Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario ... · Fondo Questura di Roma - Ebrei...
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Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario analitico
Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Archivistica e Biblioteconomia Cattedra di Temi e Problemi di Archivistica
Candidata Elisabetta Montanini matricola 1157838
Relatore Correlatore Prof. Giovanni Paoloni Prof.ssa Beatrice Romiti
A.A. 2013/2014
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Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.
La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.
Misericordia e verità si incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.
dal Salmo 85
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Sommario
1 Premessa ......................................................................................................................... 3
2 Introduzione storica ........................................................................................................ 5
2.1 L’antisemitismo: dalle origini all’età contemporanea ........................................................ 5
2.2 Le leggi razziali .................................................................................................................. 8
3 Nota archivistica ........................................................................................................... 19
3.1 Il soggetto produttore ....................................................................................................... 19
3.2 Il Fondo ............................................................................................................................ 22
3.2.1 La storia ........................................................................................................................... 22
3.2.2 La descrizione ................................................................................................................. 24
3.2.3 Metodologia di indagine e ipotesi di riordinamento. ...................................................... 27
4 Cappello alla serie ........................................................................................................ 32
4.1 Commissariati di P.S. - Ebrei ........................................................................................... 32
4.2 Busta 12 ............................................................................................................................ 44
5 Conclusioni ................................................................................................................... 47
6 Schedatura Fondo Questura – Ebrei ............................................................................. 48
7 Acronimi e abbreviazioni ........................................................................................... 265
8 Appendici ................................................................................................................... 266
9 Note bibliografiche ..................................................................................................... 302
10 Indice dei nomi, istituzioni, luoghi e cose notevoli ................................................ 310
11 Indice delle persone ................................................................................................ 316
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1 Premessa
La tesi presenta lo studio su un Fondo della Questura di Roma interamente dedicato a
documentazione inerente l’applicazione delle leggi razziali fasciste.
Sulla base della corrente metodologia archivistica, l’analisi è stata indirizzata a
comprendere il rapporto fra la produzione delle carte e l’ente produttore, al fine di
individuare le competenze degli uffici, ricostruire la loro concreta organizzazione,
identificare i meccanismi di produzione e di tenuta dei documenti e, infine, evidenziare le
dinamiche di assunzione delle decisioni1.
Dal punto di vista storico, la documentazione costituisce una più che valida
testimonianza sulle persecuzioni antisemite a Roma2; in quest’ottica, un primo motivo di
interesse per la documentazione del Fondo può essere rappresentato proprio dalla
contemporaneità delle carte; esse contribuiscono a soddisfare il bisogno di auto-
interrogarci su vicende drammatiche del recente passato, che hanno lasciato tracce rilevanti
anche in mezzo a noi: un lavoro utile per confermare il ruolo fondamentale dell’archivista,
raccoglitore di memorie e, mai come in questo caso, custode della memoria di eventi
terribili, relativamente ai quali è stata ripetutamente e fermamente invocata la necessità di
“non dimenticare”.
Ma in gioco è anche il ruolo dell’archivio come raccoglitore di dati familiari, in
quanto il Fondo contiene - oltre ai documenti d’ufficio - quelli personali, anagrafici,
lavorativi, economici, relativi alla storia di intere famiglie.
Del resto, è indubbia l’importanza dell’archivio, quale luogo deputato alla ricostruzione
delle discendenze, delle ascendenze, di altri rapporti di parentela e delle più varie notizie
1GUERCIO MARIA, Lo stato e la qualità delle fonti archivistiche, in La Prefettura di Roma (1871-1946),
Temi e discussioni, a cura di Marco De Nicolò, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 97-114: p. 108. 2Una notevole parte della documentazione si riferisce ad atti d’ufficio, intrapresi in ossequio alla normativa
persecutoria fin dalla tarda estate del 1938. Non mancano peraltro precisi rinvii al successivo dramma
dell’Olocausto, quali liste di ricercati ed elenchi di arrestati nei mesi dell’occupazione tedesca a Roma.
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familiari. Tornando al caso del Fondo, ci si può rammaricare che la documentazione
personale proveniente dagli archivi in un passato ancora recente si sia trovata a servire
ideali deteriori e sia stata malauguratamente utilizzata per identificare persone da
perseguitare, fino alla loro eliminazione fisica3; sotto questo aspetto non ci si può accostare
a molti dei documenti citati senza provare un senso di sofferta partecipazione per le
vicende di tanti.
3 Rimanendo nel tema delle persecuzioni antisemite culminate nell’Olocausto, cui necessariamente si collega
la documentazione del Fondo, occorre citare la prescrizione nazista dell’Ahnenpass, una sorta di passaporto
genealogico, frutto di precise ricerche documentali, atte a garantire l’identità ariana nella Germania
hitleriana; tanto che nel 1936, al congresso degli archivisti tedeschi, il capo dell’amministrazione
archivistica bavarese ebbe a dire che “non ci può essere nessuna pratica attuazione della politica razziale
senza la mobilitazione delle fonti documentarie, che indicano l’origine e lo sviluppo di una razza o di un
popolo […]. Non ci può essere nessuna politica razziale senza archivi e senza archivisti”, cfr. VITALI
STEFANO, Memorie, genealogie, identità, in Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, a cura di Linda Giuva, Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Milano,
Mondadori, 2007, pp. 94-95.
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2 Introduzione storica
2.1 L’antisemitismo: dalle origini all’età contemporanea
Il popolo ebraico ha conosciuto fin dall’antichità persecuzioni e deportazioni: la
Bibbia stessa ci fornisce interessanti informazioni sui due drammatici episodi della
schiavitù in Egitto e della deportazione a Babilonia4.
E’ quindi da millenni che gli ebrei, di volta in volta identificati come popolo, razza o
membri di singole comunità di individui, dediti alla religione dei padri e quindi a
particolari usi e tradizioni, sono perseguitati.
E’ interessante notare, in relazione allo sviluppo della presente tesi, che riguarda
documentazione afferente alle Leggi Razziali in Italia e alla loro applicazione dal 1938 al
1945, che i provvedimenti persecutori intrapresi nei secoli nei confronti degli ebrei
mostrano singolari analogie e somiglianze, a dimostrazione del fatto che la persecuzione
fisica è sempre anticipata e preparata da provvedimenti limitativi sul piano personale, che
riguardano dapprima la dignità individuale, le occupazioni e gli interessi legittimi, in un
graduale crescendo, che porta successivamente e inesorabilmente alla privazione della
libertà e della vita.
Così, prima ancora che l’Inquisizione mettesse a morte gli ebrei con l’accusa di omicidio
rituale o di vilipendio delle sacre specie, essi erano stati oggetto, a più riprese, di
penalizzanti provvedimenti discriminatori: al tempo di Innocenzo III il IV Concilio
Lateranense (1213-15) sanzionò una serie di disposizioni per cui gli ebrei non potevano
assumere uffici pubblici e dovevano portare un segno che permettesse di distinguerli a
prima vista; norme che furono confermate nel 1234 dalle Decretali di Gregorio IX (Libro
V, titolo VI “De Iudaeis, Saracenis et eorum servis”). Con la bolla “Cum nimis absurdum“,
nel 1555 Paolo IV prescrisse ai Giudei di Roma e dei suoi Stati di abitare in quartieri
4Bibbia: Esodo 1, 1-22; 2 Re 24, 25.
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separati da quelli cristiani, fece loro divieto di avere domestici non ebrei, di curare, se
medici, i cristiani, di mantenere proprietà immobiliari5: norme, via via adottate da tutti gli
Stati cristiani, che costituiscono una suggestiva anticipazione delle imposizioni e dei divieti
contenuti nelle leggi razziali del Novecento. E se il saccheggio delle sinagoghe di mezza
Europa ad opera dei nazisti può avere il suo precedente più “illustre” nella distruzione del
tempio di Gerusalemme da parte dei Romani nel ’70, per il ricorso al lavoro coatto degli
ebrei - una costante della persecuzione nei secoli - non occorre riportarsi alle tragiche
esperienze dei Lager, perché persino a Roma, negli anni bui della guerra, gli ebrei validi
furono utilizzati a più riprese per lo sterramento e il rinforzo degli argini del Tevere o in
altre pesanti manualità.
E’ proprio il Novecento a dover assistere alla più feroce delle persecuzioni, che
giungeva a sterminare i cinque sesti della popolazione ebraica in Europa. Essa ebbe inizio
con l’avvento al potere in Germania di Adolf Hitler e del suo partito nazionalsocialista, con
un programma politico di lotta agli Ebrei; questi ultimi erano considerati come
appartenenti a razza inferiore e deteriore, mentre li si additava come principali responsabili
della sconfitta degli Imperi Centrali nella prima guerra mondiale.
Subito dopo l’avvento al potere di Hitler, con una prima serie di leggi, nell’aprile del 1933,
gli Ebrei furono allontanati dalle scuole, dagli impieghi civili e dalle libere professioni6.
Nel corso dell’annuale raduno nazista del ’35 (Reichsparteitag der Freiheit - il ‘raduno
della libertà’, Norimberga 15 Settembre 1935) vennero promulgate le leggi razziali che
presero il nome di Leggi di Norimberga7. Dal Maggio 1935 gli ebrei, che pure erano stati
5MERCANTE VINCENZO, Il dolore bimillenario:antigiudaismo e antisemitismo nell’antichità e nel
medioevo, Feletto Umberto-Tavagnacco (UD), Edizioni Segno, 2005, p. 99; ROSA MARIO, La Santa Sede
e gli ebrei nel Settecento, in Gli ebrei in Italia. Dall’emancipazione a oggi, Storia d’Italia, a cura di
Corrado Vivanti, Annali XI, Torino, Einaudi, 1997, vol. II, pp. 1069-1090, p. 1070. 6DI PORTO VALERIO, Le leggi della vergogna: norme contro gli ebrei in Italia e Germania, Firenze, Le
Monnier, 2000, p. 30. 7Esse rappresentano le norme fondamentali in tema: la 1^ Legge (“Sulla cittadinanza del Reich”) nega agli
ebrei la cittadinanza germanica; essi non sono più considerati cittadini tedeschi (Reichsburger), ma soggetti
che appartengono allo Stato (Staatsangehonger) con la perdita di tutti i diritti garantiti ai cittadini, come il
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leali combattenti durante la Grande Guerra, furono banditi dalle forze armate e nel corso
del ’36 da tutte le professioni.
Una legge del 1 marzo 1938 vietava al governo di stipulare contratti con aziende ebree,
mentre altre norme imponevano ulteriori personali vessazioni: dal 17 agosto 1938 gli Ebrei
maschi dovevano aggiungere sui documenti il nome Israel (le donne Sarah) e sui passaporti
degli Israeliti dal 5 ottobre 1938 doveva essere stampigliata una grossa lettera J (Juden);
infine dal 15 novembre 1938 i bambini ebrei venivano esclusi dalle scuole pubbliche8.
La persecuzione nazista, che riuscì quasi ad annientare l’intero popolo ebreo in
Europa, fu condotta sistematicamente, con metodi scientifici, da un intero popolo in armi,
su tutti i territori occupati militarmente: gli ebrei, fin dall’inizio identificati e censiti,
furono dapprima privati dei loro beni e della libertà, costretti a sopravvivere nei ghetti o
concentrati in appositi campi; a partire dal 1941, dopo che ne era stata decisa la soluzione
finale9, essi furono gradualmente deportati nei territori dell’Est e assassinati nei campi di
sterminio.
diritto di voto; la 2^ Legge (“Per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”) proibisce i matrimoni e le
convivenze tra Ebrei e tedeschi. Proibisce anche il lavoro domestico delle donne tedesche sotto i 45 anni
presso le famiglie ebree. Cfr. MOSSE LACHMANN GEORGE, s.v. Razzismo, in Enciclopedia del Novecento, vol. V, Roma, 1980, pp. 1052-1063, p. 60.
8COLOMBO ARTURO, s.v. Razzismo, in Novissimo Digesto Italiano, vol. XIV, Torino, UTET, 1968, pp. 910-918, p. 913.
9Nel corso della c.d. conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942) alti funzionari e gerarchi nazisti fissarono
segretamente per la prima volta un protocollo in merito. SHIRER WILLIAM LAWRENCE, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 1040.
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2.2 Le leggi razziali
Il fondo trae le sue origini, e si è andato costituendo, a seguito dell’emanazione delle
leggi razziali in Italia.
Con il nome di leggi razziali possiamo intendere quell’insieme di provvedimenti
legislativi, emanati tutti sotto la forma del Regio Decreto, destinati a limitare i diritti dei
cittadini italiani c.d. non ariani e principalmente rivolti contro gli ebrei.
Le leggi, emanate a partire dal 5 settembre 1938, furono precedute da una ben
orchestrata opera di propaganda, attraverso l’azione di tutte le organizzazioni del Regime,
che ebbe il suo apice nella pubblicazione del “Manifesto sulla purezza della razza italiana”,
documento redatto da ricercatori e studiosi, che doveva fornire il fondamento scientifico ai
provvedimenti restrittivi nei confronti degli appartenenti alle c.d. razze inferiori10
.
Il 5 Agosto del 1938 usciva il primo numero della rivista quindicinale “La difesa
della razza”, pubblicazione che doveva sostenere la superiorità su basi genetiche degli
Italiani, quali appartenenti alla razza ariana11
.
Una prima serie di provvedimenti fu presa nei riguardi dell’insegnamento: il regio
decreto per la difesa della razza nella scuola (R.D. 5 settembre 1938 n. 1390), emanato
giusto in tempo per intervenire sull’anno scolastico di ormai imminente inizio, allontanava
docenti e discenti dalle università e dagli istituti scolastici del regno.
A brevissima distanza seguiva un decreto di cui erano destinatari gli ‘ebrei stranieri’ (R.D.
7 settembre 1938 n. 1381), cui era vietato prendere dimora ‘nel Regno, in Libia e nei
possedimenti dell’Egeo’.
10
Apparso il 14 luglio 1938. Per quanto riguarda le vicende storiche del tempo e le tappe della campagna
razziale si vedano: DE FELICE RENZO, Mussolini il duce. Lo stato totalitario (1936-1940), v. II, Torino,
Einaudi, 1996. CATALANO FRANCO, Dalla crisi del primo dopoguerra alla fondazione della Repubblica (1919-1946), in Storia d’Italia, a cura di Nino Valeri, vol. 5, Torino, UTET, 1965. Per le leggi
razziali si veda in appendice un elenco dei principali provvedimenti legislativi adottati, tratti da CDEC-
Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, a cura di Michele Sarfatti, Irene De
Francesco: Appendice I. 11
La rivista, fondata e diretta da T. Interlandi, ed edita da Tumminelli, in Roma, uscì con l’ultimo numero
(117) il 20 giugno 1943.
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9
L’Ufficio demografico centrale presso il Ministero dell’Interno veniva a costituire la
Direzione Generale per la demografia e la razza (DEMORAZZA), che senza indugi
procedeva all’effettuazione di un censimento degli ebrei presenti nel Regno12
: l’iniziativa
fu gestita con il concorso della Direzione generale della pubblica sicurezza, mediante
l’organizzazione periferica delle Prefetture, ed era orientata ad individuare con precisione i
soggetti destinatari della normativa persecutoria, dal momento che le informazioni già in
possesso del Ministero dell’Interno erano non aggiornate13
.
Il censimento fu condotto con sollecitudine e scrupolosa meticolosità: venne
richiesto a tutti i prefetti l’invio, in duplice copia, degli elenchi degli iscritti alle comunità
e dei «cancellati», cioè dei dissociati, e i dati vennero spediti a Roma nel giro di qualche
settimana14
; ciò nonostante, essi non ebbero immediata, concreta utilizzazione, mentre
cominciarono ad essere pubblicate sulla stampa stime imprecise e discordi fra loro.
12
La nuova Direzione, istituita con Regio Decreto 5 settembre 1938 - XVI n. 1531, ebbe a capo il prefetto
Antonio La Pera. Essa rappresentava una delle ripartizioni organiche del Ministero dell’Interno, a cui
furono devolute attribuzioni relative allo studio e all’attuazione dei provvedimenti in materia demografica e
attinenti alla razza. Nel 1942 le competenze relative alla politica razziale, cresciute di volume, furono
ripartite tra due uffici: la Divisione affari generali razza e discriminazioni e la Divisione accertamento
razza. Dopo il trasferimento nella sede al Nord, avvenuto nel novembre 1943, la Direzione generale fu
riorganizzata in un ufficio di segreteria e 3 divisioni: demografia e premi, cittadinanza, razza. Con D.M. 16
aprile 1944, n. 136 l'ufficio fu trasformato in Direzione generale per la demografia con competenze su
demografia, cittadinanza e matrimoni con stranieri. Per attuare la politica razziale fu invece istituito presso
la Presidenza del Consiglio un Ispettorato generale per la razza (d. lgt. del duce 18 aprile 1944, n. 17). Il d.
lgt. 31 maggio 1945, n. 418 sancì la soppressione della direzione generale demografia, già effettuata con
provvedimento interno del ministero nell'agosto del 1944. Cfr. GAROFALO LUCILLA, La Demorazza: storia di un archivio, in “Italia contemporanea”, 2013, n. 272, pp. 374-401: p. 374.
13Nonostante l’obbligo giuridico (R.D. n.1561 del 1931), le comunità israelitiche si erano per lo più limitate a
indicare i capifamiglia, in quanto iscritti a ruolo per il pagamento delle imposte comunitarie, e gli aventi
diritto al voto nelle adunanze comunitarie. Cfr. SARFATTI MICHELE, Mussolini contro gli ebrei,
Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Torino, Zamorani, 1994, p. 141; COLLOTTI ENZO, Il fascismo e gli ebrei: le leggi razziali in Italia, Roma - Bari, Editori Laterza, 2003, p. 58. Per un
inquadramento generale si veda DE FELICE RENZO, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino,
Einaudi, 1993. 14
Secondo il censimento, vi erano in Italia 58.412 persone con almeno un genitore ebreo: gli israeliti
dichiarati erano 46.656, suddivisi fra 37.241 italiani e 9.415 stranieri. Cfr. COLLOTTI ENZO, op. cit., p. 67. Le comunità più numerose risiedevano a Roma, Milano, Trieste e Torino. L’occupazione professionale
più frequente risultò il settore tessile, pari ad oltre il 20% del totale (produzione e commercio). Secondo De
Felice solo a Roma e provincia erano presenti circa 12.800 ebrei. La Giuva, sulla base delle schede del
Censimento conservate presso l’Archivio di Stato di Roma, è del parere che le cifre fornite da De Felice
siano leggermente sottostimate. Cfr. GIUVA LINDA, Gli anni Trenta e la Guerra, in La Prefettura di Roma (1871-1946), Temi e discussioni, a cura di Marco De Nicolò, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 653-692:
p.690.
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10
A convalidare i provvedimenti - e a indirizzare l’ulteriore evoluzione della campagna
razziale antisemita - provvedeva di lì a breve la massima autorità del Regime: con la
“Dichiarazione sulla razza” prendeva campo il Gran Consiglio del Fascismo, che, tra
l’altro, affermava di aver preso atto con soddisfazione che il Ministro dell’Educazione
Nazionale “ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali università del Regno15
”;
d’altra parte il Partito si preoccupava di salvaguardare in qualche modo chi in passato
avesse avuto comportamento patriottico o avesse contribuito alla causa fascista e, pertanto,
nella Dichiarazione stessa veniva considerata la possibilità di ottenere una discriminazione
da alcuni dei provvedimenti restrittivi (con esclusione dell’allontanamento
dall’insegnamento), presentando apposita istanza16
.
Nel novembre ’38 veniva emanato un ulteriore decreto per la difesa della razza nella
scuola, con funzione di Testo Unico (R.D. 15 novembre 1938 n.1779).
Il provvedimento legislativo più organico sul piano generale e con maggiore impatto
sull’intera vicenda è rappresentato dal successivo R.D. 17 novembre 1938 n.1728, dettante
norme per la difesa della razza italiana17
: ad esso occorre fare esplicito riferimento, perché
fonte di disposizioni strettamente collegate con i documenti di cui al Fondo in esame: i
punti fondamentali del decreto riguardano i criteri per la determinazione degli appartenenti
alla razza ebraica18
, le interdizioni e le limitazioni alle varie attività della vita personale ed
economica19
, i casi di ammissione alla discriminazione20
.
15
La Dichiarazione fu approvata dal G.C. il 6 ottobre 1938 e pubblicata sul Foglio d’Ordini del P.N.F. il 26
ottobre 1938. 16
La discriminazione fu meticolosamente regolamentata nel successivo R.D. 15 novembre 1938 n.1728. 17
Tra i punti fondamentali indicati dalla Legge, risultano la dichiarazione di appartenenza alla razza ebraica,
da presentare obbligatoriamente all’ufficiale di stato civile, e le prescrizioni per ottenere la discriminazione,
in favore di ebrei in possesso di determinati titoli. 18
Art. 8 - “Agli effetti di legge: a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica,
anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica; b) è considerato di razza ebraica colui che è nato
da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera; c) è considerato di razza ebraica
colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre; d) è considerato di razza ebraica colui
che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla
religione ebraica, ossia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi
modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di
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11
A seguito della disciplina dettata venne la naturale ed inevitabile conseguenza di
dover gestire le proprietà eccedenti i limiti indicati; si trattava di acquisire, amministrare e
vendere i beni che, in ossequio alla normativa, non potevano più restare nella disponibilità
degli ebrei. Con l’articolo 10 era stato attivato un complesso ingranaggio, ma affinché tutto
funzionasse era necessario dettare e specificare ulteriormente tutta una serie di norme che
riuscissero a realizzare in concreto ciò che con questa disposizione si era prefissato come
obiettivo. Proprio a tal fine, a distanza di pochi mesi venne emanato il Regio Decreto-
Legge del 9 febbraio 1939 - XVII, n. 126.
Con R.D. 22 dicembre 1938 n. 2111 veniva disposto l’allontanamento di tutti gli
ebrei, di qualsiasi ordine e grado, dagli organici delle Forze Armate e il loro immediato
collocamento in congedo assoluto.
Con R.D. 9 febbraio 1939 n. 1728 si definivano i limiti di proprietà immobiliare e di
attività industriale. Infine, per completare a grandi linee la descrizione dei provvedimenti
limitativi dettati dalla legislazione razzista, devono essere ricordate le norme adottate
l’anno successivo nei riguardi degli ebrei esercenti attività professionali (R.D. 29 giugno
nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1 ottobre 1938 - XVI, apparteneva a
religione diversa da quella ebraica”. 19
Art. 10 - “I cittadini di razza ebraica non possono: a) prestare servizio militare in pace e in guerra; b)
esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori od incapaci non appartenenti alla razza ebraica; c) essere
proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione (…) e di
aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né
assumervi, comunque, l’ufficio di amministratore o di sindaco; d) essere proprietari di terreni che, in
complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in
complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. (…)”. 20
Art. 14 - “ Il Ministro per l’Interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso,
dichiarare non applicabili le disposizioni degli articoli 10 e 11, nonché dell’articolo 13, lettera h): a) ai
componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa
fascista; b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni: 1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di
guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola; 2) combattenti nelle guerre
libica, mondiale, etiopica, spagnola, che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra; 3)
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista; 4) iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-
22 e nel secondo semestre del 1924; 5) legionari fiumani; 6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da
valutarsi a termini dell’art. 16. Nei casi preveduti alla lettera b), il beneficio può essere esteso ai
componenti la famiglia delle persone ivi elencate anche se queste siano premorte. Gli interessati possono
richiedere l’annotazione del provvedimento del Ministro per l’Interno nei registri di stato civile e di
popolazione. ( …)”.
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12
1939 n. 1054), che dovevano recedere dall’iscrizione al relativo albo e potevano svolgere
una limitata attività solo in favore dei correligionari.
Trentacinque sono stati complessivamente i provvedimenti legislativi, interessanti -
come s’è visto - tutti gli ambiti della vita personale e sociale, destinati nel giro di pochi
mesi a privare gli ebrei italiani dei loro diritti e, proprio a causa delle tassative prescrizioni
contenute nella normativa citata, ad obbligarli a umilianti dichiarazioni e istanze, per
cercare di ovviare ai vessatori provvedimenti loro imposti21
.
Per i provvedimenti legislativi in merito l’intera materia risulta principalmente di
competenza del Ministero dell’Interno e sarà quest’ultimo ad impartire disposizioni in
periferia, mediante circolari a tutte le prefetture del Regno, e, per il tramite di esse, alle
regie questure.
Dalla tarda estate/autunno del ’38 viene a costituirsi, pertanto, un consistente
carteggio tra la pubblica sicurezza - questure e commissariati - riguardante i cittadini
israeliti, avente per oggetto proprio l’appartenenza alla razza ebraica e proprio con la
qualifica di EBREO - accanto al nome e cognome - risultano infatti intestati i
corrispondenti fascicoli.
Nel Fondo in esame, che riguarda l’applicazione delle leggi razziali a Roma nel
periodo 1938-1945, gli enti originatori dei documenti sono rappresentati dai Commissariati
di zona22
, con competenza territoriale in vari quartieri della città, oltre che dalla Questura,
che anche all’epoca aveva la propria sede nello storico palazzo di Via San Vitale.
21
Non tutti gli ebrei censiti furono colpiti dalle leggi razziali, perché le norme italiane - a differenza di quelle
coeve tedesche - non contemplavano i meticci: nel caso di genitori misti si applicava il criterio della
«superiorità razziale del sangue italiano», se erano presenti coerenti manifestazioni etiche, politiche e
religiose; in caso contrario veniva dichiarata l’appartenenza alla minoranza. In base ad un’attendibile stima,
il numero dei perseguitati potrebbe aggirarsi intorno alle 51.100 unità. Cfr. MATARD-BONUCCI
MARIE-ANNE, L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, Bologna, il Mulino, 2008, Edizione italiana
a cura di Roberto Perici, p. 142; SARFATTI MICHELE, Gli Ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, Einaudi, 2000, p.154.
22Per l’elenco dei Commissariati di P.S. attivi a Roma negli anni 1938-1945 si veda in Appendice II.
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13
E’ opportuno pertanto descrivere tali soggetti originatori, cercando di individuare fino a
che punto essi si spinsero nell’adempimento dei compiti assegnati a seguito della
campagna razziale.
Gli uffici periferici della Pubblica Sicurezza lavoravano sulla base di direttive del
Ministero dell’Interno23
, che pervenivano loro per il tramite delle Prefetture24
.
In epoca fascista la figura del prefetto fu a lungo contrassegnata dal c.d. effetto Giolitti, che
ha preservato la Pubblica Amministrazione da eccessi e prevaricazioni, in quanto i
funzionari entrati in carriera durante il precedente periodo giolittiano, si consideravano
servitori dello Stato, piuttosto che del regime25
. Per assicurare la presenza di uomini fidati
a capo delle provincie, da parte fascista si cercò di intervenire utilizzando, da una parte, il
sistema del collocamento a disposizione per i funzionari non graditi, dall’altra cercando di
aumentare il numero dei prefetti di diretta nomina governativa, anche se non provenienti
dalla carriera prefettizia; in tal modo il consolidamento del nuovo regime era assicurato
dall’apparente continuità rispetto al vecchio stato liberale, mediante un rafforzamento del
potere esecutivo e l’utilizzo di uomini in grado di controllare a livello locale l’opposizione
e gli avversari politici.
Il ventennio fascista fu comunque caratterizzato da un elevato grado di mobilità dei
prefetti, spesso accentuato dal fatto che, nonostante la considerazione formale del prefetto
23
Per quanto riguarda l’organizzazione del Ministero, sono già state citate la Direzione Generale per la
Pubblica Sicurezza e quella per la Demografia e la Razza; vi erano, inoltre, la Direzione generale
dell'amministrazione civile, la Direzione generale della sanità pubblica, la Direzione generale affari di
culto e la Direzione generale del fondo per il culto e del fondo di beneficenza e religione nella città di
Roma; queste due ultime direzioni generali furono istituite nel 1932, all’atto del trasferimento delle relative
competenze al Ministero. Cfr. Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, Ministero dei Beni
Culturali e Ambientali, Direzione Generale per gli Archivi, alla voce ‘Ministero dell’Interno’. 24
Per quanto riguarda l’attività di Polizia a Roma “l’estensione dell’area di intervento della Prefettura creò
maggiori occasioni di collaborazione ma anche di sovrapposizione e di conflitti con la Questura, che
tendeva a esercitare in maniera espansiva il suo ruolo di tutela dell’ordine pubblico”, cfr. GIUVA LINDA, opera citata, p. 674; per l’evoluzione storica della figura del prefetto si vedano: Sistema Guida Generale
degli Archivi di Stato Italiani, ‘Prefettura’; inoltre il sito www.interno.gov.it alla voce ‘Prefetto’. 25
“I Prefetti (…) non erano stati così ben visti dai fascisti come si diceva. Effettivamente, taluni si erano posti
a completo servizio del regime, ma altri, la maggioranza, avevano adempiuto al proprio dovere, impedendo
ai gerarchetti locali di compiere quelle prepotenze per le quali viceversa questi avevano una così profonda
vocazione”; cfr. ROMITA GIUSEPPE, Taccuini politici, 1947-1958, Milano, Mursia, 1980, p. 45.
http://www.interno.gov.it/
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come massima autorità dello Stato a livello provinciale, si vennero spesso a verificare
contrasti con il Segretario Federale, capo del partito a livello locale, contrasti che, vista la
possibilità di un facile ricorso al capo del governo da parte dei Federali, perlopiù avevano
termine con l’allontanamento del prefetto.
Al collocamento a disposizione, pur considerato un provvedimento di significato
‘punitivo’, era spesso collegato il conferimento di un particolare incarico, e la sede che si
rendeva libera poteva essere affidata a prefetti di nomina politica.
Altro strumento consueto di rimozione dei prefetti ‘scomodi’ fu il collocamento a riposo
per ragioni di servizio; come prassi, si cominciò a collocare a riposo tutti i prefetti al
compimento del 35esimo anno di servizio: il Governo ebbe così la possibilità di
avvicendare più rapidamente i vecchi funzionari e di creare un corpo di prefetti di fede
fascista.
L’avvicendamento sistematico, iniziato nel novembre 1922 e proseguito negli anni
successivi, ebbe il suo culmine nel 1940, allorchè su un organico di 110 prefetti, ben 67
non erano di carriera.
Ecco perché, quando Mussolini nell’estate del 1938 decise di allinearsi alla politica
razziale del nazismo, il regime ebbe a disposizione in tutto il regno un apparato burocratico
provinciale in grado di soddisfare alle richieste derivanti dalle leggi razziali e le Prefetture
poterono dedicarsi, dapprima al censimento degli ebrei e, successivamente, presiedere agli
adempimenti della normativa persecutoria26
.
Può essere ripetuto per le Autorità di Pubblica Sicurezza (Questori e Commissari)
quanto già riferito sui Prefetti: il Fascismo cercò di impadronirsi completamente della
26
Vero è che gli eventi hanno dimostrato come a tanta efficienza formale non abbia quasi mai corrisposto
un’adesione sostanziale. E ad una efficienza di sostanza dei funzionari italiani evidentemente non
credevano neppure i tedeschi; valga l’esempio del rastrellamento del Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943,
quando le SS, dovendo preparare meticolosamente l’operazione, non si fidarono del censimento
dell’Interno, ma, con una improvvisa incursione, si fecero consegnare gli elenchi degli iscritti direttamente
dai responsabili della Comunità; l’orientamento storiografico più recente assegna, peraltro, alle Prefetture
un ruolo più incisivo nella persecuzione.
-
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Polizia per farne un adeguato ed efficiente strumento di potere; ma, anche se all’epoca la
Polizia si guadagnò la fama di pilastro del Governo - al contrario dell’Arma dei Carabinieri
che restò sostanzialmente fedele al Re - pur tuttavia la Polizia mantenne una discreta
autonomia funzionale nei riguardi del Regime.
Negli anni interessati dal Fondo, al vertice della P.S. troviamo principalmente il
prefetto Arturo Bocchini. Egli fu nominato capo della Polizia nel 1926 e presiedette
all’emanazione del nuovo Testo Unico sulle Leggi di Pubblica Sicurezza tramite il quale si
gettarono le basi per un minuzioso controllo della vita italiana del tempo a tutti i livelli27
.
Altra creatura di Bocchini fu l’Organismo di Vigilanza per la Repressione
dell’Antifascismo (OVRA), attraverso il quale, secondo le sue intenzioni, poteva
esercitarsi la suprema missione della tutela dell’incolumità del Duce.
Con la conquista dei possedimenti d’oltremare fu creata la Polizia Africa Italiana (P.A.I.),
un corpo di polizia coloniale, con caratteristiche di modernità e di efficienza, che
rappresenta l’ulteriore risultato delle non comuni capacità organizzative del Capo della
Polizia dell’epoca28
.
Egli, pur col beneplacito di Mussolini, ebbe modo di mantenere le distanze dal Partito e
riuscì in gran parte ad evitarne la sudditanza: tra l’altro, fu proprio Bocchini a riportare a
Mussolini il profondo malcontento popolare per l’emanazione delle leggi razziali, così
come, in precedenza, per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania.
Del resto, una certa forma di autonomia per gli organi di Pubblica Sicurezza derivava dal
fatto che, quale forza di polizia propria del regime, era stata creata la Milizia Volontaria
27
Dopo l'approvazione del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza e della legge istitutiva del Tribunale speciale
per la difesa dello Stato, con r.d.l. 9 genn. 1927, n. 33 (Riordinamento del personale dell'amministrazione
della pubblica sicurezza e dei servizi di polizia), la Direzione generale di Pubblica Sicurezza subì una
profonda riorganizzazione, destinata a migliorarne operatività ed efficienza. 28
Dopo l'8 settembre 1943, la P.A.I. partecipò alla Difesa di Roma contro i tedeschi. Dopo la resa, il
comandante del Corpo, Gen. Riccardo Maraffa, che era a capo delle forze di polizia di “Roma Città
Aperta”, venne arrestato e deportato a Dachau, dove morì nel dicembre successivo. Nel 1945 la P.A.I. fu
soppressa ed il personale transitò nel Corpo delle Guardie di P.S.
-
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per la Sicurezza Nazionale: peraltro, quest’ultima, pur arricchita di prerogative e compiti,
non si guadagnò mai grande stima di efficienza.
Anche il successore di Bocchini, Carmine Senise, che fu nominato capo della Polizia
alla di lui morte, nel novembre 1940, diresse la Pubblica Sicurezza con l’intento di evitarne
la fascistizzazione e, a partire dal 1942, preparando il passaggio delle forze alle sue
dipendenze a quello che egli, lucidamente, vedeva come l’ormai imminente cambio di
regime; nell’aprile del 1943 fu pertanto rimosso dall’incarico per iniziativa diretta di
Mussolini29
.
Si può concludere che, con siffatti uomini al vertice, abituati a richiamare i loro
dipendenti all’osservanza delle regole, la polizia dovesse essere parzialmente immune dal
rischio di eccessi. Anche per quanto riguarda le persecuzioni razziali, tra funzionari e forze
di polizia si ebbero certamente zelanti esecutori e, dopo l’8 Settembre, collaborazionisti dei
tedeschi, ma non mancarono gli onesti e gli eroi, che non esitarono a compiere il loro
dovere e spesso finirono come vittime, accomunati agli ebrei da loro protetti30
.
Per quanto riguarda l’attività di polizia a Roma nel periodo considerato, occorre
aggiungere che si dedicarono alle varie funzioni assegnate, tra cui certamente
l’applicazione delle leggi razziali, anche gli appartenenti alla Guardia Nazionale
Repubblicana, istituita, nel territorio della Repubblica Sociale Italiana, utilizzando membri
della ex milizia, dei disciolti carabinieri e della PAI31
.
Dall’esame dei documenti dell’epoca emergono le modalità dell’attività di vigilanza,
esercitata dalle forze di polizia sulla nuova categoria di soggetti da controllare, gli Ebrei,
29
Reintegrato da Badoglio alla caduta del Fascismo, fu una delle poche autorità a non lasciare Roma dopo l’8
settembre 1943. Arrestato dai tedeschi e deportato in Germania, morirà a Roma il 24 gennaio 1958. 30
Fra tutti, anche ignoti, è d’obbligo ricordare la nobile figura del commissario Giovanni Palatucci, che, quale
questore reggente a Fiume nel periodo dopo l’8 settembre, riuscì a salvare numerosi ebrei perseguitati,
dotandoli di falsi documenti, e, scoperto dai nazisti, pagò il suo altruismo con la deportazione e la morte.
Cfr. Giovanni Palatucci: il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, a cura del Dipartimento di Pubblica
Sicurezza, Roma, 2002. 31
Cfr. DEAKIN FREDERICK WILLIAM, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1985; BOCCA
GIORGIO, Storia dell’Italia partigiana, Bari, Laterza, 1970.
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nonché quelle relative alle pratiche connesse all’applicazione delle leggi razziali
persecutorie; trattasi principalmente di documenti aventi per oggetto la dichiarazione della
razza, le richieste in tema di discriminazione e le istanze tese a ottenere le più varie
autorizzazioni.
Una prima considerazione in merito riguarda l’estrema eterogeneità dei supporti
cartacei utilizzati: si tratta di moduli prestampati o ciclostilati, ma anche di semplici fogli -
dal più vario formato - talora rigati o quadrettati; le annotazioni vi risultano dattiloscritte,
vergate a inchiostro o anche a matita. Spiccano sui documenti le classifiche: A1
(Informazioni), A4a (Informazioni relative alla tutela dell’ordine pubblico), ma anche A8 e
A9 (sorvegliati politici), come da Casellario Politico dell’Interno; trattandosi delle nuove
normative sugli Ebrei, in molti casi risulta la classifica E3.
A parte lo stile impersonale proprio delle relazioni di Polizia, in tutti i rapporti domina un
linguaggio freddo, asciutto, distante dai soggetti interessati, talora temperato da modi
colloquiali nelle annotazioni tra i vari uffici; la parola ‘Ebreo’, che campeggia nei
documenti, spesso sottolineata con righe nervose, mostra chiaramente quanto potesse
essere cambiata la posizione degli israeliti nel giro di pochi mesi: da cittadini del Regno
essi divennero soggetti da controllare, pesantemente limitati nella loro vita personale,
sociale ed economica.
Col tempo essi saranno considerati - e lo diventeranno per Legge - persino “nemici” dello
Stato32
e saranno soggetti ad una persecuzione anche fisica, tragico epilogo delle Leggi
Razziali, che si innesta nel capitolo dello sterminio ad opera dei nazisti, fornendo ad esso
un contributo non certo insignificante33
.
32
Cfr. il punto VII della Carta di Verona, atto costitutivo della RSI, emanato il 14 novembre 1943 nel corso
del Congresso del nuovo Partito Fascista Repubblicano. 33
Secondo le cifre considerate più attendibili il numero dei non tornati dai Lager ammonterebbe a 6885, su un
totale di 7495 deportati; occorre poi aggiungere alcune centinaia di ebrei, vittime di uccisioni in massa o
anche di singoli atti di violenza in Italia; cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, op.
cit., pp. 465-6.
-
18
Fin dai giorni immediatamente successivi all’8 settembre, i tedeschi, ormai padroni
nell’Italia da loro occupata, cominciano la caccia agli ebrei, dapprima non organizzata e
sporadica, come documentato da vari episodi accaduti nello stesso mese34
. Ben presto le
operazioni divengono sistematiche, utilizzando metodi già ampiamente collaudati negli
altri Paesi soggetti al Reich ed avvalendosi di reparti specializzati35
.
Da allora e, gradualmente, anche per l’intervento delle forze di polizia repubblichine, che
forniscono un aiuto non secondario nella fase di arresto e di traduzione, la sorte degli ebrei
che non si sono nascosti è segnata: dopo l’individuazione, la cattura e l’invio in luoghi di
raccolta36
, donde periodicamente interviene la deportazione nei campi di sterminio.
Nel Fondo si rinvengono crude testimonianze anche di questa fase, documentata da elenchi
di catturati a Roma, dai giorni del rastrellamento del Ghetto ad opera dei tedeschi
nell’ottobre ‘43 agli arresti di gennaio - febbraio ‘44 e, successivamente, fino alla
liberazione della città.
E’ opportuno ricordare che a guerra terminata, cessate finalmente le disposizioni delle
leggi razziali, i superstiti ripresero gradualmente le loro attività e cercarono di ottenere il
reintegro di quanto - lavoro, case, beni - era stato loro tolto: ecco perché in alcuni fascicoli
vi sono carte “recenti”, relative a pratiche di reintegro, risarcimento o indennizzo, che si
sono trascinate fino all’anno di versamento del Fondo.
34
Il primo episodio di rilievo è rappresentato dalla c.d. strage di Meina (Lago Maggiore), località ove le SS,
dopo aver individuato fortuitamente un gruppo di ebrei stranieri, che vi si erano rifugiati, provvedevano
alla cattura e all’immediata loro eliminazione nelle acque del lago. 35
Ben noto è il rastrellamento del Ghetto di Roma (16 ottobre 1943). Né, sempre a Roma, si possono
dimenticare altri episodi significativi della persecuzione antisemita, quali l’irruzione nella Basilica di S.
Paolo (3-4 febbraio 1944), con la cattura di molti ebrei, che vi si erano nascosti, o l’inclusione di ben 75
ebrei detenuti a Regina Coeli, nel braccio controllato dai tedeschi, nell’elenco dei destinati a morte alle
Fosse Ardeatine (24 marzo 1944). ROPA ROSSELLA, L’antisemitismo nella Repubblica Sociale Italiana, repertorio delle fonti conservate all’Archivio Centrale dello Stato, Bologna, Pàtron Editore, 2000, p. 46.
36Tra questi il campo di Fossoli (MO), da cui transitò la maggior parte degli ebrei italiani deportati; altri
luoghi di raccolta furono allestiti a Borgo S. Dalmazzo (CN) e a Bolzano; nelle città maggiori erano adibite
a temporanea custodia anche le carceri mandamentali, ove interi reparti erano a disposizione dei tedeschi e
controllati dalle SS.
-
19
3 Nota archivistica
3.1 Il soggetto produttore
Dopo la nascita del Regno d'Italia, l'organizzazione della polizia venne
regolamentata con la legge 20 marzo 1865 n. 2248, che estendeva al nuovo Stato unitario
la normativa in vigore nel Regno di Sardegna, secondo la quale le questure dipendevano
dal Ministero dell'Interno che, con proprio decreto, ne stabiliva l'articolazione interna e le
dotazioni di personale e mezzi37
.
A seguito dello spostamento della capitale a Firenze, con R.D. 27 aprile 1865 n. 2283 fu
riorganizzato il servizio di pubblica sicurezza in Toscana, e, infine, dopo il plebiscito del 2
ottobre 1870, che sanciva l’annessione di Roma all’Italia, il nuovo ordinamento veniva
esteso alla città e al suo territorio, finalmente uniti al Regno38
.
L'amministrazione della sicurezza pubblica a livello periferico competeva sul piano
prettamente politico-istituzionale ai prefetti e ai sottoprefetti, che avevano potere,
rispettivamente, sulle provincie e sui circondari; al questore spettavano più propriamente
l’organizzazione e la gestione tecnica del servizio di polizia39
: la duplicità delle
competenze poteva dar luogo a interferenze nell’attività di prefetti e questori, come
dimostrato dalla successiva evoluzione della normativa in materia, con cui si cercò di
delineare sempre meglio i rispettivi compiti.
Nel 1901 fu semplificato l'assetto organizzativo dell'amministrazione della pubblica
sicurezza a livello periferico: nelle provincie con sede di Questura, questa era
37
Per leggi e decreti del Regno d’Italia si veda in bibliografia ‘Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti’. 38
All’epoca, e fino ad edificazione ultimata dei nuovi quartieri periferici, i Commissariati distrettuali erano
dodici: I Campo Marzio, II Trevi, III Castro Pretorio, IV Esquilino, V Monti, VI San Giovanni, VII
Aventino- Testaccio, VIII Campitelli, IX Trastevere, X Borgo-Prati, XI Ponte-S. Eustacchio, XII Porta Pia-
S.Lorenzo. Cfr. Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, ‘Direzione Generale di Pubblica
Sicurezza’ e il sito della Polizia di Stato www.poliziadistato.it., alla voce ‘Storia’. 39
Con legge 21 dicembre 1890 n. 7321 in ogni capoluogo di provincia fu istituito un ufficio di pubblica
sicurezza alle dipendenze del prefetto. In ogni capoluogo di circondario, parallelamente, venne creato un
ufficio circondariale di pubblica sicurezza alle dipendenze del sottoprefetto. Nelle città capoluogo di
provincia con più di 100.000 abitanti, all'ufficio provinciale poteva essere preposto un questore, che
rimaneva comunque uno dei collaboratori del prefetto in materia di pubblica sicurezza.
http://www.poliziadistato.it/
-
20
contemporaneamente ufficio circondariale e provinciale di pubblica sicurezza; nelle altre
province il prefetto provvedeva direttamente agli affari di pubblica sicurezza40
.
Il testo unico del 1907 - emanato essendo Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti -
ribadì l'appartenenza degli uffici provinciali e circondariali di pubblica sicurezza alla
prefettura e alla sottoprefettura: gli ufficiali di pubblica sicurezza preposti a dirigere il
servizio di polizia dovevano farlo sotto la dipendenza dell'autorità politica prefettizia41
.
Un’importante innovazione fu introdotta nel 1927 con la riforma dell'ordinamento
delle autorità di pubblica sicurezza e l’eliminazione di quella circondariale42
: in base al
nuovo ordinamento il questore e il suo ufficio acquisirono definitivamente il rango
provinciale, che fino ad allora costituiva l'eccezione, essendo limitato ai centri di maggiore
importanza.
In epoca fascista, dopo la promulgazione del nuovo codice penale43
, veniva emanato
un nuovo testo unico, in cui si recepiva il precedente ordinamento di pubblica sicurezza,
mantenendo nelle mani del questore, alle dipendenze del prefetto, “la direzione tecnica di
tutti i servizi di polizia e di ordine pubblico nella provincia”44
; allo stesso tempo la
questura, come ufficio provinciale di pubblica sicurezza, rimaneva ancora organicamente
inserita nella prefettura: il rapporto tra prefetto e questore rimaneva fondato su un criterio
di ripartizione di competenze, che riservava al prefetto compiti decisionali connessi alla
sua funzione di rappresentante del governo nella provincia, e al questore compiti
direzionali più strettamente connessi alle funzioni di polizia sul territorio45
.
40
R.D. 21 agosto 1901 n. 409, Testo Unico sulla pubblica sicurezza. 41
R.D. 31 agosto 1907 n. 690, Testo Unico delle norme sugli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza. 42
R.D.L. 14 aprile 1927 n. 593; la soppressione delle sottoprefetture era stata disposta con R.D.L. 2 gennaio
1927 n. 1. 43
Codice Rocco, R.D. 19 ottobre 1930 n. 1398. 44
R.D. 18 giugno 1931 n. 773, Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza. 45
Per raggiungere una posizione di maggiore autonomia del questore rispetto al prefetto fu necessario
attendere la legge 1 aprile 1981, n. 121 che, all'art. 14, conferisce al questore la qualifica di autorità
provinciale di pubblica sicurezza. Mentre l'ordinamento precedente prevedeva questa qualifica, ma la
attribuiva contestualmente al prefetto e al questore, la nuova legge distingue la posizione del questore da
quella del prefetto, non prevedendo più una dipendenza gerarchica e attribuendo al questore un ruolo
-
21
Dal punto di vista operativo, fino ad epoca recente la questura è stata strutturata in
divisione prima (ufficio di gabinetto), seconda (polizia giudiziaria), terza (polizia
amministrativa), ciascuna delle quali con specifiche competenze46
: la I Divisione ha
attribuzioni relative ad affari di gabinetto e riservati, ordine pubblico, personale, contabilità
e disposizioni di massima; la divisione comprende tuttora gli archivi di Gabinetto, DIGOS
e stranieri.
La II Divisione (Ufficio anticrimine) ha competenze relative agli affari di polizia
giudiziaria - compreso il casellario permanente - allo schedario delle carte d'identità e delle
notifiche degli alloggiati e comprende l'Archivio generale anticrimine.
La III Divisione (Ufficio amministrativo) ha competenza sugli affari di polizia
amministrativa e comprende gli archivi amministrativi, della divisione passaporti e delle
licenze relative alle armi.
Per quanto riguarda la documentazione ad uso d’ufficio, occorre ricordare che, a
seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice penale e del Testo Unico del ’31, veniva
approntato un nuovo Titolario47
, di più facile corrispondenza con le mutate condizioni
sociali e politiche dell’epoca; diciture e voci vengono integrate dalle necessarie aggiunte,
mentre vengono considerate fattispecie di nuova introduzione48
. Anche questo titolario,
come il precedente, è ripartito nelle tre divisioni: la prima, quella di Gabinetto, rimane per
lo più invariata, eccetto che per l'introduzione di alcune categorie, quali la A 11
(disoccupazioni), la A 12 (stranieri) e la A 13 (provvedimenti per lo stato di pericolo
pubblico e di guerra); per quanto riguarda, invece, la seconda e la terza divisione, esse
autonomo con specifiche competenze e responsabilità; tra le competenze di quest’ultimo, la più rilevante è
quella di dirigere e coordinare a livello tecnico-operativo i servizi di ordine e sicurezza pubblica. Al
prefetto resta la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica sotto il profilo politico-
amministrativo. 46
Dal punto di vista operativo ogni divisione era costituita da più uffici e ogni ufficio era ripartito in squadre. 47
Cfr.: Istruzioni ministeriali del 1 dicembre 1931 e Circolare n. 10-10083-D del 28 dicembre 1931 della
Direzione generale della pubblica sicurezza - divisione polizia. 48
La voce A 5 della I divisione muta il nome “Truppa in servizio di P.S.” in “Truppa e Milizia Volontaria per
la sicurezza Nazionale in servizio di P.S.”; la categoria 20 della III divisione contempla anche i “Servizi
relativi alle colonie di confino”.
-
22
vengono completamente riorganizzate, pur mantenendo la suddivisione in due categorie
(atti e casellario) e i contenuti di base.
Da ultimo si segnala che il titolario è corredato da una serie di norme per la gestione
e il mantenimento dell'archivio di deposito e da un elenco degli atti che possono essere
scartati49
.
3.2 Il Fondo
3.2.1 La storia
Il Fondo Questura Ebrei (1938-1945) è conservato nel deposito dell’Archivio di
Stato di Roma, presso la sede succursale Galla Placidia, identificato con la denominazione
del soggetto produttore, ed è costituito da 51 buste, ordinatamente disposte negli scaffali
della colonna 29A: si tratta di quattro palchetti, ove, dall’alto verso il basso, si rinvengono
secondo il seguente ordine: 1-13, 14-27, 28-41, 42-5150
.
Le buste sono pervenute in Archivio a seguito del versamento operato dalla Questura
di Roma nel 1962: dagli atti della Direzione dell’Archivio di Stato di Roma in data 3 aprile
1962 risulta il versamento di 971 fascicoli - con elenchi nominativi divisi in sette gruppi -
49
Per le notizie generali relative al ‘Titolario’ cfr. Manuale pratico ad uso del personale degli archivi di
Pubblica Sicurezza, Raccolta completa delle varie disposizioni vigenti sull’ordinamento degli Uffici e degli
Archivi di Pubblica Sicurezza, a cura di Benedetto Donato, primo archivista di Pubblica Sicurezza,
Brindisi, 1950; per quanto d’interesse, è stato riportato in Appendice III un estratto del titolario del ’31. 50
Il Fondo in esame - pur fondamentale per la ricerca in merito all’oggetto - ha consistenza modesta rispetto
al materiale complessivamente versato nel tempo dalla Questura di Roma: con questa denominazione, nel
Sistema informativo degli archivi di Stato, risultano quattro sottolivelli, per un totale di 18620 fra buste,
registri e fascicoli, aventi come estremi cronologici 1870-1909 e 1938-1945. In particolare risulta un primo
versamento di 161 buste, degli anni 1870-1909 e 1938-1945 con strumento di ricerca 223-Questura di
Roma; un secondo versamento per la documentazione degli anni 1920-1965: esso consta di 930 buste e
registri con atti provenienti dai Commissariati di P.S. Castro Pretorio, Esquilino, Prenestino, S. Giovanni,
Villa Glori, Viminale e Albano Laziale (anni 1945-1965), fascicoli dei sorvegliati politici (anni 1920-1950)
e atti classificati come “Commissariati - Ebrei” in corso di schedatura. Infine con i versamenti avvenuti fra
il 2001 e il 2006 è pervenuta in Archivio documentazione dai Commissariati di P.S. di Roma Borgo,
Aurelio, Castro Pretorio, Villa Glori, S. Giovanni, Esquilino, Prenestino, Trevi-Campo Marzio, S. Paolo,
Lido di Roma e dai Commissariati di Civitavecchia, Colleferro, Frascati e Velletri (consistenza di 17415
buste, di cui 16245 fascicoli, 965 buste e 205 registri, con estremi cronologici non evidenziati).
-
23
concernenti cittadini di origine ebraica, già conservati presso la Questura di Roma, che li
aveva raccolti dai Commissariati di zona; il verbale di versamento risulta firmato dal dott.
Ferrante, per la Questura di Roma, e dal dott. Marcello Del Piazzo, per l’Archivio di Stato
di Roma51
.
E’ opportuno ricordare, per affinità di contenuto e per gli stretti rapporti tra i due enti
produttori, che anche la Prefettura di Roma il 6 luglio 1961 aveva versato all’Archivio una
considerevole mole di documenti relativi alla persecuzione razziale52
.
Entrambi i versamenti sono intervenuti in base a disposizioni impartite dal Ministero
dell'Interno, Direzione generale dell'Amministrazione civile, Ufficio Centrale degli Archivi
di Stato, aventi come oggetto il versamento dei fascicoli concernenti cittadini di origine
ebraica.
Secondo le disposizioni il versamento doveva essere effettuato anche nel caso di
mancanza di spazio, restandone, peraltro, “… esclusi i fascicoli relativi ai campi di
concentramento, in cui furono deportati cittadini ebrei, tenuto conto che tale
documentazione è ancora oggetto di consultazione da parte delle persone interessate, che
hanno in corso pratiche di risarcimento nei confronti del Governo di Bonn”.
Con successiva circolare, con pari oggetto, veniva ribadito l’obbligo di versare “…
non soltanto i fascicoli personali dei cittadini ebrei, ma anche l’intera documentazione
sulla campagna razzista tuttora esistente presso le Prefetture e le Questure53
.
51
Nella Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani (vol. III, N-R, Roma 1986), sotto la voce “Questura”, si
trova menzione a 21 buste (971 fascicoli) descritte come documentazione non inventariata - relativa agli
anni 1938-1945 - riguardante cittadini di origine ebraica. 52
Si tratta di 65 pacchi, 2 rubriche e 16 schedari con elenco degli oggetti: discriminazione degli ebrei (24
pacchi), domestici ariani al servizio degli ebrei (18 pacchi), matrimonio ebrei (7 pacchi), determinazione
della razza (7 pacchi), accertamento della razza (4 pacchi), variazione della razza (1 pacco), pratiche varie
relative a cittadini ebrei negli anni 1939-1944 (1 pacco), censimento ebrei (2 pacchi), ebrei stranieri (1
pacco), rubriche (2 pacchi) , schedari (16 pacchi). 53
Circolare UCAS (Ufficio Centrale degli Archivi di Stato) n. 30 del 20 giugno 1961; circolare UCAS n. 32
del 31 agosto 1961, entrambe a firma Birri, per il ministro Mario Scelba. Il direttore dell'Archivio di Stato è
il dr. Marcello del Piazzo, che, con foglio del 23 giugno 1961, dà subito piena disponibilità al versamento.
-
24
3.2.2 La descrizione
L’esame della documentazione costituente il Fondo consente utili osservazioni.
Una prima riguarda l’aspetto dei faldoni: si tratta di buste cartacee di dimensioni cm. 22 x
30, con titolo esterno in costola moderno.
Al loro interno si segnalano diverse condizioni: può essere presente la cartella originale - o
quel che ne resta - munita di titolo, a cui è stata aggiunta - verosimilmente in Archivio di
Stato, a comprenderla per fini conservativi - una cartella moderna, mentre, in altri casi, la
cartella originale manca; non sempre risulta sostituita. In questo caso si rinvengono
direttamente i fascicoli, a volte preceduti solo da cartoncini con sigle, scritte o
classificazioni varie. I fascicoli sono disposti normalmente in ordine alfabetico, ma
possono anche essere contenuti in ulteriori copertine, presenti fin dall’origine, che li
ordinano cronologicamente54
.
I titoli delle buste presentano gli estremi cronologici, talora evidentemente approssimativi,
i nomi dei commissariati di provenienza, o supposti tali, il numero del faldone, le lettere
corrispondenti alle iniziali dei cognomi delle persone schedate; talvolta risulta segnalato il
numero dei fascicoli contenuti.
L’estremo remoto della busta risulta talora superato dalla presenza di documenti
antecedenti la promulgazione delle Leggi Razziali55
. Un’osservazione analoga può essere
formulata anche per gli estremi recenti della documentazione che arriva fino all’inizio
degli anni ‘6056
.
Le cartelle interne originali sono costituite da supporto cartaceo vario, di solito di riutilizzo
e in materiale piuttosto fragile, scadente, come tutta la documentazione contenuta, in cui
domina la sfumatura giallastra della carta dell’epoca; spesso si tratta di semplici lacerti, che
54
È il caso della busta 16. 55
Si tratta di ebrei già soggetti a sorveglianza, non per motivi di razza, per le idee politiche o altro. 56
Trattasi di pratiche finalizzate al reinserimento nelle precedenti attività lavorative o al recupero dei beni
sequestrati.
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25
conservano almeno la parte centrale, che costituisce una sorta di fascetta intorno al faldone,
con l’intitolazione.
Per quanto riguarda le cartelle moderne, si tratta di normali copertine da pratica
amministrativa, compilate da parte dell’Archivio di Stato in epoca non specificata.
I titoli sulle copertine interne originali riportano pressoché gli stessi dati presenti
sulle buste esterne: dai titoli presenti e dal “contenuto” delle buste derivano i titoli esterni
moderni; può essere interessante esaminare singolarmente e confrontare i titoli riportati
sulle buste57
; una prima considerazione, formulata in base alla combinazione fra i titoli e il
contenuto dei fascicoli, porta alla conclusione che i documenti del fondo provengano in via
principale da sette commissariati di Roma58
.
Le copertine originali dei fascicoli, di colore arancio, hanno dimensioni di cm. 17,5 x
25; esse appaiono spesso riutilizzate, e intestate a nuovi soggetti, a volte ai familiari del
titolare del precedente fascicolo59
.
All’interno di ogni fascicolo la documentazione appare seguire l’ordine conseguente alla
naturale sedimentazione delle carte, con il sovrapporsi di pratiche di origine diversa fra
loro. I documenti cartacei risultano di scarso pregio dal punto vista materiale, deteriorabili,
di riciclo: talora recto e verso recano informazioni relative a soggetti diversi, a
dimostrazione del riutilizzo della carta per usi successivi; anche le copertine dei fascicoli
appaiono sovente riutilizzate.
Una preventiva osservazione generale del contenuto delle buste consente di identificare le
classifiche che sono state assegnate a ciascun fascicolo60
.
57
Per i Titoli si veda in Appendice IV. 58
Campo Marzio, Castro Pretorio, Piazza d’Armi, Porta Pia, Porta del Popolo, Prati, Salario. 59
Colore e dimensioni delle camicie risultano dettagliatamente indicate nel Manuale pratico… opera citata,
p. 8, che inoltre prescrive l’osservanza dell’ordine alfabetico sillabico nella tenuta dei fascicoli e il rispetto
della cronologia delle carte al loro interno. 60
Vi risultano: Gabinetto Razza Cat. A4A (buste da 1 a 6), Gabinetto Ebrei E3, a volte con ulteriore A4a
oppure A1 (buste da 7 a 11), Gabinetto E3 trasferiti (buste 13 e 14), Div. 1 Gab. A4a (buste 15 e 16), Gab.
Ebrei E3 (buste 17 e 18), Div. 1, Cat. A4a (buste da 19 a 23), ebrei cat. A4a - informazioni/vigilanza (buste
24 e 25), Div.1, A4a (buste 26 e 27), Gab. E3 (buste 28 e 29), Div. 1 Cat. A4a (buste 30 e 31), Gab. E3
-
26
Singolare appare il contenuto della busta 12, in cui non si rinvengono fascicoli
individuali muniti di copertina, ma solo documenti relativi a pratiche di discriminazione,
tenuti insieme da un foglio bianco, aggiunto successivamente per tenere distinti gli
incartamenti; le pratiche riguardano esclusivamente individui il cui cognome inizia con
lettera P61
. Si è ipotizzata una ‘serie’ a sé stante e come tale sarà in seguito descritta.
Nel Fondo in esame i nominativi riportati sono costituiti da cognome, nome e
patronimico; questi elementi non sono sempre presenti sulla copertina del fascicolo: a volte
il patronimico risulta solo dall’esame dei documenti interni.
I nominativi generalmente si riferiscono ad ebrei, ma, a volte, da specifiche in copertina o
dalla lettura dei documenti interni, si deduce trattarsi di soggetti ariani o misti, collegati per
vincoli di parentela agli ebrei o che hanno avuto a che fare con loro: ad esempio marito,
moglie o domestica ariana presso famiglia ebrea.
A volte i fascicoli presentano intestazione a più persone: è il caso di fratelli, coniugi,
genitori e figli, amici e anche colleghi di lavoro62
.
Nei cognomi composti le preposizioni sono per lo più posposte e collocate tra parentesi,
comportando un ordine alfabetico in base alla “seconda” parte del cognome; alcune lettere,
come le i, j e y, sono usate quasi sempre come se fossero intercambiabili tra loro,
mostrando una disinvoltura, indicativa del modesto livello di preparazione degli scriventi,
che non giova certo alla precisione dei dati raccolti; del resto, anche i nomi e cognomi di
chiara ascendenza straniera vengono spesso storpiati o grossolanamente italianizzati, forse
per facilitarne la pronuncia63
.
(buste 32 e 33), Div. 1 A4a (buste 34-38), ebreo A4a (busta 39), ebreo A4a inform/vigilanza (busta 40), Div.
1 A4a (buste da 41 a 44), Div. 1 Cat A1 o A4a o A8 (busta 45), Div. 1 Cat. A4a (buste da 46 a 51). Talvolta
le classifiche E3 e cat. A4a compaiono contemporaneamente. 61
Le pratiche non sono state rinvenute in ordine alfabetico; inoltre, risultano due incartamenti relativi a Pisa
Romolo. 62
Si veda il caso delle due insegnanti conviventi di cui alla b. 8, fasc. 14. 63
Talvolta si è resa necessaria, pertanto, la rettifica del nome rinvenuto, per consentire l’uniformità dei dati.
In particolare nell’Indice si è sempre utilizzata la sola lettera “i” per tutti i suoni corrispondenti.
-
27
Degno di nota è anche il fatto che vi sia più di un fascicolo intestato alla medesima
persona64
.
3.2.3 Metodologia di indagine e ipotesi di riordinamento.
Nel secondo anno del mio Corso di laurea magistrale mi è stato proposto di svolgere
il tirocinio presso l’Archivio di Stato di Roma, nella sede distaccata di Via Gallia
Placidia65
.
Dalla prima presentazione del Fondo assegnatomi ne apprendevo la limitata consistenza -
appena cinquantuno buste - il legame di appartenenza con altra documentazione formatasi
presso la Questura di Roma e anche, a prima vista, la forma documentale di ‘secondaria
importanza’, in quanto facente parte di un sistema ben più ampio di carte, relative ad altri
soggetti produttori. Allo stesso tempo, man mano che procedevo nell’esame della
documentazione, mi accorgevo di avere tra le mani elementi di pregio per la comprensione
di aspetti poco conosciuti della nostra storia recente, legati ad una più vasta drammatica
vicenda, che ha tuttavia coinvolto nell’immane tragedia molti nostri concittadini.
Mi è stato richiesto di procedere ad un’iniziale schedatura, utilizzando un database di
natura elettronica. Le carte già presentavano fascicolazione. Non risultavano registri nè
repertori coevi e tutte le carte, sciolte, erano raggruppate entro camicie, a loro volta inserite
nelle buste66
.
Per quanto riguarda gli interventi precedenti, risultava già eseguita una via di mezzo
fra la cartolazione e la paginazione, mediante l’apposizione di un timbro a sei cifre in
inchiostro nero, che ha risparmiato le pagine bianche, ma ha interessato anche il verso dei
fogli di riciclo, non pertinente: il fatto che sia stata effettuata in maniera indelebile, non
64
Cfr. l’apposito Elenco in Appendice V. 65
Il tirocinio si è svolto nel periodo novembre 2012 - novembre 2013. 66
L’aspetto delle buste portava facilmente ad identificarle come moderne: in particolare il loro buon stato di
conservazione e la scrittura a pennarello.
-
28
uniformemente nei vari documenti, ma in punti diversi e, soprattutto, ad archivio non
riordinato, fa pensare che si tratti di operazione ‘moderna’, svolta non da tecnici67
.
Un’altra operazione precedente al mio intervento è consistita in una preliminare
schedatura cartacea, operata riportando su un foglio, per ciascun nominativo, l’indicazione
delle notizie identificative basilari: cognome, nome e patronimico; siffatte “schede” sono
state poi raccolte in fascicoletti, numerati come la busta corrispondente. Questo lavoro
preventivo doveva probabilmente servire di sussidio per il successivo riordinamento.
In tale fase di intervento, verosimilmente in epoca recente, si è operato anche sulle
copertine originali: per raccogliere i fascicoli sono state aggiunte cartelline moderne,
interne al faldone; inoltre i fascicoli le cui copertine si erano deteriorate, mostrando ampi
tagli lungo la costa, sono stati preservati inserendo le camicie originali in fogli formato A4
ripiegati.
Dopo una prima fase di lettura, analisi e ricognizione del materiale, operata cercando
di entrare nel vivo degli argomenti del Fondo, anche attraverso la consultazione di
adeguata bibliografia, si è iniziata la schedatura, in base ad alcuni parametri fondamentali
da inserire su una tabella Excel: oltre al cognome e al nome, il patronimico68
, gli estremi
cronologici delle carte69
, i commissariati di competenza70
, la categoria di classifica.
Nel frattempo, man mano che la schedatura procedeva e che il materiale del Fondo si
rendeva maggiormente noto, si acquisiva coscienza della necessità di ampliare i campi di
raccolta dei dati, per dedicare maggiori spazi alla rilevanza dell’argomento: risaltavano, in
particolare, gli elementi utili a facilitare l’identificazione individuale: la data di nascita, la
67
Oggi si preferirebbe procedere con una paginazione o cartolazione, usando lapis nero del numero 2B e a
Fondo già riordinato. 68
Sono sorte difficoltà non lievi per la comprensione dei nomi stranieri, che, come già detto, nei documenti
del Fondo vengono spesso riportati con diverse varianti di fantasia, dando luogo a duplicazioni; poiché i
prefissi dei nomi composti venivano spesso posposti tra parentesi risulta un corrispondente ordine
alfabetico, che, per fedeltà, è stato rispettato nel riordinamento. 69
Sono stati indicati in anni. 70
Sono stati considerati i commissariati di residenza e del luogo di lavoro; si sono rilevati anche quelli relativi
ai familiari e ad altre persone citate ripetutamente nel fascicolo.
-
29
cittadinanza, l’esercizio di professioni maggiormente distinguibili, specifici dati o note,
riportati sulla copertina, l’oggetto del documento o della pratica, la presenza di allegati, i
nominativi di familiari o di altre persone, conviventi o comunque aventi a che fare con
loro; elemento non ultimo, anche il numero delle carte, utile per una immediata verifica
della consistenza della documentazione e della sua integrità.
Sulla base di tali premesse è sorto un progetto di inventario analitico dedicato al
Fondo: scelta spero felice, confortata dalla consapevolezza di non avere compiuto passi
irreversibili, di aver conservato intatto il materiale e di avere contribuito alla formazione di
una base strumentale, utile per l’osservazione dei documenti e per la loro piena fruizione.
Trattandosi di un inventario analitico, per la descrizione di ogni unità archivistica si sono
riportati71
:
numero di corda dell’unità di conservazione-busta rinvenuto
numero di corda dell’unità archivistica-fascicolo, assegnato all’interno di ciascuna
busta72
titolo moderno della busta
titolo originale dell’unità archivistica (nome, cognome, patronimico)
altri elementi integrativi del titolo
estremi cronologici per esteso
oggetto dell’unità archivistica
allegati
descrizione esterna delle unità di conservazione e archivistica
Per l’ordinamento, un grande aiuto è stato fornito dall’osservazione di fondi di
71
Nell’individuazione dei paramentri e per l’organizzazione della scheda ci si è attenuti alle norme dello
Standard Internazionale ISAD (G) - General International Standard Archival Description, approvate a
Siviglia nel 2000. 72
Per i motivi che saranno spiegati in seguito, ai fascicoli non si è dato un unico numero nè per serie nè per
fondo, ma si è mantenuta la situazione attuale.
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30
questure presenti in altri Archivi di Stato e dalla consultazione del titolario del 193173
;
peraltro, si tratta spesso di fondi già riordinati, che presentano situazioni molto più
strutturate e organiche rispetto al materiale oggetto del presente studio.
Per quanto riguarda la documentazione contenuta nei singoli fascicoli, l’ordine dato
dalla sedimentazione delle carte risulta talvolta fortuitamente alterato, ma è stata comunque
rispettata la successione esistente, fissata dalla timbratura della cartolazione già effettuata:
nell’attività di riordinamento svolta, l’intervento materiale sui fascicoli è stato limitato
esclusivamente ai casi in cui si era perduta la successione alfabetica originaria e solo
all’interno di ogni busta; si è dunque ipotizzata l’organizzazione del Fondo in serie e
sottoserie, sulla base della classificazione dei documenti e dell’ente di produzione74
.
Pur nella consapevolezza che l’inventario debba avvenire a fondo riordinato e che, per la
comprensione dell’ente produttore e delle sue funzioni, precipuo compito dell’archivista
sia quello di riportare le carte all’ordine originario, ci si è astenuti dal ricondizionamento
dell’intero fondo, avendo, tra l’altro, a che fare con documentazione suscettibile di ulteriori
acquisizioni: non si sono voluti introdurre elementi di incertezza, né ulteriori interventi,
potenzialmente preclusivi per l’interpretazione dell’archivio e non determinanti per la
fruizione futura. Per gli stessi motivi, sui faldoni si è mantenuta la segnatura originale
assegnata, con il numero di busta progressivo da 1 a 51.
E’ stata data preminenza all’aspetto conservativo: si è terminato di inserire in fogli le
copertine danneggiate, si sono tolti spilli e attaches, pericolosa fonte di ruggine per la
delicata carta della maggior parte dei documenti.
73
Il Fondo della Questura di Firenze è preziosa fonte di notizie sulle procedure in uso presso gli uffici di P.S.
dipendenti; vi compaiono pochi fascicoli dedicati agli ebrei, tutti con classifica A4-A; il Fondo della
Questura di Modena consente un’utile consultazione del titolario del ’31; si segnala il Fondo della Questura
di Milano per la presenza di serie dei commissariati di P.S. 74
Come sostenuto da Valenti “… ogni classe o sottoclasse del titolario potendosi considerare appunto come la
matrice di una serie”, cfr. VALENTI FILIPPO, Riflessioni sulla natura e struttura degli archivi, in Scritti e Lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a cura di Valenti Filippo, Grana Daniela, Roma,
Ministero per i beni e le attività culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 2000, pp. 83-113, p. 111.
-
31
Del resto il materiale non è di dimensioni ingenti e rimane di facile gestione anche se non
riordinato materialmente, consentendo agevolmente il rinvenimento del singolo fascicolo,
che nel caso del Fondo costituisce il motivo di prevalente interesse.
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32
4 Cappello alla serie
4.1 Commissariati di P.S. - Ebrei
Occorre premettere che il Fondo in questione potrebbe essere considerato
appartenere ad un più ampio Fondo Questura di Roma, ancora ideale, perché i singoli fondi
che lo costituiscono - alcuni versati e già ordinati, altri in fase di riordinamento - sono
tuttora in attesa di ricomposizione, dopo gli eventuali - e non certo insignificanti - scarti.
Per omogeneità della documentazione il fondo in esame risulta costituito da un’unica serie,
che potrebbe essere intitolata Commissariati di Pubblica Sicurezza - Ebrei, avente come
soggetti produttori alcuni Commissariati di P.S. della Capitale.
D’altra parte la scelta di tale denominazione della serie risulterebbe in linea con quanto
presente nell’indice dei Fondi dell’Archivio di Stato di Roma, aggiornato al 2010, dove il
Fondo stesso - di cui era stata cominciata una preliminare schedatura75
- è stato indicato
come Fondo Questura di Roma - Commissariati Ebrei.
In sede di elaborazione dello studio si è pensato di assegnare alla Serie il nome di
Commissariati Ebrei, lasciando al Fondo nel suo complesso il nome già attribuitogli.
Sulla base degli elementi estrinseci ed intrinseci presenti sono stati individuati sette
commissariati, cui sono state fatte corrispondere sette sottoserie76
.
Le norme che hanno regolato la produzione della documentazione consistono nelle
leggi razziali del 193877
; sulle carte figura la classifica conforme al titolario del 193178
.
Date le ampie operazioni di scarto che si è consapevoli fossero purtroppo ancora in
uso all’epoca del versamento e di cui è rimasta traccia negli atti della Direzione
75
Cfr. Indice dei Fondi aggiornato al 2010, a cura della dott. ssa Marina Pieretti, Archivio di Stato di Roma,
sede succursale di via Galla Placidia, p. 12. 76
Le sottoserie ipotizzate sono state ricostruite confrontando la documentazione, i titoli riportati e le iniziali
alfabetiche sulle buste: si veda in Appendice VI. 77
Cfr. l’argomento in Introduzione storica. 78
Circolare ministeriale del 1 dicembre 1931 N. 10083-D entrata in vigore col 1 gennaio 1932.
-
33
dell’Archivio di Stato, si può convenire sulla più che probabile lacunosità del più grande
Fondo Questura di Roma e nello specifico del Fondo Questura Ebrei e della presente serie.
L’ipotesi di operazioni di scarto è avvalorata anche dal fatto che la documentazione
provenga solo da alcuni commissariati di Roma; sembra difficile che gli altri non avessero
a che fare affatto con gli ebrei, ma potrebbe anche essere che in altri commissariati non
fossero stati creati schedari a se stanti, o che non fossero residenti ebrei nel territorio di
loro competenza.
Particolari considerazioni merita la classificazione dei documenti, che nel caso del
Fondo sono successivi alle Leggi Razziali, da cui traggono origine, e che comprendono gli
ebrei nella categoria A4a, classifica che, secondo il titolario del ’31, corrisponde alla tutela
dell’ordine pubblico.
E’ evidente che anche prima della legislazione persecutoria vi fossero ebrei per
qualche motivo soggetti a controlli di polizia o semplicemente oggetto di pratiche presso i
Commissariati, come ad esempio la raccolta di notizie prima dell’assunzione di incarichi
pubblici o della concessione di abilitazioni e licenze: gli uffici usavano in tali casi la
categoria A1 (informazioni), come per qualsiasi altro cittadino. Qualora poi si fosse trattato
di ebrei stranieri o che avessero manifestato idee contrarie al regime, essi potevano
rientrare rispettivamente nelle categorie A12 (stranieri) o A8 e A9 (sorvegliati politici del
luogo o di altre circoscrizioni)79
.
Con le leggi razziali del ‘38 gli ebrei diventano - ope legis - soggetti da vigilare e la
documentazione di polizia a loro intestata viene comunemente contraddistinta dalla
categoria A4a con l’aggiunta di “ebreo”, declinato al maschile o al femminile, e al plurale
se il fascicolo risulta intestato a più individui80
, o “famiglia ebrea” o “misto”/“famiglia
79
Dal giovane che in ambito universitario si era pronunciato in maniera anche solo lontanamente contraria al
Regime all’antifascista dichiarato, all’anarchico, socialista, massone. 80
In alcuni casi il fascicolo risulta intestato dapprima a una singola persona, e poi man mano che si
integravano altre pratiche, o che comunque venivano aggiornate, il fascicolo veniva ad acquisire
-
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mista”; l’uso di tale categoria acquista di fatto una propria autonomia rispetto all’A4a
originale o forse viene progressivamente ad identificarsi e sovrapporsi con essa81
.
Presso i commissariati era in uso il protocollo analitico: ogni documento in arrivo o
in partenza era infatti registrato con un diverso numero, assegnato in base all’ordine di
ricezione o di spedizione; lo stesso numero dato a un documento in arrivo veniva
solitamente usato anche per il documento che ne costituiva la risposta; i documenti
appartenenti a una stessa pratica hanno pertanto numeri di protocollo diversi o, al massimo,
con lo stesso numero si trova un originale ricevuto e una minuta di lettera spedita,
direttamente correlati; hanno invece la stessa classificazione, o più precisamente sono
uguali, la classificazione delle minute dei documenti spediti e quella data ai documenti
ricevuti; nel fascicolo possono trovarsi anche documenti con classificazione diversa,
richiamati da altri fascicoli, per lo svolgimento della pratica, allegati vari, documenti di
carattere interno non c