Gestione energia 3_2016

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gestione energiaDirettore responsabile

Giuseppe Tomassetti

Comitato scientificoCesare Boffa, Carlo Crea, Tullio Fanelli, Ugo Farinelli,

Costantino Lato, Giovanni Lelli, Mauro Mallone

Comitato tecnicoLuca Castellazzi, Paolo De Pascali, Dario Di Santo, Daniele Forni,

Wen Guo, Sandro Picchiolutto, Giuseppe Tomassetti, Andrea Tomiozzo

RedazioneMicaela Ancora

Direzione FIREVia Anguillarese 301 - 00123 Roma

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Rivista trimestraleAnno III - N. 3/2016

Registrazione presso il Tribunale di Roma n° 271/2014 del 04/12/2014

3/2016strumenti e buone pratiche per l’energy management

Manoscritti, fotografie e disegni non richiesti, anche se non pubblicati, non vengono re-stituiti. Le opinioni e i giudizi pubblicati impegnano esclusivamente gli autori. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione senza permesso scritto dell’Editore.

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GESTIONE ENERGIA è un’iniziativa editoriale maturata negli anni novanta all’interno dell’OPET (Organisations for the Promotion of Energy Technologies), rete delle organizzazioni interessate alla dif-fusione dell’efficienza energetica nei paesi dell’Unione Europea, promossa dalla Commissione Europea. La rivista si è avvalsa fin dall’inizio dei contributi ENEA, ISNOVA e FIRE e del supporto di Fabiano Editore. Dal 2005 Gestione Energia diventa organo uffi-ciale di comunicazione della FIRE e dal 2012 si presenta con un progetto rinnovato con la società Gestione Energia srl. Indirizzata principalmente ai soggetti che operano nel campo della gestione dell’energia, quali energy manager ed ESCo, Gestione Energia si rivolge anche a dirigenti e funzionari di aziende ed enti interessati all’efficienza energetica – sia lato domanda sia lato offerta –, pro-duttori di tecnologie, aziende produttrici di elettricità e calore, uni-versità e organismi di ricerca e innovazione. Persegue una duplice finalità: da una parte intende essere uno strumento di informazione tecnica e tecnico-gestionale, dall’altra vuole contribuire al dibattito sui temi generali di politica tecnica che interessano attualmente il settore energetico nel quadro più complessivo delle politiche eco-nomiche ed ambientali. I contenuti della rivista ne fanno un rife-rimento per chi opera nel settore e voglia essere informato sulle novità legislative e tecnologiche, leggere le opinioni di esperti del settore dell’energia, seguire le dinamiche del mercato e seguire le attività della FIRE.

FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia) è un’associazione tecnico-scientifica senza scopo di lucro per la promozione dell’efficienza energetica a vantaggio dell’ambiente e degli utenti finali. La Federazione supporta attraverso le attività isti-tuzionali e i servizi erogati chi opera nel settore e favorisce un’evolu-zione positiva del quadro legislativo e regolatorio collaborando con le principali istituzioni. La compagine associativa è uno dei punti di forza della Federazione, in quanto coinvolge esponenti di tutta la filiera dell’energia, dai produttori di vettori e tecnologie, alle società di servizi e ingegneria, dagli energy manager agli utenti finali di me-dia e grande dimensione. La FIRE gestisce dal 1992, su incarico a titolo non oneroso del Ministero dello Sviluppo Economico, la rete degli energy manager individuati ai sensi della Legge 10/91, e nel 2008 ha avviato il Secem (www.secem.eu) – accreditato AC-CREDIA – per la certificazione degli EGE secondo la norma UNI 11339. Fra le attività svolte dalla Federazione si segnalano quelle di comunicazione e diffusione (anche su commessa), la formazione (anche in collaborazione con l’ENEA, socio fondatore di FIRE), la rivista trimestrale “Gestione Energia” e la pubblicazione annuale “I responsabili per l’uso dell’energia in Italia”, studi di settore e di mer-cato, progetti nazionali e europei. Info: www.fire-italia.org.

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Ognuno ha i suoi numeriGiuseppe Tomassetti

L’Italia e l’Europa: confronto su efficienza energetica e rinnovabili Intervista di Micaela Ancora a Marco Margheri – Presidente del WEC Italia

Recupero edilizio ed industria del riuso nel comune di Reggio Emilia Alex Pratissoli – Assessore alla Rigenerazione urbana e del territorio, Comune di Reggio Emilia

“Ma il cielo è sempre più green”. Le prospettive occupazionali dei green jobsMaria Rosaria Sessa – Università degli Studi di Salerno

Gli utenti residenziali continuano a scaldarsi con il gas Mario Cirillo – REF-E

Il ruolo delle ESCO nel mercato dell’efficienza energetica Marco Guiducci – Consultant & Research Fellow - Politecnico di Milano - Dipartimento di Ingegneria Gestionale

Uso efficiente delle risorse per la transizione dell’Italia verso l’economia circolareRoberto Morabito, Claudia Brunori – Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, ENEA

Pubblicato il Rapporto FIRE-CEI-CTI 2016 sulla ISO 50001 Redazione Gestione Energia

COP 21: la via low-carbon per uno sviluppo sostenibile Roberto Vigotti – Coordinatore RE Industry Advisory Board della IEA e segretario RES4MEDSi ringrazia per la collaborazione Vincenza Vadrucci

Nota informativa: CORSO IN AZIENDA - Audit energetico in azienda - Latteria SoresinaNews dalle Aziende: Un impianto di cogenerazione per l’industria della verniciatura del legno • 2G Italia

Le risposte ai SociNormativa

Formazione FIRE

F O C U S

Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

20 Efficienza energetica nell’industria chimica Stefano d’Ambrosio – FIRE

23 La rilevanza economica del settore Giuseppe Astarita – Federchimica

26 Reach: un regolamento per la competitività dell’industria chimica europea Micaela Ancora – FIRE

29 Prime valutazioni relative al settore della trasformazione della plastica sulla base della documentazione pervenuta a seguito dell’art. 8 del D.lgs. 102/2014

Domenico Santino, Luigi Casorelli – ENEA

30 Industria Chimica. Un settore strategico per il Sistema Paese Giorgio Mottironi – Avvenia

LA COGENERAZIONEFINANZIATA PERL ’ I N D U S T R I A

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Questo numero della rivista contiene un focus sull’industria chimica, con articoli di autori che partono da diverse basi di dati ed usano diverse assunzioni; questa è una ghiotta occasione per una analisi di come è possibile usare i numeri a disposizione per cercare di descrivere la realtà e i rischi cui si va incontro.Le analisi più dirette si basano sul confronto delle variazioni di un parametro rispetto ad altri considerati stabili, le più raffinate cercano di tener conto del fatto che tutto si muove elaborando indicatori; spesso però si rischia, nel dare una misura quantitativa ad un fenomeno già conosciuto, di dare i numeri su cose sconosciute.La prima difficoltà sta nel fatto che con gli stessi nomi si indicano cose diverse. Il documento di Giuseppe Astarita (Federchimica) include nei consumi della chimica anche gli usi non energetici (concimi, materie plastiche, fibre), mentre BEN ed EUROSTAT li mettono fuori dai consumi finali. Ora sappiamo bene che moltissimi prodotti di largo consumo, spesso usa e getta, realizzati con materie plastiche di bassa qualità (non col glorioso moplen) sono importati, quindi mancherà dal conto dei consumi non tanto quello per produrre gli oggetti ma soprattutto quello per produrre il materiale base. Ritengo però che la “colpa” non sia della chimica, ma del settore italiano della grande distribuzione organizzata che non ha saputo far crescere i suoi clienti verso la qualità facendosi assorbire da realtà come IKEA, ZARA, H&M nonché bancarelle ambulanti.Altro confronto interessante è quello sulla cogenerazione, sopravvissuta allo strangolamento della nazionalizzazione grazie soprattutto alle industrie chimiche: nel ‘98, prima della liberalizzazione, generava il 25% dei 200 TWh termoelettrici italiani. L’UNAPACE, l’associazione di categoria monitorava lo stato degli impianti e la produzione e diffondeva i risultati promuovendo il ruolo degli operatori. Dopo la liberalizzazione la cogenerazione è esplosa, nel 2014 ha generato il 46% dei 185 TWh termoelettrici italiani, ma per disinteresse, accidia e storica incapacità a collaborare una volta passato il pericolo, sono state chiuse tutte le attività di informazione e di promozione; sappiamo che nel 1998 la chimica su 21 TWhe consumati ne cogenerava 6,4 mentre non sappiamo quanti ne ha cogenerati dei 14,2 TWh consumati nel 2014.Anche su questo tema bisogna evitare le semplificazioni, dopo 20 anni nulla è più come prima e non si possono più fare confronti diretti. Allora la centrale di cogenerazione era una sezione dell’industria manifatturiera che autoconsumava il calore recuperato e larga parte dell’elettricità prodotta, le perdite di trasformazione appartenevano ai consumi finali della manifattura.Oggi la centrale di cogenerazione appartiene ad una impresa del settore “industria dell’energia” che vende calore alla manifattura ed elettricità a vari clienti fra cui la manifattura, magari in regime di SEU, le perdite di trasformazione non rientrano negli usi finali industriali ma nella sezione delle trasformazioni; anche così diminuiscono i consumi industriali. Eurostat ha formalizzato un nuova fonte secondaria, il “calore derivato”.La chimica di oggi ha poco a che vedere con quella di Mattei, Natta, Cefis e Gardini ma senza dati rimane sempre un universo oscuro.

Ognuno ha i suoi numeriGiuseppe Tomassetti

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Il World Energy Council raggruppa i principali sog-getti industriali ed istituzionali. Cosa emerge da que-sto bacino in merito all’attuale mercato legato all’effi-cienza energetica e alle fonti rinnovabili?I settori dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili costituiscono aree di intervento prioritarie per gli sta-keholder energetici italiani, sia istituzionali sia privati, e ciò emerge con evidenza anche dalle risultanze del World Energy Issues Monitor 2016, studio flagship del WEC nel quale si evidenzia il livello d’impatto e di incertez-za delle problematiche energetiche di maggiore attualità percepito dai leader mondiali, regionali e nazionali del settore che fanno parte del network dell’Organizzazione. Dall’elaborazione del “deep dive” italiano 2016 emerge come per l’efficienza energetica il quadro economico complesso degli ultimi anni non abbia fermato gli inve-stimenti, sia nell’efficienza lato produzione sia lato con-sumo. Se da una parte infatti la riduzione dei costi ener-getici per il sistema energetico nazionale resta un tema percepito come strategico per la competitività internazio-nale dell’Italia, dall’altra si è confermata la necessità da parte di tutti gli stakeholder di un maggiore coinvolgi-mento degli utenti finali in un percorso di efficientamen-to dei propri consumi. Di pari passo, l’Issues Monitor italiano ha rilevato per le fonti rinnovabili un atteggiamento degli stakeholder italiani dell’energia proattivo, volto a sviluppare pro-grammi e realizzare nuovi investimenti, come testimo-niato anche dalle strategie annunciate da molti player

di Micaela Ancora

L’Italia e l’Europa: confronto su efficienza energetica e rinnovabili

Intervista a Marco Margheri

nazionali, che affidano alle fonti rinnovabili un ruolo strategico nel medio-lungo termine. Dopo una prima fase di supporto pubblico allo sviluppo delle fonti rin-novabili, il nostro Paese si trova oggi ad aver già traguar-dato l’obiettivo europeo 2020, in anticipo di ben sei anni, e ad aver raggiunto nel 2015 il primato mondiale del maggiore contributo del fotovoltaico nella domanda elettrica, l’8%. Ciò non vuol dire che abbiamo raggiunto il massimo ot-tenibili dalle rinnovabili, ma si è aperta ora una nuova fase che vede le rinnovabili competere nel mercato con le fonti tradizionali e collaborare con queste all’ottenimen-to di un mix energetico sempre più sostenibile.

Come si posiziona l’Italia rispetto agli altri paesi euro-pei in ambito di risparmio energetico e sostenibilità?L’Italia nel corso degli ultimi anni ha migliorato di molto le proprie performance in termini sia di risparmio ener-getico sia di sostenibilità. Ciò si evince con chiarezza dalle risultanze dello studio annuale del WEC sul trilem-ma energetico, World Energy Trilemma, nel quale viene data una valutazione di come le politiche energetiche dei diversi paesi riescono a bilanciare le tre dimensioni del trilemma: sicurezza energetica, accesso/competitività energetica e sostenibilità ambientale. Come detto l’Italia ha fatto segnare un significativo mi-glioramento delle proprie performance, raggiungendo la classe “A” in tutte e tre le dimensioni del trilemma. Il nostro Paese vanta infatti una delle flotte termoelettriche più efficienti in Europa e il suo mix elettrico è dominato da gas naturale ed energia rinnovabile. Importanti risul-tati sono stati ottenuti anche nel settore dell’efficienza energetica con miglioramenti nel residenziale, nel com-merciale e nei trasporti, che hanno anche permesso di ridurre significativamente l’emissione di gas serra.Questi importanti risultati, verranno presentati in am-bito internazionale durante il World Energy Congress di Istanbul del prossimo 9-13 ottobre, nel corso del quale verrà lanciata la nuova versione del Rapporto Trilemma Index. Il riconoscimento delle performance di sostenibilità ener-getica ed efficienza dell’Italia trova conferma anche al di fuori degli studi WEC. L’Italia è infatti posizionata al secondo posto, insieme al Giappone e dopo la Germa-nia, nel ranking delle economie mondiali più avanzate in tema di efficienza energetica secondo il 2016 Internatio-nal Energy Efficiency Scorecard, rapporto dove vengono analizzate 23 delle più grandi economie del mondo che rappresentano oltre l’81% del prodotto interno lordo mondiale e il 73% del consumo globale di energia. Nei tre settori principali responsabili del consumo di energia, edifici, industria e trasporti, i Paesi al top del punteggio UE sono rispettivamente, Francia e Italia. A livello glo-bale invece, la classifica è guidata dalla Cina per il settore degli edifici, dalla Germania per l’industria e dall’Italia per i trasporti.

Presidente del WEC Italia

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Secondo lei quali misure bisognerebbe adottare per dare input alle politiche energetiche e soprattutto di risparmio energetico?Come WEC, dal nostro osservatorio internazionale super partes, vediamo diverse barriere che ostacolano il libero commercio e gli investimenti in materia di energia e di beni e servizi ambientali necessari per la transizione ver-so una low carbon economy dove il risparmio energetico gioca un ruolo di primo piano. Tali barriere, spesso legate a procedure doganali, requisiti per l’importazione, pro-cedure amministrative lunghe e complesse, influiscano negativamente sulla capacità di un paese di affrontare la sfida del trilemma energetico, ovvero di realizzare sistemi energetici sicuri, accessibili e sostenibili.Attraverso il rapporto World Energy Perspectives on Non – tariff Measures, il WEC mira a sensibilizzare i policy makers sulla necessità di ridurre/eliminare queste misure non tarif-farie al fine di migliorare le performance sulle tre dimensioni dell’energy trilemma che ogni paese si trova a gestire, ridu-cendo così i costi della tecnologia e dell’energia, miglioran-do la sicurezza energetica e garantendo la transizione verso sistemi energetici sostenibili e a basse emissioni di carbonio. L’Italia dal canto suo sta cercando di intraprendere un percorso virtuoso in tale ambito e, con l’adozione di po-litiche energetiche mirate, ha raggiunto una posizione di avanguardia nel campo dell’efficienza energetica, tanto che viene classificata come Paese di “classe A”: per citare qualche numero in meno di 10 anni, le famiglie italiane hanno investito circa 28 miliardi di euro per ridurre gli sprechi ed efficientare le abitazioni, effettuando oltre 2 milioni di interventi di riqualificazione energetica. Que-sto fenomeno ha sostenuto e continua a sostenere una filiera da 50 mila posti di lavoro l’anno garantendo al contempo un risparmio energetico di quasi 10 Mtep/anno, senza dimenticare le 26 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica e i circa 3 miliardi di euro di spese per importare fonti fossili risparmiate, così come riportato nel RAEE 2016 dell’ENEA.Questo impegno andrà mantenuto costante anche per ottenere l’effetto combinato di riduzione dei consumi di energia primaria e di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra che, dopo Parigi e il relativo accordo inter-nazionale adottato nel 2015 da 196 Paesi della Convezio-ne Quadro ONU sui cambiamenti climatici, ha assunto una rilevanza fondamentale.Ma affinché l’efficienza possa esprimere tutto il poten-ziale in essa racchiuso è necessario operare secondo un modello integrato in cui tutti gli attori facciano la loro parte per stimolare la domanda. Esiste ormai una vasta offerta di servizi di efficienza da parte di attori diversi: dalle utilities alle Esco, che operano secondo i più vari modelli di business sulla base delle esigenze del cliente. Diversi istituti finanziari si stanno avvicinando a questo settore per supportare, insieme agli operatori qualificati, l’effettiva realizzazione delle iniziative.Gli strumenti legati all’incentivazione e alla defiscalizza-

zione sono un’interessante strumento di supporto, ma non sono il driver dell’investimento, occorre dunque stu-diare, anche insieme alle istituzioni, politiche di stimolo della domanda e soprattutto politiche coerenti a livello di sistema che indirizzino il consumatore verso l’ottimizza-zione delle proprie risorse.

Ci sono alcune osservazioni che vuol fare in merito agli attuali temi come ad esempio quello sugli incentivi? Gli strumenti fino ad oggi adottati – alcuni qui nel segui-to ripresi – sono molto interessanti ed hanno costituito in alcuni casi valido esempio per l’implementazione di strumenti simili negli altri paesi europei. Il meccanismo dei Certificati Bianchi in Italia ha dimostrato l’efficacia dei sistemi market based per lo sviluppo di alcune tipo-logie di interventi e soprattutto di tecnologie e prodotti per l’efficienza.Nuovi progetti saranno sicuramente attivati anche a se-guito della definizione delle nuove “Linee Guida” sui Ti-toli di Efficienza Energetica (TEE o certificati bianchi).Passando al Conto Termico, nel 2016 è stata varata la ver-sione 2.0 che, entrata in vigore dal 31 maggio 2016, poten-zia e semplifica la precedente release, con la quale venivano incentivati sia interventi di efficienza energetica sia produ-zione di energia termica da fonti rinnovabili. I destinatari di questa misura rimangono le Pubbliche Amministrazio-ni, le imprese e i privati che possono accedere a fondi pari a circa 900 milioni di euro/anno, di cui 200 M€/a per la PA. Accanto ai sistemi di mercato adottati per promuovere l’efficienza energetica sono stati poi predisposti anche strumenti di natura fiscale, come la detrazione del 65% dell’investimento effettuato per gli interventi di riqualifi-cazione energetica, in particolare degli edifici, ma anche ad esempio nuove e innovative forme di sostegno ai ser-vizi energetici, soprattutto digitali.Se dunque occorre riconoscere lo sforzo fatto dal legisla-tore in questi anni per supportare progetti, iniziative e tecnologie, occorre al contempo sollecitare l’attenzione del legislatore verso un approccio sistemico: l’efficien-za energetica è un tema trasversale, occorre affrontarlo dunque con politiche coordinate e mirate a valorizzare la filiera e il sistema da efficientare nel suo complesso, si tratti di efficientamento di un’azienda, di un edificio, di un quartiere o di una città. Oggi l’efficienza energetica si gioca quindi una chance importante, ovvero quella di “salire di livello” ed essere efficienza delle risorse: un modo differente di porsi di fronte alle necessità future e nuove di produrre e consu-mare energia in maniera sostenibile, dove l’innovazione e il digitale si coniugano perfettamente con l’efficienza delle risorse. Un approccio sistemico permette di cogliere meglio le “inefficienze di sistema” e indirizzare in manie-ra “sostenibile” dal punto di vista ambientale e sociale, ma anche dal punto di vista economico (efficienza come esempio primo di efficacia o cost-effectiveness), interven-ti e investimenti.

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Le politiche urbanistiche dell’Amministrazione Co-munale di Reggio Emilia sono state impostate su rigenerazione e riduzione del consumo di suolo con

l’obiettivo di proporre un differente modello di sviluppo che immagina e progetta una città in grado di crescere rigenerandosi all’interno dei propri confini. Per poter invertire una tendenza consolidata che negli anni ha favorito enormemente la nuova costruzione ri-spetto al recupero dell’esistente, sono state introdotte importanti novità quali: la drastica semplificazione ed accelerazione delle procedure per favorire gli interventi di riuso; l’introduzione di importanti sgravi economici lo-cali attraverso la riduzione del 50% degli oneri e del 65% del costo di monetizzazione dei parcheggi per tutte le ristrutturazioni e manutenzioni straordinarie onerose, con risparmi superiori a 10.500 euro per 100 metri quadrati di residenziale rispetto alla nuova costruzione; nonché attraverso la riduzione delle opportunità di urbanizzazio-ne in territorio agricolo definite attraverso una variante in riduzione che ha cancellato 136 ettari di aree poten-zialmente urbanizzabili pari al 30% delle nuove previsioni residenziali del piano urbanistico corrispondenti ad oltre 630 alloggi.

Alex Pratissoli • Assessore alla Rigenerazione urbana e del territorio, Comune di Reggio Emilia

Recupero edilizio ed industria del riuso nel comune di Reggio Emilia

Industria del riusoA queste premesse che hanno generato una forte di-scontinuità rispetto ai modelli espansivi del passato, oc-corre tuttavia, al fine di rendere strutturale il cambiamen-to, affiancare investimenti per la nascita di una grande industria della riqualificazione energetica degli edifici. Il fatto che i tre quarti degli edifici urbani abbia oggi più di 40 anni, arco temporale oltre il quale vi è la necessi-tà di rinnovare involucro e impianti, evidenzia la natu-ra congiunturale di questo passaggio che rappresenta contemporaneamente una enorme occasione per libe-rare risorse ambientali ed economiche da reinvestire sul territorio, nonché per la riconversione del settore edile verso il recupero del patrimonio edilizio esistente. Il sistema imprenditoriale, accompagnato dalle istituzio-ni, deve cogliere questa occasione per sancire definiti-vamente il passaggio a nuovi modelli di sviluppo, non come restrizione, ma come straordinaria opportunità di lavoro. Per poterlo fare è necessario modificare profondamente gli attuali modelli organizzativi, introducendo profonde innovazioni tecnologiche di prodotto ed ampliando i pro-cessi produttivi che dovranno ricomprendere, oltre alla

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Formazione & ProFessione

Nel concreto, gli audit energetici gratuiti promossi da Iren attraverso i progettisti della suddetta rete, sono stati correlati da preventivi per la realizzazione, in stralci, de-gli interventi di riqualificazione energetica stimati dalle imprese della rete stessa. Gli audit e i preventivi sono stati poi presentati agli amministratori di condominio e alle assemblee condominiali, con uno sforzo non indiffe-rente soprattutto in termini di capacità di sintesi fra costi e benefici economici. Inoltre grazie ad un accordo con ENEA, gli interventi approvati dalle assemblee condomi-niali vengono verificati con una due diligence tecnica di ENEA stessa prima di essere sottoposti al giudizio della banca che finanzia o direttamente il condominio o Iren in qualità di ESCo.Ad oggi sono stati completati 120 audit, di questi 22 si sono trasformati in offerte accettate (o in fase di accet-tazione dai condomini) per un totale di 2,9 mln€ di lavori di riqualificazione su 518 appartamenti.

ConclusioniLa profonda crisi di un modello edilizio dominante negli ultimi 20 anni, incentrato soprattutto su nuovi contenitori prima ancora che sui contenuti, sulla rendita fondiaria come principale valore aggiunto dei beni prodotti piutto-sto che sul valore intrinseco del bene e sugli equilibri fra sviluppo urbanistico ed impatto sociale ed economico, ha portato ad una crisi profondissima del settore. Questa crisi deve essere vista come opportunità da cogliere per un necessario cambiamento, per ridefinire un equilibrio più avanzato rispetto a quello precedente, incentrato sul recupero del patrimonio edilizio esisten-te e la riduzione drastica del consumo di suolo. Come stimolo anche per le dinamiche già in atto nel settore dell’edilizia le cui imprese hanno bisogno di norme chiare e strumenti, anche finanziari, adeguati a questa nuova fase di crescita tutta incentrata sulla riqualificazione di ciò che già abbiamo.In tal senso serve un salto di maturità anche in termini di strategie pubbliche a sostegno della riqualificazione energetica. Alla detrazione fiscale che ha agito in larga parte sulle singole unità immobiliari occorre affiancare strumenti duraturi nel tempo in grado di: consentire a chiunque di optare per la cessione del credito ai soggetti disposti a finanziare gli interventi in luogo della detrazio-ne fiscale (efficace in tal senso è la proposta avanzata da ENEA e GSE sul fondo per i condomini da attivare trami-te Cassa Depositi e Prestiti); attivare fondi di garanzia a tutela dei finanziatori e a copertura dei rischi di insolven-za; ridurre drasticamente gli oneri di urbanizzazione per le ristrutturazioni edilizie e le manutenzioni straordinarie onerose. È inoltre necessario uno sforzo straordinario in termini di comunicazione da rivolgere direttamente ai cittadini che devono essere i primi promotori nelle assemblee condominiali delle opportunità della riqualificazione energetica facendo emergere in particolare i vantaggi economici.Non ultimo proseguire in modo determinato sul percorso avviato sul contenimento del consumo del suolo perché questo rappresenta la prima e più importante premessa alla nascita di una grande industria del riuso.

generazione di beni, anche i servizi – di audit, gestione e finanziamento – indispensabili per offrire un prodotto finale funzionale. In tal senso, la scelta che abbiamo perseguito è stata quella di favore e incentivare la costituzione di reti di im-prese fra una molteplicità di soggetti: costruttori, impian-tisti, progettisti, multiutily e banche.

Progetto RebuildNel caso del progetto Rebuild, il primo passo è stato fat-to nel 2014 attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa con la multiutility socia del Comune, ovvero Iren Energia, ed Iren Rinnovabili, che si sono impegnate a promuovere una rete locale di imprese per la riqualifica-zione energetica degli edifici civili privati avviando audit energetici gratuiti su oltre 300 condomini per un totale di 7.500 appartamenti, corrispondenti a 30.000 abitanti. Della rete di imprese, costituitasi nel 2015, fanno parte Iren Rinnovabili, 3 studi di progettazione e 8 imprese in rappresentanza delle principali associazioni di catego-ria. Inoltre, il Banco Emiliano ha condiviso il progetto e aperto un canale di finanziamento dedicato agli inter-venti di riqualificazione energetica individuati dagli audit. Alla disponibilità di questa banca ne sono seguite altre e tutt’ora la Rete è impegnata in una attività continua di scouting rispetto a nuove opportunità di finanziamento.È su questo aspetto in particolare che occorre gene-rare il salto di maturità del settore della riqualificazione. Non siamo più infatti alla fase iniziale di condivisione sul-le buone pratiche della tecnica dell’efficienza energetica applicata all’edilizia che ha permesso di sviluppare nel corso degli ultimi vent’anni tutte le competenze tecni-che, impiantistiche e costruttive necessarie per svilup-pare varie soluzioni di investimento per la riqualificazione degli immobili esistenti. Siamo piuttosto nella fase in cui occorre usare queste conoscenze per dar vita ad una grande industria del riuso. Tuttavia il settore è ancora rallentato da una serie di limitazioni in particolare l’ade-guata conoscenza degli utenti finali, compresi gli ammi-nistratori di condominio, di alcuni operatori di mercato e soprattutto delle banche, che ne frena lo sviluppo in quanto si riflette in una domanda di gran lunga inferiore ai potenziali e nella difficoltà di accesso a finanziamenti che valutano ancora il merito creditizio piuttosto che il merito progettuale. Per superare questo ostacolo si è individuato dapprima un partner industriale solido, ovvero la nostra multiutility, in grado di semplificare i processi di ricerca dei soggetti finanziatori privati. Dopodiché si è costruita attorno ad Iren un sistema organizzativo snello, quello della rete di imprese, in grado di mettere in relazione competenze e conoscenze fra la multiutility stessa, costruttori, impian-tisti e progettisti. Rispetto al dubbio del reale interesse che può avere una multitutility nell’integrare la fornitura di energia e servizi di efficienza credo, almeno nel caso di IREN, è ormai consolidata l’idea di ricercare convergenze sempre più strette tra filiere in passato molto distinte: in particolare, per i distributori del gas è necessario avviare un cambio di prospettiva da fornitori di commodity ad abilitatori di servizi, che nell’elettrico appare già oggi più evidente.

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La gestione delle risorse naturali, l’inquinamento e i cambiamenti climatici sono oggetto di dibattito da oltre 40 anni. Ciò ha condotto alla ricerca di stra-

tegie volte ad una migliore organizzazione dei processi economici e sociali al fine di garantire una più equa e sostenibile prosperità delle nazioni. Le politiche ambien-tali sono così passate dall’essere un vincolo oneroso al processo produttivo ad uno stimolo per l’innovazione e l’aumento della competitività (Jorizzo, 2012). Pertanto, occorre una nuova chiave di lettura dei fenomeni econo-mici e di quelli naturali e sociali, seguendo un approccio sistemico, in grado di reinterpretarli, al fine di favorire la diffusione dei principi fondanti un’economia ecologica-mente e socialmente sostenibile.La green economy può essere considerata come un nuovo modello economico da seguire, in quanto basato su un uso sostenibile delle risorse, una riduzione drastica degli impatti ambientali e sociali, al fine di migliorare la qualità della vita.La transizione verso un’economia sostenibile ed efficace nell’uso delle risorse naturali ha effetti positivi anche nel mercato del lavoro in quanto potenzialmente in grado di creare nuova occupazione di qualità nonché di trasfor-

Maria Rosaria Sessa - Nicola Sica - Ornella Malandrino • Università degli Studi di Salerno

“Ma il cielo è sempre più green”.Le prospettive occupazionali dei green jobs

mare quella esistente in posti di lavoro green nei settori più tradizionali come nei nuovi settori verdi e lungo l’inte-ra catena del valore: dalla ricerca alla produzione e dalla distribuzione alla manutenzione. Si tratta dei cosiddetti green jobs definiti dall’UNEP “quelle occupazioni nei set-tori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e dello sviluppo, dell’amministrazione e dei ser-vizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale”. I lavori verdi incorpo-rano per definizione competenze green, poiché diretta-mente finalizzati a produrre beni e servizi eco-sostenibili o a ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi. La domanda di competenze green, come sottolineato anche dall’OCSE, proviene essenzialmente da tre fattori: le greener economies necessitano di riqualificazione pro-fessionale, le nuove attività economiche richiedono nuovi o rinnovati profili professionali, i cambiamenti strutturali dei sistemi economici creano il bisogno, per alcuni settori in declino, di ritrovare competitività puntando sulle green skills. Di seguito (Tabella 1) vengono riportati alcuni profili pro-fessionali richiesti dalle imprese, del tutto nuovi o già esi-stenti ma rinnovati in un’ottica green.

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Formazione & ProFessione

Tabella 1. Profili professionali richiesti dal modello economico green. Fonte: elaborazione propria su Rapporto GreenItaly 2014, pp.103-108

Profili professionali Caratteristiche Titolo di studio richiesto

Installatore di impianti termici a basso impatto

Specialista nella messa in opera di soluzioni impiantistiche (di tipo idraulico, termoidraulico, riscaldamento) a basso impatto ambientale

Abilitazione tecnica o laurea

Ingegnere energetico Figura che progetta e gestisce impianti per ridurre consumi di materie prime e di energia

Laurea e percorsi di specializzazione post-laurea

Tecnico meccatronico Professionista che progetta ed elabora sistemi di controllo del settore industriale, intervenendo su interi e/o parti di prodotti o cicli

Abilitazione tecnica o laurea

Ecobrand manager Responsabile della progettazione e promozione di una o più linee di prodotti sostenibili

Laurea e percorsi di specializzazione post-laurea

Esperto di acquisti verdi Specialista nell’acquisto di prodotti a basso impatto ambientale obbligatori per le PA dell’UE e le imprese

Competenze di base

Falegname Figura professionale tradizionale con richiesta anche di competenze green dall’industria produttrice di case prefabbricate in legno

Competenze di base

Esperto in demolizione per il recupero dei materiali

Responsabile degli interventi di decostruzione e dismissione di costruzioni e manufatti, garantendo la valorizzazione e la riutilizzazione dei materiali recuperati

Laurea

Esperto del restauro urbano storico Esperto della progettazione e conservazione del patrimonio storico urbano

Laurea

Serramentista sostenibile Tecnico attento alla sostenibilità ambientale nell’installazione di serramenti

Competenze di base

Esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo

Esperto nella valutazione economica circa l’utilizzo di beni recuperati, effettuando bilanci energetici e ricerche di mercato

Abilitazione tecnica o laurea

Programmatore delle risorse agroforestali Professionista nella pianificazione di interventi volti alla gestione dei territori con lo scopo di preservare la biodiversità, prevenire i rischi ambientali e valorizzare le risorse agroforestali

Laurea

Pedologo Esperto nel rilevamento, classificazione, cartografia, interpretazione e conservazione del suolo

Laurea

Ingegnere ambientale Professionista nella gestione di impianti industriali, dei rifiuti, di impianti energetici e nel recupero di aree degradate

Laurea e percorsi di specializzazione post-laurea

Statistico ambientale Professionista che analizza dati ambientali, collabora alla progettazione e alla dislocazione di reti per il monitoraggio ambientale. Inventa e sostiene sistemi di indicatori ambientali

Laurea

Risk manager ambientale Esperto nella valutazione dei rischi cui una azienda potrebbe essere esposta. Garantisce il rispetto delle norme in materia ambientale e di sicurezza del lavoro

Laurea

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Secondo sempre il Rapporto GreenItaly 2015, il 14,9% delle assunzioni previste dalle imprese italiane riguardano green jobs. In termini assoluti, si tratta di 74.700 assun-zioni di green jobs e di 219.500 assunzioni associate alla richiesta di competenze green e, nel loro insieme, costi-tuiscono il 59% della domanda di lavoro (Figura 1). Tali dati mostrano che l’Italia punta sempre più sul green anche in base alla scelta delle figure professionali da as-sumere nelle proprie organizzazioni. La domanda di gre-en jobs è, inoltre, orientata verso coloro che hanno un più elevato livello di istruzione: basti pensare che più del 40% delle assunzioni programmate dalle imprese di professio-nalità green, nel 2015, è costituito da laureati (Figura 2). I settori di attività in cui la domanda di green jobs è parti-colarmente forte risultano essere quello delle costruzioni, dove il 44,5% delle assunzioni sono di tipo green e, per il comparto dell’industria, il manifatturiero, dove la quota di assunzioni programmate di green jobs è pari al 18,3 % (Figura 3).

È evidente, dunque, che si stia diffondendo sempre più la consapevolezza dei risvolti positivi della green economy, poiché sono proprio i settori più esposti alla crisi e alle sfide imposte dalla globalizzazione ad aver aumentato, negli ultimi anni, la quota di domanda riconducibile ai green jobs. Considerando invece, i green jobs rispetto alla ripartizione geografica del territorio nazionale, è possibile notare che la domanda di lavori verdi è particolarmente ingente nel Nord-Ovest del Paese, dove le assunzioni previste per il 2015 arrivano a rappresentare circa il 35% sul totale delle assunzioni. Solo per la regione Lombardia sono previste circa 19.000 assunzioni, ovvero il 73,2% di assunzioni green. Segue il Nord-Est dove le assunzioni previste risul-tano essere circa 16.000, con una presenza più massic-cia in Veneto (39%) ed Emilia Romagna (40%) e le regioni del Centro-Sud in cui la presenza di assunzioni green risulta al quanto appiattita poiché si attestano, rispetti-vamente, attorno alle 15.000 e 17.000 unità (Tabella 2).

Figura 1. Andamento delle assunzioni green programmate dalle imprese dell’industria e dei servizi per gli anni 2009-2015 (%). Fonte: Rapporto GreenItaly 2015, p.58

Figura 2. Incidenza delle assunzioni programmate dalle imprese di laureati e diplomati tra i green jobs, per gli anni 2009-2015 (%). Fonte: Rapporto GreenItaly2015, p.59

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Formazione & ProFessione

Tabella 2. Assunzioni di green jobs programmate dalle imprese nel 2015 e secondo la relativa inci-denza sul totale delle assunzioni della regione. Fonte: Elaborazione propria su Rapporto GreenItaly 2015, p.63

Figura 3. Incidenza delle assunzioni di green jobs programmate dalle imprese per gli anni 2009 e 2015, per settore di attività (%). Fonte: Rapporto GreenItaly 2015, p.60

I dati sopra esposti, seppure riportati in una forma limita-ta e sommaria, dimostrano che, in Italia, un nuovo mo-dello di sviluppo sta prendendo piede e quella dei green

jobs risulta essere una prospettiva davvero positiva per la domanda di lavoro nazionale, prospettiva che risulta particolarmente vera a livello europeo: da qui al 2020, la

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Commissione Europea ha ipotizzato la concreta pos-sibilità di creare in Europa altri 20 milioni di posti di lavoro verdi. Inoltre, secondo l’European Center for the Development of Vocational Training (CEDEFOP), la propensione ad un modello green potrà avere effetti positivi sulla crescita e le occupazioni solo attraverso una maggiore capacità di anticipazione dei fabbisogni di nuove competenze professionali e la messa in campo di politiche integrate

di investimento in formazione e innovazione. È solo infatti, attraverso l’integrazione delle politiche ener-getiche ed ambientali con l’innovazione, l’istruzione e la formazione professionale che, la green economy potrà offrire efficacemente il suo contributo alla crescita e valo-rizzazione del capitale economico (investimenti e ricavi), del capitale naturale (risorse primarie e impatti ambientali) e del capitale sociale (lavoro e benessere) nonché allo sviluppo sostenibile del Paese (Ranieri, 2012).

BIBLIOGRAFIA

– Jorizzo M. (2012), La dimensione economica delle tecnologie ambietali nell’ambito della green economy, in Verso la green economy:strategie, approcci e opportunità tecnologiche, Morabito R. (a cura di), Speciale – Energia, Ambiente e Innova-zione, ENEA, 58-I.

– Mancuso E., Morabito R. (2012), La green economy nel panorama delle strategie internazionali, in Verso la green economy:strategie, approcci e opportunità tecnologiche, Morabito R. (a cura di), Speciale – Energia, Ambiente e Innova-zione, ENEA, 58-I.

– Proto M., Supino S. (2009), Dal Management Ambientale alla Responsabilità Sociale delle Organizzazioni, Stato del’arte e dinamiche evolutive, Giappichelli Editore, Torino.

– Ranieri A. (2012), Nuove competenze professionali per vincere la sfida della green economy, in Verso la green economy:strategie, approcci e opportunità tecnologiche, Morabito R. (a cura di), Speciale – Energia, Ambiente e Innova-zione, ENEA, 58-I.

– Rapporto GreenItaly - Nutrire il futuro (2014), realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola, (http://www.cliclavoro.gov.it/Barometro-Del-Lavoro/Documents/Rapporto%20GreenItaly%202014.pdf).

– Rapporto GreenItaly – La sfida del futuro (2015), realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola, (https://www.google.it/search?q=++la+green+economy&hl=it&gws_rd=ssl#hl=it&q=greenitaly+2015).

– Relazione sull’iniziativa per favorire l’occupazione verde: sfruttare le potenzialità dell’economia verde di creare posti di lavoro (2014/2238INI), Parlamento Europeo, Commissione per l’occupazione e gli affari sociali, 22 Giugno 2015.

– Supino S., La Corporate Social Responsibility nelle PMI: luci e ombre, intervento al Convegno: L’attuale paradigma della Qualità. Il ruolo della certificazione e della comunicazione, 5 maggio 2006, Facoltà di Economia, Università di Salerno.

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Mario Cirillo • REF-E

Gli utenti residenziali continuano a scaldarsi con il gas

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eNonostante si confermino alti i tassi di crescita dei

sistemi di riscaldamento alimentati da fonti rinno-vabili, gli apparecchi a gas continuano a dominare

il segmento “residenziale” del mercato. Inoltre, nei non pochi casi in cui gli utenti decidono di dotarsi di un appa-recchio a biomassa o a pompa di calore (PDC), questo è spesso destinato a funzionare come sistema ausiliario di riscaldamento, proprio ad integrazione di un apparecchio alimentato da combustibili fossili. Il segmento degli edifici nuovi è l’unico in cui le tecnologie elettriche sembrano acquisire un peso rilevante in termini assoluti, ma questo stesso segmento pesa sempre meno sul flusso comples-sivo di installazioni.

Flussi di vendita e installazione nel 2015Il 2015 ha segnato anche il ritorno alla crescita per le vendite di apparecchi alimentati da combustibili fossili, con un rapporto tra le quote di mercato degli apparecchi convenzionali e quelle degli apparecchi a condensazione che è risultato solo parzialmente impattato dall’entrata in vigore del divieto di immissione sul mercato di apparec-chi convenzionali di fine settembre (Figura 1): i volumi di vendita di questi ultimi sono rimasti, nell’arco dell’anno, largamente superiori rispetto a quelli degli apparecchi più efficienti.Se in termini assoluti le PDC destinate al riscaldamento (oltre che alla climatizzazione estiva) continuano a rap-

presentare una tecnologia minoritaria, il 2015 è stato un anno molto positivo in termini di vendite e nuove instal-lazioni. Sulle vendite di tutte le PDC, soprattutto quelle acquistate per il solo raffrescamento, ha chiaramente influito l’andamento delle temperature estive, un driver chiave per la tecnologia in questione.Diversamente da quanto appena scritto per le PDC, il 2015 non è stato l’anno dei sistemi a biomassa: per il secondo esercizio consecutivo, si è registrata, infatti, una variazione negativa delle vendite, sicuramente collegabile alla diminuzione dei benefici fiscali sul combustibile, più precisamente sul pellet, ma che probabilmente deriva anche dagli altri fattori che impattano sulla convenien-za relativa tra biomassa e gas/GPL, in primis i prezzi dei combustibili fossili.

Installazione e sostituzione di apparecchi a gasLe tecnologie alimentate da gas dominano nettamente il mix di impianti installati nell’autonomo: se si escludono tutti gli apparecchi ausiliari, le caldaie a gas, circa 650000 nel 2015, rappresentano il 70% circa delle nuove installa-zioni. Come già accennato, gli apparecchi convenzionali (non a condensazione) hanno costituito la scelta preferita dei consumatori del residenziale anche nel 2015, l’ultimo anno in cui è stato possibile immetterli sul mercato. Sulla base delle rilevazioni di REF-E1, il bilancio tra ap-parecchi installati e sostituiti è quasi neutro per il grup-

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po delle tecnologie a gas: la crescita, nello stock, delle quote di caldaie a condensazione e sistemi combinati gas-solare termico bilancia quasi del tutto la discesa di quella degli apparecchi convenzionali, che oltre a restare la tecnologia più installata, restano anche la tecnologia più sostituita.

Installazione e sostituzione di pompe di caloreGrazie al forte incremento delle vendite le PDC crescono nel mix del venduto/installato. Le vendite di PDC aria-aria superano in volume i 500000 pezzi: questi impianti re-stano prevalentemente destinati alla climatizzazione esti-va e al supporto dei sistemi principali di riscaldamento per poche ore durante l’anno, ma è registrata in crescita la quota di PDC adottate per l’impiego come sistema principale di riscaldamento, che è divenuta significativa nelle zone climatiche più calde. Le installazioni di PDC aria-acqua e acqua-acqua (da ora in avanti “idroniche”) restano basse in termini assoluti (pochissime migliaia di apparecchi), sebbene facciano segnare una forte cresci-ta rispetto al 2014.Le PDC idroniche si confermano tecnologie da edificio nuovo o sottoposto a ristrutturazione: proprio nel seg-mento “nuovo” le quote nel mix di installato hanno iniziato ad essere rilevanti. Nei casi in cui sono installate in edifici esistenti già dotati di sistema di riscaldamento, queste PDC subentrano soprattutto al gas naturale e, ove l’ac-cesso a questo non sia possibile (in particolare in Sarde-gna e in altre zone con clima mite), queste rimpiazzano in misura consistente i sistemi a GPL.Sempre per le PDC idroniche sono molto interessanti i risultati sulla combinazione con caldaie a gas, in siste-mi che nascono presumibilmente “accoppiati” (si tratta di macchine dello stesso produttore installate simulta-neamente) e che perciò possono essere assunti come “ibridi”: il 25% delle PDC idroniche di cui si è rilevata l’in-stallazione si combina con una caldaia della stessa mar-

ca, installata simultaneamente alla stessa PDC. Questa quota è sensibilmente più alta nei casi di installazione in edifici nuovi, mentre è più contenuta negli edifici esistenti, coerentemente alle differenti possibilità tecniche, oppor-tunità economiche e vincoli di legge che caratterizzano i due segmenti.

Installazione e sostituzione di stufe e caldaie a biomassaPer gli apparecchi a biomassa è il secondo anno conse-cutivo di calo nelle vendite, tuttavia i tassi di penetrazione ai danni delle tecnologie alimentate da fonti fossili restano positivi: quando sono installati sistemi a biomassa, questi sostituiscono generalmente impianti alimentati da com-bustibili fossili. Diversamente dalle PDC, gli apparecchi a biomassa trovano spazio soprattutto in edifici esistenti.Se i risultati, in termini di quantità, non sono brillanti per le tecnologie a biomassa, la qualità dell’installato sembra essere migliorata: le quote di termostufe e termocamini sono rilevate come molto consistenti (si tratta il 30% degli apparecchi di cui si è rilevata l’installazione); coerente-mente con questo risultato, si attestano attorno al 30% anche le quote di stufe a pellet e stufe a legna installate per soddisfare una quota preponderante del fabbiso-gno di riscaldamento. Per quanto concerne le caldaie, la percentuale di apparecchi dotati di piccoli sistemi di accumulo termico supera il 50%, sempre sulla base dei sistemi rilevati nel corso dell’indagine.

Il segmento centralizzatoNel centralizzato è sempre più chiaro che l’unica tecno-logia che potrà sottrarre quote di mercato al gas è quella delle PDC2, quest’ultima particolarmente forte nelle zone climatiche più calde e nel segmento dei nuovi edifici.Il gasolio continua a mantenere una quota importante sul mix di installato, soprattutto nelle zone metanizzate (presumibilmente per vincoli tecnici alla sostituzione con

Figura 1. Vendite delle tecnologie per heating and cooling (anno 2000=100). Fonte: Elaborazioni REF-E su dati forniti dalle associazioni di categoria

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Tecnologie & iniziaTive

gas o PDC), ma il risultato in termini di penetrazione è comunque negativo: il numero di apparecchi a gasolio sostituiti nel 2015 è sensibilmente più elevato di quello degli apparecchi installati. Per la biomassa, infine, si os-servano tendenze ben distinte nella diffusione di caldaie a pellet, da un lato, e a legna, dall’altro. Le prime trovano mercato nelle aree metanizzate, le seconde nelle zone senza rete, soprattutto ai danni del gasolio (e in misura minore del GPL).

Le aspettative degli operatori e il problema della velocità di penetrazioneL’ormai consueta rilevazione del outlook di breve termine degli installatori sull’andamento delle principali tecnologie per il riscaldamento consegna un quadro simile a quello degli anni passati, con un’unica importante differenza: il ruolo delle tecnologie a biomassa appare ridimensionato, le aspettative possono essere definite solo come mode-ratamente positive, mentre negli anni passati erano molto più ottimistiche (Figura 2). Considerando separatamente apparecchi a pellet e a legna, per i primi le previsioni re-stano più rosee che per i secondi.Restano in cima alle valutazioni in termini di andamento delle installazioni in futuro le caldaie a condensazione e le PDC (elettriche), per cui le aspettative restano invariate e di forte crescita.In conclusione, i dati restano positivi per le tecnologie efficienti e quelle alimentate da fonti rinnovabili, ma ciò finora ha impattato poco sui dati di stock di tecnologie, e ancora meno su quello di consumo (lo si intuisce da questa analisi, ma i dati statistici ufficiali e ulteriori analisi di REF-E lo confermano).Le aspettative restano molto positive, al netto del de-terioramento di quelle sulla biomassa, ma la velocità di

mutamento dello stock potrebbe non essere sufficien-te e soddisfacente rispetto agli obiettivi che la politica energetica ha fissato e sta fissando per il settore con orizzonte di lungo termine: potrebbero necessarie ulte-riori spinte alla promozione dell’utilizzo di nuove tecno-logie per superare l’effetto lock-in in quelle convenzio-nali. Una delle prossime occasioni di valutazione potrà essere l’analisi degli effetti della riforma delle tariffe elet-triche domestiche, entrata in vigore nel 2016 ma opera-tiva a regime nel 2018.

Figura 2. Andamento delle tecnologie nei prossimi 3 anni (indagine 2015, segmento autonomo). Fonte: rilevazioni di REF-E

NOTE

1. Nella prima metà del 2016, REF-E ha realizzato la quarta indagine nazionale sull’installazione di tecno-logie per il riscaldamento e raffrescamento nel seg-mento residenziale. L’indagine è relativa all’attività re-alizzata da circa 470 imprese di installazione nell’anno solare 2015, selezionate secondo una consolidata metodologia di campionamento, disegnata per otte-nere risultati rappresentativi dell’eterogeneo contesto geografico, climatico ed economico italiano.

2. L’indagine di REF-E si è concentrata, almeno fino alla sua quarta edizione, sulle sole PDC elettriche, non rile-vando, se non tra gli “altri apparecchi di riscaldamen-to/raffrescamento” l’installazione di PDC alimentate da gas.

20 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

F O C U S

Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

Efficienza energetica nell’industria chimica

Il settore dell’industria chimica in Italia ad oggi rappresenta circa il 6% del fatturato prodotto dall’in-

dustria manifatturiera. La chimica italiana conta una presenza di im-prese a capitale estero molto signifi-cativa, come mostrato dalla figura 1. L’innovazione tecnologica è una pe-culiarità del settore, anche se negli ultimi anni si è investito meno in R&S (parliamo di circa l’1% del fatturato, al di sotto della media europea che si attesta al 1,6%).Da evidenziare che per raggiungere obiettivi di innovazione tecnologica sono in atto anche sinergie con Enti di ricerca esterni ed università.Il settore della chimica è molto vasto e complesso, costituito da comparti con singole specificità. Una macro divisione che mostra le profonde differenze tra i settori può essere la seguente: la chimica di base o inter-mediaria (come ad esempio le ma-terie plastiche, i fertilizzanti e le fibre)

e la produzione di prodotti finiti per le varie richieste del mercato (come ad esempio la farmaceutica, le ver-nici, la cosmetica, i detersivi, gli oli lubrificanti).

Dati sui consumi energeticiLa spesa energetica per le industrie di questo settore ha un peso non in-differente, è pari infatti a circa il 7% del valore della produzione. Se si considera che in Italia il costo dell’e-nergia è superiore alla media degli altri Paesi europei, la competitività delle imprese è messa a dura prova. Per l’analisi dei consumi energeti-ci sono state considerate due fonti diverse: il Bilancio Energetico Na-zionale (BEN) e i dati Eurostat, in due differenti periodi storici 2007 e 2013. Il 2007 poiché rappresenta l’anno precedente il picco negativo della crisi economica, mentre il 2013 perché è l’anno più recente in cui sono disponibili i dati per entrambe

le fonti. Nella tabella 1 sono riportati i dati per fonte.Come prima analisi si mostrano i dati del BEN. I consumi energetici del settore chimico sono rilevan-ti, nel 2013 sono stati di 3,7 Mtep, corrispondenti al 13% dei consumi energetici del settore industriale. Dettagliando i consumi tra fonti pri-marie e fonti secondarie emerge che il consumo energetico di fonti prima-rie nel 2013 è stato pari a 2 Mtep (prevalentemente gas naturale) e 1,6 Mtep di fonti secondarie (prevalente-mente energia elettrica). Confrontando i consumi del 2013 con quelli del 2007 pari a 5,1 Mtep si vede una riduzione di circa il 27%. Se si dettagliano i consumi tra fonti primarie e secondarie, si nota che il consumo in fonti primarie nel 2007 era di 2,8 Mtep e mentre in fonti se-condarie di 2,1 Mtep. Ciò significa che rispetto al 2007 c’è stata una riduzione pari al 21% dei consu-mi elettrici e pari al 26% di energia termica. Questa riduzione è da con-testualizzare nel periodo storico di crisi economica generalizzata, in cui si è vista una riduzione del numero di aziende e degli addetti, ma una modesta riduzione del valore della produzione.L’efficienza energetica, prevalen-temente negli usi termici, ha sicu-ramente inciso sulla riduzione dei consumi, ma presumibilmente an-che la variazione della produzione ha influenzato tale decremento. Lo spostamento dalla chimica di base alla produzione di prodotti finiti a lar-go uso è importante in quanto sono presenti delle lavorazioni i cui con-sumi elettrici sono rilevanti (esempio l’incidenza del packaging dei pro-dotti quali la cosmetica, i detersivi, e i farmaci, etc.).I dati forniti da Eurostat utilizzano una metodologia diversa, che evi-denzia separatamente il calore re-cuperato dalla cogenerazione o da altre fonti. Da notare che i dati uti-lizzati da Eurostat forniscono i con-sumi aggregati per il settore chimica e petrolchimica, mentre il dato BEN include solo l’industria chimica.Nel 2013 viene indicato un consu-mo totale di 4,1 Mtep, costituito da: 0,5 Mtep di prodotti petroliferi, 1,1 Mtep di gas naturale, 1,3 Mtep energia elettrica e 1,2 Mtep di calore recuperato dalla cogenerazione (che

Stefano d’Ambrosio

FIRE

Figura 1. Ripartizione per tipologia di aziende chimiche presenti in Italia. Fonte: elaborazione FIRE su dati Federchimica 2016

F O C U S

Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

213/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

supera dunque il consumo diretto di metano). È possibile stimare quale sia la quo-ta parte di energia elettrica auto-prodotta in cogenerazione rispetto a quella consumata utilizzando sia i dati annuali di Terna, sia la cono-scenza sulle tipologie di impianti cogenerativi presenti nel settore. Dal rapporto Terna 2013, emerge che l’82% dell’energia elettrica prodotta da impianti con produzione com-binata di energia elettrica e calore alimentati a metano deriva da cicli combinati. Per questa tipologia di impianti viene indicato che per 1,7 Mtep di calore recuperato sono stati ottenuti 2,4 Mtep di elettricità, dun-que con un rapporto pari a 1,4 (rap-porto tra elettricità e calore Mtepel/Mtept). Questo rapporto è influen-zato da due variabili: la taglia degli impianti e il calore dissipato. Nel caso dell’industria chimica si tratta generalmente di impianti di grande taglia e usati a regime costate, per cui questo fattore di produzione potrebbe essere più elevato. È da considerare anche che gli impianti cogenerativi in alcuni casi non sono di proprietà delle stesse aziende chi-miche ma l’energia viene fornita da altri soggetti (utilities). Maggiori dettagli sulle differenti me-todologie di report tra i dati Eurostat e i dati BEN sono disponibili nel do-cumento “Il calore nel bilancio ener-getico italiano” scaricabile dal sito FIRE.Considerando le variabili citate e la mancanza di dati settoriali non più disponibili in dettaglio dal 1999 (con fonte: UNAPACE), si utilizza il rap-porto tra elettricità e calore sopra calcolato pari a 1,4. Su queste basi si può quindi stimare che nell’indu-stria chimica con 1,2 Mtept di calore

recuperato al 2013 si sia genera-to circa 1,7 Mtepel di elettricità. In pratica il settore riesce ad avere un bilancio positivo rispetto alla rete elettrica nazionale.Per il 2007 Eurostat indica un con-sumo globale del settore pari a 7,1 Mtep di cui: 2,7 Mtep di metano, 1,7 Mtep di prodotti petroliferi, 1,6 Mtep elettricità e 1,1 Mtep di calore recu-perato. Dunque secondo questi dati la riduzione dei consumi dal 2007 al 2013 è pari al 42% molto maggiore del 27% indicato dal BEN. Dai dati Eurostat si nota che è au-mentato di poco il calore recuperato mentre si è ridotto molto il consumo dei prodotti petroliferi di ogni tipo e si è verificata una riduzione degli usi di-retti di metano di circa il 60%. Con-testualizzando le rilevanti variazioni dei consumi, con le limitate variazio-ni del valore della produzione risulta che il settore è in forte evoluzione sia per l’efficienza energetica che per le modifiche del mix di produzione.

Dati sulle nomine degli energy managerLa nomina dell’energy manager in base alla legge 10/91 deve essere effettuata annualmente dalle azien-de del settore industriale con con-sumi oltre i 10.000 tep/anno. Nomi-nare un energy manager in contesti energivori come il settore chimico può portare notevoli benefici non solo legati alla riduzione dei consumi

ma anche benefici indiretti in termini di produttività e sicurezza. Nel 2015 sono stati nominati 130 energy ma-nager nei settori dell’industria chimi-ca e affini.La divisione in questo caso segue il codice Ateco e dunque si ha la separazione tra l’industria petrol-chimica, la fabbricazione di prodotti chimici, la farmaceutica e la fabbri-cazione di articoli in gomma e mate-rie plastiche, settori profondamenti diversi tra loro.

Dati sugli incentiviPer i TEE non sono disponibili dati aggiornati specifici per ogni settore, anche se si stima una rilevante par-tecipazione dell’industria chimica. Le stime più recenti del GSE sono relative al 2013, quando è stato at-tribuito un 15% dei risparmi realizza-ti nel settore industriale alla chimica. Ciò dimostra il forte impulso all’effi-cienza energetica da parte del mec-canismo incentivante dei certificati bianchi che ha contribuito alla realiz-zazione di interventi e alla riduzione dei consumi.

Dati sulle tecnologie efficientiDa uno studio FIRE realizzato in col-laborazione con ENEA, sulle princi-pali soluzioni tecnologiche efficienti adottate nel meccanismo dei certifi-cati bianchi, sono state tratte le prin-cipali soluzioni tecnologiche adot-tate nell’industria chimica. Possono

Tabella 2. Industria chimica e Farmaceutica. Dati sul valore della produzio-ne e numero di addetti, fonte: ISTAT e Federchimica

Tabella 1. Confronto tra dati BEN e Eurostat espressi in Mtep

Dati BEN “Industria Chimica” [Mtep] Dati Eurostat “Settore Chimica e Petrolchimica” [Mtep]

2007 2013 Delta % 2007 2013 Delta %

Gas naturale 2,8 2,0 -28% 2,7 1,1 - 59%

Energia elettrica 2,1 1,6 -24% 1,6 1,3 -18%

Prodotti petroliferi 0,2 0,1 -50% 1,7 0,5 -70%

Calore - - - 1,1 1,2 + 9%

Consumi Totali 5,1 3,7 -27% 7,1 4,1 - 42%

Nota: Nel BEN 2013 il settore della Petrolchimica aveva un consumo totale pari a 0.8 Mtep mentre nel 2007 il consumo totale era pari a 1,1 Mtep

2007 2013 Delta %

Valore della produzione (Mld €) 81,3 80 - 1,6%

N° addetti (migliaia) 194,5 172,2 - 11,5%

22 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

F O C U S

Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

essere racchiuse in quattro catego-rie: gli interventi sul processo pro-duttivo, le innovazioni di prodotto, l’efficientamento di servizi generali e interventi di efficienza nella gestione degli effluenti.

Interventi sul processo produttivo– Reattore per produzione silicio

policristallino;– Estrusore a bolla per film plastici; – Tecnologie a membrana in sosti-

tuzione delle tradizionali tecnolo-gie di separazione (distillazione, evaporazione);

– Evaporatori multistadio;– Celle a membrana in sostituzione

di celle a catodo di mercurio (per la produzione elettrolitica di cloro e idrato di potassio);

– Tecnologia steam-reforming per la

produzione di idorgeno;– Efficientamento e recupero di

calore mediante analisi “Pinch-point”;

– Free-cooling nella refrigerazione di processo.

Innovazione di prodotto– Produzione di polimeri innovativi

“Pet Barriera”.

Efficientamento dei servizi generali– Produzione di gas tecnici on-site

(es. azoto); – Cogenerazione/Trigenerazione; – Generatori di calore con econo-

mizzatore;– Turboalternatore, per produzione

di energia elettrica dal recupero di vapore o da decompressione del gas naturale;

– Chiller a compressione elettrica ad alta efficienza;

– Efficientamento elettrico, anche grazie all’uso di inverter, di com-pressori, motori, ventilatori, pom-pe, sistemi di trasporto interno (es. batterie carrelli elevatori);

– Ricompressione meccanica del vapore;

– Bruciatori autorecuperativi;– Illuminazione efficiente (led).

Gestione degli effluenti– Sistemi di post-combustione ad

alta efficienza (es. post combu-store recuperativo ceramico);

– Recuperi termici per usi vari sia nel processo produttivo che per altri usi (tra cui produzione di energia elettrica e riscaldamento ambienti);

– Recupero di condense (es. per produzione vapore);

– Scambiatori di calore.

Considerazioni conclusiveAccanto ai tradizionali convegni specifici di settore organizzati dalle associazioni di categoria, la FIRE ha cercato di valorizzare il ruolo degli energy manager del settore dando evidenza dell’attività svolta. In parti-colare nel convegno Enermanage-ment 2015, è stata presentata una soluzione tecnologica interessante poiché integrata nel processo pro-duttivo. Si tratta dell’applicazione del free-cooling e dell’uso di scam-biatori vetrificati che ha permesso la riduzione dei consumi elettrici per la refrigerazione del reattore di po-limerizzazione (per la produzione di lattice). L’intervento ha richiesto una fase di ricerca e di sperimentazione prima dell’effettiva implementazione nel ciclo produttivo che poi ha por-tato ottimi risultati.Il prossimo evento di Enermanage-ment è in programma a Milano il 1 dicembre 2016, e saranno presen-tati come negli anni precedenti, casi studio e dati interessanti sui benefici non energetici collegati all’efficienza energetica e agli strumenti di gestio-ne dell’energia più tradizionali.La FIRE inoltre, sta avviando una se-rie di tavoli tecnici settoriali tra i quali uno sull’industria chimica, rivolto agli energy manager ed ha l’obiettivo di diffondere le buone pratiche realiz-zate.

Tabella 3. Dati nomine energy manager nel 2015. Fonte FIRE

SettoreNumero di aziende con

nomina dell'Energy Manager nel 2015

19 - Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio

13

20 - Fabbricazione di prodotti chimici 59

21 - Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici

20

22 - Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 38

Totale 130

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

233/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

La rilevanza economica del settore

L’industria chimica in Italia rap-presenta una realtà molto rilevante all’interno dell’indu-

stria manifatturiera e per l’economia nazionale, con 109.400 addetti, un fatturato, 52,3 miliardi di euro e 2700 imprese con 3300 unità locali.Federchimica, la Federazione nazio-nale dell’industria chimica, rappre-senta 1400 imprese con 1750 unità locali, 42,6 Mld € di fatturato e circa 90.000 addetti. Settore contiguo, in certi casi con separazione non netta, è il settore dell’industria farmaceuti-ca, con cui il fatturato globale sale a circa 82 Mld € e gli addetti a 172 mila. Delle associate a Federchimica, 168 imprese con 471 unità locali, un fat-turato di 28,8 Mld € e oltre 43.000 addetti, aderiscono a Responsible Care, il Programma volontario di promozione dello sviluppo sosteni-bile dell’industria chimica mondiale.Per coordinare e tutelare il ruolo dell’industria chimica che opera in Italia, la Federazione è organizzata in 17 Associazioni di settore e 42 Gruppi merceologici:- Agrofarma (agrofarmaci)- AIA (aerosol)- AISA (salute animale)

- AISPEC (chimica fine e settori specialistici)

- Assobase (Chimica di base orga-nica e inorganica)

- Assobiotec (biotecnologie)- Assocasa (detergenti e specialità

per l’industria e per la casa)- Assofertilizzanti - Assofibre (fibre artificiali e sinteti-

che)- Avisa (vernici, inchiostri, sigillanti,

adesivi)- Aschimfarma (principi attivi e inter-

medi per industria farmaceutica)- Assogasliquidi (gas liquefatti)- Assogastecnici (gas tecnici, spe-

ciali e medicinali)

- Assosalute (farmaci di automedi-cazione)

- Ceramicolor (colorifici ceramici, ossidi metallici)

- Cosmetica Italia - PlasticsEurope Italia (materie pla-

stiche)

I consumi di energia Il settore chimico si caratterizza per consumi energetici decisamente ri-levanti che sono illustrati nelle due tabelle seguenti.La tabella 1 fornisce i consumi finali del settore nell’ambito di quelli na-zionali (119,8 Mtep nel 2014). Una particolarità importante della chimica

Giuseppe Astarita

Federchimica

Fonti Secondarie

Settori di utilizzo (Mtep)

Trasporti + bunkeraggio

Edilizia Residenziale e non

Industria Manifatturiera e delle Costruzioni

di cui Industria Chimica

Agricoltura Totale generale

Per usi energetici: 39,509 29,764 18,733 2,974 2,256 90,262

Combustibili Liquidi (Benzina, Gasolio, Olio Combustibile, GPL)

37,617 2,941 3,979 0,985 2,127 46,664

Combustibili Gassosi (Gas Naturale)

0,863 21,018 11,874 1,985 0,121 33,876

Fonti Rinnovabili (Biomasse)

1,029 5,802 0,032 0,002 0,008 6,871

Combustibili Solidi (Coke)

0,000 0,003 2,848 0,002 0,000 2,851

Per usi non energetici: 0,000 0,000 5,298 5,298 0,000 5,298

Combustibili Liquidi 0,000 0,000 4,712 4,712 0,000 4,712

Combustibili Gassosi 0,000 0,000 0,510 0,510 0,000 0,510

Combustibili Solidi 0,000 0,000 0,076 0,076 0,000 0,076

Energia elettrica 0,899 13,652 9,196 1,729 0,462 24,209

Totale 40,408 43,416 33,227 10,001 2,718 119,769

Tabella 1. Industria chimica: Consumi di energia e ambito nazionale (anno di riferimento: 2014 - Fonte: Elaborazioni di Federchimica di dati del Bilancio Energetico Nazionale)

24 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

è costituita dai cosiddetti “consumi non energetici”, essenzialmente tra-sformazione chimica di virgin naphta. Dei 10 Mtep che costituiscono i con-sumi di fonti energetiche del settore chimico, i cosiddetti “consumi non energetici” rappresentano oltre la metà (5,3 Mtep), mentre i consumi di energia sono di 4,7 Mtep.La tabella 2 illustra la situazione dell’industria chimica all’interno dell’industria manifatturiera.L’importanza dei consumi energetici nel settore chimico è mostrata dai seguenti dati, che indicano come il settore:- sia il maggior consumatore di

combustibili gassosi (1,985 Mtep)- sia superato nei consumi totali

solo dall’industria siderurgica (5,8 Mtep vs 4,7)

- sia superato nei consumi di elettri-cità solo dall’industria meccanica (1,967 Mtep vs 1,729)

- sia superato nei consumi totali di energia termica solo dall’industria siderurgica (4,23 Mtep vs 2,97)

Le specificità del settore chimico nell’ambito dei consumi energeticiL’incidenza della spesa energetica sul fatturato dell’industria chimica, stimata a circa il 7,5%, indica un settore a forte consumo di energia: tuttavia un’idea più appropriata è fornita dalla rilevante diversificazio-ne del settore che si traduce in una diversificazione anche dal punto di vista dei consumi di energia, la cui incidenza è variabile da valori molto elevati a valori modesti, o addirittura bassi.Ne consegue una situazione diffe-renziata anche dal punto di vista della competenza e dell’entità delle risorse dedicate alla gestione dell’e-nergia: la strategia della Federazione è quella di utilizzare le risorse stra-tegiche in termini di competenza presenti in molte imprese per diffon-dere e favorire la consapevolezza dei possibili benefici di una corretta gestione dell’energia. L’obbiettivo è raggiungere un livello in cui il mas-

simo numero di imprese, a seguito di un’appropriata analisi della pro-pria condizione, possa fare una scelta informata del giusto livello di attenzione e di risorse (di personale, finanziarie) da dedicare alla gestione dell’energia. Oltre che con l’organizzazione di eventi tecnici e workshop tematici, la strategia è stata realizzata anche con la partecipazione a progetti eu-ropei (con finanziamenti della Com-missione) per diffondere le buone pratiche di gestione dell’energia e per il miglioramento dell’efficienza energetica, insieme ad altre federa-zioni chimiche europee, e con il co-ordinamento di CEFIC, l’Associazio-ne europea del settore. Un esempio è stato il progetto “Care plus” e, suc-cessivamente, il progetto SPICE-3 (Sectoral Platform in Chemicals for Energy Efficiency Excellence), che ha sviluppato una piattaforma web multilingue (www.spice3.eu) tuttora attiva anche dopo la conclusione del progetto europeo a metà 2015.

2014

Settori UdM Combustibili Gassosi

Combustibili Liquidi

Combustibili Solidi

Fonti Rinnovabili

Totale Energia Termica

Energia Elettrica Totale

Industria Siderurgica Mtep 1,619 0,080 2,534 0,000 4,232 1,579 5,811

Industria Chimica Mtep 1,985 0,985 0,002 0,002 2,973 1,729 4,702

Industria dei Materiali da Costruzione

Mtep 0,578 1,956 0,309 0,027 2,869 0,409 3,278

Industria Meccanica Mtep 1,616 0,270 0,000 0,000 1,886 1,967 3,853

Industria Agroalimentare Mtep 1,381 0,230 0,000 0,005 1,617 1,030 2,646

Industria della Carta Mtep 1,668 0,070 0,000 0,000 1,737 0,746 2,483

Industria del Vetro e della Ceramica Mtep 1,689 0,186 0,000 0,000 1,875 0,380 2,255

Industria Tessile e dell'Abbigliamento Mtep 0,573 0,081 0,000 0,000 0,653 0,489 1,142

Altre Industrie Manifatturiere Mtep 0,348 0,046 0,002 0,000 0,396 0,489 0,885

Industria dei Metalli non Ferrosi Mtep 0,389 0,048 0,002 0,000 0,439 0,214 0,653

Industria della Costruzioni Mtep 0,000 0,030 0,000 0,000 0,030 0,108 0,138

Attività Estrattive Mtep 0,030 0,033 0,000 0,000 0,064 0,058 0,122

Totale Mtep 11,875 4,015 2,848 0,034 18,771 9,196 27,968

Tabella 2. Consumi di energia dell’industria manifatturiera (anno di riferimento: 20142014 – Fonte: Elaborazioni di Federchimica di dati del Bilancio Energetico Nazionale)

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

253/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

I punti di forza per il miglioramento dell’efficienza energeticaIl settore chimico è quindi un forte consumatore di energia, con i con-sumi di calore che costituiscono una parte molto rilevante: ciò apre ovvie possibilità ai progetti di recupero ter-mico, che rappresentano un capitolo importante nel miglioramento dell’ef-ficienza energetica.Il settore chimico, con il forte fabbi-sogno di vapore, rende possibile un utilizzo esteso della cogenerazione: i grandi impianti di cogenerazione, originariamente di proprietà dell’indu-stria chimica, e poi ceduti al settore di produzione di energia, conservano ovviamente un forte legame con gli impianti consumatori di calore.Nella collaborazione con le società fornitrici di servizi energetici (incluse le ESCO, ad esempio per la preparazio-ne di progetti per l’ottenimento di cer-tificati bianchi), le industrie chimiche devono scegliere in quale misura af-fidare all’esterno i compiti relativi allo sviluppo del progetto (e all’eventuale negoziazione con GSE per i certificati bianchi). La scelta può essere talvolta in pratica obbligata se mancano ade-guate e competenti risorse interne; in altri casi l’impresa, pur avendo la ca-pacità per uno sviluppo interno, opta per un’esternalizzazione delle attività di sviluppo del progetto.Molti interventi, di diversa tipologia, possono contribuire a migliorare la situazione di efficienza energetica: citiamo a titolo di esempio il ripristino

dell’efficienza nelle reti di distribuzione (perdite di vapore e di aria compressa, isolamento deteriorato), l’installazione di motori ad alta efficienza, l’utilizzo di inverter, etc. Si tratta di interventi a vario titolo utili e da non sottovalutare.In questa sede si vuole invece bre-vemente sottolineare un importante potenziale di miglioramento che è quasi tipico nell’industria chimica, ovvero la possibilità di modifiche ef-fettuate sul processo, basate su un opportuno know-how, che possono portare benefici molto rilevanti ri-spetto a quelli prima citati. L’industria chimica ha infatti tradizionalmente dedicato grande attenzione all’effi-cienza energetica, anche prima che diventasse un’area strategica per tutta l’industria manifatturiera. Citiamo due casi che consideriamo utili ad illustrare il tipo di attività e conoscenze richieste e che non po-trebbero essere affidate ad un con-sulente esterno all’impresa.1. Raffreddamento di un reattore in-

dustriale (smaltato) in cui le limita-zioni di superficie di scambio (ca-micia reattore) imponevano una bassa temperatura del liquido di raffreddamento e quindi l’utilizzo di un circuito frigorifero. La colla-borazione tra processo e manu-tenzione portò allo sviluppo di uno scambiatore da inserire all’interno del reattore, che potesse rende-re gestibili ed economicamente non impattanti i problemi di puli-zia periodica dalle incrostazioni e dagli sporcamenti delle superfici.

Risultato: eliminazione del circuito frigorifero, salvo limitatissimi pe-riodi, e il pratico azzeramento dei consumi elettrici di refrigerazione.

2. processo di trattamento delle cor-renti in uscita dalla reazione (5 re-attori in parallelo) con neutralizza-zione, lavaggio, condensazione dei prodotti e ritorno ai reattori dei gas di reazione. I consumi principali de-rivavano dalla compressione (due compressori di 750 kW ciascuno) e dalla refrigerazione per la conden-sazione. Un lungo lavoro di ricerca (due anni) sviluppò e rese gestibile l’idea della riduzione della portata dei gas di reazione (5 reattori di-stribuiti in due stadi di reazione in serie). I problemi da risolvere inclu-devano il controllo della cinetica di reazione in condizioni di maggior concentrazione. Risultati: elimina-zione di uno dei due compressori, e aumento temperatura di conden-sazione, con minori consumi frigori-feri. Epoca: primi anni ’80.

Infine, ci sembra particolarmente si-gnificativo evidenziare la prestazione (positiva) del settore chimico in Italia nel campo dell’efficienza energetica, tratto dall’ultimo Rapporto Respon-sible Care. I consumi energetici si sono ridotti di oltre il 40% rispetto al 1990 anche a fronte di un aumento dell’Efficienza energetica del 45%. Un risultato quest’ultimo già molto positivo anche a fronte degli obiettivi Ue al 2020 (20%) e al 2030 (27%). Il prossimo Rapporto Responsible Care verrà presentato nell’autunno 2016.

Consumi di energia ed efficienza energetica dell’industria chimica in Italia. Fonte: ENE - ODYSSEE Project; ISTAT; Ministero dello Sviluppo Economico

26 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

Reach: un regolamento per la competitività dell’industria chimica europea

Il 1° giugno 2007 è entrato in vi-gore il Regolamento REACH (CE) n. 1907/2006 - Registration, Eva-

luation, Authorisation and Restric-tion of Chemicals - del Parlamento europeo e del Consiglio che, at-traverso un unico testo normativo, sostituisce buona parte della legi-slazione comunitaria in vigore in ma-teria di sostanze chimiche e introdu-ce un sistema integrato per la loro registrazione, valutazione, autoriz-zazione e restrizione. REACH è un regolamento dell’Unione europea adottato per migliorare la protezio-ne della salute dell’uomo e dell’am-biente dai rischi delle sostanze chimiche, stimolando nello stesso tempo la competitività dell’industria chimica europea.Il Regolamento prevede in particola-re la registrazione di tutte le sostan-ze prodotte o importate nel territorio dell’Unione in quantità pari o supe-riore ad 1 tonnellata all’anno.REACH attribuisce alle aziende l’o-nere della prova, per cui le aziende, a norma del regolamento, devono identificare e gestire i rischi colle-gati alle sostanze che producono e vendono nell’Unione europea, di-mostrare all’ECHA come utilizzare tali sostanze senza correre rischi e informare gli utenti delle misure di gestione dei rischi.Se tali rischi non sono gestibili, le autorità hanno la facoltà di imporre varie limitazioni all’uso delle sostan-ze e nel lungo termine le sostanze

più pericolose devono essere sosti-tuite con sostanze meno pericolose.Il Regolamento ha richiesto un adat-tamento del sistema nazionale al nuovo sistema integrato di registra-zione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche.Tra i cambiamenti introdotti, quello più rilevante per il sistema industria-le riguarda la raccolta delle informa-zioni sulle proprietà intrinseche delle sostanze e l’individuazione di ade-guate misure di gestione del rischio.Al sistema industriale è richiesto un ruolo pro-attivo nella gestione del rischio delle sostanze chimiche. Oc-corrono, quindi, una serie di azio-ni per l’adeguamento dei sistemi organizzativi aziendali, a qualsiasi livello della catena di approvvigio-namento, oltre che l’acquisizione delle conoscenze e capacità tecni-che necessarie per l’attuazione dei compiti previsti.

Autorità italiana competente a livello nazionaleL’Autorità competente a livello na-zionale ai sensi del Regolamento è il Ministero della salute, che opera d’intesa con il Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Dipartimento per le politiche comunitarie della Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri, coordinandosi anche con le Regioni e Province Autonome. Il Ministero della salute stabilisce, con decreto

Micaela Ancora

FIRE

di concerto con i citati ministeri ed il Ministero della Giustizia, le sanzioni da adottare nei casi di infrazione alle disposizioni previste e predispone relazioni periodiche sulle attività per garantire l’attuazione del Regola-mento, ai fini della verifica svolta dalla Commissione europea circa la corretta applicazione del REACH.

L’Agenzia Europea per le Sostanze ChimicheIl Regolamento istituisce l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) per gestire e realizzare gli aspetti tecnico-scientifici e ammini-strativi connessi e assicurarne l’ap-plicazione a livello comunitario. Dal 1° giugno 2008 il Regolamen-to REACH è entrato nella sua fase operativa: il portale REACH, creato all’interno del sito dell’ ECHA, è lo strumento che consente alle impre-se di trasmettere all’Agenzia i propri dossier per le procedure di pre-regi-strazione e registrazione.L’ECHA ha in programma una serie di webinar con l’obiettivo di fornire una panoramica generale sulle so-stanze che devono essere registra-te, sulle informazioni necessarie e sugli elementi che incidono sui costi della registrazione.Obblighi specifici derivano dal REACH per i fabbricanti, importatori e utilizzatori di sostanze chimiche, come tali o in miscele e articoli, con sede nello Spazio Economico Eu-ropeo (SEE), cui appartengono i 28 Paesi dell’Unione Europea, l’Islan-da, il Liechtenstein e la Norvegia. Gli obblighi dipendono dal ruolo svolto nella catena di approvvigionamento per lo specifico prodotto che fabbri-cano o immettono nel mercato.Inoltre, se la sostanza o la miscela prodotta e/o importata è classificata come pericolosa, è necessario con-formarsi, oltre al REACH, anche alle disposizioni del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP).

Forum per lo Scambio delle Informazioni sulle SostanzeIl SIEF - Forum per lo Scambio del-le Informazioni sulle Sostanze – è lo strumento previsto dal Regola-mento REACH per la condivisione dei dati ai fini della registrazione comune della stessa sostanza e per la ripartizione dei costi ed al fine di evitare la duplicazione di test.

273/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

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I SIEF si sono aperti il 1° gennaio 2009 e si chiuderanno nel 2018.Le imprese che hanno pre-registra-to le loro sostanze partecipano al SIEF relativo alla propria sostanza pre-registrata. Questa attività è fon-damentale per la condivisione dei dati e la successiva preparazione del fascicolo di registrazione comu-ne.Sul sito web dell’ECHA è disponibile, in lingua italiana, una sezione SIEF in cui sono presenti tutte le informazio-ni sulla formazione dei Forum per lo Scambio delle Informazioni sulle So-stanze Chimiche.Il Ministero dello Sviluppo Econo-mico, in collaborazione con il Mi-nistero della Salute e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, conside-rando le difficoltà che possono incontrare le imprese, soprattutto le PMI, nell’accesso ai SIEF, ha predisposto un vademecum che indica le possibili azioni di autotu-tela ed in cui sono indicati i possi-bili rimedi che si possono adottare per superare le criticità, incluso il ricorso alle autorità nazionali e all’ECHA.

AutorizzazioneLa procedura di autorizzazione rappresenta una delle maggiori in-novazioni legislative introdotte dal REACH. È dedicata alle sostanze definite “estremamente preoccu-panti” (Substances of Very High Concern - SVHC), che presentano le seguenti caratteristiche di peri-colo:- sostanze che soddisfano i criteri di classificazione come cancero-gene, mutagene o tossiche per la riproduzione di categoria (sostanze CMR)1A o 1B ai sensi del Rego-lamento (CE) n. 1272/2008 della Commissione, Reg. CLP- sostanze persistenti, bioaccu-mulabili e tossiche (PBT) o molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB) in conformità ai criteri previsti dall’Allegato XIII del REACH- sostanze identificate singolarmen-te, per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi che diano adito ad un livello di preoccupazione equivalente alle sostanze CMR o PBT/vPvB.Per ciascuna delle sostanze incluse nell’Allegato XIV l’ECHA indica una data entro la quale occorre fare ri-

chiesta di autorizza-zione (cd. application date) e una data (cd. sunset date) oltre la quale non potrà più essere immessa sul mercato né utilizzata senza l’autorizzazione all’uso o l’esenzione dall’obbligo di autoriz-zazione.La Commissione eu-ropea sta provveden-do, in collaborazione con i soggetti inte-ressati, ad elabora-re strumenti e guide tecniche per facilitare la comprensione e l’attuazione del nuovo Regolamento REACH presso tutti i soggetti coinvolti. È possibile scaricare le guide tecniche dal sito dell’ECHA.La maggior parte delle Guide tecniche, che forniscono informa-zioni essenziali ai pro-duttori e importatori di

sostanze chimiche, nonché agli uti-lizzatori a valle di sostanze chimiche e produttori di articoli, in merito agli adempimenti previsti dal Regola-mento, sono disponibili in 22 lingue – compreso l’Italiano.L’Helpdesk REACH ha provvedu-to alla traduzione in italiano della Guida sull’Analisi socio-economica “Restrizioni”.L’ECHA mette a disposizione, inol-tre, ulteriori strumenti di supporto per i seguenti settori:– Oli essenziali – Oleochimica – Prodotti petroliferi– Solventi a base di idrocarburi– Pigmenti inorganici complessi– Metalli Portale REACH.GOV.ITIl Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha realizzato insieme alle Amministra-zioni del Comitato tecnico di Coor-dinamento istituito per l’attuazione del regolamento REACH, il portale “REACH - Prodotti Chimici: infor-miamo i cittadini”.Scopo del portale è rendere ac-cessibili al pubblico, le informazioni

28 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

sulle attività promosse sul territorio nazionale e fornire un’informazione puntuale, omogenea e dettagliata in materia di sostanze chimiche costi-tuendo un’esperienza di coordina-mento unica a livello europeo.Il Comitato tecnico di coordina-mento è composto dal Ministero della Salute (autorità competente) Ministero dell’Ambiente e della Tu-tela del Territorio e del Mare, Mini-stero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia e Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Europee, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA, Istituto Superiore di Sanità - ISS e rappresentanti della Conferenza Stato-Regioni.Il portale è quindi lo strumento at-traverso il quale il Comitato tecnico di Coordinamento fornisce un’in-formazione puntuale, omogenea e dettagliata in materia di sostanze

chimiche costituendo un’esperien-za di coordinamento unica a livello europeo.

Sanzioni e monitoraggioPer assicurare la trasparenza, l’im-parzialità e la coerenza a livello dei provvedimenti di applicazione degli Stati membri, questi ultimi devono stabilire a norma di Regolamento un appropriato quadro di sanzioni che permetta di applicare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza, poiché da essa possono deriva-re danni per la salute umana e per l’ambiente. Le sanzioni per l’Italia sono state stabilite mediante de-creto legislativo del Ministero della giustizia di concerto con il Ministero della salute e gli altri Ministeri com-petenti per il REACH. Il Decreto sanzioni è stato emanato sotto forma di Decreto Legislativo il 14 settembre 2009, n. 133 e pubbli-

cato in Gazzetta Ufficiale n. 222 del 24 settembre 2009.Oltre a prevedere sanzioni di tipo amministrativo per tutta una serie di condotte che violano il Regola-mento, negli articoli 14 e 16 il de-creto prevede anche sanzioni di tipo penale, in particolare nel caso di immissione sul mercato o utilizzo di sostanze comprese negli Allega-ti XIV e XVII (sostanze soggette ad autorizzazione o restrizione) del Re-golamento.Il decreto è entrato in vigore il 9 ot-tobre 2009.Al fine di monitorare e vigilare è sta-to introdotto il Piano Nazionale dei controlli è pubblicato sul sito del Ministero della Salute nella pagina dedicata al Piano Nazionale di Vigi-lanza del REACH. Il Piano è elabo-rato tenendo conto delle indicazioni provenienti dall’ECHA, dalla Com-missione europea o da altri organi-smi europei competenti in materia.

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Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

293/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

Prime valutazioni relative al settore della trasformazione della plastica sulla base della documentazione pervenuta a seguito dell’art. 8 del D.lgs. 102/2014

Come è noto il decreto 102/2014 obbligava le grandi imprese e le imprese energivore ad effettuare

una diagnosi energetica presso i propri siti entro il 5 dicembre 2015 e ad inviar-la ad ENEA entro il 22 dicembre 2015. Tale documentazione con quella ad essa relativa è stata opportunamente archiviata presso l’apposita banca-dati ENEA prevista del decreto stesso. Que-sto ha reso disponibile una significativa quantità di informazioni e di dati relativi all’intero sistema produttivo naziona-le. A tal fine ENEA ha iniziato studi ed analisi su alcuni settori produttivi al fine di individuare indicatori energetici ca-ratterizzanti tali settori. Uno di essi è stato focalizzato al settore industriale della trasformazione della plastica: tale settore svolge un ruolo di primaria im-portanza nel panorama nazionale, con una filiera integrata e strutturalmente legata all’industria petrolchimica. In Ita-lia gli occupati nel settore sono quasi 130000 in circa 9410 aziende (17% del totale UE-27) con un fatturato di circa 31 miliardi di Euro1.Le diagnosi energetiche relative a que-sto settore (Ateco 22.2) pervenute all’E-NEA sono circa 800. Ciò ne fa uno dei settori per il quale si ha il maggior nu-mero di diagnosi. Di queste quelle cor-redate dal “Format di riepilogo” e quindi immediatamente fruibili per elaborazioni ed analisi statistiche sono circa 300.Tali considerazioni hanno portato alla attivazione di una tesi di laurea con tiro-cinio presso il centro di ricerche ENEA “Casaccia” assegnata ad uno studente di Ingegneria Energetica dell’Universi-tà degli Studi di Roma Tor Vergata. Lo studio è volto all’individuazione di valori di benchmark specifici del settore della trasformazione di materie plastiche in prodotti di consumo. Tali valori sono necessari alle aziende trasformatrici nella redazione delle loro politiche ener-getiche ed in particolare delle diagnosi energetiche. Si ricorda infatti che il rap-porto tecnico UNI CEI/TR 11428:2011, norma che regola le diagnosi energe-tiche, richiede a chi redige la diagnosi il calcolo di un Indice di Prestazione Aziendale e il confronto di questo con un indice di prestazione obbiettivo.I dati pervenuti tramite “Format di riepi-logo” sono stati raccolti in un unico fo-glio di lavoro in modo che sia possibile analizzarli, facilitando la ricerca di mo-delli rappresentativi dei consumi ener-getici delle aziende. Si è cercata una correlazione tra volumi prodotti ed ener-

gia consumata ripetendo l’analisi per aziende appartenenti allo stesso codice Ateco. Tale indagine non ha portato a risultati soddisfacenti in quanto la clas-sificazione Ateco è fatta rispetto a ca-tegorie di prodotto finito (es. nel codice Ateco 22.22.00 relativo agli imballaggi in plastica rientrano sia i bidoni che le buste) e non prende in considerazione la particolare tecnologia di produzione che influenza in maniera preponderante i consumi energetici del sito. Si è do-vuto riorganizzare il lavoro, stabilendo per ogni sito quale fosse la tecnologia principale, tale azione non si è potuta effettuare utilizzando solo il “Format di riepilogo”, ma è stata necessario ana-lizzare i singoli rapporti di diagnosi. Si sono così potuti definire degli indici di prestazione a livello di sito. Tuttavia tali valori risentono della diversa gestione che ogni azienda attua nei confronti dei servizi ausiliari al processo e dei servizi generali, comunque si è potuto quanto-meno ricavare un’indicazione sull’indice di prestazione a livello di attività princi-pale. Pertanto, con lo scopo di arrivare a dei valori e a dei modelli il più possi-bile attinenti alla realtà, l’analisi ha preso due direzioni: 1. definizione di un albero dei consumi

caratteristico delle aziende in base al tipo di processo di trasformazione principale,

2. individuazione di un indice di prestazio-ne a livello di tecnologia di lavorazione.

Quest’ultimo punto ha destato l’atten-zione dei “player” di settore come l’as-sociazione costruttori di macchine per la trasformazione della plastica, nonché di numerose ESCo che hanno condivi-so, in forma anonima, con l’ENEA dati sui consumi energetici dei macchinari dei loro clienti. Dal confronto con questi soggetti, nonché dalla discussione con accademici, da anni impegnati nello stu-dio delle tecnologie di lavorazione della plastica, si è giunti alla definizione di un “Format di integrazione” che è stato in-viato alle aziende oggetto del presente studio. Tale ulteriore campagna di ac-quisizione dati è ancora in corso con un riscontro positivo da parte di un signifi-cativo numero di aziende.I valori degli indici di prestazione energe-tica e quanto emerso dallo studio ver-ranno dettagliati più approfonditamente in appositi rapporti e saranno la base di specifiche linee guida di supporto alle aziende nella redazione delle diagnosi energetiche, si ricorda che per la prossi-ma tornata di diagnosi (2019) è prevedi-bile l’obbligo di misurare in continuo fino ad un certo livello di dettaglio i consumi energetici e quindi queste linee guida potrebbero fare da supporto anche in tal senso alle aziende obbligate.

Domenico SantinoLuigi Casorelli

ENEA

1. Fonte: The European House – Ambro-setti, rapporto di ricerca “L’eccellenza della filiera della plastica per il rilancio industriale dell’Italia e dell’Europa”, set-tembre 2013.

30 gestione energia FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

F O C U S

Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

Industria ChimicaUn settore strategico per il Sistema Paese

Quello dell’industria chimica è un settore i cui investimenti sullo sviluppo di soluzioni e

prodotti innovativi, oltre che di pro-cessi sempre più efficienti, si riverbe-rano in modo cruciale sugli aspetti della vita quotidiana e sulla crescita dell’economia e della società tecno-logica e civile. Nonostante gli enormi passi avanti, nella nostra esperienza professionale ci troviamo spesso di fronte a realtà caratterizzate da as-senza di sistemi di diagnostica in grado di significare le performance energetiche e quindi mappare o pre-vedere l’andamento della competiti-vità del prodotto, oppure dalla pre-senza di architetture di monitoraggio che producono numeri poco signifi-cativi o interpretati in base a vecchie concezioni di analisi. D’altro canto, se oggi questo è un comparto anco-ra vivo nel tessuto industriale Italiano lo si deve alla sua capacità di farsi

affiancare da E.S.Co. come Avvenia nel percorso di efficientamento, oltre che alla sua sapienza professionale e sensibilità nel gestire intuitivamen-te tale tematica.Qualche numero per iniziare. Dal 1990 al 2012 le emissioni di gas “Serra”, sul totale in Italia, si sono ridotte ad un terzo del loro peso, comprovando, quindi, una maggiore attenzione alla sostenibilità ambien-tale del ciclo produttivo. Pensare ad un azzeramento è ovviamente utopico ed irrealizzabile ma, a tale impatto, fa da contro altare la ridu-zione drastica di climalteranti deri-vante dalle fasi di utilizzo di prodotti sviluppati all’interno e grazie all’indu-stria chimica o utilizzando i prodotti chimici stessi.Nella sua natura è uno dei setto-ri considerati come strategici per e nel Sistema Paese e su cui pos-sono maggiormente influire, nega-

Giorgio Mottironi

Avvenia

tivamente o positivamente, fattori esterni derivanti o legati alle carat-teristiche stesse del Sistema Paese, tra le quali il costo dell’energia – ul-timamente favorito dal quadro inter-nazionale, a nostro avviso, in rapida evoluzione e drastico cambiamento. Rispetto al costo dell’energia c’è stata un’elevata attenzione e sensi-bilità, non foss’altro perché gli studi delle federazioni di settore – Feder-Chimica nello specifico – mostrano come tale voce incida, in percentua-le, quasi quanto le spese per il per-sonale e più del margine operativo lordo; ovvero l’energia vale più degli introiti stessi. Inoltre il 64% di tale energia è di natura elettrica (21% Gas e 15% altro) ed è risaputo come in Italia tale vettore ha un prezzo su-periore del 30% alla media UE, e quasi il doppio che nella confinante Francia. Per un settore così globaliz-zato ed esposto ai trend macroeco-nomici internazionali, questo “delta” di valori potrebbe incidere pesante-mente sul livello di competitività.A difendere strategicamente il com-parto hanno sicuramente contribuito alcune scelte orientate alla raziona-lizzazione dei consumi, ovvero alla ben più nota “efficienza energetica. In questo, il know-how di AVVENIA ha contribuito spesso a fare la differenza.Il nostro approccio al comparto non è stato facile, per diversi motivi: la diversificazione delle tipologie di in-dustria ascrivibili, dalla farmaceutica ai polimeri plastici, cui consegue una marcata non omogeneità delle ripar-tizioni del peso dei consumi elettrici e termici sulle macro aree funzionali. La marcata tendenza a preoccupar-si ed occuparsi del solo prezzo di acquisto dei vettori energetici piutto-sto che di un suo uso efficiente, sfo-ciata nella proliferazione di impianti di produzione localizzati – CAR, a volte ampiamente giustificati ma, più spesso, vincolo per successivi svi-luppi di soluzioni interne all’aziende per condizioni contrattuali di “pick or buy”.I risultati delle più recenti analisi di AVVENIA, trasversali al poliedrico settore, sono legati all’esperienza “Diagnosi Obbligatoria da 102”, ed hanno mostrato la possibilità di in-tervenire lungo diverse direttrici: dal più semplice “hardware renewal” sino ad elaborate “Pynch Analysis” passando per interessanti recuperi

313/2016FOCUS Efficienza energetica nel settore dell’industria chimica

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di cascami termici. I margini per ul-teriori passi avanti e miglioramenti ci sono e di consistente entità. Basti pensare come molte aziende di questo comparto necessitino di gestire con accuratezza parametri ambientali come le temperature de-gli ambienti, di processo o meno, o dei fluidi termovettori, con impianti e macchinari sempre più stressa-ti, in determinate aree geografiche, da sempre più critiche condizioni climatiche esterne, rappresentate ad esempio da temperature estive sempre più alte.Da un punto di vista tecnico le dif-ficoltà che AVVENIA ha dovuto affrontare e superare sono ricon-ducibili alla tipologia di approccio di analisi; normalmente gli indici di performance costruiti dalle aziende sono di base o natura economica – ore uomo equivalenti, ad esempio -, mentre le rendicontazioni di pro-duzione sono obsolete o ricondotte addirittura a configurazioni di pro-cesso non più esistenti o a prodotti non più realizzati.A ciò si aggiunge la pressoché sem-pre riscontrabile presenza, come nel caso sotto riportato, di flussi produttivi altamente complessi, ca-

ratterizzati da passaggi intermedi estremamente variabili. Non è quindi assolutamente scontata la capacità di assegnare un grado di “energi-voricità”, elettrica e termica, nella realtà dei fatti spesso non coinci-denti, ad ogni prodotto o gruppi di prodotti. Soprattutto data la carenza di contabilità energetica, dovuta alla scarsità di monitoraggio della parte elettrica e quasi totale assenza della parte termica.Nonostante condizioni di partenza, ed al contorno, estremamente sfa-vorevoli, in una sola delle aziende diagnosticate da AVVENIA, è stato possibile individuare, su più sta-bilimenti tra i 2.000 ed i 4.500 tep di peso energetico, un totale di 15 interventi di efficientamento, per un CAPEX massimo complessivo su-periore ad 1,5mln di €. Di questi, 10 caratterizzati da un PBT (tempo di rientro dell’investimento) inferiore ai due anni e 5 inferiore ai 3 anni. Una situazione quindi estremamente ap-petibile e stimolante per intrapren-dere un percorso di efficientamento con garanzia dei risultati, ovviamen-te fornita da AVVENIA: i benefici pro-spettati, in termini di solo risparmio energetico, garantiscono tali rapidis-

simi tempi di rientro, incidendo sia sui consumi elettrici (kWh) che ter-mici (Smc), associati a percentuali di riduzioni variabili dal 5% al 100% a seconda dell’area di intervento – il tutto, teniamo a sottolineare, anche indipendentemente dal meccani-smo dei Certificati Bianchi.Per costruire e garantire la prospetti-va di tali risultati, si è dovuto applica-re tutto il know-how e le capacità in dote ad AVVENIA per una puntuale costruzione della base-line statica, e per una realizzazione di modelli che proiettassero, tramite numeri e dati significativi – informazioni quindi – gli scenari di assetto e performance energetiche future.Nel prossimo futuro siamo convin-ti che tale comparto, assieme ad società di consulenza come AVVE-NIA, potrà raggiungere nuovi livelli di competitività, in Italia, rilanciando anche i dati occupazionali, e supe-rando la sfida della sua dipendenza da fattori macroeconomici come il prezzo dell’energia. L’efficien-za energetica 2.0 sarà in grado di spostare focus ed attenzione alle metodologie di utilizzo dell’energia, trasformando essa stessa da costo a risorsa per lo sviluppo.

Esempio di dati di riassunto di interventi individuati e prospettati

Esempio flusso delle attività produttive di un’industria farmaceutica

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Il totale complessivo di investimenti realizzati per l’efficientamento energetico in Italia nel corso del 2015 è pari a 5,63 mld €. Tale valore di investi-

mento ovviamente non è equamente distribuito tra i diversi comparti: è il residenziale a guidare la clas-sifica (con il 53% del totale degli investimenti), se-guito dal comparto industriale (nel complesso circa 1,8 mld €, il 33%) e buon ultimo da terziario e uffici (inclusa la Pubblica Amministrazione), che cubano meno del 14% del totale degli investimenti.Gli investimenti negli ultimi 4 anni hanno seguito un trend positivo, passando dai 3,8 mld € investiti nel 2012 ai 5,6 mld € del 2015, con un significativo “scalino” fatto registrare nel corso del 2014, quando si è passati da 4 a 5,2 miliardi di euro di investimen-ti. “Scalino” che non si è invece ripetuto nel corso dell’ultimo anno, che pure ha fatto segnare una cre-scita dell’8%.All’interno di tale comparto, il fatturato complessivo per il 2015 degli operatori specializzati in efficien-za energetica -le ESCo- è stimabile in 1,43 mld €. Tuttavia l’ammontare degli investimenti realizzati in interventi di efficienza energetica è di 654 mln €, cui si aggiungono 454 mln € derivanti dalla gestione dei TEE ed infine il volume d’affare legato all’eroga-zione di servizi aggiuntivi, come ad esempio il «ser-

vizio calore» o la fornitura del vettore energetico, che vale nell’intorno di 330 mln €.Se si confrontano i 654 mln € di investimenti gestiti dalle ESCo con i 5,63 mld € di investimenti global-mente realizzati, ci si rende conto del “peso” relativo di questi operatori del mercato dell’efficienza. La grande parte degli interventi è infatti della tipologia «self-made», in cui l’operatore realizza “in casa” l’in-tervento di efficienza energetica, rivolgendosi gene-ralmente ad un fornitore tecnologico e sfruttando le competenze del proprio ufficio tecnico (se si tratta di un operatore industriale o del terziario) oppure più semplicemente i “consigli” degli installatori (se si tratta del residenziale o, in taluni casi, degli uffici).È indubbio che le ESCo abbiano difficoltà ad inserir-si nel settore della PA (dove la loro quota di mercato è di circa il 15%) e soprattutto in quello residenziale (con una quota attorno all’1%). Tuttavia, anche se ci si concentra sugli investimenti in efficienza energeti-ca dei settori alimentare, carta, chimica, prodotti per l’edilizia, meccanica, metallurgia, vetro e ceramica, GDO e hotel, che ammontano complessivamente a 1,42 mld €, le ESCO raggiungono una quota di mercato di “solo” il 21,2% sul totale. Dalla seguente figura emerge chiaramente inoltre come gli inter-venti “self made” siano decisamente preponderanti

Il ruolo delle ESCO nel mercato dell’efficienza energeticaMarco Guiducci • Consultant & Research FellowPolitecnico di Milano - Dipartimento di Ingegneria Gestionale

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quando si tratta di efficientare i processi core, con investimenti per oltre 922 mln € (che equivalgono a circa il 90% del totale) eseguiti direttamente dai “proprietari” del processo. Le ESCo effettuano so-lamente il 10% degli investimenti sulle attività core, ma arrivano ad oltre il 40% su quelle non core, dove si accaparrano una quota significativa del totale de-gli interventi di efficienza energetica.Le ragioni di tale differenza di peso delle ESCo ri-spetto agli investimenti su processi core o non core sono molteplici: da un lato è evidente come l’inter-vento su un processo core abbia delle specificità tecniche e settoriali tali per cui sia ancora ad oggi

difficile per le ESCo che operano sul mercato italiano – tutto sommato piccole dimensionalmente rispetto ai “clienti” (soprattutto quelli energivori) – sviluppa-re competenze adeguate e competitive rispetto a quelle già in possesso dei clienti. Dall’altro lato vi è ancora una forte riluttanza da parte degli operatori industriali a far entrare e “mettere mano” ai propri processi core a soggetti tutto sommato esterni al loro settore e per una finalità, il risparmio energetico, ancora non percepita come fondamentale. Infine è indubbio come le similitudini tra processi non core (servizio vapore, motori elettrici, aria compressa, ...) anche in settori diversi favoriscano invece per le

Figura 1. Ripartizione degli investimenti su attività core e attività non core

Figura 2. Matrice di classificazione dei settori

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ESCo il raggiungimento di effetti di scala e di scopo sulle competenze sviluppate.Al fine di stimare il grado di attrattività per le ESCo di ciascuno dei comparti analizzati, è stata schematiz-zata una matrice di classificazione che incrocia due dimensioni d’analisi:– la propensione all’efficienza energetica che mi-

sura il livello investimenti in soluzioni di efficien-tamento energetico realizzato in ciascun macro-settore;

– il tasso di penetrazione delle ESCo che misura invece la quota di interventi realizzati dalle ESCo rispetto a quelli “self made”.

Il risultato dell’incrocio delle due dimensioni – con l’indicazione dei valori medi (risultanti dalla rilevazio-ne empirica) di discrimine – è riportato in figura.È evidente come il quadrante più attrattivo per le ESCo sia quello in alto a destra e specularmente sia la parte in basso a sinistra della matrice quella a minore interesse. Il quadrante più attrattivo è però “vuoto”.Prendendo in considerazione solo le attività non core, il tasso di penetrazione delle ESCo nel set-tore alimentare e della meccanica si alza notevol-mente. In entrambi i settori il tasso di penetrazione delle ESCo è maggiore di 1 e ciò significa che gli investimenti realizzati dalle ESCo superano quelli «self made». L’aumento del tasso di penetrazione è importante anche nel settore chimico. Tuttavia lo shift verso destra dei settori con una maggiore pro-pensione all’efficienza energetica risulta piuttosto ridotto e perciò, anche considerando solamente le attività non core, nessun comparto industriale rien-tra nel quadrante più attrattivo.S può concludere quindi che il grado di maturità del mercato italiano per quanto riguarda l’efficienza

energetica è ancora piuttosto basso, se si consi-dera che il ricorso agli operatori è mediamente li-mitato e soprattutto per le attività non core. Anche la propensione all’efficienza energetica è complessi-vamente limitata, con il settore più avanzato (la car-ta) comunque fermo ad investimenti nell’ordine del 2,8% rispetto alla bolletta annua.Non è quindi un caso che manchino ancora settori “star”, dove si accoppi ad una elevata propensione all’investimento in efficienza una maggiore capacità di interfacciarsi con gli operatori dei servizi di effi-cienza energetica. Le ragioni di tale situazione sono da ricercarsi indubbiamente nella combinazione di diversi fattori, dalla ridotta propensione del sistema industriale ad “aprirsi” e ad investire in efficienza, alla difficoltà di ottenere finanziamenti rivolti all’efficienza energetica dal sistema bancario, alla difficoltà del-le ESCo di sviluppare progettualità e competenze adeguate a taluni interventi.Se è vero tuttavia che sono le ESCo a dover “spin-gere” il mercato dell’efficienza energetica, è neces-sario in prima battuta che siano loro a compiere un deciso «cambio di passo», adottando una duplice strategia: da un lato andando ad intaccare gli in-vestimenti «self made» delle imprese che già rea-lizzano numerosi interventi di efficienza energetica. Questo, come abbiamo visto, significa per le ESCo focalizzarsi sulle fasi core del processo produttivo, investendo in competenze e progettualità ampie e “di frontiera”. Dall’altro sfruttando i rapporti già piut-tosto consolidati con le imprese che stanno facen-do registrare investimenti più contenuti per incre-mentare il loro indice di «propensione all’efficienza energetica», favorendo la “salita” di queste imprese nel quadrante in alto a destra della matrice di clas-sificazione.

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L’iniziativa prioritaria per un’Europa efficiente sot-to il profilo delle risorse, avviata nell’ambito della strategia Europa 2020, promuove il passaggio ad

un’economia efficiente nell’uso delle risorse e a basse emissioni di carbonio per realizzare una crescita sostenibi-le. Promuovere un uso più efficiente delle risorse è essen-ziale per garantire la crescita e l’occupazione in Europa, in quanto consente di migliorare la produttività riducendo i costi e rafforzando la competitività. L’iniziativa delinea un quadro di lungo termine per gli interventi in diversi setto-ri, fornendo sostegno alle strategie in materia di cambia-menti climatici, energia, trasporti, industria, materie prime, agricoltura, pesca, biodiversità e sviluppo regionale. In linea con l’approccio seguito negli ultimi anni, il 2 di-cembre 2015 è stato pubblicato dalla Commissione Eu-ropea il pacchetto sull’economia circolare che intende promuovere la transizione dall’attuale modello di econo-mia lineare ad uno circolare e prevede una serie di azioni per la chiusura dei cicli nei processi produttivi e nel ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, con ricadute misurabili in termini di riduzione del consumo delle risorse e della pro-

duzione di rifiuti, aumento del riuso/riciclo delle materie prime e di benefici tangibili per ambiente ed economia. L’economia circolare è un approccio strategico all’economia fondato sul concetto di sostenibilità. Tale strategia è fonda-mentale per rafforzare la competitività del sistema econo-mico nazionale, aumentando la produttività delle risorse e raggiungendo la “chiusura dei cicli” (dalla progettazione alla produzione, distribuzione uso e smaltimento) tramite la ridu-zione del consumo, il riuso ed il riciclo delle risorse. Un’economia circolare deve essere caratterizzata da reti cross settoriali, da politiche di sviluppo basate sull’u-so efficiente delle risorse lungo tutto il loro ciclo di vita (nei processi di produzione, uso, consumo e fine vita) e sull’incentivazione alla creazione di nuovi business model e di soluzioni innovative di collaborazione tra imprese, cittadini ed istituzioni, che sono la spina dorsale per lo sviluppo di un modello sociale sostenibile.

Il “valore” dell’Economia CircolareIl modello di economia circolare, basato sull’innovazione lungo tutto il percorso di creazione del valore, sulla ra-

Uso efficiente delle risorse per la transizione dell’Italia verso l’economia circolareRoberto Morabito - Claudia Brunori • Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, ENEA

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zionalizzazione del ciclo produttivo e sul recupero degli scarti, presenta potenziali benefici in termini economici, sociali e ambientali quantificabili in diversi miliardi di euro.La prevenzione dei rifiuti, la progettazione ecocompati-bile, il riutilizzo e misure analoghe possono generare ri-sparmi netti per le imprese europee, a parità di tecnologie esistenti, per le imprese europee valutabili intorno a 600 miliardi di euro all’anno, ossia l’8% del loro fatturato an-nuo. I benefici valutabili per le imprese italiane sono pari a 12 miliardi di euro annui. A livello europeo, lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie innovative e l’ulteriore miglioramento dell’uso efficiente delle risorse potrebbe far incrementare tale risparmio fino al 24% del fatturato delle imprese entro il 2030 (Circular Economy in Euro-pe, developing the knowledge base; EEA report 2/2016; Commissione Europea - Scheda informativa, Pacchetto sull’economia circolare, Bruxelles, le 2 dicembre 2015). Tecnologie, metodologie e approcci sistemici per l’uso efficiente delle risorse e la chiusura dei cicli applicati a vari livelli su tutto il territorio consentiranno una transizione efficace verso l’economia circolare con ricadute positive ambientali ed economiche, soprattutto nel settore mani-fatturiero, in cui il costo delle materie prime incide oltre il 40% e fino al 60% sul prezzo finale dei beni prodotti.Gli impatti dell’economia circolare sull’occupazione sono stimati tra 1,2 milioni e i tre milioni di nuovi posti di lavoro di cui circa il 25% in Italia (Economic Growth Potential of

More Circular Economies, Green Alliance 2015).L’economia circolare, nella sua essenza, è un’eco inno-vazione sistemica che tramite nuovi modelli e strumenti di produzione e consumo vuole garantire il continuo miglio-ramento del benessere da un punto di vista economico, ambientale e sociale. In tale ottica “di sistema”, l’elemento centrale dell’economia circolare è la ridefinizione del mo-dello relazionale di collaborazione e condivisione non solo all’interno del sistema produttivo, ma anche con la filiera della distribuzione/utilizzo dei beni, con il più ampio sistema sociale (consumatori, famiglie, istituzioni..) e l’ambiente.

Implementazione sul territorioIl motore per la transizione verso l’economia circolare è l’eco-innovazione intesa come sviluppo di tecnologie, metodologie e approcci innovativi per la riduzione delle emissioni e per la chiusura dei cicli a vari livelli sul territorio (Figura 1): all’interno dei processi produttivi, tra industrie, in aree industriali, sul territorio e in generale nelle filiere di produzione e nell’intera catena di valore di prodotti e materiali.Uno degli strumenti di eco-innovazione sistemica più potenti per l’uso efficiente delle risorse sul territorio e all’interno di aree e distretti industriali è la simbiosi indu-striale, un sistema organizzato che favorisce e promuove il trasferimento di risorse tra industrie dissimili. Dal 2011 l’ENEA ha sviluppato 3 progetti di simbiosi industriale in

Figura 1. Economia circolare: applicazione a vari livelli sul territorio e nella catena del valore di prodotti e materiali (Fonte: Elaborazione ENEA)

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tre regioni d’Italia: il “progetto Eco- Innovazione Sicilia”; il “Progetto Green - Simbiosi Industriale” in Emilia Roma-gna e il progetto “Parco Industriale di Rieti-Cittaducale”. Le realizzazioni sul territorio includono l’implementazione della prima piattaforma di simbiosi industriale operante in Italia (Figura 2) e la realizzazione delle metodologia per

acquisire le risorse disponibili da parte delle aziende (ma-teriali di scarto, rifiuti, cascami energetici, capacità, servi-zi) attraverso la compilazione di specifiche tabelle input/output; la realizzazione di connettori logici tra le risorse disponibili da parte di una azienda ed i possibili settori di destinazione produttiva (Figura 3).

Figura 2. Piattaforma di simbiosi industriale ENEA (Fonte: Elaborazione ENEA)

Figura 3 Tavoli di lavoro sulla simbiosi industriale coordinati da ENEA.

Siracusa 28 marzo 2014

36 Aziende presenti

207 Risorse condivise

+ 160 Potenziali sinergie

Catania 25 ottobre 2014

36 Aziende presenti

210 Risorse condivise

+500 Potenziali sinergie

Bologna 10 febbraio 2014

23 Aziende + labs.

presenti

104 Risorse condivise

96 Potenziali sinergie

Rieti 25 giugno e 11

settembre 2015

27 Aziende presenti

132 Risorse condivise

38 Potenziali sinergie

Figura 3. Tavoli di lavoro sulla simbiosi industriale coordinati da ENEA

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Figura 4. Impianto pilota ROMEO presso C.R. Casaccia ENEA - Roma (Brevetti RM n.RM2013A000549, PCTIB201406513 e n. RM2015A000064)

La realizzazione di percorsi di simbiosi industriale con-sente di ottenere risparmi diretti per le aziende coinvolte in termini di costi per lo smaltimento in discarica e/o per la gestione degli sfridi da parte di un gestore ambientale (per l’azienda che fornisce la risorsa); in termini di mino-re costo di approvvigionamento per l’azienda che riceve tale risorsa. Complessivamente la simbiosi industriale consente, quindi, di ottenere soluzioni di tipo win-win, in cui tutti gli attori coinvolti possono trarre vantaggio dalle reciproche interazioni.Altro esempio di eco-innovazione, riguarda lo sviluppo di processi a basso impatto ambientale per il recupero di materie prime seconde ad elevato valore aggiunto da prodotti complessi a fine vita e scarti industriali. A tal ri-guardo, ENEA sta implementando una piattaforma del riciclo presso il C.R. Casaccia basata sull’utilizzo di tec-nologie idrometallurgiche che consentono il recupero selettivo con elevate rese di metalli preziosi ed altri ma-teriali. In particolare, ENEA ha sviluppato e brevettato un processo idrometallurgico per il recupero di oro, argento, rame, stagno e piombo da schede elettroniche sulla base del quale è stato progettato e realizzato un impianto pi-lota in scala pre-industriale (Impianto ROMEO, Figura 4) attualmente in fase di sperimentazione. L’impianto, carat-terizzato dal disegno flessibile e modulare, potrà essere utilizzato come banco di prova per sviluppare e testare altri processi idrometallurgici per il recupero di altri mate-riali da altre matrici complesse.

Una transizione necessariaL’uso efficiente delle risorse è una necessità per motivi ambientali, strategici ed economici.Dal punto di vista ambientale, occorre prendere atto che le risorse del Pianeta sono limitate così come la sua resi-lienza agli impatti antropici. L’aumento della popolazione e il conseguente aumento dei consumi e della produzione di rifiuti su scala globale pongono la questione delle risorse al centro del dibattito scientifico sullo sviluppo sostenibile.L’uso efficiente delle risorse è una priorità strategica po-litica, al fine di assicurare adeguati standard della qualità della vita dei propri cittadini e garantire un accesso sicuro e stabile alle materie prime.Infine, l’efficienza delle risorse impatta notevolmente sulla competitività del sistema produttivo. Il costo delle materie prime e la loro incidenza sul costo finale dei prodotti im-pongono iniziative eco-innovative in grado di aumentare la produttività delle risorse impiegate e di favorire l’eco-innovazione di processo, di prodotto, di sistema e delle modalità di consumo.La transizione da un’economia lineare ad una circolare è una necessità per tutti i Paesi ma ancora di più per l’Italia povera di materie prime critiche ma con una forte industria manifatturiera alla quale garantire un approvvi-gionamento stabile e sicuro di tali materie prime. In que-sto scenario risulta fondamentale l’apporto di ricerca e eco-innovazione per rafforzare la competitività della no-stra industria in chiave sostenibile.

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L’OSSERVATORIO

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Pubblicato il Rapporto FIRE-CEI-CTI 2016

sulla ISO 50001 Redazione Gestione Energia

sere integrati e valutati all’interno del pac-chetto di interventi della Energy Union, che vede misure legislative nell’efficienza ener-getica, nel mercato dell’energia elettrica, del gas naturale e delle fonti rinnovabili, e nel contrasto ai cambiamenti climatici.Analizzando gli aspetti normativi è emerso che questi primi anni di implementazione consentono di fornire dei suggerimenti di miglioramento dei contenuti della norma. Alcuni punti significativi sono:– perfezionare l’attività di diagnosi ener-

getica iniziale, la definizione di EnPI e la pianificazione dei sistemi di misura a supporto del SGE;

– migliorare il coinvolgimento e il ruolo del-la direzione;

– migliorare il coinvolgimento dei fornitori;– migliorare il rapporto tra obblighi buro-

cratici e efficacia del SGE;– semplificare l’accesso al SGE per le PMI;Risulta peraltro importante che gli OdC e gli esperti che supportano le imprese nell’im-plementazione dell’SGE pongano maggio-re attenzione a temi quali:– la formazione continua delle persone

coinvolte nell’SGE;– la disponibilità di competenze adeguate;– il coinvolgimento di tutte le funzioni

aziendali;– focalizzare le risorse economiche in ac-

cordo con la politica energetica dell’or-ganizzazione.

L’indagine fa emergete la necessità di por-re a corredo della ISO 50001 un contesto legislativo che premi l’adozione degli SGE. Ad esempio andrebbero valorizzate mag-giormente le imprese certificate nell’ambito degli adempimenti previsti per le diagnosi obbligatorie ex art. 8 del D.Lgs.102/2014, esplicitando che non è necessario per tali imprese presentare diagnosi in corrispon-denza degli obblighi successivi al primo, purché la certificazione rimanga valida. È inoltre utile verificare la possibilità di valo-rizzare i risparmi conseguiti grazie ai siste-

mi di gestione dell’energia nell’ambito dello schema dei certificati bianchi, con procedure di valutazione semplificate. A tale propo-sito è utile segnalare che alla data di pubblicazione del presente rapporto al-cune Regioni hanno pub-blicato le gare per il finan-ziamento di diagnosi ener-getiche e sistemi di gestio-ne dell’energia per le PMI in attuazione del D.Lgs. 102/2014. Lo studio è di-sponibile sul sito FIRE.

È stato pubblicato lo Stu-dio Indagine sui sistemi di gestione dell’energia cer-tificati ISO 50001 in Italia Evoluzione, problematiche e dati. Frutto di una colla-borazione tra la Federazio-ne Italiana per l’uso Razio-nale dell’Energia (FIRE), il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) ed il Comitato Termotecnico Italiano (CTI) il rapporto illustra lo stato di attuazione, le problema-tiche e l’evoluzione della norma UNI CEI EN ISO 50001 “Sistemi di gestione dell’energia”. L’indagine (che si basa sull’analisi di un campione significativo di organizzazio-ni certificate ISO 50001, di EGE operanti nel settore e di organismi di certificazione accreditati) conferma la crescita della cer-tificazione ISO 50001. Uno degli aspetti significativi emersi è che il solo campione di organizzazioni analizzate ha eseguito investimenti per circa 16 milioni di euro in azioni di miglioramento dell’efficienza ener-getica e ne ha programmati circa altrettanti nei prossimi anni. Questo a conferma che la ISO 50001 è una norma che promuove uno sviluppo sostenibile e che genera cash flow per le organizzazioni per investire in nuove iniziative.Lo stato di attuazione della norma vede l’Italia in una posizione intermedia nello scenario europeo con un numero di siti certificati inferiore a quello di altri Paesi (Germania e Francia tra questi) ed una pe-netrazione percentuale rispetto alle azien-de totali che ci vede arretrare ulteriormente in classifica. È probabile che questo divario porti, nel medio e lungo periodo, ad una di-minuzione della competitività delle imprese italiane per un minore impegno a consegui-re un miglioramento continuo della propria efficienza energetica. Inol-tre questa previsione po-trebbe essere amplificata dal fatto che il costo delle utilities all’utente finale è mediamente più elevato per effetto degli oneri ge-nerali di sistema che inci-dono in modo significativo sul prezzo dell’energia elettrica e del gas naturale. Vale la pena di sottolineare che quest’ultimo aspetto dovrebbe in realtà spinge-re ad una più diffusa ado-zione di sistemi di gestione

dell’energia.Le problematiche incontrate dalle o rgan i zzaz ion i possono esse-re ricondotte a quelle generali di adozione dei sistemi di ge-stione più che a particolari aspetti critici della ISO 50001. Quando l’implementazio-ne della norma si deve integrare con altri siste-mi di gestione già presenti (ISO

9001 o 14001) la gestione organizzativa e documentale è facilitata ma deve trovare comunque un suo equilibrio che valorizzi l’organizzazione stessa e non appesanti-sca la sua operatività.Informazione e formazione a tutti livelli or-ganizzativi sono le parole chiave per un maggiore coinvolgimento di tutti gli attori sulla tematica dell’efficienza energetica.Dall’indagine è emerso che le PMI trovano tuttavia difficoltà ad implementare un SGE e sarebbe auspicabile un percorso sem-plificato o per stadi successivi per questo segmento di mercato come si sta studian-do, sperimentando e proponendo in altri paesi europei. Nel campione analizzato hanno rappresentato il 9% del complessi-vo mentre a livello.

Evoluzione futuraL’evoluzione futura dell’SGE coincide da un lato con la maggiore diffusione e pro-mozione della norma stessa e dei benefici che la sua implementazione può portare all’organizzazione ed all’intero sistema del paese. I risultati ottenuti dallo Studio possono es-

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Roberto Vigotti • Coordinatore RE Industry Advisory Board della IEA e segretario RES4MED

Si ringrazia per la collaborazione Vincenza Vadrucci

COP 21: la via low-carbon per uno sviluppo sostenibile

La Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, che si è tenuta a dicembre 2015, si è conclusa con un accordo positivo, introducendo un obiettivo globale

che coprirà circa il 95% delle emissioni di gas serra. Circa 196 paesi si sono impegnati a mantenere l’aumento della temperatura media al di sotto dei 2 gradi, rispetto ai livelli pre-industriali, con l’obiettivo dichiarato di cercare di con-tenere l’innalzamento entro 1,5 gradi con ulteriori sforzi. Viene, inoltre, fissato l’obiettivo di raggiungere il picco del-le emissioni per poi raggiungere la “carbon neutrality” già nella seconda parte di questo secolo, prospettando così uno scenario ambizioso a medio e lungo termine.Molti sono i segnali di cambiamento a cui stiamo assi-stendo su scala mondiale nel campo dell’energia.I prezzi del petrolio stanno registrando una forte di-scesa, con i prezzi degli altri combustibili che si muo-vono in tandem in molte parti del mondo. Paesi tra cui l’India e l’Indonesia hanno approfittato del calo del prezzo del petrolio per portare avanti la graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili. Inoltre anche la Cina, che ha un ruolo decisivo nel guidare le tendenze globali nei consumi di energia, sta entrando

in una fase di grande trasformazione energetica. In questo processo di transizione, i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente non fanno eccezione. Negli ultimi anni, infatti, hanno mostrato importanti segnali di cambiamento e hanno stabilito, per gli anni a venire, importanti target di penetrazione delle rinnovabili nei loro mix di produzione elettrica. Tale Area, pur rappresentando il bacino di riser-va di idrocarburi più grande al mondo, da tempo ha inizia-to a sbloccare anche il proprio potenziale eolico e solare e, nel corso del 2015, si sono registrati circa 8 miliardi di dollari di investimenti in energie rinnovabili, con un trend di crescita di oltre il 40% rispetto all’anno precedente.La produzione di energia elettrica rappresenta circa i due terzi delle emissioni globali di gas serra (GHG) il che signi-fica che le azioni intraprese nel settore energetico sono fondamentali per affrontare la sfida del cambiamento cli-matico.La IEA stima che nel 2014 la nuova potenza installata è stata al 50% da energia rinnovabile. Questo è stato pos-sibile grazie a politiche di supporto e alla diminuzione dei costi di investimento, come ad esempio per il solare, con-tribuendo a fornire circa 130 GW di capacità addizionale

413/2016

PoliTiche, Programmi, normaTive

in tutto il mondo. Inoltre, l’aumento della generazione di-stribuita, dell’utilizzo delle smart grid e le nuove tecnologie di storage stanno rapidamente cambiando il modo in cui l’energia è fornita e utilizzata. Qualcosa di importante sta già accadendo: nel 2014 l’economia mondiale pur essen-do cresciuta del 3% non ha fatto rilevare un incremento delle emissioni di anidride carbonica provenienti dal set-tore energetico! Confermando questo trend di crescita, il 2015 è stato un anno formidabile per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Secondo REN21, l’aumento della capacità in-stallata con 147 GW, è senza precedenti. L’utilizzo delle energie rinnovabili anche come fonte di calore, ha conti-nuato a crescere e anche la diffusione di energia non fos-sile nel settore dei trasporti è in aumento. La generazione distribuita ha conosciuto un rapido sviluppo, contribuen-do a ridurre il gap tra la popolazione mondiale che ha accesso all’energia e la popolazione che invece ne è an-cora priva. Ricordiamo che oggi 600 milioni di persone in Africa sub-sahariana vivono senza accesso all’elettricità,

la metà del totale mondiale privo di energia, oggi pari a 1.2 miliardi. Incrementare l’accesso all’energia nelle aree rurali è una priorità. Le tecnologie green rappresentano già adesso le soluzioni più com-petitive per l’elettrificazione delle aree rurali, attraverso sistemi cen-tralizzati o decentralizzati. In tale contesto, le energie rinno-vabili possono giocare un ruolo fondamentale nel mix energeti-co mondiale futuro e hanno un alto potenziale di sviluppo anche come risposta alla necessità di elettrificazione e alla riduzione del-le emissioni globali. La transizione energetica in atto è possibile anche perché, come già detto, i costi associati alla installa-zione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, stanno drasticamente diminuendo rispetto ai costi attuali associati a impianti alimentati da combustibili fossili. Molti governi continuano a sostenere con le loro politiche la crescita delle rin-novabili, in particolare l’energia eolica e solare. In passato, si è spesso supposto, erroneamente, che uno dei driver della crescita delle rinnovabili fosse l’elevato prezzo del petrolio. L’elemento più rilevante per le sue implicazioni economiche e geostrategiche è stato recente-mente smentito in uno studio di Bloomberg New Energy Finance. Il report evidenzia come gli inve-stimenti nel settore delle rinnova-bili siano del tutto indipendenti dal trend del prezzo del petrolio. I dati

degli investimenti nelle rinnovabili dal 2004 al 2015 lo di-mostrano. Nel 2015 ad esempio, anno in cui i prezzi del petrolio collassavano, gli investimenti nelle rinnovabili a livello globale hanno raggiunto 329 mld$, il valore più alto di sempre, 5 volte superiori rispetto a 10 anni fa.Secondo la previsione della International Energy Agency (IEA) entro il 2040, l’energia prodotta da fonti rinnovabili raggiungerà il 50%; nell’Unione Europea intorno al 30%, in Cina e in Giappone e 25% negli Stati Uniti e India: al contrario, il carbone conterà per meno del 15% al di fuori dell’Asia. La necessaria transizione energetica globale è quindi in corso, ma non ancora a un ritmo capace di portare ad un’inversione duratura del trend di aumento delle emis-sioni di CO2. L’Accordo di Parigi segna un punto di svolta importante ma il processo di transizione va continuamente suppor-tato. La responsabilità di questo sarà sempre più affidata ai governi centrali dei paesi del globo, ma altrettanto fon-damentale sarà la responsabilità di ogni singolo cittadino.

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Circa 160 paesi che rappresentano oltre il 90% di emis-sioni a livello mondiale relative all’energia e alla popolazio-ne mondiale, hanno sottoscritto i loro impegni attraverso l’Intended Nationally Determined Contributions (INDC), ovvero l’insieme delle misure che gli stati intendono vo-lontariamente adottare per mitigare i cambiamenti cli-matici e contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi centigradi, possibilmente entro 1,5 gradi.Per supportare il processo, la IEA ha individuato “a Brid-ge Strategy”, che si basa su 5 azioni e che utilizza le tecnologie più avanzate per ridurre le emissioni, mante-

nendo allo stesso tempo la crescita economica. 1) Efficienza energetica: aumentare l’efficienza energetica

negli edifici, nel settore dei trasporti e nell’industria2) Riduzione del carbone: ridurre l’utilizzo delle centrali a

carbone meno efficienti, le più emissive in assoluto per la CO2

3 Investimenti: incrementare gli investimenti verso l’ener-gia prodotta da fonti rinnovabili (compreso l’idroelettri-co) di circa 400 miliardi di dollari l’anno fino al 2030

4) Riforma dei sussidi per i combustibili fossili inefficienti: eliminare gradualmente i sussidi per gli utenti finali

5) Riduzione del metano: ridurre il rilascio di metano in atmosfera nella produzione di petrolio e gas.

Nel World Energy Outlook la IEA rileva che l’Accordo di Parigi, per centrare l’obiettivo fissato, ha bisogno di alcuni ulteriori steps intermedi: – i target nazionali a cinque anni dovrebbero essere col-

legati a un percorso di decarbonizzazione nazionale e adeguate strategie, per assicurare la coerenza con i target climatici.

– si dovrebbe stabilire un ciclo di revisione quinquennale per valutare i progressi e rafforzare le azioni nazionali

– si dovrebbe infine impostare un solido framework tra-sparente per monitorare la transizione low-carbon.

L’Accordo di Parigi fornisce, infatti, un quadro legale necessario ma non sufficiente se non si affiancheranno azioni concrete e misurabili. Le sfide sono ancora tante e l’Accordo deve essere piuttosto considerato un punto di partenza e non un punto di arrivo. Istituzioni, organizzazioni internazionali e settore privato devono lavorare insieme per incrementare investimenti, ricerca e innovazione tecnologica. Una visione a lungo termine condivisa da tutti gli attori coinvolti fino al singolo cittadino, è di vitale importanza per fornire i giusti segnali per attrarre gli investimenti, per co-struire un settore energetico efficiente ed essere al centro degli sforzi internazionali per combattere il cambiamento climatico.

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NEWSNOTA INFORMATIVA

3/2016

Al fine di fornire un esempio pratico ed utile al proprio target di riferimento FIRE, organizza periodicamente delle giornate studio in azienda dedicate agli audit.

Il prossimo appuntamento è per il 6 dicembre presso la storica azienda casearia Latteria Soresina.

Durante il seminario verranno illustrati con un taglio pratico le procedure e gli strumenti per svolgere passo passo l’attività di diagnosi.

Si partirà dall’analisi documentale dei dati storici di consumo e di produzione, delle caratteristiche e della logica di funzionamento e gestione degli impianti, etc. Si passerà poi a una visita dei reparti e delle lavorazioni più energivore e a cui dedicare maggior attenzione.

Si passerà poi a una visita dei reparti e delle lavorazioni più energivore e a cui dedicare maggior attenzione.

Le evidenze raccolte durante la visita, insieme ai dati documentali, serviranno a valutare gli interventi più interessanti sotto il profilo economico ed energetico che verranno infine illustrati in una presentazione dei risultati al committente.

Il seminario si terrà presso la storica azienda casearia Latteria Soresina.

Si precisa che il seminario prevede una quota di partecipazione, scontata per iscrizioni e pagamenti che pervengano entro il 21 ottobre.

Per approfondimento si ricorda che Il D.Lgs. 102/2014, attuazione della direttiva 2012/27/UE, stabilisce una serie di misure atte alla promozione dell’efficienza energetica per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico.

La direttiva insiste sull’importanza delle diagnosi energetiche in tutti i settori: dalla PA, alle grandi industrie, alle PMI, ponendo obblighi di diagnosi energetica per alcuni soggetti. In particolare dal 5 dicembre 2015 dovranno eseguire diagnosi energetiche ogni 4 anni le grandi imprese e le imprese energivore.

Le diagnosi dovranno essere condotte da società di servizi energetici, esperti in gestione dell’energia o auditor energetici.

Già nel D.Lgs. 115/08, recepimento della Direttiva 2006/32/CE, si richiedeva agli enti normatori un impegno a sostegno delle diagnosi. Il risultato è il rapporto tecnico UNI CTI TR 11428:2011, mentre a livello europeo è stata pubblicata la EN 16247:2013.

Al fine di evitare spiacevoli disguidi, è necessario contattare la segreteria organizzativa prima di avviare la procedura d’iscrizione ai numeri: 06 30.48.36.26 – 06 30.48.35.38.

La FIRE si riserva inoltre il diritto di chiudere anticipatamente le iscrizioni qualora si raggiungesse il numero massimo di partecipanti.

CORSO IN AZIENDAAudit energetico in azienda – Latteria Soresina

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D A L L E A Z I E N D ENEWS

Un agenitor 312 NG, il più potente della serie di unità di cogenerazione ottimizzate dell’azienda tedesca, fornisce energia elettrica e termica per il processo produttivo di un’a-zienda veneta specializzata nella verniciatura del legno. L’impianto, che è appena stato avviato dopo una messa in opera a tempo di record, ha una potenza elettrica di 450 kW ed una termica di 481 kW, con rendimenti rispettivamente del 41 e del 43,8%, per un rendimento totale rispetto al gas naturale utiliz-zato dell’84,8%. L’unità è installata in un container standard insonoriz-zato a 65 db(A) a 10 metri.L’energia elettrica viene utilizzata per le utenze interne allo stabili-mento. Quella termica, recuperata dalle camicie di raffreddamento dei cilindri e dai fumi di scarico, tramite uno scambiatore di calore produce acqua calda che viene immessa nella rete di distribuzione interna della fabbrica. L’acqua calda, che

prima dell’installazione veniva pro-dotta utilizzando tradizionali calda-ie a fiamma, viene principalmente usata per alimentare i forni di essi-cazione, dove le parti in legno ver-niciate vengono fatte asciugare in modo rapido ed uniforme. Il cliente opera su 1 o 2 turni, secondo i cicli di produzione, e stima di potere uti-lizzare il cogeneratore per almeno 4000 ore/anno.L’unità di cogenerazione agenitor 312, attualmente la più potente del-la serie agenitor di 2G, si basa su di un motore endotermico a gas a 12 cilindri, specificamente ottimizzata dalla divisione 2G Drives per esse-re utilizzata in ambito cogenerativo. La linea agenitor, disponibile in ver-sioni specifiche per alimentazione a gas naturale o biogas, copre una gamma di potenza compresa tra 80 (solo biogas) e 450 kW elettrici. I modelli attualmente commercializ-zati dispongono di package e unità di controllo elettronico C-Series, la

terza generazione di casa 2G.“Il nuovo impianto, realizzato a tempo di record – commenta Christian Manca, CEO di 2G Italia – rappresenta uno dei frutti della nostra rinnovata strategia rivolta al mercato italiano della cogenerazio-ne e trigenerazione a gas natura-le. I settori industriali e dei servizi si rivolgono con sempre maggiore interesse, nonostante l’instabilità normativa, alla cogenerazione/tri-generazione, perché permette loro di risparmiare nell’immediato sulla bolletta energetica, ma soprattut-to come strumento competitivo a medio-lungo termine. Spesso l’in-stallazione di un cogeneratore si accompagna con l’efficientamento di tutto il processo produttivo. La nostra strategia nel gas naturale, che privilegia accordi e collabora-zione con i più innovativi speciali-sti di impianti e processi industriali e con le E.S.Co., si dimostra così vincente.”

Un impianto di cogenerazione per l’industria della verniciatura del legno2G Italia fornisce l’unità di cogenerazione ottimizzata della linea agenitor per un innovativo impianto in un’azienda veneta specializzata nella verniciatura del legno

2G Energy AG

2G Energy AG, con sede a Heek in Germania, è uno dei maggiori produttori mondiali di sistemi di cogenerazione. Fondata nel 1995, ha installato ad oggi circa 4500 centrali di cogenerazione in 39 paesi, fatturando 152,9 milioni di euro nel 2015 con 580 dipendenti in tutto il mondo. www.2-g.com

2G ITALIA 2G Italia è nata nel 2011 e ad oggi ha installato nel nostro Paese oltre 130 motori di cogenerazione alimentati a gas naturale e a biogas nei mercati dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi. La sede aziendale è situata a Vago di Lavagno in provincia di Verona dove è presente il magazzino ricambi e da dove viene gestita l’assistenza tecnica (24h) dislocata sul territorio.www.2-g.it

Contatti Ufficio Stampa: Updating Olga Calenti – [email protected] – Cell. +39 348 98

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NORMATIVA

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Le risposte ai Soci

Cosa offriamo✔Un sito web (www.fire-

italia.it) dedicato ai di-versi aspetti del settore energia, che permette di averne una visione com-pleta dal punto di vista normativo e tecnico.

✔Per i soci è previsto un servizio di consulenza on-line e telefonica che permette di avere il parere dei nostri esperti.

✔La possibilità di richiedere consulenze, studi di fattibilità e monito-raggio normativo a richiesta.

✔L’organizzazione di corsi di aggiornamento professionale, di conve-gni e di incontri su temi di interesse comune.

✔La rivista trimestrale “Gestione Energia” e le pubblicazioni FIRE.

Se un Comune intende avviare una diagnosi energetica su un edificio di sua proprietà (non parliamo di soggetto all’obbligo del 102), questa deve essere seguita e redatta da un EGE certificato?

No. Non deve essere necessariamente un EGE (anche se il comune potrebbe richiederlo o premiarlo nel bando di gara).

Per essere nominato energy manager da un’azienda è necessario conseguire la certificazione EGE?Quali sono i casi in cui è necessario certificarsi EGE?

L’incarico da energy manager nominato può continuare ad essere svolto senza necessariamente essere un EGE certificato o autocertificato.La certificazione EGE di un soggetto interno ad un Ente/azienda nominante si rende necessaria per partecipare direttamente al meccanismo dei certificati bianchi o qualora una grande impresa o un soggetto energivoro intendano eseguire la diagnosi obbligatoria (art. 8 D.Lgs. 102/14) in proprio.

Devo attivare una richiesta di TEE per un intervento di sostituzione ed installazione di lampade ad elevata efficienza in un capannone industriale.Dove posso trovare informazioni sul tema?

Si segnala la guida ENEA sull’illuminazione pubblica, che sebbene riguardi un altro tipo di illuminazione contiene algoritmi e suggerimenti che possono essere presi come riferimento per essere adeguati, con degli aggiustamenti, anche all’illuminazione per interni.

Vorrei qualche delucidazione in merito agli energy performance contract (EPC).

Lo strumento degli EPC è utilizzato ormai da tempo nell’industria nel terziario, nella P.A. per realizzare interventi di vario genere, dagli impianti di illuminazione pubblica e di interni alla cogenerazione, dai sistemi di riscaldamento e raffrescamento alla riqualificazione di interi edifici o processi. Per arrivare al successo è necessario che siano verificate una serie di condizioni. Maggiori informazioni ed approfondimenti sono disponibili sul sito FIRE.

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Norma CEI 64-8/8-1 “Efficienza energetica degli impianti elettrici”www.ceinorme.it

Pubblicati sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA) i Capitolati Speciali Conto Termico 2.0www.gse.it

DECRETO 4 agosto 2016 del Ministero dello sviluppo economicoDefinizione delle condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell’energia di cogenerazione ad alto rendimento ottenuta a seguito della riconversione di esistenti impianti a bioliquidi sostenibili che alimentano siti industriali o artigianali. (16A06005) (GU Serie Generale n.192 del 18-8-2016)www.gazzettaufficiale.it

Delibera 21 luglio 2016 - 421/2016/R/efrContratto-tipo ai fini dell’erogazione degli incentivi previsti dal decreto interministeriale 16 febbraio 2016, relativi a interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabilihttp://www.autorita.energia.it

Certificati Bianchi: obbligo di certificazione per le ESCo e gli Energy Managerwww.gse.it

Pubblicate le Istruzioni Operative per i soggetti titolari di impianti a biomasse e bioliquidi che volessero usufruire della possibilità di modificare il regime di calcolo della tariffa incentivante ex Certificati Verdi.www.gse.it

Scambio sul posto: pubblicate le Regole Tecniche per il calcolo del contributo in conto scambio a partire dal 2016www.gse.it

Decreto 23 giugno 2016 del Ministero dello sviluppo economico Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. (16A04832) (GU Serie Generale n.150 del 29-6-2016)www.gazzettaufficiale.it

Delibera 09 giugno 2016 304/2016/I/eelhttp://www.autorita.energia.it Le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico: aggiornamentiwww.agenziaentrate.gov.it

Rapporto annuale sulle aste di quote di emissione (EU ETS)-2015www.gse.it

Principali indicatori relativi ai diversi meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili 2013-2018www.gse.it

Studio sul potenziale nazionale di applicazione della cogenerazione ad alto rendimento e del teleriscaldamento efficientewww.gse.it

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Formazione

SElEZIONA AZIENDE PRESSO lE quAlI ORgANIZZARE SEmINARI DI FORmAZIONE SullE DIAgNOSI ENERgEtIChELa FIRE seleziona aziende presso le quali organizzare giornate di formazione sulle diagnosi energetiche.I seminari sono rivolti a un numero limitato di soggetti esterni che intendono formarsi nell’esecuzione di diagnosi energetiche.I seminari, tenuti da esperti FIRE ed EGE certificati SECEM, hanno un taglio pratico e per questo si svolgono nei siti produttivi delle aziende coinvolte. Se sei un’azienda e sei interessata ad organizzare con noi una giornata studio compila il form presente sul sito www.fire-italia.org e ti ricontatteremo.Numerose sono state finora le aziende coinvolte in queste attività tra le quali Ilte, Saturn, Acraf-Angelini, Cesare Fiorucci, Varem, Pierburg Pump Technology, Lavazza, etc.

FORmAZIONE ON lINE DI FIRENell’ambito della formazione specialistica si consolida la formazione on line FIRE che si struttura in:– WEBINAR: lezioni online di un’ora complessiva che attraverso la rete permettono di informarti e formarti direttamente da dove vuoi ad

accesso gratuito. Vai al calendario presente sul sito FIRE.– CORSI ON lINE: corsi che approfondiscono gli argomenti più rilevanti del settore. I corsi on line sono a pagamento e sono strutturati in

diversi moduli.Il calendario è presente sul sito FIRE

CORSI DI AggIORNAmENtO PER ENERgy mANAgER IN COllABORAZIONE CON l’ENEALa FIRE collabora con l’ENEA nella programmazione didattica e nell’attività di docenza relativamente ai corsi di formazione e aggiornamento professionale per energy manager che l’’ENEA organizza sul territorio nazionale su indicazione della Legge 10/91 (art. n. 19).Tali corsi hanno una durata standard di cinque giornate e trattano gli argomenti di interesse tipico per le attività degli energy manager. Per fornire alle aziende alla ricerca di personale esperto e aggiornato sui temi energetici dei nominativi da contattare, è disponibile un elenco dei partecipanti ai corsi per Energy Manager ENEA-FIRE.È previsto uno sconto per i soci FIRE.Per ulteriori informazioni si rimanda alla pagina dedicata: http://timesheet.bologna.enea.it/corsi_energia.

CORSI REAlIZZAtI Su RIChIEStA DI AZIENDEOltre ai corsi già programmati è possibile attivarne altri a richiesta, sia a favore di Associazioni, Ordini professionali ed Enti Locali, sia rivolti a grandi aziende che necessitino di formare il pro prio personale assegnato alla gestione dell’energia.I corsi in tal caso sono realizzati in base alle esigenze del richiedente ed ai suoi obiettivi. La durata può andare dalla mezza giornata, per quelli monotematici, a varie giornate nei casi in cui si richieda l’approfondimento di singoli temi o la trattazione di argomenti complessi. Fra i soggetti che hanno richiesto corsi alla FIRE negli anni segnaliamo: Assopetroli, ENEL, Ferrovie dello Stato, FIAT, Finmeccanica, H3G, Galbani, Telecom, ordini professionali e associazioni di categoria.A tale proposito è possibile inviare una mail all’indirizzo segrete [email protected] ulteriori informazioni si rimanda alla pagina dedicata del sito FIRE: www.fire-italia.org

SEmINARI DI APPROFONDImENtO FIRELa FIRE organizza seminari tecnici di approfondimento avvalendosi in primo luogo delle proprie risorse e poi di una rete di esperti, compresi funzionari ENEA. Sono previsti degli sconti sulle quote d’iscrizione riservati agli associati alla Federazione. Alcuni dei temi affrontati nei seminari FIRE:• Il meccanismo dei certificati bianchi;• Incentivi per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili;• Modalità di conduzione di audit energetici, comprese le giornate in azienda;• Le ESCO e i servizi energetici;• Studi di fattibilità per interventi tipici di efficientamento energetico;• Certificazione delle ESCO e dei sistemi di gestione dell’energia;• Contrattualistica energetica;• Forniture di energia elettrica e gas naturale;• Cogenerazione e altre soluzioni di generazione elettrica e termica.Per ulteriori informazioni si rimanda alla pagina dedicata del sito FIRE: www.fire-italia.org

La formazione FIRE ha l’obiettivo di agevolare un’ampia diffusione della cultura energetica su tutto il territorio nazionale, proponendo ai suoi interlocutori una chiave per accedere con maggiore preparazione e consapevolezza al mondo del lavoro.

3 novembre - 5 dicembre 2016CORSO ON LINE • “Fondamenti di energy management”. Corso di preparazione all’esame per la certificazione in EGE secondo la UNI CEI 11339Settima edizione del corso on line “Fondamenti di energy management” di preparazione all’esame per Esperti in Gestione dell’Energia.

martedì 8 novembre 2016 • Rimini Fiera, Expo CentreEventi FIRE a Key Energy 2016FIRE a Key Energy con un proprio stand e con 2 appuntamenti convegnistici dedicati alle metodologie di misura e verifica dei risultati, in particolare il protocollo IPMVP, e ai Titoli di Efficienza Energetica

martedì 6 dicembre 2016 • Soresina (CR), Latteria SoresinaCORSO IN AZIENDA • Audit energetico in aziendaIl seminario illustra con un taglio pratico procedure e strumenti per svolgere passo passo l’attività di diagnosi. Il seminario si terrà presso una delle aziende italiane più all’avanguardia nel settore caseario.

Mercoledì 25 gennaio 2017 • MilanoCORSO IN AULA • Il protocollo di misura e verifica delle prestazioni (IPMVP) ed esame per la certificazione CMVP*