FIDAart N.8 2014 Luigi Penasa

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PERIODICO della FIDAart N.8 - Agosto ANNO 2014 FIDAart

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Rivista di arte e cultura

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FIDAart

In copertina: Luigi Penasa, Ritratti!, 1994, acrilici su tela, 100x100 cm

FIDAartsommario08Agosto 2014, Anno 3 - N.8

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Editoriale

To build castles in the air

Intervista ad un artista Luigi Penasa

News dal mondo

pag. 4

pag. 5

pag. 6-19

Quale “mission” per il Mart?Politiche culturali

pag. 24-25

pag. 27

pag. 26

Storia e arte

Viva la FIDA

Mostra FIDA a Bolzano

Arte bestiale - 3° parte

Viva la FIDA - 4° Dialogo

Galleria Civica e castel Roncolo

pag. 22-23

pag. 20-21

Mechanical Minds

Mercato dell’arte? Andy Warhol

Civiltà delle macchine

Andy Warhol

Andy Warhol

Omaggio a Andy Warhol

pag. 30

pag. 31

“Campbell’s soup cans”,1962

“Inox-box”, 2014

“Coca Cola”, 1962

pag. 34

Andy Warhol

Andy Warhol

pag. 33

pag. 32

“Quattro Marylin”, 1962

“Eight Elvises”, 1963

EDITORIALE

MARTEDÌ 5 AGOSTO alle ore 18.00 Inaugurazione di TO BUILD CASTLES IN THE AIRGalleria Civica - Piazza dei Domenicani, Bolzano

La collettiva più ambiziosa e più impegnativa sin qui realizzata dalla FIDA-Trento prenderà l’avvio a Bolzano, in contemporanea presso due sedi: nella prima, la Galleria Civica, avrà luogo l’inaugurazione ufficiale il 5 agosto e durerà tut-to il mese; nella seconda sede, presso le sale di castel Roncolo, la mostra inizierà lo stesso gior-no per concludersi il 2 novembre.Quindici artisti di trentini e quindici artisti alto-atesini di lingua italiana, esporranno due opere ciascuno eseguite appositamente sul tema “co-struire castelli in aria”. Da cui il titolo delle ma-nifestazioni: “To build castles in the air”. In totale, perciò, sessanta opere tra dipinti, sculture e installazioni, che esprimono una complessità di visioni e di stili sull’idea di ca-stello. C’è chi ha visto il castello come un antico maniero in pietra, chi come un sogno ad occhi aperti e chi come uno spazio metafisico su cui si proiettano i nostri ricordi, le paure o le speran-ze. L’unione di artisti di provenienze culturali, linguaggi e tendenze diverse ha reso ancora più stimolanti i risultati, sempre vari e imprevedibili e, comunque, mai scontati. Il confronto fra due culture, stranamente, quasi mai dialoganti, si è dimostrato estremamente fruttoso e premessa per ulteriori future colla-borazioni. E’ assurdo che due realtà confinan-ti e molto simili per storia e interessi, abbiano praticato fino ad oggi una rigida autoreferenzia-lità culturale e artistica. Trento e Bolzano sono due città capoluogo che possono e debbono lavorare per una visione meno angusta, meno provinciale. E questa mostra può essere il pri-mo passo verso quella direzione.

FIDA - TrentoFederazione Italiana Degli Artisti

&gli Artisti di Bolzano

Con il patrocinio dellaPresidenza del Consiglio regionale

Con il patrocinio della

Presidenza del Consiglio regionale

Con il patrocinio della

Presidenza del Consiglio regionale

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

CASTEL RONCOLO - BOLZANO / SCHLOSS RUNKELSTEIN - BOZEN5 Agosto - 2 Novembre 2014 / 5 August - 2 Novembrer 2014

Città di BolzanoStadt Bozen

Assessorato alla Culturae alla Convivenza

Assessorat fur Kulturund aktives Zusammenleben

GALLERIA CIVICA DI BOLZANO / STADTGALERIE IN BOZEN

Piazza Domenicani, 18 - Bolzano / Domikanerplatz, 18 - Bozen5 - 30 Agosto 2014 / 5 - 30 August 2014

To build

castles in the air

Federazione Italiana Degli Artisti

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QUALE “MISSION” PER IL MART?

“Al Mart, l’esposizione ‘Situazioni Trentino Arte 2003’ presen-ta artisti trentini viventi degli ultimi decenni, in mostra dal 19 settembre 2003 al 6 gennaio 2004”. (vedi catalogo)Avete letto bene: nel 2003, cioè esattamente 11 anni fa, si è svolta la prima e ultima mostra che il Mart ha dedicato all’ar-te e agli artisti trentini. Per l’esattezza, settanta artisti “viven-ti” dei quali, purtroppo, nel frattempo una decina è scom-parsa. Questa è l’attività svolta in oltre un decennio dal più grande museo d’arte moderna trentino a favore di quelli che dovevano essere i suoi interlocutori naturali e istituzionali. Sul sito del Mart si legge: “La nostra missione è di trasforma-re lo straordinario patrimonio artistico e architettonico di cui disponiamo e che intendiamo continuare ad arricchire, in uno strumento capace di valorizzare l’intera comunità, promuo-vendone le risorse di creatività e di iniziativa ...” Non si può che concordare con gli obbiettivi proposti, previsti

POLITICHE CULTURALI

anche nello Statuto del museo, perché chiariscono quale ruolo dovrebbe svolgere questa importan-te istituzione nei confronti dei cittadini e degli operatori del settore. Tutte le nostre strutture pubbliche promuovono e sponsorizzano metodicamente, spendendo fior di quattrini, i “prodotti trentini:” le bellezze naturali (montagne, laghi...), culturali (castelli, musei, siti antichi....), enogastronomici (vino, frutta), storici, sportivi ecc.. Solo la struttura Mart, per ragioni incomprensibil, ha investito poco o nulla nel settore dell’arte moderna trentina. Forse per l’innato provincialismo o la subordinazione psicologica nei confronti di chi viene da fuori, fossero anche altre provincie italiane o europee. E, certo, non per carenze economiche. Anzi, probabilmente proprio per un’eccesso di fondi da spendere disinvoltamente. Questo comportamento poco lungimirante del museo, oltre a disattendere i suoi compiti statutari, ha impedito la nascita di un mercato di artisti locali da proporre e far conoscere come un qualsiasi altro prodotto locale. Come, ad esempio, fa il Südtirol-Alto Adige, che sponsorizza convintamente sempre (e solo) gli artisti autoctoni. Non sembri un discorso autonomistico o, peggio, assistenzialistico; semplicemente, i nostri artisti non hanno nulla da invidiare al resto del mondo ma, al contrario, se opportunamente valorizzati sugli altri mercati attraverso i canali del Mart, potrebbero diventare una risorsa culturale ed eco-nomica importante. Ancora di più oggi in tempi di spending review generalizzata e di crisi occupa-zionale in tutti gli ambiti creativi. E’ masochistico investire centinaia di milioni per costruire punti di eccellenza avulsi dal territorio e interessati ad acquistare solo ciò che arrivi dall’esterno in una logica di sudditanza culturale (e commerciale) verso i poteri forti. Il Mart può e deve rimediare alla sua colpevole latitanza decennale cominciando - da subito - a met-tere in cantiere un ciclo di collettive annuali sull’arte e sugli artisti trentini.

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Intervista a LUIGI PENASA

In basso: Costellazioni (2), 2013, acrilico su carta e tela, 50x35 cm

I dipinti di Luigi Penasa presentano alcune caratteristiche singolari e originali che li rendono imme-diatamente identificabili anche ai meno esperti. Innanzitutto, vi sono sempre raffigurate delle persone, delle figure o dei visi di uomini e donne dalle caratteristiche decisamente non comuni: esseri diversi, soprannaturali, mitologici oppure alieni. “Personaggi” inespressivi connotati da simboli esoterici indecifrabili e sospesi in atmosfere ambi-guamente domestiche, immobili o bloccati nel mezzo di un’azione, che dalle tele scrutano l’osser-vatore. La fissità e la vacuità inquietante degli sguardi, le posture, le espressioni apparentemente tranquille tradiscono un’angoscia latente priva di riferimenti a situazioni reali, riproponendo costan-temente una dimensione di straniamento o di attesa. Un altro stilema che si ripete nelle tele di Penasa è la ricchezza decorativa degli sfondi su cui queste improbabili creature galleggiano, fantasmi sospesi nel tempo e nello spazio che tentano di liberarsi da reti e legami che li avviluppano. Si viene così a creare un contrasto netto, uno scarto semantico, tra gli eterei soggetti in primo piano, connotati da tenui e delicati colori pastello, e i ricercati fondali su cui essi si stagliano, caratterizzati da disegni che ricordano vecchie tappezzerie, raffinati tessuti art deco oppure gli stencil a rullo usati in passato nelle case di campagna. Cosa rappresentino questi esseri che popolano i quadri di Penasa e da quali luoghi fisici o mentali emergano, non è facile capire. L’artista dichiara di essere “ossessionato” da questi ritratti di visi, di torsi seminudi ma asessuati, da questi androgini con le teste ornate di corna o lunghe antenne con-torte. Ma, forse, è inutile cercare spiegazioni a certe immagini uscite più dal gesto surrealista che muove da un inconscio insondabile che da una scelta consapevole dell’autore.

Paolo Tomio

A sinistra: Sguardi, 2010, acrilico su cartesu tavola, 80x60 cm

Ritratti! 1990, acrilico su tela, 60x60+60x60 cm

Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura?

Non posso dire di aver avuto un’infanzia e una adolescenza piena di stimoli artistici, le spinte verso una qualche sorta di creatività mi sono venute senz’altro dal dover cercare una sorta di rifugio e di fuga da tutto quello che mi era proposto come percorso di crescita nella famiglia e nella scuola. Credo di aver cominciato a disegnare prima e dipingere poi per tentare di costruirmi un universo solo mio nel quale rifugiarmi, per questo non ho mai cercato di “andare a bottega“, di seguire un qualsiasi percorso formativo, mi sono procurato gli attrezzi e li ho usati, solo dopo mi sono fatto delle domande sul perché e sul come. Ma, a quel punto, le risposte che avevo dalla Storia dell’Arte erano piacevoli conferme e stimoli a non smettere mai di ricercare una mia forma espressiva.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli

artisti che più ti hanno influenzato?

Ho netta la percezione del momento in cui mi sono convinto che la pittura era il mezzo giusto al quale affidare le sghembe fantasie del mio cervello, e la forza scomposta e violenta del gesto, il compito di liberarmi da tensioni e paure non altrimenti esprimibili. In quei momenti ho incontrato, con gioia e riconoscenza, le teorie legate al metodo paranoico-critico di Dalì che recitavano tesi a me già note in embrione, mi dicevano che le immagini che un artista cerca nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (paranoie) e prendono forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Così ho sempre lasciato che la materia, il colore, la carta, la tela, si liberassero della teoria per divenire gesto e il gesto, figura. In fondo, la ragione per cui ci si rifà agli artisti del passato e li si resuscita è perché le loro opere diventano fondamento della nostra opera, strato dopo strato.

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Hai conosciuto o frequentato artisti locali o nazionali?

Confesso di non essere come si dice un personaggio espansivo. Nel mondo, o meglio nei mondi delle arti, essendo io un appassionato di letteratura e di musica, preferisco sempre conoscere le opere e meno chi le ha create, per questo pur essendo un vorace visitatore di mostre, per lo più di arte contemporanea, evito le giornate inaugurali proprio per non veder deluse o Vivisezioni, 2003, acrilico su tela,

70x80+80x100 cm

modificate in negativo le sensazioni ricevute dalla osservazione, in solitaria, delle opere. D’altro canto, occupandomi all’interno dell’Andromeda, in qualità di curatore e allestitore, di tutti gli eventi espositivi, non mi mancano certo le occasioni di incontro e di scambio con artisti dalle diverse provenienze. Mi piace qui ricordare il nutrito gruppo di giovani artisti della Bosnia che ho accompagnato negli anni di formazione

post accademica allestendo, tra l’altro, una loro esposizione all’interno del programma della Biennale Manifesta7. Inoltre, credo sia impossibile, per chi opera in una realtà così piccola come la nostra, non incontrare e conoscere chi si occupa, con serietà, di cultura e dii arte figurativa in particolare..

Dopo gli inizi tradizionali, quando hai cominciato a sviluppare un linguaggio meno figurativo e perché?

Una volta Francis Bacon, altro artista seminale per me, ha detto: “Non amo l’astrattismo perché non lo trovo sufficentemente crudele”. Anche se non considero le mie opere crudeli mi sento di condividere quell’affermazione

perché, pur avendo lavorato spesso con forme e colori in libertà, alla fine, l’opera finale, vedeva sempre al centro la figura, una figura senza storie da raccontare, tagliata, svuotata, denudata ma sempre alla ricerca di un qualche scambio pelle a pelle con lo spettatore.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea?

Devo premettere che io sono più un frequentatore sia di Biennali d’arte che di Fiere d’arte e che amo molto tutte le “maniere” nuove o non convenzionali di espressione artistica, per questo mi è molto difficile indicarne, anche se ci fossero, dei punti deboli. Stabilito che l’Arte

Attese (5), 2012, acrilico su carte su tavola,50x70 cm

Sguardi, 2004, acrilico su carte su tavola,60x45 cm

Ombra (2), 2013, acrilico su carte e tele su tavola, 60x50 cm

contemporanea è da definire come quella che si trova in sincronia con il nostro tempo e che essa è diventata contemporanea proprio nel momento in cui ha cominciato a parlarci della nostra vita di tutti i giorni. Quella che maggiormente attira la mia attenzione è l’arte che esplora nuove modalità espressive, che tiene il passo con le nuove esperienze della civiltà o che rinnova forme preesistenti di espressione artistica portandone avanti la riflessione.

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile?

Credo di potermi definire un minimalista del ritratto, prediligo la forma semplice, minimale, in ogni forma d’arte, certi racconti fatti dei semplici nulla quotidiani spesso aiutano il divenire del nostro quotidiano, così come certi brani musicali costruiti con pochissime sequenze di note, vanno ad appoggiarsi semplicemente al ritmo del nostro cuore. Così i miei sono ritratti in assenza di modelli, a memoria di visi incrociati in distratti sguardi, o più spesso ricostruiti in diretta, sul vuoto, incrociando pennellate a formare un DNA sconosciuto ma minimamente riconoscibile. Ed è proprio quel gesto minimo che innesca una continuità evidente tra il corpo dell’artista e l’opera realizzata. E allora è proprio questa apparente assenza di racconto a provocare nello spettatore la ricerca di quel senso che solo lui può conoscere e riconoscere.

Vivisezioni, 2001, acrilico su tela, 120x80 cm

Nelle tue opere è importante il colore. Cosa rappresenta per te?

“Il colore, essendo esso stesso magico, non può essere usato che magicamente”, queste parole dette da Paul Gauguin ben sintetizza-no la gioia che dall’occhio passa al cervello nel momento in cui scopriamo una nuova alchimia cromatica. Per tutti noi i colori han-no assunto dei significati simbolici, ma che bello quando riusciamo a non tenerne conto e colorare la gioia di nero e il dolore di rosa.

Oggi pur vivendo in un mondo coloratissimo, immersi nei mondi artificiali dei nostri scher-mi abbiamo difficoltà a distinguere il rosso di una rosa riprodotta con colori artificiali e il rosso di un fiore del nostro giardino. Ma tra loro non esiste continuità ma differenza, distanza, dobbiamo riscoprire i colori per poterli usare, magari come capita di fare a me, appiattiti e opachi, per sintesi o come simboli negativi di quella realtà fatta finzione che vogliamo denunciare.

Nel corso della tua carriera hai spesso modifi-cato il tuo linguaggio per naturale evoluzione, per il desiderio continuo di sperimentare…?

Credo che il confine tra un bravo artigiano e un artista sia proprio questa esigenza impel-lente di ricercare, di trovare sempre nuove modalità espressive alle quali affidare il com-pito di dare sempre nuove forme ai pensie-ri che cercano un vestito. Possono essere, come nel mio caso, dei piccoli passi, aven-do deciso di concentrare la mia ricerca, in modo maniacale forse, sul ritratto nella sua forma più iconografica e simbolica, gli espe-rimenti non possono che essere minimi. L’artista non può mai dire di avere raggiunto quello per cui lavora. Ciò che vi è di più in-timo e costitutivo gli apparirà sempre oltre il già fatto, perché l’arte si rigenera sempre da se stessa.

Qual è la tecnica artistica che utilizzi princi-palmente nella tua attività?

Dipingo. Per me dipingere è un modo di vi-vere, è solo così che trovo piacere in quel-la pratica. Questa idea potrebbe sembrare simile a quella dell’esteta del tipo: “La vita come opera d’Arte“, invece io penso che sia

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Attese, 2012, acrilico su carte su tavola,70x60 cm

l’opposto e che cioè l’Arte deriva dalla Vita ma nè l’artista nè l’arte devono arrivare a quell’incontro con un carattere predefinito e con un percorso prestabilito da fare assie-me. Non credo all’idea romantica dell’artista in simbiosi totale con l’arte che finisce col rifiutarsi di vivere divorato da quella impos-sibile passione.

Contemporaneamente alla pittura, hai anche affrontato anche altre tecniche artistiche?

Sebbene non abbia nessuna forma di rifiu-to verso le nuove dotazioni tecnologiche, ne possiedo e uso alcune con piacere, ad esempio la tavoletta grafica mi diverte, pen-

so però che non ci si improvvisi animali tec-nologici e che non sia giusto, parlo per me, improvvisarsi registi o tecnici audio o video. Non mi manca però mai la curiosità di vede-re come la tecnologia sappia, se usata nei modi giusti, comunicare in modo egregio i tempi che viviamo, la contemporaneità ap-punto.

Ti interessa rappresentare nelle tue tele concetti, emozioni o cos’altro?

L’Arte serve, nel vero senso del termine, è al servizio della parola e del pensiero per

permetterci di spingerci sempre un po’ più in là, all’estremo, oltre il limite. La dignità dell’arte oggi deve essere quella di ricercare dei linguaggi comprensibili per dire cose, forse non immediatamente comprensibili, ma che stiimolano la costruzione di un pensiero che non sia banale o imposto. Io spero, con le mie rappresentazioni, di smuovere emozioni e sentimenti che rifiutino quelle immagini come destino segnato di solitudine e silenzio, per suggerire la possibilità, e come sia possibile, proprio partendo dal riconoscimento di quel mutismo rassegnato, far affiorare l’ipotesi di un altro mondo, di una realtà che cerca di riarticolarsi e di dirsi.

Ritratti!, 1994, acrilico su tela, 120x60+120x60 cm

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Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?

Credo che la realtà culturale trentina viva lo stesso momento di preoccupata stagnazione dell’Italia e del mondo intero. Non mi sento in grado di analizzare la nostra realtà locale, voglio solo dire che se il tempo vuoto di questa crisi, con scarsissime possibilità di recupero, lo utilizziamo per ripensare e riscrivere modi e valori per rimpiazzare quelli che alla prova dei fatti si sono rivelati fallimentari, anche l’arte ne trarrà beneficio e forza. L’Arte può far diventare senso anche l’assenza di senso.

Silente, 2013, acrilico su carte e tele su tavola, 50x60 cm

Segui la “politica culturale” trentina: pensi che si possa fare di più e meglio per il settore artistico?

Sono, da decenni ormai, assieme ad un gruppo di amici, impegnato a programmare e condurre le attività dello Studio d’arte Andromeda, realtà culturale per lo più impegnata nella promozione e nella pratica delle discipline artistiche presso le realtà giovanili del territorio trentino. Ogni anno diventa sempre più difficile mantenere alta la qualità della nostra programmazione e sempre più arduo far quadrare i conti. I contatti continui con realtà a noi simili in altre parti d’Italia e all’estero, ci fanno pensare di vivere ancora in una zona di privilegio. Una cosa che mi sento di auspicare è un maggiore riconoscimento del merito e della professionalità nel campo della cultura come in ogni altro settore della società.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Strano che questa domanda arrivi alla fine, anche se forse è giusto perché è una domanda che non può avere una risposta scritta, forse con il grafico di un encefalogramma? Ma davvero non è possibile stabilire quando e perché a me balla lo stomaco dall’emozione davanti ad un opera d’arte e al mio vicino invece balla per il disgusto per la stessa opera d’arte. Basta solo andarsi a scorrere almeno i più importanti movimenti della storia dell’arte del novecento, per vedere come in così poco tempo gli artisti visuali abbiano sovvertito e ingarbugliato regole estetiche praticate da secoli, per capire quanto certi codici valoriali siano fuori tempo massimo. Manteniamo

A destra: Ombra, 2013, acrilico su carte e tele su tavola, 75x60 cm

Ritratti!, 1994, acrilico su tela, 100x100 cm

invece efficenti quelle spie dentro il cervello, o più spesso dentro la pancia, che si accendono per segnalarci che quella tale opera d’arte contiene in sè l’urgenza dell’artista di comunicarvi qualcosa.

E, per finire, cosa è per te l’arte? E chi è l’artista?

A questo rispondo dicendo cosa non do-vrebbe essere, per me, l’Arte. Per me il ri-schio più grande che minaccia la credibilità del sistema dell’arte e delle arti figurative in particolare, è quello di fondersi e confonder-si fino a divenire un tutt’uno con il sistema di

mercato. Ormai si sta delineando un circuito percolosissimo che rischia di esulare, esclu-dere dai propri spazi espositivi le originalità e le ricerche veramente verginali e dirompenti (nel senso che rompono schemi e stecca-ti). Il pericolo sta nella confusione dei ruoli imposta lucidamente dal mercato dell’arte. Capita sempre più spesso che la stessa persona sia al contempo critico, curatore, collezionista, gallerista, direttore di museo e perfino artista tanto per chiudere il cerchio, a questo punto è chiaro che gli interessi in bal-lo portano a privilegiare gli artisti e le opere che sono di proprietà di queste mostruose entità mercantili.

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LUIGI PENASA

E’ nato a Taio (TN) nel 1952 vive e lavora

a Trento

Nonostante non abbia compiuto percorsi

formativi di tecniche artistiche, disegna

e dipinge da sempre seguendo una

sorta di istinto acceso e alimentato

da una curiosità cleptomane per tutto

quello che riguarda i linguaggi usati, in

quegli anni, dagli artisti. Frequentando

Musei e Gallerie d’Arte con una speciale

predilezione per le sperimentazioni più

d’avanguardia, non disdegnando affatto

quegli artisti che negli anni settanta

avevano fatto della provocazione, anche

feroce, il loro metodo di lavoro.

Poi, rientrato nello studio, era però sempre

il suo sguardo da antropologo ad avere

la meglio e la sua ricerca restringeva,

sempre più il campo d’azione limitando

i propri confini, sconfinati, dell’uomo in

quanto universo di contraddizioni da

studiare, ritrarre, sintetizzare costringere

o liberare dentro i confini obbligati delle

tele o delle tavole. Dagli anni ottanta

è parte attiva del progetto culturale

che ruota attorno allo Studio d’arte

Andromeda (www.studioandromeda.

net) organizzando e realizzando progetti

per concorsi internazionali, workshop,

laboratori, mostre e incontri ponendo

sempre particolare attenzione al

coinvolgimento, alla preparazione e

alla promozione dei giovani artisti ai

quali trasmette le capacità tecniche

e l’entusiasmo di cui è capace, basi

indispensabili nel percorso di ricerca di

ogni persone specie nel mondo artistico.

Sue opere di grafica sono state pubblicate

e premiate. La sua produzione pittorica

è stata esposta in numerose mostre

collettive e riunite, quali bilanci parziali di

una ricerca continua, in diverse mostre

personali in Italia e all’estero.

MOSTRE PERSONALI

1982, Salone dei Congressi, Pejo Fonti

(Tn); 1986, Sala Mayer, Pergine Valsugana

(Tn); 1987, Studio d’Arte Andromeda,

Trento; 1987, Galleria Novecento Pergine

(Tn); 1989, Casa degli Artisti Tenno

(Tn); 1989, Sala Medievale S.Jacopo

Prato (Fi); 1990, Centro d’Arte La Fonte

Caldonazzo (Tn); 1990, Kunsternes Hus

Arhus (DK); 1992, Gallera Artespaziodieci

Bologna; 1993, Fiera Internazionale Arte

Contemporanea Bari; 1994, Studio d’Arte

Andromeda, Trento; 1994, Galleria

Artespaziodieci, Bologna; 1997, Galleria

Bertrand Kass, Innsbruck (A); 1997,

Galleria Due Spine Rovereto (Tn); 2004,

Liceo A.Rosmini Trento; 2004, Studio

d’Arte Andromeda Trento; 2006, Studio

d’Arte Andromeda Trento; 2007, Galleria

Città di PrijedorPrijedor (BH); 2007,

Circolo Wallenda, Trento; 2010, Facoltà di

Sociologia Trento; 2011, Galleria Puccini

Ancona, 2012, Studio d’Arte Andromeda

Trento;2013, Negoziart, Ponte Arche (Tn);

2014, Palazzo Thun (TorreMirana) Trento;

2014, Galeria Sredez Ministry of Culture

Sofia (Bulgaria)

Via Don Sordo,6 – 38122 Trento;

Tel.:0461 933904 – Cell:+39 346 6695888

Email: [email protected]

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FIDAart copertina del N.8 2014

Periodico di arte e cultura della FIDAart

Curatore e responsabile

Paolo Tomio

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4

Tutti i numeri 2012-2013-2014

della rivista FIDAart

sono scaricabili da:

www.fida-trento.com/books.html

Tutti i numeri 2012-2013-2014

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FIDAart

Offerta per casalinghe suprematiste

MERCATO DELL’ARTE ?

ANDY WARHOL (1928-1987) SILVER CAR CRASH, 1963, serigrafia, vernice spray color argento su tela, 267x417 cmSotheby’s, novembre 2013, New York Venduto per 105.445.000 $ (77.465.200 Euro) il dipinto conferma Warhol ai vertici degli artisti più valutati al mondo. A pagare questa cifra re-cord è stata Alice Walton, ereditiera dei negozi Walmart, catena nota per sottopagare i dipen-

denti (paghe 30% inferiori alla media).“Silver car crash” è una monumentale serigrafia la cui metà di sinistra è composta da quindici fotografie in bianco e nero dello stesso inciden-te stradale, rielaborate e accostate disordinata-mente in modo seriale per creare un senso del tragico, mentre la metà di destra è interamente dipinta in color argento. Il ciclo di questi dipinti di “Morte e disastri” in cui l’artista lavora su fo-tografie tratte dai giornali riguardanti incidenti tragici, tumulti razziali o sedie elettriche, è ri-tenuta da molti la parte più significativa della sua opera. I genitori di Warhol erano due emigrati cecoslo-vacchi di fede bizantina-cattolica: il padre, arri-vato a Pittsburg nel 1914 (la madre lo seguì nel 21) lavorava in una miniera di carbone e morì quando Andy, nato nel 1928, aveva 13 anni. Da bambino, spesso malato, isolato e costretto a letto, raccoglieva le immagini delle stelle del

Andy Warhol, Autoritratto da ‘drag queen’

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ANDY WARHOL

cinema alimentando le fantasie che avrebbero popolato la sua futura creatività artistica.Padre e profeta della Pop Art, Warhol è stato un creativo eclettico e inarrestabile che ha in-ventato un suo stile visivo dalle radici popolari e immediata intelligibilità perché legato al con-sumismo, alla pubblicità, al glamour, al succes-so, che tanto piacciono agli americani. Di lui si ricordano, oltre alle tante opere assolutamente innovative, anche lo stile di vita edonistico e trasgressivo che aveva contribuito a renderlo una di quelle celebrity che lui tanto ammirava. Le quotazioni raggiunte dalle sue “stampe“ seri-grafiche dimostrano che il mercato ha superato il mito dell’artista abile esecutore, trasformato da Warhol in un ‘direttore creativo’ che inven-ta e coordina il lavoro altrui nella sua “Factory” (letteralmente, Fabbrica).La sua produzione si compone di circa 10.000 opere realizzate tra il 1961, quando l’artista ab-bandonò il lavoro di successo da grafico pubbli-citario e il 1987, quando morì improvvisamente all’età di 58 anni dopo un’operazione. La mag-

Andy Warhol, Brillo soap pads box, 1964

gior parte delle opere risultano composte dalle sue famosissime serigrafie basate su immagini raffiguranti i soggetti più vari e imprevedibili. Warhol, infatti, amava fotografare con la sua Polaroid qualsiasi cosa e, soprattutto, le perso-ne famose che frequentava creandosi nel corso degli anni un importante archivio di ritratti di attrici, politici, cantanti, sportivi, belle donne e uomini (tra cui sè stesso) e celebrità varie a cui attingeva per le sue creazioni.Questa sua attitudine eccezionale a cogliere le immagini più potenti del suo tempo lo defini-sce come il pittore che meglio ha raccontato e interpretato la storia americana del 20° seco-lo. Celeberrimi i suoi ritratti di Marylin Monroe definita “bella, volgare e straziante”, eseguiti nell’agosto del 1962, poco dopo che l’attrice si era suicidata. Ad oltre cinquant’anni da quei dipinti Warhol è considerato l’artista più rappresentativo del secondo ‘900 perché presente, consciamente o non, nel vissuto e nell’immaginario collettivo e per aver posto le basi di gran parte dell’arte del suo e del nostro tempo.Le sue idee, infatti, continuano a condizionare la cultura visiva e iconica attuale anche attra-verso le opere di J.M Basquiat e K. Haring di cui fu mentore, e l’influenza dominante avuta sui maggiori artisti viventi tra cui J. Koons, D. Hirst, T. Murakami e Richard Prince.

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CIVILTA’ DELLE MACCHINEMECHANICAL MINDS

La rivoluzione industriale nata in Occidente nell’800 e diffusasi in gran parte dei paesi del mondo, ha radicalmente trasformato tutte le società coinvolte contribuendo a cambiare i concetti stessi di arte e di artista. In particola-re questi ultimi, riconosciuti in passato dalla comunità come gli unici detentori e produttori degli Ideali di Bellezza grazie alle loro doti in-nate, alle conoscenze storico-artistiche e alle competenze tecniche. L’arte era patrimonio di pochi ma accessibile e ammirata nei luoghi pubblici da tutti che ne riconoscevano un ruolo fondamentale tra le attività umane. Nelle arti visive il primato dell’abilità manuale è entrato in crisi in particolare a seguito dell’in-venzione della fotografia e della sua qualità delle sue immagini, in bianco e nero prima e a colori poi, perfette, riproducibili illimitatamen-te. Le successive evoluzioni come il cinema, la televisione e, infine, il computer con la nascita dell’immagine digitale virtuale, hanno progres-sivamente tolto spazio al “saper fare” artistico.

Oggi, miliardi di persone eseguono con facilità opere foto-grafiche di una qualità tecnica inim-maginabile solo una decina di anni fa. Nel frat-tempo, le opere pittoriche non sono scomparse ma solo superate e trasformate dalle immense potenzialità espressive rese possibili dalle nuo-ve tecniche in continuo sviluppo: cellulari, vide-ocamere, tablet, web-cam, programmi di fotori-tocco, stampanti e ora anche stampanti 3D. Per non parlare di internet, archivio mondiale di un numero infinito di immagini continuamente ag-giornate. Chiunque ha la possibilità di accedere alla Rete e crearsi la propria illimitata galleria d’arte personalizzata ignorando la mediazione storicamente delegata agli artisti. Nelle arti plastiche, invece, in cui si ha a che fare con la concretezza della materia, la prassi non ha subìto la medesima accelerazione per-ché è ancora relativamente complesso e costo-so realizzare fisicamente una scultura con le attuali tecnologie digitalizzate. Una evoluzione globale, invece, è già avvenuta per quasi tutte le opere tridimensionali utilitaristiche, storica-mente realizzate dall’artigianato e ormai sosti-tuite dalla capacità delle macchine di produrre in serie manufatti di altissima qualità. L’artista-artigiano è stato sostituito dal desi-gner il quale studia e progetta il prototipo da cui prenderà l’avvio la produzione vera e pro-pria dell’oggetto, mentre all’artista puro è rima-sto solo il ruolo di creatore e realizzatore della “scultura artistica” che, in quanto tale, possiede il valore estetico e economico del pezzo unico. La grande differenza che esiste tra gli oggetti prodotti da macchine e quelli artistici, perciò, non è tanto la qualità intrinseca degli stessi, quanto la presenza e, soprattutto, la riconosci-bilità della “mano” dell’esecutore. Quanto più si sviluppava l’uso delle macchine che garan-

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CIVILTA’ DELLE MACCHINE

tivano forme assolutamente perfette, sempre uguali e, di conseguenza, anonime, tanto più l’arte indirizzava l’interesse verso l’imprecisio-ne e la casualità legati all’intervento diretto dell’uomo. Al punto di rifiutare la ricerca del bello e l’utilizzo di materiali pregiati per farsi ri-flessione critica e sperimentare materiali poveri e antiretorici, di scarto o uso comune, recupe-rati e riassemblati con logiche alternative. Questa reazione culturale ed estetica contro la perfezione e la qualità ottenute grazie alle mac-chine e alla tecnica industriale ha lentamente portato a recuperare e a riproporre ready made anonimi, rifiuti organici e inorganici, object trouvé casuali, materiali industriali riciclati e ri-assemblati ecc. Il gruppo “neoluddista”di Liverpool MM, Me-chanical Minds (Menti Meccaniche), che espri-me una posizione di resistenza all’eccesso di tecnologia utilizzando gli argomenti chiave del-la disumanizzazione, cioè l’impoverimento del-la condizione umana, e della tecnologia fuori controllo, ha elaborato una neo-teoria artistica che si situa a metà strada tra i due estremi.Il gruppo addotta i procedimenti produttivi e tecnologici sviluppati dall’industria meccanica, indirizzandoli però verso l’esecuzione di singoli oggetti minimalisti che rientrino nella casistica artistica del pezzo unico. Le sculture così ottenute (vedi fotografie) pos-seggono, in ultima analisi, sia le qualità intrin-seche del prodotto industriale, sia il valore con-nesso all’opera unica in quanto nessun pezzo eseguito è mai uguale ad un altro a causa delle variazioni dimensionali millimetriche introdot-te nel corso delle lavorazioni. “Pezzi industriali unici” è l’ossimoro con cui li definisce Mechanical Minds, vale a dire: opere d’arte tutte uguali eppure tutte diverse.

ARTE BESTIALE - 3° parte

Nell’ampio panorama degli artisti che lavorano con animali si possono individuare alcuni per-sonaggi provocatorii ma sostanzialmente nor-mali, altri border-line e, altri ancora, che hanno superato quella linea che dovrebbe rappresen-tare il confine etico invalicabile per un uomo e un artista sani di mente.Nel primo gruppo possiamo annoverare la bella

Marina Abramovich, una delle prime artiste che hanno fatto della performance una forma d’arte apprezzata internazionalmente.Dalla sua foto di moderna Medusa in cui ad-denta un serpente mentre altri le si arrotolano intorno al collo e sul capo, l’animale è usato per stimolare nello spettatore il terrore ancestrale nei confronti di questi rettili oltre che solleti-care vaghe allusioni sessuali, ottenendo un ef-fetto spettacolare. In questo caso l’Abramovich mostra la consueta temerarrietà con cui affron-ta situazioni fuori del comune ma gli animali sono sostanzialmente utilizzati solo per il loro quoziente simbolico ed estetico.Diverso è il caso del fotografo americano di ori-gine cubana Andres Serrano, diventato famoso per un ciclo di fotografie scattate in una morgue (l’obitorio) dove aveva ripreso cadaveri di tutti i generi ed età indugiando con interesse mor-bosamente ‘scientifico’ su dettagli di morti vio-lente e relative autopsie. Un genere di interes-se non comune perché richiede una particolare predisposizione psicologica che il PAC di Milano ha recentemente celebrato come “l’estro crea-tivo di un grande interprete dei nostri tempi”. Tra le sue foto non poche riguardano animali morti, alcuni dei quali in modi abbastanza crudi o violenti. Infatti, mentre la testa mozzata e in-sanguinata della mucca posta su un piedistallo di marmo che guarda in tralìce, è vagamente surreale, un misto di horror e di noir, l’anima-le impiccato (un cane?) con un nodo scorsoio esagerato, è gratuitamente spaventoso. Dove e perché Serrano abbia trovato i corpi che ha ricomposto in pose scenografiche spiacevoli non si sa. Lo sviluppo successivo del fotografo ha avuto luogo nel 2014 quando ha inaugurato

In alto: Marina AbramovichA sinistra: Andres Serrano, fotocolor

STORIA E ARTE

una mostra intitolata “Shit”, interamente com-posta da macrofotografie di “merde”.Infine, rimane l’artista che ha collezionato il maggior numero di denunce da parte delle as-sociazioni animaliste e ha subìto ben tre con-danne nei tribunali austriaci per violenze su animali. Personaggio molto discusso, il settan-taseienne artista austriaco Hermann Nitsch, definito il Papa dell’Action Viennese, è un an-ziano dalla lunga barba canuta. Nel 2012 si è anche esibito al MART con “Malaction”, una performance molto edulcorata rispetto alle sue “Action” storiche che si rifacevano alle orge pa-gane dionisiache in cui visceri, sangue e sesso si intrecciavano continuamente in un crescendo parossistico sottolineato da musiche rituali, processioni e riti catartici collettivi, in una col-laudata commistione di Eros e Thanatos.

Spettacoli violenti e truculenti traumatizzanti per ogni persona psichicamente normale, con tori e maiali ammazzati e squartati in diretta, appesi a croci di legno e giovani donne e uomi-ni - rigorosamente nudi - avvolti nelle interiora sanguinanti. Il sangue veniva bevuto, spruzzato sui fedeli e su tuniche e lenzuola poi esposte come delle vere e proprie reliquie. “Quando squartiamo un animale, sentiamo le sue viscere calde, beviamo il suo sangue, ritor-niamo in contatto con qualcosa di primitivo che ci appartiene ed esce fuori la nostra natura, che non è né buona né cattiva, è semplicemente il nostro istinto”. Oggi Nitsch si riposa nel suo castello miliardario di Prinzerdorf a Vienna e vende le sue tele rosse (di sangue vero?) alla Saatschi Gallery.

In alto: Andres Serrano, fotocolorImmagini a destra: Hermann Nitsch

Martedì 5 agosto alle ore 18.00 inaugurazione di TO BUILD CASTLES IN THE AIRGalleria Civica Bolzano - Piazza dei Domenicani - Seconda sede a Castel Roncolo

To build

castles in the air

Gianni Anderle - Luciana Antonello - Laura Benaglia Nones - Stefano Benedetti Matteo Boato - Paola Bradamante - Diego Bridi - Barbara Cappello Roberto Codroico - Giovanna Da Por Sulligi - Paolo De Polo - Enrico FarinaMarzio Ghiotto - Tanja Jarussi - Mauro Larcher - Francesca LibardoniAnna Lorenzetti - Bruno - Lucchi - Amedeo Masetti - Beatrice MatteiLuciano Olzer - Aldo Pancheri - Paolo Profaizer - Stefania Simeoni Renato Sclaunich - Paolo Tomio - Silvia Turri - Elisabetta Vazzoler - Pietro Verdini

Ausstellung 1/Prima sede

STADTGALERIE BOZEN/GALLERIA CIVICA DI BOLZANO

Dominikanerplatz/Piazza Domenicani 18, Bolzano/Bozen

5. - 30. August / agosto 2014

Eintritt frei/Ingresso libero

Montag/Samstag: 10.00 - 13.00; 16.00 - 19.00 Uhr lunedì/sabato: ore 10.00 - 13.00; 16.00 - 19.00

Sonntag Ruhetag / domenica chiuso

Ausstellung 2/Seconda sede

SCHLOSS RUNKELSTEIN/CASTEL RONCOLO, BOLZANO/BOZEN

5. August - 2. November / 5 agosto - 2 novembre 2014

Eintritt zum Schloss kostenpflichtig/Ingresso al castello a pagamento

Dienstag/Sonntag: 10.00 - 18.00 Uhr martedì/domenica: ore 10.00 - 18.00

Montag Ruhetag / lunedì chiuso

Eröffnung / inaugurazione

Dienstag/martedì 5. August/agosto, ore 18.00 uhr STADTGALERIE BOZEN/GALLERIA CIVICA DI BOLZANO

Dominikanerplatz/Piazza Domenicani 18, Bolzano/Bozen

Kurator/curatore: Paolo Zammatteo

Con il patrocinio dellaPresidenza del Consiglio regionale

Con il patrocinio della

Presidenza del Consiglio regionale

Con il patrocinio della

Presidenza del Consiglio regionale PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

Città di BolzanoStadt Bozen

Assessorato alla Culturae alla Convivenza

Assessorat fur Kulturund aktives Zusammenleben

FIDA - TrentoFederazione Italiana Degli Artisti/Italienischer Künstlerverband

&gli Artisti di Bolzano/Bozner Künstler

laden Sie ein zu/hanno il piacere di invitarla a

VIVA LA FIDA

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VIVA LA FIDA - LA FIDA E’ VIVA4° DIALOGO - 17 luglio 2014 BOOKIQUE Caffe’ LetterarioParco della Predara

Incontro en plai-air tra Nadia Cultrera e Roberto Piazza con il pubblico presente nella piazzetta di Bookique alle 19.00, un‘ora e un clima forse più piacevole e rilassante delle serate precedenti.Di fronte alle opere pittoriche e alle incisioni esposte sulle gradonate e ad alcune sculture in legno di Rober-to, il dialogo ha cominciato a dipanarsi e, poco a poco, gli interventi e le domande poste direttamente ai due artisti si sono rivelate più interessanti delle “tradiziona-li” serate condotte da un critico professionista.Se di Dialogo si deve parlare, allora è anche giusto che si cerchi di superare le inevitabili barriere che si vengo-no a creare tra gli “specialisti” e il pubblico che spesso avrebbe voglia di interloquire direttamente con gli au-tori in modo più informale per approfondire idee, temi, tecniche. I due artisti del 4° Dialogo appartengono entrambi a un filone figurativo neoromantico: Piazza più legato alla tradizione, a simbologie e allegorie naturalistiche rappresentate con grande perizia; Nadia, più giovane e interessata alla figura umana, generalmente femmini-le, in una ricerca psicologica delle emozioni più intime portate alla luce dall’oscurità dei suoi sfondi neri.Due tipi di pittura che saldandosi alla storia e alla no-stra tradizione sono e, probabilmente saranno sempre apprezzati da un pubblico che vi si ritrova e che è sem-pre disposto a riconoscere e ammirare le capacità grafi-che e compositive di certa arte figurativa.

Viva la FIDA - PROGRAMMA 2014

18 settembre: Barbara Cappello e Alessia Feeela Carli16 ottobre: Giovanni Anderle e Silvia Turri20 novembre: Sarah Mutinelli e Doris Cologna18 dicembre: Stefano Benedetti e Renato Sclaunich

Agosto 2014, Anno 3 - N.8

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News dal mondo

Andy Warhol

Andy Warhol

Andy Warhol

Andy Warhol

Omaggio a Andy Warhol

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“Campbell’s soup cans”, 1962

“Inox-box”, 2014

“Coca Cola”, 1962

“Quattro Marylin”, 1962

“Eight Elvises”, 1963

pag. 34

ANDY WARHOL, Campbell’s soup cans,1962, acrilico su tela, 32 tele da 51x41 cm ciascuna 30

ANDY WARHOL, Coca Cola, 1962, caseina su cotone, 176,2x137,2 cm

Venduto a 57.285.000 $ Christie’s, 2013

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ANDY WARHOL, Eight Elvises,1963, serigrafia su tela, 200x370 cm. Venduto privatamente a100milioni $, 2008

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ANDY WARHOL, Quattro Marylin,1962, serigrafia, acrilico e matita su tela, 73,7x54,6 cm

Venduto a 38.245.000 $ Phillips, 2013

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PAOLO TOMIO, Omaggio a Warhol,“Inox-box”, 2014, fine art, 119x84 cm

QUOTA DI ISCRIZIONE PER L’ANNO 2014

E’ stata mantenuta la quota d’iscrizione di euro 50.00 Il versamento dovrà essere effettuato con la causale: ISCRIZIONE ANNO 2014

IMPORTANTE

Per ragioni fiscali e contabili, TUTTI i versamenti (ad es. l’iscrizione, la quota annuale, par-tecipazioni a mostre o eventi FIDA ecc.) dovranno essere effettuati sul conto corrente della FIDA-Trento: Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige - Piazza Lodron 31 38100 Trento IBAN: IT47 B058 5601 8010 8357 1214 752 NB! INSERIRE SEMPRE LA CAUSALE (es. iscrizione 2014)

Poiché questo Conto Corrente dovrà essere utilizzato sempre, si consiglia di stamparlo e di tenerlo sul computer in una cartella FIDASegretario-tesoriere: Nadia Cultrera - [email protected]

INDIRIZZO MAIL

Indirizzo Mail di FIDA-Trento è: [email protected]

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C/o arch. Paolo TomioVia Cernidor 43 - 38123 TrentoTel. 0461 934276

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