forse ha un DSA A5 · 2020. 5. 17. · ritardo con gli apprendimenti, forse perchè ha un DSA,...

26
GENITORIEDSA.WORDPRESS.COM MAURIZIA GUDERZO FORSE HA UN DSA come lo dico a mamma e papà? una guida per gli insegnanti

Transcript of forse ha un DSA A5 · 2020. 5. 17. · ritardo con gli apprendimenti, forse perchè ha un DSA,...

  • G E N I T O R I E D S A . W O R D P R E S S . C O M

    M A U R I Z I A G U D E R Z O

    FORSE HA UNDSA

    come lo dico amamma e papà?

    una guida per gliinsegnanti

  • Ebook a cura di Maurizia Guderzo,medico specialista in neuropsichiatria infantilee autrice con Giacomo Stella del libroDisturbi del linguaggio parlato e scritto - Criteri diagnostici

    I edizione gennaio 2017

  • Indice dei contenuti

    INTRODUZIONE 4

    LE EMOZIONI DEI GENITORI 6

    LE EMOZIONI DEGLI INSEGNANTI 9

    GLI INTRECCI EMOTIVI 12

    SCAMBIO E CONFRONTO PACIFICI SONOPOSSIBILI? 15

    CONSIGLI PRATICI 17

    TRE ERRORI DA EVITARE 23CONCLUSIONI 25

    RISORSE UTILI 26

    3

  • INTRODUZIONE

    Che cosa provano i genitori quando si sentono dire che il

    loro bambino ha qualcosa che non va? Che potrebbe

    avere una difficoltà dal nome misterioso: DSA, o magari

    quasi impronunciabile: discalculia?

    Se siamo genitori anche noi, lo sappiamo benissimo: il

    dolore è la prima emozione che affiora, ma, in rapida

    successione, ne seguono molte altre, fra cui il dubbio di

    aver sbagliato qualcosa, l'ansia per il futuro del bambino,

    il desiderio di negare il problema, la rabbia verso il latore

    del messaggio.

    Per gli insegnanti non è facile affrontare l'ingrato

    compito di comunicare qualcosa che susciterà un simile

    magma emotivo. Dal quale a volte si può essere tentati di

    distanziarsi. Magari congelandosi in un atteggiamento

    “professionale”, oppure rimandando la comunicazione.

    Esiste però un terzo modo: comunicare la cattiva notizia

    in modo partecipe e umanamente caldo, senza perdere

    di vista le proprie emozioni da un lato e le proprie

    competenze e conoscenze dall'altro, per poterle mettere

    a disposizione dei genitori.

    Da dove partire? Sicuramente dalla riflessione sulle

    4

  • emozioni coinvolte: quelle dei genitori e quelle degli

    insegnanti. E dalla consapevolezza di come possano

    intrecciarsi, rischiando a volte di sfuggire di mano.

    Per poi valutare quali possano essere i metodi migliori

    per comunicare con i genitori su questo argomento (ma

    anche su molti altri altrettanto “scomodi”).

    I colloqui con i genitori possono essere un aspetto

    spiacevole per i docenti, ma adeguatamente affrontati

    possono diventare anche un momento gratificante di

    elevata professionalità.

    5

  • LE EMOZIONI DEI GENITORI

    I colloqui con gli insegnanti sono un piacere per i

    genitori quando hanno un figlio “bravo”. Sentir parlare

    bene del suo impegno, delle sue capacità e in generale

    del piacere di averlo in classe fa sentire capaci e

    competenti: abbiamo saputo mettere al mondo e educare un

    perfetto esemplare umano.

    Che succede, invece, se il genitore si sente dire che il

    proprio figlio ha qualche problema a scuola? Che non

    impara come gli altri oppure si comporta male?

    Il dolore è la prima emozione.

    Innanzitutto, perchè i figli sono oggetto d'amore:

    immaginarli a scuola, a disagio perchè non riescono a

    fare quello che si chiede loro, fa male. Tanto male quanto

    se quel disagio lo si vivesse in prima persona. Spesso

    molto di più.

    Ma esiste anche una causa più sottile di dolore. I figli

    sono oggi più che mai vissuti dai genitori come una parte

    di sé, depositari di sogni, ambizioni e desideri per il

    futuro. Quando i sogni si infrangono contro una

    difficoltà imprevista, il dolore scaturisce dalla delusione,

    da ciò che non potrà più essere, una sorta di lutto per un

    futuro che non si verificherà.

    6

  • Al dolore spesso si affianca subito una sensazione di

    inadeguatezza (non siamo stati bravi genitori? dove abbiamo

    sbagliato?) e spesso di colpa (se solo ci fossimo accorti che... se

    solo avessimo fatto... se solo …).

    Cui si aggiunge l'ansia per il “problema”, tanto maggiore

    quanto meno se ne sa: mi state dicendo che è poco

    intelligente? Che non imparerà mai a leggere/scrivere/fare

    calcoli? Che non potrà andare avanti a studiare?

    Al dolore, all'ansia, alle sensazioni di inadeguatezza e di

    colpa, può poi subentrare la rabbia, una forma di difesa

    da queste emozioni “difficili”.

    Il passo dal dolore alla rabbia può essere più o meno

    breve, a seconda della personale soglia di tolleranza e

    capacità di gestione delle emozioni. Questa a sua volta

    dipende dalla storia di ciascuno di noi, genitori o

    insegnanti che siamo.

    La rabbia è in genere rivolta contro gli insegnanti: non

    sanno insegnare ..., non hanno capito mio figlio...

    Talvolta la rabbia si rivolge contro il bambino: è

    svogliato... non ha voglia di studiare... lo metterò sotto a

    studiare e il problema si risolverà...

    Infine, nella mente del genitore si fa strada la negazione:

    macchè DSA, adesso vi siete inventati questa storia della

    dislessia, mio figlio non ha niente che non va, ha ancora solo

    voglia di giocare... Può succedere già nel corso del

    colloquio, oppure più tardi a casa, dopo aver avuto il

    tempo per digerire la notizia sgradita. Talvolta viene

    verbalizzata, talaltra resta inespressa.

    7

  • In realtà, molte delle emozioni descritte possono restare

    inespresse, ciò non significa, però, che i genitori non le

    provino. Quasi tutti, infatti, le verbalizzano quando ne

    hanno la possibilità durante il colloquio con il

    neuropsichiatra infantile o lo psicologo che apre la

    valutazione per un sospetto DSA.

    8

  • LE EMOZIONI DEGLI INSEGNANTI

    E gli insegnanti?

    Le difficoltà dei bambini sono motivo di sofferenza

    anche per loro.

    Anche gli insegnanti, infatti, possono sentirsi

    incompetenti (sarà davvero un DSA o avrò sbagliato

    qualcosa io? come mai ho tanti DSA nella mia classe... forse il

    problema è il mio metodo didattico?). Una sensazione che

    oggi affiora facilmente, considerato il carico di attese nei

    confronti dei docenti.

    Si chiede loro di essere perfettamente aggiornati sugli

    ultimi ritrovati della pedagogia, capaci di appassionare i

    bambini all'apprendimento, competenti sulle normative

    vigenti, disponibili al lavoro in équipe, emotivamente

    sempre equilibrati, e molto altro.

    Talvolta, gli insegnanti possono sentirsi in colpa per

    presunti errori (forse avrei dovuto usare un metodo diverso...).

    Spesso sono addolorati nel comunicare cattive notizie

    (come faccio a dirlo senza provocare troppo dolore?) e non di

    rado anche spaventati (e se si arrabbia?).

    Non dimentichiamo, infatti, che oggi gli insegnanti non

    godono più di quella protezione che un tempo garantiva

    loro il ruolo professionale. Quarant’anni fa raramente

    dovevano gestire l’ira dei genitori, perchè godevano di un

    9

  • prestigio e di una sorta di aura che li tutelava. Oggi

    questa protezione è pressochè scomparsa e gestire le ire

    dei genitori può essere particolarmente difficile.

    Dolore, sentimenti di inadeguatezza e di colpa, ansia nel

    dare una cattiva notizia possono essere difficili da

    tollerare anche per gli insegnanti. Soprattutto, se si

    intrecciano con le manifestazioni rabbiose dei genitori.

    Allora può succedere che inconsciamente l'insegnante si

    liberi delle emozioni sgradevoli e attribuisca ogni

    responsabilità al genitore: è lui che non ha saputo crescere

    bene suo figlio, non sono io che non so insegnare... se ha messo al

    mondo un figlio dislessico io che ci posso fare?

    Alcuni insegnanti accompagnano a questo un vero e

    proprio congelamento emotivo: prendono le distanze

    dalle emozioni dei genitori, si trincerano dietro un

    atteggiamento freddo e impersonale, danno la notizia in

    modo brusco e frettoloso

    Altri insegnanti rimandano all'infinito il momento della

    comunicazione con i genitori, ritardando però così la

    diagnosi del bambino e la possibilità di aiutarlo.

    Inutile dire che in questo modo si creano le premesse per

    il proprio burn-out.

    Gestire le emozioni nel modo visto sopra, infatti, non

    aiuta a vivere in modo soddisfacente il proprio lavoro.

    Può conseguirne il ritrovarsi esauriti, privi di interesse e

    di energia per il lavoro, insofferenti e frustrati, spesso

    anche in aree diverse della propria vita (burn-out, cioè

    10

  • bruciati).

    Difficilmente, poi, si riesce a costruire un clima di

    alleanza con i genitori. E, soprattutto, si perdono di vista

    il bambino e i suoi bisogni.

    11

  • GLI INTRECCI EMOTIVI

    Il cocktail emotivo dei colloqui può diventare esplosivo

    quando la rabbia domina la scena.

    I genitori, che un tempo ingoiavano bocconi amari senza

    reagire e si arrangiavano a gestire le difficoltà dei figli,

    oggi facilmente agiscono almeno a parole la propria

    sofferenza. Spesso rivolta contro gli insegnanti.

    Purtroppo, altrettanto spesso rivolta contro il proprio

    figlio, “colpevole” di farli soffrire con le loro difficoltà.

    Peraltro lui pure addolorato e spaventato dalle emozioni

    di mamma e papà.

    Se gli insegnanti agiscono anch'essi la propria sofferenza

    passando al contrattacco, si arriva ad un reciproco

    scambio di accuse che porta inevitabilmente a trascurare

    il bambino, le sue difficoltà e, soprattutto, la sua

    sofferenza.

    Non dimentichiamo, infatti, che il bambino è in forte

    sintonia con le emozioni degli adulti, anche quando

    sembra disinteressarsene. E sentire di deludere i genitori

    (ma anche la maestra) lo fa soffrire acutamente.

    I genitori possono così attribuire la "colpa" delle difficoltà

    del proprio figlio alle scarse competenze professionali

    dell'insegnante, al quale oggi si chiede (se non addirittura

    12

  • pretende) non solo di saper insegnare ed essere sempre

    aggiornati sulle metodologie didattiche più efficaci, in

    particolare sui DSA, ma anche di essere fini psicologi,

    verso i bambini così come verso i loro genitori.

    Gli insegnanti possono, dal canto loro, imputare le

    responsabilità delle difficoltà del proprio alunno alle

    scarse competenze educative dei genitori:

    il bambino è stato poco stimolato (dunque è in

    ritardo con gli apprendimenti, forse perchè ha un

    DSA, sicuramente perchè non è stato cresciuto in

    modo adeguato),

    troppo stimolato (dunque fa fatica a stare attento, il

    che si somma al DSA nel rendergli difficile

    l'apprendimento),

    poco educato alla convivenza civile (dunque non sa

    stare fermo nel banco e magari è aggressivo verso

    compagni e maestre; quindi non solo ha forse un

    DSA ma è pure maleducato),

    troppo inibito (dunque non sa interagire con i

    coetanei, non partecipa alla lezione, e che abbia o

    no un DSA non può imparare).

    Dimenticando che anche il ruolo dei genitori è oggi

    sempre più difficile: mancando riferimenti certi per

    crescere futuri adulti equilibrati, i genitori si trovano a

    assemblare la propria esperienza di figli (più o meno

    consapevolmente), i consigli ricevuti da parenti e amici,

    13

  • quelli letti sui vari media, distillando il tutto in scelte

    pedagogiche talvolta discutibili, destinate ad intrecciarsi

    in modo imprevedibile con le influenze sociali (coetanei,

    altre figure educative come insegnanti, allenatori, ecc.).

    Spesso con esiti poco positivi per i figli.

    In questo modo ciascuno vede solo la propria fetta di

    difficoltà e non la fatica dell'altro, pretendendo una

    irraggiungibile perfezione.

    Purtroppo, è quello che succede quando il clima emotivo

    si scalda e la gestione delle emozioni si fa difficile.

    Difficile però non vuol dire necessariamente impossibile.

    14

  • SCAMBIO E CONFRONTO PACIFICI SONO POSSIBILI?

    È vero che esistono ed esisteranno sempre persone

    “difficili”.

    Può trattarsi di genitori o insegnanti.

    Persone con una soglia di tolleranza alla sofferenza così

    bassa da rendere difficile o addirittura impossibile

    qualsiasi scambio pacifico e proficuo nell'interesse del

    bambino.

    Se insegnanti difficili e genitori difficili si incontrano, lo

    scontro è inevitabile.

    In tutti gli altri casi, possiamo pensare che la ricetta sia

    semplice, ma allo stesso tempo difficile da realizzare. Ci

    vogliono:

    1. Empatia, la capacità di metterci nei panni altrui, o

    ancora meglio nelle loro scarpe, che talvolta sono

    strette e scomode. Va sicuramente al primo posto:

    se sappiamo comprendere le emozioni e il punto di

    vista altrui siamo già al 50% del percorso.

    2. Impegno nel cogliere il lato positivo delle

    persone, anziché privilegiare una visione negativa.

    Quando una persona si sente autenticamente

    apprezzata (o sente autenticamente apprezzato il

    proprio figlio) è più incline a dialogare in modo

    sereno.

    15

  • 3. Capacità di non perdere mai di vista il fine

    ultimo degli incontri: il bambino. Le cui esigenze

    dovrebbero sempre restare al centro dell'attenzione

    dei suoi educatori. Genitori e insegnanti, in questo

    caso.

    La ricetta, come dicevo, è semplice; realizzarla un po'

    meno. Nelle prossime pagine vedremo come provarci.

    16

  • CONSIGLI PRATICI

    Ecco alcuni consigli per tradurre in pratica i concetti

    teorici e comunicare ai genitori il sospetto di un DSA:

    Preparare prima il colloquio.

    Riflettere sulle caratteristiche positive del

    bambino, sul suo contributo speciale alla vita

    della classe.

    Raccogliere le idee sulle sue difficoltà ,

    possibilmente preparando quaderni o altro

    materiale scolastico da mostrare ai genitori.

    Reperire materiale per spiegare i DSA in

    modo comprensibile per i genitori.

    Ricordarsi che alcuni genitori potrebbero non

    aver mai sentito parlare di dislessia o averne

    idee distorte.

    Quattro i concetti importanti da “passare”:

    un DSA non è segno di scarsa

    intelligenza,

    né di pigrizia,

    non è una malattia,

    è un modo diverso di elaborare le

    informazioni.

    Fissare il colloquio in un momento tranquillo e

    in uno spazio riservato.

    Evitare il giorno dei colloqui con tutti i genitori: si

    17

  • sarebbe costretti a concluderlo in breve tempo per

    lasciare il posto alle altre famiglie.

    Per gli stessi motivi meglio non fissare il colloquio

    nell'orario immediatamente antecedente l'orario di

    inizio delle lezioni o quello subito successivo,

    magari mentre il bambino viene mandato a giocare

    con i compagni (e si chiede preoccupato che cosa

    dirà la maestra a mamma e papà).

    Si tratta di un colloquio delicato che sarà

    certamente favorito da un contesto rilassante e non

    stressante per tempi e luoghi.

    Aprire il colloquio con una descrizione positiva

    del bambino.

    È il momento di riportare il contenuto delle

    riflessioni sulle sue caratteristiche positive, le sue

    qualità speciali e uniche, il suo contributo alla vita

    scolastica.

    Cercare di trasmettere il piacere che si prova ad

    averlo in classe (naturalmente, solo se autentico).

    Avviare il colloquio (qualunque colloquio) in questo

    modo predispone un clima emotivo favorevole,

    all'interno del quale si possono dare anche

    comunicazioni difficili.

    Spiegare le difficoltà del bambino per gradi.

    Descrivere con calma le difficoltà del bambino

    portando molti esempi pratici. Questo spesso porta

    il genitore a ritrovarsi nella spiegazione: è vero, me

    ne sono accorto anch'io, pensavo dipendesse da... mi ero

    18

  • preoccupato anch'io e volevo parlarne con lei...).

    Avanzare il sospetto di un DSA, spiegando senza

    fretta di che si tratta e che cosa comporta.

    Non dare niente per scontato: non tutti i genitori

    sanno che cosa significhi DSA o dislessia. O magari

    lo sanno in modo superficiale.

    Fare attenzione, in particolare, a quei genitori che

    non fanno domande: sono quelli che temono di

    sembrare ignoranti.

    Purtroppo, però la la scarsa comprensione è madre

    della rabbia: il genitore che non ha capito che cosa

    sia il DSA è quello che arriva, poi, dallo specialista

    imbufalito contro gli insegnanti. Perchè nella

    confusione generata dalla poca comprensione ha

    frainteso e gli è arrivato un messaggio distorto,

    fonte di sofferenza: che il figlio sia

    malato/handicappato/stupido.

    Prestare attenzione alle reazioni dei genitori, a

    ciò che dicono, ma anche a ciò che non esprimono

    apertamente. Sintonizzarsi con le loro emozioni.

    Mettersi nei loro panni, sforzandosi di immaginare

    che cosa si proverebbe al loro posto. E modulare

    conseguentemente la comunicazione:

    i genitori sembrano addolorati o adirati?

    Aiuta mostrare comprensione verso le

    emozioni che provano, legittimandole: capisco

    che la presenza di difficoltà in vostro figlio vi possa

    addolorare e possa spingervi a pensare che

    19

  • dipendano da errori miei o delle mie colleghe, mi

    sentirei anch'io così al vostro posto...vi assicuro

    però che stiamo cercando di trovare come aiutare il

    vostro bambino... se c'è qualcosa che vi lascia

    insoddisfatti ditemelo... siamo tutti impegnati per il

    bene di...

    i genitori sembrano confusi? È bene

    fermarsi e cercare di capire che cosa non sia

    risultato chiaro.

    i genitori esprimono sensi di colpa o di

    inadeguatezza? Anche in questo caso occorre

    fare spazio alle loro emozioni: capisco che

    possiate avere il dubbio di aver sbagliato qualcosa,

    anche a me potrebbe venire questo dubbio, però se si

    conferma che si tratta di DSA, questi proprio non

    dipendono da errori dei genitori...

    Spiegare come si intende procedere per aiutare

    il bambino e quale contributo potranno dare i

    genitori.

    In modo chiaro e comprensibile.

    Concludere il colloquio con un messaggio di

    speranza: affrontando le difficoltà di lettoscrittura

    e/o calcolo per tempo e facendo particolare

    attenzione al benessere emotivo del bambino, nulla

    osta a che egli possa proseguire gli studi anche a

    livello universitario e condurre una vita adulta

    pienamente soddisfacente.

    Se occorre richiedere una valutazione

    20

  • specialistica, fare attenzione all'impatto emotivo

    dell'invio in una Unità di Neuropsichiatria

    Infantile (o di struttura con nome analogo): certi

    termini possono evocare fantasie angoscianti, che

    sarà bene contenere immediatamente anche se il

    genitore non le manifesta (vi sto mandando in una

    struttura pubblica con un nome che potrebbe allarmarvi...

    tenete conto però che si tratta di un servizio dove vedono

    sia bambini con problemi gravi, sia molti bambini con

    problemi lievi come quello di vostro figlio... è

    semplicemente il servizio della ASL dove fanno queste

    valutazioni, non significa che vostro figlio abbia una

    malattia neurologica o psichiatrica...).

    Rassicurare i genitori rispetto alla

    confidenzialità della valutazione.

    Molti genitori che incontro arrivano al colloquio

    preoccupati che tra la UONPIA (Unità di

    Neuropsichiatria Infantile e dell'Adolescenza) in cui

    lavoro e le maestre ci sia un canale di

    comunicazione diretto: e se decidono qualcosa su cui

    non sono d'accordo?

    Statisticamente, la decisione più temuta sembra

    essere l'assegnazione dell'insegnante di sostegno o

    di un educatore scolastico, figure in grado di

    evocare timori di diversità ed emarginazione del

    proprio figlio.

    Naturalmente gli specialisti rassicurano i genitori

    sulla riservatezza della valutazione, ma è certo

    opportuno che gli insegnanti lo facciano a loro

    21

  • volta. Che tengano conto di questo timore

    inespresso dei genitori, lo facciano affiorare,

    manifestino limpidezza di intenti, rinforzando così

    l'alleanza con loro.

    Manifestare disponibilità a orientare e sostenere

    il genitore rispetto al percorso diagnostico.

    Fornire informazioni concrete: dove potrà

    rivolgersi, con quale servizio la scuola ha già

    collaborato con buoni risultati;

    Rassicurare sulle modalità di svolgimento

    della valutazione: che cosa succederà, che cosa

    "faranno" al bambino (vedi Risorse utili per

    maggiori informazioni):

    Ricordare loro che l'impatto emotivo sul

    bambino è minimo e spesso positivo se gli

    spiegheranno in modo adeguato perchè si fa

    la valutazione e come si svolgerà (vedi Risorse

    utili per maggiori informazioni).

    Offrire uno spazio di ascolto ai genitori sia nel

    periodo immediatamente successivo alla diagnosi

    di DSA sia in quello della successiva presa in carico

    del problema DSA. Placando in particolare le ansie

    legate alle scarse conoscenze sui DSA grazie alla

    maggiore preparazione sull'argomento che

    l'insegnante ha.

    22

  • TRE ERRORI DA EVITARE

    Ci sono alcuni errori in cui può essere facile incorrere.

    Evitabili, però, se li si conosce:

    1. Comunicare tutto di colpo, procedendo alla via il

    dente via il dolore. Comodo per chi dà un messaggio

    sgradevole. Indigesto, allarmante e doloroso per chi

    lo riceve.

    2. Usare lo slang slang tecnico/scolastico: ci siamo caduti

    tutti, me compresa.

    Siamo talmente abituati a usare acronimi per far

    prima, che rischiamo di comunicare i nostri

    messaggi in modi che rasentano il ridicolo.

    Senza cadere nell'assurdo di dire a un genitore che

    suo figlio potrebbe avere un DSA, che andrà certificato

    dalla UONPIA, perchè così rientrerà nei BES e si potrà

    redigere il PDP per aiutarlo, occorre però fare

    attenzione a non farsi sfuggire qualche sigla o

    termine tecnico senza spiegarli.

    3. Minimizzare il problema: anche questo è

    comodo per chi dà il messaggio sgradevole, perchè

    aiuta a sfuggire alla consapevolezza di aver inflitto

    dolore. Ma non rassicura il nostro interlocutore,

    anzi aggiunge sofferenza alla sofferenza.

    Se ci rompiamo il braccio e qualcuno ci dice non è

    niente, poteva andarti peggio... potevi romperti anche la

    23

  • gamba, non ci fa passare il dolore, ci fa solo sentire

    incompresi. E questo fa male (e può scatenare

    rabbia).

    24

  • CONCLUSIONI

    Comunicare ai genitori un messaggio “difficile” richiede

    attenzione e preparazione.

    È complicato? Sì, un po'.

    Vale la pena di dedicare tempo e passione a farlo?

    Assolutamente sì!

    Arrichisce professionalmente e umanamente. Aumenta

    la sensazione di competenza nel proprio lavoro.

    Contribuisce a costruire solide alleanze con i genitori,

    rendendo molto migliore l'esperienza scolastica degli

    alunni e gratificante il ruolo svolto dall'insegnante nel

    crearla.

    25

  • RISORSE UTILI

    Quali informazioni passare ai genitori sui DSA e a quale

    livello di complessità? Può aiutarvi il mio ebook “Parlare

    con i figli di DSA”.

    Rivolto a mamme e papà, è una selezione dei concetti

    essenziali sui DSA che i genitori dovrebbero fare propri,

    per poterli poi trasmettere ai figli.

    L'ebook è inviato gratuitamente a chiunque ne faccia

    richiesta:

    via email ([email protected])

    o compilando il modulo di richiesta sul mio blog

    (genitoriedsa.wordpress.com/modulo).

    Sul blog sono presenti alcuni articoli di potenziale

    interesse per gli insegnanti, fra i quali quelli utili per

    conoscere e spiegare ai genitori il percorso di

    valutazione e per aiutarli a spiegarlo a loro volta ai

    figli. Ho cercato di essere scientificamente precisa e

    dettagliata, ma di usare un linguaggio comprensibile e

    privo di tecnicismi inutili. Spero di esserci riuscita.

    Il percorso guidato agli argomenti del blog è reperibile

    qui: genitoriedsa.wordpress.com/archivio.

    26

    https://genitoriedsa.wordpress.com/modulohttps://genitoriedsa.wordpress.com/archivio