighi

consequenziali ai principi sopra richiamati;

2. Le previsioni statutarie dovrebbero essere conformi a legge, trasparenti e

volte a garantire l’indipendenza e l’autonomia della società, condizioni

indispensabili a garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi;

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3. Le previsioni statutarie dovrebbero garantire il rispetto della tutela

dell’affidamento della collettività e della clientela, canone essenziale al

soggetto giuridico.

4. Gli organi e le autorità preposte alla supervisione, al controllo, alla

regolamentazione e alla garanzia dell’applicazione dei principi societari,

dovrebbero avere il potere, l’integrità e le risorse per adempiere ai loro

doveri in modo professionale e obiettivo. Le loro decisioni dovrebbero

essere trasparenti, tempestive e motivate in modo esauriente.

IV.2. Disciplina della professione di avvocato (l. 247/2012 articolo

2)

“ 1. L'avvocato è un libero professionista che, in libertà, autonomia e

indipendenza, svolge le attività di cui ai commi 5 e 6.

2. L'avvocato ha la funzione di garantire al cittadino l'effettività della tutela

dei diritti.

3. L'iscrizione ad un albo circondariale è condizione per l'esercizio della

professione di avvocato.

…..

4. L'avvocato, nell'esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle

regole deontologiche.

5. Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente

previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi

davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali.

6. Fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate

relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli

esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza

legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività

giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di

competenza degli avvocati. È comunque consentita l'instaurazione di rapporti

di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera

continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale

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stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in

favore del quale l'opera viene prestata. Se il destinatario delle predette attività

è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in

favore dell'eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi

dell'articolo 2359 del codice civile. Se il destinatario è un'associazione o un

ente esponenziale nelle diverse articolazioni, purché portatore di un interesse

di rilievo sociale e riferibile ad un gruppo non occasionale, tali attività possono

essere svolte esclusivamente nell'ambito delle rispettive competenze

istituzionali e limitatamente all'interesse dei propri associati ed iscritti.

7. L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano o

siano stati iscritti ad un albo circondariale, nonché agli avvocati dello Stato.

8. L'uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato.”

L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto

nel rispetto dei principi indicati dalla legge e, quindi, dovrà comunque

prevedere:

Articolo 2 n. 1

… la libertà, autonomia e indipendenza.

Conseguenze sulla struttura societaria:

La struttura societaria dovrà garantire che l’esercizio della

professione da parte della società e da parte dei singoli soci sia

svolto in piena libertà, autonomia e indipendenza.

Statuto

Patti

parasociali

Codice

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etico

Articolo 2 n. 2

… al cittadino dell'effettività della tutela dei diritti.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

parasociali

Codice

etico

Articolo 2 n. 3.

…L'iscrizione ad un albo circondariale [quale condizione per l'esercizio della

professione di avvocato].

Conseguenze sulla struttura societaria:

Iscrizione all’Ordine degli Avvocati della società.

Statuto

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Patti

parasociali

Codice

etico

Articolo 2 n. 4

… nell'esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole

deontologiche.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Assoggettamento della Società alle regole deontologiche -

articolo b-bis comma 6.

Statuto

Patti

parasociali

Codice

etico

Articolo 2 n. 5

… Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti

dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a

tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali.

Articolo 2 n. 6

… Fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate

relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli

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esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza

legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività

giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di

competenza degli avvocati. È comunque consentita l'instaurazione di rapporti

di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera

continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale

stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in

favore del quale l'opera viene prestata. Se il destinatario delle predette attività

è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in

favore dell'eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi

dell'articolo 2359 del codice civile. Se il destinatario è un'associazione o un

ente esponenziale nelle diverse articolazioni, purché portatore di un interesse

di rilievo sociale e riferibile ad un gruppo non occasionale, tali attività possono

essere svolte esclusivamente nell'ambito delle rispettive competenze

istituzionali e limitatamente all'interesse dei propri associati ed iscritti.

[…]

Articolo 2 n. 7

… L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano …

iscritti ad un albo circondariale.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Obbligo di indicazione nella denominazione di S.T.A. ed

iscrizione all’Albo di appartenenza

Statuto

Patti

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Articolo 2 n. 8

L'uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Esclusione del socio (?)

Statuto

Patti

parasociali

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Riflessioni

L’assetto di governo societario, quindi, dovrebbe promuovere il rispetto dei

principi di disciplina della professione forense ed individuare chiaramente gli

strumenti di garanzia delle libertà, autonomia e indipendenza del soggetto che

esercita la professione forense.

IV.3. Doveri e Deontologia ( l. 247/2012 articolo 3)

“1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e

sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale.

L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto

iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non

abbienti.

2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà,

probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo

sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

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3. L'avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel

codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 35, comma 1,

lettera d), e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di

comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e,

specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri

avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente

individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di

un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza

disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate

dall'osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono

contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile.

4. Il codice deontologico di cui al comma 3 e i suoi aggiornamenti sono

pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo disposizioni stabilite con

decreto del Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3,

della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il codice deontologico entra in vigore

decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.”

L’esercizio della professione forense in forma societaria, dovrà essere svolto

nel rispetto i principi indicati e, quindi dovrà comunque essere garantita:

Articolo 3 n. 1

… autonomia e indipendenza dell'azione professionale e del giudizio

intellettuale.

Conseguenze sulla struttura societaria:

La struttura societaria dovrà prevedere meccanismi societarie

volti a garantire che l’esercizio della professione venga svolto in

piena libertà, autonomia e indipendenza.

Il riferimento al giudizio intellettuale, dovrà riferirsi ai soci

professionisti

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Statuto

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Articolo 3 n. 2

La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà,

probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo

sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

Conseguenze sulla struttura societaria:

La struttura societaria dovrà garantire il rispetto dei principi di

indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e

competenza ed il rispetto dei principi di corretta e leale

concorrenza.

Statuto

Patti

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Riflessioni

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1. Sarà necessario definire chiaramente le regole deontologiche e che

disciplinano l’esercizio della professione forense in forma societaria

III. Parte Seconda Annotazioni ai principi

L’assetto di governo societario dovrà garantire il rispetto dei principi cui deve

ispirarsi l’esercizio dell’attività professionale.

Al fine di assicurare un assetto di governo societario efficace, è necessario creare

un assetto giuridico, regolamentare e societario appropriato ed efficace al quale

tutti gli operatori sul mercato possano affidarsi.

Tale assetto di governo societario tipicamente comprende aspetti legislativi,

regolamentari, meccanismi di autodisciplina, impegni ed impegni contrattuali che

sono stati elaborati dal legislatore con il d.lgs. 96/2001, norma solo parzialmente

modificata dalla nuova disciplina.

IV. Parte Terza Principi Organizzativi ( d.lgs. 96/2001)

L’esercizio della professione di avvocato in forma societaria è, attualmente, disciplinato dalle norme di cui al Titolo II Capo I e Capo II del d.lgs. 96 del 2 febbraio 2001, come modificate dalla legge 247/2001.

IV.1. Disposizioni generali (Articolo 16 d.lgs. 96/2001)

1. L'attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può

essere esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società

tra professionisti, denominata nel seguito società tra avvocati.

2. La società tra avvocati è regolata dalle norme del presente titolo e, ove non

diversamente disposto, dalle norme che regolano la società [in nome collettivo

di cui al capo III del titolo V del libro V del codice civile]. Ai fini dell'iscrizione

nel registro delle imprese, è istituita una sezione speciale relativa alle società

tra professionisti; l'iscrizione ha funzione di certificazione anagrafica e di

pubblicità notizia ed è eseguita secondo le modalità di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581.

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3. La società tra avvocati non è soggetta a fallimento.

4. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo degli

avvocati e alla stessa si applicano, in quanto compatibili, le norme, legislative,

professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato.

5. È fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e

successive modificazioni, per la costituzione di associazioni tra professionisti.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi

scrive, incompatibili con la nuova formulazione di cui

all’articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto

Patti

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IV.2. Costituzione e oggetto (Articolo 17 d.lgs. 96/2001)

1. Ai fini della iscrizione all'albo, la società tra avvocati è costituita con atto

pubblico o scrittura privata con sottoscrizioni autenticate dei contraenti.

2. La società tra avvocati ha per oggetto esclusivo l'esercizio in comune della

professione dei propri soci. La società può rendersi acquirente di beni e diritti

che siano strumentali all'esercizio della professione e compiere qualsiasi

attività diretta a tale scopo.

Conseguenze sulla struttura societaria:

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Statuto

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IV.3. Ragione sociale (Articolo 18 d.lgs. 96/2001)

1. La ragione sociale della società tra avvocati deve contenere l'indicazione di

società tra avvocati, in forma abbreviata “s.t.a.” . (comma così sostituito dal

comma 1 dell’art. 2, L. 30 ottobre 2014, n. 161)

2. [Non è consentita la indicazione del nome di un socio avvocato dopo la

cessazione della sua appartenenza alla società, salvo diverso accordo tra la

società e il socio cessato o i suoi eredi. In tal caso la utilizzazione del nome è

consentita con la indicazione «ex socio» o «socio fondatore» accanto al

nominativo utilizzato, purché non sia mutata l'intera compagine dei soci

professionisti presenti al momento della cessazione della qualità di socio].

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi

scrive, incompatibili con la nuova formulazione di cui

all’articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto

Patti

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IV.4. Modificazioni (Articolo 19 d.lgs. 96/2001)

1. L'atto costitutivo può essere modificato con deliberazione adottata da tutti i

soci o con deliberazione della maggioranza di essi qualora l'atto costitutivo lo

preveda e ne stabilisca le modalità.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

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IV.5. Invalidità della società (Articolo 20 d.lgs. 96/2001)

1. La nullità della società per vizi di costituzione può essere pronunciata solo

nei casi previsti dalle disposizioni che disciplinano la nullità dei contratti.

2. La dichiarazione di nullità o la pronuncia di annullamento non pregiudicano

l'efficacia degli atti compiuti in nome della società.

3. La sentenza che dichiara la nullità o che pronuncia l'annullamento nomina

uno o più liquidatori, in persona dei soci o di terzi, purché professionisti

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esercenti con il titolo di avvocato.

4. La invalidità non può essere pronunciata quando la causa di essa è stata

eliminata per effetto di una modificazione dell'atto costitutivo iscritta nella

sezione speciale del registro delle imprese.

5. La responsabilità dei soci non è esclusa dalla dichiarazione di nullità o

dall'annullamento dell'atto costitutivo.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto Articolo 4 bis comma 4 l. 247/2012

“La responsabilità della società e quella dei soci non esclude

la responsabilità del professionista che ha eseguito la

specifica presta”

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IV.6. Requisiti soggettivi dei soci e situazioni di incompatibilità (Articolo

21 d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

1. I soci della società tra avvocati devono essere in possesso del titolo di

avvocato. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo

4-bis]

2. La partecipazione ad una società tra avvocati è incompatibile con la

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partecipazione ad altra società tra avvocati. [Previsione da adeguare alla

nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

3. La incompatibilità di cui al comma 2 si applica fino alla data in cui la

dichiarazione di recesso produce i suoi effetti ovvero per tutta la durata della

iscrizione della società nell'albo.

4. È escluso il socio che è stato cancellato o radiato dall'albo. La sospensione

di un socio dall'albo è causa legittima di esclusione dalla società.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi

scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova

formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012

a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;

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IV.7. Subentro di nuovi soci (Articolo 22 d.lgs. 96/2001)

[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. Le quote di partecipazione alla società tra avvocati possono essere cedute

per atto tra vivi solo con il consenso di tutti i soci, salvo diversa disposizione

dell'atto costitutivo. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

2. In caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi,

a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e

questi abbiano i requisiti professionali richiesti e vi acconsentano.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi

scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova

formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012

a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;

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IV.8. Amministrazione (Articolo 23 d.lgs. 96/2001) [Previsione da

adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis

1. L'amministrazione della società tra avvocati spetta ai soci e non può essere

affidata a terzi. [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

2. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno

dei soci disgiuntamente dagli altri. [Previsione da adeguare alla nuova

disposizione dell’articolo 4-bis]

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE In rosso vengono riportate le previsioni, a parere di chi

scrive, incompatibili e/o da adeguare alla nuova

formulazione di cui all’articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto Articolo 4-bis comma 2 l. 247/2012

b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati;

c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratore

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IV.9. Incarico professionale e obblighi di informazione (Articolo 24

d.lgs. 96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

1. L'incarico professionale conferito alla società tra avvocati può essere

eseguito solo da uno o più soci in possesso dei requisiti per l'esercizio

dell'attività professionale richiesta.

2. La società deve informare il cliente, prima della conclusione del contratto,

che l'incarico professionale potrà essere eseguito da ciascun socio in possesso

dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale richiesta; il cliente ha

diritto di chiedere che l'esecuzione dell'incarico sia affidata ad uno o più soci

da lui scelti sulla base di un elenco scritto con la indicazione dei titoli e delle

qualifiche professionali di ciascuno di essi.

3. In difetto di scelta, la società comunica al cliente il nome del socio o dei soci

incaricati, prima dell'inizio dell'esecuzione del mandato.

4. La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione prescritti dai

commi 2 e 3 e il nome del socio o dei soci indicati dal cliente devono risultare

da atto scritto.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto Articolo 4 bis comma 3 l. 247/2012

3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in

forma societaria resta fermo il principio della personalità

della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto

soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti

necessari per lo svolgimento della specifica prestazione

professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per

tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e

imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o

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incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.

4. La responsabilità della società e quella dei soci non

esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito

la specifica prestazione.

Patti

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IV.10. Compensi (Articolo 25 d.lgs. 96/2001) [Previsione da

adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. I compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti

della società.

2. Se la prestazione è svolta da più soci, si applica il compenso spettante ad

un solo professionista, salvo espressa deroga pattuita con clausola approvata

per iscritto dal cliente.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE Da adeguare al regime fiscale applicabile alla società

Statuto

Patti

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IV.11. Responsabilità professionale (Articolo 26 d.lgs. 96/2001)

[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. Il socio o i soci incaricati sono personalmente e illimitatamente responsabili

per l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico. La società

risponde con il suo patrimonio.

2. In difetto della comunicazione prevista dall'articolo 24, comma 3, per le

obbligazioni derivanti dall'attività professionale svolta da uno o più soci, oltre

alla società, sono responsabili illimitatamente e solidalmente tutti i soci.

3. Per le obbligazioni sociali non derivanti dall'attività professionale rispondono

inoltre personalmente e solidalmente tutti i soci; il patto contrario non ha

effetto nei confronti dei terzi.

4. La sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace

anche nei confronti del socio o dei soci incaricati ovvero nei confronti dei soci

illimitatamente responsabili, i quali possono intervenire nel giudizio e possono

impugnare la sentenza.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto Articolo 4 bis – commi 3 e 4

3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.

4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica

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prestazione.

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IV.12. Iscrizione (Articolo 27 d.lgs. 96/2001) [Previsione da

adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. La società tra avvocati è iscritta in una sezione speciale dell'albo del

Consiglio dell'ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale.

2. Le sedi secondarie con rappresentanza stabile sono iscritte presso il

Consiglio dell'ordine nella cui circoscrizione le sedi sono istituite: se la

istituzione non è contenuta nell'atto costitutivo, devono inoltre essere

denunciate al Consiglio dell'ordine presso il quale la società è iscritta per

l'annotazione.

3. La società deve mantenere nella propria sede e nelle eventuali sedi

secondarie un ufficio nel quale almeno uno dei soci svolga in tale qualità

l'attività professionale.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

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IV.13. Procedimento di Iscrizione (Articolo 28 d.lgs. 96/2001)

[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. La domanda di iscrizione nella sezione speciale dell'albo è rivolta al

Consiglio dell'ordine ed è corredata dai seguenti documenti:

a) atto costitutivo in copia autentica;

b) certificato di iscrizione nell'albo dei soci non iscritti presso il Consiglio

dell'ordine cui è rivolta la domanda o dichiarazione sostitutiva.

2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel

termine di trenta giorni dalla domanda dispone l'iscrizione della società in una

sezione speciale dell'albo, con la indicazione della ragione sociale, dell'oggetto,

della sede legale e delle sedi secondarie eventualmente istituite, del

nominativo dei soci che hanno la rappresentanza, dei soci iscritti nell'albo,

nonché dei soci iscritti in altro albo.

3. Per la iscrizione delle sedi secondarie con rappresentanza stabile, la

domanda è corredata da un estratto dell'atto costitutivo ovvero dalla delibera

di istituzione della sede in copia autentica, con la indicazione del Consiglio

dell'ordine presso il quale la società è iscritta e la data di iscrizione, nonché dal

certificato di iscrizione all'albo dei soci che operano nell'àmbito della sede

secondaria, se iscritti presso altro Consiglio dell'ordine.

4. L'avvenuta iscrizione deve essere annotata nella sezione speciale del

registro delle imprese, su richiesta dei socio che ha la rappresentanza della

società (7).

Conseguenze sulla struttura societaria:

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Statuto

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IV.14. Annotazioni (Articolo 29 d.lgs. 96/2001) [Previsione da

adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo, le

variazioni della composizione sociale ed ogni fatto incidente sull'esercizio dei

diritti di voto, sono comunicati al Consiglio dell'ordine entro il termine di trenta

giorni dal momento in cui si verificano.

2. Il Consiglio dell'ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel

termine di trenta giorni dispone l'annotazione della variazione nella sezione

speciale dell'albo.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

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IV.15. Responsabilità disciplinare (Articolo 30 d.lgs. 96/2001)

[Previsione da adeguare alla nuova disposizione dell’articolo 4-bis]

1. La società tra avvocati risponde delle violazioni delle norme professionali e

deontologiche applicabili all'esercizio in forma individuale della professione di

avvocato.

2. Se la violazione commessa dal socio è ricollegabile a direttive impartite

dalla società, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della

società.

3. Nel caso previsto dal comma 2, il Consiglio dell'ordine presso il quale è

iscritta la società è competente anche per il procedimento disciplinare nei

confronti del socio, benché iscritto presso altro Consiglio dell'ordine, salvo che

l'illecito disciplinare contestato al professionista riguardi un'attività non svolta

nell'interesse della società.

4. La previsione di cui al comma 3 si applica anche nel caso in cui l'illecito

disciplinare contestato riguardi un'attività professionale svolta dal socio

nell'àmbito di una sede secondaria.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE Previsione da adeguare al nuovo articolo 4 bis l. 247/2012

Statuto Articolo 4 bis commi 6 e 6 bis l. 247/2012

Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al

rispetto del codice deontologico forense e sono soggette alla

competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza.

6-bis. Le società di cui al comma 1, in qualunque forma

costituite, sono tenute a prevedere e inserire nella loro

denominazione sociale l'indicazione “società tra avvocati”

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nonché ad applicare la maggiorazione percentuale, relativa

al contributo integrativo di cui all'articolo 11 della legge 20

settembre 1980, n. 576, su tutti i corrispettivi rientranti nel

volume di affari ai fini dell'IVA; tale importo è riversato

annualmente alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza

forense.

Patti

parasociali

Codice

etico

IV.16. Situazioni di incompatibilità o di conflitto (Articolo 31 d.lgs.

96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

1. Chiunque vi abbia interesse può segnalare al Consiglio dell'ordine la

sussistenza di situazioni di incompatibilità o di conflitto con il corretto esercizio

della professione riferibili a tutti i soci.

2. Il Consiglio dell'ordine, sentito il rappresentante della società, delibera sulla

fondatezza della segnalazione e, se la ritiene fondata, chiede alla società di far

cessare la situazione di incompatibilità o di conflitto, fissando un termine

congruo, e comunque non inferiore a trenta giorni, decorso il quale può

adottare i provvedimenti disciplinari previsti dall'ordinamento professionale.

3. l provvedimenti previsti dal presente articolo possono essere adottati anche

su richiesta del Pubblico ministero.

Conseguenze sulla struttura societaria:

NOTE Previsione da adeguare alla nuova disposizione di cui

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all’articolo 4 bis

Statuto Articolo 4 bis comma 3 l. 247/2012

3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in

forma societaria resta fermo il principio della personalità

della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto

soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti

necessari per lo svolgimento della specifica prestazione

professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per

tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e

imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse

o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti

Patti

parasociali

Codice

etico

IV.17. Cancellazione dall'albo per difetto sopravvenuto di un

requisito (Articolo 32 d.lgs. 96/2001)

1. Il Consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società provvede alla

cancellazione della stessa dall'albo, qualora sia venuto meno uno dei requisiti

previsti dal presente titolo e la situazione di irregolarità non sia stata sanata

nel termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è verificata.

Conseguenze sulla struttura societaria:

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Statuto

Patti

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IV.18. Elezioni dei consigli locali e nazionali (Articolo 33 d.lgs.

96/2001) [Previsione da adeguare alla nuova disposizione

dell’articolo 4-bis]

1. La società tra avvocati non ha diritto di elettorato né attivo, né passivo.

2. Non può essere eletto contemporaneamente nel Consiglio locale e nel

Consiglio nazionale più di un socio della stessa società.

Conseguenze sulla struttura societaria:

Statuto

Patti

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SOCIETÀ TRA AVVOCATI RELAZIONE SUI PROFILI TRIBUTARI

——————————————————

INDICE 1 IL REGIME FISCALE DELLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI. CONSIDERAZIONI DI ORDINE

PRELIMINARE. ........................................................................................................................................................... 1 2 LA TASSAZIONE DEI REDDITI DELLE SOCIETÀ TRA AVVOCATI AI FINI DELLE IMPOSTE

DIRETTE. ........................................................................................................................................................... 5 L’apporto dei soci e l’attività della s.t.a. ........................................................................... 5 2.1 La tassazione per trasparenza delle s.t.a. costituite in forma di società di persone. . 6 2.2 La disciplina fiscale applicabile alle s.t.a. costituite in forma di società di capitali. ... 9 2.3 Le agevolazioni per le formazioni a carattere mutualistico......................................... 11 2.4 Società tra avvocati e IRI. ................................................................................................. 14 2.5

3 PROFILI IRAP. .............................................................................................................................. 15 4 PROFILI IVA. ................................................................................................................................. 16 5 CONCLUSIONI. .............................................................................................................................. 17

§ § §

1 Il regime fiscale delle società tra avvocati. Considerazioni di ordine preliminare.

1.1 Nel quadro delle previsioni introdotte in tema di società tra avvocati (s.t.a.) dalla Legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) non si rinviene alcuna disposizione specificamente diretta a disciplinare il trattamento fiscale dei redditi derivanti dall’esercizio “in forma societaria della professione forense”.

La lacuna normativa sembra verosimilmente imputabile ad un’opzione di fondo del legislatore della materia, il quale, con l’introduzione del nuovo art. 4-bis della Legge n. 247/2012, ha rinviato alle tradizionali tipologie societarie codicistiche, prevedendo espressamente che le società tra avvocati possano essere costituite nella

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forma di “società di persone, società di capitali o società cooperative” (1). Si può, quindi, anticipare sin d’ora che – secondo il vigente dato normativo – le s.t.a. risultino automaticamente soggette (non solo a livello civilistico, ma anche) sul piano fiscale alla disciplina applicabile a ciascuno dei richiamati modelli societari.

1.2 La soluzione adottata in via legislativa potrebbe ritenersi insoddisfacente laddove si tenga conto delle peculiarità dell’istituto e dell’ampio dibattito sorto intorno alla qualificazione fiscale dei redditi prodotti da formazioni che – pur presentando veste societaria – abbiano ad oggetto l’esercizio di un’attività di natura squisitamente professionale (2).

In proposito, basti ricordare, ad esempio, che il rilievo attribuito dal TUIR alla fonte del provento (e, dunque, alla natura dell’attività da cui lo stesso deriva), quale elemento discretivo tra le varie categorie reddituali, cede il passo a tutte quelle previsioni che assumono l’adozione di una struttura societaria quale indice dell’esistenza di un’attività di impresa (3). Similmente, ai fini IRAP, il requisito organizzativo da cui consegue l’assoggettamento a tributo si ritiene in re ipsa soddisfatto in presenza di enti a carattere societario (4). Ancora, la disciplina IVA prevede addirittura una presunzione assoluta di commercialità dell’attività svolta da “società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del Codice civile e dalle società di fatto” (5).

Questi criteri, che si fondano sull’assunzione di piena rispondenza tra modello organizzativo e natura dell’attività svolta e che comportano l’attrazione entro la disciplina del reddito di impresa dei proventi comunque prodotti da società commerciali, possono, in effetti, apparire distorsivi tutte le volte in cui il “fatto

(1) Ciò, diversamente da quanto previsto, in origine, dal d.lgs. n. 96/2001, che, come si vedrà oltre, nell’introdurre il “tipo societario” della società tra avvocati, aveva limitato il rinvio alle norme in tema di società in nome collettivo per quanto “non diversamente disposto”.

(2) Problematica già dibattuta con riferimento alle società tra avvocati di cui al d.lgs. d.lgs. n. 96/2001 e che si ripropone, con contorni sostanzialmente identici, anche in relazione alla disciplina delle società tra professionisti introdotta dalla Legge di stabilità per il 2012 (Legge 12 novembre 2011, n. 183).

(3) Automatismo disposto ai fini delle II.DD. dal combinato degli artt. 6 e 81 TUIR, da cui si ricava, come noto, il principio di attrazione al reddito di impresa dei proventi comunque conseguiti da società commerciali (di persone o di capitali).

(4) Cfr., art. 2, comma 1, d.lgs. n. 446/1997. (5) Cfr. art. 4, comma 2, n. 1), d.p.r. n. 633/1972.

2

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economico” colpito dal tributo non sia frutto dello svolgimento di un’attività di carattere commerciale. Ciò che potrebbe darsi per assunto anche in relazione alle s.t.a. (6), le quali, a dispetto del modello organizzativo impiegato, sono destinate a svolgere un’attività che mantiene i connotati tipici della prestazione professionale, laddove si consideri, in particolare, che per espressa previsione normativa:

(i) anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria “resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale”;

(ii) l'incarico, conferito alla s.t.a., può essere svolto “soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti”;

(iii) la responsabilità della società “non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione”;

(iv) l’attività delle s.t.a. deve comunque essere svolta nel rispetto del “codice deontologico forense” e ferma la “competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza”.

Tali caratteristiche non sono dissimili da quelle che hanno indotto la stessa Agenzia delle Entrate ad escludere, con risoluzione n. 118/E del 28 maggio 2003, la possibilità di qualificare i redditi prodotti dalle società tra avvocati di cui al d.lgs. n. 96/2001, quali redditi di impresa e a ricondurre, per l’effetto, la fattispecie in esame entro le previsioni dettate in tema di associazioni professionali dagli artt. 5, comma 3, e 53 TUIR (7). L’impostazione accolta dall’A.F., da cui discendeva la qualificazione dei redditi prodotti dalle s.t.a. quali redditi di lavoro autonomo, era – se si vuole –

(6) Su tali profili e con riguardo al regime fiscale delle s.t.a. di cui al d.lgs. n. 96/2001, si v., in particolare, le considerazioni di SCHIAVOLIN, Prime riflessioni sul trattamento della “neonata” società tra avvocati ai fini delle imposte sui redditi, Riv. dir. trib., fasc. 10, 2001, p. 1007; FICARI, La società fra avvocati nell'imposizione sul reddito: spunti per una discussione, Rass. Trib., n. 3/2002, p. 891.

(7) Si legge nel richiamato documento di prassi: “il modello societario della s.t.p. risulta del tutto peculiare rispetto allo schema societario, proprio in considerazione della rilevanza che assume, nell'ambito della s.t.p., la prestazione professionale dei soci rispetto alla incidenza del capitale. Il rinvio alle disposizioni che regolano la società in nome collettivo opera ai soli fini civilistici, in quanto consente di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorre dare risalto al reale contenuto professionale dell'attività svolta. L'esercizio in forma comune dell'attività di avvocato, realizzato utilizzando il nuovo modello societario della s.t.p., deve pertanto, essere ricondotto nell'ambito del lavoro autonomo. In particolare, i redditi prodotti dalla s.t.p. costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 49 del Tuir in quanto ad essi si applica la disciplina dettata per le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma comune di arti e professioni di cui all'art. 5, comma 3, lett. c) del medesimo testo unico. I compensi corrisposti alla s.t.p. sono inoltre soggetti a ritenuta d'acconto ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973”.

3

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suggerita dallo stesso dettato normativo e dalla formulazione dell’art. 16 del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, che si limitava a richiamare la disciplina civilistica in tema di s.n.c. solo con funzione residuale e per quanto non espressamente previsto (8).

1.3 Non sembra che analoghi spazi interpretativi possano essere invece ravvisati nel disposto del nuovo art. 4-bis della Legge n. 247/2012, il quale – come si è anticipato – costruisce le s.t.a. quali species delle società di persone, delle società di capitali e delle cooperative. Ciò, similmente a quanto previsto, ad esempio, dalla Legge n. 109/1994 con riferimento alle società di ingegneria, o dalla Legge n. 183/2011 per le società tra professionisti (s.t.p.); categorie di enti che, proprio in ragione della veste organizzativa assunta e dei criteri formali previsti dal TUIR, sono state qualificate dall’Agenzia delle Entrate come società commerciali, destinate, in quanto tali, a produrre redditi assimilabili, sul piano fiscale, a quelli di impresa (9).

Il chiaro indirizzo espresso dall’A.F. in relazione alla disciplina fiscale delle società di ingegneria e delle s.t.p. sembrerebbe, dunque, confermare la riconducibilità dei redditi prodotti dalle s.t.a. alla categoria dei redditi di impresa, data l’assenza, nel dettato normativo, di qualsiasi previsione (10) che consenta di adottare una

(8) Su un piano civilistico, si era concordi nel ritenere che il modello di società introdotto dal d.lgs. n. 96/2001 non avesse carattere commerciale e non fosse inquadrabile all’interno delle tipologie societarie previste dal codice civile. Sul tema, amplius, BUONOCORE, Alcuni brevi commenti al d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 in tema di società tra avvocati, Giur. comm., fasc. 3, 2001, p. 279; IBBA, La società tra avvocati: profili generali, Riv. dir. civ. n. 3/2002, p. 20355; DE ANGELIS, Le società tra avvocati, Milano, 2003; MINERVINI, La società tra avvocati nel d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, Le società n. 9/2001, p. 1029; MONTAGNANI, Il “tipo” delle società tra professionisti denominato società tra avvocati, Riv. soc., 2002, p. 974.

(9) Si v., in proposito, la Ris. AE n. n. 56/E del 4 maggio 2006, in tema di società di ingegneria; nonché, la risposta ad interpello n. 954-93 del 9 maggio 2014 e la Consulenza giuridica n. 954-55/2014 del 16 ottobre 2014 della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, in tema di s.t.p., entrambe fondate sul rilievo per cui “dette società professionali non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai titoli V e VI del libro V del Codice Civile e pertanto sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve le deroghe e le integrazioni previste dalla disciplina speciale contenuta nella Legge speciale n. 183 del 2011”. Tale assunto trova riscontro anche nella dottrina civilistica (cfr., tra gli altri, CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Studio n. 224-2014/I, Società tra professionisti – Questioni applicative ad un anno dall’entrata in vigore; IBBA, La partecipazione sociale nelle società tra professionisti e nelle società tra avvocati, NLCC n. 3/2014, p. 621; MARASÀ, Le società tra professionisti, Riv. soc., fasc. 2-3, 2014, p. 429; MONTALENTI, Società professionali, società tra avvocati, associazioni professionali: la montagna e il topolino, Giur. Comm., fasc. 2, 2014, p. 268).

(10) Previsione contenuta invece nell’art. 5 della Legge 31 dicembre 2012, n. 247, il quale stabiliva che i “redditi prodotti dalla società tra avvocati” dovessero essere qualificati “quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni” ed escludeva, altresì, che l’esercizio della professione forense in forma societaria potesse costituire “attività d'impresa”.

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qualificazione difforme da quella valevole, a seconda dei casi, per le società di persone, le società di capitali o le cooperative.

Tenuto conto di ciò, nell’ambito della presente relazione si cercherà di esaminare i profili fiscali dell’istituto di maggior interesse, alla luce della disciplina applicabile ai singoli modelli societari richiamati dall’art. 4-bis della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 e della possibilità che la compagine societaria di tali categorie di enti sia costituita (anche) da soci non professionisti (società di capitali comprese), i quali si limitino a partecipare alla vita associativa con mere finalità di investimento e non prestino, dunque, alcuna attività assimilabile a quelle di lavoro autonomo.

2 La tassazione dei redditi delle società tra avvocati ai fini delle imposte dirette.

L’apporto dei soci e l’attività della s.t.a. 2.1L’inquadramento del regime fiscale applicabile alle s.t.a. presuppone una

preliminare ricognizione dei rapporti intercorrenti tra la stessa, i soci ed i clienti delle prestazioni professionali. La formulazione dell’art. 4-bis è sul punto alquanto sibillina, pur lasciando intendere che l’incarico professionale: (i) sia affidato alla s.t.a., che si pone, in tale ottica, quale controparte negoziale del cliente; (ii) sia svolto dal socio, che conferisce alla s.t.a. la propria prestazione professionale in virtù del rapporto partecipativo.

I compensi derivanti dall’esercizio in forma societaria della professione forense sono, dunque, in linea di principio e salve le precisazioni di cui si dirà oltre, destinati a generare materia imponile in capo alla s.t.a.; quanto ai soci, l’attività professionale da essi svolta costituisce oggetto di un conferimento destinato ad essere remunerato dagli utili realizzati tramite il veicolo societario cui è imputabile lo svolgimento della professione forense (11).

Sotto quest’ultimo profilo, va peraltro tenuto presente che il conferimento dell’attività di assistenza legale non costituisce requisito indefettibile della partecipazione ad una s.t.a. e, pertanto: (i) della compagine societaria possono far

(11) Uno specifico tema, che dovrebbe essere indagato sul piano civilistico prima ancora che fiscale, attiene alla valorizzazione dell’apporto dei soci all’interno della s.t.a.; valorizzazione che ha inevitabili riflessi: i) sui criteri di imputazione degli utili di esercizio ai soci applicabili in sede fiscale; ii) sulla rilevanza reddituale dei conferimenti eseguiti, quali costi deducibili per la s.t.a. e quali redditi da lavoro autonomo tassabili in capo al socio.

5

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parte – come visto – soci investitori ed in particolare, società di capitali; (ii) il socio della s.t.a. non si qualifica necessariamente come “socio d’opera”, potendo al contrario limitarsi ad un apporto di capitale e svolgere l’attività professionale nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo.

Di tali elementi si deve tenere adeguatamente conto nell’ambito della successiva trattazione.

La tassazione per trasparenza delle s.t.a. costituite in forma di società 2.2di persone.

2.2.1 Muovendo dall’assunto per cui le s.t.a. risultino in toto assimilabili alle singole tipologie societarie individuate dalla normativa fiscale, tra i modelli richiamati dal comma 1 dell’art. 4-bis rientrano, in primo luogo, le società di persone di cui al titolo V del codice civile (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita per azioni).

A tali categorie di enti la disciplina del TUIR riserva, come noto, un modello di tassazione per trasparenza dei “redditi prodotti in forma associata” in capo ai soci (12). In virtù del richiamato principio, in particolare, le società di persone o le associazioni non riconosciute non godono di soggettività passiva ai fini IRPEF o IRES, ma vengono riguardati unicamente quale strumento di produzione di una “ricchezza” tassabile in capo ai soci. Indipendentemente dall’effettiva percezione, i redditi prodotti da società di persone vengono, in altri termini, automaticamente attribuiti pro quota ai soci (13) e assoggettati in capo ad essi ad aliquota progressiva IRPEF (qualora i soci siano soggetti passivi IRPEF) o ad aliquota proporzionale IRES (nel caso in cui il socio assuma veste di soggetto passivo IRES). Analoghi criteri operano con riferimento al riparto delle perdite (14), delle ritenute (15) e dei crediti di imposta spettanti alle società di persone.

(12) Cfr. art. 5 TUIR, secondo cui “i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.

(13) Sotto quest’ultimo profilo, il secondo comma dell’art. 5 TUIR prevede in particolare che “le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo d'imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali”.

(14) Ai sensi dell’art. 8, comma 2, TUIR, le perdite delle società in nome collettivo, delle società in accomandita semplice, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni non riconosciute “si sottraggono per ciascun socio o associato” in proporzione alla quota di partecipazione agli

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2.2.2 Le modalità di determinazione dei redditi prodotti in forma associata variano sensibilmente in ragione della tipologia di attività svolta. Il reddito complessivo delle società di persone o associazioni non riconosciute è, infatti, come noto, ricavato quale sommatoria delle singole categorie reddituali contemplate dall’art. 6, comma 1, TUIR, alla cui determinazione si perviene sulla base di criteri distinti, che possono, in particolare, concernere il momento di imputazione temporale dei proventi realizzati (proventi che, a seconda dei casi, possono essere tassati secondo il principio di “cassa”, e dunque in ragione dell’effettiva percezione, ovvero secondo il principio di “competenza”, e dunque in ragione della maturazione) o la rilevanza di alcuni componenti negativi di reddito (si pensi, ad esempio, alla tassazione al lordo dei redditi di capitale o alla deducibilità forfettaria di beni strumentali ad uso promiscuo relativi a redditi di lavoro autonomo).

In questo contesto, mentre per le società semplici e le associazioni non riconosciute (16) è la fonte del reddito a costituire il criterio guida nell’individuazione della singola categoria di appartenenza, per le società in nome collettivo e in accomandita semplice l’art. 6, comma 3, TUIR introduce una presunzione assoluta di commercialità dei redditi comunque prodotti, che devono essere tassati secondo le regole proprie del reddito d’impresa e risultano, dunque, fiscalmente rilevanti secondo il principio di competenza economica.

2.2.3 Ragionando sulla base del vigente quadro normativo, è giocoforza concludere che i redditi prodotti dalle s.t.a. costituite in forma di s.n.c. o s.a.s. siano qualificabili come redditi d’impresa, essendo preclusa ogni verifica in ordine alla effettiva natura e al carattere (squisitamente professionale) dell’attività da esse svolta. Ne discende, dunque, che i compensi per le prestazioni professionali svolte non risultano assoggettabili a ritenuta alla fonte ex art. 25 d.p.r. n. 600/1973 e devono essere tassati per competenza in capo ai soci.

Una diversa situazione si profila, per contro, qualora la s.t.a. assuma veste di società semplice, occorrendo in tal caso procedere ad una preventiva verifica in

utili. Il successivo comma 3 ammette, inoltre, il riporto in avanti, entro il quinto anno, delle perdite derivanti dall’esercizio di attività commerciali o prodotte da società in nome collettivo o società in accomandita semplice. Tale limite non opera in ogni caso per le perdite prodotte nel primo triennio di attività.

(15) Cfr. art. 22 TUIR. (16) A tali categorie di enti sono assimilate, come noto, le associazioni professionali, i cui

redditi sono di norma ricondotti nella categoria dei redditi da lavoro autonomo ex art. 53 TUIR.

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ordine alla tipologia di reddito prodotto. In questo contesto, i proventi derivanti dall’esercizio in forma societaria della professione forense potranno a ragion veduta essere qualificati come redditi di lavoro autonomo (17), soggetti a ritenuta alla fonte e tassabili per cassa in capo ai soci percettori.

2.2.4 Avendo specifico riguardo alla posizione dei soci, si è già avuto modo di osservare che, secondo l’attuale formulazione dell’art. 4-bis, della compagine societaria della s.t.a. possono far parte anche soci investitori e società di capitali, con la conseguenza che, sotto il profilo fiscale, è necessario tracciare una distinzione tra la tassazione degli utili imputati per trasparenza ai soggetti passivi IRPEF (es.: il professionista socio della s.t.a.) e i redditi imputati per trasparenza a soggetti passivi IRES (es.: la società capitali che partecipi con finalità di investimento alla s.t.a.). I redditi della s.t.a. attributi ai soci sono nel primo caso soggetti ad aliquota progressiva IRPEF (variabile, a seconda del corrispondente scaglione di reddito, dal 23% al 43%), scontando, invece, nel secondo caso la tassazione proporzionale IRES (attualmente pari al 24%) (18).

(17) Arg. ex art. 53 TUIR, ai sensi del quale “sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l'esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell'art. 5”. Questa qualificazione presuppone, in ogni caso, che l’attività svolta dalla s.t.a. abbia una funzione meramente servente rispetto alla professione dei soci e non sia idonea ad integrare quell’organizzazione “in forma di impresa” che determina, ai sensi dell’art. 55 TUIR, la riconducibilità entro il perimetro dei redditi di impresa dei proventi “derivanti dall'esercizio di attività … dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.”.

(18) Si ipotizzi un utile di esercizio pari ad € 100.000,00 imputato ai soci A e B s.r.l. di ALFA s.n.c.. Assumendo che le quote di partecipazione siano di identico ammontare e che l’aliquota media di A sia pari al 38%, si avrà:

A B S.r.l.

Quota in ALFA s.n.c. 50% 50%

Imponibile pro quota € 50.000,00 € 50.000,00

Aliquota media 38% 24%

Imposta lorda € 19.000,00 € 12.000,00

È peraltro opportuno precisare che la minore tassazione gravante nella presente simulazione in capo alla società commerciale dà luogo ad un “beneficio” fiscale meramente apparente, tenuto conto del fatto che: (i) le società di capitali (e, più in generale, i soggetti passivi IRES) sono riguardati dalla normativa IRES quali veicoli di produzione di una ricchezza che sarà successivamente distribuita e, quindi, tassata in capo a soggetti passivi IRPEF; (ii) per necessarie esigenze di semplificazione, nella simulazione non si tiene conto di eventuali deduzioni o detrazioni che potrebbero essere fruite dal

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2.2.5 Nel quadro normativo vigente, come visto, nulla esclude che la prestazione professionale svolta dal socio-avvocato si inserisca all’interno di un rapporto che non forma oggetto del conferimento nella s.t.a. (19). Se, in altri termini, è vero che l'incarico conferito alla s.t.a. può essere svolto “soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente”, l’art. 4-bis non specifica in alcun modo a quale titolo il professionista si impegni a prestare l’attività di assistenza legale richiesta dal cliente; sembrerebbero, dunque, perfettamente ammissibili configurazioni negoziali che vedano il socio della s.t.a. svolgere la propria prestazione professionale nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo (20).

Al ricorrere di tali circostanze, la remunerazione percepita dal socio darà luogo:

- ad un costo deducibile dal reddito imponibile della s.t.a.; - ad un componente di reddito tassabile in capo al socio come reddito di

lavoro autonomo. La disciplina fiscale applicabile alle s.t.a. costituite in forma di società 2.3

di capitali. 2.3.1 Sono state fin qui esaminate le caratteristiche salienti del regime

fiscale applicabile a s.t.a. costituite in forma di società di persone; occorre a questo punto verificare quali siano i criteri di tassazione valevoli nel caso in cui, diversamente da quanto sopra, la s.t.a. adotti il modello delle società di capitali.

Come noto, le società di capitali rientrano tra i soggetti passivi IRES e, come tali, sono tenute alla determinazione dell’imponibile di esercizio secondo le disposizioni recate dagli artt. 73 e ss. del TUIR. La disposizione da ultimo richiamata, in particolare, traccia una distinzione fondamentale tra i soggetti passivi IRES che abbiano o meno ad oggetto l’esercizio di un’attività commerciale, introducendo una presunzione assoluta di commercialità delle attività svolte da “società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua

soggetto passivo IRPEF e che potrebbero determinare un cospicuo abbattimento dell’imposta lorda su di esso gravante.

(19) Si v. quanto rilevato nel precedente par. 2.1. (20) Si esclude, in questa sede, che la prestazione dell’avvocato all’interno della s.t.a. possa

essere eseguita nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, essendo tale configurazione incompatibile con l’ordinamento forense.

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assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato e i soggetti passivi IRES che svolgano in via prevalente attività non commerciale”. A tale previsione fa da contraltare il disposto dell’art. 81 TUIR, il quale riconduce entro la categoria del reddito di impresa il “reddito complessivo” delle società di capitali, a prescindere dalla fonte di provenienza.

Anche nell’ambito della disciplina IRES, dunque, l’assunzione della forma di società di capitali è idonea a comportare una automatica qualificazione dell’attività svolta dalle s.t.a. quale attività di impresa, a prescindere da ogni indagine sul concreto contenuto dei servizi prestati. Ne consegue, in definitiva, che i compensi per prestazioni professionali svolte dalla s.t.a. sono destinati ad assumere rilevanza, sul piano fiscale, secondo il principio di competenza economica e non sono soggetti a ritenuta di acconto ai sensi dell’art. 25 d.p.r. n. 600/1973 (21).

2.3.2 Fermo l’assoggettamento ad aliquota proporzionale IRES pari al 24% del reddito derivante dall’esercizio in forma societaria della professione forense in capo alla s.t.a. (22), le differenze più apprezzabili rispetto al regime esaminato nel precedente par. 2.2 si rinvengono nella disciplina degli utili distribuiti ai soci da società di capitali.

Al fine di arginare i rischi di una doppia tassazione della medesima ricchezza prodotta, la disciplina dettata dal TUIR prevede un regime di (pressoché totale) esclusione dalla base imponibile dei soci dei dividendi distribuiti da soggetti passivi IRES, che si modula diversamente a seconda della natura (qualificata o meno) della partecipazione e della veste giuridica (soggetto passivo IRPEF o IRES) del percettore dei dividendi. In particolare:

(21) Le modalità di determinazione del reddito di impresa ai fini IRES sono in linea di massima coincidenti con quelle previste ai fini IRPEF, fatta eccezione per alcuni componenti positivi o negativi di reddito (si pensi, ad esempio, agli interessi passivi o alle perdite di esercizio) che sono soggetti, in ambito IRES, ad una disciplina specifica che non trova applicazione per i soggetti passivi IRPEF.

(22) Salvo il caso di opzione per il regime di tassazione per trasparenza previsto dagli artt. 115 e 116 TUIR ed applicabile, rispettivamente, alle società di capitali interamente partecipate da altre società di capitali e alle s.r.l. cd. “a ristretta base proprietaria” (ossia, partecipate esclusivamente da persone fisiche). Tale regime, analogamente a quanto osservato con riferimento alla disciplina di cui all’art. 5 TUIR, comporta l’automatica imputazione dell’utile della società in capo ai soci, a prescindere dall’effettiva distribuzione di dividendi. Sulle peculiarità e sulla funzione della disciplina degli artt. 115 e 116 TUIR, si rinvia, in particolare, a SALVINI, La tassazione per trasparenza, Rass. trib. n. 5/2003, p. 1504.

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- per i soggetti passivi IRPEF, secondo la disciplina tracciata dall’art. 44 TUIR, gli utili distribuiti da società di capitali e relativi a partecipazioni qualificate (23) concorrono a formare l’imponibile dei soci nella misura del 58,14% del relativo ammontare (24); diversamente, per le partecipazioni non qualificate, trova applicazione il regime previsto dall’art. 27, comma 1, d.p.r. n. 600/1973, che prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta pari al 26%.

- un trattamento di maggior favore è invece previsto per i dividendi percepiti da soggetti passivi IRES che, ai sensi dell’art. 89 TUIR, concorrono all’imponibile di esercizio nella misura del 5% (25).

Le agevolazioni per le formazioni a carattere mutualistico. 2.42.4.1 Una trattazione separata deve essere riservata al regime fiscale

applicabile alle s.t.a. che assumano forma di società cooperative. Il favor riservato dal nostro ordinamento a tali categorie di enti determina, infatti, l’adozione di misure

(23) Si ricorda che, ai sensi dell’art. 67 TUIR, costituiscono partecipazioni “qualificate” le partecipazioni che attribuiscano “una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni”.

(24) Cfr. art. 1 DM 6 maggio 2017. (25) Ancora una volta, un esempio numerico può consentire una più agevole ricostruzione del

livello di tassazione in capo ai soci. Si ipotizzi un utile di esercizio pari ad € 200.000,00, tassato ai fini IRES e distribuito ai soci A, B e C s.r.l. di ALFA s.p.a., con A socio al 30%, B socio al 10% e C s.r.l. socio al 60%. Assumendo che l’aliquota media di A sia pari al 38%, si avrà:

Tassazione in capo ad ALFA s.p.a.

ALFA s.p.a. Utile di esercizio € 200.000,00 Aliquota IRES 24%

IRES € 48.000,00

Utile netto imposte € 152.000,00

Tassazione in capo ai soci

A B C S.r.l. Quota in ALFA s.p.a. 30% 10% 60%

Dividendo € 45.600,00 € 15.200,00 € 91.200,00 Imponibile pro quota € 26.511,84 € 15.200,00 € 4.560,00

Aliquota media 38% 26% 24%

Imposta lorda € 10.074,50 € 3.952,00 € 1.094,40

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fiscali a carattere agevolativo (26), che possono, a seconda dei casi, riguardare o meno le sole cooperative a mutualità prevalente (27).

Tra le varie previsioni di carattere generale, merita in questa sede ricordare, in particolare:

a) l’esclusione (parziale) dal reddito imponibile IRES delle quote di utili destinate a riserva indivisibile prevista dall’art. 12 della legge n. 904/1977 (28);

b) l’integrale intassabilità e la deducibilità dal reddito imponibile IRES delle quote di utili netti annuali destinate ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazioni prevista dall’art. 11 della legge n. 59/1992 (29);

c) la deducibilità dal reddito imponibile dei ristorni erogati ai soci ai sensi dell’art. 12 d.p.r. n. 601/1973 (30).

Tali misure sono destinate a convivere con agevolazioni riservate a cooperative operanti in particolari settori (si pensi, ad es., alle agevolazioni applicabili alle cooperative agricole o di produzione e lavoro).

2.4.2 La s.t.a. costituita in forma di società cooperativa dovrebbe – a stretto rigore – essere ricondotta nel genus delle cooperative di lavoro, essendo destinata a svolgere la “professione forense” tramite l’apporto lavorativo dei propri soci (31). Da tale

(26) Si deve, in proposito, precisare che solo alcuni dei benefici fiscali previsti per le società cooperative si qualificano come agevolazioni in senso stretto e sono, pertanto, riservati alle sole cooperative a mutualità prevalente.

(27) Come ben noto, a seguito della riforma del 2003 devono ritenersi “a mutualità prevalente” le cooperative che effettuino gli scambi mutualistici di cui all’art. 2512 c.c., ossia svolgano “la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi”; impieghino “prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, … prestazioni lavorative dei soci”; ovvero, si avvalgano “prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci”.

(28) Sulla funzione dell’art. 12 cit., si rinvia a GALLO, L’accumulazione indivisibile e l’art. 12 della legge n. 904 del 1977, in SCHIANO DI PEPE - GRAZIANO (a cura di), La società cooperativa: aspetti civilistici e tributari, Padova, 1997, 277 ss.. Tale previsione, che per la generalità delle cooperative opera nei limiti del 60% della quota di utili netti annuali, non costituisce una vera e propria agevolazione fiscale ed è applicabile anche ai soggetti che non rispettino i requisiti di prevalenza mutualistica.

(29) Anche questa misura trova applicazione per tutte le tipologie di cooperative, comprese quelle che non rispettino i requisiti di prevalenza mutualistica previsti dal codice civile.

(30) Sulla natura dei ristorni e sulla relativa disciplina fiscale, si v., SALVINI, I ristorni nelle società cooperative: note sulla natura civilistica e sul regime fiscale, Rass. trib. n. 6/2002, p. 1903.

(31) Secondo l’art. 1 della legge n. 142/2001, si considerano cooperative di lavoro le cooperative “nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono l'organizzazione del lavoro dei soci”.

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qualificazione discenderebbe la possibilità di applicare alla s.t.a. che si avvalga in via prevalente dei servizi prestati dai soci (32), non soltanto le agevolazioni di carattere “trasversale” cui sopra si è fatto cenno, ma anche ulteriori misure di favore riservate dalla normativa fiscale alle sole cooperative di lavoro.

In questo ambito si inserisce, in particolare, la previsione dell’art. 11 d.p.r. n. 601/1973, il quale assicura alle cooperative di lavoro un’esenzione parziale (attualmente pari al 50%) dell’imponibile IRES corrispondente alla quota parte dell’IRAP indeducibile dal reddito di impresa (33).

La fruizione del beneficio in esame è subordinata al rispetto di un duplice ordine di requisiti di carattere oggettivo e soggettivo:

- sotto il primo versante, si richiede in particolare che il valore delle retribuzioni corrisposte ai soci sia maggiore del 50% rispetto agli altri costi di produzione (esclusi i costi per materie prime e sussidiarie);

- sotto il secondo versante, i soci devono essere “lavoratori, esercitare l’arte o il mestiere corrispondenti alla specialità della propria cooperativa e non svolgere per conto proprio attività d’impresa identica o affine a quella svolta da quest’ultima”.

Qualora il rapporto tra le retribuzioni dei soci e i costi della produzione si collochi in un range compreso tra il 25% ed il 50%, in luogo dell’esenzione in commento, trova invece applicazione la riduzione alla metà dell’aliquota IRES prevista dal comma 3 dell’art. 11 cit. (34).

2.4.3 Un regime peculiare è infine riservato dalla normativa fiscale alle retribuzioni erogate dalle cooperative di lavoro ai soci-lavoratori, che assumono natura di redditi di lavoro dipendente ai fini IRPEF (35).

I ristorni erogati ai soci dalle cooperative di lavoro sono infatti deducibili ai fini IRES “fino al limite dei salari correnti aumentati del venti per cento” e, qualora imputati

(32) Si ricorda che per le cooperative di lavoro il requisito della mutualità prevalente è da ritenersi soddisfatto quando “il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425, primo comma, punto B9”.

(33) Quota calcolata, dunque, al netto della deduzione forfetaria di cui all’art. 6 del D.L. 185/2008 (pari al 10% dell’IRAP versata in presenza di interessi passivi e oneri finanziari) e della deduzione analitica di cui all’art. 2 del D.L. 201/2011 (pari all’IRAP relativa a spese per il personale dipendente e assimilato).

(34) Si v. Circ. AE 15 luglio 2005, n. 34. (35) Cfr. art. 1, comma 3, legge n. 142/2001.

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ad aumento gratuito del capitale sociale, sono assoggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 12,50%.

Società tra avvocati e IRI. 2.5Accanto alle regole ordinarie di tassazione vigenti ai fini IRPEF ed IRES,

occorre considerare la possibilità che le s.t.a. adottino regimi impositivi di carattere opzionale e, tra di essi, il nuovo regime IRI.

Come noto, al fine di uniformare il livello di imposizione gravante sulle attività imprenditoriali (rendendo maggiormente neutrale, dal punto di vista fiscale, la forma giuridica adottata) e di incentivare la patrimonializzazione delle PMI, l’art. 1, comma 547 della Legge n. 232/2016 (Legge di bilancio 2017) ha introdotto un regime opzionale di tassazione sostitutiva del reddito d’impresa, che dovrebbe trovare applicazione – secondo le modifiche contenute nella legge di bilancio 2018 in corso di approvazione – a partire dal periodo di imposta 2018.

La nuova imposta sul reddito di impresa (“IRI”) assoggetta a tassazione separata, con aliquota proporzionale allineata all’IRES (24%), i redditi prodotti da imprenditori individuali e società di persone in contabilità ordinaria, differendo il prelievo progressivo IRPEF sui soci al momento di effettiva percezione degli utili di impresa. Tale differimento è, in particolare, assicurato da un meccanismo di determinazione dell’imponibile IRI che ammette in deduzione dal reddito di impresa determinato ai sensi del capo VI, titolo I, del TUIR, le somme prelevate dall’imprenditore e/o dai soci in corso di esercizio (36).

L’opzione IRI, avente durata quinquennale, consente di avere accesso ad un regime fiscale che si presenta tanto più vantaggioso quanto più elevati siano i redditi derivanti dall’attività imprenditoriale e la propensione al reimpiego degli utili in azienda da parte dell’imprenditore (37).

(36) La deduzione è ammessa entro i limiti dell’utile e delle riserve di utili assoggettate a tassazione IRI nei periodi di imposta precedenti, al netto delle perdite scomputabili negli esercizi successivi (cd. plafond di deducibilità IRI, le cui modalità di calcolo sono state con maggior precisione chiarite dalla circ. AE n. 8/E del 7 aprile 2017).

(37) Per un calcolo del livello di effettiva convenienza del regime IRI, si consenta di rinviare al documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti “Imposta sul reddito d’impresa (IRI). Inquadramento, potenzialità, criticità” del 28 febbraio 2017. Sul tema, si v., inoltre, FERRANTI, L’imposta sul reddito d’impresa in cerca di chiarimenti, Corr. trib. n. 7/2017, p. 495; RIZZARDI, L’imposta sul reddito di impresa: una scelta per la capitalizzazione delle aziende, in Corr. trib., n. 45/2016, p. 3463. In questa sede, ci si limita a rilevare che, tenuto conto delle aliquote progressive IRPEF, l’effettiva convenienza IRI può essere apprezzata solo in presenza di redditi che eccedano l’importo di € 50.000,00 e in assenza di

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Del suddetto regime possono, in particolare, fruire, ai sensi dell’art. 55-bis TUIR:

- le imprese individuali; - le società di persone (s.n.c. e s.a.s.) in contabilità ordinaria; - le s.r.l. a ristretta base proprietaria (come individuate dall’art. 116 TUIR). Tenuto conto della formulazione e della ratio della norma, l’opzione IRI

dovrebbe ritenersi esercitabile anche dalle s.t.p. e dalle s.t.a., purché operanti in regime di contabilità ordinaria ex art. 18 d.p.r. n. 600/1973 (38).

3 Profili IRAP. Come si è anticipato in premessa, l’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 individua,

quale presupposto di applicazione dell’IRAP, lo svolgimento abituale di attività “autonomamente organizzate” dirette alla produzione o allo scambio di beni o servizi, precisando che il requisito dell’autonomia organizzativa deve ritenersi in re ipsa integrato in presenza di attività esercitate da “società o enti”. Il successivo art. 3 individua poi, quali soggetti passivi di imposta, per quanto qui di interesse: (a) le “società e gli enti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”; (b) le “società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all'articolo 51 del medesimo testo unico”; (c) le “persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico”.

Secondo l’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza (39), dal combinato disposto di tali previsioni discende l’automatico assoggettamento ad IRAP

oneri deducibili e/o detrazioni di imposta che potrebbero essere fruite solo in presenza di redditi che concorrano alla formazione dell’imponibile complessivo IRPEF.

(38) Questa conclusione si fonda, naturalmente, sull’assunto per cui il reddito prodotto dalle s.t.a. non possa che essere qualificato, secondo la normativa vigente, quale reddito d’impresa.

(39) Fondamentale è in proposito il richiamo a Corte Cost., sentenza 21 maggio 2001, n. 156, nonché, da ultimo, a Cass., SS.UU., sentenza 14 aprile 2016, n. 7371, la quale ha definitivamente sancito che “presupposto dell'imposta regionale sulle attività produttive è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizio; ma quando l'attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell'imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3 - comprese quindi le società semplici e le associazioni senta personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni - essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l'attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto

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di società (di persone o di capitali) ed associazioni senza personalità giuridica che abbiano ad oggetto lo svolgimento di attività di natura professionale, essendo la struttura organizzativa assunta idonea a comprovare la sussistenza dei requisiti organizzativi minimi che giustificano l’applicazione del tributo. È agevole, dunque, concludere che alle s.t.a. debba essere riconosciuta piena soggettività passiva ai fini IRAP.

La qualificazione dell’attività della s.t.a. in termini di attività professionale o attività impresa può, cionondimeno, assumere rilievo ai fini dell’individuazione delle modalità di determinazione della base imponibile IRAP, comportando – a seconda dei casi – l’applicazione della disciplina dettata in materia di società di capitali o di persone di cui agli artt. 5 e 5-bis del d.lgs. n. 446/1997 ovvero della disciplina dettata per gli esercenti arti o professioni dall’art. 8 del d.lgs. n. 446/1997.

Nell’assenza di contraria previsione normativa, si ritiene che la questione debba essere risolta, ancora una volta, alla luce dei criteri formali previsti dal d.lgs. n. 446/1997 e tenendo conto del modello societario di volta in volta adottato dalle s.t.a., con la conseguenza che il regime di tassazione delle attività professionali di cui all’art. 8 d.lgs. n. 446/1997 potrà ritenersi applicabile solo qualora la s.t.a. sia stata costituita in forma di società semplice (40).

4 Profili IVA. Non desta, infine, particolari perplessità il trattamento IVA applicabile ai

corrispettivi percepiti da società costituite ai sensi dell’art. 4-bis della Legge 31 dicembre 2012, n. 247. È infatti appena il caso di ricordare che, sotto il profilo soggettivo, il d.p.r. n. 633/1972 riconduce nel campo di applicazione dell’imposta tanto le operazioni effettuate nell’esercizio di un’attività di impresa, quanto le operazioni svolte nell’esercizio di arti e professioni, introducendo una presunzione assoluta di commercialità delle “cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle

d'imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell'autonoma organizzazione”.

(40) Argomentazioni in tal senso possono essere tratte dai documenti di prassi richiamati nella precedente nt. 6, i quali – seppur con riferimento alle s.t.p. previste dalla Legge n. 138/2012 – assumono che la veste societaria assunta da tali categorie di enti abbia rilievo anche ai fini IRAP.

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società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del Codice civile e dalle società di fatto”.

Quale che sia il modello societario adottato, dunque, le prestazioni professionali effettuate dalle s.t.a. daranno in ogni caso luogo ad operazioni imponibili ai fini IVA, che dovranno essere assoggettate ad imposizione secondo la disciplina ordinariamente dettata dal d.p.r. n. 633/1972 (41).

5 Conclusioni. Dall’analisi sin qui svolta, emerge come le s.t.a. siano destinate ad essere

assoggettate al regime impositivo tipico delle attività commerciali tanto ai fini IRES, quanto ai fini IRAP che ai fini IVA. Ciò, salvo il caso in cui non assumano veste di società semplice, andando incontro ad un trattamento fiscale che si ritiene per massima parte coincidente con quello applicabile alle associazioni professionali che abbiano ad oggetto lo svolgimento della professione forense.

La potenziale discrasia (42) tra il suddetto regime e il trattamento fiscale applicabile alle associazioni professionali o agli avvocati che esercitino la professione forense in forma individuale potrebbe essere superata solo attraverso una norma ad hoc che – analogamente a quanto previsto dall’originario testo dell’art. 5 Legge n. 247/2012 – qualifichi come “redditi di lavoro autonomo” i proventi realizzati dalla s.t.a.

Questa strada, se non impraticabile, potrebbe comunque risultare difficilmente percorribile, dando luogo ad un disallineamento tra la disciplina contabile e fiscale applicabile alle s.t.a. e ad una moltiplicazione degli adempimenti su di essa incombenti (43).

(41) Resta fermo chiaramente che, qualora il socio della s.t.a. svolgesse prestazioni di carattere professionale, i corrispettivi in tal modo percepiti dovrebbero essere autonomamente fatturati e assoggettati ad IVA secondo le regole ordinarie.

(42) È appena il caso di osservare che il trattamento fiscale delle associazioni professionali o degli avvocati che esercitino la professione in forma individuale non risulta necessariamente deteriore rispetto a quello applicabile percepiti dalla s.t.a. (si pensi, ad esempio, al diverso regime – cassa o competenza – dei componenti positivi di reddito prodotti).

(43) Merita in proposito rilevare che una modifica analoga a quella qui esaminata era stata presa in considerazione con riferimento alla disciplina delle s.t.p. di cui alla Legge n. 138/2011 ed è stata scartata dalla Commissione finanze della Camera proprio alla luce del “doppio binario” che si sarebbe venuto a creare sul piano contabile e fiscale.

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LAVORI PREPARATORI DEL CONGRESSO FORENSE DI CATANIA 2018

Riflessioni per il Gruppo di Lavoro "Società"

A cura dell’avvocato Giulia Facchini, delegata dall’associazione Cammino - Camera Nazionale avvocati per la persona le relazioni familiari e i minorenni- La nostra associazione, che rappresenta per la maggior parte giovani colleghe (la categoria più “povera” tra gli avvocati) attraverso il Bando di Cassa Forense per lo Sviluppo economico dell’avvocatura 2017 ha potuto dedicare una parte della propria attività a approfondire il tema: “Avvocati e mercato Come battere la crisi. Strategie di promozione dello studio legale, tra innovazione tecnologica e sfida della concorrenza”. Con il format, che abbiamo predisposto sin dal nostro Congresso Nazionale di Cassino del 2016, abbiamo potuto approfondire le dinamiche dell’avvocatura e del mercato dei servizi legali e confrontarci con colleghi di tutte le zone di Italia, posto che abbiamo organizzato eventi a Torino, Perugia, Catania, Bergamo, Venezia, Monza. Alla luce di questa arricchente esperienza, che la sottoscritta ha fatto come relatore in tutti gli incontri, e degli approfondimenti costanti delle dinamiche del mercato dei servizi legali, la nostra associazione ritiene che il tema della società tra avvocati vada affrontato non solo dal punto di vista giuridico, ma prima di tutto dal punto di vista economico e di marketing. Per questa ragione riteniamo utile una introduzione che dia un breve sunto della evoluzione delle condizioni economiche ed organizzative degli avvocati italiani. Numero degli avvocati e dinamiche reddituali (tabelle di Cassa forense)

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I numeri della tabella, estrapolati dalla rivista della nostra Cassa, ci danno, immediatamente, il segno di quanto il rapporto degli avvocati con la domanda di servizi legali sia in profonda crisi. Come ci diciamo spesso “siamo molti di più e molto più poveri” e diamo la colpa di questa crisi a tutti (in primis a Bersani) tranne che a noi stessi Nelle annose discussioni sul futuro dell’avvocatura ci rifiutiamo mentalmente di essere considerati imprenditori ma, di fatto, se la differenza tra le nostre entrate professionali e le uscite per la gestione della nostra attività (i cui costi non hanno fatto, in questi anni, che lievitare) non produce un margine sufficiente, non falliamo ma chiudiamo, come purtroppo sta accadendo a moltissimi colleghi. Frequentando dagli anni novanta i Congressi Forensi conosco assai bene le motivazioni della categoria nel rivendicare, la peculiarità della professione forense rispetto a tutte le altre professioni liberali, ma il nostro arroccarci sulla rilevanza costituzionale del nostro ministero, tanto da intitolare a questo tema il Congresso di prossima celebrazione a Catania, come i numeri dimostrano chiaramente, a poco è servito. La nostra associazione si è convinta, proprio grazie all’esperienza fatta, che iniziare a ragionare anche sul tema delle società tra professionisti confrontandoci con logiche di mercato- e non solo giuridiche- e scendendo dall’Aventino culturale sul quale ci siamo ritirati, sostanzialmente per paura del cambiamento e della connessa perdita di privilegi o

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guarentigie (la tariffa obbligatoria questo era) possa permetterci di coniugare la forma organizzativa dei nostri studi con l’indispensabile redditività e il sacrosanto diritto di difesa dei cittadini. Con questa premessa vorremmo sottolineare che se il tema dei modelli organizzativi dentro i quali svolgiamo la nostra professione è strettamente correlato alla forma con la quale ci presentiamo sul “mercato” dei servizi legali, ci sono una serie di domande che dobbiamo porci a monte e precisamente:

Quale offriamo sul mercato della domanda di servizi legali Per accennare a questo punto dobbiamo partire dalla banale considerazione che sotto il titolo di avvocato noi svolgiamo attività con caratteristiche ben differenziate e conseguente differente organizzazione, e ciascuna branca del diritto che pratichiamo si declina, a livello di concreto svolgimento della attività lavorativa e di struttura dello studio, in modo assai differente. Faccio alcuni banali esempi: chi si occupa di diritto commerciale e societario a Milano e ha come clienti grandi gruppi multinazionali, in realtà affronta problematiche diverse, con un struttura, organizzazione, costi di gestione e ritmi di lavoro ben differenti da chi si occupa, ad esempio, di diritto commerciale e societario per piccole e medie imprese della provincia o del centro/ sud Italia. Molti studi legali, però, sono o si presentano come “tuttologi”, vuoi nelle tre branche; civile, penale, amministrativo, vuoi, se hanno scelto di praticare solo una delle tre, quale tuttologi di tutte le sotto-articolazioni di ognuna delle tre suddivisioni di cui sopra. In realtà uno studio legale, anche grande, ha sempre una o più (sotto) materie o un cliente -o gruppo di clienti- da cui ricava la maggioranza del suo fatturato, ma la scarsa propensione degli avvocati al cosiddetto “controllo di gestione” 1, fa si che, nel complesso, la maggior parte degli avvocati non abbia le idee per nulla chiare su quale è o vorrebbe essere il suo “core business” e di conseguenza su quale è il segmento di “servizio legale” che offre sul mercato. Quanto qui esposto è chiaramente delineato nelle tabelle, che qui si riportano, tratte dal Rapporto Censis sull’avvocatura del 2015

1 Attività che implica un controllo, periodico, del numero e della tipologia di incarichi e del relativo fatturato prodotto

da ciascun cliente –se assistiamo pochi clienti con molte problematiche, come in genere avviene per le aziende- o

da un gruppo di questioni omogenee, es recupero crediti locazioni, esecuzioni, diritto di famiglia etc, per

compararlo con periodi precedenti, si da monitorare il trend della nostra attività e individuare la regioni delle

variazioni, positive o negative che siano per poterle meglio controllare/sfruttare.

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Quanto alla dimensione degli studi legali solo il 9% su tutto il territorio nazionale conta oltre 10 avvocati

Quanto alla questione se gli studi offrano specifici servizi a determinati segmenti di mercato, il risultato è negativo nel senso che ben l’88% dei professionisti è “tuttologo” e lavora in uno studio che, come abbiamo visto sopra, o è composto (per il 38%) dal solo titolare o è composto da 2/3 professionisti –che però dall’indagine non è chiaro se condividano solo i costi o abbiano sinergie lavorative- con il risultato che oltre il 63% dei professionisti italiani non ha –e probabilmente non pensa di avere- una struttura che necessiti il ricorso alla STP

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La maggior parte dei colleghi poi lavora (vedi le due tabelle che seguono) in un mercato locale e con clienti persone fisiche.

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Dalle tabelle sopra riportate è chiaro quindi che la maggior parte dei colleghi non ha né consapevolezza del “prodotto” che offre sul mercato né del proprio “posizionamento” sul mercato dei servizi legali2. Quanto al rapporto tra l’avvocatura e ITC -Information Tecnology -

I risultati dell’indagine sono molto deludenti –e preoccupanti- tenuto conto che la maggior parte delle persone ora cerca beni o servizi su internet mentre solo il 20% degli avvocati si è dotato di un sito internet di studio La domanda preliminare La domanda che dovremmo quindi porci in questo gruppo di lavoro è se questa larga parte di avvocatura dal punto di vista del marketing “informe ed indefinita” potrebbe giovarsi di competenze professionali che si occupassero della organizzazione e del marketing dei professionisti aderenti, migliorando la risposta del singolo e del gruppo “associato” alle richieste del mercato e migliorando la redditività degli avvocati “associati” che mettendo in comune ed a sistema i costi professionali (acquisti, segreteria, riviste etc) ed i relativi servizi (amministrazione, redazione invio e incasso parcelle, rispetto degli adempimenti privacy e sicurezza studio, gestione e implementazione del sito, della pagine Linkedin, della pagina Facebook dello studio, redazione ed invio newslewtter etc) vedrebbero 2 Di fatto tuttavia ciascun studio legale, “compete” su un particolare segmento di mercato determinato: sia sotto il profilo geografico dal luogo di svolgimento della professione (anche se con internet e processo telematico questo ragionamento è in parte superato), sia sotto il profilo del servizio erogato, sia dalle concrete necessità di assistenza che il cliente esprime etc.

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ottimizzato il rapporto tra ore lavorate e ora fatturabili, non dovendo più occuparsi della parte amministrativa, organizzativa, finanziaria e promozionale dello studio, migliorando Anche il rapporto tra i costi .per le economie di scala- e il fatturato, con conseguente accrescimento del reddito professionale Proposte operative per il Congresso Alla luce di questa, necessariamente breve, disamina la nostra associazione propone di portare al Congresso una mozione che impegni CNF, Cassa e OCF ad avviare una riflessione che partendo dalle fotografie dell’avvocatura di cui ai rapporti Censis 2015, 2017 e 2018, oltre che dei dati sulle nostre attività raccolti dalla Cassa ma anche dalla Agenzia delle Entrate attraverso i nostri studi di settore, che aiuti a costruire dei percorsi in forza dei quali la stessa avvocatura, attraverso le sue rappresentanze, possa diventare protagonista di un cambio di passo in senso “imprenditoriale” della professione, immaginando e favorendo soluzioni maggiormente utili e redditizie di svolgimento della nostra attività –STP, Reti professionali- ma anche favorendo nel modo più agile e corretto l’incontro tra la domanda di giustizia e i professionisti che a tale specifica domanda posso con maggiore competenze celerità rispondere. La nostra impressione è infatti:

- non solo che le società tra professionisti resteranno un bell’esercizio accademico se

non saranno finalizzate a rendere più “appetibile” per i nostri clienti o potenziali

clienti l’offerta di servizi che potremo fornire ”associata”

- ma soprattutto che se l’avvocatura non si impegna al più presto in prima persona sul

tema ci saranno imprenditori professionali che organizzeranno vieppiu –perché

questo trend è già in atto- offerte di servizi legali dove gli avvocati saranno semplici

lavoratori dipendenti senza più alcun arbitrio su quali cause vadano tutelate anche

con ridotto –o nullo- introito.

Per Cammino Camera Nazionale avvocati per la persona le relazioni familiari e i minorenni Avv Giulia Facchini Torino li 1 luglio 2018

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1

Organismo Congressuale Forense

Idee per una normativa sulle società ed una riscrittura della normativa su8lle

società tra avvocati

Con queste note si evidenziando i problemi civilistici e le diversità tra la STA e la normativa che

regola invece la STP per le altre professioni. Lo scopo sarebbe quello di predisporre una proposta di

modifica della normativa speciale che, pur lasciando il socio di capitale (ormai c’è, ed è impossibile

non considerarlo), ne limiti l’influenza ed il peso nella società, assicurando indipendenza

all’avvocato che si occupa della pratica e soprattutto (introducendo dei filtri) prevenga le possibili

storture economiche di utilizzo della società-

I problemi civilistici e gli interventi normativi

Premesso che le STA non costituiscono un genere autonomo, ma appartengono alle società tipiche

disciplinate dal codice civile, occorre, preliminarmente, individuare quali norme civilistiche

necessitano di un adattamento per la piena funzionalità del nuovo strumento considerata che la

finalità “prima” di tali società dovrebbe essere quella di favorire la prestazione d’opera dell’avvocato

per la società.1

Così ragionando dobbiamo individuare quelle disposizioni codicistiche che in concreto ostacolano il

raggiungimento di questa finalità e che per questa ragione necessitano di un intervento derogativo

ed ad hoc.

Occorre premettere che la figura del socio d’opera è ammessa tanto nelle società di persone che

nella s.r.l., società di capitali, con alcune specificità.

a) le società di capitali e socio d’opera e le norme che possono dare qualche problema

Per quanto concerne la s.r.l., l’art. 2464 cod. civ. prevede che “possono essere conferiti tutti gli

elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica”. Nell’atto costitutivo deve comunque

essere prevista espressamente la possibilità di conferire beni in natura, crediti o prestazioni

d’opera, altrimenti il conferimento può avvenire solo in denaro.

Nel caso di prestazione d’opera, il conferimento è rappresentato dalla prestazione di una polizza di

assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore ad essi

assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a

favore della società. Il socio d’opera può anche sostituire la polizza o la fideiussione con un

versamento di denaro a titolo di cauzione.

Nella società per azioni non è ammesso il conferimento di prestazioni d’opera da parte del socio. Nelle società per azioni, vige il divieto del conferimento a capitale delle prestazioni personali dei

soci (ex art. 2342, comma 5°) l’apporto personale dei soci in società può essere diversamente

valorizzato attraverso la previsione di «una diversa assegnazione di azioni» (non proporzionale) ex

art. 2346, comma 4°, c.c. nonché con l’emissione di strumenti partecipativi finanziari (art. 2346,

comma 6° c.c.) o di azioni con prestazioni accessorie (ex art. 2345 c.c.) Il problema è che

attraverso questi strumenti il prestatore non acquisisce capitale sociale pur prestando la propria

opera in favore della società. Oggi nel caso in cui i soci optino per il modello della società per azioni,

la prestazione tecnica, che può formare oggetto di prestazioni accessorie ai sensi dell’art. 2345 c.c.,

1 Nel conferimento d’opera, l’interesse dell’avvocato conferente è quello di diventare socio pur essendo privo dei

«mezzi» finanziari o patrimoniali. Eseguendo la prestazione d’opera il conferente libera la sua quota senza alcun

esborso economico. L’interesse della società conferitaria sarà invece di tipo «organizzativo», in quanto, «inserendo» i

prestatori d’opera nella compagine sociale, si aggregano risorse economiche ed umane nel «vincolo» del rapporto

sociale. Il legame che si crea, da un punto di vista strettamente imprenditoriale, si dovrebbe tradurre in termini di

benefici sulla produttività dell’impresa poiché i prestatori-soci, hanno una maggiore motivazione per il buon

andamento economico della società.

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2

si aggiunge all’obbligo di eseguire un conferimento, con la conseguenza che l’avvocato, anche se

esecutore di prestazioni professionali, è tenuto ad effettuare un versamento a titolo di

conferimento.

3) altri problemi

Con riferimento alle S.p.A. deve segnalarsi che l’esclusione è istituto previsto dal codice per le

società di persone, per le società a responsabilità limitata e per le società cooperative, ma non è

previsto, invece, per le società per azioni. La mancanza di una previsione di legge, almeno per

quest’ultimo caso, rende assai incerto quale sia il regime applicabile al socio escluso nella STA.

Da verificare, ed eventualmente correggere legislativamente, sarebbe quella di prevedere

espressamente la possibilità di costituire una STA in forma di s.r.l. semplificata, in quanto ciò ad

oggi non è certo perché la legge 4 agosto 2017, n. 124 impone l’adozione nell’atto costitutivo di

specifiche ed inderogabili clausole statutarie pattizie.

Sarebbe, infine utile prevedere che la società tra avvocati abbia per legge i requisiti della start up

innovativa di cui all’art. 25 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179. Nonostante manchi un esplicito

divieto in tal senso, oggi appare difficile ipotizzare che nello “sviluppo, produzione e

commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”, che costituisce, ai

sensi del comma 2, lett. f) dell’art. 25 l’oggetto sociale esclusivo o prevalente della start up

innovativa, possa esser ricondotto “l'esercizio dell'attività forense da parte dei soci”

4) Conclusioni

Occorre in primis, proprio per allargare la possibile platea dei prestatori d’opera intellettuale (specie

per i Colleghi giovani), provare a immaginare una disciplina speciale che rimuova eccezionalmente

per le STA gli oneri finanziari previsti dall’art. 2464 cod. civ. per la S.r.l. e che regolamenti il ricorso

per la S.p.A. per le ipotesi ex art. 2345 e 2346 cc facendo riferimento ai fini della

valutazione/compenso dell’opera ai parametri ministeriali ex art. 13 legge 247/2012.

b) Nelle società di persone

1) Nelle società di persone la possibilità per i soci di conferire «quanto necessario per il

perseguimento dell’oggetto sociale» (ex art. 2253 c.c.) trova la sua massima espressione non

essendo imposti dall’ordinamento vincoli o divieti come nelle società di capitali

Riassumo brevemente le norme di riferimento:

- l’art. 2295 c.c. al n. 7 richiede esplicitamente che siano indicate nell’atto costitutivo «le prestazioni

a cui sono obbligati i soci di opera»;

- l’art. 2263 c.c., comma 2° prevede che «la parte spettante al socio (di partecipazione agli utili o

alle perdite) che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal

giudice secondo equità»;

- l’art. 2282 c.c. in tema di ripartizione dell’attivo a seguito della liquidazione della società, prevede

che: «estinti i debiti sociali, l’attivo residuo è destinato al rimborso dei conferimenti. L’eventuale

eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni. L’ammontare dei

conferimenti non aventi per oggetto somme di denaro (tra cui rientrano i conferimenti d’opera) è

determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il

valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti»;

- l’articolo 2286, comma 2° sul punto della esclusione per sopravvenuta inidoneità ad eseguire la

prestazione, prescrive che «il socio che ha conferito nella società la propria opera …può essere

escluso per sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera …».

L’art. 2500 quater c.c. stabilisce il diritto del socio d’opera all’assegnazione d’azioni o quote della

società trasformata in misura corrispondente alla partecipazione che l’atto costitutivo gli riconosceva

prima della trasformazione, o in mancanza di indicazioni nell’atto costitutivo, in base all’accordo tra i

soci o, in caso di disaccordo, dal giudice secondo equità.

2) Conclusioni

Si potrebbe suggerire legislativamente di prevedere che la valutazione dell’opera prestata sia

sempre fatta sulla base dei parametri ministeriali di cui all’art. 13 legge 247/2012, ritenuti non

derogabili

Un problema particolare con conseguenze fiscali

Quello che non è chiarito in modo definitivo nelle disposizioni codicistiche è se si tratta per le prestazioni d’opera di conferimenti di capitale, e quindi da imputare a capitale, o di

conferimenti di patrimonio e quindi non imputabili a capitale.

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3

Per quanto riguarda gli «effetti», è stato osservato che la scelta di «capitalizzare», e quindi di

imputare a capitale i conferimenti d’opera, consente di ottenere una più corretta determinazione del

risultato d’esercizio (utile o perdita), nonché garantisce l’uguaglianza di posizione dei soci al termine

della società e tutela maggiormente i creditori sociali.

In particolare sul risultato d’esercizio, e quindi sull’utile distribuibile, si osserva che se non si

capitalizza il servizio espletato dai soci che lo hanno conferito, e quindi indirettamente non se ne

calcola il costo, si evidenzia un utile fittizio (maggiore) e si distorce il quadro fedele della redditività

dell’impresa. A conferma si può osservare che se si acquistasse la medesima prestazione da un

terzo con denaro, la spesa verrebbe subito imputata e diminuirebbe il saldo attivo dell’esercizio.

Viceversa, la capitalizzazione, consente di evidenziare il corretto risultato dell’esercizio proprio

perché valorizza tutti i costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività sociale e quindi per la

produzione del reddito.

Conseguentemente questa diversa determinazione del risultato di esercizio (maggiore nel caso non

si capitalizzi e viceversa minore nel caso si capitalizzi) si riflette anche sulla attribuzione degli utili

(maggiore o minore) ai soci.

Il conferimento d’opera, come chiarito dalla Commissione Gallo prima, e più recentemente

dall’Agenzia delle entrate (ris. 16 marzo 2005, n. 35/E), costituisce dal punto di vista economico–

reddituale, per la conferitaria, un costo deducibile per la quota di prestazione oggetto del

conferimento che ha contribuito alla produzione dei ricavi nel corso dell’esercizio e per il socio

conferente un componente positivo di reddito da assoggettare a tassazione con il criterio di

competenza (se soggetto svolgente attività d’impresa) o di cassa (se altro soggetto).

Altri interventi

Regolamentare il divieto di concorrenza

Appare logico ipotizzare che la maggior parte delle volte i soci avvocati abbiano interesse a

conferire in società la propria opera professionale; ciò non toglie, però, che gli stessi possano

preferire di limitare il proprio conferimento al denaro o ad altri beni che risultino funzionali al

perseguimento degli interessi sociali. Si deve tenere presente che in questo caso l’avvocato (che

come detto non abbia assunto l’obbligo di conferire la propria opera professionale) deve rimanere

libero di prestare o meno tale opera nei confronti della società, che sarà tenuta a negoziare con lui

l’assunzione di ogni incarico professionale e sarà per questa ragione regolamentare

specificatamente il problema del divieto di concorrenza tra società e socio o tra amministratore e

società e regolamentare ad hoc il problema di eventuali conflitti di interesse. Nessuna deroga legale

è prevista per il divieto di concorrenza tra socio avvocato e società; nel sistema italiano la

concorrenza è inibita solo ai soci delle società in nome collettivo e agli accomandatari delle s.a.s.:

questi soggetti possono svolgere attività lavorative purché diverse da quella della società ma non

possono mai fare diretta concorrenza alla società con la conseguenza di rendere solo ipotetica la

possibilità di esercizio dell’attività in proprio nei casi in cui l’avvocato come socio non abbia assunto

l’obbligo di conferire la propria opera professionale (nelle S.p.a., e nelle S.r.l., è previsto il solo

divieto di concorrenza da parte degli amministratori; si ricordano, al riguardo, le problematiche

sottese e connesse agli artt. 2390/2391 cc).

L’avviamento

L’occasione di un intervento specifico legislativo sarebbe la sede opportuna per esplicitare la

conferibilità dell’avviamento dello studio legale da parte del socio, inteso come andamento medio

del fatturato del singolo professionista che svolgerà la propria attività in forma societaria.

Come noto, stante la natura personale del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera

professionale, mentre è ammissibile il conferimento dell’avviamento sembra da escludere che

l’avviamento possa avere ad oggetto la clientela, pur se va dato conto che la giurisprudenza ha

recentemente considerato lecitamente e validamente stipulato un contratto di trasferimento a titolo

oneroso di uno studio professionale, anche relativamente alla parte inerente la clientela. Per

quest'ultima, infatti, secondo la Suprema Corte, è configurabile non una cessione in senso tecnico

(stante il carattere personale e fiduciario del rapporto tra prestatore d'opera intellettuale e cliente e

la conseguente necessità del conferimento dell'incarico da parte del cliente medesimo al

cessionario), ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto

professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, quali il compimento di un'attività promozionale di presentazione e canalizzazione, e

negativi di non fare, quali il divieto di esercitare la medesima attività nello stesso luogo.

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4

La sospensione o la radiazione del professionista e/o della società: effetti sui giudizi

E’ pacifico che la sospensione o la radiazione del professionista continua a comportare l’interruzione

dei giudizi a lui affidati anche se il rapporto contrattuale è instaurato tra cliente e società (l’unico

obbligo della società è quello di sostituire il professionista cui era affidato l’incarico); nulla è previsto

per il caso contrario. In ragione del principio di personalità della prestazione, allorquando il

provvedimento colpisce la società le liti possono proseguire tramite il singolo professionista che ha

ricevuto la procura (ed è estraneo al provvedimento deontologico che colpisce la società) e che

resta professionalmente responsabile.

E’ di tutta evidenza che in tali casi vanno regolamentati gli aspetti civilistici, in quanto il cliente non

sarà tenuto a versare i compensi alla società (che, benché sospesa o radiata, continua ad esistere

ed è titolare di un diritto di credito verso il cliente solo per i crediti già maturati) perché è divenuto

impossibile l’adempimento del contratto da parte della società.

Andrebbe regolamentata civilisticamente questa situazione, si suggerisce di valutare la fattibilità di

introdurre la previsione che si estingue anche la procura con effetti interruttivi nel processo (?).

Acconti sugli utili, diverse maggioranze sui patti sociali

Non è risolto poi in senso positivo il problema della legittimità di corrispondere acconti sulla

partecipazione agli utili al socio che presta la propria opera professionale per la società; si ricorda

che vige il generale divieto di anticipare dividendi da ripartirsi anticipatamente all’approvazione del

bilancio e che, comunque, gli stessi possono essere “anticipati” solo se realmente conseguiti e,

comunque, vige il generale obbligo della restituzione da parte del socio delle somme eventuali

prelevate in eccesso.

Non è previsto il divieto di stabilire nei patti sociali o nello statuto quorum decisionali superiori ai

due terzi, rendendo in tal modo necessario il voto dei soci di capitale nell’adozione delle decisioni.

Le differenze con le STP

A differenza delle STP costitute ai sensi del comma 3 dell’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n.

183, non vi è deroga al numero minimo dei soci stabilito per le società cooperative (che per le

STP è ridotto ad almeno tre). Pertanto, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 2521, comma

2, c.c., la cooperativa tra avvocati dovrà avere almeno nove soci, tutti persone fisiche. Inoltre, a

differenza delle STP (lett.a) comma 4 dell’art. 10 l. 183/2011), manca la previsione dell’esclusività

nell’oggetto sociale dello svolgimento dell’attività professionale. Questa mancanza, unitamente al

fatto che nel testo si parla genericamente di soci professionisti iscritti in albi di altre professioni,

induce a far ritenere che della società possano far parte anche professionisti di altre professioni e

che l’attività forense possa essere solo una delle attività che fanno parte dell’oggetto sociale.

A differenza di quanto previsto al comma 5 dell’art. 10, l. 483/2011 per le STP, la denominazione

sociale, in qualunque modo formata, non deve contenere - oltre alla precisazione del modello

societario prescelto- anche l'indicazione che trattasi di società per l’esercizio della professione

forense.

Altro problema è rappresentato dalla mancanza di una previsione per le STA quale quella del

comma 6 dell’art. 10, l. 183/2011 che dispone che “la partecipazione ad una società è

incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti”, con la conseguenza

che il divieto non opera neanche per il socio non professionista e con la ulteriore conseguenza di

poter costituire vere e proprie “holding” su base territoriale.

Altra grave carenza nella disciplina delle STA è l’assenza di una previsione simile a quella del

comma 3 d.m. 34/2013 per cui il socio con finalità d'investimento può far parte di una società

professionale solo quando:

a) sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l'iscrizione all'albo professionale cui la

società è iscritta;

b) non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione

per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;

c) non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari.

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5

Costituisce, inoltre, requisito di onorabilità del socio investitore la mancata applicazione, anche in

primo grado, di misure di prevenzione personali o reali.

Oggi è solo previsto il divieto a farne parte, ai sensi del comma 6, per il socio professionista

cancellato.

Nulla è specificato nel caso di società multidisciplinare (vedi invece per le STP il comma 8 art. 10

l. 183/2011) né viene precisato come si risolvono i conflitti normativi esistenti tra i due diversi tipi

di società professionali (si pensi che nella STP il socio può far parte di una sola società, mentre tale

divieto non è esplicitato nelle STA).

A differenza della STP, non è previsto nella STA che la designazione del professionista debba

essere preferibilmente fatta “dall’utente”, e solo ove questa manchi, il nominativo viene scelto dalla

società, ed a questi previamente comunicato.

L’art. 4 d.m. 34/2013 prevede che la STP, al momento del primo contatto con il cliente, deve

fornirgli le seguenti informazioni: a) sul diritto del cliente di chiedere che l'esecuzione dell'incarico

conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui scelti; b) sulla possibilità che

l'incarico professionale conferito alla società sia eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti

per l'esercizio dell'attività professionale; c) sulla esistenza di situazioni di conflitto d'interesse tra

cliente e società, che siano anche determinate dalla presenza di soci con finalità d'investimento. La

società ha l’obbligo, inoltre, di consegnare al cliente l'elenco scritto dei singoli soci professionisti,

con l'indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché l'elenco dei soci

con finalità d'investimento.

Nulla di tutto questo è previsto per la STA la cui disciplina si limita a prevedere, relativamente alla

compagine sociale, l’obbligo di depositare la documentazione analitica per l'anno di riferimento e

pone in capo al professionista (e non alla società) l’obbligo di dichiarare possibili conflitti di

interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.

Infine si segnala che a differenza delle STP il conflitto d’interesse non deve essere comunicato

dalla società, ma l’obbligo è carico del professionista. Infatti, l’obbligo, di assicurare per tutta la

durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o

incompatibilità, iniziali o sopravvenuti, grava sul solo professionista. A tale dovere appare del tutto

estranea la società che deve limitarsi a rendere disponibile la documentazione analitica, per l'anno

di riferimento, relativa alla compagine sociale

I Problemi non risolti

Con riferimento ai profili che la riforma non esplicita, vi è da chiedersi se dette società – alle quali

non sembra possa essere negata la qualità di imprenditore a pieno titolo – siano assoggettate in

toto al regime proprio di questa figura. E, quindi, anche alla possibilità di incorrere in procedure

concorsuali.

Passando poi agli aspetti previdenziali (su cui la legge concorrenza tace), poiché pare incongruo

che dette società siano tenute all’iscrizione alla Cassa (l’art. 4 – bis nulla dice al riguardo), vi è da

chiedersi se le fatture della società dovranno esporre l’ordinario 4% C.P.A.

Se così non fosse, tali società sarebbero in grado di attuare un significativo ribasso rispetto a

quanto richiesto dai professionisti che, operando individualmente, sono tenuti, invece, ad applicare

detta aliquota.

Parimenti, non è chiaro se il professionista-socio (che trarrà la propria remunerazione non dai

compensi percepiti ma dai dividendi) dovrà calcolare la propria contribuzione previdenziale sulla

base del fatturato della società ovvero sulla base dei dividendi stessi. Se valesse la seconda ipotesi,

potrebbe emergere qualche effetto distorsivo della concorrenza. Quanto meno perché i dividendi

dovranno essere riconosciuti anche al socio di capitale, così da abbattere, in ragione

dell’ammontare della partecipazione di quest’ultimo, la base previdenziale imponibile e da favorire,

anche in tal caso, la richiesta di compensi più bassi. Nulla è precisato sul regime previdenziale dei

compensi agli amministratori (andranno pagati all’INPS o alla Cassa Forense?)

Si allegano slide di come la Cassa di Previdenza Commercialisti hanno risolto la questione.

Nulla si dice sul regime fiscale delle società (e cioè se alle stesse si applicherà il criterio di

competenza o per cassa).

La riforma non vieta che socio e cliente della società possano coincidere, con tutte le

conseguenze non solo sulla indipendenza nelle scelte del professionista, ma anche con l’effetto

distorsivo, da un punto di vista economico, che il socio di capitale “rientrerà” in parte, sotto forma di dividendi, di quanto versato a titolo di compenso come cliente. Tutto questo senza considerare il

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6

fatto che il socio di capitale/cliente, una volta entrato nella compagine sociale, potrà attuare

pratiche distorsive a proprio vantaggio, avvalendosi della sua doppia qualità di socio e di cliente, in

danno della società. Si potrà assicurare l’indipendenza all’avvocato solo con l’introduzione del

divieto alla società di trattare affari che riguardano direttamente o indirettamente il socio o società

(o gruppi) a lui collegati o società controllate e vietando al socio di capitale ed agli altri soci di

accedere a qualsiasi informazione sugli affari legali trattati coperta dal segreto professionale.

A ciò sarebbe utile aggiungere il divieto per la società di assumere incarichi in conflitto di

interesse.

Un modello da seguire per le società di capitali

Appare, infine, opportuno concludere che un valido modello organizzativo e di riferimento possa

essere quello della società cooperativa con socio finanziatore, che si caratterizza per l’apporto

alla cooperativa di capitale di rischio, ma con poteri limitati.

Ufficio Monitoraggio Legislativo O.C.F.

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STP–ASPETTIFISCALI

Ladisciplinadellesocietàtraprofessionisti,comerisultantedaicommida3a11dell’articolo10dellalegge12novembre2011,

n. 183 e dal relativo regolamento di attuazione adottato dalministro della Giustizia, di concerto con quello dello Sviluppo

economico,condecreto8febbraio2013,n.34(inG.U.n.81del6aprile2013edentratoinvigoreil21aprile2013),nonoffre

alcunaindicazionesulregimefiscaleapplicabileallestesse.

Talelacunanormativarendealquantocomplessalaricostruzionedeiprofilifiscalidelles.t.p.allalucedellevigentidisposizioni

inmateriachesiprestanoasoluzioninonsempreunivocheesoddisfacentidalpuntodivistasistematico.

Di seguito, si illustrano, sinteticamente, i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla diversa qualificazione fiscale del reddito

prodottodallaSTP.

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REDDITODILAVOROAUTONOMO VANTAGGI SVANTAGGI

Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicassa

• Icompensinonincassatinonconcorronoaformarelabaseimponibile

• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùagevoleintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedell’omogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione

• PossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali

• Icompensisonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto

• Impossibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodiimpresa(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)

• Maggioredisomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)

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REDDITODIIMPRESA VANTAGGI SVANTAGGI

Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicompetenza(adeccezionedelleSTPcostituiteinformadisocietàdipersone)

• Icompensinonsonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto

• Possibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodilavoroautonomo(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)

• Tendenzialeomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)

• Icompensinonincassaticoncorronoaformarelabaseimponibile

• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùdifficileintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedelladisomogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione

• Allostatoattuale,impossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali

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REDDITODIIMPRESACONOPZIONEPERREGIMEDICASSA

VANTAGGI SVANTAGGI

Determinazionedelredditoimponibilesecondoilcriteriodicassa

• Icompensinonincassatinonconcorronoaformarelabaseimponibile

• Icompensinonsonosoggettiaritenutaallafonteatitolodiacconto

• Possibilitàdiavvalersidimaggiorideduzionidalredditorispettoaquantoprevistoinsededideterminazionedelredditodilavoroautonomo(accantonamentirischisucrediti,ammortamentisuimmobilistrumentali,ecc.)

• Fermarestandolamancanzadichiarimentiufficialisulpunto,èsicuramentepiùdifficileintalcasosostenerelaneutralitàfiscaledelleoperazionidiconferimentodellostudioindividualee/oassociatonellaSTP,inconsiderazionedelladisomogeneitàdellacategoriaredditualeprimaedopol’operazione

• Maggioredisomogeneitàdeicriteridideterminazionedelrisultatocivilisticoefiscale(inparticolare,perleSTPcostituitenelleformedisocietàdicapitali,nonrientrantinellacategoriadellemicroimprese)

• Allostatoattuale,impossibilitàdideduzionedeicontributiprevidenzialiperisociilcuiredditosiaformatodaisolidividendiprovenientidallaSTPcostituitainformadisocietàdicapitali

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Bozza di documento sulle società tra professionisti

Premessa Il tema delle società tra avvocati, e più in generale quello sulle società tra professionisti, è stato oggetto negli ultimi vent’anni di una serie di interventi legislativi, poco utilizzati o meglio difficilmente utilizzabili. Acconto al tradizionale modello delle associazioni tra professionisti il legislatore ha introdotto alcuni modelli (strutturali) di società tra avvocati ed alcune norme “spot” inserite spesso nei provvedimenti sulla concorrenza. Il risultato è quello di un complesso di norme, alcune confliggenti tra loro, che creano, come spesso avviene nel nostro Paese, confusione e difficoltà interpretative. Ecco i principali interventi legislativi in materia D.lgs. 96/2001 c.d. STP (intervento strutturale)

Personalità giuridica Mandato collettivo Responsabilità illimitata dei soci Struttura societaria limitata alle SNC

Art. 2 comma 1 lett. c d.l. 223/2006 (decreto Bersani) Elimina il divieto di multidisciplinarietà Oggetto sociale attività libero professionale esclusivo Divieto di partecipare a più di una associazione o società

Art. 10 l. n. 183/2011 (legge Monti) Qualsiasi tipo di società anche cooperative Atto costitutivo deve prevedere

Esercizio esclusivo dell’attività professionale Soci solo professionisti e cittadini UE in possesso di titolo di studio abilitante Socio di capitali massimo un terzo Incarico alla società con criteri e modalità di esecuzione del mandato da parte di

soci professionisti Obbligo di polizza di assicurazione Modalità di esclusione del socio cancellato dall’albo

Denominazione sociale “Società tra professionisti” Divieto di partecipazione a più di una società/associazione Obbligo di osservare il codice deontologico

Art. 5 l. 24/2012 (nuova legge professionale) Legge delega al governo.

forma societaria: società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo

ciascun avvocato può far parte di una sola società

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pagina 2

la denominazione o ragione sociale deve contenere l'indicazione: “società tra avvocati”

organo di gestione deve prevedere che i suoi componenti non possano essere estranei alla s.t.a.

incarico professionale conferito alla società può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti

la responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione

la s.t.a. è iscritta in una sezione speciale dell'albo la responsabilità disciplinare della s.t.a., la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo costituisce causa di

esclusione i redditi prodotti dalla s.t.a. devono essere qualificati quali redditi di lavoro

autonomo anche ai fini previdenziali la s.t.a. non è soggetta alle procedure concorsuali diverse da quelle di

composizione delle crisi da sovraindebitamento si applicano, in quanto compatibili, le previsioni sulle s.t.a. di cui al d. lgs. n.

96/2001 Delega mai esercitata, norma abrogata

Legge n. 124/2017 (legge concorrenza) Abrogazione art. 5 l. n. 247/2012 Introduzione art. 4 bis alla l. n. 247/2017

La professione si può esercitare nella forma di società di persone, società di capitali e società cooperative

Iscrizione sezione speciale dell’albo divieto di interposizione reale o fiduciaria, pena l’esclusione del socio almeno i 2/3 del capitale devono essere in capo ai soci professionisti, pena la

cancellazione dalla sezione speciale; i professionisti possono essere iscritti anche ad altri ordini

gli avvocati devono essere la maggioranza nel consiglio di amministrazione professionisti possono rivestire la carica di amministratori anche delegati la responsabilità della società e dei soci non esclude la responsabilità del

professionista che ha eseguito la prestazione il socio che esegue la prestazione professionale, ne risponde, assicurando la

propria indipendenza e imparzialità e dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità

esclusione del socio (neanche come socio di capitale): sospensione, cancellazione o radiazione

obbligo di rispetto per la società del codice deontologico forense e soggezione alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza

Proposta In questo quadro normativo così frastagliato si inserisce la proposta dell’Aiga, tesa ad abrogare tutte le norme ad oggi esistenti in materia creando un nuovo modello di società/associazione

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pagina 3

creato sulla falsariga della LLP (Limited Liability Partenership) forma societaria prevista in Inghilterra. Già la traduzione delle LLP ci consente di avere un’idea del sistema previsto in Inghilterra. La “Limited Liability Partnership” altro non è che una “Associazioni a responsabilità limitata”. È agevole intuire che questo modello rappresenti un ibrido tra le Associazioni tra professionisti e le Società a responsabilità limitata. Prima di continuare nell’esposizione e per meglio comprendere le finalità di questa proposta è necessario porsi una domanda. Vogliamo contribuire a creare un modello di società utilizzabile o dobbiamo solo ricercare il modello “più indolore” che accontenti il legislatore ormai appassionato al socio di capitali negli studi professionali? Ebbene se la risposta, come spero, è quella di ricercare un modello di società concretamente utilizzabile dagli avvocati e che possa rappresentare un volano per la crescita dell’Avvocatura tutti i modelli di società oggi esistenti scontano un ostacolo che difficilmente si riuscirà ad oltrepassare. Mi riferisco alle regole di distribuzione degli utili. Guardando gli aspetti fiscali, che a mio avviso, sono, insieme alla contribuzione previdenziale, il vero punto di interesse, la differenza sostanziale tra una società ed un’associazione tra professionisti risiede nella disposizione del comma 3, lettera c), dell’art. 5 del DPR 22.12.1986 n. 917 (TUIR), nel quale si prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, per le associazioni tra professionisti , l’atto o la scrittura privata di modifica delle quote di partecipazione agli utili possono essere redatti fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione. Tale particolarità risiede nella rilevanza che si è voluta attribuire alle variazioni annuali dell’apporto di ogni associato, all’interno della compagine associativa e secondo le regole statutarie o comunque stabilite con certezza. Tutti i principali studi associati, ad oggi, sono dotati di un regolamento per la distribuzione degli utili che di fatto modifica annualmente le quote di partecipazione agli utili, rendendo la quota flessibile e più rispondente all’apporto che il socio ha dato durante l’anno. Nelle società tutto ciò non è consentito, la quota di partecipazione agli utili è rigida, non può essere modificata ed è corrispondente, nella maggior parte dei casi, alla quota di proprietà della società. Questa ritengo sia la ragione per la quale ad oggi sono pochissimi gli studi che esercitano la professione sotto forma di società. Di seguito i principali punti che potrebbero caratterizzare la proposta di riforma

1. Denominazione ASSOCIAZIONE A RESPONSABILITA’ LIMITATA (A.R.L.) L’idea sarebbe quella di modificare il titolo VII del Libro V del Codice Civile “Dell’associazione in partecipazione” con un nuovo capo delle associazioni a responsabilità limitata. Una riforma che riguardi tutti i professionisti

2. Caratteristiche principali

Almeno due terzi soci professionisti a pena di cancellazione

La professione si può esercitare individualmente o nelle forme dell’associazione tra professionisti e dell’associazione a responsabilità limitata

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pagina 4

Iscrizione sezione speciale dell’albo e al Registro delle Impresa in apposita sezione

Divieto di interposizione reale o fiduciaria del socio di capitali, pena l’esclusione del socio

I professionisti devono essere la maggioranza nel consiglio di amministrazione

I professionisti possono rivestire la carica di amministratori anche delegati

La responsabilità della società non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione solo con riferimento alla responsabilità professionale, per le altre obbligazioni risponde la società con il suo patrimonio.

Il socio che esegue la prestazione professionale, ne risponde, assicurando la propria indipendenza e imparzialità e dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità

Incarico professionale conferito alla A.R.L. può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti

La A.R.L. non può prestare la propria attività nei confronti del socio di capitale o di una società da esso partecipata

Il socio di capitale non deve avere un grado di parentela fino al terzo grado con nessuno dei soci professionisti

Esclusione del socio (neanche come socio di capitale): sospensione, cancellazione o radiazione

Obbligo di rispetto per la società del codice deontologico forense e soggezione alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza

Distribuzione degli utili: o per i soci professionisti mediante il sistema del comma 3, lettera c), dell’art.

5 del DPR 22.12.1986 n. 917 (TUIR), (quota flessibile) o per il socio di capitale mediante il sistema previsto per le società (quota

rigida)

Tutto il fatturato della società è soggetto alla maggiorazione del 4% da versare in favore delle rispettive Casse di Previdenza (contributo integrativo)

L’utile netto del professionista è soggetto al contributo soggettivo in misura pari a quanto previsto dalle rispettive Casse di Previdenza

L’utile netto del professionista è tassato secondo le regole attualmente esistenti per le associazioni tra professionisti.

L’utile netto del socio di capitale è tassato come se fosse una rendita finanziaria

IRAP dovuta solo in caso il fatturato superi i seguenti parametri: € 100.000,00 per una A.R.L. con meno di tre soci professionisti, € 200.000,00 per una A.R.L. da 3 a 5 soci professionisti ed € 400.000,00 per una società da 6 ad 8 soci professionisti.

Possibilità di accantonare una parte degli utili (ad es. 10/20%) per investimenti Bari, 07 agosto 2018

Francesco Paolo Perchinunno Componente Giunta Nazionale Aiga

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Pro memoria L’avvocato “In società”

Premessa Comunque si ritenga di affrontare la problematica non si può prescindere dai principi cardine che regolamentano la professione di avvocato, così come sviluppatisi nel tempo e recepiti, fra gli altri, dagli art. 1 – 2 – 3 - 4 L. 247/12: - specificità della funzione difensiva in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela è preposta; - indipendenza, autonomia e libertà degli avvocati, indispensabili condizioni …; - tutela dell’affidamento della collettività e della clientela; - funzione: garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti; - unici vincoli alla attività di avvocato: la legge ed il codice deontologico; - il modo di esercizio della professione, sia esso individuale o associativo, non può pregiudicare l’autonomia, la libertà, l’indipendenza intellettuale od il libero giudizio dell’avvocato nello svolgimento dell’incarico. L’avvocato ed il rapporto societario L’avvocatura non è mai stata contraria all’esercizio della professione in modo associato o societario1:

• il CDF approvato nella seduta del 17.4.97, all’art. 34, regolamentava il comportamento dei singoli avvocati costituiti in associazione;

• il d.lgs 96/2001 ha superato la fattispecie della originaria associazione fra avvocati e procuratori, codificando la legittimità della S.n.c. fra avvocati;

• la legge professionale in vigore, n. 247/2012, prevedeva la delega al Governo per creare una disciplina specifica destinata a regolamentare le società fra avvocati, anche di capitale od in forma cooperativa. A puro titolo di cronaca, si deve registrare, in prossimità dell’approvazione della legge professionale e nell’immediato successivo, una disordinata “frenesia” normativa che ha visto: i) l’approvazione dell’art. 10 L. n. 183/2011 (legge stabilità) che legittimava in modo definitivo le società di capitali fra avvocati e le STP; ii) il venir meno, per scadenza del termine (4.8.13), della delega al Governo per l’attuazione dei principi dettati dalla L.247/12; iii) il conseguente affermarsi di due tesi interpretative, secondo cui: a) la normativa applicabile sarebbe solo quella della L. 183/11 (soc. di capitali ed STP); b) la sola disposizione applicabile era da individuare nel d.lgs 96/2001 (S.n.c. tra avvocati); c) potevano legittimamente e contemporaneamente applicarsi entrambe le disposizioni; iv) DDL concorrenza 7.10.2015: SI alle STA anche di capitali o cooperative; SI alle STP

1 Pur non volendo apparire lugubre, è risalente negli anni il problema del mantenimento del nome dell’avvocato “fondatore” anche dopo il suo decesso; se si è posta la questione significa che anche cinquant’anni fa esistevano studi composti da più avvocati - indipendentemente dalla “forma” della loro

“convivenza” - e su richiesta degli eredi o di chi rimaneva nello studio, si voleva che il nome del “fondatore” rimanesse.

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2

multidisciplinari; SI al socio di capitale col limite di 1/3 di capitale e di diritto al voto; v) DDL concorrenza 1.3.16 convertito nella L. n. 124/2017 che all’art. 1 co. 141 modifica l’art. 4 Legge professionale ed abroga l’art. 5 consegnandoci il teso che conosciamo.

La mozione da sottoporre all’approvazione del Congresso. Partendo dal concetto che la domanda da sottoporre al Congresso degli Avvocati non miri all’applauso, ma solleciti valutazioni e risposte che abbiano un contenuto concreto e credibile da sottoporre al Governo ed al Legislatore (che sono i soli

interlocutori muniti dei poteri necessari), si preferisce, in questa sede, abbandonare la invocazione alla cancellazione delle società di capitali tra avvocati e/o multidisciplinari, con la partecipazione di capitale “straniero” (auspicabile, condivisibile

ma non realisticamente credibile sotto il profilo del risultato), per cercare di ottenere la emanazione di norme che “riempiano” il contenuto “società di capitali tra avvocati”, oggi assolutamente vuoto, grazie anche alla abrogazione immotivata e miope dell’art. 5 della legge professionale che aveva il pregio di riordinare la materia, legittimando l’esistenza delle società di persone e di capitali, ma dettando anche un contenuto specifico e caratteristico di tali società, rispettoso dei principi fondamentali ed inviolabili sopra ricordati (tuttora presenti nei primi 4 articoli della 247 e

nelle disposizioni del nostro CDF che continua, fortunatamente, ad essere considerato inviolabile per noi e per chi ci governa, a volte senza capire la natura, la finalità e la dignità di rilevanza

costituzionale della nostra professione). Ciò che si dovrebbe comprendere è che senza una “struttura” analoga alle disposizioni codicistiche dettate per le società destinate alla gestione di imprese commerciali, non si ha un “contenitore” da riempire e personalizzare con norme di natura statutaria. La fattispecie voluta dal legislatore è diversa, proprio per la funzione inderogabile dei suoi soci e della società stessa, da quelle previste dal libro quinto - Titolo V – del Cod. Civ. e non è destinata ad affiancarsi a quelle S.n.c. od S.a.s. od S.r.l. ma, se mai, ad esigere nuove disposizioni da aggiungersi agli artt. 2229 c.c. (in tema di

“professioni intellettuali”); in nessun caso è ipotizzabile la creazione di un nuovo istituto che schiacci o faccia venir meno il concetto di professionalità dell’avvocato, con tutte le sue caratteristiche ed oneri, destinati, lo si ricordi, alla tutela del cliente e della funzione pubblica ed insostituibile dell’avvocato. L’avvocato in società non potrà mai essere un “imprenditore” ma sarà sempre e comunque un avvocato che esercita la sua professione, carica di tutti si suoi doveri, seppure nell’ambito di una struttura organizzata in forma societaria; non è l’avvocato che deve adeguarsi all’ambiente societario, ma è la “nuova società” che deve esse ritagliata sull’avvocato e per l’avvocato. E ciò deve valere per le norme generali destinate a “descrivere” la società - al pari di quanto avviene, ad esempio, per la

S.r.l. con gli artt. 2462 e segg. c.c. – sia per le disposizioni di carattere fiscale e

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3

contributivo che debbono, loro, adattarsi all’avvocato socio e non pretendere di “strappare” l’avvocato dalla avvocatura alla quale continua comunque ad appartenere (previdenza, assistenza medica, natura del reddito, modalità

cantabili/amministrative della società ecc.). Ecco allora la mozione che tutta l’avvocatura deve valutare ed, auspicabilmente, approvare, senza riserve: le STA dovranno essere costituite ed operare in forza di atto costitutivo e statuto che sia rispettoso delle disposizioni di legge emanande le quali, a loro volta dovranno fare propri i seguenti principi inderogabili: ➢ riprendere integralmente il contenuto delle lett. da a) ad n) dell’abrogato art. 5 L. 247/12 (valutare se fermarsi alla lett. m); ➢ prevedere che il socio di capitali della STA abbia gli stessi requisiti di “probità, dignità e decoro” imposti all’avvocato (si tratta ovviamente di un richiamo di principio per

affermare che tale socio e/o i suoi amministratori non possono essere sottoposti a procedure

concorsuali o penali quali bancarotta, frode, mafia ecc.); ➢ prevedere che al socio di capitali non sia applicabile l’art. 2476, co 2° c.c. per non violare l’obbligo di riservatezza nei confronti dei clienti, che grava sulla società ma, ancor prima, sull’avvocato che abbia il rapporto personale col cliente stesso; ➢ prevedere la esclusione di tale socio ove vengano meno i requisiti suddetti, magari con la sola liquidazione del capitale conferito, dal momento che, per definizione, non ha partecipato all’avviamento dello studio; ➢ prevedere che il numero dei soci avvocati, in presenza di un socio di capitali, sia sempre tale da consentire l’espressione della maggioranza non solo di capitale ma anche per teste (lo si evince anche dall’art. 4 bis n. 2: una società con due soli soci, di cui uno

solo avvocato, vedrebbe quest’ultimo “schiacciato” dal socio di capitali, anche se formalmente di minoranza); ➢ prevedere la natura del reddito prodotto dalla società (come da lett. l) art. 5 abrogato)

e riservare alla società un sistema contabile per cassa e non per competenza; ➢ prevedere le modalità di accesso di nuovi soci avvocati, con delibera assembleare con esclusione del voto del socio di capitali, e riservare al C.d.A. le delibere per il sorgere di rapporti con collaboratori esterni ed interni ma non soci (lo

statuto potrebbe poi prevedere la necessità della delibera assembleare in ragione della retribuzione da attribuire: fino ad € … decide il C.D.A., oltre, l’assemblea); ➢ prevedere le modalità di recesso/esclusione dettando principi generali di natura inderogabile (es.: divieto concorrenza per due anni successivi del socio; determinazione della

relativa indennità a fronte di esclusione non motivata da giusta causa e non di recesso; …) lasciando alle clausole contrattuali statutarie ogni più approfondita e personalizzata determinazione; ➢ prevedere una clausola arbitrale con tentativo di conciliazione obbligatorio avanti al COA in cui è iscritta la società o, volendo complicarci la vita, presso il COA della sede distrettuale; ➢ prevedere, oltre all’iscrizione della società in apposito Registro, l’obbligo di

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rendere pubblica la compagine sociale ed il contestuale obbligo dei soci avvocati, iscritti all’Albo, di evidenziare la loro appartenenza alla STA, sia essa di persone o di capitali; ➢ Eccetera.

In conclusione:

Conferire incarico ad una commissione “ristretta” coordinata dal CNF di predisporre il “capitolato” di richieste da sottoporre all’esame degli Organi competenti a determinare la modifica/integrazione della normativa codicistica nel senso auspicato dall’avvocatura; nel contempo, ed alla luce delle ipotesi “normative” proposte, conferire incarico al CNF di ipotizzare l’adeguamento del CDF al sorgere delle “nuove” società fra avvocati e/o interprofessionali (a mio parere

un intervento prematuro rispetto ad una ipotesi normativa almeno “credibile”, seppure non ancora approvata, correrebbe solo il rischio di essere inutile e produttivo di quella confusione tipica che deriva dai continui interventi del nostro legislatore).

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Il XXXIV Congresso Nazionale Forense Catania

Premesso che

Gli articoli 24 e 111 della Costituzione proclamano la difesa diritto inviolabile del cittadino e dettano il

quadro normativo perché essa sia assicurata all’interno di un giusto processo.

Le legge professionale forense, all’art. 1, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione

della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta impone che

l’ordinamento forense garantisca l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni

dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti.

L’indipendenza dell’avvocato è dunque indispensabile presidio delle norme, anche costituzionali, sopra

riportate.

La legge 4.8.2017 n. 124 ha recentemente introdotto l’art. 4 bis che autorizza l’esercizio della professione

forense in forma societaria, anche tramite società di capitali. Tale norma prevede che, fino a un terzo, le

quote del capitale sociale e dei diritti di voto possano essere detenute da soggetti non professionisti; e che

possano essere nominati componenti dell’organo di gestione anche soggetti non professionisti, sia pure in

minoranza.

Tale norma appare pericolosa e poco coordinata con l’indipendenza e l’imparzialità dell’avvocato, che pure

l’art. 4 bis comma 3 della legge 4.8.2017 n. 124 ribadisce. Ciò in quanto la indipendenza e imparzialità

richiedono che l’avvocato agisca in modo libero anche dai condizionamenti del cliente che sia socio.

In particolare la normativa attualmente vigente non impedisce al socio di capitali di esercitare il controllo

(in senso tecnico) sulla società che esercita la professione forense o essere ad essa collegata.

L’art. 2359 cc definisce società controllata

1. La società in cui un’altra dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea

ordinaria;

2. la società in cui un’altra dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante

nell’assemblea ordinaria;

3. la società sotto influenza dominante di un’altra in virtù di particolari vincoli contrattuali con

essa.

E società collegata quella su cui un’altra esercita una influenza notevole.

Il limite imposto al socio di capitale dall’art. 4 bis l. 124/2017 (possesso massimo di un terzo delle quote)

non impedisce che la società sia controllata dal socio di capitale nei casi previsti dal numero 2) dell’art.

2359 cc.

Ma soprattutto tale limite non impedisce il controllo nella ipotesi prevista dall’art. 2359 n. 3 cc. Tale caso

appare particolarmente probabile, essendo presumibile che in moltissimi casi il socio di capitale possa

assumere il controllo della società tramite l’affidamento in modo continuativo di mandati professionali che

condizionino la sopravvivenza della società stessa.

Tale pericolo sarebbe scongiurato ove si imponesse il divieto per la società che esercita professione forense

di prestare attività a favore del socio di capitale. In tal modo sarebbe salvaguardata la possibilità che il socio

di capitale entri nella società come investitore; ma si impedirebbe che la decisione di entrare in società sia

assunta dal socio di capitale per assicurarsi una assistenza legale da parte di soggetto controllato,

inevitabilmente esposto alla decisioni del controllante.

Tanto premesso il Congresso

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Impegna

OCF e CNF, ognuno nell’ambito delle rispettive competenze, ad agire perché sia integrata la disciplina

normativa delle società con soci di capitale

a) In principalità prevedendo un divieto assoluto per la società che esercita la professione forense di

prestare attività a favore del socio di capitale.

b) In subordine in modo da prevedere il divieto per il socio di capitale di esercitare il controllo o essere

comunque collegato alla società che esercita la professione forense. E ciò con particolare riferimento al

controllo esercitato in base a vincoli contrattuali.

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BOZZA DI MOZIONE

Si propone, per l’area SOCIETA’ TRA AVVOCATI, al prossimo Congresso Nazionale Forense di Catania ( 4-

6/10/2018), la seguente mozione:

SOCIETA’ TRA AVVOCATI

L’art. 5 l. 247/12 ha conferito delega al governo per disciplinare l’esercizio della professione forense in forma

societaria, fissando direttive che mirano alla salvaguardia dell’autonomia, dell’indipendenza e della libertà

dell’avvocato nello svolgimento della funzione difensiva, stante la sua specificità e rilevanza giuridica.

Nel fissare i criteri, il legislatore delegante si è ispirato al modello di società configurato dal D.lvo n. 96/2001,

le cui disposizioni sono dettate per le società di persone, ed in cui vi è perfetta coincidenza tra struttura

organizzativa- l’attività professionale può assumere la forma societaria o associativa- e soci professionisti,

non trovando ivi ingresso la previsione di soci di capitali, che crea, di contro, una disomogeneità tra struttura

organizzativa e struttura operativa.

In assenza del Decreto L.vo conseguente alla legge delega di cui all’art. 5 L. 147/12, la legge sulla concorrenza

n. 124/17 ha ampliato i limiti di applicazione del modello di cui al d.lvo 96/2001 estendendo l’esercizio della

professione forense, costituita nelle forme sia della società semplice che di capitali, a soci non professionisti

per 1/3 del capitale sociale.

La legge sul lavoro autonomo, poi, n. 81/2017 ha stabilito che anche gli avvocati, al pari di altri professionisti,

possono creare reti di professionisti, di partecipare alle reti di impresa, costituire consorzi stabili professionali

e di costituire associazioni temporanee professionali, al fine di partecipare a bandi e concorrere

all’assegnazione di incarichi e appalti privati

I redditi della STA siffatta sono stati qualificati redditi di impresa dalla risoluzione 35/E dell’Agenzia delle

entrate.

E’ necessario, oltre che opportuno, affinché lo strumento societario abbia una diffusa applicazione e apporti

beneficio alla categoria che:

1. Si riconduca la previsione normativa relativa alle STA all’originario criterio di partecipazione ai soli

avvocati iscritti all’albo

2. In ipotesi di previsione di soci di capitale, si stabilisca l’incompatibilità del socio di capitale a rivestire

la carica di amministratore nella STA

3. Si preveda la regolamentazione della STA con linee guida

4. Si stabilisca con chiarezza il regime fiscale da adottare

5. Si prevedano benefici fiscali per la giovane avvocatura che intenda costituire una STA nelle forme

della società semplice

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Mozioni Società per Congresso Nazionale Catania 2018

Premesse

a)premessa “storica”:

-Legge professionale art. 5 –

-Nuovo art. 4 bis

-Legge di Bilancio 2018 (L. 27.12.2017 n.205) Art. 1 c. 443

-Concomitante presenza s.t.a. “europee” ex D. L 96/2001

-Regolamenti CNF

b)importanza forma lavoro associato e società per offrire un servizio meglio articolato e più efficiente

alla clientela, consentire ripartizione lavoro e agevolare “specializzazione”, confronto costante fra

professionisti, miglioramento etico…..

senza perciò sminuire forma di attività individuale

c)necessaria conformità a perfetta deontologia

d)libertà di scelta di modelli organizzativi nel rispetto della deontologia:

modelli adeguati a grandi raggruppamenti professionali

organizzazione di studi di media grandezza

forme di attività associata pensate per agevolare il miglior esercizio da parte di avvocati giovani e che

devono conquistare un loro spazio professionale

(ripresa rilievi conclusivi “Riflessioni” Giulia Facchini 1.2018)

e)associazioni/società multidisciplinari (è tutto a posto?) (vedere Cass. 19282/2018)

f)necessità di assoluta trasparenza e di piena informazione sia verso gli altri colleghi che verso il

pubblico

g)affermazione che per il raggiungimento pieno delle potenzialità dell’attività in forma associata e

societaria e per conformazione delle attività a corretta deontologia, Avvocatura debba richiedere gli

interventi normativi necessari ma abbia anche molto da fare e possa fare nell’ambito delle proprie

rappresentanze ed organizzazioni

Mozione 1 – Trasparenza e informazione

COA – pubblicità piena dell’Elenco delle associazioni e società; indicazione nelle schede dei singoli

nominativi delle associazioni e società cui partecipano

CNF – Albo nazionale che riassuma gli Elenchi dei COA consentendo la ricerca a livello nazionale

Cassa Forense – raccolta e pubblicazione dei dati del Modello 5bis

Mozione 2 – Deontologia

Invito al CNF a normativa specifica per regolamentazione dell’attività degli avvocati nelle

associazioni e società e per la disciplina delle medesime

per assicurare il rispetto dei principi fondanti della professione

Mozione 3 – Cassa Forense

Invito alla Cassa Forense a regolamentare con chiarezza la parte contributiva

-Regolamentazione contributiva non penalizzante pur nel rispetto dei principi di tutela dell’equilibrio

della Cassa:

-contributo integrativo esteso all’intera attività della sta ma con deduzione del contributo corrisposto

per prestazioni già soggette ad obbligo di corresponsione del contributo stesso (evitando

“duplicazione” del contributo – modifica a regime confermato da Cass. 160/2018));

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-contributo soggettivo esteso a i corrispettivi percepiti a qualunque titolo degli avvocati (inclusi utili

non distribuiti), forma di contribuzione adeguata (non però gravatoria) per redditi prodotti da soggetti

diversi dagli avvocati (ex: assimilazione al contributo di “solidarietà”)

Mozione 4 – Fisco

-Chiarificazione normativa

-Previsione di agevolazioni specifiche per le associazioni e società costituite dai professionisti singoli

che godano di regimi agevolati e semplificativi in modo da mantenere benefici anche se esercitati in

forme associative o di società semplice

esenzione IRAP per organizzazione di studio basantisi sostanzialmente sul puro lavoro dei soli

avvocati, associati/soci

Mozione 5 – Politica legislativa

-ripresa enunciati “Bozza di mozione” Fernanda D’Ambrogio 18.7):

L’art. 5 l. 247/12 ha conferito delega al governo per disciplinare l’esercizio della professione forense

in forma societaria, fissando direttive che mirano alla salvaguardia dell’autonomia,

dell’indipendenza e della libertà dell’avvocato nello svolgimento della funzione difensiva, stante la

sua specificità e rilevanza giuridica.

Nel fissare i criteri, il legislatore delegante si è ispirato al modello di società configurato dal D.lvo

n. 96/2001, le cui disposizioni sono dettate per le società di persone, ed in cui vi è perfetta coincidenza

tra struttura organizzativa- l’attività professionale può assumere la forma societaria o associativa-

e soci professionisti, non trovando ivi ingresso la previsione di soci di capitali, che crea, di contro,

una disomogeneità tra struttura organizzativa e struttura operativa.

In assenza del Decreto L.vo conseguente alla legge delega di cui all’art. 5 L. 147/12, la legge sulla

concorrenza n. 124/17 ha ampliato i limiti di applicazione del modello di cui al d.lvo 96/2001

estendendo l’esercizio della professione forense, costituita nelle forme sia della società semplice che

di capitali, a soci non professionisti per 1/3 del capitale sociale.

La legge sul lavoro autonomo, poi, n. 81/2017 ha stabilito che anche gli avvocati, al pari di altri

professionisti, possono creare reti di professionisti, di partecipare alle reti di impresa, costituire

consorzi stabili professionali e di costituire associazioni temporanee professionali, al fine di

partecipare a bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati

I redditi della STA siffatta sono stati qualificati redditi di impresa dalla risoluzione 35/E dell’Agenzia

delle entrate.

E’ necessario, oltre che opportuno, affinché lo strumento societario abbia una diffusa applicazione

e apporti beneficio alla categoria che:

1. Si riconduca la previsione normativa relativa alle STA all’originario criterio di

partecipazione ai soli avvocati iscritti all’albo

2. In ipotesi di previsione di soci di capitale, si stabilisca l’incompatibilità del socio di capitale

a rivestire la carica di amministratore nella STA

3. Si preveda la regolamentazione della STA con linee guida

4. Si stabilisca con chiarezza il regime fiscale da adottare

5. Si prevedano benefici fiscali per la giovane avvocatura che intenda costituire una STA nelle

forme della società semplice

6. -introduzione normativa di modifiche alle L.

7. –“controllo societario”

8. -esclusione da fallimento (vedi regime startup)

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GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI

Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 21.03.2018

In data 21 marzo 2018, alle ore 15:00 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la sede

amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di lavoro in tema di

Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:

Interni:

Avv. Francesco Marullo di Condojanni

Avv. Davide Calabrò

Avv. Andrea Pasqualin

Avv. Fausto Amadei

Avv. Carlo Orlando

Esterni:

Avv. Mario Zotta

Avv. Vittorio Minervini

Prov. Avv. Michele Castellano

Avv. Francesco Bello

Avv. Angela La Rosa

Avv. Francesco Russo

Ufficio Studi:

Prov. Avv. Giuseppe Colavitti

Prov. Avv. Gianluca Bertolotti

Avv. Giuseppe Di Iacovo

Presiede la riunione l’Avvocato Cons. Marullo di Condojanni, Coordinatore del Gruppo di lavoro.

Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):

1. Prosecuzione lavori;

2. Varie ed eventuali;

Trattazione degli argomenti posti al:

Innanzitutto il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di ringraziamento a

tutti gli intervenuti, in apertura dei lavori dichiara ai presenti che da oggi e per il futuro il Gruppo di

lavoro in materia di Società tra Avvocati si fonderà con il Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati,

coordinato dai Cons. Salazar e Pasqualin. I due gruppi si riuniranno congiuntamente e avranno

l’obiettivo di portare al Congresso di Catania mozioni e proposte migliorative in tema di Società tra

Avvocati.

Il gruppo di lavoro pertanto si arricchisce della partecipazione di:

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Cons. Avv. Michele Salazar,

Cons. Avv. Andrea Pasqualin,

Cons. Avv. Davide Calabrò,

Cons. Avv. Carlo Orlando,

Avv. Ermanno Baldassarre,

Avv. Anna Bettini,

Avv. Paolo Maria Chersevani,

Avv. Giorgio Milan,

Avv. Mariagrazia Montera,

Avv. Carlo Panzuti,

Avv. Ida Tagliani,

Punto 1 all’o.d.g.

Il Coordinatore Marullo di Condojanni informa i presenti che i gruppi di lavoro riuniti

dovranno lavorare per produrre materiale da presentare al Congresso di Catania (4-5-6 ottobre 2018). Il

Coordinatore Marullo di Condojanni ritiene che vada seguito il seguente percorso: ricostruzione del

quadro normativo, individuazione delle criticità e proposte di intervento.

Il Cons. Salazar pone da subito l’attenzione dei presenti sulla tipologia di reddito prodotto dalla

società tra avvocati, anche alla luce delle modifiche apportate con la Legge di Bilancio 2017. Si apre a

questo punto una discussione sulla necessità di qualificare i redditi prodotti come da lavoro autonomo.

A seguito di vari interventi i membri concordato sulla necessità di una modifica legislativa relativa alla

tipologia di reddito prodotto visto che la norma è chiara nell’individuarlo quale reddito di società,

mentre sarebbe più opportuno che tale reddito fosse qualificato quale reddito da lavoro autonomo

(naturalmente solo per il socio avvocato e non per il socio di capitale non avvocato per il quale si

applicherà la qualificazione di legge), in continuità con quanto già espresso in sedi ufficiali dal CNF.

In tale ottica il Coordinatore ritiene utile riprendere le proposte formulate dal CNF in relazione

al vecchio art. 5 e soprattutto monitore le esperienze in atto sul territorio. Propone pertanto di

abbandonare la precedente idea di creare dei modelli statutari da diffondere sul territorio, pensando

invece a clausole o principi statutari a cui le STA dovranno conformarsi, anche nel rispetto del codice

deontologico.

Si apre a questo punto una discussione sulla possibilità di enunciare dei principi generali, in linea

con la deontologia, al fine di fornire indirizzi all’utenza. Bertolotti, favorevole in ordine alla necessità di

fornire degli indirizzi tramite l’enunciazione di principi generali informalizzanti, prende la parole e

propone l’esempio del socio avvocato radiato che proprio a seguito della radiazione si trasforma in

socio di capitale: pratica ammissibile dal punto di vista del diritto societario ma non dal punto di vista

deontologico, in quanto ciò consentirebbe di raggirare gli effetti della radiazione. Conclude ritenendo

che i principi dovranno uniformare la materia partendo dalla deontologia.

A seguito della discussione i compenti deliberano quanto segue:

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- Elaborare principi generali a tutela della professione forense in caso di esercizio in

forma societaria in vista del congresso.

Tali contributi saranno redatti da ogni componente e dovranno essere inviati nel termine di

30 al segretario Di Iacovo;

- Elaborazione di una revisione normativa.

In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, si riserva di convocare la prossima

riunione all’esito della raccolta dei contributi

Del che è verbale.

Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni

(Coordinatore)

Avv. G. Di Iacovo

(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)

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GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI

TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETA’ TRA AVVOCATI

Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 24.05.2018

In data 24 maggio 2018, alle ore 15:00 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la

sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di

e del Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:

Interni:

Avv. Francesco Marullo di Condojanni

Esterni:

Avv. Mario Zotta

Avv. Angela La Rosa

Avv. Vittorio Minervini

Dott. Massimo Scotton

Dott. Andrea Bonechi

Dott. Bauco Cristina

Avv. Giorgio Milan

Ufficio Studi CNF:

Prof. Avv. Giuseppe Colavitti

Prof. Avv. Gianluca Bertolotti

Avv. Giuseppe Di Iacovo

Presiede la riunione il Consigliere Avv. Cons. Marullo di Condojanni, coordinatore del

Gruppo di lavoro e del Tavolo Agorà.

Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):

1. Stato dei lavori – esame dei contributi;

2. Varie ed eventuali;

Trattazione dell’argomento n. 1 all’ordine del giorno:

Innanzitutto il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di

ringraziamento a tutti gli intervenuti, in apertura dei lavori ringrazia per la presenza alla

presente riunione la delegazione del CNDCEC nelle persone dei dott. Scotton, Bonechi e

Bauco.

Il Coordinatore, prima di iniziare la discussione, dà atto della ricezione da parte di

alcuni componenti dei contributi in relazione all’elaborazione dei principi generali a tutela

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della professione forense in caso di esercizio in forma societaria. Si segnalano i contributi

del Prof. Avv. Bertolotti, dell’Avv. Zotta nonché, in relazione ai profili tributari collegati

alla tipologia di reddito prodotto dalla STA, dell’Avv. La Rosa; tutti i componenti sono a

conoscenza dei contributi per essere circolati via email tra gli stessi.

Inoltre, il coordinatore dà atto che l’avv. Minervini, nella sua veste di rappresentante

di Cassa Forense, ha presentato al tavolo del Gruppo di Lavoro una prima bozza di

regolamento per le “Società tra professionisti” redatto da Cassa Forense.

A questo punto il coordinatore invita i singoli partecipanti ad esporre il contenuto dei

propri lavori.

Apre l’illustrazione il Prof. Bertolotti il quale, in primo luogo, effettua una

ricognizione dello stato dell’arte della normativa in materia e, dopo aver individuato le

principali criticità, elenca una serie di principi per la corretta elaborazione degli statuti delle

società tra avvocati, nell’interesse pubblico generale a garantire un esercizio concreto ed

effettivo del diritto di difesa ai cittadini. Tra questi: a) la necessità di prevedere nella

denominazione e nella ragione sociale l’indicazione “società tra avvocati”; b) la necessità

che i soci avvocati abbiano almeno due terzi del capitale sociale e siano in maggioranza

rispetto gli altri soci; c) individuare quorum deliberativi attribuendo ai soci avvocati almeno

due terzi dei diritti di voto; d) prevede che il socio avvocato che si sia macchiato di

comportamenti contrari all’ordinamento professionale e per questo escluso dalla

compagine sociale non possa rientrare nella società nella qualità di mero socio di capitali; e)

necessità di evidenziare il carattere dell’attività professionale (e non di impresa) anche nella

classificazione del reddito prodotto dalla STA.

Segue l’illustrazione del proprio contributo da parte dell’avv. Zotta il quale evidenzia

di aver provveduto ad individuare ed analizzare i principi relativi all’esercizio della

professione forense in generale per poi declinarli nelle STA. Tale lavoro è consistito nello

‘spacchettamento’ della normativa applicabile, nella individuazione e analisi dei singoli

principi emergenti e nella conseguente proiezione nella forma societaria al fine di valutarne

la compatibilità.

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A questo punto si apre una discussione sulla eventuale abrogazione implicita della

disciplina di cui al D.Lgs. 2-2-2001 n. 96 relativamente all’esercizio della professione di

avvocato in forma societaria, visto che la nuova normativa delle STA contenuta nella L.

247/2012 sembrerebbe superare alcune disposizioni della prima. Dopo la discussione, sul

punto, sembrerebbe che la maggioranza dei presenti protenda verso la conclusione che non

essendo stata prevista nella nuova disciplina l’abrogazione espressa della precedente, la

nuova coabiti con la precedente, anche per la presenza di alcune differenze sostanziali,

come ad esempio l’apertura a tutti i modelli societari in cui possono costituirsi le nuove

STA (prima invero limitate alle sole snc).

Prende la parola il Prof. Colavitti il quale concorda con il percorso scelto dal Gruppo

di lavoro circa la necessità di individuare i principi generali che dovrebbero governare gli

statuti delle STA al fine di garantire il corretto esercizio della professione forense, ma pone

la questione della fonte attraverso la quale veicolare tali principi. Infatti, ricorda che, a

prescindere dal percorso di modifica legislativa che parrebbe risolverebbe tutti i problemi, il

CNF, qualora provveda ad indirizzare in un modo piuttosto che in un altro l’esercizio della

professione forense (si pensi a pareri consultivi, circolari o altro), anche nella forma

societaria, rischia, visti i recenti precedenti, di poter esser oggetto di attenzione da parte

dell’Antitrust e delle singolari interpretazioni di questa. Tutto ciò seppur l’attività

professionale forense rappresenta l’esercizio di un lavoro e non di attività di impresa.

Sempre il Prof. Colavitti in conclusione ritiene che lo strumento migliore da utilizzare per

regolare il fenomeno delle STA (in base all’attuale sistema normativo) ed evitare di essere

attenzionati dalle Autorità è basarsi e fare leva sul Codice Deontologico forense visto che la

L. 247/2012 all’art. 4-bis, comma 6, espressamente assoggetta le STA agli obblighi

deontologici e al potere disciplinare dei CDD.

Il coordinatore dà la parola al dott. Scotton, consigliere nazionale del CNDCEC, il

quale ringrazia per l’invito ed illustra l’esperienza e lo stato dell’arte del CNDCEC in

relazione all’esercizio della professione in forma societaria. Dopo una premessa di carattere

generale, riferisce altresì che la questione della STP è abbastanza delicata e andrà trattata in

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maniera specifica in quanto potrebbe essere l’occasione per indesiderate invasione di

campo da parte di soggetti non abilitati all’esercizio della professione di commercialista ed

esperto contabile. Riferisce dell’esistenza di un gruppo di lavoro del Consiglio che si occupa

di STP e conferma l’interesse alla partecipazione ai lavori del Gruppo di lavoro.

A questo punto il tema della discussione vira sulla qualificazione del reddito prodotto

dalle STA. L’Avv. La Rosa prende la parola e commenta la risoluzione n. 35/E del 7

maggio con cui l’Agenzia delle Entrate ha preso posizione sul regime fiscale delle società

tra avvocati, confermandone la riconducibilità entro la disciplina del reddito d’impresa.

Riferisce che tale interpretazione, per quanto non desiderata dal mondo dell’avvocatura,

appare tuttavia corretta in base allo stato dell’arte della normativa vigente.

Interviene il prof. Bertolotti il quale al fine di superare l’interpretazione dell’Agenzia

delle entrate pone in evidenzia, ai fini della qualificazione del reddito quale reddito da

lavoro autonomo, l’esercizio della professione forense a discapito dell’organizzazione

societaria. Infatti ritiene che, come nel caso delle STA, quando la società rappresenti una

forma con la quale si organizza il lavoro autonomo intellettuale e quando l’agire del

professionista intellettuale sovrasta l’organizzazione della quale pure egli si serve, si

dovrebbe in presenza di un reddito di lavoro autonomo.

Ad ogni modo, tutti i membri concordano sulla necessità che per superare

definitivamente la qualificazione del reddito prodotto dalla STA sia necessaria una modifica

legislativa che preveda la reintroduzione dell’abrogato art. 5 della L. 247/2012, il quale

espressamente qualificava i redditi prodotti dalla società tra avvocati quali redditi di lavoro

autonomo.

Infine, collegandosi al tema tributario, prende la parola l’avv. Minervini che per conto

di Cassa Forense espone ai presenti la prima bozza di Regolamento che Cassa Forense

starebbe maturando per regolare il fenomeno delle Società tra Avvocati per effetto del

comma 6-ter, dell’art. 4-bis della L. 247/2012.

A questo punto il coordinatore, con l’approvazione dei presenti, ritiene che il

Gruppo di lavoro non debba limitarsi a generare una proposta di modifica legislativa

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organica delle STA ma debba invece attivarsi in base allo stato delle norme attualmente in

vigore. A tal proposito propone che il gruppo di lavoro in vista del Congresso:

- Elabori principi e norme deontologiche con le quali regolare l’esercizio

della professione forense in forma societaria;

- Predisponga raccomandazioni sull’esercizio della professione forense in

forma societaria;

- Generi una proposta di modifica legislativa sulla base dei principi

dell’abrogato art. 5 l. 247/2012.

In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, convocare la prossima riunione

per il giorno 20 giugno 2018, ore 10.00 presso la sede amministrativa del CNF.

Del che è verbale.

Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni

(Coordinatore)

Avv. G. Di Iacovo

(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)

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GRUPPO DI LAVORO SULLE SOCIETA’ TRA AVVOCATI

TAVOLO AGORÀ IN TEMA DI SOCIETA’ TRA AVVOCATI

Verbale sintetico e riassuntivo della riunione del 20.06.2018

In data 20 giugno 2018, alle ore 11:30 in Roma, Via del Governo Vecchio n. 3, presso la

sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense, si è tenuta la riunione del Gruppo di

e del Tavolo Agorà in tema di Società tra Avvocati, alla quale hanno partecipato:

Interni:

Avv. Francesco Marullo di Condojanni

Avv. Andrea Pasqualin

Avv. Carlo Orlando

Esterni:

Dott. Andrea Bonechi

Dott. Bauco Cristina

Avv. Vittorio Minervini

Avv. Paolo Maria Chersevani

Avv. Carlo Panzuti

Avv. Massimo Ferrante

Ufficio Studi CNF:

Prof. Avv. Giuseppe Colavitti

Prof. Avv. Gianluca Bertolotti

Avv. Giuseppe Di Iacovo

Presiede la riunione il Consigliere Avv. Cons. Marullo di Condojanni, coordinatore del

Gruppo di lavoro e del Tavolo Agorà.

Verranno trattati i seguenti punti all’ordine del giorno (o.d.g.):

1. Stato dei lavori – esame dei contributi;

2. Varie ed eventuali;

Trattazione dell’argomento n. 1 all’ordine del giorno:

Il Coordinatore, dopo aver rivolto un saluto di benvenuto e di ringraziamento a tutti

gli intervenuti, in apertura dei lavori illustra gli esiti della precedente riunione del 25.05.2018

e da subito ripropone la problematica della qualificazione del reddito prodotto dalle STA.

Interviene il prof. Colavitti il quale comunica che l’Ufficio studi sta predisponendo la

una proposta di modifica legislativa in relazione alla qualificazione del reddito prodotto

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dalla STA, vista l’incertezza del corretto inquadramento del reddito prodotto dalle società

tra professionisti. La proposta di modifica in lavorazione – continua il prof. Colavitti - terrà

conto del fatto che le STA hanno in comune con le società commerciali soltanto la forma,

ma non anche la sostanza. I professionisti intellettuali appartenenti a professioni

regolamentate sono lavoratori autonomi e non imprenditori e, come possono operare

individualmente, pure possono agire adottando la forma societaria. Per tali considerazioni,

è necessario che il legislatore prenda posizione coerente con la natura delle attività rese

dalle società professionali, che restano prestazioni professionali, chiarendo finalmente che il

reddito prodotto dalle STA va qualificato e disciplinato a fini tributari e previdenziali quale

reddito da lavoro autonomo, purché l’organizzazione in concreto adottata non sia a tal

punto rilevante da porre in secondo piano le prestazioni intellettuali rese da soci.

Concorda con quanto riferito dal prof. Colavitti il prof. Bertolotti, il quale sta

partecipando anch’esso alla redazione della modifica legislativa detta, che evidenzia la

prevalenza dell’attività di lavoro autonomo svolta dall’esercente la professione forense

rispetto la forma con cui viene esercitata: la forma, individuale o societaria, non muta

l’essenza dell’attività professionale svolta.

Interviene l’avv. Ferrante il quale ritiene che la problematica della qualificazione del

reddito possa essere superata con una modifica legislativa diretta. Tuttavia ritiene che nella

proposta di modifica legislativa sarebbe opportuno non lasciare troppi spazi interpretativi

che invero potrebbero essere utilizzati (ad esempio dalle Agenzia fiscali) in maniera

discrezionale per qualificare la medesima fattispecie ora in un modo e ora in un altro: cita

ad esempio il dibattito giurisprudenziale che si è creato in relazione all’assoggettamento

all’IRAP di professionisti in rapporto al requisito dell’autonoma organizzazione.

A questo punto prende la parole l’avv. Chersevani che, dopo aver premesso che

bisogna distinguere le problematiche di tipo tecniche da quelle di politica forense, ritiene

che andrebbe effettuata un’analisi sugli eventuali vantaggi/svantaggi che l’esercizio della

professione in forma societaria potrebbe comportare. E all’esito di questa indagine,

indirizzare le soluzioni.

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Sempre in relazione alla problematica di tipo fiscale interviene il dott. Bonechi il

quale ritiene che, ai fini della qualificazione del reddito, ciò che debba essere tassato sia il

reddito percepito dal socio professionista della STA. Bisognerebbe pertanto spostare

l’attenzione non sul reddito prodotto dalla STA ma sul reddito percepito dal socio della

STA visto che le STA rappresentano una modalità con la quale si può esercitare la

professione forense che è e rimane un’attività di lavoro autonomo.

Interviene il Cons. Pasqualin il quale osserva che per meglio direzionare le iniziative

di questo gruppo di lavoro sarebbe opportuno avere un quadro più specifico dal punto di

vista tributario tramite simulazioni dei vari modelli societari e ciò al fine di poter valutare le

utilità di ognuno di questi.

Prende la parola il prof. Colavitti il quale osserva che, a prescindere dal percorso di

modifica legislativa, il CNF potrebbe regolare il fenomeno delle STA tramite l’autonomia

deontologica visto che la L. 247/2012 all’art. 4-bis, comma 6, espressamente assoggetta le

STA agli obblighi deontologici e al potere disciplinare dei CDD. Propone pertanto che,

sciolto il nodo sull’indirizzo politico da seguire in tale materia, il gruppo di lavoro elabori

insieme alla Commissione Deontologica del CNF le modifiche da apportare al Codice

Deontologico Forense per regolare il fenomeno delle STA.

Infine il coordinatore Cons. Marullo di Condojanni ricorda che i lavori dell’odierno

gruppo di studio dovranno essere presentanti al Congresso di Catania e che il termine

ultimo per la presentazione delle mozione scadrà il 4 settembre 2018. A tal proposito, con

l’approvazione di tutti, riferisce che:

- per quanto riguarda l’aspetto deontologico provvederà esso stesso a coinvolgere il

coordinatore della Commissione Deontologica;

- per quanto riguarda l’elaborazione dei principi generali che dovranno regolare l’esercizio

della professione forense in forma societaria, il prof. Bertolotti rivisiterà il suo elaborato

alla luce di quanto emerso nella presente riunione;

- per quanto riguarda l’aspetto tributario della qualificazione del reddito prodotto dalle

STA, dovranno in primo luogo essere recuperati (e seguiti) i principi su cui si basava

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l’abrogato art. 5 L. 247/2012. In secondo luogo, il coordinatore incarica il dott. Bonechi

di elaborare e fornire al gruppo di lavoro delle simulazioni dei vari modelli societari dal

punto di vista fiscale al fine di poter valutare gli eventuali vantaggi/svantaggi;

In chiusura dei lavori il Coordinatore, sentiti i partecipanti, convoca la prossima riunione

per il giorno 11 luglio 2018, ore 14.30 presso la sede amministrativa del CNF.

Del che è verbale.

Consigliere Avv. F. Marullo di Condojanni

(Coordinatore)

Avv. G. Di Iacovo

(Segretario Commissione – Ufficio studi CNF)

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ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 2927-2017 proposto da:

STUDIO LEGALE F.F. CALABRESE SOCIETA' PROFESSIONALE IN

ACCOMANDITA SEMPLICE DEGLI AVVOCATI FRANCESCO E FILIPPO

CALABRESE & C., in persona del socio accomandatario Filippo

Calabrese, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN TOMMASO

D'AQUINO 116, presso lo studio dell'avvocato ELVIRA BACCHINI,

rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCESCO CALABRESE;

1

Civile Ord. Sez. U Num. 15278 Anno 2017

Presidente: AMOROSO GIOVANNI

Relatore: MANNA ANTONIO

Data pubblicazione: 20/06/2017

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R.G. n. 2927/17

- ricorrente -

contro

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PERUGIA,

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI

APPELLO DI PERUGIA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL

TRIBUNALE DI PERUGIA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 334/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE

FORENSE, depositata il 24/11/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l'Avvocato Francesco Calabrese.

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con sentenza pubblicata il 24.11.16 il Consiglio Nazionale

Forense ha rigettato il ricorso degli avvocati Filippo e Francesco

Calabrese contro la delibera 29.11.13 con cui il Consiglio dell'Ordine

degli Avvocati di Perugia aveva respinto la loro domanda di iscrizione

all'albo dello Studio Legale F.F. Calabrese Società Professionale in

accomandita semplice degli avvocati Francesco e Filippo Calabrese &

C., società costituita fra i medesimi avvocati Calabrese ed un terzo

socio, la dott.ssa Francesca Cerulli, laureata in economia,

quest'ultima con una partecipazione del 20%.

2. In proposito il CNF ha ritenuto inapplicabile agli avvocati la

disciplina di cui all'art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011 ed

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R.G. n. 2927/17

ha altresì escluso che nel caso di specie si sia formato, ex art. 45

d.lgs. n. 59 del 2010, il silenzio-assenso sulla domanda di iscrizione.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre lo Studio Legale F.F.

Calabrese Società Professionale in accomandita semplice degli

avvocati Francesco e Filippo Calabrese & C., affidandosi a due motivi.

4. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Perugia non ha svolto

attività difensiva.

1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa

applicazione dell'art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010, per averne il CNF

escluso l'applicazione (concernente il silenzio assenso decorsi 60

giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione) in base

all'erroneo presupposto dell'applicabilità al caso in esame, quale

disciplina speciale, dell'art. 17, comma 7, legge 31.12.2012 n. 247

(legge professionale), malgrado la sua emanazione in epoca

successiva alla formazione di detto silenzio assenso, atteso che la

domanda di iscrizione della società era stata presentata, mediante

notifica del relativo atto costitutivo, il 16.5.12.

1.2. Con il secondo motivo ci si duole di violazione, falsa ed errata

applicazione dell'art. 10 legge n. 183 del 2011, nella parte in cui la

pronuncia impugnata ha ritenuto inapplicabile agli avvocati tale

norma per l'esercizio di attività professionali secondo i modelli

regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile, norma che ha

introdotto la facoltà di costituire società anche di capitali,

multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o

di soci di capitale.

2.1. Impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del

primo motivo di ricorso, sul secondo osserva la Corte che il comma 4

dell'art. 10 legge n. 183 del 2011 prevede la possibilità di costituire

società, anche di capitali, fra professionisti e soci non professionisti

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R.G. n. 2927/17

(sia pure con alcune peculiari disposizioni concernenti i rapporti fra di

essi, le maggioranze all'interno della società e l'esercizio dell'attività

professionale con i relativi obblighi deontologici).

Tale è la disposizione normativa su cui si basa la richiesta di

iscrizione all'albo della società ricorrente.

In occasione dell'emanazione della nuova legge professionale per

gli avvocati (la n. 247 del 2012) il legislatore ritenne di inserire - con

l'art. 5, comma 2, lett. a) - una delega al Governo contenente, fra i

principi e criteri direttivi, la previsione che l'esercizio della professione

forense in forma societaria fosse consentito a società, di persone o di

capitali o cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritti all'albo.

Tale delega è scaduta il 4.8.13, senza che il Governo abbia

provveduto ad esercitarla.

Si legge nella sentenza impugnata che il divieto di società tra

avvocati con la partecipazione anche di soci non professionisti

previsto nell'art. 5, comma 2, lett. a) legge n. 247 del 2012 sarebbe

sopravvissuto, quanto a mero contenuto precettivo, pur dopo lo

scadere del termine per l'esercizio della delega, con l'effetto di

consentire agli avvocati soltanto la costituzione di società di cui al

decreto legislativo n. 96 del 2001 (di attuazione della direttiva

98/5/CE), che tra prevede, tra avvocati, solo la costituzione di società

di persone (nella forma della S.n.c., applicabile salvo quanto

specificamente previsto nel medesimo d.lgs.) e senza la

partecipazione di soggetti privi di tale titolo professionale.

Si obietta in ricorso il venir meno del divieto di cui all'art. 5,

comma 2, lett. a) legge n. 247 del 2012, con lo scadere della delega;

di conseguenza, resterebbe applicabile la normativa generale di cui al

cit. art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011.

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R.G. n. 2927/17

Invece altra ipotesi ricostruttiva, anche prescindendo dalla sorte

della legge delega di cui sopra, fa leva sul rilievo che il comma 9 del

cit. art. 10 legge n. 183 del 2011 espressamente fa salvi i diversi

modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore

della legge; per l'effetto, ritiene pur sempre attuale il decreto

legislativo n. 96 del 2001.

Si tratta di ipotesi ricostruttiva che, a sua volta, si scinde in due

sottoipotesi alternative fra loro:

a) pur dopo l'art. 10 legge n. 183 del 2011 l'unico tipo di società

tra avvocati sarebbe quello di cui alla lex specialis contenuta nel

citato d.lgs. n. 96 del 2001;

b) oltre a tale tipo di società (note con l'acronimo STA)

disciplinato dal cit. d.lgs. n. 96 del 2001, gli avvocati potrebbero

costituire anche società tra professionisti (note con l'acronimo STP) ai

sensi dell'art. 10 legge n. 183 del 2011 e, quindi, società anche di

capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in

altri albi o di soci di capitale.

2.2. Ritiene la Corte che - sempre impregiudicata ogni valutazione

sulla fondatezza o meno del primo motivo di ricorso - l'importanza e

la novità del tema afferente al secondo motivo di doglianza consigli di

rinviare a nuovo ruolo la causa per acquisire una relazione

dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo che operi una ricostruzione

completa del quadro normativo di riferimento e dei contributi, anche

dottrinari, concernenti la questione della legittimità o non di società

tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti al relativo albo e, in

particolare, della questione attinente al significato da attribuire alla

clausola di salvaguardia contenuta nel comma 9 del cit. art. 10 legge

n. 183 del 2011, che espressamente fa salvi i diversi modelli societari

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R.G. n. 2927/17

e le associazioni professionali già vigenti alla data di entrata in vigore

della legge.

P.Q.M.

rinvia la causa a nuovo ruolo per acquisire relazione

dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo.

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1

N. 63/14 R.G. RD n. 334/16

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede

presso il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:

- Avv. Giuseppe PICCHIONI Presidente f.f.

- Avv. Rosa CAPRIA Segretario

- Avv. F. LOGRIECO Componente

- Avv. Carlo ALLORIO “

- Avv. Carla BROCCARDO “

- Avv. Antonio DE MICHELE “

- Avv. Lucio Del PAGGIO “

- Avv. Angelo ESPOSITO “

- Avv. Antonino GAZIANO “

- Avv. Anna LOSURDO “

- Avv. Maria MASI “

- Avv. Enrico MERLI “

- Avv. Arturo PARDI “

- Avv. Stefano SAVI “

- Avv. Priamo SIOTTO “

- Avv. Francesca SORBI “

- Avv. Vito VANNUCCI “

con l’intervento del rappresentante il P.M. presso la Corte di Cassazione nella

persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Carmine Stabile ha emesso la

seguente

SENTENZA

sul ricorso presentato dagli Avvocati F.C., nato a …………, avverso la delibera in

data 29/11/13 , con la quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Perugia

rigettava la domanda di iscrizione all’Albo ;

Il ricorrente, avv. F. C. è comparso personalmente;

Per il Consiglio dell’Ordine, regolarmente citato, nessuno è presente;

Udita la relazione del Consigliere avv. Priamo Siotto ;

Inteso il P.M., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

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2

Inteso il ricorrente, avv. F. C. quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del

ricorso.

FATTO

Gli Avvocati F.C. e F. C., alla luce della nuova disciplina in materia di società tra

professionisti, introdotta dall’art. 10 dalla Legge 12.11.2011, n. 183, (Legge stabilità

2012), nel contesto della risistemazione della propria organizzazione professionale,

scioglievano l’esistente associazione professionale tra di loro costituita ex d. lgs n.

96 del 2011, e costituivano una società in accomandita semplice coinvolgendo un

soggetto terzo, la Dottoressa F. C., laureata in economia, in misura pari al 20%

delle quote. Costituita la società avanti al notaio M. B., notificavano in copia

autentica lo scioglimento dell’associazione professionale e l’atto costitutivo della

società al COA di Perugia il 16.5.2012, con ciò intendendola quale richiesta di

iscrizione all’albo.

Il COA procedeva ad effettuare alcune verifiche e all’audizione degli Avvocati C.

nella seduta del 28.2.2013, autorizzando il deposito di note scritte entro la data del

22.3.2013. A seguito di istanza di proroga i ricorrenti presentavano la nota il

4.4.2013 nella quale precisavano che la notifica dell’atto costitutivo della nuova

società doveva intendersi quale domanda di iscrizione nella sezione speciale

dell’albo.

Il Consiglio dell’Ordine di Perugia, nell’ambito della istruttoria, richiedeva all’Avv. C.

A. F. un parere pro veritate in ordine alla legittimazione della società considerata la

partecipazione di un socio di investimento ai sensi dell’art. 10, c. 4, lett. b) della L. n.

183/2011. Con parere del 25.6.2013 il professionista interpellato si dichiarava

favorevole all’iscrizione. Tuttavia il Consiglio riteneva di discostarsene richiamando

la circolare del Consiglio Nazionale Forense n. 18 - C - 2013 che chiariva la portata

dell’art. 5 della L. n. 247/2012 nel senso che il mancato esercizio della delega non

privava l’art. 5 di efficacia normativa. Richiamava altresì l’art. 5 della Legge Europea

n. 97/2013, che aveva modificato l’art. 35 del d. lgs 96/2011 al fine di consentire la

costituzione di società professionali da parte di avvocati stranieri stabiliti anche

senza la presenza di un socio avvocato italiano, nulla disponendo tuttavia in

relazione alla società tra avvocati, nonostante l’asserito contrasto con la normativa

comunitaria in ragione della limitata partecipazione alla società dei soli soci avvocati.

Il COA richiamava altresì i pareri degli Avvocati M. e P., allegati alla circolare

richiamata.

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3

Considerata quindi la presenza di un socio di investimento, il Consiglio non riteneva

integrati i presupposti necessari per l’iscrizione con delibera adottata il 14.11.2013.

In ragione di ciò, in data 18.11.2013, inviava preavviso di rigetto assegnando ai

ricorrenti il termine di dieci giorni per eventuali osservazioni secondo quanto previsto

dall’art. 10 bis della L. n. 241/1990. I richiedenti depositavano dette osservazioni a

mezzo pec, diffidando il COA a procedere alla immediata iscrizione della società

professionale.

Con il provvedimento impugnato del 5.12.2013, notificato il 6.12.2013, il COA di

Perugia rilevava come i richiedenti non avessero formulato espressamente istanza

di iscrizione avendo solo notificato l’atto costitutivo della nuova società

professionale, precisando che in difetto di una espressa volontà di iscrizione, da

manifestarsi in forma tipica, non poteva procedere d’ufficio all’iscrizione. Nel merito,

si discostava dal parere dell’Avv. F., ritenendo che la L. n. 247/2012 circoscrivesse

ai soli avvocati iscritti all’albo la possibilità di costituire società, considerando quindi

prive di pregio le osservazioni formulate e la documentazione prodotta. Rigettava

quindi la richiesta di iscrizione della società stante la presenza di un socio di

investimento.

Avverso il calendato provvedimento lo studio legale F.F. C. società professionale in

accomandita semplice degli avvocati F. e F.C. & C., in persona del legale

rappresentante p.t., difeso dall’Avv. F. C., ha proposto ricorso avanti a questo

Consiglio per i seguenti motivi: a) violazione della disciplina di cui all’art. 10, c. 4,

lett. b) L. n. 183/2011, che consente la costituzione di società tra avvocati anche con

la presenza di un socio di investimento; sul punto richiama la delega contenuta

nell’art. 5 L. 247/2012, il cui termine risulta scaduto e dunque privo di contenuto

precettivo; b) avvenuta iscrizione di diritto della STP dal 16.7.2012, per

perfezionamento del silenzio assenso, ai sensi dell’art. 45 d. lgs 59/2010; c) erronea

motivazione del COA – che non dà conto delle ragioni per le quali aveva omesso di

prendere in considerazione il parere dell’Avv. F. ritenendo ultroneo il richiamo alle

norme della L. n. 247/2012, mai prima menzionate.

In ragione di ciò i ricorrenti hanno chiesto al CNF di annullare il provvedimento di

rigetto dell’iscrizione disponendo nel contempo l’immediata iscrizione della STP

nell’albo degli avvocati del Foro di Perugia.

DIRITTO

Il ricorso deve considerarsi infondato e deve pertanto essere respinto.

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4

In ordine al primo motivo di impugnazione, nessuna violazione dell’art. 10 della L. n.

183/2011 è ravvisabile nella fattispecie in esame.

Infatti devono trovare qui applicazione i principi e i criteri direttivi dettati dall’art. 5

della L. n. 247/2012 da considerarsi incompatibili con quanto previsto dall’art. 10

della L. n. 183/2011. In adesione alla circolare di questo Consiglio del 12/9/2013, n.

18- C- 2013, non può condividersi l’interpretazione prospettata dai ricorrenti Avvocati

C. circa la presunta applicabilità della normativa generale in materia di società

professionali anche alle società tra avvocati (art. 10, comma 10, della L. 12/11/2011,

n. 183 e del d.m. 8/2/2013, n. 34 recante regolamento in materia di società per

l’esercizio di attività professionali regolamentate dal sistema ordinistico). Trova

invece piena applicazione l’art. 5 della L. n. 247/12 che ha espressamente sottratto

la disciplina delle società tra avvocati alla potestà regolamentare del Governo,

ponendo una delega legislativa al fine di disciplinare, con fonte primaria, le suddette

società. Infondato deve dunque ritenersi l’assunto dei ricorrenti secondo cui il

predetto art. 5 non troverebbe applicazione essendo scaduto il termine per

l’esercizio della delega da parte del Governo posto che detto mancato esercizio non

priva l’art. 5 di ogni efficacia normativa. Deve infatti riconoscersi alla disposizione

delegante, pur in assenza del successivo decreto delegato, “una efficacia normativa

propria anche sul piano materiale e anche con riferimento alla vis abrogans della

disposizione delegante nei confronti di disposizioni previgenti con essa incompatibili”

(vedasi la richiamata circolare n. 18/2013). Per cui resta salva la volontà del

legislatore di assoggettare la società tra avvocati ad una disciplina speciale rispetto

a quella generale delle società tra professionisti prevista dall’art. 10 della L. n.

183/2012 e dal d.m. n. 34/2013. In tal senso si è orientata anche la giurisprudenza

costituzionale a partire dalla pronuncia n. 224/90 secondo cui la legge delega

costituisce il risultato di un procedimento di legiferazione ordinaria a sè stante e in

sé compiuto per cui non è legata ai decreti legislativi da un vincolo strutturale che

possa indurre a collocarla, rispetto a questi ultimi, entro una medesima e unitaria

fattispecie procedimentale. In buona sostanza l’art. 5 della L. n. 247/12 deve

considerarsi un vero e proprio atto normativo volto a porre, con efficacia erga

omnes, norme costitutive dell’ordinamento giuridico.

In ragione di ciò si ritiene che la disciplina riguardante le STP deve essere

individuata nel più volte richiamato art. 5 e la circostanza che la delega non sia stata

esercitata dal Governo nel termine previsto non autorizza il giudicante a forzare il

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5

quadro normativo ritenendo applicabile la normativa generale di cui alla L. n.

183/2011.

In conclusione, alla professione forense devono ritenersi applicabile in materia di

società di avvocati unicamente le norme di cui al d.lgs n. 96/2001 e di cui alla L. n.

247/12, non potendo invece trovare fonte di regolamentazione quanto previsto

dall’art. 10 della L. n. 183/2011.

Tale tesi appare avvallata anche dal legislatore che nel disegno di legge AC 3012

(legge annuale per la concorrenza 2015) ha previsto l’abrogazione espressa dell’art.

5 della L. n. 247/2012 e la disciplina dell’esercizio in forma societaria della

professione forense al fine di consentire l’ingresso dei soci non professionisti, pur se

in misura limitata, così come previsto per le altre professioni regolamentate dell’art.

10 della L. n. 183/2011. Orbene, l’inserimento nel provvedimento di una espressa

previsione di abrogazione della norma in questione, (art. 5 della L. n. 247/2012)

costituisce elemento rilevante a favore della sua attuale vigenza, nonostante la

scadenza della delega, e della necessità di tenere conto dei principi e criteri direttivi

previsti, tra i quali l’esclusione del socio non professionista.

Ugualmente infondato deve considerarsi il secondo motivo posto a sostegno del

ricorso e inerente il perfezionamento del silenzio assenso di cui all’art. 45 del d. lgs

n. 59/2010. Trova infatti applicazione nella fattispecie in esame il comma 7 dell’art.

17 della L. n. 247/2012 che prevede la possibilità per l’interessato di ricorrere al CNF

avverso il silenzio serbato dal COA sulla domanda di iscrizione all’albo, facoltà da

esercitarsi nel termine di 10 giorni decorrenti dalla scadenza del termine di 30 giorni

dalla presentazione della domanda. Per cui non può trovare applicazione la

disciplina di cui al d.lgs n. 59/2010 invocata dagli Avvocati C. essendo detta

disciplina espressamente superata dalla richiamata disposizione di cui alla L. n.

247/2012.

Da ultimo non può accogliersi neppure il terzo motivo di censura avanzato dai

ricorrenti relativo al vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il COA di Perugia

nella decisione di rigetto perché il parere richiesto dal COA di Perugia all’Avv. F. non

poteva certo considerarsi vincolante e in ogni caso, il Consiglio, secondo il principio

del libero convincimento gode di ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza

e la conferenza delle prove acquisite (CNF 24/11/2014, n. 162). Il COA nell’esercizio

del proprio potere discrezionale ha aderito alla circolare del CNF n. 18/2013 che

aveva ritenuto, come detto, applicabile alle società di avvocati la previsione di cui

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all’art. 5 della L. n. 247/2012. Applicazione che questo Consiglio reputa corretta e

condivide.

P.Q.M.

visti gli artt. 50 e 54 del RDL 27/11/1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del RD

22/1/1934, n. 37;

rigetta il ricorso.

Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per

finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di

comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati

identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 aprile 2016.

IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.

f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv. Giuseppe Picchioni

Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,

oggi 24 novembre 2016

LA CONSIGLIERA SEGRETARIA

f.to Avv. Rosa Capria

Copia conforme all’originale

LA CONSIGLIERA SEGRETARIA

Avv. Rosa Capria

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RISOLUZIONE N. 35/E

Direzione Centrale Coordinamento Normativo

Roma, 7 maggio 2018

OGGETTO: Natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati STA - Art. 4-bis

Legge 31 dicembre 2012, n. 247.

Con istanza d’interpello, formulata ai sensi dell’articolo 11 della legge 27

luglio 2000, n. 212, è stato posto il seguente:

Quesito

L’istante con il presente interpello pone un quesito in merito alla natura del

reddito prodotto dalle società tra avvocati costituite ai sensi della legge 31 dicembre

2012, n. 247, in quanto, alla luce di una risoluzione dell’Agenzia riguardante le

società tra avvocati e di una successiva risposta fornita ad una consulenza giuridica

concernente le società tra professionisti, sorgono dubbi interpretativi.

Più precisamente la società osserva che, mentre con risoluzione 26 maggio

2003, n. 118/E, l’Agenzia in relazione alle società costituite ai sensi dell’articolo 16

del D.L.gs 2 febbraio 2001, n. 96, per l’esercizio in forma associata della

professione di avvocato, ha asserito che producono reddito di lavoro autonomo, in

quanto, come precisato nella relazione governativa il richiamo alla normativa sulle

Snc non va inteso nel senso che le società tra avvocati siano annoverabili fra le

società commerciali. Con riferimento, invece, alle società tra professionisti,

disciplinate dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 e dal successivo

decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34, la stessa Agenzia rispondendo ad una

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consulenza giuridica, ha sostenuto che il reddito prodotto da tali società che possono

essere costituite ricorrendo ai tipi societari delle società di persone di capitali o

cooperative, deve considerarsi reddito di impresa. Tutto ciò nel presupposto che non

assume rilevanza l’esercizio dell’attività professionale, bensì la veste societaria sotto

la quale operano.

In relazione a quanto precede, ritenendo l’istante che vi sia un’obiettiva

incertezza interpretativa, chiede chiarimenti in merito alla natura del reddito

prodotto dalle società tra avvocati nella forma di società per azioni.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

L’interpellante ritiene che una società per azioni costituita per l’esercizio

dell’attività di avvocato ai sensi della legge 31 dicembre 2012, n. 247, come

modificata dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, debba adottare il regime fiscale

previsto per le società di capitali. Conseguentemente, è dell’avviso che debba

assoggettare il proprio reddito ad IRES e il valore della produzione ad IRAP.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

L’art. 4-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dall’art. 1, c. 141

della legge 4 agosto 2017, n. 124, disciplina l’esercizio della professione forense in

forma societaria.

In particolare la norma precisa che, la professione forense è consentita in

forma societaria a società di persone, di capitali o cooperative iscritte in apposita

sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha

sede la stessa società, nel rispetto delle seguenti condizioni: a) i soci, per almeno due

terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo,

ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; b)

la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci

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3

avvocati; c) i componenti dell’organo di gestione non possono essere estranei alla

compagine sociale, i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.

Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta

fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L’incarico può

essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo

svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente. La

responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del

professionista che ha eseguito la specifica prestazione. La sospensione,

cancellazione o radiazione del socio dall’albo nel quale è iscritto costituisce causa di

esclusione dalla società.

Sul piano civilistico le società tra avvocati sono costituite secondo i modelli

regolati dai titoli V e VI del codice civile. Pertanto, non costituiscono un genere

autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal

codice civile e, come tali, sono soggette integralmente alla disciplina legale del

modello societario prescelto.

Conseguentemente si ritiene che, in assenza di una esplicita norma,

l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria costituisce attività

d’impresa, in quanto, risulta determinante il fatto di operare in una veste giuridica

societaria piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale.

Detta interpretazione è confermata anche dalla Direzione legislazione

tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle Finanze che, a seguito di una

richiesta di parere formulata dalla scrivente, ha fornito risposta con nota del 19

dicembre 2017 n. 43619 in cui ha evidenziato che per tali società, in mancanza di

deroghe espresse nella disposizione “sembra difficile valorizzare l’elemento

oggettivo della professione forense esercitata a discapito dell’elemento soggettivo

dello schermo societario”.

La società tra avvocati di cui al citato art. 4-bis si discosta, infatti, dalla

precedente società tra avvocati disciplinata dal decreto legislativo 2 febbraio 2001,

n. 96, in quanto, tale ultimo decreto individuava un nuovo modello societario

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assoggettato ad una autonoma disciplina i cui aspetti di maggior rilievo

riguardavano l’oggetto dell’attività, gli obblighi di registrazione, il regime di

responsabilità ed i rapporti con i clienti, e dove, come precisato con la risoluzione

28 maggio 2003, n. 118/E, il rinvio alle disposizioni che regolano le società in nome

collettivo, operava ai soli fini civilistici, in quanto consentiva di determinare le

regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni

di coerenza del sistema impositivo, occorreva dare risalto al reale contenuto

professionale dell’attività svolta.

In relazione a quanto precede si ritiene, quindi, che anche sul piano fiscale

alle società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone, di capitali o

cooperative, si applichino le previsioni di cui agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del

TUIR, per effetto delle quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e

in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e

b) del comma 1 dell’art. 73, comma 1, lettere a) e b), da qualsiasi fonte provenga è

considerato reddito d’impresa.

Si condivide, pertanto, la soluzione prospettata dall’istante nel senso che una

società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato debba adottare il

regime fiscale previsto per le società di capitali e, dunque, deve assoggettare ad

IRES il reddito prodotto e ad IRAP il valore della produzione.

******

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite

con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni

provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE CENTRALE

(firmato digitalmente)

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Esercizio della professione forense in forma associata: le modifiche introdotte dalla legge per la concorrenza 2017 (art. 1, comma 141, legge 4 agosto 2017, n. 124)

Scheda US n. 66/2017*

21 settembre 2017

Premessa: il quadro normativo previgente Tra i vincoli all’esercizio dell’attività professionale vi è stato per lungo tempo anche

quello relativo all’esercizio in forma societaria della professione, in ragione del divieto posto dall’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815. Il provvedimento contemplava la possibilità di costituire associazioni professionali, anche tra esercenti professioni diverse, con la sola precisazione che i soggetti partecipi della associazione utilizzassero nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con i terzi, esclusivamente la dizione di “studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario”, seguita dal nome e dal cognome, coi titoli professionali , dei singoli associati (art. 1).

Tale vincolo è stato successivamente abrogato, ad opera del decreto cd. Bersani (cf. art. 24, legge 7 agosto 1997, n. 266), che ha previsto la possibilità per i professionisti di esercitare attività professionale in forma associativa nelle forme di società di persone o associazioni tra professionisti. La norma, in realtà, non ha innovato rispetto a quanto già previsto per gli avvocati: da un lato la possibilità di associazioni professionali, anche multidisciplinari, era già prevista dalla legge del 1939; dall’altro, il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, attuativo della direttiva 98/5/CE, aveva già introdotto la figura della società tra professionisti (STP) avvocati, disciplinata secondo il modello della società di persone.

La riforma forense La legge 31 dicembre 2012, n. 247 recante Nuova disciplina dell’ordinamento della

professione forense contempla all’art. 4 distinte modalità di esercizio della professione forense. Al comma 1 prevede che la professione «può essere esercitata individualmente o con la partecipazione ad associazioni tra avvocati». Precisa poi che l’associazione può avere anche carattere multidisciplinare (art. 4, comma 2), costituita con gli altri professionisti indicati da un decreto ministeriale attuativo (il DM 4 febbraio 2016, n. 23). L’art. 5 introduce infine l’esercizio professionale in forma societaria (art. 5), affidando ad un decreto legislativo (mai adottato) la disciplina di dettaglio. La disciplina delle associazioni, in particolare, consentiva al professionista di associarsi ad una sola associazione (art. 4, comma 4) e prevedeva la fissazione del suo domicilio professionale ex lege nella sede della associazione (art. 4, comma 3, quarto periodo).

Il carattere ambiguo della disposizione di cui al primo comma, in ragione della congiunzione disgiuntiva “o”, poteva far sorgere dubbi sulla possibilità per l’avvocato di poter esercitare l’attività anche individualmente, qualora socio di un’associazione, considerato che da un lato la legge era orientata esclusivamente a non pregiudicare la sua autonomia ed indipendenza, e dall’altro non gli consentiva neppure di poter fissare il proprio domicilio professionale in luogo diverso dalla sede dell’associazione di appartenenza.

Le modifiche introdotte dalla legge sulla concorrenza per il 2017 La legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per il mercato e la concorrenza per

il 2017) ha innovato fortemente la disciplina dell’esercizio in forma collettiva della professione forense: oltre all’abrogazione della delega di cui all’art. 5 relativa alle società

* La presente scheda è stata predisposta da Riccardo M. Cremonini, con la supervisione di Giuseppe Colavitti

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tra professionisti ed all’introduzione di una nuova disciplina delle società tra avvocati ha disposto l’abrogazione di talune disposizioni che concernono le associazioni professionali.

Associazioni Le modifiche introdotte sembrano fugare gli eventuali dubbi cui si è appena

accennato. In particolare è venuto meno il divieto posto dal comma 4, che poneva il limite della partecipazione ad una sola associazione professionale. Sembrerebbe venir meno pertanto il dubbio già citato, con la conseguenza che l’esercizio della professione in forma associata non può considerarsi esclusivo rispetto a quello in forma individuale. Sarebbe irragionevole, infatti, considerare l’avvocato libero di partecipare a più associazioni professionali e, al tempo stesso, non consentirgli di esercitare in forma individuale. A riprova di tale assunto basti pensare che il legislatore ha eliminato la disposizione dettata dal quarto periodo del comma 3, che fissava ex lege il domicilio del professionista associato presso la sede dell’associazione; attualmente anche l’avvocato associato dovrà seguire le prescrizioni generali di cui all’art. 7, fissando il proprio domicilio nel luogo in cui svolge la professione in modo prevalente, luogo che potrebbe risultare diverso da quello in cui ha sede l’associazione cui partecipa.

Società tra avvocati La legge per la concorrenza introduce altresì una disciplina della società tra

avvocati, rimasta sino ad ora priva di attuazione, consentendo la presenza negli studi legali, sia pur minoritaria fino ad un terzo del capitale), di soci di capitale non professionali. Tale disposizione pone seriamente a rischio l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato nell’esercizio della professione. Di seguito un breve riepilogo delle criticità rilevate:

− l’ingresso del socio di capitale, interessato all’accrescimento del capitale investito e alla ripartizione degli utili, rischia di condizionare la libertà professionale dell’avvocato nell’assunzione del mandato professionale: potrebbero essere i soci finanziatori a decidere se e come assistere un cliente, ed il tempo dedicato alla difesa potrebbe dipendere esclusivamente dalla redditività dell’incarico;

− l’organo di gestione deve essere composto in maggioranza da soci avvocati, ma ciò non assicura che il componente con i più ampi poteri gestori sia un professionista;

− rilevanti le differenze in ordine al regime di responsabilità: l’avvocato che effettua la prestazione sarà soggetto a responsabilità professionale senza limiti; il socio di puro capitale, al contrario, godrà di limitazioni patrimoniali in caso di risarcimento di eventuali danni;

− manca del tutto l’inquadramento fiscale dei redditi della società tra avvocati, deterrente significativo per il decollo dell’istituto, aspetto che la disciplina abrogata contemplava quale reddito da lavoro autonomo ai fini fiscali;

− parimenti assente il delicato profilo del trattamento previdenziale;

− manca la regolazione della crisi della società tra avvocati, che la disciplina abrogata attraeva alla disciplina della crisi da sovraindebitamento;

− non sono disciplinate le società cd. multidisciplinari, con i conseguenti problemi relativi al riparto di competenze tra i vari ordini professionali;

− manca la disciplina della ragione sociale e della sua sorte in caso di cessazione della qualità di socio;

− manca la disciplina degli obblighi di informazione della società nei confronti del cliente;

− manca una puntuale disciplina sul conflitto di interessi e che limiti l’influenza della società rispetto al voto dei soci professionisti nelle elezioni dei Consigli degli Ordini e del Consiglio Nazionale.

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Cosa cambia per l’avvocato? L’avvocato può oggi esercitare la professione sia in forma individuale che in forma

collettiva, e precisamente:

− partecipare ad associazioni professionali, anche multidisciplinari (senza il limite della partecipazione ad una sola associazione), fissando il proprio domicilio anche in luogo diverso dalla sede dell’associazione professione, nel luogo in cui esercita la professione in modo prevalente;

− partecipare a società tra avvocati, secondo le disposizioni di cui al nuovo art. 4-bis della legge 247/2012.

Cosa cambia per gli Ordini? Risulta più articolato il controllo sull’elenco di cui all’art. 15, comma 1, lett. l) (elenco

delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati) per gli Ordini, poiché agli avvocati è ora consentito partecipare a più associazioni/società.

Può ragionevolmente prevedersi che taluni professionisti entrino a far parte di associazioni o società aventi sede al di fuori del proprio circondario di iscrizione. In tale evenienza, potrebbe ritenersi applicabile la disposizione di cui all’art. 7, comma 3 della legge 247/2012, che richiede al professionista di comunicare l’apertura di uffici al di fuori del circondario all’ordine di appartenenza ed al luogo ove si trova l’ufficio.

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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

SOCIETÀ TRA AVVOCATI - LE CRITICITÀ DELLA LEGGE SULLA CONCORRENZA -

L. N. 124 DEL 04.08.2017, PUBBLICATA NELLA GAZZ. UFF. 14 AGOSTO 2017, N. 189.

Roma, 16 ottobre 2017

Scheda Ufficio studi n. 67/2017

SOMMARIO

1. Premessa .................................................................................................................................................. 1

2. La disciplina delle società tra avvocati ................................................................................................. 1

3. Gli emendamenti richiesti da CNF e OCF .............................................................................................. 3

4. Il testo definitivo – comma 141, art. 1, L. 124/2017 .............................................................................. 4

5. Raffronto tra previgente disciplina (L. 247/2012) e quella attuale per come modificata dal comma

141, art. 1, della L. 124/2017. ........................................................................................................................... 5

1. Premessa

Il testo del ddl concorrenza, approvato poi con la L. 4-8-2017 n. 124, ha destato, già nella fase dei lavori parlamentari, forti preoccupazioni da parte del CNF e dell’Organismo Congressuale Forense in ordine alla disciplina delle società di avvocati. Infatti si segnalava il rischio che la presenza pur minoritaria, negli studi legali, di soci di capitale non professionali possa pregiudicare seriamente l’autonomia e l’indipendenza nell’esercizio della professione forense. In questo senso, come è stato osservato dal Decano generale degli Ordini forensi olandesi – e riportato adesivamente dalla Corte di Giustizia dell’UE nella nota sentenza Wouters (1 Corte di giustizia UE, sent. 19 febbraio 2002, in c. C-399/99, relativa al divieto di costituire società tra avvocati e società di capitali esercenti attività di revisione contabile) – autorizzare la costituzione di società tra avvocati e società di capitali assomiglierebbe «più al matrimonio di un topo e di un elefante che ad un'unione tra soci di dimensioni equivalenti» (cfr. par. 78). Più in generale è difficile non cogliere tutti i pregiudizi che possono derivare per l’utente da società di avvocati partecipate, seppur nel limite di un terzo, da soci non professionali, con la mortificazione delle aspettative che legittimamente i cittadini conservano nei confronti degli avvocati in quanto custodi di fondamentali garanzie di tutela di tutti i diritti, e non certo degli interessi dei cosiddetti poteri forti.

2. La disciplina delle società tra avvocati

La disciplina delle società tra avvocati è contenuta nel comma 141 dell’articolo unico di cui consta il provvedimento; nella versione finale, rispetto al testo iniziale Camera, sono state precisate le disposizioni in materia di governance della società, prevedendo in particolare:

- che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta di avvocati;

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2

- che i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori (la norma serve ad evitare la preclusione generale che impedisce ad un avvocato di assumere poteri gestori).

Le criticità della normativa si riassumono sinteticamente per come segue.

1. L’ingresso di soci di capitale (come tali interessati per definizione soltanto all’accrescimento del capitale investito e alla ripartizione degli utili) pone la società tra avvocati in una prospettiva nella quale gli interessi da difendere e il tempo dedicato alla difesa dipendono esclusivamente dalla redditività che cause e consulenze possono recare. I diritti, però, non s’identificano con merci o servizi, come è testimoniato dall’istituto del patrocinio gratuito, o dall’ attività c.d. “pro bono”. Il rischio è cioè quello che il capitale condizioni la libertà professionale nell’assunzione del mandato professionale. È appena il caso di ricordare come l’indipendenza dell’avvocato, al pari dell’indipendenza del giudice, è il presupposto dell’evoluzione dell’ordinamento verso soglie di protezione più avanzata dei diritti e delle libertà fondamentali, ed è valore necessario alla società democratica (Corte di giustizia, sez. VIII, 6 settembre 2012, in cause riunite C-422/11 P e C-423/11 P);

2. In tema di governance, il testo è migliorato, ma pur sancendo ora che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere di avvocati, non assicura affatto che lo sia l’amministratore delegato, o comunque il componente con i più ampi poteri gestori; deve essere pertanto precisato che tutti i componenti dell’organo di gestione siano avvocati, per evitare il rischio di una subordinazione degli avvocati al capitale.

3. appare del tutto abnorme il regime della responsabilità professionale. Il socio di puro capitale godrà delle limitazioni patrimoniali in caso di risarcimento di eventuali danni, mentre l’avvocato che effettuerà la prestazione sarà soggetto a responsabilità piena, senza limiti. L’ingresso di meri finanziatori nella compagine e negli organi sociali menoma l’autonomia decisionale dei professionisti i quali soli possono rendere le specifiche prestazioni professionali e delle quali assumono la responsabilità di fronte al cliente: nei fatti, i finanziatori decideranno se e come assistere un cliente e – profilo su cui giova porre attenzione – gli effetti di una decisione sconsiderata ricadranno sugli avvocati, dal momento che non i primi, bensì i secondi, sono tenuti a rendere la prestazione professionale, assumendone la responsabilità professionale piena (rispetto alla quale, quanto all’ammontare di un eventuale risarcimento, non può essere invocata la limitazione patrimoniale della quale, invece, godono le società di capitali e i loro meri finanziatori);

4. manca del tutto il fondamentale aspetto dell’inquadramento fiscale dei redditi della società tra avvocati, lacuna propria anche della disciplina delle altre Stp (art. 10, l. 183/2011). Mentre l’attuale disciplina delle società tra avvocati (art. 5, l. 247/2012) prevede invece espressamente che il reddito prodotto dalle società tra avvocati debba essere considerato reddito da lavoro autonomo ai fini fiscali. E’ utile considerare che, stando all’opinione diffusa degli studiosi, l’incertezza sul regime fiscale ha rappresentato e rappresenta il deterrente più significativo al decollo delle società tra professionisti, istituto infatti mai decollato;

5. manca del tutto il delicato profilo del trattamento previdenziale e dei rapporti con la casse professionali, la cui elaborazione è tecnicamente complessa e richiede una attenta ponderazione degli effetti sugli equilibri patrimoniali delle casse e sui diritti previdenziali degli iscritti;

6. manca la regolazione della crisi della società tra avvocati: la legge n.247 del 2012 esplicitamente attrae le società tra avvocati alla disciplina del sovraindebitamento;

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3

7. manca del tutto una compiuta disciplina delle società c.d. multidisciplinari che pongono complesse questioni tecniche, fra l’altro con riferimento al riparto di competenze tra i vari ordini professionali e alla soggezione dei relativi ordinamenti ;

8. manca la disciplina della ragione sociale e della sorte di essa in caso di cessazione dalla qualità di socio (per decesso o altre cause);

9. manca la disciplina degli obblighi di informazione della società nei confronti del cliente, che dovrebbe invece consentire al cliente la possibilità di scegliere lui, nell’ambito delle professionalità presenti, a quale avvocato affidarsi;

10. manca la disciplina che eviti conflitti di interessi e limiti la società tra avvocati nella possibilità di influenzare il voto dei professionisti afferenti, nelle elezioni dei Consigli dell’ordine e del Consiglio nazionale.

3. Gli emendamenti richiesti da CNF e OCF

All’articolo unico, comma 142, lett b), sub Art. 4 bis, comma 2, lett. b, sostituire la parola “maggioranza” con “totalità” Motivazione Seppur preveda che la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere di avvocati, la disposizione in esame non assicura affatto che lo sia l’amministratore delegato, o comunque il componente con i più ampi poteri gestori; deve essere pertanto precisato che tutti i componenti dell’organo di gestione siano avvocati, per evitare il rischio di una subordinazione degli avvocati al capitale.

All’articolo unico, comma 142, lett b), sub Art. 4 bis, dopo il comma 6, inserire i seguenti: “7. Ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta un regolamento, sentito il Consiglio nazionale forense ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. q) della legge 31 dicembre 2012, n. 247, allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi. 8. Il regolamento di cui al comma precedente prevede la redazione di un modello statutario su proposta del Consiglio Nazionale Forense. Il modello di statuto è approvato dal Ministro della giustizia ed è pubblicato nella Gazzetta ufficiale, oltre che nel sito istituzionale del Consiglio nazionale forense". Motivazione Si propone di inserire l’autorizzazione ai Ministri competenti ad adottare un regolamento di attuazione che consenta di specificare più compiutamente la disciplina di un istituto complesso come le società tra avvocati. In particolare, è indispensabile, al fine di promuovere effettivamente l’utilizzo dello strumento societario, chiarire il quadro giuridico di riferimento in materia di ragione sociale, regime della responsabilità disciplinare della

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4

società, governance societaria, inquadramento fiscale, inquadramento ai fini previdenziali, iscrizione e cancellazione negli albi, obblighi di informazione, etc. Allo stesso scopo promozionale è opportuno fornire agli operatori un modello di statuto societario, opportunamente approvato dal Ministro vigilante.

4. Il testo definitivo – comma 141, art. 1, L. 124/2017

141. Al fine di garantire una maggiore concorrenzialità nell'ambito della professione forense, alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4: 1) al comma 3, il quarto periodo è soppresso; 2) il comma 4 è abrogato; 3) al comma 6, le parole: «ai commi 4 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «al

comma 5»; b) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. (Esercizio della professione forense in forma societaria). - 1. L'esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società; presso tale sezione speciale è resa disponibile la documentazione analitica, per l'anno di riferimento, relativa alla compagine sociale. E' vietata la partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona. La violazione di tale previsione comporta di diritto l'esclusione del socio. 2. Nelle società di cui al comma 1: a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi; b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati; c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori. 3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale. L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o incompatibilità, iniziali o sopravvenuti. 4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione. 5. La sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società di cui al comma 1. 6. Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al rispetto del codice deontologico forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza»;

c) l'articolo 5 è abrogato;

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5

d) all'articolo 13, comma 5, le parole: «a richiesta» sono soppresse.

5. Raffronto tra previgente disciplina (L. 247/2012) e quella attuale per come

modificata dal comma 141, art. 1, della L. 124/2017.

Testo previgente Testo risultante dalle modifiche apportate

dall’art. 1, comma 141, della legge 4 agosto

2017, n. 124

ARTICOLO N.4

Associazioni tra avvocati e multidisciplinari

ARTICOLO N.4

Associazioni tra avvocati e multidisciplinari

1. La professione forense puo' essere

esercitata individualmente o con la

partecipazione ad associazioni tra avvocati.

L'incarico professionale e' tuttavia sempre

conferito all'avvocato in via personale. La

partecipazione ad un'associazione tra avvocati

non puo' pregiudicare l'autonomia, la liberta' e

l'indipendenza intellettuale o di giudizio

dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che

gli e' conferito. E' nullo ogni patto contrario.

2. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni

anche a carattere multidisciplinare, possono

partecipare alle associazioni di cui al comma 1,

oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi

professionisti appartenenti alle categorie

individuate con regolamento del Ministro della

giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e

seguenti. La professione forense puo' essere

altresi' esercitata da un avvocato che partecipa

ad associazioni costituite fra altri liberi

professionisti.

3. Possono essere soci delle associazioni tra

avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo

albo. Le associazioni tra avvocati sono iscritte

in un elenco tenuto presso il consiglio

dell'ordine nel cui circondario hanno sede, ai

sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera l). La

sede dell'associazione e' fissata nel circondario

ove si trova il centro principale degli affari. Gli

associati hanno domicilio professionale nella

1. La professione forense puo' essere

esercitata individualmente o con la

partecipazione ad associazioni tra avvocati.

L'incarico professionale e' tuttavia sempre

conferito all'avvocato in via personale. La

partecipazione ad un'associazione tra avvocati

non puo' pregiudicare l'autonomia, la liberta' e

l'indipendenza intellettuale o di giudizio

dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che

gli e' conferito. E' nullo ogni patto contrario.

2. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni

anche a carattere multidisciplinare, possono

partecipare alle associazioni di cui al comma 1,

oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi

professionisti appartenenti alle categorie

individuate con regolamento del Ministro della

giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e

seguenti. La professione forense puo' essere

altresi' esercitata da un avvocato che partecipa

ad associazioni costituite fra altri liberi

professionisti.

3. Possono essere soci delle associazioni tra

avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo

albo. Le associazioni tra avvocati sono iscritte

in un elenco tenuto presso il consiglio

dell'ordine nel cui circondario hanno sede, ai

sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera l). La

sede dell'associazione e' fissata nel circondario

ove si trova il centro principale degli affari. Gli

associati hanno domicilio professionale

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6

sede della associazione. L'attivita' professionale

svolta dagli associati da' luogo agli obblighi e ai

diritti previsti dalle disposizioni in materia

previdenziale.

4. L'avvocato puo' essere associato ad una sola

associazione.

5. Le associazioni tra professionisti possono

indicare l'esercizio di attivita' proprie della

professione forense fra quelle previste nel

proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi

comunicazione a terzi, solo se tra gli associati

vi e' almeno un avvocato iscritto all'albo.

6. La violazione di quanto previsto ai commi 4 e

5 costituisce illecito disciplinare.

7. I redditi delle associazioni tra avvocati sono

determinati secondo i criteri di cassa, come per

i professionisti che esercitano la professione in

modo individuale.

8. Gli avvocati e le associazioni di cui al

presente articolo possono stipulare fra loro

contratti di associazione in partecipazione ai

sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice

civile.

9. L'associato e' escluso se cancellato o

sospeso dall'albo per un periodo non inferiore

ad un anno con provvedimento disciplinare

definitivo. Puo' essere escluso per effetto di

quanto previsto dall'articolo 2286 del codice

civile.

10. Le associazioni che hanno ad oggetto

esclusivamente lo svolgimento di attivita'

professionale non sono assoggettate alle

procedure fallimentari e concorsuali.

nella sede della associazione. L'attivita'

professionale svolta dagli associati da' luogo

agli obblighi e ai diritti previsti dalle disposizioni

in materia previdenziale.

4. L'avvocato puo' essere associato ad una

sola associazione.

5. Le associazioni tra professionisti possono

indicare l'esercizio di attivita' proprie della

professione forense fra quelle previste nel

proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi

comunicazione a terzi, solo se tra gli associati

vi e' almeno un avvocato iscritto all'albo.

6. La violazione di quanto previsto ai commi 4 e

5 al comma 5 costituisce illecito disciplinare.

7. I redditi delle associazioni tra avvocati sono

determinati secondo i criteri di cassa, come per

i professionisti che esercitano la professione in

modo individuale.

8. Gli avvocati e le associazioni di cui al

presente articolo possono stipulare fra loro

contratti di associazione in partecipazione ai

sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice

civile.

9. L'associato e' escluso se cancellato o

sospeso dall'albo per un periodo non inferiore

ad un anno con provvedimento disciplinare

definitivo. Puo' essere escluso per effetto di

quanto previsto dall'articolo 2286 del codice

civile.

10. Le associazioni che hanno ad oggetto

esclusivamente lo svolgimento di attivita'

professionale non sono assoggettate alle

procedure fallimentari e concorsuali.

*Articolo modificato dall’art.1, comma 141,

lett. a della legge n. 124/17

ARTICOLO N.4 bis

Esercizio della professione forense in forma

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7

societaria

1. L'esercizio della professione forense in

forma societaria e' consentito a societa' di

persone, a societa' di capitali o a societa'

cooperative iscritte in un'apposita sezione

speciale dell'albo tenuto dall'ordine

territoriale nella cui circoscrizione ha sede

la stessa societa'; presso tale sezione

speciale e' resa disponibile la

documentazione analitica, per l'anno di

riferimento, relativa alla compagine sociale.

E' vietata la partecipazione societaria

tramite societa' fiduciarie, trust o per

interposta persona. La violazione di tale

previsione comporta di diritto l'esclusione

del socio.

2. Nelle societa' di cui al comma 1:

a) i soci, per almeno due terzi del capitale

sociale e dei diritti di voto, devono essere

avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati

iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi

di altre professioni; il venire meno di tale

condizione costituisce causa di

scioglimento della societa' e il consiglio

dell'ordine presso il quale e' iscritta la

societa' procede alla cancellazione della

stessa dall'albo, salvo che la societa' non

abbia provveduto a ristabilire la prevalenza

dei soci professionisti nel termine

perentorio di sei mesi;

b) la maggioranza dei membri dell'organo di

gestione deve essere composta da soci

avvocati;

c) i componenti dell'organo di gestione non

possono essere estranei alla compagine

sociale; i soci professionisti possono

rivestire la carica di amministratori.

3. Anche nel caso di esercizio della

professione forense in forma societaria

resta fermo il principio della personalita'

della prestazione professionale. L'incarico

puo' essere svolto soltanto da soci

professionisti in possesso dei requisiti

necessari per lo svolgimento della specifica

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8

prestazione professionale richiesta dal

cliente, i quali assicurano per tutta la durata

dell'incarico la piena indipendenza e

imparzialita', dichiarando possibili conflitti

di interesse o incompatibilita', iniziali o

sopravvenuti.

4. La responsabilita' della societa' e quella

dei soci non esclude la responsabilita' del

professionista che ha eseguito la specifica

prestazione.

5. La sospensione, cancellazione o

radiazione del socio dall'albo nel quale e'

iscritto costituisce causa di esclusione dalla

societa' di cui al comma 1.

6. Le societa' di cui al comma 1 sono in ogni

caso tenute al rispetto del codice

deontologico forense e sono soggette alla

competenza disciplinare dell'ordine di

appartenenza.

*Articolo introdotto dall’art. 1, comma 141,

lett. b) della legge n. 124/17

ARTICOLO N.5

Delega al Governo per la disciplina

dell'esercizio della professione forense in forma

societaria

ARTICOLO N.5

Delega al Governo per la disciplina

dell'esercizio della professione forense in forma

societaria

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, un decreto legislativo per

disciplinare, tenuto conto di quanto previsto

dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011,

n. 183, e in considerazione della rilevanza

costituzionale del diritto di difesa, le societa' tra

avvocati. Il decreto legislativo e' adottato su

proposta del Ministro della giustizia, sentito il

CNF, e successivamente trasmesso alle

Camere perche' sia espresso il parere da parte

delle Commissioni competenti per materia e per

le conseguenze di carattere finanziario. Il

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, un decreto legislativo per

disciplinare, tenuto conto di quanto previsto

dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011,

n. 183, e in considerazione della rilevanza

costituzionale del diritto di difesa, le societa' tra

avvocati. Il decreto legislativo e' adottato su

proposta del Ministro della giustizia, sentito il

CNF, e successivamente trasmesso alle

Camere perche' sia espresso il parere da parte

delle Commissioni competenti per materia e per

le conseguenze di carattere finanziario. Il

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9

parere e' reso entro il termine di trenta giorni

dalla data di trasmissione, decorso il quale il

decreto e' emanato anche in mancanza del

parere.

Qualora detto termine venga a scadere nei

trenta giorni antecedenti allo spirare del termine

previsto per l'emanazione del decreto

legislativo, o successivamente, la scadenza di

quest'ultimo e' prorogata di trenta giorni. Entro

un anno dalla data di entrata in vigore del

decreto legislativo, il Governo puo' emanare

disposizioni correttive e integrative, con lo

stesso procedimento e in base ai medesimi

principi e criteri direttivi previsti per

l'emanazione dell'originario decreto.

2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1

il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri

direttivi:

a) prevedere che l'esercizio della professione

forense in forma societaria sia consentito

esclusivamente a societa' di persone, societa'

di capitali o societa' cooperative, i cui soci siano

avvocati iscritti all'albo;

b) prevedere che ciascun avvocato possa far

parte di una sola societa' di cui alla lettera a);

c) prevedere che la denominazione o ragione

sociale contenga l'indicazione: «societa' tra

avvocati»;

d) disciplinare l'organo di gestione della societa'

tra avvocati prevedendo che i suoi componenti

non possano essere estranei alla compagine

sociale;

e) stabilire che l'incarico professionale,

conferito alla societa' ed eseguito secondo il

principio della personalita' della prestazione

professionale, possa essere svolto soltanto da

soci professionisti in possesso dei requisiti

necessari per lo svolgimento della specifica

prestazione professionale richiesta dal cliente;

f) prevedere che la responsabilita' della societa'

e quella dei soci non escludano la

responsabilita' del professionista che ha

parere e' reso entro il termine di trenta giorni

dalla data di trasmissione, decorso il quale il

decreto e' emanato anche in mancanza del

parere.

Qualora detto termine venga a scadere nei

trenta giorni antecedenti allo spirare del termine

previsto per l'emanazione del decreto

legislativo, o successivamente, la scadenza di

quest'ultimo e' prorogata di trenta giorni. Entro

un anno dalla data di entrata in vigore del

decreto legislativo, il Governo puo' emanare

disposizioni correttive e integrative, con lo

stesso procedimento e in base ai medesimi

principi e criteri direttivi previsti per

l'emanazione dell'originario decreto.

2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1

il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri

direttivi:

a) prevedere che l'esercizio della professione

forense in forma societaria sia consentito

esclusivamente a societa' di persone, societa'

di capitali o societa' cooperative, i cui soci siano

avvocati iscritti all'albo;

b) prevedere che ciascun avvocato possa far

parte di una sola societa' di cui alla lettera a);

c) prevedere che la denominazione o ragione

sociale contenga l'indicazione: «societa' tra

avvocati»;

d) disciplinare l'organo di gestione della societa'

tra avvocati prevedendo che i suoi componenti

non possano essere estranei alla compagine

sociale;

e) stabilire che l'incarico professionale,

conferito alla societa' ed eseguito secondo il

principio della personalita' della prestazione

professionale, possa essere svolto soltanto da

soci professionisti in possesso dei requisiti

necessari per lo svolgimento della specifica

prestazione professionale richiesta dal cliente;

f) prevedere che la responsabilita' della societa'

e quella dei soci non escludano la

responsabilita' del professionista che ha

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10

eseguito la prestazione;

g) prevedere che la societa' tra avvocati sia

iscritta in una apposita sezione speciale

dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui

circoscrizione ha sede la stessa societa';

h) regolare la responsabilita' disciplinare della

societa' tra avvocati, stabilendo che essa e'

tenuta al rispetto del codice deontologico

forense ed e' soggetta alla competenza

disciplinare dell'ordine di appartenenza;

i) stabilire che la sospensione, cancellazione o

radiazione del socio dall'albo nel quale e'

iscritto costituisce causa di esclusione dalla

societa';

l) qualificare i redditi prodotti dalla societa' tra

avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche

ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo

I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui

al decreto del Presidente della Repubblica 22

dicembre 1986, n. 917, e successive

modificazioni;

m) stabilire che l'esercizio della professione

forense in forma societaria non costituisce

attivita' d'impresa e che, conseguentemente, la

societa' tra avvocati non e' soggetta al

fallimento e alle procedure concorsuali diverse

da quelle di composizione delle crisi da

sovraindebitamento;

n) prevedere che alla societa' tra avvocati si

applichino, in quanto compatibili, le disposizioni

sull'esercizio della professione di avvocato in

forma societaria di cui al decreto legislativo 2

febbraio 2001, n. 96.

3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1

non devono derivare nuovi o maggiori oneri a

carico della finanza pubblica.

eseguito la prestazione;

g) prevedere che la societa' tra avvocati sia

iscritta in una apposita sezione speciale

dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui

circoscrizione ha sede la stessa societa';

h) regolare la responsabilita' disciplinare della

societa' tra avvocati, stabilendo che essa e'

tenuta al rispetto del codice deontologico

forense ed e' soggetta alla competenza

disciplinare dell'ordine di appartenenza;

i) stabilire che la sospensione, cancellazione o

radiazione del socio dall'albo nel quale e'

iscritto costituisce causa di esclusione dalla

societa';

l) qualificare i redditi prodotti dalla societa' tra

avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche

ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo

I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui

al decreto del Presidente della Repubblica 22

dicembre 1986, n. 917, e successive

modificazioni;

m) stabilire che l'esercizio della professione

forense in forma societaria non costituisce

attivita' d'impresa e che, conseguentemente, la

societa' tra avvocati non e' soggetta al

fallimento e alle procedure concorsuali diverse

da quelle di composizione delle crisi da

sovraindebitamento;

n) prevedere che alla societa' tra avvocati si

applichino, in quanto compatibili, le disposizioni

sull'esercizio della professione di avvocato in

forma societaria di cui al decreto legislativo 2

febbraio 2001, n. 96.

3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1

non devono derivare nuovi o maggiori oneri a

carico della finanza pubblica.

*Articolo abrogato dall’art. 1, comma 141,

lett. c) della legge n. 124/17

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11

ARTICOLO N.13

Conferimento dell'incarico e compenso

ARTICOLO N.13

Conferimento dell'incarico e compenso

1. L'avvocato puo' esercitare l'incarico

professionale anche a proprio favore. L'incarico

puo' essere svolto a titolo gratuito.

2. Il compenso spettante al professionista e'

pattuito di regola per iscritto all'atto del

conferimento dell'incarico professionale.

3. La pattuizione dei compensi e' libera: e'

ammessa la pattuizione a tempo, in misura

forfetaria, per convenzione avente ad oggetto

uno o piu' affari, in base all'assolvimento e ai

tempi di erogazione della prestazione, per

singole fasi o prestazioni o per l'intera attivita', a

percentuale sul valore dell'affare o su quanto si

prevede possa giovarsene, non soltanto a

livello strettamente patrimoniale, il destinatario

della prestazione.

4. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato

percepisca come compenso in tutto o in parte

una quota del bene oggetto della prestazione o

della ragione litigiosa.

5. Il professionista e' tenuto, nel rispetto del

principio di trasparenza, a rendere noto al

cliente il livello della complessita' dell'incarico,

fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri

ipotizzabili dal momento del conferimento alla

conclusione dell'incarico; a richiesta e' altresi'

tenuto a comunicare in forma scritta a colui che

conferisce l'incarico professionale la prevedibile

misura del costo della prestazione,

distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie,

e compenso professionale.

6. I parametri indicati nel decreto emanato dal

Ministro della giustizia, su proposta del CNF,

ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3,

si applicano quando all'atto dell'incarico o

successivamente il compenso non sia stato

determinato in forma scritta, in ogni caso di

mancata determinazione consensuale, in caso

di liquidazione giudiziale dei compensi e nei

casi in cui la prestazione professionale e' resa

nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose

1. L'avvocato puo' esercitare l'incarico

professionale anche a proprio favore. L'incarico

puo' essere svolto a titolo gratuito.

2. Il compenso spettante al professionista e'

pattuito di regola per iscritto all'atto del

conferimento dell'incarico professionale.

3. La pattuizione dei compensi e' libera: e'

ammessa la pattuizione a tempo, in misura

forfetaria, per convenzione avente ad oggetto

uno o piu' affari, in base all'assolvimento e ai

tempi di erogazione della prestazione, per

singole fasi o prestazioni o per l'intera attivita', a

percentuale sul valore dell'affare o su quanto si

prevede possa giovarsene, non soltanto a

livello strettamente patrimoniale, il destinatario

della prestazione.

4. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato

percepisca come compenso in tutto o in parte

una quota del bene oggetto della prestazione o

della ragione litigiosa.

5. Il professionista e' tenuto, nel rispetto del

principio di trasparenza, a rendere noto al

cliente il livello della complessita' dell'incarico,

fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri

ipotizzabili dal momento del conferimento alla

conclusione dell'incarico; a richiesta e' altresi'

tenuto a comunicare in forma scritta a colui che

conferisce l'incarico professionale la prevedibile

misura del costo della prestazione,

distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie,

e compenso professionale.

6. I parametri indicati nel decreto emanato dal

Ministro della giustizia, su proposta del CNF,

ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3,

si applicano quando all'atto dell'incarico o

successivamente il compenso non sia stato

determinato in forma scritta, in ogni caso di

mancata determinazione consensuale, in caso

di liquidazione giudiziale dei compensi e nei

casi in cui la prestazione professionale e' resa

nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose

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12

previste dalla legge.

7. I parametri sono formulati in modo da

favorire la trasparenza nella determinazione dei

compensi dovuti per le prestazioni professionali

e l'unitarieta' e la semplicita' nella

determinazione dei compensi.

8. Quando una controversia oggetto di

procedimento giudiziale o arbitrale viene

definita mediante accordi presi in qualsiasi

forma, le parti sono solidalmente tenute al

pagamento dei compensi e dei rimborsi delle

spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno

prestato la loro attivita' professionale negli ultimi

tre anni e che risultino ancora creditori, salvo

espressa rinuncia al beneficio della solidarieta'.

9. In mancanza di accordo tra avvocato e

cliente, ciascuno di essi puo' rivolgersi al

consiglio dell'ordine affinche' esperisca un

tentativo di conciliazione. In mancanza di

accordo il consiglio, su richiesta dell'iscritto,

puo' rilasciare un parere sulla congruita' della

pretesa dell'avvocato in relazione all'opera

prestata.

10. Oltre al compenso per la prestazione

professionale, all'avvocato e' dovuta, sia dal

cliente in caso di determinazione contrattuale,

sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al

rimborso delle spese effettivamente sostenute e

di tutti gli oneri e contributi eventualmente

anticipati nell'interesse del cliente, una somma

per il rimborso delle spese forfetarie, la cui

misura massima e' determinata dal decreto di

cui al comma 6, unitamente ai criteri di

determinazione e documentazione delle spese

vive

previste dalla legge.

7. I parametri sono formulati in modo da

favorire la trasparenza nella determinazione dei

compensi dovuti per le prestazioni professionali

e l'unitarieta' e la semplicita' nella

determinazione dei compensi.

8. Quando una controversia oggetto di

procedimento giudiziale o arbitrale viene

definita mediante accordi presi in qualsiasi

forma, le parti sono solidalmente tenute al

pagamento dei compensi e dei rimborsi delle

spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno

prestato la loro attivita' professionale negli ultimi

tre anni e che risultino ancora creditori, salvo

espressa rinuncia al beneficio della solidarieta'.

9. In mancanza di accordo tra avvocato e

cliente, ciascuno di essi puo' rivolgersi al

consiglio dell'ordine affinche' esperisca un

tentativo di conciliazione. In mancanza di

accordo il consiglio, su richiesta dell'iscritto,

puo' rilasciare un parere sulla congruita' della

pretesa dell'avvocato in relazione all'opera

prestata.

10. Oltre al compenso per la prestazione

professionale, all'avvocato e' dovuta, sia dal

cliente in caso di determinazione contrattuale,

sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al

rimborso delle spese effettivamente sostenute e

di tutti gli oneri e contributi eventualmente

anticipati nell'interesse del cliente, una somma

per il rimborso delle spese forfetarie, la cui

misura massima e' determinata dal decreto di

cui al comma 6, unitamente ai criteri di

determinazione e documentazione delle spese

vive.

*Articolo modificato dall’art. 1, comma 141,

lett. d) della legge n. 124/17

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L. 247/2012

Art. 5 : Delega al Governo per la disciplina dell'esercizio della

professione forense in forma societaria (10) AGROBATO

[1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per disciplinare, tenuto

conto di quanto previsto dall'articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e in considerazione della rilevanza costituzionale del diritto di difesa, le società

tra avvocati. Il decreto legislativo è adottato su proposta del Ministro della

giustizia, sentito il CNF, e successivamente trasmesso alle Camere perché sia espresso il parere da parte delle Commissioni competenti per materia e per le

conseguenze di carattere finanziario. Il parere è reso entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto è emanato anche in

mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto per l'emanazione del decreto

legislativo, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di trenta giorni. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto

legislativo, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi principi e criteri direttivi previsti per

l'emanazione dell'originario decreto.

2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai

seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società

cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo; b) prevedere che ciascun avvocato possa far parte di una sola società di

cui alla lettera a); c) prevedere che la denominazione o ragione sociale contenga

l'indicazione: «società tra avvocati»;

d) disciplinare l'organo di gestione della società tra avvocati prevedendo che i suoi componenti non possano essere estranei alla compagine sociale;

e) stabilire che l'incarico professionale, conferito alla società ed eseguito secondo il principio della personalità della prestazione professionale, possa

essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal

cliente; f) prevedere che la responsabilità della società e quella dei soci non

escludano la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione; g) prevedere che la società tra avvocati sia iscritta in una apposita sezione

speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società;

h) regolare la responsabilità disciplinare della società tra avvocati, stabilendo che essa è tenuta al rispetto del codice deontologico forense ed è

soggetta alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza;

i) stabilire che la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società;

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l) qualificare i redditi prodotti dalla società tra avvocati quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del

testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della

Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni; m) stabilire che l'esercizio della professione forense in forma societaria non

costituisce attività d'impresa e che, conseguentemente, la società tra avvocati non è soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali diverse da quelle di

composizione delle crisi da sovraindebitamento; n) prevedere che alla società tra avvocati si applichino, in quanto

compatibili, le disposizioni sull'esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.

3. Dall'esercizio della delega di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o

maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ]

(10) Articolo abrogato dall’ art. 1, comma 141, lett. c), L. 4 agosto

2017, n. 124.

***

Art. 4-bis Esercizio della professione forense in forma societaria (8)

1. L'esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a

società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in

un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui

circoscrizione ha sede la stessa società; presso tale sezione speciale è resa

disponibile la documentazione analitica, per l'anno di riferimento, relativa alla

compagine sociale. E' vietata la partecipazione societaria tramite società

fiduciarie, trust o per interposta persona. La violazione di tale previsione

comporta di diritto l'esclusione del socio.

2. Nelle società di cui al comma 1:

a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono

essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti

iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce

causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è

iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la

società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti

nel termine perentorio di sei mesi;

b) la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta

da soci avvocati;

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c) i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla

compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di

amministratori.

3. Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria

resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale.

L'incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei

requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale

richiesta dal cliente, i quali assicurano per tutta la durata dell'incarico la piena

indipendenza e imparzialità, dichiarando possibili conflitti di interesse o

incompatibilità, iniziali o sopravvenuti.

4. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la

responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione.

5. La sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall'albo nel quale è

iscritto costituisce causa di esclusione dalla società di cui al comma 1.

6. Le società di cui al comma 1 sono in ogni caso tenute al rispetto del codice

deontologico forense e sono soggette alla competenza disciplinare dell'ordine di

appartenenza.

6-bis. Le società di cui al comma 1, in qualunque forma costituite, sono

tenute a prevedere e inserire nella loro denominazione sociale l'indicazione

“società tra avvocati” nonché ad applicare la maggiorazione percentuale,

relativa al contributo integrativo di cui all'articolo 11 della legge 20 settembre

1980, n. 576, su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini

dell'IVA; tale importo è riversato annualmente alla Cassa nazionale di

previdenza e assistenza forense. (9)

6-ter. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con proprio

regolamento da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della

presente disposizione, provvede a definire termini, modalità dichiarative e di

riscossione, nonché eventuali sanzioni applicabili per garantire l'applicazione

delle disposizioni del comma 6-bis. Il regolamento di cui al primo periodo è

sottoposto ad approvazione ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera a), del

decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509. (9)

(8) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 141, lett. b), L. 4 agosto 2017, n. 124.

(9) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 443, L. 27 dicembre 2017, n. 205, a

decorrere dal 1° gennaio 2018.