Fibre Ottiche

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P. Di Vita, M. Giaconi, V. Lisi, G. Vespasiano - Fibre ottiche per telecomunicazioni: fibre monomodali 12 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993 Fibre ottiche per Telecomunicazioni: fibre monomodali P. Di Vita, V. Lisi, M. Giaconi, G. Vespasiano (*) Questo articolo presenta i parametri trasmissivi caratteris tici delle fibre ottiche monomodali e la trasmissione di solitoni su fibra. Tra i parametri caratteristici sono stati considerati la lunghezza d’onda di taglio, il raggio modale, la dispersione cromatica. In particolare si considera l’importanza del raggio modale ai fini della determinazione delle perdite di accoppiamento e delle perdite per curvatura della fibra. La dispersione cromatica, legata alle caratteristiche spettrali della sorgente ottica, viene ricondotta alla somma di tre contributi principali; viene mostrata in particolare la dipendenza di uno di questi, la componente di guida, dal raggio modale. Vengono infine presentate la trasmissione di solitoni in fibra e le prospettive che così si aprono nel mondo della comunicazione ottica. mezzo trasmissivo risulta nel suo insieme più uniforme, riducendo così il fenomeno della diffusione (dovuta a disomogeneità su piccolissima scala). Un ulteriore vantaggio, soprattutto sotto l’aspetto della progettazione del sistema, deriva dal fatto che tutti i parametri di trasmissione sono univocamente determinati. Non c’è, come nel caso delle fibre multimodo, un’incertezza derivante dalle differenti condizioni di eccitazione dei vari modi, o dai fenomeni di conversione di modo che possono mutare l’andamento della distorsione dell’impulso in funzione della lunghezza di fibra in maniera non sempre prevedibile. Per le fibre monomodo tale andamento è sempre lineare. A tutti questi vantaggi va aggiunto quello non indifferente di un costo potenzialmente più basso, perché la fabbricazione è più rapida e non richiede un controllo accurato sul profilo di indice di rifrazione, come nel caso delle fibre multimodo. Vi sono però anche degli inconvenienti, dovuti per lo più alle ridotte dimensioni del nucleo della fibra (diametro di 5÷10 µ m) ed alla piccola differenza di indice di rifrazione tra nucleo e mantello (1÷2%). Ciò comporta maggiori problemi nella realizzazione di giunti e connettori tra fibre, nonché nelle misure dei parametri di caratterizzazione della fibra. Lo sviluppo di macchine automatiche ha praticamente risolto il primo problema: sono attualmente realizzabili giunti e connettori che assicurano allineamenti con precisione al micron, soddisfacendo 1. Introduzione Le caratteristiche generali delle fibre ottiche per telecomunicazioni sono state illustrate in un articolo precedente [1], in questo lavoro verranno approfonditi i parametri trasmissivi caratteristici delle fibre monomodali che rappresentano la assoluta maggioranza della rete mondiale in fibra ottica. Le fibre ottiche monomodali sono guide d’onda in grado di propagare una sola configurazione di campo: il modo fondamentale HE 11  o LP 01 ; il loro vantaggio più evidente, rispetto alle multimodali, è quindi l’assenza della dispersione intermodale; quanto alla dispersione intramodale, essa può essere annullata ad una specifica lunghezza d’onda. Questo può portare a enormi capacità di trasmissione, con bande trasmissibili di diverse migliaia di GHz per chilometro di fibra [1]. Anche per ciò che riguarda l’attenuazione, le fibre monomodo si mostrano migliori di quelle multimodo; i nfatti, essendo richiesta una minore apertura numerica e un nucleo più piccolo, occorre un drogaggio minore degli strati interni, durante la fabbricazione. Questo significa in generale che si hanno minori perdite, non solo perché il drogante può introdurre ulteriori attenuazioni, ma anche perché il (*) dott. Pietr o Di V ita - C SELT - Tori no; do tt.ss a Vin cenza Lisi - Università di Torino - Torino; ing. Mauro Giaconi, ing. Gaetano Vespasiano - SSGRR - L’Aquila

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12 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

Fibre ottiche per Telecomunicazioni:

fibre monomodali

P. Di Vita, V. Lisi, M. Giaconi, G. Vespasiano (*)

Questo articolo presenta i parametri trasmissivi caratteristici delle fibre ottiche monomodali

e la trasmissione di solitoni su fibra.

Tra i parametri caratteristici sono stati considerati la lunghezza d’onda di taglio, il raggio

modale, la dispersione cromatica. In particolare si considera l’importanza del raggio modale

ai fini della determinazione delle perdite di accoppiamento e delle perdite per curvatura della

fibra. La dispersione cromatica, legata alle caratteristiche spettrali della sorgente ottica,

viene ricondotta alla somma di tre contributi principali; viene mostrata in particolare la

dipendenza di uno di questi, la componente di guida, dal raggio modale.Vengono infine presentate la trasmissione di solitoni in fibra e le prospettive che così si

aprono nel mondo della comunicazione ottica.

mezzo trasmissivo risulta nel suo insieme più uniforme,

riducendo così il fenomeno della diffusione (dovuta a

disomogeneità su piccolissima scala).

Un ulteriore vantaggio, soprattutto sotto l’aspettodella progettazione del sistema, deriva dal fatto che tutti

i parametri di trasmissione sono univocamente

determinati. Non c’è, come nel caso delle fibre

multimodo, un’incertezza derivante dalle differenti

condizioni di eccitazione dei vari modi, o dai fenomeni

di conversione di modo che possono mutare l’andamento

della distorsione dell’impulso in funzione della

lunghezza di fibra in maniera non sempre prevedibile.

Per le fibre monomodo tale andamento è sempre lineare.

A tutti questi vantaggi va aggiunto quello non

indifferente di un costo potenzialmente più basso, perché

la fabbricazione è più rapida e non richiede un controllo

accurato sul profilo di indice di rifrazione, come nel

caso delle fibre multimodo. Vi sono però anche degli

inconvenienti, dovuti per lo più alle ridotte dimensioni

del nucleo della fibra (diametro di 5÷10µm) ed alla

piccola differenza di indice di rifrazione tra nucleo e

mantello (1÷2%). Ciò comporta maggiori problemi

nella realizzazione di giunti e connettori tra fibre, nonché

nelle misure dei parametri di caratterizzazione della

fibra. Lo sviluppo di macchine automatiche ha

praticamente risolto il primo problema: sono attualmente

realizzabili giunti e connettori che assicuranoallineamenti con precisione al micron, soddisfacendo

1. Introduzione

Le caratteristiche generali delle fibre ottiche per

telecomunicazioni sono state illustrate in un articoloprecedente [1], in questo lavoro verranno approfonditi

i parametri trasmissivi caratteristici delle fibre

monomodali che rappresentano la assoluta maggioranza

della rete mondiale in fibra ottica.

Le fibre ottiche monomodali sono guide d’onda in

grado di propagare una sola configurazione di campo: il

modo fondamentale HE11 o LP01; il loro vantaggio più

evidente, rispetto alle multimodali, è quindi l’assenza

della dispersione intermodale; quanto alla dispersione

intramodale, essa può essere annullata ad una specifica

lunghezza d’onda. Questo può portare a enormi capacità

di trasmissione, con bande trasmissibili di diverse

migliaia di GHz per chilometro di fibra [1]. Anche per

ciò che riguarda l’attenuazione, le fibre monomodo si

mostrano migliori di quelle multimodo; infatti, essendo

richiesta una minore apertura numerica e un nucleo più

piccolo, occorre un drogaggio minore degli strati interni,

durante la fabbricazione. Questo significa in generale

che si hanno minori perdite, non solo perché il drogante

può introdurre ulteriori attenuazioni, ma anche perché il

(*) dott. Pietro Di Vita - CSELT - Torino; dott.ssa Vincenza Lisi -

Università di Torino - Torino; ing. Mauro Giaconi, ing. GaetanoVespasiano - SSGRR - L’Aquila

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d 2 E

dr 2+

1

r

dE

dr + s(r )V 2 − w 2 −

ν2

r 2

E = 0 , (2)

dove ν è il numero quantico azimutale, w è legato alla

costante di propagazione longitudinaleβe la definizione

della frequenza normalizzata V è stata generalizzata,

per fibre con profilo non a gradino, come segue:

V =2πλ

aA . (3)

Ciascun modo LP νd

è individuato da una coppia di

valori di νew, che assicurano l’esistenza di una soluzione

non nulla della (2), soddisfacente alle condizioni al

contorno. Queste ultime sono:

a) regolarità del campo per r =0;

b) decadimento a 0 del campo per r →∞ sufficientemente

rapido, in modo da garantire un contenuto energetico finito;

c) continuità della derivata logaritmica del campo

all’interfaccia nucleo-mantello, ovvero per r =1.L’ultima condizione deriva dall’imporre l’esistenza di

una soluzione non nulla delle equazioni risultanti dalla

continuità delle componenti tangenziali del campo

elettrico all’interfaccia nucleo-mantello; ciò è sufficiente

a garantire un’analoga continuità anche per le componenti

del campo magnetico, nel caso di debole guidanza.

2.1 Lunghezza d’onda di taglio teorica

La tabella 1 mostra la composizione dei modi

linearmente polarizzati in termini di modi semplici. Ad

esempio il primo modo di ordine superiore LP11 è una

combinazione dei modi TE01, TM01, HE21, mentre il

modo fondamentale LP01 si compone del solo modo

HE11. Si noti tuttavia che ciascuno dei modi ibridi (EH

oppure HE) corrisponde in effetti a N =2 modi distinti,

ciascuno caratterizzato da una delle due possibili

polarizzazioni lineari incrociate, e quindi N =2 per LP01

mentre N =4 per LP11.

Come già detto un importante parametro per

caratterizzare le fibre monomodo è la lunghezza d’onda

di taglio λc del primo modo di ordine superiore, e cioèdel modo LP11. Essa si deduce dalla corrispondente

frequenza normalizzata di taglio V 11T ricavata dalla (3):

così le stringenti tolleranze per questo tipo di fibra. Per

ciò che riguarda il secondo problema, si è ritenuto

conveniente caratterizzare la fibra attraverso alcuni

parametri globali, semplici da misurare e tuttavia

significativi dal punto di vista delle applicazioni. A

parte l’attenuazione, la cui tecnica di misura non è

sostanzialmente diversa da quella delle fibre multimodo,

sono tre i parametri con cui si caratterizza la fibra:- la lunghezza d’onda di taglio del modo di ordine

superiore, che pone un limite inferiore (in termini di

lunghezze d’onda) all’intervallo spettrale di

utilizzazione della fibra;

- il raggio del campo modale, il cui valore permette di

valutare importanti quantità come le perdite per

microcurvature (perdite di cablaggio) e le perdite ai giunti;

- la dispersione cromatica, che permette di valutare

la distorsione dell’impulso in funzione delle

caratteristiche spettrali della sorgente.

I limiti trasmissivi imposti dalla natura dispersiva

della fibra possono essere superati sfruttando unodegli effetti di non linearità che si realizzano in fibra

quando l’intensità della radiazione è sufficientemente

elevata. Infatti, quando gli impulsi hanno forma

opportuna ed una potenza di picco adeguata, è possibile

compensare l’effetto di allargamento temporale degli

impulsi dovuto a dispersione lineare del mezzo: si

parla in questo caso di solitoni. Nella parte finale

dell’articolo vengono chiarite le ipotesi che rendono

possibile la produzione di solitoni in fibra, vengono

presentate le classi di solitoni possibili con le rispettive

caratteristiche, vengono illustrate le applicazioni

proposte ed i risultati raggiunti.

2. Taglio del modo superiore

Nel seguito si indica con E la componente trasversa del

campo elettrico associato ai modi HE ν+1,d e EH ν–1,d; nel

caso di debole guidanza (ovvero di piccola differenza

percentuale tra l’indice di rifrazione del mantello ed il valore

massimo dell’indice di rifrazione nel nucleo), questi

degenerano in un unico modo, denominato LP νd [1]. La

coordinata radiale r si intende normalizzata al raggio adelnucleo, e si introduce inoltre la funzione profilo s(r ) così

definita:

s r ( ) =n

2r ( ) − n1

2

A 2, r < 1

0, r ≥ 1

(1)

dove n1 è l’indice di rifrazione (uniforme) del

mantello, ed A = n2

0( ) − n12 è l’apertura numerica

massima della fibra. Per la funzione s(r ) vale la

proprietà s(r )≤1 per r <1.

Con tali assunzioni l’equazione del campo (cfr. (38)in [1]) si può così riscrivere:

Tabella 1 Composizione dei modi linearmente

polarizzati e numero di modi semplicicomponenti

Modo LP Modi componenti # modi, N

LP0p HE1p 2

LP1p TE0p - TM

0p - HE2p 4

LPqp EHq -1,p - HEq +1,p 4

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14 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

λc =2πV 11

T aA . (4)

La condizione di taglio si ha quando w=0 (cfr. § 3.1.6

in [1]), cioè quando la costante di propagazione

longitudinale eguaglia il numero d’onda nel mantello:

β = 2πλ

n1 . Quindi V 11T si può ottenere come il primo

autovalore della seguente equazione differenziale

(ricavata dalla (2) per w=0 e ν=1):

d 2 E

dr 2

+1

r

dE

dr + s(r )V

2 −1

r 2

E = 0. (5)

Si indichi con E 1 la soluzione della (5) all’interno del

nucleo, ovvero per r <1, e con E 2 quella per r >1 (e quindi

s(r )=0). In Appendice A viene mostrato che la condizione

al contorno b) implica

E 2 (r ) =h

r , (6)

con h costante arbitraria. Si noti che tale tipo di campo

ha un contenuto energetico infinito (come si vede

integrando su tutto il piano trasverso tale E 2(r )), quindi

non si tratta di un modo guidato. Ciò non deve

meravigliare perché il modo è al taglio. Per quanto

riguarda la soluzione della (5) nel nucleo, imponendo la

condizione al contorno c), si ha:

1

E 1 r ( )

dE 1 r ( )

dr r =1

=1

E 2 r ( )

dE 2 r ( )

dr r =1

= −1. (7)

Moltiplicando la (5) per r , integrando tra 0 e 1, ed

applicando la (7), si ottiene:

V 11T = E 1 1( ) +

E 1(r )

r dr

0

1

s(r ) E 1(r )rdr

0

1

1

2

. (8)

Questa non è una soluzione esplicita per V 11T in quanto

E 1(r ), essendo soluzione della (5), contiene anche V 11T . Si

possono però tentare attraverso la (8) delle soluzioni

approssimate soddisfacenti, rappresentando E 1(r ) con

funzioni semplici, ma realistiche, che soddisfino la proprietà

(7). In Appendice B si mostra come determinare una soluzione

approssimata della (5) per 0≤r <1, mediante uno sviluppo

in serie di Taylor del campo elettrico E 1(r ), sfruttando lecondizioni al contorno a) e c): il risultato è: E 1(r )≈3r -2r 2, che

fornisce la seguente espressione di λc (eq. (4) e (8)):

λc =2π

3aA s(r ) 3 − 2r ( )

0

1

∫ r 2

dr

1

2

. (9)

Questa equazione dà errori inferiori al 2% per profili

convenzionali. Si nota in particolare che λc è direttamenteproporzionale al raggio del nucleo, alla apertura numerica

massima e dipende in una certa misura dal valore

sotteso dalla funzione profilo. Questo significa che nel

progetto di fibre monomodo si può operare su tutti e tre

questi parametri per ottenere il valore opportuno di λc.

2.2 Lunghezza d’onda di taglio efficace

Per λ>λc il modo LP11 non è più guidato: ciò

significa che quando viene eccitato subisce perdite per

irradiazione. Il valore della costante di perditaγ 11 è tantomaggiore quanto più λ è maggiore di λc; mentre, per λsufficientemente prossimo a λc, la costante di perdita

può essere così bassa da far sì che il modo sia

effettivamente presente in misura apprezzabile. Stando

così le cose, e desiderando che il contributo del modo

LP11 sia trascurabile, si preferisce definire una lunghezza

d’onda di taglio efficace λce tale che per λ maggiore di

λce il modo LP11 sia effettivamente trascurabile rispetto

al modo fondamentale LP01.

Detti E11 ed E01 i valori di energia dei due modi, in

una qualunque sezione della fibra si ha:

E01 z( ) = E01 0( )e−γ 01 z ; E11 z( ) = E11 0( )e

−γ 11 z . (10)

La frazione di energia presente nel modo LP01 in una

data sezione della fibra può essere espressa come:

η =E01

E01 + E11

. (11)

Dalla (10) si vede che in z si ha (essendo γ 01<<γ 11):

η = 1 + η0−1 − 1( )e

− γ 11 z[ ]−1

, (12)

dove η0 è il valore di η all’ingresso della fibra ( z=0) e,

se i modi sono egualmente eccitati (ad esempio tramite

una sorgente che illumini in maniera uniforme tutta la

superficie del nucleo) si ha: η0≈1/3; infatti il modo

LP11, essendo composto da quattro modi semplici

(Tab. I), ha energia doppia rispetto al modo LP01. La

quantità η di (12) dipende da λ attraversoγ 11; essa vale

η0 perλ=λc e gradualmente cresce con lambda tendendoasintoticamente a 1 e solo allora la fibra è effettivamente

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monomodo. Quindi λce si definisce come quel valore

di λ per cui la curva η(λ) vale una quantità prefissata

prossima a 1, detta ηc (per esempio ηc=0.98), in modo

che per λ>λce il contributo del modo LP11 risulti

effettivamente trascurabile. Imponendo questa

condizione nella (12), si ottiene:

γ 11 λce( ) =1

zln

η0−1 −1

ηc−1 −1

. (13)

La (13) tuttavia non definisce univocamente la

lunghezza d’onda di taglio efficace λce, a meno che non

si specifichino la lunghezza della fibra z e, soprattutto, le

condizioni di curvatura della stessa. Infatti, i modi vicini

alla propria condizione di taglio soffrono maggiormente

per perturbazioni esterne, quali sono appunto le curvature.

Per il modo LP11 le considerazioni precedenti si possono

riassumere nella seguente legge empirica:

γ 11 λ( ) =1

ze

−C λ−λ c( )2

− 1

, (14)

dove il parametro C definisce proprio la sensibilità della

fibra alle curvature (il suo valore dipende, tra l’altro, dal

profilo d’indice). Per questo motivo λce è definita in

condizioni standard (per esempio z=2m e curvatura di

raggio l4cm). In pratica si riscontrano differenze traλce

e λc di 100nm o più. La lunghezza d’onda di taglio cui

bisogna fare riferimento nel progetto di fibre monomodo

è ovviamente λce piuttosto che λc.

2.3 Taglio del modo fondamentale

Per le fibre con profilo d’indice a mantello continuo

(matched-cladding) [1] la frequenza normalizzata di

taglio del modo fondamentale è teoricamente nulla.

Tuttavia, all’aumentare della lunghezza d’onda la

distribuzione di campo del modo penetra sempre più

profondamente nel mantello con un aumento delle

perdite per micro e macrocurvature. Quindi, sebbene il

valore teorico della lunghezza d’onda di taglio delmodo LP01 sia infinito, si deve concludere che anche per

il modo fondamentale esiste una lunghezza d’onda di

taglio efficace. Se poi l’indice di rifrazione in parte del

nucleo è minore rispetto al valore nel mantello, allora

anche la lunghezza d’onda di taglio teorica può essere

finita, si può dimostrare che ciò avviene quando [2,3]

s(r )rdr < 0

0

1

∫ , (15)

che corrisponde ad un valore dell’indice di rifrazionemedio nel nucleo minore rispetto a quello nel mantello.

3. Raggio modale

E’ preferibile caratterizzare i parametri dimensionali

delle fibre monomodo attraverso proprietà legate alla

propagazione, anziché attraverso quantità ottico-

geometriche (quale il raggio del nucleo). Il vantaggio di

questa scelta è doppio: i parametri così definiti sono più

facili da valutare e inoltre permettono una applicazioneimmediata nella previsione delle prestazioni trasmissive

(perdite di accoppiamento e per curvatura, dispersione

di guida, etc.). In particolare è utile disporre di un

parametro che definisca, con il suo valore, la

distribuzione di ampiezza del campo nel nucleo e nel

mantello della fibra. Per il modo fondamentale di una

fibra con profilo d’indice a gradino l’andamento del

campo risulta (cfr. (46), (48) in [1]):

E r ( ) ∝ J 0 ur ( ), r < 1

E r ( ) ∝ K 0 wr ( ), r > 1

(16)

dove J 0(.) e K 0(.) sono rispettivamente la funzione di

Bessel di prima specie e la funzione di Bessel modificata

di seconda specie e si ricorda che (cfr. (46)÷(52) [1]):

u = a k 2n 02 − β2

w = a β2 − k 2

n12

V 2 = u

2 + w2

(17)

e si è poston0=n(0) e k =numero d’onda nel vuoto=2π / λ(1).

Tuttavia la distribuzione radiale del campo dipende,

oltre che dalla lunghezza d’onda della luce (tramite u e

w), dall’effettivo andamento dell’indice di rifrazione

nella fibra. Poiché si stanno considerando le fibre

monomodali, e poiché la propagazione del modo

fondamentale è molto simile a quella di un fascio

gaussiano, si può pensare di utilizzare una funzione

gaussiana per approssimare l’effettiva distribuzione di

ampiezza:

E r ( ) ≈ E 0exp - r w g( )2

. (18)

In questo caso quindi si definisce raggio modale

(gaussiano) il valore del parametrowg che meglio adatta

la distribuzione (18) a quella effettiva. Ciò corrisponde

a determinare il raggio modale della distribuzione di

campo gaussiana che, eccitando la fibra, accoppia la

massima potenza nel modo fondamentale. Assumendo

valida la (18), wg è la distanza dall’asse della fibra per

(1) Si noti che la medesima quantità è stata indicata con k V

in [1].

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cui l’ampiezza del campo è 1/ e≈0.37 e la sua intensità

è 1/ e2≈0.135 del corrispondente valore sull’asse.

La distribuzione radiale del campo è rigorosamente

gaussiana solo per il modo fondamentale di una fibra con

profilo d’indice interamente parabolico (anche nel

mantello), mentre non lo è mai per le fibre monomodali

con mantello omogeneo. Peraltro, il decadimento del

campo nel mantello è espresso da una funzione di Besselmodificata di seconda specie (vedi le (16)), quindi una

approssimazione gaussiana tende a sottostimare il campo

evanescente nel mantello. Inoltre questa approssimazione,

che è buona in prossimità della lunghezza d’onda di

taglio del modo LP11, diventa meno accurata all’aumentare

della lunghezza d’onda. Si può comprendere allora come

alla definizione appena proposta per il raggio modale sia

opportuno affiancarne delle altre, che meglio descrivono

il comportamento della fibra in riferimento ad alcuni dei

fenomeni propagativi.

A prescindere dalla definizione adottata, la

determinazione operativa del raggio modale si poggiasulla rilevazione sperimentale della distribuzione di

intensità del campo guidato dalla fibra. Se tale rilevazione

viene effettuata da un punto molto vicino alla faccia

estrema della fibra si parla di campo vicino (near-field ),

si è invece in condizione di campo lontano ( far-field )

quando la distanza R del punto da cui si valuta l’intensità

luminosa dall’estremità della fibra è R >> w g2 / λ .

Naturalmente la distribuzione di intensità è proporzionale

alla distribuzione radiale di potenza nella fibra, ed è

quindi di immediata comprensione la definizione di

raggio modale di near-field come [4]:

w n =

r 2 E 2 r ( )rdr

0

E 2

r ( )rdr

0

1/ 2

. (19)

Grazie al fattore di normalizzazione a denominatore,

che è proporzionale alla potenza in uscita dalla fibra, wn

è lo scarto quadratico medio della distribuzione radiale

di intensità. Si noti che la (19) ricorda, per analogia, la

definizione del momento d’inerzia di una trave cilindrica

non omogenea che avesse come densità specifica

l’intensità quadratica del campo.

Quando R >> w n2

/ λ , cioè in condizioni di campolontano, si devono considerare gli effetti della

propagazione in spazio libero. Adottando un sistema di

coordinate ( R,θ) come mostrato in figura 1, si può

introdurre il concetto di intensità di campo lontano

| E f ( R, p)|2(dove p=ksinθ), che rappresenta la distribuzione

angolare della potenza in uscita dalla fibra monomodo.

Se si introduce la trasformata di Hankel di E(r) :

˜ E p( ) = E r ( )0

∫ J 0 rp( )rdr . (20)

L’ampiezza di campo lontano E f ( R, p) è legata alladistribuzione di campo vicino E (r ) dalla [5]:

E f R, p( ) =ik

Re− ikR ˜ E p( ) . (21)

Si noti che, poiché la distribuzione di campo vicino

per il modo fondamentale della fibra è a simmetria

cilindrica, la distribuzione di campo lontano non dipende

dall’angolo azimutale. La quantità ˜ E 2

p( ) è misurabile

e rappresenta la distribuzione angolare di potenza in

uscita dalla fibra monomodale(2).

Per quanto detto in precedenza, le distribuzioni di

campo vicino e di campo lontano costituiscono una

coppia di trasformate di Hankel, e per le proprietà della

trasformata un’ampia apertura del campo (vicino) dà

luogo ad un fascio irradiato molto stretto, e viceversa.

Pertanto, considerando che la larghezza angolare del

fascio irradiato è limitata ed è approssimabile con

l’inverso della sua larghezza radiale, è possibile definire

un raggio modale di campo lontano come [6]:

Figura 1 Distribuzione di campo lontano di una fibra ottica

distribuzione dicampo vicino distribuzione di

campo lontanoR

θ

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3

3.5

4

4.5

5

5.5

6

1.6 1.65 1.7 1.75 1.8 1.85 1.9 1.95 2

frequenza normalizzata, V

wn

wg

wf

r a g g i o m o d a l e ( µ m )

frequenza normalizzata, V

Figura 2 Variazione del raggio modale w g (vd. (18)), w n (vd. (19)) e w f (vd. (24)) in funzione della frequenza normalizzata

(2) Le (20) e (21) stabiliscono un’analogia col campo irradiato

da un’antenna ad apertura, per la quale si ha:

E ( p,φ' ) = a2 f (r ,φ' )exp iprcos(φ − φ' )( )0

1

∫ rdrd φ'0

∫ dove a è il raggio esterno dell’apertura; r è la distanza radialenormalizzata ad a ; p =(2πasin θ)/ λ, come già assunto inprecedenza; f (r ,φ’) è la distribuzione di campo normalizzatasull’apertura. Le forme dell’apertura più semplici da valutaresono quelle nelle quali la distribuzione è indipendente dallacoordinata angolare φ’, ma dipende solo da r . In questo casoil campo diventa:

E ( p) = 2πa2 f (r ) J 0 ( pr )rdr 0

1

Nel caso di distribuzione costante si ottiene

E ( p) = 2πa2 J 1( p)

p

e soprattutto

w f =

dE

dr

2

rdr

0

E 2(r )rdr

0

−1

2

. (24)

Quest’ultima definizione viene spesso citatacome raggio modale di Petermann II [7,8] (per

distinguerla dalla definizione (19) detta pertanto

raggio modale di Petermann I [4]), e risulta

estremamente utile per stimare la dispersione di

guida di una fibra monomodale, come verrà

illustrato nel seguito.

Per i profili d’indice usualmente utilizzati e per

le normali lunghezze d’onda di esercizio, il raggio

modale è maggiore del raggio del nucleo della

fibra; si può peraltro dimostrare che è sempre:

w n ≥ w g ≥ w f , (25)

essendo valida l’eguaglianza solo per distribuzioni

gaussiane di E (r ) e di ˜ E ( p) . In figura 2 è riportato

l’andamento del raggio modale, a seconda della

definizione adottata, in funzione della frequenza

normalizzata V . Se il profilo di indice di rifrazione

del nucleo non è troppo irregolare, l’ipotesi

gaussiana è abbastanza plausibile e quindi wn≈w f .

Se invece, per il profilo particolare che si sta utilizzando,

i raggi modali wn e w f sono alquanto differenti, la

definizione gaussiana consente comunque di

determinare un valore intermedio wg.

w f =

p2 ˜ E 2 ( p) pdp

0

˜ E 2( p) pdp

0

−1/ 2

. (22)

Peraltro, per la relazione esistente tra E (r ) ed ˜ E ( p) ,

è possibile esprimere wn in funzione di ˜ E ( p) e w f infunzione di E (r ). Si può infatti dimostrare che valgono

le seguenti relazioni [6]:

w n =

d E

dp

2

pdp

0

˜ E 2( p) pdp

0

1/ 2

(23)

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18 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

4. Perdite di accoppiamento

La perdita di potenza che si può avere nell’accoppiamento

tra due fibre ottiche può ricondursi a differenze strutturali

o ad errori di posizionamento geometrico quali: il

disassamento laterale, il disallineamento angolare, la

separazione assiale tra le fibre.

Si considerino due fibre monomodo affacciate inmodo che la prima ecciti del campo elettromagnetico

nella seconda (sono indicati con i pedici 1 e 2 le quantità

pertinenti alle due fibre). Indicando con W 1 e W 2 la

potenza guidata dal modo fondamentale LP01 in ciascuna

delle due fibre, l’efficienza dell’accoppiamento

realizzato può essere definita come:

Λ = W 2 W 1 . (26)

Si consideri poi il campo elettromagnetico Ei ,Hi( ) ,

i=1,2, rappresentativo delmodo fondamentale nelle due

fibre, normalizzato in maniera tale che sia:

1

2r

0

∫ dr d ψ Ei × Hi* • zi

0

∫ = 1, i = 1,2 (27)

dove zi è il versore che individua la direzione dell’asse di

ciascuna delle due fibre, e l’integrale si estende a tutta la

regione su cui è distribuito il campo e quindi corrisponde

all’intera superficie trasversale della fibra. Il campo che

si propaga in fibra può essere ottenuto moltiplicando il

vettore normalizzato per l’effettiva ampiezza Ai, quindi

la potenza ottica corrispondente è data da:

W i =A i

2

2, i = 1,2. (28)

In generale, si può assumere che le due estremità

di fibra da accoppiare non risultino in contatto tra

loro; per cui il campo E1 p che eccita l’ingresso della

fibra 2 e che è stato prodotto da E1 ha subito

propagazione in aria nello spazio compreso tra le due

fibre. Per le ampiezze si può scrivere quindi la

seguente relazione:

A 2 =A 1

2r

0

∫ dr d ψ E1 p

0

∫ × H2∗ • z2 ≡ A 1C . (29)

L’integrale di sovrapposizione

C =1

2r

0

∫ dr d ψ E1 p

0

∫ × H2∗ • z2 (30)

è una misura del grado di accoppiamento tra le fibre edalle relazioni precedenti si evince:

Λ = C 2

, (31)

cosicché la perdita dell’accoppiamento risulta:

L = 1− Λ = 1− C 2. (32)

Quindi, per valutare le perdite di accoppiamento, si

deve determinare il valore della (30) nei casi di interesse.Nell’ipotesi di debole guidanza (n0 edn1 molto vicini tra

loro) inoltre la (30) si semplifica nella:

C =1

2r

0

∫ dr d ψ E 1 p

0

∫ E 2∗ , (33)

dove E i rappresenta il campo scalare, normalizzato in

maniera che

12

r 0

∫ dr d ψ E i 2

0

∫ = 1, i = 1,2. (34)

4.1 Disassamento laterale

Si consideri ora il caso del disassamento laterale,

cioè quando le fibre sono a contatto tra loro, e con gli

assi paralleli, ma spostati lateralmente, e sia u il vettore

spostamento dell’asse della seconda fibra rispetto a

quello della prima. In tal caso non c’è propagazione in

aria, quindi E 1

p = E 1 , e si ha:

C =1

2r

0

∫ dr d ψ E 1(r)

0

∫ E 2 (r− u) (35)

e cioè

C = 1 −1

2r

0

∫ dr d ψ E 1(r) − E 2 (r− u)[ ]2

0

∫ . (36)

La perdita di accoppiamento per piccoli valori del

disallineamento angolare è una funzione quadratica delparametro u; infatti per una fibra con profilo d’indice

arbitrario, e purché si assuma che le fibre da accoppiare

siano identiche tra loro, sviluppando l’argomento della

(36) in serie (arrestata ai primi termini) ed indicando

con u il modulo del vettore u, si ottiene:

C ≅ 1 − πu2 dE

dr

0

∫ 2

rdr . (37)

Ricordando la definizione (24) per il raggio modale

e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore, laperdita di accoppiamento risulta infine:

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L ≅ u w f ( )2. (38)

Quindi l’entità della perdita aumenta al diminuire del

raggio modale, e all’aumentare della frequenza

normalizzata (vedi figura 2). Infatti, all’aumentare di V

cresce l’effetto di confinamento del campo nella fibra,

e quindi un eventuale errore di allineamento delle fibrecomporta immediatamente una considerevole riduzione

nell’integrale di sovrapposizione dei campi accoppiati.

4.2 Disallineamento angolare

Il disassamento laterale è di gran lunga la causa

maggiore di perdita nei giunti e connettori tra fibre

monomodo; è tuttavia interessante considerare anche il

caso di disallineamento angolare. In questo caso le fibre

non sono a contatto tra loro, si deve quindi considerare

un percorso in aria per la luce, ed i rispettivi assiformano tra loro un angolo che si può assumere sia

α<<1. Assumendo, come in precedenza, che le due

fibre siano uguali tra loro, a partire dalla (33) si può

ottenere:

L =1

2

2πa

λn i

2

α2w n

2 , (39)

dove ni è l’indice di rifrazione del mezzo interposto tra

le due fibre, a è il raggio del nucleo e wn è il raggio

modale definito con la (19). Si noti che in questo caso la

perdita cresce all’aumentare del raggio modale.

Rispetto alle perdite per disallineamento laterale ed

angolare, le perdite per separazione tra le fibre risultano

trascurabili e quindi non verranno trattate.

5. Perdite per curvatura

Al contrario di una normale coppia coassiale o di una

guida d’onda metallica, nei quali il campo elettromagnetico

è strettamente confinato da pareti metalliche, nella guida

d’onda dielettrica costituita dalla fibra il campo non è

confinato da uno schermo e si ha perdita di potenza per

irradiazione in corrispondenza di ogni discontinuità dellaguida, ad esempio nei punti di curvatura. Questo problema

è stato analizzato e definito già nei primi studi sulle fibre

per telecomunicazione [9], che hanno chiarito la natura

discreta e non continua delle perdite [10] ed hanno consentito

di separare l’effetto globale nella somma di perdite di

transizione e perdite per curvatura costante [11].

5.1 Perdite di transizione

In una fibra monomodale diritta l’asse del fascio

ottico (modo fondamentale) e quello della guidacoincidono; in una fibra curvata invece il fascio si

sposta verso l’esterno della curvatura, quindi il suo asse

non coincide più con quello della fibra. Nel piano

normale all’asse della fibra che individua la transizione

dalla fibra diritta a quella curva (figura 3), si ha quindi

un disadattamento di ampiezza tra la distribuzione del

modo fondamentale incidente dalla fibra diritta e quella

corrispondente per il modo lanciato sulla fibra curva. La

curvatura causa contemporaneamente una discontinuità

nella distribuzione di fase ed i due fatti portano

complessivamente ad una perdita per radiazione che

viene detta perdita di transizione.

Assumendo una distribuzione gaussiana a

rappresentare il campo del modo fondamentale nella

fibra, la perdita di transizione (in decibel) può essere

espressa come [12]:

Figura 3 Deformazione del campo in corrispondenzadella transizione da fibra dritta a fibra curvata

piano di transizione

distribuzionedi ampiezza fronti d'onda

vettori di

Poynting

nucleo della fibra

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20 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

at =a

R

2 w g

a

6V 4

8∆2, (40)

dove R è il raggio della curvatura che si realizza sulla fibra,

wg è il raggio modale gaussiano e ∆ = n02 − n1

2( ) 2n02 .

Esplicitando i termini contenuti nella (40) si ottiene:

at = 8π4n0

4w g

6

R2

. (41)

Il caso appena esaminato è relativamente semplice,

rispetto ad esempio a quello di transizione tra due

curvature con raggio diverso e, addirittura, giacenti su

piani diversi. Anche la trattazione di questa condizione

può essere trovata in [12].

5.2 Perdite per curvatura costante

In corrispondenza di una curvatura della fibra, il

campo subisce uno spostamento verso l’esterno che gli

consente di seguire la curvatura stessa; ne segue una

diminuzione della velocità di fase nella parte interna del

fascio ed un aumento della velocità nella parte esterna.

Le perdite per curvatura costante sono quelle subite

per radiazione di energia verso l’esterno da parte del

modo fondamentale della fibra. Il fenomeno può essere

descritto ricorrendo ad un modello corpuscolare della

luce e della sua propagazione. I fotoni che formano il

fascio di luce che si propaga lungo una fibra diritta si

trovano allineati, e si muovono con la velocità ν p=ω / βdel modo fondamentale nelle condizioni assunte. In

linea di principio si dovrebbe distinguere tra velocità di

fase e velocità di propagazione dell’energia (velocità di

gruppo), ma si consideri, in questa rappresentazione

qualitativa del fenomeno, che le due quantità coincidano

e risultino limitate superiormente ac / n1, cioè alla velocità

della luce nel mantello.

In corrispondenza della curvatura i fotoni descrivono

traiettorie circolari di raggio ρ e, per mantenersi allineati,

la loro velocità di propagazione deve crescere in

proporzione alla distanza dal centro di curvatura. Sull’asse

della fibra, cioè per ρ= R, la velocità è uguale a ν p, e si può

determinare la distanza dall’asse R+δ R per la quale essaraggiunge il suo massimo c / n1. I fotoni la cui traiettoria è

collocata nella regione ρ> R+δ R, non potendo aumentare

la propria velocità oltre il limite consentito, cessano di

essere guidati e vengono perduti per radiazione. Con

riferimento alla figura 4, e considerando la traiettoria

corrispondente all’asse della fibra e quella percorsa con

la velocità limite ammessa, si ha

Rd α =ωβ

dt

R + δ R( )d α = cn1

dt

(42)

da cui si può ricavare

δ R = Rc

n1

βω

− 1

. (43)

Per la seconda delle (17) ed assumendo β+kn1≈2kn1,

si ottiene:

δ R = Rw a( )

2

2k 2

n12

. (44)

In altri termini, per ρ> R+δ R i fronti d’onda

(corrispondenti a ciascuno dei fotoni) non ricadono

Figura 4 Determinazione della traiettoria limite per una fibra a curvatura costante

vettorevelocità

asse della fibra

traiettoria limite

ρ

δR

R

dαfotone

P

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più su un piano normale alla direzione (locale) dell’asse

della fibra; e poiché il vettore di Poynting è sempre

normale al fronte d’onda, ciò comporta l’esistenza di

un flusso di potenza che si allontana dalla fibra dando

luogo ad un decadimento esponenziale della potenza

ottica guidata. In definitiva, le perdite per curvatura

costante sono determinate dalla limitazione di velocità

stabilita dal valore c / n1 nel mantello della fibra. Per

ridurre le perdite si deve quindi limitare la parte di

campo che, in corrispondenza della curvatura, finisce

oltre il limiteδ Rdall’asse; ciò può ottenersi aumentando

la distanza critica δ R rispetto all’estensione radiale del

campo. Il progettista della fibra può realizzare questo

obiettivo migliorando il grado di confinamento della

luce in fibra alla lunghezza d’onda di riferimento,

l’utilizzatore finale invece non può far altro che

intervenire su R come suggerisce la (44).

Parametro essenziale per determinare le perdite

per curvatura è quindi la distanza critica δ R riferita

all’estensione radiale del campo, la quale potrebbe

essere espressa tramite il raggio modale (con una

delle definizioni proposte) o direttamente tramite il

rapporto w / a utilizzato nella (44). Sebbene entrambe

le soluzioni siano praticabili, la seconda ha avuto

maggior successo. L’attenuazione del modo

fondamentale per curvature (in Neper per unità di

lunghezza), nel caso di fibra con profilo d’indice a

gradino, si può determinare come [13]:

αc =1

4

πaRw

3

u

wK 1 w( )

2

exp −2 R

3k 2

n12

w

a

3

. (45)

La figura 5 mostra l’andamento dell’attenuazione

in funzione della lunghezza d’onda per alcuni valori

del raggio di curvatura. Si noti, esaminando la (45),

la dipendenza esponenziale della perdita dal raggio

di curvatura, dal raggio modale e dalla lunghezza

d’onda. Si comprende così come, al diminuire del

raggio di curvatura, le perdite siano prima trascurabili

per poi diventare rapidamente crescenti e quindi

insopportabili. E’ per questo che in alcuni casi si

caratterizza la sensibilità della fibra alle curvature tramite

un raggio di curvatura critico: quello che nelle condizioni

fissate causa un determinato valore della perdita.

5.3 Perdite per microcurvature

Quando una fibra ottica viene inserita in un cavo, può

essere soggetta a sollecitazioni che la costringono a

curvarsi. Si tratta generalmente di una serie continua di

piccole curvature che cambiano in maniera casuale lungo

la fibra e che, quindi, non possono determinarsi

esattamente. Il fenomeno, detto di microcurvatura, dipende

dal tipo di fibra, dalla distribuzione delle curvature

1/ R( z)(3) lungo l’asse della fibra e dal grado di finitura

superficiale dell’elemento di cavo nel quale la fibra viene

depositata (scanalatura o tubetto), esso può portare aperdite anche notevoli per conversione di modo.

(3) R (z ) indica il raggio di curvatura dell’asse della fibra incorrispondenza della sezione z .

10-3

10-2

10-1

100

101

102

103

104

105

106

1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 2

lun hezza d’onda um

a t t e n u a z i o n e ( d B / k m

)

8cm

5cm

2cm

Figura 5 Variazione dell’attenuazione incrementale per curvatura in funzione della lunghezza d’onda per alcuni valori delraggio costante di curvatura

a t t e n u a z i o n e ( d B / k m )

lughezza d'onda (µm)

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22 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

Per piccole curvature la fibra può essere studiata

come se fosse rettilinea, ma con la seguente legge di

variazione dell’indice di rifrazione:

nc2 (r ) = n

2 (r ) +2n1

2

Rr cosα , (46)

dove R è il locale raggio di curvatura della fibra e α èl’angolo che individua il punto lungo la curvatura (cfr.

con il riferimento della figura 4). In una fibra monomodo

a curvatura costante ed in ipotesi di debole guidanza,

una qualunque componente trasversa del campo, E c,

deve soddisfare l’equazione:

∂2 E c

∂r 2

+1

r

∂ E c

∂r +

1

r 2

∂2 E c

∂α2+ k

2nc

2 (r ) − βc2[ ] E c = 0 , (47)

connc(r ) dato dalla (46). Essendo R molto grande, si può

trattare il termine dovuto alla curvatura come una

perturbazione per l’equazione relativa alla fibra rettilinea.Applicando la teoria delle perturbazioni si trova (indicando

col pedice 0 le grandezze relative alla fibra retta):

βc = β0 e E c r ,α( ) = E 0 r ( ) + E (1) r ,α( ), (48)

con

E (1) r ,θ( ) ≈k 2n1

2

Rw n

2r cosα E 0 r ( ), (49)

dove wn è il raggio modale definito dalla (19).

Si consideri ora una fibra la cui curvatura cambi e, in

particolare, il caso di transizione dalla fibra a curvatura

costante alla fibra retta. In tal caso avverrà una conversione

di modo ed E c, che rappresenta il modo fondamentale

nella fibra a curvatura costante, travasa la sua potenza nel

modo fondamentale E 0 e nei modi irradiati della fibra

retta. L’equazione (48) suggerisce la maniera naturale in

cui ciò avviene: la parte in E 0 si trasferisce sul modo

fondamentale, la parte in E (1)va sui modi irradiati. Per cui

il campo E = E (r ,α, z) in una fibra monomodo con curvatura

variabile è espresso dall’equazione:

E = a0 ( z) E 0 (r )e− iβ0 z + a1( z) E (1) (r ,α)e

− iβ(1) z . (50)

Poiché E (1) non è un modo puro della fibra retta, ma

è una sovrapposizione di modi puri, la costante β(1) sarà

data da una media delle costanti β di tali modi. Per

ricavare β(1) si può sostituire E(1) nella (47) della fibra

retta ( R→∞), moltiplicare ancora per E(1) ed integrare su

tutta la sezione trasversale, ottenendo così:

β(1)

2

= β0

2

2

w n2 . (51)

L’andamento dei coefficienti a0( z) ed a1( z) permette

di ricavare la perdita per microcurvature, e va studiato

in maniera statistica. In particolare si può ottenere la

seguente forma della costante di perdita per

microcurvature γ m

γ m =kn1w

n2

2

Φ β0 − β(1)( ) , (52)

doveΦ(Ω) rappresenta lo spettro della media d’insieme

delle curvature, cioè:

Φ Ω( ) = lim z →∞

1

z

1

R z'( )e− iΩ z ' dz'

0

z

∫ 2

. (53)

Un comportamento tipico di Φ(Ω) è

Φ Ω( )

=A

Ω

−2 p , (54)

dove il parametro p dipende dalla statistica della

perturbazione. In particolare si ha completa scorrelazione

da punto a punto nella curvatura per p=0 e negli sforzi

laterali sulla fibra per p=2 (quest’ultimo caso è il più

realistico).

Considerando che β0 + β(1) ≈ 2kn1, dalla (51) segue

β0 − β(1) ≈ kn1w n2( )

−1, per cui risulta:

γ m =A

4kn1( )

2+ 2 pw n

2+ 4 p. (55)

Questa equazione è il risultato cercato: essa mostra che

le perdite per microcurvatura dipendono dalla fibra

attraverso il raggio modale wn, tale legge di dipendenza è

peraltro estremamente critica, infatti per p=2 la perdita è

proporzionale a w n10. Ciò pone dei vincoli di progetto

molto severi per una fibra monomodale, infatti un raggio

modale elevato comporta immediatamente perdite per

microcurvatura insopportabili.

La stima fornita dalla (55) è accettabile nel caso di fibre a

mantello continuo, per le quali si può assumere una

distribuzione gaussiana del campo. Per fibre con profilo

d’indice più articolato, ad esempio quelle a dispersionespostata o appiattita, introducendo un’ulteriore definizione di

raggio modale come [14,15]:

w ∞ =2

β02 − k

2n1

2, (56)

si può assumere [14]:

γ m =A

2

kn(0)w n( )2 kn(0)w

2 p( )

2

2 p

, (57)

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b ≈β − kn1

k n0 − n1( )(65)

e quindi la costante di propagazione longitudinale può

essere così espressa:

β = bkn 0 + kn1(1− b). (66)

Se si definisce la differenza relativa tra gli indici di

rifrazione

∆ =n0

2 − n12

2n02

≈n0 − n1

n0

≈n0 − n1

n1

(67)

e si introduce l’indice di rifrazione di gruppo

N i = n i − λdn i

d λ , i = 0,1, (68)

si può ottenere, a partire dalle (62) e tenendo conto

della (67):

τg =N 1

c1+

N 0 − N 1

N 1

d Vb( )

dV

≈N 1

c1+ ∆

d Vb( )

dV

(69)

ove si è fatto uso dell’approssimazione

n0 − n1

n1

≈N 0 − N 1

N 1

.

Derivando la (69) rispetto alla lunghezza d’onda si

ottiene la dispersione cromatica [17]:

D = M 1+ ∆d 1( ) −∆ N 1

λcVd 2 − Pd 1( ) , (70)

dove si è posto d 1 = d (Vb )

dV , d 2 = d 2 (Vb )

dV 2e si è

introdotto il coefficiente di dispersione del materiale

M =1

c

dN 1

d λ= −

λc

d 2

n1

d λ2(71)

ed il coefficiente di dispersione di profilo

P =

λ

d ∆d λ . (72)

dovew( p) è caratteristico della specifica fibra considerata

e può essere approssimato con [16]:

w p( ) ≅w ∞

3

2− p

+ p −

1

2

w ∞

w n

2

1 2 p. (58)

Per una fibra con profilo arbitrario valgono le seguenti

disuguaglianze:

w ∞2 ≥ w

2 p( ) ≥ w nw f ≥ w f

2 . (59)

Si possono quindi stabilire i limiti entro cui è compresa

la perdita per microcurvatura come:

kn1( )

2+2 p

4 Aw n

2+4 p < γ m < kn1( )

2+2 p

4 Aw n

2w ∞4 p .(60)

6. Dispersione cromatica

La dispersione cromatica è il parametro fondamentale

per caratterizzare le fibre monomodo: da essa si può infatti

valutare la distorsione dell’impulso ottico che attraversa la

fibra, e quindi la sua capacità di trasmissione di informazioni.

La dispersione cromatica D è definita come la

variazione relativa alla lunghezza d’onda, del ritardo di

gruppo per unità di lunghezza:

D =d τg

d λ. (61)

Per comprendere quali fattori influenzano D e poterla

calcolare occorre dunque partire dal ritardo di gruppo

che può essere espresso come:

τg =d βd ω

=1

c

d βdk

≈V

ck

d βdV

. (62)

E’ comodo introdurre la costante di propagazione

normalizzata

b =β2 − k

2n1

2

k 2

n02 − k

2n1

2. (63)

Assumendo l’ipotesi di fibra debolmente guidante, e

cioè

n0 ≈ n1 kn1 < β < kn 0 , (64)

la (63) può essere riscritta come

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24 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

Il secondo termine a secondo membro della (70), a

meno del differenziale implicitamente contenuto nel

fattore N 1, esprime le variazioni delle condizioni di

guidanza con la lunghezza d’onda. In particolare il

termine V d

2 (Vb )

dV 2

rappresenta le variazioni alle

condizioni di confinamento del campo nella fibra che si

registrano al variare della lunghezza d’onda (vedi fig. 2);

contemporaneamente il termine Pd (Vb )

dV tiene conto

delle variazioni che intervengono nel profilo d’indice,

nel senso che, per il diverso drogaggio, nucleo e mantello

subiscono variazioni diverse dell’indice di rifrazione

con la lunghezza d’onda e ne deriva perciò una variabilità

dell’apertura numerica della fibra.

Nel caso di fibre ottiche con profilo d’indice a gradino

e mantello continuo (matched cladding) la dispersione

di profilo è molto piccola (fig. 6) ed il termine di guida

può essere espresso esplicitamente [18]. E’ statodimostrato [7] che il termine di dispersione di guida Dw

può essere espresso come:

Dw =λ

2π2c

d

d λλ

n0w f 2

, (73)

dove w f è il raggio modale di Petermann II definito nella

(24). La (73) ribadisce quanto già asserito sulla

dispersione di guida, evidenziando la sua dipendenza

dalle condizioni di confinamento del modo fondamentale

in fibra attraverso la variabilità del raggio modale con lalunghezza d’onda.

Il primo termine a secondo membro della (70), che si

annullerebbe se l’indice di rifrazione del mantello (cfr.

(71)) non dipendesse dalla lunghezza d’onda, esprime

la dispersione di materiale. Tuttavia, come spesso accade,

i singoli effetti che determinano un fenomeno non

possono essere completamente separati tra loro. E quindi,

in questo caso, gli effetti pertinenti al materiale e quelli

derivanti invece dalle condizioni di guida non sono

completamente distinti. Ad esempio il primo termine

della (70) mostra che nel contributo di materiale coesiste

una dipendenza dalle condizioni di guida rappresentata

dal termine ∆d (Vb )

dV , in cui il fattore fa pure intervenire

il valore dell’indice di rifrazione nel nucleo della fibra.

La legge di variazione dell’indice di rifrazione del

materiale con la lunghezza d’onda può essere espressa

con le funzioni di Sellmeier, che hanno la forma:

n2(λ) = 1+

aiλ2

λ2 − λi2i∑. (74)

I parametri ai e λi sono disponibili in letteratura e

dipendono, ovviamente, dalla composizione del vetro

considerato. A titolo di esempio, in tabella II sono

riportati i parametri di Sellmeier per la silice pura e per

due diversi tenori di drogaggio con germanio [19].

Si parla di fibra monomodale standard quando, come

nel caso della figura 6, il punto di zero nella curva di

dispersione cromatica cade in corrispondenza della

seconda finestra (la regione intorno ai 1300nm). Il fatto

che questo punto di zero esista e che si collochi in una

regione spettrale nella quale l’attenuazione del vetro èrelativamente bassa è estremamente importante. Ne segue

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

25

30

35

1.2 1.25 1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 1.6

lunghezza d’onda (um)

d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )

materiale

profilo

totale

guida

lughezza d'onda (µm)

d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )

Figura 6 Curva di dispersione cromatica totale e contributi di materiale, di guida e di profilo, al variare della lunghezzad’onda, per una fibra monomodo normale

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abbia una pendenza la più piccola possibile. Ciò

corrisponde infatti a mantenere un piccolo coefficiente di

dispersione anche quando l’emissione della sorgente non

è esattamente corrispondente alla lunghezza d’onda per

cui si annulla la dispersione.

Dalla figura 6 si osserva peraltro che in terza finestra

(intorno ai 1550nm), dove l’attenuazione della fibra ha il suo

minimo assoluto, la dispersione è relativamente elevata,assumendo valori intorno ai 17-18ps/(nm km). Questo

significa che il vantaggio di utilizzare sorgenti in terza

finestra per poter sfruttare la minore attenuazione della fibra,

può essere vanificato da un vincolo stringente dovuto alla

aumentata dispersione cromatica a queste lunghezze d’onda.

Un rimedio a questa situazione può essere trovato

progettando la fibra in modo da modificare la sua curva di

dispersione cromatica, e per quanto detto a commento della

(70) si intuisce che, per modificare la curva, si deve intervenire

sulle tre componenti di dispersione che la determinano,

come mostrato ad esempio in figura 8. Rispetto ad una fibra

standard, si osserva come il punto di zero della curva didispersione risulti traslato verso la terza finestra. E’ per

questo che si parla di fibra a dispersione spostata (dispersion

shifted), volendo indicare una fibra che sia stata ottimizzata

in dispersione per l’uso in terza finestra.

In linea di principio, una fibra a dispersione spostata

potrebbe essere anche ottenuta mantenendo un profilo

d’indice a gradino con mantello continuo. Tuttavia, per

considerazioni legate essenzialmente al valore della

lunghezza d’onda di taglio e, conseguentemente, alle capacità

di confinamento del campo ed alle perdite per curvatura, si

preferisce adottare un profilo d’indice più complesso. Le

fibre a dispersione spostata che vengono oggi utilizzate in

Italia presentano un profilo d’indice triangolare nel nucleo

con un rialzo anulare esterno (figura 9) che migliora le

condizioni di confinamento del campo [20].

infatti che utilizzando sorgenti di luce che emettano in

seconda finestra si può minimizzare l’effetto dispersivo

cumulativo sul collegamento. Per comprendere questa

affermazione basta considerare la curva che esprime il

ritardo di gruppo in funzione della lunghezza d’onda(figura 7), che è quindi l’integrale della dispersione

cromatica totale rappresentata nella figura 6. La figura

mette bene in evidenza che tutte le componenti spettrali

collocate nel minimo della curva sono caratterizzate da

un valore pressoché costante del ritardo di gruppo. Al

contrario, allontanandosi dal minimo verso lunghezze

d’onda più alte o più basse si incontra una curva con

pendenza via via crescente, corrispondendo questo ad un

maggior effetto dispersivo indipendentemente dal segno

della derivata. E’ necessario quindi che in un sistema di

trasmissione su fibra ottica la sorgente emetta ad una

lunghezza d’onda il più possibile prossima a quella per

cui la curva di dispersione cromatica attraversa lo

zero. E’ inoltre importante che in corrispondenza

dell’attraversamento dello zero la curva di dispersione

a i

silice pura

0.6965325

0.4083099

0.8968766

0.004368309

0.01394999

97.93399

6.3% mol GeO2

0.7083952

0.4203993

0.8663412

0.004981838

0.01375664

97.93353

11.2% mol GeO2

0.7186243

0.4301997

0.8543265

0.0040264

0.0163247

97.93440

λi

2

Tabella 2 Coefficienti di Sellmeier per la silice pura e perdue diversi tenori di drogaggio con germanio

Figura 7 Andamento del ritardo di gruppo per unità di lunghezza, in unità arbitrarie, al variare della lunghezza d'onda

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6

lunghezza d’onda (um)

r i t a r d o d i g r u p p o ( u n . a r b . )

lughezza d'onda (µm)

r i t a r d o d i g r u p p o ( u n . a r b . )

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26 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

7. Propagazione di solitoni nelle fibre monomodali

Nel paragrafo precedente sono state esaminate le

conseguenze delle variazioni dell’indice di rifrazione

di gruppo in fibra al variare della lunghezza d’onda.

Tuttavia, quando la radiazione che attraversa la fibra

è particolarmente intensa, l’indice di rifrazione

dipende pure dall’intensità del campo, nel senso che

si può assumere:

n = n(ω) + n2 I , (75)

dove n(ω) è la parte lineare fin qui considerata, I è

l’intensità del campo ed n2 è il coefficiente di non

linearità dell’indice di rifrazione. La dipendenza

dell’indice dall’intensità di campo è nota come effetto

Kerr ottico. La velocità di risposta per l’effetto Kerr è

estremamente elevata (nell’ordine dei femtosecondi),

quindi le variazioni non lineari dell’indice di rifrazione

seguono con grande rapidità la forma dell’impulso che

le induce, per quanto questo possa essere breve; questo

significa in definitiva una oscillazione (chirp) di fase

per l’impulso in funzione della sua intensità istantanea(questo effetto viene dettoSelf Phase Modulation, SPM).

-25

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

25

1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 1.6

lunghezza d’onda (um)

d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )

materiale

profilo

totale

guida

Figura 9 Andamento dell’indice di rifrazione in funzione della distanza dall’asse per una fibra a dispersione spostata

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8

distanza radiale (um)

v a l o r e r e l a t i v o d e l l ’ i n d

i c e d i r i f r a z i o n e ( x 1 0 0 0 )

lughezza d'onda (µm)

d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )

distanza radiale (µm)

v a l o r e r e l a t i v o d e l l ' i n d i c e d i r i f r a z i o n e ( x 1 0 0 0 )

Figura 8 Curva di dispersione cromatica totale e contributi di materiale, di guida e di profilo, al variare della lunghezzad’onda, per una fibra monomodo a dispersione spostata

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Per le fibre in silice il valore di n2 è dell’ordine

di 3.2 10–16 cm2 /W, valore almeno due ordini di

grandezza inferiore rispetto alla maggior parte

dei mezzi non lineari. Ciononostante, gli effetti non

lineari in fibra possono essere osservati già a livelli di

potenza relativamente bassi per l’effetto congiunto del

valore molto piccolo del raggio modale (elevata densità

di energia in fibra) e delle perdite molto limitate (minoridi 1dB/km). In effetti la fibra ottica, rispetto ad un

materiale identico ma senza struttura guidante, presenta

un’efficienza nei processi non lineari che, alla lunghezza

d’onda di 1550nm e per un’attenuazione di 0.2dB/km,

è circa un miliardo di volte superiore [21].

A causa della dipendenza dell’indice di rifrazione

dall’intensità istantanea I (t ), dopo aver percorso la

lunghezza L di fibra l’impulso subisce un ritardo di fase

addizionale pari a:

∆φ(t ) =2πλ n2 LI (t ) . (76)

Derivando l’espressione precedente rispetto al tempo

si può evidenziare come l’effetto di modulazione di fase

causato dall’impulso su se stesso possa essere visto come

modulazione di frequenza indotta dall’impulso (chirp):

∆ω(t ) = −d ∆φ

dt = −

2πλ

n2 LdI (t )

dt . (77)

Il coefficiente n2 è positivo nella silice, quindi in

corrispondenza dei fronti di salita e di discesa

dell’impulso si avrà, rispettivamente, uno spostamento

verso l’alto e verso il basso della lunghezza d’onda.

Se, a questo punto, si utilizza sul collegamento una

lunghezza d’onda che risulti maggiore di quella per cui

la dispersione cromatica si annulla, cioè in una regione

dove le lunghezze d’onda maggiori sono più lente di

quelle minori, l’effetto congiunto di dispersione e non

linearità tendono a comprimere la durata dell’impulso

[22]. In effetti nel seguito viene dimostrato che, se

l’impulso soddisfa a determinate condizioni (forma ed

intensità dell’impulso adeguate), è possibile che

l’effetto di non linearità compensi esattamentel’allargamento lineare dovuto a dispersione, e si parla

in questo caso di solitone.

La costante di propagazione di fase del modo

fondamentale può essere sviluppata in serie di Taylor

nell’intorno della frequenza di emissione della sorgente:

β(ω) = β0 + (ω − ω0 )β1 +(ω − ω0 )2

2β2 +

+(ω − ω0 )3

6β3 +.. .

(78)

dove si intende

βn =d nβd ω n

ω =ω 0

. (79)

Il termine cubico e quelli successivi nella (78) sono

trascurabili se la larghezza spettrale della sorgente risulta

∆ω<<ω0, tuttavia, in corrispondenza dell’annullarsi della

dispersione cromatica (β2≅0) il termine cubico deveessere considerato.

Assumendo che la sorgente sia quasi monocromatica,

come appena detto, e che la larghezza degli impulsi

sia maggiore di 0.1ps, l’evoluzione dell’inviluppo

d’ampiezza A( z.t ) degli impulsi stessi lungo una fibra

monomodale può essere descritta dalla [21]:

∂ A

∂ z+ β1

∂ A

∂t +

i

2β2

∂2 A

∂ z2

+α2

A = iγ A2 A , (80)

dove il coefficiente di non linearità γ è definito come:

γ =n2ω0

cA eff

. (81)

Il parametro Aeff è detto area efficace del nucleo e,

assumendo una distribuzione gaussiana per il campo del

modo fondamentale, risulta:

A eff = πw g2 . (82)

La (80) tiene conto dell’attenuazione della fibra

attraverso α, della dispersione cromatica attraverso β1

eβ2,e delle non linearità attraverso γ . Circa il significato

fisico dei coefficienti di dispersione cromatica è facile

verificare che

β1 = τg = 1 v g e β2 = −λ2

2πc D , (83)

doveτg e Dhanno il consueto significato, rispettivamente,

di ritardo di gruppo per unità di lunghezza e di dispersione

cromatica (in ps/(nm⋅km))Al di sopra della lunghezza d’onda λz per la quale

la dispersione cromatica si annulla si ha β2<0 (figure

6 e 8) e si parla di regione a dispersione anomala. Se si

adotta un sistema di riferimento che si muova lungo la

fibra con la velocità vg, e quindi la trasformazione

T = t − z v g = t − β1 z (84)

e se si assume α=0, la (80) diventa:

i

∂ A

∂ z =1

2 β2

∂2 A

∂T 2 − γ A2

A . (85)

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28 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

u ξ, t ( ) = 2η1sech 2η1τ( )exp 2iη12ξ( ), (90)

dove il parametro η1 determina l’ampiezza del solitone.

Scegliendou(0,0)=1, cosicché si abbia 2η1=1, si ottiene

la forma canonica del solitone fondamentale, e cioè:

u ξ, t ( ) = sech τ( )exp iξ 2( ). (91)

La (91) stabilisce quindi che se un impulso sagomato

secondo una secante iperbolica, di larghezza T 0 e

potenza di picco P0 tali da realizzare la condizione

N =1 (cfr. (87)), viene lanciato in una fibra priva di

perdite, esso si propaga indistorto senza modificare la

sua forma per distanze arbitrariamente lunghe.

Si noti che dalla (87) può essere ricavato il valore

della potenza di picco necessaria a realizzare le

condizioni di esistenza del solitone. E’ bene precisare

che nel caso l’impulso sia effettivamente una secanteiperbolica risulta:

T m = 2ln 1 + 2( )T 0 ≈ 1.763T 0 , (92)

dove T m è la larghezza dell’impulso a metà altezza, che

è il valore che si usa in pratica.

Per N maggiore di 1 si parla di solitoni di ordine

superiore. Hanno un’importanza particolare quei solitoni

la cui forma iniziale sia espressa da:

u 0, t ( ) = Nsech τ( ) , (93)

dove N sia un numero intero. La potenza necessaria a

produrre un solitone di ordine N è per la (87) N 2 volte

maggiore rispetto al caso del solitone fondamentale. La

forma di un solitone di ordine superiore non si mantiene

inalterata durante la propagazione, ma oscilla

spazialmente con il periodo:

z 0 =π2

L D =π2

T 02

β2

= 0.322π2

T m2

β2

. (94)

Nella propagazione lungo la fibra di un solitone di

ordine superiore (ad esempio N =3), l’impulso

inizialmente si contrae fino ad una frazione della sua

larghezza iniziale, quindi si allarga fino a sdoppiarsi per

z= z0 /2, infine l’impulso si ricompone e si ristabilisce la

forma iniziale per z= z0. La definizione e l’espressione di

periodo del solitone hanno senso anche nel caso di

solitone fondamentale, sebbene questo non subisca

alcuna variazione di forma nella sua propagazione.

Nel caso in cui l’impulso non sia esattamente una

secante iperbolica o il livello di potenza non sia quellocorretto o infine N non sia intero, accade che la forma

La (85), che è l’equazione di Schrodinger non

lineare, esprime bene il senso di quanto è stato proposto

in questo paragrafo; nel senso che la deformazione

dell’impulso lungo la fibra dovuta a dispersione

cromatica può essere recuperata, sotto opportune

condizioni che devono ancora essere specificate, grazie

proprio all’effetto di non linearità del materiale.

Indicando con T 0 la larghezza dell’impulsoall’ingresso della fibra e con P0 la sua potenza, si

possono definire la lunghezza di dispersione Ld e la

lunghezza di non linearità Lnl come:

L d =T 0

2

β2

L nl =1

γ P0

. (86)

Questi due parametri consentono di stabilire quali

sono gli effetti prevalenti nella trasmissione di impulsi

sulla lunghezza L di fibra. Si può dimostrare infatti che

per L<< Ld, Lnl entrambi gli effetti sono trascurabili, per

Lnl< L<< Ldprevale l’effetto di non linearità, per Ld< L<< Lnl

prevale invece l’effetto dispersivo. Infine quando L è

maggiore o confrontabile con entrambi, l’effetto non

lineare e quello dispersivo coesistono e possono

determinare il desiderato effetto di compensazione

sull’allargamento degli impulsi.

A partire dalle definizioni precedenti si può ancora

introdurre il parametro:

N 2 =L d

L nl

=γ P0T 0

2

β2

. (87)

Se ora si adotta la trasformazione:

u = N A

P0

ξ =z

L d

τ =T

T 0, (88)

assumendo di operare nella regione spettrale a

dispersione anomala (β2<0), la (85) può essere riscritta

in funzione delle variabili normalizzate (88) come:

i

∂u

∂ξ +

1

2

∂2u

∂τ2 + u

2

u =0

, (89)

che è proprio la forma normale dell’equazione di

Schrodinger non lineare. Un’importante proprietà di

questa forma differenziale è che determinata una

soluzioneu(ξ,τ) anche laεu(ε2ξ,ετ) è una sua soluzione,

con ε fattore di scala arbitrario.

Per quanto detto a commento della (85), le soluzioni

della (89) esprimono proprio quelle particolari forme

d’onda che possono propagarsi nella fibra senza subire

deformazione; tali forma d’onda, per le quali l’effetto

dispersivo e quello di non linearità si compensano,

vengono dette solitoni. Nel caso di N =1 si parla disolitone fondamentale e la soluzione generale è del tipo

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Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993 29

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dell’impulso stesso evolve lungo la fibra tendendo,

asintoticamente, alla forma caratteristica (93) con un N *

uguale all’intero più vicino. Quindi, purché la potenza

di picco dell’impulso sia sufficiente, anche una forma

d’onda diversa dalla secante iperbolica (una gaussiana

o un supergaussiana o similare) può evolvere lungo la

fibra tendendo asintoticamente al solitone fondamentale;

la larghezza finale assunta dall’impulso e la distanza

necessaria dipendono dalla forma iniziale, ma

l’andamento qualitativo è quello descritto.

In figura 10 sono riassunti i casi fin qui considerati.

A sinistra, sull’asse dei tempi, è rappresentata

l’evoluzione di un impulso in regime lineare: per effetto

della dispersione cromatica l’impulso si allarga man

mano che procede lungo la fibra. Al centro invece è

riportato il caso di un solitone fondamentale, che

mantiene inalterata la sua forma nello spazio e nel

tempo. A destra è mostrata l’evoluzione di un solitone

di ordine N =3 che subisce prima una contrazione, poi

uno sdoppiamento e torna infine ad assumere la suaforma originaria.

E’ bene sottolineare che il livello di potenza necessario

a stimolare l’eccitazione di un solitone in fibra non è

affatto proibitivo. Con riferimento alla (87) si può

verificare ad esempio che per T 0=10ps, λ=1.55µm e

per una fibra monomodale a dispersione spostata la

potenza di picco risulta P0≈10mW, un valore che è già

compatibile con le sorgenti a semiconduttore oggi

disponibili. Si può considerare peraltro l’utilizzo di unamplificatore ottico in trasmissione per aumentare

ulteriormente la potenza.

La trattazione precedente è stata svolta considerando

nulla l’attenuazione della fibra, questa ipotesi è

chiaramente non realizzata; pertanto nelle prime trattazioni

si assumeva la possibilità di amplificare in maniera

distribuita lungo la linea, realizzando una cancellazione

pressoché uniforme delle perdite [23]. Tuttavia, il rapido

sviluppo degli amplificatori ottici a fibra attiva rende

plausibile la trasmissione di solitoni lungo una catena di

amplificatori ottici discreti. Ciò è effettivamente possibile

quando il passo di amplificazione è molto più piccolo delperiodo del solitone, in altri termini si deve poter assumere

che nello spazio tra due amplificazioni successive poco o

nulla possa accadere alla forma dell’impulso. Se si assume

T m=50ps ed una fibra a dispersione spostata usata in terza

finestra, il periodo del solitone risulta z0≈980km; questo

autorizza ad un passo di amplificazione di circa 100km

ed è stata dimostrata con una simulazione la possibilità di

realizzare un collegamento dell’ordine dei 9000km [24].

Per dimostrare la pratica realizzabilità della

trasmissione di solitoni l’ostacolo è costituito, tra l’altro,

dalla necessità di tratte in fibra lunghe migliaia di

chilometri. Una soluzione cui molti gruppi di ricerca

hanno fatto ricorso è quella di un anello in fibra recante

uno o più amplificatori ottici, lungo decine o qualche

centinaio di chilometri, percorso più e più volte da un

pattern predefinito. Sincronizzando opportunamente il

ricevitore è possibile controllare la qualità della

trasmissione al crescere della distanza percorsa; più

recentemente le prove sono state realizzate su tratte in

linea con passaggio singolo del segnale di test, la tabella

III riassume i risultati conseguiti con le due

configurazioni così come sono citate in [25].

8. Conclusioni

Le fibre ottiche monomodali possono essere

caratterizzate attraverso alcuni parametri fondamentali

che ne descrivono pienamente le prestazioni. Tali parametri

sono la lunghezza d’onda di taglio, il raggio modale, la

dispersione cromatica, e tutti sono stati definiti in questo

articolo e riferiti ai parametri costruttivi della fibra che

possono essere stabiliti in fase di progetto e controllati

durante la produzione o nel successivo collaudo.

Si è sottolineato, in particolare, cosa si intenda perlunghezza d’onda di taglio teorica e per lunghezza

Figura 10 Evoluzione spaziale di impulsi nel caso disolo effetto dispersivo, di solitone di ordineN =1, di solitone di ordine superiore N =3

T

Z

Tabella 3 Prestazioni dei sistemi di trasmissione basatisu solitoni, come riportate in [25]

ritmobinario(Gbit/s)

distanza(km)

configurazione gruppo di ricerca

10 180 106 anello 500km Nakazawa, NTT

2 x 10 13000 anello 77km Mollenauer, AT&T

10 20000 anello 77km Mollenauer, AT&T

20 1850 tratta reale Nakazawa, NTT

40 750 tratta reale Nakazawa, NTT

80 80 tratta reale Iwasuki, NTT

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30 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993

d’onda di taglio efficace; chiarendo come solo la seconda

possa corrispondere alla evidenza sperimentale, purché

si stabiliscano con chiarezza le condizioni di prova.

Per il raggio modale sono state proposte le diverse

definizioni che vengono correntemente assunte in

letteratura, chiarendo l’ambito nel quale ciascuna di

queste definizioni può rivelarsi più utile. In particolare

sono stati presentati gli effetti indotti sull’attenuazionedella fibra dalle curvature e la relazione che esiste tra tali

perdite ed il raggio modale appunto.

La dispersione cromatica è stata descritta nelle sue

componenti di materiale, di guida e di profilo. Sono stati

evidenziati i termini che influenzano ciascuno di questi

contributi e quindi la possibilità, intervenendo su ciascuno

di essi, di realizzare tipi diversi di fibra dal punto di vista

della dispersione, con particolare riferimento al punto di

attraversamento dello zero e quindi alla regione di minimo

della dispersione cromatica.

Per molto tempo è stato possibile descrivere la

trasmissione di luce sulla fibra considerando questa unmezzo lineare; tuttavia quando il livello di potenza cresce

oltre certi limiti è necessario considerare la dipendenza

dell’indice di rifrazione della fibra dall’intensità della

radiazione. Gli effetti non lineari che ne derivano hanno

ciascuno grande interesse nel mondo delle comunicazioni

ottiche, in particolare il cosiddetto Self Phase Modulation

consente, sotto opportune condizioni che sono state

chiarite nell’articolo, di compensare gli effetti dispersivi

della fibra. Questo apre la porta alla possibilità di

trasmettere quantità di informazione enormi a distanze

estremamente elevate, superando i limiti per dispersione,

mentre l'introduzione dell'amplificazione ottica permetterà

di superare anche il limite per attenuazione.

Appendice A

Si tratta di determinare la soluzione generale

dell’equazione (5) per r >1, ovvero della

′′ y (r ) +1

r ′ y (r ) −

1

r 2

y(r ) = 0 , r >1, (A.1)

con la condizioni al contorno a) del § 2, ovvero y(r )→0

perr →∞. Si verifica facilmente che due possibili soluzioni

particolari sono y1(r )=r e y2(r )=1/ r . Poiché il Wronskiano

W (r ) = det y1(r ) y 2 (r )

′ y1(r ) ′ y 2 (r )

= −2

r

è diverso da 0 qualunque sia r >1, ne segue che le due

soluzioni particolari sono indipendenti e che la soluzione

generale della (A.1) è esprimibile come:

y1(r ) = c1 y1(r )+c2 y2(r ) = c1r +c2 / r ,

ove c1 e c2 sono costanti arbitrarie. Imponendo ora che

questa funzione sia infinitesima per r →∞, si ricavac1=0

e quindi la soluzione cercata è proprio del tipo c2 / r .

Appendice B

La componente radiale del campo elettrico del modoLP11al taglio all’interno del nucleo è data dalla soluzione

della (5) per 0≤r <1, ovvero dalla funzione y(r ) tale che

′′ y (r ) +1

r ′ y (r ) + s(r )V

2 −1

r 2

y(r ) = 0 (B.1)

con le condizioni al contorno a) e c) del § 2,

ovvero

y(0) = limr →0+

y(r ) condizione a)

′ y (1)

y(1)= −1 condizione c)

(B.2)

La seconda delle (B.2) deriva dal fatto che la funzione

che esprime l’andamento del campo nel mantello

(proporzionale a 1/ r ) ha derivata logaritmica pari a –1

all’interfaccia nucleo-mantello, ovvero per r =1.

Moltiplicando ambo i membri della (B.1) per r 2 e

passando al limite per r →0+, si ottiene che limr →0+

y(r ) = 0 ,

e quindi y(0)=0 in virtù della prima delle (B.2). Ne segue

che, sviluppando la soluzione di (B.1), (B.2) in serie di

Taylor ed arrestandosi ai termini di secondo ordine, si

ottiene:

y(r ) ≈ ′ y (0)r +1

2′′ y (0)r 2 .

Imponendo la seconda delle (B.2), si ricava che

deve valere la 4 y’(0)+3 y’’(0)=0, ovvero y’(0)=3c e

y’’(0)=–4c, essendo c una costante arbitraria. In

definitiva, l’approssimazione cercata è:

y(r ) ≈ c(3r –2r 2) .

Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare per la loro collaborazione

a questo articolo il dott. Angelantonio Gnazzo e il dott. Diego

Roccato (entrambi dello CSELT) per aver provveduto le

figure 8 e 10, rispettivamente. Un ringraziamento particolare

all'ing. Paolo Rumboldt ed all'ing. Andrea Baiocchi, la cui

opera attenta di revisione ha consentito di migliorare la formaed il contenuto stesso dei due articoli di questa breve serie.

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Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993 31

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