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RIGENERAZIONE OSSEA.
Cosa sappiamo oggi sulla rigenerazione ossea? Qual è la combinazione ideale di biomateriale e osso autologo? Cosa ci riserva il futuro?
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FOCUS
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Prof. Reinhard Gruber | Austria
Professore di Biologia oraleScuola di odontoiatriaUniversità medica di Vienna
I vasi sanguigni sono fondamentali per la rigenerazione ossea
FOCUS
L’angiogenesi e l’osteogenesi sono strettamente correlate. Recenti studi hanno fatto luce su alcuni dei protagonisti di questi processi, tra i quali speciali cellule endoteliali, progenitori degli osteo blasti, macrofagi e osteociti.
L’angiogenesi e l’osteogenesi sono de-terminanti per la rigenerazione ossea guidata. Il materiale di incremento, ad esempio composto da Geistlich Bio-Oss® e particolato di osso autolo-go, costituisce una struttura lassa che permette ai vasi sanguigni e, succes-sivamente, all’osso di riempire lo spa-zio vuoto (Figura 1). Le membrane fun-gono invece da barriera per i tessuti molli, garantendo la necessaria stabi-lità meccanica al sito di incremento. Al di sotto della membrana, l’angioge-nesi e l’osteogenesi originano dall’os-so reiduo e le cellule dei tessuti molli rimangono escluse (Figura 2). Il consolidamento dell’innesto è qua-si completo quando si è formato un conglomerato di Geistlich Bio-Oss® e frammenti di osso autologo con osso a fibre intrecciate e spazio per il mi-
dollo osseo. I frammenti di osso auto-logo e l’osso a fibre intrecciate imma-turo si rimodellano per ottenere l’osso lamellare maturo, in grado di rispon-dere al carico biomeccanico e sostitu-ire i danni. L’osso lamellare ha un’in-nata capacità rigenerativa, che è il prerequisito per l’osteointegrazione degli impianti dentali.
I segnali angiocrini sono fondamentali per la formazione ossea
Geistlich Bio-Oss®, così come l’osso autologo, permettono lo svolgimento di angiogenesi e osteogenesi. L’angio-genesi inizia con la formazione di nuo-vi capillari endoteliali da vasi preesi-stenti che successivamente maturano attirando cellule vascolari, soprattut-to cellule muscolari lisce vascolari e periciti. La crescita di nuovi capillari avviene a seguito di stimoli angiogenici nel co-agulo di sangue che riempie gli spazi. Pertanto, per favorire l’angiogenesi e la successiva osteogenesi, gli innesti devono fornire una rete interconnes-sa e condizioni di stabilità meccanica. Se assumiamo che l’osteone sia il riferimento evoluzionistico, lo spazio vuoto tra le particelle dovrebbe avere un diametro di circa 200–300 µm. Le
particelle di Geistlich Bio-Oss® soddisfano tale criterio1, creando
inoltre una superficie sulla quale si può formare il nuovo osso, proprietà chiamata « osteoconduttività ». Il rimodellamento prosegue, mentre le particelle di Geistlich Bio-Oss® sono mantenute, definendo così i margini anatomici2. Se non è circondato da osso, Geistlich Bio-Oss® si può riassorbitre. La comprensione delle fasi differenziali di questo processo resta ancora una sfida.
Il ruolo delle membrane barriera
Siamo solo agli inizi della comprensio-ne del legame funzionale tra angio-genesi, osteogenesi e la potenziale funzione di barriera svolta dalle mem-brane durante la rigenerazione ossea guidata. Una possibile spiegazione del motivo per il quale la formazione ossea avviene in assenza di tessuto cicatriziale nasce da una nuova inter-pretazione del ruolo dei vasi sanguigni nella biologia ossea. L’apparato vascolare del tessuto osseo è costituito da una popolazione spe-cializzata di cellule endoteliali che emettono segnali angiocrini a soste-gno della formazione e della matura-
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FOCUS
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zione dell’osso4. I segnali angiocrini emessi dalle cosiddette cellule endo-teliali di tipo H controllano il proces-so sequenziale di osteoformazione, perlomeno secondo alcuni studi con-dotti su topi4. Inoltre, la formazione di questo sottotipo di vasi sanguigni è supportata dal fattore di crescita de-rivato dalle piastrine BB (PDGF-BB), secreto dai preosteoclasti5, che colle-ga l’angiogenesi all’osteogenesi. Tali osservazioni pongono in una nuova prospettiva l’importanza dell’angioge-nesi durante il consolidamento dell’in-nesto, avvalorando ulteriormente il concetto della rigenerazione ossea guidata e, soprattutto, l’idea che la membrana possa evitare la prolifera-zione di cellule endoteliali sfavorevo-li all’osteoformazione nell’innesto.
Progenitori degli osteoblasti dai vasi sanguigni
I vasi sanguigni sono anche la fonte di progenitori che danno vita agli oste-oblasti per l’osteoformazione e agli osteoclasti per il riassorbimento os-seo. Gli osteoclasti derivano dalle cel-lule ematopoietiche della linea dei monociti trasportate dal flusso san-guigno6. I primi tentativi di isolare cel-lule osteogeniche dal sangue non so-no stati riprodotti facilmente7 e le cellule staminali scheletriche di recen-te scoperta non possono essere tra-sportate dal flusso sanguigno8,9. È sta-to ipotizzato che alcune cellule tipo « periciti » contengano un pool di pro-genitori osteogenici10 e siano localiz-zate in prossimità dei vasi sinusoida-li11. Pertanto, non solo il periostio e il midollo osseo, ma anche i vasi sangui-gni sono una fonte di progenitori de-gli osteoblasti4. È interessante notare come i vasi san-guigni contenenti cellule endoteliali di tipo H rappresentino una fonte di
progenitori degli osteoblasti, a pre-scindere dai segnali angiocrini che ne determinano la differenziazione in progenitori maturi degli osteoblasti4. Queste recenti osservazioni costitui-scono la base scientifica per rivalutare il ruolo dell’angiogenesi e dell’osteoge-nesi nella rigenerazione ossea guidata.
L’infiammazione transitoria è importante
I vasi sanguigni trasportano anche i macrofagi, ossia le cellule fagocitarie. I macrofagi rilasciano fattori di cresci-ta e citochine, che sono inizialmente « proinfiammatorie», ad esempio il TN-Fα, essenziale per la guarigione delle fratture12. Per la rigenerazione ossea è necessaria anche la cicloossigenasi 2 (COX-2), l’enzima fondamentale per la sintesi della prostaglandina13. Gli studi supportano la rilevanza di un microam-biente infiammatorio transitorio per la guarigione delle fratture. I macrofagi successivamente si trasfor-mano in «macrofagi cicatrizzanti», che promuovono l’angiogenesi e la forma-zione della nuova matrice extracellu-lare14. Ciò suggerisce che i macrofagi
Angiogenesi e rigenerazione osseaL’angiogenesi, ossia la crescita di nuovi vasi sanguigni, è fondamentale per la rigenerazione ossea e, quindi, per la rigenerazione ossea guidata per i seguenti motivi:
1 I vasi sanguigni contengono una popolazione di cellule endoteliali che emettono segnali a sostegno dell’osteoformazione.
2 I vasi sanguigni sono una fonte di progenitori che danno vita agli osteoblasti per l’osteoformazione e agli osteoclasti per il riassorbimento osseo.
3 I vasi sanguigni trasportano i macrofagi, inizialmente « proinfiammatori», che successivamente si trasformano in «macrofagi cicatrizzanti» supportando la rigenerazione ossea.
4 I vasi sanguigni controllano l’attività degli osteociti, che svolgono un ruolo importantenel rimodellamento osseo.
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siano indispensabili per la guarigione della ferita15, ma anche per la rigenerazione ossea16. I macrofagi non si limiterebbero però a rigenerare l’osso, ma ne controllerebbero anche il modellamento durante la crescita e lo sviluppo17. É stata valutata anche la loro relazione con i biomateriali18. Se i macrofagi sovrintendano o meno al rimodellamento osseo resta in discussione19. Ad ogni modo, sembra importante, ai fini del consolidamento degli innesti, che i macrofagi possano migrare nello spazio tra le particelle del biomateriale di incremento.
La morte degli osteociti provoca il riassorbimento osseo
I vasi sanguigni sono decisivi anche per mantenere la vitalità e controllare l’at
tività degli osteociti, ex osteoblasti ora incorporati nell’osso. Ultimamente, gli osteociti sono stati definiti «sorprendenti» in quanto svolgono un ruolo importante nel controllo del rimodellamento osseo20. Tale ipotesi si basa su una serie di osservazioni secondo cui la morte degli osteociti provocherebbe un massiccio riassorbimento osseo²¹, osservazione del tutto plausibile nel contesto del rimodellamento osseo, in cui le zone necrotiche devono essere sostituite da nuovo osso. La necrosi degli osteociti può tuttavia derivare da molte cause – tra cui invecchiamento, assunzione di cortisone, ecc. – associate alla perdita ossea22. Inoltre, gli osteociti sono i principali regolatori delle cellule effettrici. Ad esempio, gli osteociti producono quasi esclusivamente sclerostina, un potente soppressore dell’osteoblastogenesi e, di conseguenza, dell’osteoformazione23.
Gli osteociti producono anche il recettore attivatore del ligando del fattore nucleare kappaB (RANKL)24,25, che è il regolatore chiave dell’osteoclastogenesi e del successivo riassorbimento osseo. Pertanto, i vasi sanguigni in una zona di incremento controllano l’attività degli osteociti e l’omeostasi ossea.
Riferimenti bibliografici
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23 van Bezooijen RL, et al.: J Exp Med 2004; 199: 805–814.
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26 Kuchler U, et al.: Clin Oral Implants Res 2013; 24: 285–289.
1 Campione di seno mascellare di maialino incrementato con Geistlich BioOss® e colorato con LevaiLaczko1,26. A 6 settimane, il nuovo tessuto osseo è rappresentato in viola, mentre l’osso originario e Geistlich BioOss® sono rappresentati in rosa. Gli eritrociti indicanti la presenza di vasi sanguigni sono blu.
2 Vista dettagliata del nuovo osso (viola) che cresce sulla superficie delle particelle di Geistlich BioOss® (rosa). Gli eritrociti nei vasi sanguigni sono visibili come dischi blu.
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FOCUS
Prof. Christer Dahlin | Svezia
Università di GoteborgSahlgrenska Academy,Istituto di Scienze cliniche
Tracciamo il futuro della rigenerazione ossea guidata!
Una migliore comprensione dei processi della rigenera-zione ossea guidata potreb-bero condurre a una nuova generazione di prodotti, come le membrane bioattive o i sostituti ossei associati a farmaci. Un’occhiata nella sfera di cristallo.
La rigenerazione ossea guidata (GBR) è stata sviluppata e introdotta come concetto biologico e modalità di trattamento per colmare le carenze ossee al fine di consentire l’applicazione di impianti orali.1,2 Il concetto è utilizzato dai primi anni ‘90 ed è ancora una tecnica consolidata, diffusa a livello mondiale. In un’ottica retrospettiva, le membrane non riassorbibili sono state considerate lo standard di riferimento per la GBR. L’ePTFE era ritenuto un dispositivo stabile perché provocava soltanto una minima reazione immunologica3. Successivamente, si è aggiunto un rinforzo in titanio per evitare il cedimento della membrana e migliorare la stabilità e il mantenimento dello spazio, aspetto ritenuto essenziale per la riuscita della rigenerazione. La necessità di un secondo intervento per la rimozione del
la membrana, unito alle difficoltà nel gestire le complicanze, hanno portato allo sviluppo di membrane naturali riassorbibili in collagene che, non essendo rigide, sono generalmente utilizzate assieme a materiali di innesto per mantenere lo spazio del difetto.
Rivisitazione del principio biologico della GBR
Come affermato poc’anzi, le membrane per la GBR sono abbinate a vari sostituti ossei. Secondo l’ipotesi originaria, le membrane isolerebbero il sito del difetto osseo dai tessuti molli non osteogenici e il sostituto osseo fungerebbe da impalcatura per l’osso neoformato, promuovendo in tal modo le cellule osteogeniche e la neoformazione di osso. Tuttavia, sebbene tale ipotesi, elaborata più di venticinque anni fa, abbia ottenuto discreti successi in ambito clinico, resta in un certo qual modo speculativa perché il meccanismo della GBR in abbinamento con membrane e sostituti ossei non è ancora completamente chiaro.Per sviluppare futuri prodotti rigenerativi, sia membrane che sostituti ossei utilizzabili anche nelle situazioni più complesse (ad esempio pazienti medicalmente compromessi e casi più avanzati), è indispensabile approfon
dire la conoscenza dei meccanismi rigenerativi. Ciò permetterà di creare materiali con proprietà specifiche per le varie indicazioni cliniche.
Membrane bioattive
Negli ultimi anni, le membrane native a base di collagene sono state oggetto di notevole attenzione. Ciò non è dovuto soltanto alla loro configurazione e alla loro semplicità di utilizzo nel contesto clinico, ma anche a fattori biologici positivi quali la bassa immunogenicità, l’attività stimolatoria dello stesso collagene4 e la potenziale presenza di fattori di crescita e altri segnali all’interno della matrice extracellulare nativa, come il fattore di crescita dei fibroblasti 2 (FGF2) che, ad esempio, stimola l’angiogenesi5–7.
Vi è la convinzione che il ruolo classico della membrana con funzione di barriera passiva ed elemento di contenimento dell’innesto potrebbe trasformarsi e portare la membrana ad assumere un ruolo più attivo, guidando e orientando gli eventi della guarigione durante la rigenerazione. Partendo da questa nuova interpretazione del principio della GBR, lo sviluppo mirato di membrane bioattive con funzione di barriera sembra in futuro un’evoluzione logica, il cui fine ultimo sarebbe la simulazione struttu
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rale e funzionale della matrice extracellulare nativa con tecniche innovative di costruzione dei tessuti. Alcuni esempi sono le tecniche di estrazione specializzata che preserva le componenti extracellulari native – tra cui i segnali angiogenici e rigenerativi – o la tecnologia di elettrospinning o ancora la stampa 3D per produrre membrane biocompatibili e degradabili che simulano la matrice extracellulare nativa. Sono state esplorate anche le membrane multistrato con comportamento strutturale e composizione alterata6–8. È interessante notare come i protocolli che prevedono l’uso della tecnica con la membrana in collagene riassorbibile in doppio strato indichino un miglioramento del risultato rigenerativo9. Non va trascurata, tuttavia, la necessità di lavorare anche sulle membrane già disponibili. Sul mercato sono presenti molti tipi di membrane in collagene per la GBR, che generalmente provengono da tessuti bovini e suini, ad esempio intestino tenue, tendine e derma5. Se si volesse andare oltre la funzione classica di barriera per ottenere un coinvolgimento attivo nella guarigione della ferita, aspetti quali il tasso di degradazione e le dimensioni delle membrane potrebbero in futuro avere maggiore importanza.
Nuovi sostituti ossei
L’osso bovino deproteinizzato, ampiamente utilizzato come materiale di innesto per le applicazioni orali, dopo l’eliminazione delle componenti organiche e la purificazione contiene solo la porzione minerale dell’osso10. L’osso bovino deproteinizzato è classificato nel gruppo di materiali a base di fosfato di calcio con composizione chimica simile a quella dell’osso scheletrico umano. Numerose pubblicazioni hanno dimostrato che l’osso bovino deproteinizzato favorisce la guarigione osseo e la successiva integrazione dell’impianto. È stato dedicato notevole impegno allo sviluppo di materiali di innesto sintetici quali alternative per la sostituzione ossea. Ciò deriva non solo dalle preoccupazioni legate all’origine del materiale di innesto autologo ed eterologo, ma anche dal fatto che le nuove tecniche di ingegneria tissutale permettono modifiche controllate e standardizzate della chimica e della struttura dei materiali sintetici. Il minerale osseo è un carbonato contenente idrossiapatite e, pertanto, nel tessuto sono presenti vari ioni come sodio, fluoruro, magnesio, stronzio e altri. Per simulare l’osso umano, sono
stati compiuti grandi sforzi al fine di introdurre tali componenti nei materiali sintetizzati. Dal punto di vista biologico, si tratta di uno sviluppo alquanto interessante perché diversi ioni prima citati sono considerati bioattivi e questo « doping » di una struttura di fosfato di calcio può alterarne le prestazioni biologiche11. Un esempio è rappresentato dallo stronzio, che è stato oggetto di attenzione per la sua capacità di stimolare l’osteoformazione e inibire il riassorbimento osseo12,13. Parlando di osso bovino deproteinizzato, è anche interessante notare come questo biomateriale dia prova di un rilascio attivo di ioni di silicio, che si ritiene stimolino notevolmente l’attività degli osteoblasti. Inoltre, un assorbimento attivo di ioni di calcio sulla superficie dei granuli di osso bovino deproteinizzato conferma che il materiale è molto probabilmente coinvolto in maniera attiva nella prima fase della neoformazione ossea14.
Prospettive future
Sulla base delle attuali tendenze e conoscenze, prevedo che i futuri sviluppi scientifici si concentreranno sull’ef
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DATI EDITORIALI
Periodico dedicato ai clienti e agli amici di Geistlich BiomaterialsEdizione 1/2016, 9° anno
Editore©2016 Geistlich Pharma AGBusiness Unit BiomaterialsBahnhofstr. 406110 Wolhusen, SchweizTel. +41 41 492 55 55Fax +41 41 492 56 39biomaterials@ geistlich.ch
Redazione Verena Vermeulen
LayoutMarianna Leone
Frequenza di pubblicazionesemestrale
Tiratura25 000 copie in varie lingue in tutto il mondo
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fetto delle proprietà specifiche delle membrane, ad esempio, la porosità, lo spessore e l’affinità cellulare. Inoltre, la ricerca si concentrerà sul modo in cui le differenze a livello di struttura della membrana alterano la regolazione degli eventi cellulari e molecolari all’interno della membrana e nelle zone protette del difetto. È prevedibile un costante sviluppo e un rinnovato interesse nei confronti delle membrane non riassorbibili, soprattutto per le ricostruzioni più avanzate, oltre all’approfondimento della conoscenza dei nuovi materiali in tale ambito. Parallelamente vedo anche un’analoga evoluzione dei vari sostituti ossei o impalcature a cui si aggiungeranno dei fattori per innescare specifici eventi cellulari e molecolari durante la guari
gione dell’osso. Un terzo ambito di straordinario interesse potenziale è l’esplorazione del beneficio che si otterrebbe « caricando » sia i sostituti ossei che le membrane con cellule mesenchimali per ottimizzare la guarigione.In sintesi, mi aspetto che la ricerca nei diversi ambiti della GBR non si sviluppi con progetti isolati rispettivamente su membrane e sostituti ossei. Gli attuali risultati lasciano decisamente intendere che essi siano strettamente legati durante la guarigione e vadano valutati come «famiglia» di biomateriali rigenerativi.
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Combinazioni ideali di innesti di osso autologo e biomateriali
Gli innesti di osso autologo stimolano la formazione di nuovo osso, ma tendono a riassorbirsi. I biomateriali sono semplicemente osteoconduttivi, ma man-tengono il volume. Pertanto, perché non abbinarli?
La perdita o l’assenza di denti a causa di patologie parodontali, traumi, malformazioni congenite e, purtroppo, pratiche scorrette, è sempre seguita da una riduzione di volume della cresta alveolare. Ciò può rendere impossibile o inadeguato dal punto di vista funzionale o estetico l’uso di impianti osteointegrati per ripristinare la dentizione mancante. Oggigiorno, ogniqualvolta possibile, è diventato normale e pressoché indispensabile ricreare un volume adeguato dell’osso e dei tessuti molli per permettere il posizionamento dell’impianto in una posizione ideale che tenga conto delle esigenze protesiche.Per conseguire tale obiettivo, la rigenerazione ossea guidata (GBR) con biomateriali e/o osso autologo è una procedura affidabile, come dimostrato dai risultati di molte ricerche.1,2
biomateriale, creando in tal modo un nuovo composto, ideale per l’osteointegrazione degli impianti e il mantenimento del volume. Lo svantaggio consiste invece nel fatto che i materiali osteoconduttivi non sono in grado di indurre autonomamente l’osteoformazione. Nelle ricostruzioni più estese, soprattutto in caso di difetti verticali, la loro efficacia è limitata, a meno che non vengano abbinati a osso autologo.
Osso autologo: il promotore della formazione ossea
L’osso autologo, sia in blocchi che in particolato, ha viceversa proprietà osteoconduttive, osteogeniche e osteoinduttive. Ciò significa che l’osso autologo può fungere da impalcatura, promuovendo al contempo la formazione di nuovo osso grazie alle proteine morfogenetiche dell’osso e, talvolta, alle cellule vive, che possono attivare l’osteoformazione3–5.L’osso autologo è tuttora considerato lo « standard di riferimento » al quale tutti i biomateriali dovrebbero essere raffrontati. Inoltre, è possibile utilizzarlo con successo nei casi che richiedono ricostruzioni verticali estese. Il principale svantaggio consiste, tuttavia, nella morbilità postoperatoria dovuta alla necessità di prelevare osso
Prof. Matteo Chiapasco | Italia
Dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatricheUniversità di Milano
FOCUS
Minerale osseo bovino: lo stabilizzatore di volume
I biomateriali sono generalmente usati nella forma di granuli porosi, tipicamente eterologhi come il minerale osseo bovino. In media, ogni particella ha un diametro compreso tra 500 e 2000 micron. Il biomateriale, che ha proprietà osteoconduttive, funge da impalcatura sulla quale l’osso neoformato cresce all’interno e all’esterno delle particelle, grazie all’irrorazione di sangue contenente le cellule progenitrici dell’osso. Il principale vantaggio consiste nel fatto che questi biomateriali, se caratterizzati da un tasso di riassorbimento molto lento, manterranno il volume. Il nuovo osso incorporerà i granuli di
Il principale van-taggio dei bioma-teriali sta nel fatto che manterranno il volume se carat-terizzati da un tasso di riassorbi-mento molto lento.
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1 Perdita dei denti 45 e 46 e atrofia orizzontale della cresta residua.
2 L’immagine CBCT della regione mostra il volume osseo ridotto.
3 Correzione del difetto osseo con due blocchi di osso autologo prelevati dal ramo mandibolare.
4 I due blocchi di osso in situ.
5 Riempimento di ogni vuoto tra gli innesti e il letto ricevente con particolato autologo e minerale osso bovino in rapporto 1:1.
6 Copertura dell’innesto con membrana in collagene riassorbibile.
7 Chiusura dei lembi per garantire la guarigione per prima intenzione della ferita chirurgica.
8 L’immagine radiografica dimostra che è stato ottenuto un volume osseo adeguato.
9 Risultati protesici finali dopo l’inserimento di due impianti endossei nell’area ricostruita.
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da siti intraorali o extraorali (i siti extraorali, come la cresta iliaca o la calvaria, vengono utilizzati unicamente quando servono grandi quantità di osso). Inoltre, il volume dell’osso autologo può andare perso a causa del suo riassorbimento e rimodellamento a lungo termine.
Combinazioni ideali
I clinici possono minimizzare gli svantaggi e massimizzare i vantaggi di ambedue i materiali: è possibile miscelare particolato o blocchi di osso autologo, che hanno proprietà osteoinduttive e osteogeniche, ai biomateriali, che han
no proprietà osteoconduttive e capacità di mantenere il volume nel tempo, minimizzando così la perdita dei guadagni ossei iniziali.I biomateriali, nella forma di granuli porosi, possono essere usati efficacemente in assenza di osso autologo nei seguenti casi (Tab. 1):
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› correzione di difetti « minori » quali fenestrazioni o deiscenze perimplantari, con membrane riassorbibili come quelle in collagene;
› rialzo del seno mascellare con approccio laterale o crestale;
› preservazione della cresta dopo l’estrazione di un dente (in questo caso, generalmente si usa un composto costituito da granuli di minerale osseo bovino e collagene) assieme a una spessa matrice in collagene che copre l’alveolo aperto, promuove la guarigione dei tessuti molli e previene la dispersione del biomateriale1,6.
I blocchi di osso autologo possono essere utilizzati in qualunque procedura inlay. Gli innesti onlay si eseguono per la correzione di difetti orizzontali e verticali, dai gap di un solo dente alle creste alveolari deficitarie completamente edentule2. In questi casi, i blocchi ossei possono essere ricoperti da uno strato di biomateriali a riassorbi
mento lento e una membrana in collagene, per ridurre il rischio di riassorbimento dell’innesto nel tempo.7 Infine, osso autologo particolato e biomateriali in rapporto di circa 1:1 possono essere utilizzati in totale sicurezza per le seguenti indicazioni: › GBR orizzontale; › GBR verticale; › con i blocchi di osso autologo per co
prire o riempire vuoti tra il sito ricevente ed i blocchi.
Le membrane stabilizzano l’innesto
È noto che gli spazi vuoti tra l’innesto e il sito ricevente possono essere colonizzati da tessuto connettivo, che cresce più rapidamente rispetto all’osso. La sua interposizione può essere negativa in quanto può compromettere l’integrazione dell’innesto nel letto di osso nativo, causando infine la per
dita dall’innesto o un suo notevole riassorbimento.Nelle GBR orizzontali, le membrane incollagene riassorbibili, preferibilmente stabilizzate con viti o chiodini, sono fondamentali per garantire la stabilità del materiale innestato e consentire un’integrazione sicura. Nelle GBR verticali, l’efficacia delle membrane riassorbibili è ancora oggetto di discussione. Alcuni autori hanno dimostrato di ottenere l’incremento verticale desiderato con membrane più flessibili, mentre altri preferiscono membrane più rigide per garantirsi un efficiente « mantenimento dello spazio ». In queste circostanze, il mix di osso autologo e biomateriale può essere utilizzato assieme a una membrana non riassorbibile rinforzata in titanio o a griglie in titanio. Va tuttavia sottolineato che queste membrane pongono un rischio maggiore di deiscenze dei tessuti molli e, pertanto, esposizione verso l’ambiente orale1–2,7–8.
Riferimenti bibliografici
1 Jensen SS & Terheyden H: Int J Oral Maxillofac Impl 2009: 24 (Suppl); 218236.
2 Chiapasco M, et al.: Int J Oral Maxfac Implants 2009; 24 (Suppl): 237–259.
3 Urist MR: Science 1965; 150: 893–899.
4 Reddi AH, et al.: Orthop Clin North Am 1987; 18: 207–212.
5 Burchardt H: Clin Orthop Relat Res 1983; 174: 28–42.
6 Hammerle CHF, et al.: Clin. Oral Impl Res 2012; 23 (Suppl): 80–82.
7 Urban IA, et al.: Int J Period and Rest Dent 2013; 33; 299–307.
8 Milinkovic I, Cordaro L: Int J Oral Maxillofac Surg 2014; 43: 606–625.
FOCUS
Terapie rigenerative: quando è preferibile usare osso autologo e quando un sostituto osseo?
Tecnica Osso autologo/sostituto osseoMembrana/matrice
Trattamento di deiscenze perimplantari
Sostituto osseo particolatoMembrana riassorbibile
Trattamento di fenestrazioni perimplantari
Sostituto osseo particolatoMembrana riassorbibile
Rialzo del pavimento del seno
Sostituto osseo particolatoMembrana riassorbibile
Preservazione della cresta Sostituto osseo particolatoMatrice in collagene riassorbibile
GBR orizzontaleBlocco di osso autologo + sostituto osseo particolato oppure osso autologo particolato + sostituto osseo particolato in mix 1:1
Membrana riassorbibile
GBR verticale Blocco di osso autologo + sostituto osseo particolato oppure osso autologo particolato+ sostituto osseo particolato in mix 1:1
Membrana possibilmente rigida
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« Prima che arrivasse Geistlich, l’osso era solo la parete dura tra le radici»
Jan Lindhe ha contribuito alla ricerca nel campo della parodontologia e dell’im-plantologia come pochi altri. Così ricorda i primi passi della rigenerazione dei tessuti orali e confronta il 1986 con il 2016.
Ricorda lo Jan Lindhe dei primi anni ‘80? Prof. Lindhe (ride): Sì certo, era l’epoca in cui ero ancora abbastanza giovane da ricevere diverse proposte per nuovi incarichi in tutto il mondo. Era una sorta di « momento delle tentazioni ». Ma svolgevamo anche ricerche molto interessanti a Göteborg. Abbiamo condotto studi longitudinali sui trattamenti parodontali tramite i quali abbiamo cercato di individuare la tecnica migliore per eliminare, o perlomeno ridurre, le tasche dentali a 4–5 mm. Inoltre, Klaus Lang ed io stavamo preparando il nostro libro internazionale sulla parodontologia clinica e l’implantologia.
All’epoca su quale aspetto rigenerati-vo si concentrava?Prof. Lindhe: Assieme a Stüre Nyman e Thorkild Karring tentavamo di identificare le cellule che producevano nuo
vo cemento radicolare, ad esempio le cellule del tessuto connettivo gengivale o le cellule ossee. Poi Nyman e Karring sono stati i primi a interporre una membrana tra dente e tessuti molli per dare spazio e tempo al legamento parodontale e al cemento radicolare di rigenerarsi e formare un nuovo attacco. Questo ha creato la base per quella che sarebbe stata la membrana GoreTex®. Tuttavia, la predicibilità della tecnica non era molto buona a causa delle frequenti deiscenze dei tessuti molli. In quel periodo a Göteborg, non abbiamo mai usato sostituti ossei.
Dopodiché ha incontrato il dott. Peter Geistlich che ha cambiato il suo ap-proccio?Prof. Lindhe: No, prima sono venuti da noi a Göteborg, altri due collaboratori di Geistlich. Se non ricordo male, si trattava dell’ex amministratore delegato Michael Peetz e del ricercatore americano Prof. Myron Spector. Noi eravamo estremamente scettici rispetto al nuovo materiale a base di osso bovino che ci hanno mostrato.
Perché?Prof. Lindhe: Pensavamo che fosse un’ennesima idrossiapatite e sapevamo che non aveva alcun potenziale in termini rigenerativi. Inoltre, non eravamo affatto entusiasti degli innesti
omologhi utilizzati in America. A quel tempo, seguivamo principi molto rigorosi concentrandoci sulle membrane, ossia sulla rigenerazione tissutale guidata pura.
Poi che cosa è accaduto?Prof. Lindhe: Innanzitutto, a Göteborg abbiamo iniziato a inserire impianti e a riflettere sui difetti ossei postestrattivi. Credo che fossimo alla fine degli anni ‘80, primi anni ‘90. Andando oltre la semplice rigenerazione parodontale, abbiamo dunque cominciato anche a interessarci di rigenerazione dei difetti ossei. Dopodiché i rappresentanti Geistlich sono venuti assieme al dott. Peter Geistlich, persona estremamente gradevole. Abbiamo convenuto di svolgere uno studio su animali applicando impianti in osso nativo e osso incrementato con Geistlich BioOss®1.
È lo stesso studio che lo scorso anno è stato premiato come il più citato in riferimento ai materiali Geistlich?Prof. Lindhe: Sì, proprio quello. La cosa buffa è che l’abbiamo svolto principalmente per analizzare i tessuti molli. Volevamo infatti scoprire se vi fossero differenze per quanto concerne le cellule dell’epitelio, del tessuto connettivo, ecc., tra i tessuti molli sull’osso e i tessuti molli su un sostituto osseo. Ciò
Prof. Jan Lindhe | Svezia
Facoltà di OdontologiaUniversità di Göteborg Intervista a cura di Verena Vermeulen
FOCUS
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che ci interessava era la composizione dei tessuti molli attorno agli impianti. Tuttavia, il motivo per il quale lo studio è citato molto spesso è che siamo anche riusciti a dimostrare che l’osteointegrazione nell’area incrementata con Geistlich BioOss® era valida tanto quanto quella nell’osso nativo. All’epoca, questa scoperta ben più importante è stata solo un’osservazione collaterale.
Quindi, il suo primo studio con i bio-materiali Geistlich riguardava l’oste-ointegrazione degli impianti? È ritor-nato successivamente alle indicazioni parodontali?Prof. Lindhe: Sì, abbiamo studiato una nuova membrana in collagene successivamente denominata Geistlich BioGide®, che era stata pensata come alternativa alla membrana GoreTex®
per la rigenerazione del legamento parodontale. All’inizio, sembrava svantaggioso il fatto che la membrana non avesse la stessa stabilità di forma della membrana GoreTex®. Tuttavia, l’abbiamo utilizzata assieme a Geistlich BioOss®, che la sosteneva, evitando che sprofondasse nel difetto angolare. Inoltre, Dani Buser ci ha consigliato di utilizzare la membrana con una tecnica a doppio strato, un accorgimento semplicissimo, ma importante, per il migliore uso di Geistlich BioGide®.
Potrebbe descriverci i due seguenti scenari: un paziente viene dal denti-sta con un dente senza speranza nel 1985 e nel 2015. Come viene trattato? Quali concetti prevalgono nel 1985 e nel 2015?Prof. Lindhe: Penso che il cambiamen
to principale consista nel fatto che ai pazienti degli anni ‘80 veniva sostanzialmente applicato un ponte con tre o quattro elementi, mentre oggi i denti sono sostituiti da un impianto. Fatta questa premessa, che cos’è un dente senza speranza? Per lei e per me correre i 100 metri in 11 secondi sarebbe un esercizio senza speranza. Per altri non lo è. Lo stesso vale per i cosiddetti denti senza speranza; alcuni li definiscono senza speranza, altri sanno come trattarli. Ovviamente, quanto maggiore è il numero di impianti che si vogliono posizionare, tanto più «senza speranza » sembrano i denti.
Oggi è ancora così? Altri affermano che l’ago della bilancia si è spostato dalla sostituzione alla conservazione dei denti.Prof. Lindhe: L’ago della bilancia ha iniziato è spostarsi, è vero. Negli anni ‘90 e nel primo decennio del nuovo millennio, molti denti sono stati sostituiti con impianti. Ma i dentisti della nuova generazione sono molto meno impressionati dalle caratteristiche degli impianti dentali di quanto lo fossimo noi, quando Branemark e Schroeder ci hanno esposto inizialmente il concetto. I dentisti più giovani sono sempre più interessati alla conservazione dei denti, almeno in Scandinavia.
Se dovesse confrontare gli esordi dell’odontoiatria rigenerativa ed i giorni nostri, quali sono i principali cambiamenti o vantaggi? Prof. Lindhe: Il vantaggio più grande è la predicibilità. Oggi, seguendo i protocolli, le procedure rigenerative sono altamente predicibili perché si è fatto molto per predisporre una solida base scientifica, ad esempio attraverso analisi sistematiche, incontri tra esperti e così via. D’altro canto, i partecipanti agli studi clinici sono soprattutto eccellenti chi
FOCUS
1986
2016
120000 ImpiantiPrimo utilizzo clinico di Geistlich BioOss®
20061 526 225 Impianti983 860 Procedure di rigenerazione ossea
2 579 559 Impianti1 999 309 Procedure di rigenerazione ossea
Evoluzione dei numeri di impianti dal 1986 al 2016 (previsioni) sull’esempio degli USA.
Fonti: iData Research Inc., US Dental Bone Graft Substitutes and other Biomaterials Market / Medical Data International Report 1999.
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rurghi, che talvolta fanno sembrare una tecnica più predicibile di quanto realmente sia.
L’odontoiatria rigenerativa è ancora molto legata alle competenze?Prof. Lindhe: No, ad esempio la preservazione della cresta dopo un’estrazione è oggigiorno una procedura comune in tutto il mondo. Sono convinto che molti dentisti siano in grado di gestire questa tecnica diretta e immediata, semplificando in tal modo il trattamento. Pertanto, come ho ribadito in più occasioni, dopo un’estrazione, attenzione alla cresta! Ma quando si tratta di utilizzare innesti autologhi o abbinare biomateriale e tessuto del paziente, quando si tratta di ottenere incrementi più consistenti o gestire situazioni più complesse che coinvolgono i tessuti molli, le competenze del medico sono ancora importantissime.
Qual è la più grande innovazione che auspicherebbe in un prossimo futuro per l’odontoitria rigenerativa?Prof. Lindhe: L’identificazione di un fattore di crescita che stimoli localmente i cementoblasti affinché producano nuovo cemento radicolare. Per creare un nuovo attacco per il dente, è necessario prima produrre un sito di ancoraggio sulla superficie radicolare per le fibre del legamento parodontale, altrimenti le fibre non possono aderire e, di conseguenza, il neoformato legamento parodontale non è in grado di sostenere il dente. Prima o poi, questo fattore di crescita sarà prodotto.
Lei dunque intende che, nei prossimi 20 o 30 anni, saremo in grado di tra-sformare una dentizione gravemente compromessa dal punto di vista paro-dontale in una situazione esteticamen-te accettabile senza estrarre denti?Prof. Lindhe: Sì, esattamente. Ma anche in questo caso, che cos’è esteticamen
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te accettabile? Le foto che vediamo ai congressi con le labbra sollevate non rappresentano l’aspetto del paziente nella realtà. Spesso i pazienti sono molto più soddisfatti del risultato estetico ottenuto di quanto lo sia un professionista che si preoccupa di ogni frazione di millimetro. Spesso gli specialisti hanno aspettative completamente diverse dal resto del mondo.
Ritiene che la ricerca sui biomateriali Geistlich abbia contribuito a una mi-gliore comprensione dell’osso umano e della rigenerazione ossea?Prof. Lindhe: Certamente. Per i parodontologi ciò che conta sono il dente e le strutture che sostengono il dente: il legamento parodontale e il cemento radicale. Pertanto, prima che arrivasse Geistlich, l’osso era solo la parete dura tra le radici. Poi, improvvisamente, ci siamo chiesti come si era formato il nuovo osso attorno a Geistlich BioOss® e come venivano riassorbiti i granuli. Non solo Geistlich, ma anche l’Osteology Foundation ha svolto un ruolo importantissimo in tale ambito. I loro finanziamenti alla ricerca, i loro simposi nazionali e internazionali e, oggi,
i loro seminari di formazione alla ricerca hanno tutti contribuito e continuano a contribuire ad accrescere l’interesse e la conoscenza in tutto il mondo. Siamo dunque veramente fieri di ciò che abbiamo raggiunto in questo campo.
Lei è stato uno dei membri fondatori dell’Osteology Foundation nel 2003.Prof. Lindhe: Sì, è così. L’Osteology Foundation è stata un generoso dono del dott. Peter Geistlich, che è riuscito a crearla come istituzione indipendente. È stata una scelta molto coraggiosa da parte sua. Ma era orgoglioso dei suoi prodotti e credeva fortemente nelle loro proprietà. Proprio per questo sosteneva l’idea di volerli sperimentare e confrontare con altri nel massimo rigore scientifico.
Professor Lindhe, grazie infinite per questa intervista !
Riferimenti bibliografici
1 Berglundh T, Lindhe J: Clin Oral Implants Res 1997; 8(2): 117–124.
« I dentisti della nuova generazione sono molto meno impressionati dalle proprietà degli impianti dentali di quanto lo fossimo noi. »
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Considerare il punto di vista del paziente
Gli esiti oggettivi di un trattamento sono misurabili e confrontabili. Tuttavia, è anche opportuno tener conto delle valutazioni soggettive dei pazienti. Proprio questo è lo scopo dei cosiddetti PRO, i « Patient-Reported Outco-mes » (Risultati riportati dal paziente).
Ricorda l’ultima volta che è stato in-soddisfatto come paziente? Dott. McGuire (ride): Qualche hanno fa dovevo sottopormi a una prova da sforzo e, dopo lunghi preparativi, mi è stato detto che il medico non sarebbe potuto venire perché impegnato in un intervento chirurgico urgente. E non mi hanno neanche rimborsato i soldi del parcheggio!… Ovviamente, però, la mia insoddisfazione in quel caso non era correlata a un trattamento inappropriato.
Quando ha cominciato a interessarsi alla soddisfazione del paziente dal punto di vista professionale?Dott. McGuire: Quando svolgi un’attività privata, la soddisfazione dei tuoi pazienti è il tuo « primo lavoro». È dun
que un aspetto che mi ha sempre interessato. Inoltre, circa cinque o sei anni fa, ho cominciato a occuparmi degli aspetti più formali della misurazione dei PRO. Perché?Dott. McGuire: Prendiamo, ad esempio, un intervento chirurgico per il quale occorre un sito donatore di tessuti, quindi un secondo intervento chirurgico con un’ulteriore morbilità associata. È molto facile affermare intuitivamente che a questo ulteriore intervento il paziente preferirebbe non sottoporsi; tuttavia, è difficile trovare report misurati in letteratura per dimostrare scientificamente ciò che viene vissuto nella realtà dai nostri pazienti.
Ma il punto di vista del paziente ri-spetto al suo trattamento è veramen-te importante?Dott. McGuire: Sì, perché dobbiamo adoperarci per rispondere alle esigenze reali. Ciò che un medico pensa che il paziente voglia non è necessariamente ciò che il paziente vuole. Torniamo all’esempio dell’intervento con il sito donatore. Abbiamo condotto alcuni studi sulla copertura della recessione rispettivamente con tessuti molli autologhi e biomateriali. Quando abbiamo misurato la soddisfazione
estetica, è risultata esattamente la stessa per ambedue i gruppi, anche se da un punto di vista statistico l’innesto autologo era leggermente superiore. La differenza però era talmente minima che i pazienti non se ne sono resi conto. Talvolta accade, quindi, che noi professionisti ci danniamo per un decimo di millimetro, mentre ai nostri pazienti di fatto non importa.
Che cosa importa al paziente?Dott. McGuire: Ai pazienti importano soprattutto il comfort, la cosmetica e
Dott. Michael McGuire | USA
PerioHealth Professionals, Houston Presidente, The McGuire Institute (noprofit basata su una rete dedicata alla ricerca clinica)
Intervista a cura di Verena Vermeulen
FOCUS
Geistlich News 01 | 2016 19
la convenienza, le tre C. Se siamo in
grado di assicurarli, nella maggior parte dei casi soddisfia
mo i nostri pazienti. Credo che in futuro saranno sempre più numerose le alternative di trattamento scelte dai pazienti rispetto a quelle che rappresentano lo « standard di riferimento» in base ai PRO anziché alle tradizionali misure cliniche.
Questo potrebbe significare che una terapia con un esito leggermente in-feriore diventerà superiore?Dott. McGuire: Mi sono confrontato a
FOCUS
lungo con questa domanda. Perché dovremmo decidere di offrire a un paziente un trattamento che non è il meglio del meglio che possiamo fare? Mi ci è voluto un po’ per capire che si devono analizzare tutti gli aspetti di una procedura, non solo quanta radice viene coperta, ma anche: quanto tempo richiede il trattamento, quanto disagio comporta, qual è il suo esito estetico?
E tutti i pazienti apprezzano gli stes-si elementi come, ad esempio, un trat-tamento più breve o meno doloroso?Dott. McGuire: No, la valutazione è strettamente personale. Uno giocatore di calcio potrebbe non sopportare il dolore, mentre una fragile anziana signora potrebbe sopportarlo benissimo. Lavorando sui risultati riportati dal paziente, la chiave non consiste soltanto nel raccogliere le valutazioni soggettive dei pazienti dopo il trattamento, ma anche nel considerarne i desideri, le aspettative e forse anche la storia personale durante la pianificazione del trattamento.
Che cosa conta di più per il paziente parlando di trattamenti rigenerativi come la GBR o la rigenerazione dei tessuti molli?Dott. McGuire: Anche in questo caso la questione è individuale. Per alcuni pazienti è fondamentale l’estetica, per altri la sensibilità della radice, per altri ancora lo stato di salute in genera
le. Tuttavia, parlando a grandi linee, sebbene « vendere » possa non essere il termine appropriato, è facile « vendere » al paziente la rigenerazione rispetto alla resezione chirurgica, perché la rigenerazione riporta indietro le lancette del tempo restituendo ai pazienti qualcosa che erano abituati ad avere e apprezzavano. Affermerebbe che i biomateriali sono positivi per il paziente perché aiutano ad ottenere risultati positivi? Dott. McGuire: Sì, ne sono convinto. La cosa più importante è sicuramente raggiungere i nostri obiettivi di trattamento, ad esempio coprire il difetto di una recessione o riempire un difetto osseo. Oggi possiamo conseguire tali obiettivi sfruttando diverse opzioni. È dunque una situazione in cui vale realmente la pena considerare i PRO, perché non soltanto ci permetteranno di decidere quale procedura assicurerà l’esito clinico che vorremmo ottenere, ma ci indicheranno anche gli altri aspetti da considerare, come la durata del trattamento, il dolore, gli obiettivi del paziente e le sue aspettative. Occorre prestare attenzione: non esiste un’unica procedura che rappresenti il meglio per tutti i pazienti, e l’analisi dei vari PRO ci consentirà di personalizzare il nostro trattamento per ciascun paziente. Dott. McGuire, grazie infinite per questa intervista!
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FOCUS
Impianto e GBR simultaneanella mandibola: caso clinico
Prof. Daniel Buser | Svizzera
Clinica di Odontostomatologia e Chirurgia OraleCliniche Odontoiatriche dell’Università di Berna
L’ancoraggio circonferen-ziale nell’osso della cresta alveolare è la chiave del successo dell’impianto a lungo termine. Per questo motivo, i difetti ossei presenti nel sito implantare devono essere corretti con la GBR.
Dall’inizio del nuovo secolo, nella nostra clinica applichiamo la stessa tecnica chirurgica di GBR simultanea presentata in questo caso clinico. Inoltre, presenteremo il risultato a lungo termine dopo 11.5 anni.
GBR con osso, biomateriale e membrana
La paziente ci fu inviata in seguito all’estrazione di due molari (36 e 37). L’intervento ha provocato un difetto osseo nella zona del 36. Il posizionamento dell’impianto è avvenuto 4 mesi dopo. Si inserì un impianto Tissue Level (Straumann AG, Basilea) della lunghezza di 10 mm in posizione protesicamente corretta e con buona stabilità primaria. Si evidenziava un difetto osseo vestibolare di dimensioni
medie che presentava tuttavia una morfologia favorevole a due pareti. Questo difetto fu inizialmente riempito con particolato di osso autologo prelevato localmente e coperto con granuli di Geistlich BioOss® e poi con una membrana Geistlich BioGide® applicata in doppio strato. Per finire, si effettuò un’incisione del periostio e la chiusura primaria della ferita senza tensioni. L’esposizione dell’impianto fu effettuata dopo cinque mesi per il successivo restauro protesico, effettuato dal collega che ci aveva inviato la paziente.Il controllo clinico effettuato dopo 11,5 anni evidenzia una mucosa perimplantare non infiammata e la radiografia conferma la stabilità ossea. La tomografia volumetrica digitale (DVT) ha confermato la presenza di una parete ossea vestibolare intatta.
A cosa è dovuto il successo di questo metodo?
Due studi clinici a lungo termine con radiografie DVT hanno evidenziato risultati straordinari per quanto riguarda la ricostruzione della parete ossea vestibolare. Questi risultati sono dovuti in prima linea all’abbinamento ottimale dei biomateriali applicati. Il particolato di osso autologo stimola la fase iniziale di guarigione e la neofor
mazione dell’osso grazie ai fattori di crescita presenti nella matrice ossea e rilasciati nel coagulo di sangue circostante. I granuli di Geistlich BioOss® svolgono l’importantissima funzione di mantenimento del volume nel lungo periodo. Diversi studi istologici hanno confermato il basso tasso di riassorbimento di Geistlich BioOss®. La membrana in collagene nativo Geistlich BioGide® si applica con estrema facilità, presenta un rischio di complicanze molto basso e assolve per quattrootto settimane l’importante funzione di barriera, stabilizzando l’innesto. Essa, inoltre, non deve essere rimossa perché si riassorbe gradualmente nel tessuto.
Riferimenti bibliografici
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3 Buser D, et al.: Int J Periodont Rest Dent 2008; 28: 440–451.
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5 CaballéSerrano J, et al.: Clin Oral Implants Res. 2016, Jan 28 (Epub ahead of print)
6 Jensen SS, et al.: Clin Oral Impl Res 2006 ; 17: 237–243.
7 Jensen SS, et al.: J Periodontol 2014; 85: 1549–1556.
Geistlich News 01 | 2016 21
FOCUS
CASO
1 Situazione dopo l’estrazione del 36 e 37.
2 Radiografia che mostra il difetto osseo locale nella zona del 36.
3 Difetto osseo vestibolare con morfologia a due pareti.
4 Situazione dopo il riempimento del difetto con chips di osso autologo.
5 I granuli di Geistlich BioOss® vengono applicati sull’osso.
6 L’innesto osseo viene ricoperto da un doppio strato di Geistlich BioGide®.
7 Chiusura primaria della ferita dopo l’incisione del periostio.
8 Restauro protesico 1 anno dopo l’inserimento dell’impianto.
9 Radiografia un anno dopo l’inserimento dell’impianto.
10 Situazione clinica dei tessuti stabile dopo 11.5 anni.
11 Radiografia che mostra la situazione ossea stabile dopo 11.5 anni.
12 Radiografia DVT che mostra la parete ossea vestibolare intatta dopo 11.5 anni.
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