Genova che osa

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GENOVA CHE OSA sabato 28 gennaio COMMENDA DI PRÈ GENOVA #reteasinistra

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GENOVA

CHE OSAsabato 28 gennaio

COMMENDA DI PRÈ

GENOVA

#reteasinistra

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#reteasinistra è un laboratorio politico, uno spazio di sperimentazione di nuove pratiche politiche e organizzative che riunisce soggetti collettivi e singoli, partiti e associazioni.

Alle elezioni regionali abbiamo ottenuto il 10% e abbiamo eletto un consigliere regionale, Gianni Pastorino.

A Genova abbiamo superato il 13% e in alcune zone della città, ad esempio nel centro storico, arriviamo al 20%.

Da ormai quasi tre anni stiamo portando avanti un progetto di cambiamento per la Liguria.

Negli ultimi mesi stiamo lavorando a “ProssimaGenova” un percorso partecipato per scrivere insieme il programma per le prossime elezioni.

1Studio sociale, economico e demografico della città quartiere per quartiere. Con approfondimenti su periferie, giovani, bilancio comunale, sicurezza e legalità.

2Tre tavoli di lavoro divisi su periferie,

welfare e sviluppo economico in cui abbiamo iniziato a raccogliere idee e proposte su:

progetto Erzelli, mobilità, decentramento, riuso degli spazi, riqualificazione urbana, diritto

alla casa, migranti e accoglienza…

3Una campagna di ascolto sia attraverso internet che in strada. Il nostro obiettivo è svolgere 5mila conversazioni.

Tutti i resoconti e appunti sono qui: medium.com/reteasinistra

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Genova è a un bivio, può continuare il lento declino della sua fase industriale oppure può trovare una nuova identità, decidendo che tipo di città vuole essere in futuro, e deve farlo ora.

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Una proposta che riguarda il censimento degli spazi e degli immobili presenti in città per caratteristiche, condizioni e proprietà al fine di creare, in una prima fase, un database digitale e pubblico e, in una seconda fase, un piano di pedonalizzazioni, recuperi e

demolizioni volto a ridare fiato a Genova.

La nostra città infatti eredita una struttura urbana soffocante che è figlia del periodo

industriale e non è adatta a creare le migliori condizioni di vita, né in termini di benessere generale, né con riguardo alle prospettive per i giovani e opportunità occupazionali, né sotto il profilo determinante

dell’invecchiamento attivo (il 28,1% della popolazione ha 65 anni o più). Le pedonalizzazioni sono rivolte a creare spazi di vita per le persone, in una città che, a confronto coi grandi Comuni, ha tra i peggiori indicatori di vivibilità.

Le pedonalizzazioni devono essere accompagnate da patti d’area per promuovere servizi ed eventi caratteristici per zona. Una proposta molto simbolica, per quanto molto centralizzata, piò riguardare la chiusura al traffico del sistema di Piazza e Via Colombo, Quadrilatero di

Genova Italia Torino Bologna Firenzearee pedonali (m2/100 ab.) 45,8 28,4

aree verdi (m2/ab.) 6,3 32,2 24,1 28,0 19,3

orti urbani (m2/100 ab.) 0,6 18,4 220,7 42,0 19,5

piste ciclabili (km/100 km2) 0,5 18,9 137,4 76,3 87,084,6 84,6 84,7 85,2 85,979,5 79,8 80,0 80,9 81,3

mortalità per tumore (decessi/10.000 ab. 20-64 anni) 9,6 9,1 9,4 9,3 8,1mortalità per demenze (decessi/10.000 ab. 65+ anni) 32,8 26,2 28,9 26,1 24,3

Tempo dedicato alla mobilità (min. medi/studenti e lavoratori) 27,2 23,4 26,1 24,7 24,1Reti urbane di trasporto pubblico locale (posti annui al km/ab.) 4.861,0 4.794,0 7.144,8 4.029,2 5.941,7

98,2

Speranza di vita (anni) donne

6,4

Speranza di vita (anni) uomini

33,4

RECUPERO DEGLI SPAZI

(dati ISTAT UrBes 2012 e 2013 o ripresi dalle nostre ricerche)

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Via Brigata Liguria-Mura di S. Chiara, Via XX Settembre-Via Roma-Via XV Aprile-Piazza Fontane Marose, Piazza Sarzano.

Il recupero d’immobili pubblici non destinabili ad alloggi, che sono sparsi anche tra società partecipate e loro derivate (solo nel 2016 SPIM, cioè la società immobiliare del Comune, ha messo in vendita immobili per un valore complessivo di 2,3 milioni; IREN ha ottenuto immobili per il valore di 10 milioni di euro dalla ex SportInGenova), è il pezzo della proposta rivolto a creare opportunità di lavoro per i giovani. Secondo il modello di molte città dall’importante storia industriale (Essen, Berlino, Manchester), l’amministrazione comunale capace di mettere a disposizione di attività creative e imprenditoriali un vasto numero di spazi a canone quasi simbolico e senza filtri in accesso e complessi sistemi di bandi crea condizioni favorevoli al fiorire di attività produttive e di posti di lavoro in settori qualificati e

competitivi. Inoltre, rivolgere questa proposta in particolare alla creatività giovanile avrebbe un valore simbolico importante e di guida per la città.

L’incremento dei livelli di disoccupazione nell’area metropolitana si è concentrato in particolare nelle fasce più giovani.

I GIOVANI E LA CRISI

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Il reddito medio dei giovani che dichiarano ai fini IRPEF è poi spiccatamente basso.

Genova segue in classifica le principali aree metropolitane settentrionali per numero di start-up (che sono solitamente attività economiche più giovani).

Contemporaneamente, Genova ha un problema di mancanza di cittadini più giovani, che si è andato acuendo nel tempo e deve essere affrontato.

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Anche perché l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno tipico dei Paesi più benestanti e un effetto positivo dell’innalzamento della qualità della vita, una così grave riduzione dell’insieme di residenti giovani è invece una questione problematica che accomuna Genova a poche altre aree dell’Unione Europea.

La cronica mancanza di opportunità in città sta impoverendo il sempre più ristretto gruppo della popolazione giovanile, nella misura in cui il numero di quelli più istruiti e benestanti fugge in numeri sempre più consistenti dalla città verso l’estero.

Questa seconda parte della proposta sul recupero degli spazi è strettamente legata alla prima sulle pedonalizzazioni laddove in un ottica di riqualificazione dei quartieri gli spazi vuoti devono essere riempiti con cosiddette “attività intelligenti”, quali appunto iniziative culturali ed imprenditoriali, a fronte della diversa evoluzione del tessuto commerciale che tende a seguire e

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non precedere i movimenti della popolazione per ragioni di studio e lavoro.

Il terzo pezzo della proposta infine riguarda il recupero degli alloggi pubblici e per lo più privati oggi vuoti tramite un impiego concentrato di risorse europee. Il criterio guida

dell’azione amministrativa su questo pezzo di proposta riguarda un diverso modo d’intendere la funzione nell’amministrazione comunale, come un soggetto che non si limita a gestire

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l’ordinario ma mette in sinergia le forze cittadine e passa per accordi con la Regione, le associazioni dei proprietari immobiliari e i singoli proprietari. La funzione è triplice. La ristrutturazione di alloggi in modo da renderli conformi ai più avanzati standard ambientali persegue uno colpo ambientalista, d’impulso al settore edilizio creando posti di lavoro qualificati e di recupero di sbazi a fini abitativi. Infatti, parte della proposta prevede accordi coi privati per affitti a canone concordato. La proposta s’inserisce in un contesto di disagio abitativo cui l’edilizia popolare non dà adeguata risposta, soprattutto nelle fasce più giovani che cercano casa, di abbandono e degrado edilizio (oltre 30.000 alloggi vuoti, 51% di case in cattive condizioni a Prè), di crollo dei valori immobiliari (fino a 10, 15% in un anno a seconda dei quartieri).

650 milioni

fondi europei disponibili in Liguria

30000 nuovi posti di lavoro in Liguria

32900 case sfitte a Genova

50% immobili del centro storico in

pessime condizioni

314milioni fondi PSR

157milioni fondi FESR

178milioni fondi FSE

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Lavorare sugli affitti serve anche a smontare almeno a livello locale una consolidata politica di sostegno all’acquisto degli alloggi, generalmente fondata sul mito degli Italiani proprietari della casa, che ha un maggiore costo in rapporto ai benefici per le casse pubbliche e incentivando i cittadini all’indebitamento tende a favorire più le banche di chi cerca alloggio.

Un’evoluzione necessaria laddove possibile e richiesta del pezzo di proposta sul recupero degli immobili riguarda le demolizioni. Su questa parte il Comune ha acquisito esperienza con i casi di Via Giotto e Brignole; le demolizioni possono essere l’unica via praticabile per ridare fiato ai quartieri più oppressi dal cemento, sia per ridare spazi alla cittadinanza, sia per mitigare il rischio idrogeologico. Questa parte d’interventi non può costituire il pezzo principale della proposta sugli spazi, ma un elemento essenziale in una pianificazione precisa.

Nell’insieme delle proposte che seguono questa è quella che più organicamente risponde alle tre crisi contestuali di Genova (del lavoro, della popolazione e delle periferie) perché riguarda uno sforzo di rimodellamento del tessuto urbano secondo un modello di sviluppo sostenibile sotto differenti profili, fino a quello idrogeologico.

La proposta riguarda la creazione di una zona universitaria nel Centro storico, secondo il modello di Bologna, in sinergia con l’UNIGE e facendo leva sul punto precedente dato l’alto numero di alloggi sfitti che si concentrano in questi tre quartieri dopo il crollo demografico dell’ultimo secolo (da 51.809 abitanti del 1951 a 20.367 del 2011, cioè il 61% di residenti in meno).

L’UNIVERSITA’

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A fronte della situazione demografica, l’UNIGE non è attrezzata ad attirare studenti in città. Il dato riguarda gli studenti dall’Italia.

Riguarda anche gli studenti del programma Erasmus.

Nel complesso, l’UNIGE è tra gli Atenei o sistemi di Atenei metropolitani quello con il minor numero di studenti in rapporto alla popolazione.

Chiaramente è un problema di offerta didattica quanto è un problema di attrattività in generale del sistema cittadino, ma un intervento promosso dall’amministrazione comunale che parta dal secondo problema darebbe

LA FUGA DEI CERVELLI

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un impulso all’offerta universitaria e sarebbe un ulteriore elemento verso il tentativo di contrastare la crisi demografica.

Sul tema degli alloggi e considerato che in Centro storico si misurano alcuni dei più alti tassi di anziani soli (dal 19 al 22% degli over 75) si possono anche tentare degli esperimenti di coabitazione secondo un criterio di solidarietà intergenerazionale e modelli nordeuropei dove ogni studente si può pagare l’affitto in ore di compagnia e aiuto alle persone anziane.

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La proposta consiste nell’istituzione di un reddito minimo d’autonomia comunale secondo il modello di Bari. Lo strumento consiste di un assegno mensile e un insieme di servizi per garantire a tutti una vita dignitosa, al fine di promuove dei percorsi di autonomia personalizzati secondo i bisogni: studio, formazione, collocamento, educazione, terapia, riabilitazione o assistenza. Affinché sia una sperimentazione efficace, dovrà essere selettivo secondo le condizioni economiche e potrà essere universale solo nella fascia dei giovani (a esempio 25-34 anni).

Pensiamo quindi a un assegno mensile rivolto ai giovani per aiutarli a superare la soglia di povertà assoluta (819 €/mese per il giovane che vive solo), proporzionale al bisogno e alle condizioni economiche di provenienza, assieme a un sistema di servizi messi in rete dal Comune per aiutare a trovare una casa e un lavoro. Il processo burocratico per accedere deve essere il più semplice possibile. Il Comune ha il compito di mettere a sistema i servizi pubblici, le associazioni del Terzo Settore e il tessuto imprenditoriale per dare una prospettiva alla scommessa sui giovani. Si può immaginare un unico

ufficio comunale preposto a gestire il reddito minimo, il sistema degli spazi per le attività creative e imprenditoriali e degli alloggi in affitto, cosicché lo stesso giovane possa trovare in uno stesso luogo le risposte necessarie ad avviare un percorso di autonomia. L’esigenza di rivolgere questo strumento innanzitutto ai giovani e sostenuta dalle precedenti considerazioni sul reddito, l’occupazione e la situazione giovanile in generale. Nella misura in cui il Comune, per erogare il reddito con efficacia, deve offrire dei servizi, possono essere messi in rete anche i servizi di talent garden e sviluppo d’imprese di FILSE in un contesto più organico.

Con 20 milioni all’anno il reddito può raggiungere una platea di 2.000 e al massimo 4.000 giovani beneficiari residenti in città sul totale di 55 mila 25-34enni.

REDDITO MINIMO D’AUTONOMIA

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Il reddito minimo va pensato come una forma di emancipazione contro la crisi dell’attuale sistema economico-sociale, perché se tutti sono messi in condizione di vivere possono dare il loro contributo nella società. È la strada per muoversi verso un diverso modello economico se non vogliamo lasciare ai giovani solo la via della precarietà. Dovrebbe essere stabilito a livello nazionale, se non europeo, noi l’abbiamo chiesto almeno a livello regionale: anche il Comune può farlo in scala per dimostrare che funziona. A Genova in particolare il reddito minimo serve come un investimento per creare un contesto che permetta ai giovani di restare in città e mettersi in gioco. Il reddito è anche una politica di welfare preventivo, dove Genova spende davvero poco in politiche sociali (136 €/ab., solo Palermo fa peggio tra i grandi Comuni, rivolti per il 99,5% all’assistenza e solo per lo 0,5% alla prevenzione). La cifra di 20 milioni per il reddito d’autonomia corrisponde a circa 33 € pro capite.

Famiglie in povertà.

64000

140 milioni

Famiglie in difficoltà.

164000

I fondi necessari a livello regionale

disoccupazione giovanile

40%

59000 disoccupati

ufficiali

68000 neet e altri

93milioni

taglio spese gestionali e fondo di riserva

21milioni

taglio spese consiglio regionale

5milioni

taglio spese per i dirigenti

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L’economia della condivisione (o economia collaborativa) è un sistema economico fondata su pratiche sociali di condivisione, collaborazione e cooperazione. È un modello basato anche su logiche sociali che rimette in discussione la distinzione tra produttore e consumatore che non opera secondo i tradizionali modelli economici. Secondo il funzionamento delle piattaforme digitali, l’economia della condivisione incrocia esigenze locali con un sistema fondato su relazioni, reputazione e fiducia sociale all’interno della comunità.

L’economia della condivisione fa ricorso a tecnologie nuove e un uso

intensivo dei dati; in scala locale può offrire servizi o spazi o materiali in forma condivisa oppure dare vista a sistemi di welfare tra pari costruiti sulle esigenze anche di singoli edifici.

Un lavoro dell’amministrazione comunale di sostegno all’economia della condivisione può essere poi l’occasione di declinare in termini concreti gli studi sulle smart city portati avanti dall’UNIGE.

Il Comune può favorire attività nell’economia della condivisione a livello locale lavorando sul tema degli spazi, la leva fiscale e l’assistenza

burocratica degli uffici, a esempio secondo il modello di Milano.

Una politica comunale per l’economia condivisa interviene sul tema demografico, nella misura in cui può produrre servizi a misura della larga fetta di popolazione anziana, del lavoro in cui creare opportunità di lavoro per i giovani e delle periferie, perché oltre costituire attività locali funzionali ai bisogni locali aiuta anche a riempire i vuote nelle periferie con attività intelligenti.

ECONOMIA DELLA CONDIVISIONE

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Seguendo il discorso sul soffocamento della città, in collegamento colla proposta di pedonalizzazioni, bisogna avviare un ragionamento di riduzione del traffico privato e potenziamento del traffico su mezzi pubblici. La proposta quindi è definire come in altre città europee (Madrid, Parigi) una progressiva riduzione del traffico privato.

La proposta deve riguardare il tema delle infrastrutture per il trasporto pubblico e la società di gestione.

La parte delle infrastrutture è così strutturata: (1) il raddoppio della linea ferroviaria di Ponente (Voltri- Terralba), che lascerebbe una linea metropolitana di superficie col raddoppio delle stazioni in quella che

è la linea attuale, ora bloccata perché l’appalto è stato dato con un ribasso insostenibile, (2) la tramvia in Valbisagno che questa Giunta ha deciso di non fare con fondi europei (la quota del Piano operativo metropolitano – PON dedicata a Genova) con una scelta che va ribaltata, (3) il potenziamento della metropolitana (fermata di Corvetto e almeno prolungamento fino a San Martino), (4) la funicolare di Erzelli che si può fare con gli oneri di urbanizzazione e lo spostamento della stazione FS a valle, (5) un forte e dedicato collegamento dell’aeroporto al centro città con un servizio di navette dedicato; nel rafforzamento delle opere infrastrutturali, si può immaginare come (a parte la direttrice di Corso Europa) la mobilità sui bus

MOBILITA’

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lungo la costa possa quasi scomparire a favore di un servizio circolare indirizzato alle colline che si riversi sulle direttrici orizzontali composte da metropolitana di superificie-metropolitana-tramvia.

La parte sulla gestione riguarda la trasformazione di AMT e ATP in una nuova società nella forma di cooperativa d’utenza che partecipi alla gara per la gestione del trasporto pubblico nel territorio metropolitano

genovese, che sarà indetta da Città metropolitana di Genova nel 2017.

In una prospettiva di gestione intelligente e integrata della mobilità, la nuova cooperativa d’utenza dovrebbe incorporare anche le aziende di parcheggi (Genova Parcheggi s.p.a. che già ingloba Genova Car Sharing s.r.l.).

Si tratterebbe di un’operazione di rilievo metropolitano: il Sindaco di Genova è anche Sindaco metropolitano.

Lo statuto della cooperativa deve prevedere clausole di democrazia interna che assicurino la migliore gestione, scelta dei dirigenti più preparati e la tutelino da indebite ingerenze politiche. Le condizioni di legge del bando prevedono possano partecipare solo imprese il cui capitale sociale è pari al 20% del valore dell’affidamento: poiché il servizio di trasporto nel bacino metropolitano è valutato in 90 milioni, il capitale minimo è fissato in 18 milioni; al

Raddoppio della linea ferroviaria di Ponente (Voltri- Terralba)

Tramvia in Valbisagno

Potenziamento della metropolitana

Funicolare di Erzelli

Collegamento dell’aeroporto al centro città

1

3

2

4

5

5 nuove

infrastrutture

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consuntivo 2015 AMT s.p.a. aveva un capitale sociale di 11 milioni, mentre la CGIL parla di 9 milioni, e ATP s.r.l. ha un capitale di 1 milione. Colla costituzione della società cooperativa si può immaginare di costituire un cospicuo capitale sociale, considerato che AMT avrebbe 55/65 mila abbonamenti annuali (sottoscrittori individuali) e circa 370 mila mensili (almeno altri 31 mila sottoscrittori individuali) e che secondo una ricerca della Provincia di Genova nel 2003 il 27% dei residenti si spostava con gli autobus, immaginando un conferimento sociale di 100 € (per legge le azioni in una cooperativa devono andare da 25 a 500 €) per 230 mila soci (il 27% della popolazione metropolitana) si tratterebbe di un nuovo capitale da 23 milioni. I Comuni e la Città metropolitana potrebbero ulteriormente intervenire nella veste di soci sovventori.

La società cooperativa sarebbe una via di mezzo intelligente tra il servizio privatizzazione, che non solo è

impossibile per le leggi vigenti ma è spesso piagato da interferenze politiche che causano inefficienze e sprechi, e la privatizzazione che spoglia di ogni forma di controllo pubblico e gestione secondo interessi collettivi. Sarebbe anche un’alternativa meno costosa per i cittadini di strumenti come la tassa di scopo a volte proposta. A differenza delle società comunali la cooperativa garantisce che l’attività sia svolta secondo principi di sostenibilità economica e il potere politico non possa influenzare indebitamente le scelte dirigenziali, inoltre sono facilitati gli investimenti. A differenza del modello di società privata tradizionale, il modello cooperativo assicura una gestione democratica (una testa, un voto; anziché la logica del mercato dove pesa di più chi ha più capitale) e attenta agli interessi collettivi del servizio pubblico. Rispetto a entrambi i modelli, la forma della cooperativa d’utenza assicura una responsabilità e il controllo pubblico del servizio. Il

modello della cooperativa d’utenza scardina poi il sistema basato sul principio del cittadino-cliente/consumatore, per un modello dove il cittadino è socio e parte della società che eroga il servizio. Il trasporto pubblico è un diritto primario dei cittadini: la città è il luogo per antonomasia dove ci si muove; è un cartine per far vivere la città ed evitare che diventi una federazione di periferie scisse tra loro; è un motore di opportunità; serve a promuovere lo sviluppo economico, perché il problema logistico di Genova è di mobilità interna ed esterna. Il numero di passeggeri trasportati all’anno da AMT è sceso del 13% dal 2008 al 2014, Genova nel 2014 era penultima solo davanti a Verona tra i grandi comuni del Centro-Nord in termini di domanda di trasporto pubblico e sempre nel 2014 Legambiente dava a Genova la peggiore performance per gli sforamenti giornalieri ai limiti di legge sulla concentrazione di ozono. La costruzione della cooperativa non avrà solo effetti positivi sulla direzione

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dell’azienda in termini di controllo pubblico e recisione delle ingerenze politiche, di maggiore attenzione alle tariffe e alla qualità del servizio ma dovrebbe anche contribuire a promuovere l’uso del trasporto pubblico nella qualità di bene comune (anche per un valore affettivo). La cooperativa può funzionare a Genova perché conosciamo l’alto valore civico dei nostri concittadini e il tessuto di cooperative in città è ricco e vario. L’investimento sul trasporto pubblico come vero bene comune e il suo rafforzamento esponenziale sono essenziali per definire un progetto di Genova come città senza traffico privato entro 20 anni: per le sue caratteristiche, Genova che è una città che soffoca su sé stessa non può permettersi più la congestione di traffico privato esistente, che non sono frena lo sviluppo economico ma danneggia salute e qualità della vita. Il trasporto pubblico è anche essenziale per favorire l’invecchiamento attivo, assieme alla presenza di spazi pubblici, perché serve a creare un contesto

urbano dove gli anziani hanno motivo e modo di muoversi; è anche una forma di welfare preventivo, perché gli anziani (e i cittadini in generale) che si muovono, e si muovono in una città non ingorgata, si ammalano di meno e vivono più in salute.

L’operazione a regime su AMT-ATP può portare a un servizio più efficace ed efficiente. Se a questo conseguisse un risparmio, il Comune di Genova può andare a ridurre l’esborso di almeno 15 milioni/anno.

La parte infrastrutturale va costruita con una visione complessiva che includa la pianificazione de i fondi: il raddoppio ferroviario è già finanziato e destinato a Genova, i fondi PON allo stesso modo esistono già e indirizzati a Genova e gli oneri di urbanizzazione di Erzelli sono già concordati vanno solo distolti dai parcheggi; va costruito il finanziamento della metropolitana: non fidandoci del Patto per Genova di Renzi le risorse devono venire dalla

programmazione europea come si è già fatto per il tratto di Brignole.

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“che VOLA SOLOCHI OSA FARLO.”- miagolò Zorba.

“Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante” - miagolò Zorba.” Ah sì? E che cosa ha capito?” - chiese l’umano.

Luis SepulvedaStoria di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare