Flavio Ermini - Quaderni
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Flavio Ermini
[Quaderni]
Per esistere, tutto quello che resta sono le mani.
[Flavio Ermini]
Titolo: Flavio Ermini – [Quaderni]
Poesie di: Flavio Ermini
Fonti: Roseti e cantiere (Nuovo Ruolo 1980); Hamsund (Anterem 1991); Antlitz (Anterem 1994); Karlsar (Anterem, 1998); Poema n. 10 tra pensiero (Empiria, Roma 2001); Ali del colore (Anterem 2007); Il compito terreno dei mortali (Mimesis 2010).
Il presente documento è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.
Poesia2.0
da Roseti e cantiere
Il convito e mara
capretti
vitelli
le sacre
scritture
anch'ella
lei tema
porosa
bacchella
pressata
a tabella
sugli altri
travetti
osata
di luce
la luce
riflessa
astrale
si aggiri
valenza
dall'uso
di ernst
diziona
lo stesso
nagual
Il cantiere e mara
diottra
la mena
la massa
irradiata
dispendio
mercé
follis
imballa
a mia da thè
l'ampolla
arresta
il ritratto
ai piedi
del letto
(riverso
la stanza)
gentucca
punita
che sporga
le membra
di massi
e cascate
lo stallo
da un lato
per jet
(per via)
la serva
tramuti
due metri
di spalle
e deve
gioire
schiaccia
di vista
a vista
(tra i denti)
da Hamsund
DELOSEA
Megara
In principio era l'ordine. Un'altra cosa che ricordo
è l'idea del presente. Kleist, Lou, Ottilia.
Alcuni fantasmi presero forma.
Da un luogo elevato
animoso s'avanzi
il vento di nuovo
sul fare del giorno
in modo diverso
l'oggetto riflesso
di tante parole
l'elmo piumato
l'else più adorne
di gemme preziose
spinga nell'ombra
di boschi di selve
alfine raggiunga
la terra nativa
l'infanzia artefatta
uguale per tutti.
Delosea
Anzitutto intervenne la stasi, oppure un movimento.
Tuttavia è ancora presto per dare spiegazioni.
Inquadratura fissa di un incrocio di vie periferiche.
A iniziare da ora non rimane niente da lasciare
alle spalle e ogni nuovo confine resta illusorìo.
In oro e avorio
l'anello del parco
nei pressi di Segnitz
qual solco tracciato
da grossi macigni
sbalzati dai cieli
nell'atro dolore
ai piedi del colle
nel bosco abitato
sia questa l'offesa.
KLAIST-INSEL BAI THUN
Suffeno
La consuetudine di esistere. Questa poesia non
contiene
le parole cetra, giglio, carme. Oh, l'invidia
per il passato. Suffeno slava al posto di qualcosa
che non era identificabile. Pongo un limite
all'avvenire dei ricordi.
II bosco minuto
di spino del regno
al ciclo congiunga
con orme di sangue
per ogni guerriero
la sfera del fuoco
di un'altra ferita.
Le sante legioni
del mite Suffeno
in fuga Blei volga
per entro l'anello
di neve di tigli
non senza l'aiuto
degli orchi del mare.
Lou
Non sono ancora visibili le parole speme, luce, senso.
Mentre Stephen la seguiva chiuso nel velo,
Lou andava trasformandosi negli oggetti più familiari.
Anch 'io tengo il conto degli alberi dei viali. In questa
poesia
Lou è la ragazza di neve di Lautréamont.
Lontano da Segnitz
di un casto delirio
Lou serbi la sorte
con moto costante
in ogni sua parte.
Sul carro dei cigni
intatta Lou stringa
al seno l'attesa
la brama recisa
del sole nascente.
La veste di trina
ai piedi deposta
con dita leggere
le braccia le fronde
la scabra corteccia
ai baci Lou desti
l'ombre nuziali
del ventre le labbra
qual dono di lusso
nel modo solare.
da Antlitz
I
Per esistere, tutto quello che resta sono le mani.
Diffon¬devano luce nella luce solo i risorti, nell'ora
non ricono¬scibile. Con i cavalli di vetro della sorella
chi mai può ca¬dere?
Malgrado il fucile di latta, soccombe il fratello nella
con¬tesa. In un'altra occasione, nel calare la bara nella
terra la prima fune si ruppe. Sono ombre abituali.
Viene data fin dall'inizio la parola ai fratelli. Poteva
esse¬re l'alba o l'ora stessa del crepuscolo quando le
acque volsero a loro quietamente. Niente fa pensare
al velo.
Sulle tombe dei leoni dipinti tornano a marciare i
custodi. Quanto all'udito, era il ronzio degli insetti che
copriva so¬vente la voce. Non è che un modo per
deviare dalla stra¬da fino ad ora seguita.
È così la vita quando si schiude. Dopo aver scostato un
poco il piatto, il padre posò piano il capo sul tavolo. In
questo caso, l'uomo dei camion quasi non esiste.
Da tutti i lati, gli uomini con la lancia avanzano verso il
centro. Era il margine di un'altra lacuna. Solo
seguendo il volo degli uccelli migratori la sorella
giunse alfine al setti¬mo cielo.
Non ha maschera il custode armato che allontana la
figlia dal cancello. Anche le statue guardiane vennero
portate alla luce una per volta. Contro la crudeltà è
davvero suf¬ficiente andare alla morte?
Tacendo del padre, è mio il corpo che ferma la mano
del pastore del fuoco. Altrove si andava preparando
un even¬to inatteso. Quanto alla vista, perché
richiedere ancora del tempo?
Iniziale è il giorno in cui la sorella si accinge a spianare
tutte le montagne, sotto l'albero degli uccelli del sole.
A quel tempo ognuno poteva vedere la figlia chiudere
e aprire i cancelli delle statue guardiane. Ecco quanto
bru¬scamente si conclude la lieta ricorrenza.
La negazione, il trionfo, la tenebra accecante. Vennero
seppelliti poco lontano dalla strada dei camion i
cadaveri dei malvagi. Non manca d'altro canto che
qualche mese alla comune sorte di venire al mondo.
Trae a sé luce la sorella se guarda i risorti. È questo il
bianco lenzuolo sotto cui il greto è celato? Seguono i
so¬gni più tristi.
È davvero indispensabile la funzione del mercante di
eroi? Dal grembo, il fratello pronunciò il proprio
nome, accostando allo scrigno del sangue la mano. Tra
tante forme irriconoscibili, almeno due erano belle
statuine e ognuno le adorava.
[...]
II
La paura, la fuga, il pericolo incombente. Anche l'altra
di¬stanza di cui parli è così grande? La domanda
successiva celava un rimprovero. Sono io l'uomo
coperto da bian¬che lenzuola.
Alla prima stazione, notevole fu l'accanimento con il
qua¬le il pastore del fuoco cercò di immobilizzarli. E se
fosse pieno di grazia il suo corpo giacintino?
Indietreggiarono i fratelli nell'ombra e restò ben poco
da vedere.
Coperto d'oro e ricami, non è lontano lo sciancato
desti¬nato a soccombere. Anche i rappresentanti del
male era¬no interscambiabili. Rimane da decidere con
chi vuoi gio¬care la prossima partita di rimpiattino.
Allontanato il padre dal lume, apparve il colpevole.
An¬che la sorella legge molti libri e di ciascuno
trascrive al¬meno una frase sul suo diario. Era un
duello che tollera¬va tutte le armi.
Il palcoscenico, il grembo in sogno, la seconda
balcona¬ta. In questa carenza di relazioni con gli
astanti, ecco il piccolo e disadorno museo delle strade
di cui si parla. In una cerimonia precedente, era
proprio lei la donna dell'imperfetta disperazione.
Al settimo ciclo, ha dimora anche la figlia sotto l'arco
di spine. Oppure era un'ombra in qualche modo
involonta¬ria. È troppo facile così.
Nell'affievolirsi delle voci la sorella non riconosceva le
strade da evitare. Credo che esista almeno una
connes¬sione tra il grembo in sogno e la preda.
Successivamente il viandante con la scure accettò la
resa senza condizioni ancora due volte.
Ha radici che non si sottraggono alla vista l'arbusto del
pruno. Oppure mancava ancora una sillaba
all'identifica¬zione dell'uomo dei camion. Ti prego di
credere che non penso a una dimostrazione logica.
Tre rose essiccate, una spiga, le vetrate opache del
mer¬cato coperto. Se non persiste il tempo oltre
l'infanzia, chi mai potrà evitare che la bambina degli
orti torni a essere attaccata dai falconi? Per non
parlare del fratello, con la sua fretta di tornare nel
buio.
Se è così che il processo d'imitazione si compie, non
mi piace. Sembrava deviare il fratello dalla giusta
direzione, quando s'incamminò verso lo spiraglio di
luce che ognu¬no intravede oltre l'arco di spine.
Vorrei averti sottratto io alla morte.
Dietro il chiosco mobile per la vendita di fiori, la figlia
tornò a posare per nuovi ritratti. Perché tuttora neghi
ogni relazione tra l'anello del parco e le mie ali di
cera? A distanza regolamentare chiudeva il corteo il
profeta di sventura.
Due candele accese, un sandwich, le tende in seta
della sorella. Va bene così, con i capelli sciolti e senza
sorriso? Fu necessario assumere tutte le cautele per
respingere il successivo luogo comune.
[..]
III
È tempo che qualcuno pensi alla vittima sacrificale.
Nem¬meno la sorella avrebbe potuto aggiungere il
minimo se¬gno all'iscrizione rupestre del viandante
con la scure. De¬pongo le armi e mi porto appresso
l'indispensabile per tornare.
Tra il ruscello e le tende in seta della donna dei campi
c'erano sassi e gabbiani, oltre a una varietà molto
limitata di else dissepolte. Malgrado le insidie
numerose, i fratelli non cercarono rifugio altrove. Ecco
un modello di evento progettato sull'inganno.
Questa forma d'innocenza presenta almeno due
connes¬sioni con la nera rugiada del viso. Se l'uomo
dei camion si avvicinava, per esempio, era possibile
che il padre si ritraesse. S'avvede di persona la sorella
che non c'è altra via d'uscita.
Diviso in tante parti, è questo il sangue? In quel
tempo, l'arco di spine non era l'unica zona ombrosa
delle mace¬rie. Tra fredde lenzuola, con i loro corpi
giacintini i fratel¬li appartengono a tutti i regni.
C'era un solo canneto oltre l'arco del ponte. Un passo
ancora e la vita sembra giungere. Quanto al padre, è
giu¬sto sottrarlo alle acque?
Anche la frase successiva è verosimile. Ai piedi delle
sta¬tue guardiane, la bambina degli orti tornava a fare
ogni giorno una profonda riverenza. Questo è quanto
ricordo del dialogo tra la bambola di gesso e l'arciere.
A! piedi della figlia, i fratelli deposero alambicchi e
storte. Se non ti avvicini, come troverai nell'ombra la
nera rugia¬da? Tra tanti vapori tenuti in serbo, la
bambina degli orti è sopraffatta dal sonno.
Ancora adesso la donna di neve saluta ad uno ad uno
gli spiriti elementari destinati a disparire. Vittima del
proprio senso, persino il viandante con la scure
mostrò più di una disposizione verso la virtù. È lecito a
queste forme solo il riflesso.
L'animale azzurro che sanguina, le vuote vesti, le mani.
Di stazione in stazione non c'era un punto dove il
cam¬mino fosse stato interrotto. Nemmeno il fratello
assomi¬gliava più a un corpo.
In zone coperte improvvisamente da nubi, procede
cauta la figlia verso le acque. Non eri tu che
nascondevi in molti nomi il tuo segreto? Poiché
l'oscurità non è più in¬dizio di pericolo, sotto l'arco di
spine c'è ora uno spec¬chio.
Per la renitenza del padre a chiedere la resa, uscirono
so¬lo a tarda notte i pastori del fuoco dalla selva.
Perché mai nera rugiada e sangue, ora, sul medesimo
viso? Celeste nei capelli e nel vello, il messaggero
vegetale si sottrae all'inseguimento.
Si svolge per gradi la rimozione dei marmi su cui il
padre riposava. Su quale fianco sarà data la morte?
Nemmeno l'esatta successione degli eventi era nota.
[...]
da Karlsar
L
3
Dove volge nel vuoto il suolo del cantiere, si chiude e
si apre il corpo non meno del fiore che ne diviene una
parte. Ciò che appa¬re è il buio oltre alla luce che
inerte altra luce emana quando af¬fiorano all'orlo
della gora organi più grandi e ornati. Reclinano sulle
ceneri le dita nelle cavità dei roseti divise dall'unica
spoglia dei passi, né le vene che si piegano ai lati della
fronte se defluisce la saliva all'esterno con ciò che si
vede.
5
Sfuggito alla mano serba nel cavo dell'asfalto in cui
scava gli oc¬chi per vedere. Allo stesso modo giunge a
compimento all'interno di ogni luogo, senza mai
piegarsi più di quanto faccia l'argilla quando al centro
s'inclina al primo ritrarsi, rattorcendosi nel ro¬go, per
cui la mano a fatica si distingue, o con sé trae l'ombra
là dove si cela. Per consuetudine nutre e priva di ogni
seme che non sia la morte il braccio che affiora senza
movimento.
6
Scaturisce dalla terra e scendendo si occulta nel
gambo viscoso della foglia sul lato reciso torcendosi e
di nuovo salendo d'un sof¬fio una scala di mirabile
altezza. Su schegge divelte altro non co¬glie che frutti
di preluce e manna dai ceppi, sebbene dall'acqua alla
terra si pieghi nel cavo la foglia. Indurisce il guscio
d'unghia del fianco incline agli elementi dell'aria e il
fuoco in questa ascen¬sione che non li concatena.
7
Come fanno gli elementi, dalla parte in ombra dei rovi
e dalla pal¬pebra animale subito emerge una schiera
di guerrieri, sebbene il braccio alla vita non ritorni sul
torace cucito del demone locale. Non lascia traccia la
terra mentre sul corpo dall'interno fluiscono sangue e
manna, onde discenda spaurito, coprendo con la
sabbia dalla parte esterna l'altro braccio e di nuovo
inerme il corpo.
12
Parla da molte bocche se altrimenti non può
ascendere e dalle ve¬ne defluisce lungo la propria
orbita, altro non essendo che saliva questa promessa
nuziale. Si torce al minimo soffio la via che si al¬lunga
divenendo luce nel seguire la formazione laterale del
san¬gue. Dove ciascuno degli elementi incontra
un'alterazione, con¬serva la propria forma lo spazio
che divide dall'onda la pietra e l'incerta superficie del
vento.
13
Sulla fronte l'una sull'altra posata la pelle del braccio,
sotto ogni parte dell'uomo è presente, se un varco la
terra consente verso l'interno. Si aduna e si sperde
dinanzi a esse il beato convenendo alle celle,
s'imbianca e s'infrange dal braccio alla mano che il
mento esiguo nel buio sostiene, nel sollevarsi. Si
abbassa con tutti gli occhi là dov'era la lingua alle
fiamme sottratta la sua doppia scia e la fonte
dell'acqua di nuovo si propaga fino a un altro degli
estremi
M
7
Da ogni parte si avvicina alle cavità del fuoco la ferita
che si apre. In altre occasioni, il rintocco mancato
annunciava un genere di nascita uguale alla vita. Pur
nel respiro che in sé addiziona acqua e terra, non sta il
padre in alto, né da li proviene.
Sotto le foglie che non si piegano cadendo, è un tale
sollievo che ancora si distinguano le ceneri tra la
cenere del grembo. Senz'al-tro limite che la carne, si
annidava ritorta la lingua all'interno del¬la falda.
Curvi nella parte superiore, fanno vela da tutte le rive
se non resta che tornare. Dopo ciascuno dei suoi passi,
non si udiva altro suo¬no che il germogliare dell'acqua
a opera del tempo.
In questo tipo di raccoglimento convengono le parole
ripetute.
14
Sia pure al cospetto di tutte le forme, pronuncia
soltanto il nome del fuoco nel poco di veglia che
avanza.
Acconsentendo a tutte le forze, conviene altra ombra
all'ombra tra le dita raccolta. Né questo bastava nei
tumulti, per via dell'in¬cedere lento dell'orda con i
cesti di croci e le lance.
Davanti al corpo insepolto, nessuno alza lo sguardo,
né osa lei es¬sere vista.
Se non per brevi istanti, erano molti al risveglio gli
occhi nell'edi¬ficio ampio e senza valore. Non così
sono le tenebre, lasciate alla cenere per intero.
Benché venga presto nascosta la parte residua del
sangue, diffon¬de altra luce la luce nella piaga
impressa sul viso.
15
Traendo a sé ogni cosa, adagio lungo tutte le pareti il
ciclo indie¬treggia. Non meno in ombra era la torre
che da lontano si scorge¬va. Divenendo completa
l'oscurità, sono involucri uniti le mani sulle superfici
della terra.
Altri ornamenti sono negati alle labbra se non le dita
che rendono vano il silenzio.
Oltre agli elementi in cui prevale la veglia, niente altro
si osa no¬minare del patto fraterno.
N
2
Restano le dita nella cenere inarcate, per quanto si
protenda il braccio al ciclo e al suolo. Ripete il
medesimo gesto all'angolo de¬gli occhi chi si eleva
nonostante le parole.
Distolta dal buio la mano che si apre, assomiglia
l'essere usuale più alle cavità della vena che alle
sementi, così come avviene nella produzione della
manna.
Copre ogni alveolo del fuoco la distesa del corpo
analogamente al sangue. Tra i drappi dell'aria sembra
un bagliore colui che diventa ciò che guarda.
3
Con i detriti dell'aria si riversa su ogni parte del corpo
la terra.
Scende lungo tutte le crepe il sangue elementare del
grembo che simula il sonno nelle sue alterazioni. Alle
medesime entità legate, sfiorano le mani l'acqua
curvata dal vento. Ne trattiene tra i denti la schiuma
che la lingua traccia e trascina.
È comune alle condizioni di riposo il calore che più a
lungo persi¬ste nella bocca. Insieme ai battiti del
cuore, altri suoni non si odo¬no nei condotti lacrimali
che portano alle ciglia.
12
Sono elementi indivisibili i nodi della lingua, dalla gola
dell'ani¬male in densi fanghi uniti con il tratto centrale
del respiro.
Derivano dal vento le acque che da ogni parte
confluiscono nei depositi argillosi. Per la tendenza
naturale del ciclo al riempimen¬to graduale del vuoto,
senza l'uno o l'altra accoglie ciascuna om¬bra residua.
Dispersa in più stati difende le curvature del viso la
mano che duole, nei processi relativi alla formazione
degli umori. Nello spa¬zio umano, al contrario, la
lingua non si orienta, né ha origine dai cuori.
13
È simile all'acqua della pelle il rovescio del fuoco, su
qualunque lato dell'aria si contragga. Intorno alla calce
che lo scava, un altro occhio si dirama tra molte parti
senza sforzo.
All'essenza interna delle palpebre ali e mani si
estendono dalle os¬sa, se svolge sulla polvere le sue
spire la parte sottile del corpo che all'esterno si
prolunga. Non esiste la lingua nel buio, né il cielo nella
notte del giorno.
Genera polline o le briciole della manna la morte
disgiunta dal grumo dell'orma. Nondimeno diventano
sangue per consunzione i semi della bocca.
da Poema n. 10 tra
pensiero
2. NEL NOME
attraverso il varco del nome,
cade nel ritrarsi il morente sulle pietre che la bocca
aduna. In analogo modo si apre un varco il corpo nella
geometria dell'acqua
dove riposa la donna che respira,
circondano l'ombra del primo lume gli animali. Non la
fe¬rita o la mano con la sbarra, né la voce anteriore
dello sguar¬do governa il silenzio degli arti verso cui
inizia il vuoto
si formano con il respiro le
labbra, al pari del soffio e delle ferite, nella parte del
viso in cui si raccoglie la cenere visibile dell'uomo
il viso gigante chinato sul viso
non è dotato di parti né trattiene il vuoto delle cose.
Genitrice del corpo, lo assegna seme dopo seme alla
parola
è un segmento del moto che la
cenere compie curvandosi al respiro la forma
destinata al vuoto se s'innesta nel pianto aprendo il
passo al nome
si muta l'uomo alla luce in tutte
le cose. Non la lingua diventa vera, in qualunque
modo l'or¬dine delle voci esposte al soffio possa
variare
la forma piatta degli occhi è
terra che non pesa nella parte prossima al vuoto che si
forma sovente tra i corpi
avvicina il pane ai denti la lingua
in accordo con le funzioni del corpo e del vuoto,
spingendo indietro la saliva quando al respiro si
schiudono le labbra che procurano alla bocca
nutrimento
come il soffio del respiro trasforma
l'aria nella sostanza consueta degli occhi, al suo
graduale ritrarsi da un lume, così la mano segue nei
movimenti l'uomo che cade e la stessa persistenza del
pensiero nel numero limitato delle cose del mondo
quando tra l'indice e la bocca
un'altra ombra appare nulla ne condiziona la forma.
Divisa in parti uguali la pietra rovesciata è sostanza
priva di nome, pie¬tra su pietra costruita
il nome che ha sede nella voce
fluisce all'interno delle cose, se non riceve dall'aria
nutrimen¬to. Al pari della mano che veste i morti, è
simile alla polvere visibile del parto la parola che va
incontro al vuoto
alterata superficie d'ombra, distingue
la mano dalle parole tutte le cose che ha. In seguito a
tale movimento, si ritrae l'altra parte della voce nel
giungere a completezza
tra le vuote ossa delle labbra, sul
modello del silenzio comincia al tonfo delle dita un
canto
4. AL DETTO
mentre ancora parla, non reca
all'essere in cammino danno alcuno l'atto della
caduta. Non così sovente il varco viene chiuso né
l'ombra separata
durante la prima formazione
animale, non il corpo primario senza guscio né la
cenere che il sangue trasporta sono conformi alla
natura della vita. A cau¬sa della presenza di un
elemento esteriore, esiste poi un se¬condo essere che
da ciascuno si stacca
non la mano scrive quando
scrive, né la morte che alle spalle di colui che scrive si
forma. Invece della metamorfosi, per i deboli occhi,
vuoto e corpi so¬no fogli accessori, nella graduale
diminuzione della cenere
lente ali in senso contrario al
sangue percorrono lo stato di vita centrale, ritraendosi
dalla pelle. Resta il sangue un risultato finale della
reazione al vuoto
l'ordine provvisorio da cui
pro¬vengono le frasi è una piaga invisibile alla vista.
Come accade nell'aria, non è dato di domare la
chimera né il tetro da essa separato
poiché include la luce, della
luce assume l'occhio talvolta la forma. Ilprincipio delle
cose che variano è invece anteriore alle verità ausiliari,
che solo con l'uomo e la terra formano completa unità
sono i detriti dell'ombra tra
moto ascendente e voci che formano sugli occhi il
moto. Non c'è che la nascita al posto della vita in
pensiero, parola e opera
cade il reciso a metà dalle scuri
e si schiera al detto con i ciechi. Lembo della ferita,
anche la sostanza propria del respiro va incontro a
un'alterazione
si riversa in tutte le cose colui
che cammina sulla terra senza grido o canto. Non
basta esistere, ne può vegliare solo la madre su questo
battito umano
separati da parti vuote nel
mezzo, sono animali di pane e ambrosia cadendo gli
animali, in virtù di un moto che non conosce sosta. A
differenza della pietra, sottrae ciclo alla terra il cielo
quando incontra il suo luogo naturale
come fa la mano che si ritrae,
appare con la poca morte che resta il corpo della
madre. Assume d'altro canto la parola le proprietà
caratteristiche del sangue, non la sua apparenza
soltanto
discende con la parte sottile
dell'aria il fasciato sul corpo bagnato del padre! Oltre a
qualche mutamento di posizione, un'altra sostanza
necessaria è l'acqua che si capovolge
è un insediamento di parole la
vita nel poco tempo che all'uomo resta. Legate con
larghe bende, le braccia prendono forma, incessanti,
con lo scuro cadere
da Ali del colore
DALL'ESSERE ALL'IMPENSATO
3
La mano si solleva parzialmente fino a riflettersi nella
fonte. Si rompono le equidistanze dai margini. Lun¬go
il profilo che si va delineando scendono gli occhi;
entrano nella bocca e cominciano a parlare. In
que¬sto effimero museo restano chiusi per molte
notti.
3.1
La linea che separa i due corpi oscilla in ogni direzione
e poi si distorce. Qui passi il segno e cerchi fen¬diture
nella compattezza del colore per far sgorgare un
fiume. La linea è una rabdomante e un meccani¬smo
per dare miele: la sua natura instabile unisce e divide;
niente a che vedere con le crisalidi, dalle qua¬li si
liberano vite più complete.
3.1.1
Ci sono due porte e una grande finestra con le sbarre.
Nell'imminenza della luce un desiderio viene
sepa¬rato dal suo contesto e trasformato
artificiosamente in un vuoto.
3.2
Tra le due porte restano paure e timori, un legame di
sangue, i pericoli del bosco, la spada nel letto.
Da¬vanti alla fonte, annunci il canto prossimo di un
uccello che porterà la morte in tutte le giornate a
venire.
3.2.1
Tra l'imminenza della luce e l'interminabilità della
nascita, si fa avanti la tentazione di far durare per
sem¬pre un momento irripetibile.
3.3
L'interminabilità della nascita porta un fenomeno
verso il colore e impone l'incontro che non potrà
rin¬novarsi.
IL VOLTO DELLA COSTRUZIONE
«L'essere umano cerca di sfuggire a se stesso per
trovare pacificazione nelle promesse di un altro corpo.
Sarà il colore a segnare in maniera indelebile l'intero
tragitto. Il completamento avviene non solo quan¬do
l'altro corpo è un'estensione dinamica del proprio, ma
anche quando assume l'aspetto di un luogo do¬ve
cercare salvezza. E benché questo luogo comprenda
gli artigli di limiti ulteriori, l'altro corpo è
comu¬nemente invocato come risanamento del
proprio. Compromesso da una profonda disarmonia, il
colore in realtà è fatto di polvere, proprio come la
bocca.»
1.1
II secondo corpo resta scisso nettamente in parti
inconciliabili: a un'interiorità consolidata e armonica si
oppone un'esteriorità precaria, che contempla a ogni
singolo passo una caduta.
1.1.1
Mi lascio attrarre dalla mia duplicità e grazie alla fonte
seguo sulla mia pelle una corrosiva trasformazione.
1.1.2
Il colore torna a essere costituito da quanto succede
tra l'essere e l'impensato.
1.1.3
Demolisco il fragile muro che il corpo ha costruito
davanti a me affidandosi a una luce di piogge d'oro e a
molti giunti elastici.
1.2
II secondo corpo è maturo per l'esercizio del dolore.
[...]
Nel viaggio ininterrotto tra nascita e presente non è
iscritta forzatamente una speranza. La vita si
costrui¬sce su posizioni che vanno via via
abbandonate, anche se la più affascinante resta
sicuramente la prima, quella che si mostra come
esperienza senza confronto, per il suo contatto diretto
e incauto con le cose che formano la fonte della
realtà. Ecco perché dalla bocca escono occhi arcaici.
Nel recupero della struttura infantile reperisco un
modello di unificazione tra ragione e sentimento.
5.1
Là dove il colore è invitante si fa evidente un
arretramento sulla posizione idealizzata della
fanciullezza.
5.1.1
Una lunga serie di delusioni, con tenui tracce di
appagamento, fa irruzione nel paesaggio, del quale
resta¬no solo sparsi residui morenici.
5.2
Una presenza che scolora si risolve in durata tenace,
nella gittata stessa del corpo, dotato più di cecità che
di veggenza. La casa stessa è la testimonianza di un
naufragio protratto.
5.2.1
Nel suo determinarsi, il corpo passa attraverso il
fissaggio paziente di vicende fra loro molto
somiglianti, che raramente riescono a superare il
vertice di un'erba. Il punto da cui scatta l'arco in
ascesa e il punto in cui si consuma si sovrappongono.
5.2.2
II corpo si fa promotore di forme ulteriori, quali la casa
che nasce e il colore che la copre.
da Il compito terreno dei
mortali
Sulla terra
LA VALLE DESTINATA ALLA VITA
Terra, radici, il colore chiaro del sangue. Si apre allo
sguardo la valle destinata alla vita.
l'apparire della vita sulla terra
si dà unicamente nel sonno e non richiede scelta
alcuna finché perdura la disposizione celeste così
come il dormiente l'ha lasciata
nella valle destinata alla vita,
resta indistinguibile il sangue da ogni altra sostanza
sor¬giva nel l'alternarsi di movimenti contrari che
nella sua rete l'emozione va stringendo con un grido
è circoscritta da mura la terra
che esclude forme gemelle al fine di non ostacolare
l'irrefrenabile spinta a conoscere a cui induce la vita
nella compattezza dell'edificio
che sale, ciascun corpo si sovrappone a un altro e
questo precipita nel primo, determinando nell'umana
creatura un tumulto di elementi inconciliabili tra loro
si posano sulla terra gli artigli
come fanno le labbra su tutte le ferite, nell'intento di
arrestare il fluire del sangue che lungo le gambe
scende fino alle radici
IL GIARDINO DELLE PIETRE
Cammina con passo incerto l'uomo
che si spinge tra le macerie, privo di speranza com'è.
ciecamente la forza che dall'entità
prima genera le successive precede il cammino
dell'umana creatura fino alla sparizione che sempre
coincide con l'ultima curvatura
in fuga perpetua dal giardino,
progredisce più nell'impoverimento che nella
conquista la materia specchiante che a dismisura
cresce e, senza incontrare opposizione, si appropria di
ogni presenza
sulla strada che fiancheggia
il vuoto interviene a tratti un grido, nel silenzio
ostinato che il figlio mantiene al combinarsi dei piccoli
arti del proprio corpo con i mobili rami del giardino
si spinge tra le macerie con
grido prolungato il corpo a cui il padre affida la vita
nella sua naturale tendenza alla sparizione
al termine del suo compito
terreno, cammina con passo incerto l'uomo che narra
la propria caduta, come se in verità temesse proprio
questo destinale avventurarsi in tutte le ferite, gravato
di pietre com'è
La custodia celeste
LA CURVATURA CELESTE DÈI RAMI
Nella crescita dell'albero è inscritto l'annuncio
delle cose che appaiono, così come nella curva dei suoi
rami verso il fiume
è racchiusa l'idea del progressivo impoverimento della
vita.
il grido diventa voce
nel coro di voci che privano l'uomo di ogni protezione,
fin dall'inizio della sua breve esistenza
allo stesso modo della polvere che nel sonno vela
corteccia e
artigli del corpo morente, il corpo da poco generato si
copre di laceranti ferite
muove gli ultimi passi l'uomo tra i chiamati,
mentre il peso della materia si disper¬de in un grido
che i chiamati raggela nel transito verso la custodia
celeste
dal recinto tombale il bambino con le ali
fugge senza lasciare traccia alcuna di esistenza,
proprio come i morenti quando si accingono ad
allontanarsi dall'antro
segue ogni minimo balzo dell'eco il grido
che sulla superficie del cielo torna a farsi percepire e
desta la donna
LA PROLUNGATA DISGREGAZIONE DELLA MATERIA
Nell'impossibilità di sottrarsi alla prolungata
disgregazione della materia, l'umanità cede alte
illusioni
anche i dettagli del proprio destino
nella mirabile espansione di molti
specchi non è sufficiente ai figli ciò che si vede e oscilla
in ogni direzione e poi si distorce a causa della natura
instabile della materia che unisce e divide
nella sostanza celeste che modella,
tanti fenomeni dell'umana appropriazione
cor¬rispondono alla vana pretesa di non smettere di
vivere
nel passaggio dalla materia elementare del
respiro all'incrinatura che si allarga nel tempo, non si
riduce la suprema altezza dei cieli né la loro
consistenza si assottiglia
le stelle che l'azzurrità del cielo in cielo
mostra, allo scadere di ogni durata trat¬teggiano con il
loro moto verso l'alto il verso di una destinazione
apparente
di porto in porto, stende sulle prede
l'uniforme colorazione della propria sostanza il sole
che porta alla ribalta l'arco e la sfera con il passare del
tempo
una visione opaca della materia in prolungata
disgregazione non smette di incrinare l'idea positiva
che l'uomo ha del suo aspetto evolutivo
Flavio Ermini è nato il 15 dicembre 1947 a Verona,
dove vive e lavora nel campo dell’editoria. Poeta
narratore e saggista, dirige la rivista di ricerca
letteraria Anterem, fondata nel 1976 con Silvano
Martini. I suoi interessi di ricerca e di studio sono
concentrati in due ambiti precisi: da un lato la ricerca
poetica di una lingua inaugurale, che consenta di
riguadagnare la continuità originaria tra parola e
mondo; dall’altro, la ricerca di un “pensare” che possa
strettamente coniugarsi con il “poetare”, alla luce di
un rapporto sempre nuovo tra parola e senso. Ha
tenuto conferenze e lezioni magistrali nelle facoltà di
Lettere e Filosofia di numerose università europee, tra
cui: Toulouse (Université de Toulouse – Le Mirail),
Losanna (UNIL), Roma (Roma Tre), Milano (Statale),
Trento (Statale), Venezia (IUAV), Chieti-Pescara
(D’Annunzio). Ha curato con saggi interpretativi di
accompagnamento l’edizione di opere letterarie e
filosofiche di autori quali Yves Bonnefoy, Félix Duque,
Jean-Luc Nancy, Vincenzo Vitiello, Romano Gasparotti,
Aldo Giorgio Gargani. Fa parte del comitato scientifico
della rivista internazionale di poesia ‘Osiris‘, della
rivista di studi filosofici ‘Panaptikon‘ e della rivista di
critica letteraria ‘Testuale‘. Firma la rubrica “Le
abitazioni della poesia” sulla rivista d’arte “Equipèco“.
Ha curato le antologie poetiche Ante Rem (premessa
di M. Corti, 1998); con A. Cortellessa e G. Ferri, Verso
l’inizio (premessa di E. Sanguineti, 2000); con A.
Contù, Poesia Europea Contemporanea (premessa di
C.C. Harle, 2001). Per MorettieVitali, dirige la collana
Narrazioni della conoscenza, che ospita, tra gli altri,
volumi di Nancy, Duque, Montano, Mati, Bonnefoy,
Finazzer Flory, Moroncini, Vitiello, Folin e altri. Per lo
stesso editore cura con Stefano Baratta la collana di
psicoanalisi e filosofia Convergenze. Per Anterem
Edizioni cura la collana di poesia Limina e, con Ida
Travi, la collana di saggistica Pensare la letteratura.
Per Cierre Grafica dirige, con Yves Bonnefoy, Umberto
Galimberti e Andrea Zanzotto, la collana Opera Prima,
e cura, con Ida Travi, la linea editoriale Via Herakleia –
Forme della poesia contemporanea. Suoi testi poetici
e narrativi sono stati tradotti in francese, inglese,
spagnolo, slavo, russo. Collabora all’attività culturale
degli ‘Amici della Scala’ di Milano.