Fibre Ottiche
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P. Di Vita, M. Giaconi, V. Lisi, G. Vespasiano - Fibre ottiche per telecomunicazioni: fibre monomodali
12 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993
Fibre ottiche per Telecomunicazioni:
fibre monomodali
P. Di Vita, V. Lisi, M. Giaconi, G. Vespasiano (*)
Questo articolo presenta i parametri trasmissivi caratteristici delle fibre ottiche monomodali
e la trasmissione di solitoni su fibra.
Tra i parametri caratteristici sono stati considerati la lunghezza d’onda di taglio, il raggio
modale, la dispersione cromatica. In particolare si considera l’importanza del raggio modale
ai fini della determinazione delle perdite di accoppiamento e delle perdite per curvatura della
fibra. La dispersione cromatica, legata alle caratteristiche spettrali della sorgente ottica,
viene ricondotta alla somma di tre contributi principali; viene mostrata in particolare la
dipendenza di uno di questi, la componente di guida, dal raggio modale.Vengono infine presentate la trasmissione di solitoni in fibra e le prospettive che così si
aprono nel mondo della comunicazione ottica.
mezzo trasmissivo risulta nel suo insieme più uniforme,
riducendo così il fenomeno della diffusione (dovuta a
disomogeneità su piccolissima scala).
Un ulteriore vantaggio, soprattutto sotto l’aspettodella progettazione del sistema, deriva dal fatto che tutti
i parametri di trasmissione sono univocamente
determinati. Non c’è, come nel caso delle fibre
multimodo, un’incertezza derivante dalle differenti
condizioni di eccitazione dei vari modi, o dai fenomeni
di conversione di modo che possono mutare l’andamento
della distorsione dell’impulso in funzione della
lunghezza di fibra in maniera non sempre prevedibile.
Per le fibre monomodo tale andamento è sempre lineare.
A tutti questi vantaggi va aggiunto quello non
indifferente di un costo potenzialmente più basso, perché
la fabbricazione è più rapida e non richiede un controllo
accurato sul profilo di indice di rifrazione, come nel
caso delle fibre multimodo. Vi sono però anche degli
inconvenienti, dovuti per lo più alle ridotte dimensioni
del nucleo della fibra (diametro di 5÷10µm) ed alla
piccola differenza di indice di rifrazione tra nucleo e
mantello (1÷2%). Ciò comporta maggiori problemi
nella realizzazione di giunti e connettori tra fibre, nonché
nelle misure dei parametri di caratterizzazione della
fibra. Lo sviluppo di macchine automatiche ha
praticamente risolto il primo problema: sono attualmente
realizzabili giunti e connettori che assicuranoallineamenti con precisione al micron, soddisfacendo
1. Introduzione
Le caratteristiche generali delle fibre ottiche per
telecomunicazioni sono state illustrate in un articoloprecedente [1], in questo lavoro verranno approfonditi
i parametri trasmissivi caratteristici delle fibre
monomodali che rappresentano la assoluta maggioranza
della rete mondiale in fibra ottica.
Le fibre ottiche monomodali sono guide d’onda in
grado di propagare una sola configurazione di campo: il
modo fondamentale HE11 o LP01; il loro vantaggio più
evidente, rispetto alle multimodali, è quindi l’assenza
della dispersione intermodale; quanto alla dispersione
intramodale, essa può essere annullata ad una specifica
lunghezza d’onda. Questo può portare a enormi capacità
di trasmissione, con bande trasmissibili di diverse
migliaia di GHz per chilometro di fibra [1]. Anche per
ciò che riguarda l’attenuazione, le fibre monomodo si
mostrano migliori di quelle multimodo; infatti, essendo
richiesta una minore apertura numerica e un nucleo più
piccolo, occorre un drogaggio minore degli strati interni,
durante la fabbricazione. Questo significa in generale
che si hanno minori perdite, non solo perché il drogante
può introdurre ulteriori attenuazioni, ma anche perché il
(*) dott. Pietro Di Vita - CSELT - Torino; dott.ssa Vincenza Lisi -
Università di Torino - Torino; ing. Mauro Giaconi, ing. GaetanoVespasiano - SSGRR - L’Aquila
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d 2 E
dr 2+
1
r
dE
dr + s(r )V 2 − w 2 −
ν2
r 2
E = 0 , (2)
dove ν è il numero quantico azimutale, w è legato alla
costante di propagazione longitudinaleβe la definizione
della frequenza normalizzata V è stata generalizzata,
per fibre con profilo non a gradino, come segue:
V =2πλ
aA . (3)
Ciascun modo LP νd
è individuato da una coppia di
valori di νew, che assicurano l’esistenza di una soluzione
non nulla della (2), soddisfacente alle condizioni al
contorno. Queste ultime sono:
a) regolarità del campo per r =0;
b) decadimento a 0 del campo per r →∞ sufficientemente
rapido, in modo da garantire un contenuto energetico finito;
c) continuità della derivata logaritmica del campo
all’interfaccia nucleo-mantello, ovvero per r =1.L’ultima condizione deriva dall’imporre l’esistenza di
una soluzione non nulla delle equazioni risultanti dalla
continuità delle componenti tangenziali del campo
elettrico all’interfaccia nucleo-mantello; ciò è sufficiente
a garantire un’analoga continuità anche per le componenti
del campo magnetico, nel caso di debole guidanza.
2.1 Lunghezza d’onda di taglio teorica
La tabella 1 mostra la composizione dei modi
linearmente polarizzati in termini di modi semplici. Ad
esempio il primo modo di ordine superiore LP11 è una
combinazione dei modi TE01, TM01, HE21, mentre il
modo fondamentale LP01 si compone del solo modo
HE11. Si noti tuttavia che ciascuno dei modi ibridi (EH
oppure HE) corrisponde in effetti a N =2 modi distinti,
ciascuno caratterizzato da una delle due possibili
polarizzazioni lineari incrociate, e quindi N =2 per LP01
mentre N =4 per LP11.
Come già detto un importante parametro per
caratterizzare le fibre monomodo è la lunghezza d’onda
di taglio λc del primo modo di ordine superiore, e cioèdel modo LP11. Essa si deduce dalla corrispondente
frequenza normalizzata di taglio V 11T ricavata dalla (3):
così le stringenti tolleranze per questo tipo di fibra. Per
ciò che riguarda il secondo problema, si è ritenuto
conveniente caratterizzare la fibra attraverso alcuni
parametri globali, semplici da misurare e tuttavia
significativi dal punto di vista delle applicazioni. A
parte l’attenuazione, la cui tecnica di misura non è
sostanzialmente diversa da quella delle fibre multimodo,
sono tre i parametri con cui si caratterizza la fibra:- la lunghezza d’onda di taglio del modo di ordine
superiore, che pone un limite inferiore (in termini di
lunghezze d’onda) all’intervallo spettrale di
utilizzazione della fibra;
- il raggio del campo modale, il cui valore permette di
valutare importanti quantità come le perdite per
microcurvature (perdite di cablaggio) e le perdite ai giunti;
- la dispersione cromatica, che permette di valutare
la distorsione dell’impulso in funzione delle
caratteristiche spettrali della sorgente.
I limiti trasmissivi imposti dalla natura dispersiva
della fibra possono essere superati sfruttando unodegli effetti di non linearità che si realizzano in fibra
quando l’intensità della radiazione è sufficientemente
elevata. Infatti, quando gli impulsi hanno forma
opportuna ed una potenza di picco adeguata, è possibile
compensare l’effetto di allargamento temporale degli
impulsi dovuto a dispersione lineare del mezzo: si
parla in questo caso di solitoni. Nella parte finale
dell’articolo vengono chiarite le ipotesi che rendono
possibile la produzione di solitoni in fibra, vengono
presentate le classi di solitoni possibili con le rispettive
caratteristiche, vengono illustrate le applicazioni
proposte ed i risultati raggiunti.
2. Taglio del modo superiore
Nel seguito si indica con E la componente trasversa del
campo elettrico associato ai modi HE ν+1,d e EH ν–1,d; nel
caso di debole guidanza (ovvero di piccola differenza
percentuale tra l’indice di rifrazione del mantello ed il valore
massimo dell’indice di rifrazione nel nucleo), questi
degenerano in un unico modo, denominato LP νd [1]. La
coordinata radiale r si intende normalizzata al raggio adelnucleo, e si introduce inoltre la funzione profilo s(r ) così
definita:
s r ( ) =n
2r ( ) − n1
2
A 2, r < 1
0, r ≥ 1
(1)
dove n1 è l’indice di rifrazione (uniforme) del
mantello, ed A = n2
0( ) − n12 è l’apertura numerica
massima della fibra. Per la funzione s(r ) vale la
proprietà s(r )≤1 per r <1.
Con tali assunzioni l’equazione del campo (cfr. (38)in [1]) si può così riscrivere:
Tabella 1 Composizione dei modi linearmente
polarizzati e numero di modi semplicicomponenti
Modo LP Modi componenti # modi, N
LP0p HE1p 2
LP1p TE0p - TM
0p - HE2p 4
LPqp EHq -1,p - HEq +1,p 4
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λc =2πV 11
T aA . (4)
La condizione di taglio si ha quando w=0 (cfr. § 3.1.6
in [1]), cioè quando la costante di propagazione
longitudinale eguaglia il numero d’onda nel mantello:
β = 2πλ
n1 . Quindi V 11T si può ottenere come il primo
autovalore della seguente equazione differenziale
(ricavata dalla (2) per w=0 e ν=1):
d 2 E
dr 2
+1
r
dE
dr + s(r )V
2 −1
r 2
E = 0. (5)
Si indichi con E 1 la soluzione della (5) all’interno del
nucleo, ovvero per r <1, e con E 2 quella per r >1 (e quindi
s(r )=0). In Appendice A viene mostrato che la condizione
al contorno b) implica
E 2 (r ) =h
r , (6)
con h costante arbitraria. Si noti che tale tipo di campo
ha un contenuto energetico infinito (come si vede
integrando su tutto il piano trasverso tale E 2(r )), quindi
non si tratta di un modo guidato. Ciò non deve
meravigliare perché il modo è al taglio. Per quanto
riguarda la soluzione della (5) nel nucleo, imponendo la
condizione al contorno c), si ha:
1
E 1 r ( )
dE 1 r ( )
dr r =1
=1
E 2 r ( )
dE 2 r ( )
dr r =1
= −1. (7)
Moltiplicando la (5) per r , integrando tra 0 e 1, ed
applicando la (7), si ottiene:
V 11T = E 1 1( ) +
E 1(r )
r dr
0
1
∫
s(r ) E 1(r )rdr
0
1
∫
1
2
. (8)
Questa non è una soluzione esplicita per V 11T in quanto
E 1(r ), essendo soluzione della (5), contiene anche V 11T . Si
possono però tentare attraverso la (8) delle soluzioni
approssimate soddisfacenti, rappresentando E 1(r ) con
funzioni semplici, ma realistiche, che soddisfino la proprietà
(7). In Appendice B si mostra come determinare una soluzione
approssimata della (5) per 0≤r <1, mediante uno sviluppo
in serie di Taylor del campo elettrico E 1(r ), sfruttando lecondizioni al contorno a) e c): il risultato è: E 1(r )≈3r -2r 2, che
fornisce la seguente espressione di λc (eq. (4) e (8)):
λc =2π
3aA s(r ) 3 − 2r ( )
0
1
∫ r 2
dr
1
2
. (9)
Questa equazione dà errori inferiori al 2% per profili
convenzionali. Si nota in particolare che λc è direttamenteproporzionale al raggio del nucleo, alla apertura numerica
massima e dipende in una certa misura dal valore
sotteso dalla funzione profilo. Questo significa che nel
progetto di fibre monomodo si può operare su tutti e tre
questi parametri per ottenere il valore opportuno di λc.
2.2 Lunghezza d’onda di taglio efficace
Per λ>λc il modo LP11 non è più guidato: ciò
significa che quando viene eccitato subisce perdite per
irradiazione. Il valore della costante di perditaγ 11 è tantomaggiore quanto più λ è maggiore di λc; mentre, per λsufficientemente prossimo a λc, la costante di perdita
può essere così bassa da far sì che il modo sia
effettivamente presente in misura apprezzabile. Stando
così le cose, e desiderando che il contributo del modo
LP11 sia trascurabile, si preferisce definire una lunghezza
d’onda di taglio efficace λce tale che per λ maggiore di
λce il modo LP11 sia effettivamente trascurabile rispetto
al modo fondamentale LP01.
Detti E11 ed E01 i valori di energia dei due modi, in
una qualunque sezione della fibra si ha:
E01 z( ) = E01 0( )e−γ 01 z ; E11 z( ) = E11 0( )e
−γ 11 z . (10)
La frazione di energia presente nel modo LP01 in una
data sezione della fibra può essere espressa come:
η =E01
E01 + E11
. (11)
Dalla (10) si vede che in z si ha (essendo γ 01<<γ 11):
η = 1 + η0−1 − 1( )e
− γ 11 z[ ]−1
, (12)
dove η0 è il valore di η all’ingresso della fibra ( z=0) e,
se i modi sono egualmente eccitati (ad esempio tramite
una sorgente che illumini in maniera uniforme tutta la
superficie del nucleo) si ha: η0≈1/3; infatti il modo
LP11, essendo composto da quattro modi semplici
(Tab. I), ha energia doppia rispetto al modo LP01. La
quantità η di (12) dipende da λ attraversoγ 11; essa vale
η0 perλ=λc e gradualmente cresce con lambda tendendoasintoticamente a 1 e solo allora la fibra è effettivamente
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monomodo. Quindi λce si definisce come quel valore
di λ per cui la curva η(λ) vale una quantità prefissata
prossima a 1, detta ηc (per esempio ηc=0.98), in modo
che per λ>λce il contributo del modo LP11 risulti
effettivamente trascurabile. Imponendo questa
condizione nella (12), si ottiene:
γ 11 λce( ) =1
zln
η0−1 −1
ηc−1 −1
. (13)
La (13) tuttavia non definisce univocamente la
lunghezza d’onda di taglio efficace λce, a meno che non
si specifichino la lunghezza della fibra z e, soprattutto, le
condizioni di curvatura della stessa. Infatti, i modi vicini
alla propria condizione di taglio soffrono maggiormente
per perturbazioni esterne, quali sono appunto le curvature.
Per il modo LP11 le considerazioni precedenti si possono
riassumere nella seguente legge empirica:
γ 11 λ( ) =1
ze
−C λ−λ c( )2
− 1
, (14)
dove il parametro C definisce proprio la sensibilità della
fibra alle curvature (il suo valore dipende, tra l’altro, dal
profilo d’indice). Per questo motivo λce è definita in
condizioni standard (per esempio z=2m e curvatura di
raggio l4cm). In pratica si riscontrano differenze traλce
e λc di 100nm o più. La lunghezza d’onda di taglio cui
bisogna fare riferimento nel progetto di fibre monomodo
è ovviamente λce piuttosto che λc.
2.3 Taglio del modo fondamentale
Per le fibre con profilo d’indice a mantello continuo
(matched-cladding) [1] la frequenza normalizzata di
taglio del modo fondamentale è teoricamente nulla.
Tuttavia, all’aumentare della lunghezza d’onda la
distribuzione di campo del modo penetra sempre più
profondamente nel mantello con un aumento delle
perdite per micro e macrocurvature. Quindi, sebbene il
valore teorico della lunghezza d’onda di taglio delmodo LP01 sia infinito, si deve concludere che anche per
il modo fondamentale esiste una lunghezza d’onda di
taglio efficace. Se poi l’indice di rifrazione in parte del
nucleo è minore rispetto al valore nel mantello, allora
anche la lunghezza d’onda di taglio teorica può essere
finita, si può dimostrare che ciò avviene quando [2,3]
s(r )rdr < 0
0
1
∫ , (15)
che corrisponde ad un valore dell’indice di rifrazionemedio nel nucleo minore rispetto a quello nel mantello.
3. Raggio modale
E’ preferibile caratterizzare i parametri dimensionali
delle fibre monomodo attraverso proprietà legate alla
propagazione, anziché attraverso quantità ottico-
geometriche (quale il raggio del nucleo). Il vantaggio di
questa scelta è doppio: i parametri così definiti sono più
facili da valutare e inoltre permettono una applicazioneimmediata nella previsione delle prestazioni trasmissive
(perdite di accoppiamento e per curvatura, dispersione
di guida, etc.). In particolare è utile disporre di un
parametro che definisca, con il suo valore, la
distribuzione di ampiezza del campo nel nucleo e nel
mantello della fibra. Per il modo fondamentale di una
fibra con profilo d’indice a gradino l’andamento del
campo risulta (cfr. (46), (48) in [1]):
E r ( ) ∝ J 0 ur ( ), r < 1
E r ( ) ∝ K 0 wr ( ), r > 1
(16)
dove J 0(.) e K 0(.) sono rispettivamente la funzione di
Bessel di prima specie e la funzione di Bessel modificata
di seconda specie e si ricorda che (cfr. (46)÷(52) [1]):
u = a k 2n 02 − β2
w = a β2 − k 2
n12
V 2 = u
2 + w2
(17)
e si è poston0=n(0) e k =numero d’onda nel vuoto=2π / λ(1).
Tuttavia la distribuzione radiale del campo dipende,
oltre che dalla lunghezza d’onda della luce (tramite u e
w), dall’effettivo andamento dell’indice di rifrazione
nella fibra. Poiché si stanno considerando le fibre
monomodali, e poiché la propagazione del modo
fondamentale è molto simile a quella di un fascio
gaussiano, si può pensare di utilizzare una funzione
gaussiana per approssimare l’effettiva distribuzione di
ampiezza:
E r ( ) ≈ E 0exp - r w g( )2
. (18)
In questo caso quindi si definisce raggio modale
(gaussiano) il valore del parametrowg che meglio adatta
la distribuzione (18) a quella effettiva. Ciò corrisponde
a determinare il raggio modale della distribuzione di
campo gaussiana che, eccitando la fibra, accoppia la
massima potenza nel modo fondamentale. Assumendo
valida la (18), wg è la distanza dall’asse della fibra per
(1) Si noti che la medesima quantità è stata indicata con k V
in [1].
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cui l’ampiezza del campo è 1/ e≈0.37 e la sua intensità
è 1/ e2≈0.135 del corrispondente valore sull’asse.
La distribuzione radiale del campo è rigorosamente
gaussiana solo per il modo fondamentale di una fibra con
profilo d’indice interamente parabolico (anche nel
mantello), mentre non lo è mai per le fibre monomodali
con mantello omogeneo. Peraltro, il decadimento del
campo nel mantello è espresso da una funzione di Besselmodificata di seconda specie (vedi le (16)), quindi una
approssimazione gaussiana tende a sottostimare il campo
evanescente nel mantello. Inoltre questa approssimazione,
che è buona in prossimità della lunghezza d’onda di
taglio del modo LP11, diventa meno accurata all’aumentare
della lunghezza d’onda. Si può comprendere allora come
alla definizione appena proposta per il raggio modale sia
opportuno affiancarne delle altre, che meglio descrivono
il comportamento della fibra in riferimento ad alcuni dei
fenomeni propagativi.
A prescindere dalla definizione adottata, la
determinazione operativa del raggio modale si poggiasulla rilevazione sperimentale della distribuzione di
intensità del campo guidato dalla fibra. Se tale rilevazione
viene effettuata da un punto molto vicino alla faccia
estrema della fibra si parla di campo vicino (near-field ),
si è invece in condizione di campo lontano ( far-field )
quando la distanza R del punto da cui si valuta l’intensità
luminosa dall’estremità della fibra è R >> w g2 / λ .
Naturalmente la distribuzione di intensità è proporzionale
alla distribuzione radiale di potenza nella fibra, ed è
quindi di immediata comprensione la definizione di
raggio modale di near-field come [4]:
w n =
r 2 E 2 r ( )rdr
0
∞
∫
E 2
r ( )rdr
0
∞
∫
1/ 2
. (19)
Grazie al fattore di normalizzazione a denominatore,
che è proporzionale alla potenza in uscita dalla fibra, wn
è lo scarto quadratico medio della distribuzione radiale
di intensità. Si noti che la (19) ricorda, per analogia, la
definizione del momento d’inerzia di una trave cilindrica
non omogenea che avesse come densità specifica
l’intensità quadratica del campo.
Quando R >> w n2
/ λ , cioè in condizioni di campolontano, si devono considerare gli effetti della
propagazione in spazio libero. Adottando un sistema di
coordinate ( R,θ) come mostrato in figura 1, si può
introdurre il concetto di intensità di campo lontano
| E f ( R, p)|2(dove p=ksinθ), che rappresenta la distribuzione
angolare della potenza in uscita dalla fibra monomodo.
Se si introduce la trasformata di Hankel di E(r) :
˜ E p( ) = E r ( )0
∞
∫ J 0 rp( )rdr . (20)
L’ampiezza di campo lontano E f ( R, p) è legata alladistribuzione di campo vicino E (r ) dalla [5]:
E f R, p( ) =ik
Re− ikR ˜ E p( ) . (21)
Si noti che, poiché la distribuzione di campo vicino
per il modo fondamentale della fibra è a simmetria
cilindrica, la distribuzione di campo lontano non dipende
dall’angolo azimutale. La quantità ˜ E 2
p( ) è misurabile
e rappresenta la distribuzione angolare di potenza in
uscita dalla fibra monomodale(2).
Per quanto detto in precedenza, le distribuzioni di
campo vicino e di campo lontano costituiscono una
coppia di trasformate di Hankel, e per le proprietà della
trasformata un’ampia apertura del campo (vicino) dà
luogo ad un fascio irradiato molto stretto, e viceversa.
Pertanto, considerando che la larghezza angolare del
fascio irradiato è limitata ed è approssimabile con
l’inverso della sua larghezza radiale, è possibile definire
un raggio modale di campo lontano come [6]:
Figura 1 Distribuzione di campo lontano di una fibra ottica
distribuzione dicampo vicino distribuzione di
campo lontanoR
θ
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3
3.5
4
4.5
5
5.5
6
1.6 1.65 1.7 1.75 1.8 1.85 1.9 1.95 2
frequenza normalizzata, V
wn
wg
wf
r a g g i o m o d a l e ( µ m )
frequenza normalizzata, V
Figura 2 Variazione del raggio modale w g (vd. (18)), w n (vd. (19)) e w f (vd. (24)) in funzione della frequenza normalizzata
(2) Le (20) e (21) stabiliscono un’analogia col campo irradiato
da un’antenna ad apertura, per la quale si ha:
E ( p,φ' ) = a2 f (r ,φ' )exp iprcos(φ − φ' )( )0
1
∫ rdrd φ'0
2π
∫ dove a è il raggio esterno dell’apertura; r è la distanza radialenormalizzata ad a ; p =(2πasin θ)/ λ, come già assunto inprecedenza; f (r ,φ’) è la distribuzione di campo normalizzatasull’apertura. Le forme dell’apertura più semplici da valutaresono quelle nelle quali la distribuzione è indipendente dallacoordinata angolare φ’, ma dipende solo da r . In questo casoil campo diventa:
E ( p) = 2πa2 f (r ) J 0 ( pr )rdr 0
1
∫
Nel caso di distribuzione costante si ottiene
E ( p) = 2πa2 J 1( p)
p
e soprattutto
w f =
dE
dr
2
rdr
0
∞
∫
E 2(r )rdr
0
∞
∫
−1
2
. (24)
Quest’ultima definizione viene spesso citatacome raggio modale di Petermann II [7,8] (per
distinguerla dalla definizione (19) detta pertanto
raggio modale di Petermann I [4]), e risulta
estremamente utile per stimare la dispersione di
guida di una fibra monomodale, come verrà
illustrato nel seguito.
Per i profili d’indice usualmente utilizzati e per
le normali lunghezze d’onda di esercizio, il raggio
modale è maggiore del raggio del nucleo della
fibra; si può peraltro dimostrare che è sempre:
w n ≥ w g ≥ w f , (25)
essendo valida l’eguaglianza solo per distribuzioni
gaussiane di E (r ) e di ˜ E ( p) . In figura 2 è riportato
l’andamento del raggio modale, a seconda della
definizione adottata, in funzione della frequenza
normalizzata V . Se il profilo di indice di rifrazione
del nucleo non è troppo irregolare, l’ipotesi
gaussiana è abbastanza plausibile e quindi wn≈w f .
Se invece, per il profilo particolare che si sta utilizzando,
i raggi modali wn e w f sono alquanto differenti, la
definizione gaussiana consente comunque di
determinare un valore intermedio wg.
w f =
p2 ˜ E 2 ( p) pdp
0
∞
∫
˜ E 2( p) pdp
0
∞
∫
−1/ 2
. (22)
Peraltro, per la relazione esistente tra E (r ) ed ˜ E ( p) ,
è possibile esprimere wn in funzione di ˜ E ( p) e w f infunzione di E (r ). Si può infatti dimostrare che valgono
le seguenti relazioni [6]:
w n =
d E
dp
2
pdp
0
∞
∫
˜ E 2( p) pdp
0
∞
∫
1/ 2
(23)
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4. Perdite di accoppiamento
La perdita di potenza che si può avere nell’accoppiamento
tra due fibre ottiche può ricondursi a differenze strutturali
o ad errori di posizionamento geometrico quali: il
disassamento laterale, il disallineamento angolare, la
separazione assiale tra le fibre.
Si considerino due fibre monomodo affacciate inmodo che la prima ecciti del campo elettromagnetico
nella seconda (sono indicati con i pedici 1 e 2 le quantità
pertinenti alle due fibre). Indicando con W 1 e W 2 la
potenza guidata dal modo fondamentale LP01 in ciascuna
delle due fibre, l’efficienza dell’accoppiamento
realizzato può essere definita come:
Λ = W 2 W 1 . (26)
Si consideri poi il campo elettromagnetico Ei ,Hi( ) ,
i=1,2, rappresentativo delmodo fondamentale nelle due
fibre, normalizzato in maniera tale che sia:
1
2r
0
∞
∫ dr d ψ Ei × Hi* • zi
0
2π
∫ = 1, i = 1,2 (27)
dove zi è il versore che individua la direzione dell’asse di
ciascuna delle due fibre, e l’integrale si estende a tutta la
regione su cui è distribuito il campo e quindi corrisponde
all’intera superficie trasversale della fibra. Il campo che
si propaga in fibra può essere ottenuto moltiplicando il
vettore normalizzato per l’effettiva ampiezza Ai, quindi
la potenza ottica corrispondente è data da:
W i =A i
2
2, i = 1,2. (28)
In generale, si può assumere che le due estremità
di fibra da accoppiare non risultino in contatto tra
loro; per cui il campo E1 p che eccita l’ingresso della
fibra 2 e che è stato prodotto da E1 ha subito
propagazione in aria nello spazio compreso tra le due
fibre. Per le ampiezze si può scrivere quindi la
seguente relazione:
A 2 =A 1
2r
0
∞
∫ dr d ψ E1 p
0
2π
∫ × H2∗ • z2 ≡ A 1C . (29)
L’integrale di sovrapposizione
C =1
2r
0
∞
∫ dr d ψ E1 p
0
2π
∫ × H2∗ • z2 (30)
è una misura del grado di accoppiamento tra le fibre edalle relazioni precedenti si evince:
Λ = C 2
, (31)
cosicché la perdita dell’accoppiamento risulta:
L = 1− Λ = 1− C 2. (32)
Quindi, per valutare le perdite di accoppiamento, si
deve determinare il valore della (30) nei casi di interesse.Nell’ipotesi di debole guidanza (n0 edn1 molto vicini tra
loro) inoltre la (30) si semplifica nella:
C =1
2r
0
∞
∫ dr d ψ E 1 p
0
2π
∫ E 2∗ , (33)
dove E i rappresenta il campo scalare, normalizzato in
maniera che
12
r 0
∞
∫ dr d ψ E i 2
0
2π
∫ = 1, i = 1,2. (34)
4.1 Disassamento laterale
Si consideri ora il caso del disassamento laterale,
cioè quando le fibre sono a contatto tra loro, e con gli
assi paralleli, ma spostati lateralmente, e sia u il vettore
spostamento dell’asse della seconda fibra rispetto a
quello della prima. In tal caso non c’è propagazione in
aria, quindi E 1
p = E 1 , e si ha:
C =1
2r
0
∞
∫ dr d ψ E 1(r)
0
2π
∫ E 2 (r− u) (35)
e cioè
C = 1 −1
2r
0
∞
∫ dr d ψ E 1(r) − E 2 (r− u)[ ]2
0
2π
∫ . (36)
La perdita di accoppiamento per piccoli valori del
disallineamento angolare è una funzione quadratica delparametro u; infatti per una fibra con profilo d’indice
arbitrario, e purché si assuma che le fibre da accoppiare
siano identiche tra loro, sviluppando l’argomento della
(36) in serie (arrestata ai primi termini) ed indicando
con u il modulo del vettore u, si ottiene:
C ≅ 1 − πu2 dE
dr
0
∞
∫ 2
rdr . (37)
Ricordando la definizione (24) per il raggio modale
e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore, laperdita di accoppiamento risulta infine:
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L ≅ u w f ( )2. (38)
Quindi l’entità della perdita aumenta al diminuire del
raggio modale, e all’aumentare della frequenza
normalizzata (vedi figura 2). Infatti, all’aumentare di V
cresce l’effetto di confinamento del campo nella fibra,
e quindi un eventuale errore di allineamento delle fibrecomporta immediatamente una considerevole riduzione
nell’integrale di sovrapposizione dei campi accoppiati.
4.2 Disallineamento angolare
Il disassamento laterale è di gran lunga la causa
maggiore di perdita nei giunti e connettori tra fibre
monomodo; è tuttavia interessante considerare anche il
caso di disallineamento angolare. In questo caso le fibre
non sono a contatto tra loro, si deve quindi considerare
un percorso in aria per la luce, ed i rispettivi assiformano tra loro un angolo che si può assumere sia
α<<1. Assumendo, come in precedenza, che le due
fibre siano uguali tra loro, a partire dalla (33) si può
ottenere:
L =1
2
2πa
λn i
2
α2w n
2 , (39)
dove ni è l’indice di rifrazione del mezzo interposto tra
le due fibre, a è il raggio del nucleo e wn è il raggio
modale definito con la (19). Si noti che in questo caso la
perdita cresce all’aumentare del raggio modale.
Rispetto alle perdite per disallineamento laterale ed
angolare, le perdite per separazione tra le fibre risultano
trascurabili e quindi non verranno trattate.
5. Perdite per curvatura
Al contrario di una normale coppia coassiale o di una
guida d’onda metallica, nei quali il campo elettromagnetico
è strettamente confinato da pareti metalliche, nella guida
d’onda dielettrica costituita dalla fibra il campo non è
confinato da uno schermo e si ha perdita di potenza per
irradiazione in corrispondenza di ogni discontinuità dellaguida, ad esempio nei punti di curvatura. Questo problema
è stato analizzato e definito già nei primi studi sulle fibre
per telecomunicazione [9], che hanno chiarito la natura
discreta e non continua delle perdite [10] ed hanno consentito
di separare l’effetto globale nella somma di perdite di
transizione e perdite per curvatura costante [11].
5.1 Perdite di transizione
In una fibra monomodale diritta l’asse del fascio
ottico (modo fondamentale) e quello della guidacoincidono; in una fibra curvata invece il fascio si
sposta verso l’esterno della curvatura, quindi il suo asse
non coincide più con quello della fibra. Nel piano
normale all’asse della fibra che individua la transizione
dalla fibra diritta a quella curva (figura 3), si ha quindi
un disadattamento di ampiezza tra la distribuzione del
modo fondamentale incidente dalla fibra diritta e quella
corrispondente per il modo lanciato sulla fibra curva. La
curvatura causa contemporaneamente una discontinuità
nella distribuzione di fase ed i due fatti portano
complessivamente ad una perdita per radiazione che
viene detta perdita di transizione.
Assumendo una distribuzione gaussiana a
rappresentare il campo del modo fondamentale nella
fibra, la perdita di transizione (in decibel) può essere
espressa come [12]:
Figura 3 Deformazione del campo in corrispondenzadella transizione da fibra dritta a fibra curvata
piano di transizione
distribuzionedi ampiezza fronti d'onda
vettori di
Poynting
nucleo della fibra
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at =a
R
2 w g
a
6V 4
8∆2, (40)
dove R è il raggio della curvatura che si realizza sulla fibra,
wg è il raggio modale gaussiano e ∆ = n02 − n1
2( ) 2n02 .
Esplicitando i termini contenuti nella (40) si ottiene:
at = 8π4n0
4w g
6
R2
. (41)
Il caso appena esaminato è relativamente semplice,
rispetto ad esempio a quello di transizione tra due
curvature con raggio diverso e, addirittura, giacenti su
piani diversi. Anche la trattazione di questa condizione
può essere trovata in [12].
5.2 Perdite per curvatura costante
In corrispondenza di una curvatura della fibra, il
campo subisce uno spostamento verso l’esterno che gli
consente di seguire la curvatura stessa; ne segue una
diminuzione della velocità di fase nella parte interna del
fascio ed un aumento della velocità nella parte esterna.
Le perdite per curvatura costante sono quelle subite
per radiazione di energia verso l’esterno da parte del
modo fondamentale della fibra. Il fenomeno può essere
descritto ricorrendo ad un modello corpuscolare della
luce e della sua propagazione. I fotoni che formano il
fascio di luce che si propaga lungo una fibra diritta si
trovano allineati, e si muovono con la velocità ν p=ω / βdel modo fondamentale nelle condizioni assunte. In
linea di principio si dovrebbe distinguere tra velocità di
fase e velocità di propagazione dell’energia (velocità di
gruppo), ma si consideri, in questa rappresentazione
qualitativa del fenomeno, che le due quantità coincidano
e risultino limitate superiormente ac / n1, cioè alla velocità
della luce nel mantello.
In corrispondenza della curvatura i fotoni descrivono
traiettorie circolari di raggio ρ e, per mantenersi allineati,
la loro velocità di propagazione deve crescere in
proporzione alla distanza dal centro di curvatura. Sull’asse
della fibra, cioè per ρ= R, la velocità è uguale a ν p, e si può
determinare la distanza dall’asse R+δ R per la quale essaraggiunge il suo massimo c / n1. I fotoni la cui traiettoria è
collocata nella regione ρ> R+δ R, non potendo aumentare
la propria velocità oltre il limite consentito, cessano di
essere guidati e vengono perduti per radiazione. Con
riferimento alla figura 4, e considerando la traiettoria
corrispondente all’asse della fibra e quella percorsa con
la velocità limite ammessa, si ha
Rd α =ωβ
dt
R + δ R( )d α = cn1
dt
(42)
da cui si può ricavare
δ R = Rc
n1
βω
− 1
. (43)
Per la seconda delle (17) ed assumendo β+kn1≈2kn1,
si ottiene:
δ R = Rw a( )
2
2k 2
n12
. (44)
In altri termini, per ρ> R+δ R i fronti d’onda
(corrispondenti a ciascuno dei fotoni) non ricadono
Figura 4 Determinazione della traiettoria limite per una fibra a curvatura costante
vettorevelocità
asse della fibra
traiettoria limite
ρ
δR
R
dαfotone
P
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più su un piano normale alla direzione (locale) dell’asse
della fibra; e poiché il vettore di Poynting è sempre
normale al fronte d’onda, ciò comporta l’esistenza di
un flusso di potenza che si allontana dalla fibra dando
luogo ad un decadimento esponenziale della potenza
ottica guidata. In definitiva, le perdite per curvatura
costante sono determinate dalla limitazione di velocità
stabilita dal valore c / n1 nel mantello della fibra. Per
ridurre le perdite si deve quindi limitare la parte di
campo che, in corrispondenza della curvatura, finisce
oltre il limiteδ Rdall’asse; ciò può ottenersi aumentando
la distanza critica δ R rispetto all’estensione radiale del
campo. Il progettista della fibra può realizzare questo
obiettivo migliorando il grado di confinamento della
luce in fibra alla lunghezza d’onda di riferimento,
l’utilizzatore finale invece non può far altro che
intervenire su R come suggerisce la (44).
Parametro essenziale per determinare le perdite
per curvatura è quindi la distanza critica δ R riferita
all’estensione radiale del campo, la quale potrebbe
essere espressa tramite il raggio modale (con una
delle definizioni proposte) o direttamente tramite il
rapporto w / a utilizzato nella (44). Sebbene entrambe
le soluzioni siano praticabili, la seconda ha avuto
maggior successo. L’attenuazione del modo
fondamentale per curvature (in Neper per unità di
lunghezza), nel caso di fibra con profilo d’indice a
gradino, si può determinare come [13]:
αc =1
4
πaRw
3
u
wK 1 w( )
2
exp −2 R
3k 2
n12
w
a
3
. (45)
La figura 5 mostra l’andamento dell’attenuazione
in funzione della lunghezza d’onda per alcuni valori
del raggio di curvatura. Si noti, esaminando la (45),
la dipendenza esponenziale della perdita dal raggio
di curvatura, dal raggio modale e dalla lunghezza
d’onda. Si comprende così come, al diminuire del
raggio di curvatura, le perdite siano prima trascurabili
per poi diventare rapidamente crescenti e quindi
insopportabili. E’ per questo che in alcuni casi si
caratterizza la sensibilità della fibra alle curvature tramite
un raggio di curvatura critico: quello che nelle condizioni
fissate causa un determinato valore della perdita.
5.3 Perdite per microcurvature
Quando una fibra ottica viene inserita in un cavo, può
essere soggetta a sollecitazioni che la costringono a
curvarsi. Si tratta generalmente di una serie continua di
piccole curvature che cambiano in maniera casuale lungo
la fibra e che, quindi, non possono determinarsi
esattamente. Il fenomeno, detto di microcurvatura, dipende
dal tipo di fibra, dalla distribuzione delle curvature
1/ R( z)(3) lungo l’asse della fibra e dal grado di finitura
superficiale dell’elemento di cavo nel quale la fibra viene
depositata (scanalatura o tubetto), esso può portare aperdite anche notevoli per conversione di modo.
(3) R (z ) indica il raggio di curvatura dell’asse della fibra incorrispondenza della sezione z .
10-3
10-2
10-1
100
101
102
103
104
105
106
1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 2
lun hezza d’onda um
a t t e n u a z i o n e ( d B / k m
)
8cm
5cm
2cm
Figura 5 Variazione dell’attenuazione incrementale per curvatura in funzione della lunghezza d’onda per alcuni valori delraggio costante di curvatura
a t t e n u a z i o n e ( d B / k m )
lughezza d'onda (µm)
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Per piccole curvature la fibra può essere studiata
come se fosse rettilinea, ma con la seguente legge di
variazione dell’indice di rifrazione:
nc2 (r ) = n
2 (r ) +2n1
2
Rr cosα , (46)
dove R è il locale raggio di curvatura della fibra e α èl’angolo che individua il punto lungo la curvatura (cfr.
con il riferimento della figura 4). In una fibra monomodo
a curvatura costante ed in ipotesi di debole guidanza,
una qualunque componente trasversa del campo, E c,
deve soddisfare l’equazione:
∂2 E c
∂r 2
+1
r
∂ E c
∂r +
1
r 2
∂2 E c
∂α2+ k
2nc
2 (r ) − βc2[ ] E c = 0 , (47)
connc(r ) dato dalla (46). Essendo R molto grande, si può
trattare il termine dovuto alla curvatura come una
perturbazione per l’equazione relativa alla fibra rettilinea.Applicando la teoria delle perturbazioni si trova (indicando
col pedice 0 le grandezze relative alla fibra retta):
βc = β0 e E c r ,α( ) = E 0 r ( ) + E (1) r ,α( ), (48)
con
E (1) r ,θ( ) ≈k 2n1
2
Rw n
2r cosα E 0 r ( ), (49)
dove wn è il raggio modale definito dalla (19).
Si consideri ora una fibra la cui curvatura cambi e, in
particolare, il caso di transizione dalla fibra a curvatura
costante alla fibra retta. In tal caso avverrà una conversione
di modo ed E c, che rappresenta il modo fondamentale
nella fibra a curvatura costante, travasa la sua potenza nel
modo fondamentale E 0 e nei modi irradiati della fibra
retta. L’equazione (48) suggerisce la maniera naturale in
cui ciò avviene: la parte in E 0 si trasferisce sul modo
fondamentale, la parte in E (1)va sui modi irradiati. Per cui
il campo E = E (r ,α, z) in una fibra monomodo con curvatura
variabile è espresso dall’equazione:
E = a0 ( z) E 0 (r )e− iβ0 z + a1( z) E (1) (r ,α)e
− iβ(1) z . (50)
Poiché E (1) non è un modo puro della fibra retta, ma
è una sovrapposizione di modi puri, la costante β(1) sarà
data da una media delle costanti β di tali modi. Per
ricavare β(1) si può sostituire E(1) nella (47) della fibra
retta ( R→∞), moltiplicare ancora per E(1) ed integrare su
tutta la sezione trasversale, ottenendo così:
β(1)
2
= β0
2
−
2
w n2 . (51)
L’andamento dei coefficienti a0( z) ed a1( z) permette
di ricavare la perdita per microcurvature, e va studiato
in maniera statistica. In particolare si può ottenere la
seguente forma della costante di perdita per
microcurvature γ m
γ m =kn1w
n2
2
Φ β0 − β(1)( ) , (52)
doveΦ(Ω) rappresenta lo spettro della media d’insieme
delle curvature, cioè:
Φ Ω( ) = lim z →∞
1
z
1
R z'( )e− iΩ z ' dz'
0
z
∫ 2
. (53)
Un comportamento tipico di Φ(Ω) è
Φ Ω( )
=A
Ω
−2 p , (54)
dove il parametro p dipende dalla statistica della
perturbazione. In particolare si ha completa scorrelazione
da punto a punto nella curvatura per p=0 e negli sforzi
laterali sulla fibra per p=2 (quest’ultimo caso è il più
realistico).
Considerando che β0 + β(1) ≈ 2kn1, dalla (51) segue
β0 − β(1) ≈ kn1w n2( )
−1, per cui risulta:
γ m =A
4kn1( )
2+ 2 pw n
2+ 4 p. (55)
Questa equazione è il risultato cercato: essa mostra che
le perdite per microcurvatura dipendono dalla fibra
attraverso il raggio modale wn, tale legge di dipendenza è
peraltro estremamente critica, infatti per p=2 la perdita è
proporzionale a w n10. Ciò pone dei vincoli di progetto
molto severi per una fibra monomodale, infatti un raggio
modale elevato comporta immediatamente perdite per
microcurvatura insopportabili.
La stima fornita dalla (55) è accettabile nel caso di fibre a
mantello continuo, per le quali si può assumere una
distribuzione gaussiana del campo. Per fibre con profilo
d’indice più articolato, ad esempio quelle a dispersionespostata o appiattita, introducendo un’ulteriore definizione di
raggio modale come [14,15]:
w ∞ =2
β02 − k
2n1
2, (56)
si può assumere [14]:
γ m =A
2
kn(0)w n( )2 kn(0)w
2 p( )
2
2 p
, (57)
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b ≈β − kn1
k n0 − n1( )(65)
e quindi la costante di propagazione longitudinale può
essere così espressa:
β = bkn 0 + kn1(1− b). (66)
Se si definisce la differenza relativa tra gli indici di
rifrazione
∆ =n0
2 − n12
2n02
≈n0 − n1
n0
≈n0 − n1
n1
(67)
e si introduce l’indice di rifrazione di gruppo
N i = n i − λdn i
d λ , i = 0,1, (68)
si può ottenere, a partire dalle (62) e tenendo conto
della (67):
τg =N 1
c1+
N 0 − N 1
N 1
d Vb( )
dV
≈N 1
c1+ ∆
d Vb( )
dV
(69)
ove si è fatto uso dell’approssimazione
n0 − n1
n1
≈N 0 − N 1
N 1
.
Derivando la (69) rispetto alla lunghezza d’onda si
ottiene la dispersione cromatica [17]:
D = M 1+ ∆d 1( ) −∆ N 1
λcVd 2 − Pd 1( ) , (70)
dove si è posto d 1 = d (Vb )
dV , d 2 = d 2 (Vb )
dV 2e si è
introdotto il coefficiente di dispersione del materiale
M =1
c
dN 1
d λ= −
λc
d 2
n1
d λ2(71)
ed il coefficiente di dispersione di profilo
P =
λ
∆
d ∆d λ . (72)
dovew( p) è caratteristico della specifica fibra considerata
e può essere approssimato con [16]:
w p( ) ≅w ∞
3
2− p
+ p −
1
2
⋅
w ∞
w n
2
1 2 p. (58)
Per una fibra con profilo arbitrario valgono le seguenti
disuguaglianze:
w ∞2 ≥ w
2 p( ) ≥ w nw f ≥ w f
2 . (59)
Si possono quindi stabilire i limiti entro cui è compresa
la perdita per microcurvatura come:
kn1( )
2+2 p
4 Aw n
2+4 p < γ m < kn1( )
2+2 p
4 Aw n
2w ∞4 p .(60)
6. Dispersione cromatica
La dispersione cromatica è il parametro fondamentale
per caratterizzare le fibre monomodo: da essa si può infatti
valutare la distorsione dell’impulso ottico che attraversa la
fibra, e quindi la sua capacità di trasmissione di informazioni.
La dispersione cromatica D è definita come la
variazione relativa alla lunghezza d’onda, del ritardo di
gruppo per unità di lunghezza:
D =d τg
d λ. (61)
Per comprendere quali fattori influenzano D e poterla
calcolare occorre dunque partire dal ritardo di gruppo
che può essere espresso come:
τg =d βd ω
=1
c
d βdk
≈V
ck
d βdV
. (62)
E’ comodo introdurre la costante di propagazione
normalizzata
b =β2 − k
2n1
2
k 2
n02 − k
2n1
2. (63)
Assumendo l’ipotesi di fibra debolmente guidante, e
cioè
n0 ≈ n1 kn1 < β < kn 0 , (64)
la (63) può essere riscritta come
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24 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 3 - Dicembre 1993
Il secondo termine a secondo membro della (70), a
meno del differenziale implicitamente contenuto nel
fattore N 1, esprime le variazioni delle condizioni di
guidanza con la lunghezza d’onda. In particolare il
termine V d
2 (Vb )
dV 2
rappresenta le variazioni alle
condizioni di confinamento del campo nella fibra che si
registrano al variare della lunghezza d’onda (vedi fig. 2);
contemporaneamente il termine Pd (Vb )
dV tiene conto
delle variazioni che intervengono nel profilo d’indice,
nel senso che, per il diverso drogaggio, nucleo e mantello
subiscono variazioni diverse dell’indice di rifrazione
con la lunghezza d’onda e ne deriva perciò una variabilità
dell’apertura numerica della fibra.
Nel caso di fibre ottiche con profilo d’indice a gradino
e mantello continuo (matched cladding) la dispersione
di profilo è molto piccola (fig. 6) ed il termine di guida
può essere espresso esplicitamente [18]. E’ statodimostrato [7] che il termine di dispersione di guida Dw
può essere espresso come:
Dw =λ
2π2c
d
d λλ
n0w f 2
, (73)
dove w f è il raggio modale di Petermann II definito nella
(24). La (73) ribadisce quanto già asserito sulla
dispersione di guida, evidenziando la sua dipendenza
dalle condizioni di confinamento del modo fondamentale
in fibra attraverso la variabilità del raggio modale con lalunghezza d’onda.
Il primo termine a secondo membro della (70), che si
annullerebbe se l’indice di rifrazione del mantello (cfr.
(71)) non dipendesse dalla lunghezza d’onda, esprime
la dispersione di materiale. Tuttavia, come spesso accade,
i singoli effetti che determinano un fenomeno non
possono essere completamente separati tra loro. E quindi,
in questo caso, gli effetti pertinenti al materiale e quelli
derivanti invece dalle condizioni di guida non sono
completamente distinti. Ad esempio il primo termine
della (70) mostra che nel contributo di materiale coesiste
una dipendenza dalle condizioni di guida rappresentata
dal termine ∆d (Vb )
dV , in cui il fattore fa pure intervenire
il valore dell’indice di rifrazione nel nucleo della fibra.
La legge di variazione dell’indice di rifrazione del
materiale con la lunghezza d’onda può essere espressa
con le funzioni di Sellmeier, che hanno la forma:
n2(λ) = 1+
aiλ2
λ2 − λi2i∑. (74)
I parametri ai e λi sono disponibili in letteratura e
dipendono, ovviamente, dalla composizione del vetro
considerato. A titolo di esempio, in tabella II sono
riportati i parametri di Sellmeier per la silice pura e per
due diversi tenori di drogaggio con germanio [19].
Si parla di fibra monomodale standard quando, come
nel caso della figura 6, il punto di zero nella curva di
dispersione cromatica cade in corrispondenza della
seconda finestra (la regione intorno ai 1300nm). Il fatto
che questo punto di zero esista e che si collochi in una
regione spettrale nella quale l’attenuazione del vetro èrelativamente bassa è estremamente importante. Ne segue
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
25
30
35
1.2 1.25 1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 1.6
lunghezza d’onda (um)
d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )
materiale
profilo
totale
guida
lughezza d'onda (µm)
d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )
Figura 6 Curva di dispersione cromatica totale e contributi di materiale, di guida e di profilo, al variare della lunghezzad’onda, per una fibra monomodo normale
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abbia una pendenza la più piccola possibile. Ciò
corrisponde infatti a mantenere un piccolo coefficiente di
dispersione anche quando l’emissione della sorgente non
è esattamente corrispondente alla lunghezza d’onda per
cui si annulla la dispersione.
Dalla figura 6 si osserva peraltro che in terza finestra
(intorno ai 1550nm), dove l’attenuazione della fibra ha il suo
minimo assoluto, la dispersione è relativamente elevata,assumendo valori intorno ai 17-18ps/(nm km). Questo
significa che il vantaggio di utilizzare sorgenti in terza
finestra per poter sfruttare la minore attenuazione della fibra,
può essere vanificato da un vincolo stringente dovuto alla
aumentata dispersione cromatica a queste lunghezze d’onda.
Un rimedio a questa situazione può essere trovato
progettando la fibra in modo da modificare la sua curva di
dispersione cromatica, e per quanto detto a commento della
(70) si intuisce che, per modificare la curva, si deve intervenire
sulle tre componenti di dispersione che la determinano,
come mostrato ad esempio in figura 8. Rispetto ad una fibra
standard, si osserva come il punto di zero della curva didispersione risulti traslato verso la terza finestra. E’ per
questo che si parla di fibra a dispersione spostata (dispersion
shifted), volendo indicare una fibra che sia stata ottimizzata
in dispersione per l’uso in terza finestra.
In linea di principio, una fibra a dispersione spostata
potrebbe essere anche ottenuta mantenendo un profilo
d’indice a gradino con mantello continuo. Tuttavia, per
considerazioni legate essenzialmente al valore della
lunghezza d’onda di taglio e, conseguentemente, alle capacità
di confinamento del campo ed alle perdite per curvatura, si
preferisce adottare un profilo d’indice più complesso. Le
fibre a dispersione spostata che vengono oggi utilizzate in
Italia presentano un profilo d’indice triangolare nel nucleo
con un rialzo anulare esterno (figura 9) che migliora le
condizioni di confinamento del campo [20].
infatti che utilizzando sorgenti di luce che emettano in
seconda finestra si può minimizzare l’effetto dispersivo
cumulativo sul collegamento. Per comprendere questa
affermazione basta considerare la curva che esprime il
ritardo di gruppo in funzione della lunghezza d’onda(figura 7), che è quindi l’integrale della dispersione
cromatica totale rappresentata nella figura 6. La figura
mette bene in evidenza che tutte le componenti spettrali
collocate nel minimo della curva sono caratterizzate da
un valore pressoché costante del ritardo di gruppo. Al
contrario, allontanandosi dal minimo verso lunghezze
d’onda più alte o più basse si incontra una curva con
pendenza via via crescente, corrispondendo questo ad un
maggior effetto dispersivo indipendentemente dal segno
della derivata. E’ necessario quindi che in un sistema di
trasmissione su fibra ottica la sorgente emetta ad una
lunghezza d’onda il più possibile prossima a quella per
cui la curva di dispersione cromatica attraversa lo
zero. E’ inoltre importante che in corrispondenza
dell’attraversamento dello zero la curva di dispersione
a i
silice pura
0.6965325
0.4083099
0.8968766
0.004368309
0.01394999
97.93399
6.3% mol GeO2
0.7083952
0.4203993
0.8663412
0.004981838
0.01375664
97.93353
11.2% mol GeO2
0.7186243
0.4301997
0.8543265
0.0040264
0.0163247
97.93440
λi
2
Tabella 2 Coefficienti di Sellmeier per la silice pura e perdue diversi tenori di drogaggio con germanio
Figura 7 Andamento del ritardo di gruppo per unità di lunghezza, in unità arbitrarie, al variare della lunghezza d'onda
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6
lunghezza d’onda (um)
r i t a r d o d i g r u p p o ( u n . a r b . )
lughezza d'onda (µm)
r i t a r d o d i g r u p p o ( u n . a r b . )
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7. Propagazione di solitoni nelle fibre monomodali
Nel paragrafo precedente sono state esaminate le
conseguenze delle variazioni dell’indice di rifrazione
di gruppo in fibra al variare della lunghezza d’onda.
Tuttavia, quando la radiazione che attraversa la fibra
è particolarmente intensa, l’indice di rifrazione
dipende pure dall’intensità del campo, nel senso che
si può assumere:
n = n(ω) + n2 I , (75)
dove n(ω) è la parte lineare fin qui considerata, I è
l’intensità del campo ed n2 è il coefficiente di non
linearità dell’indice di rifrazione. La dipendenza
dell’indice dall’intensità di campo è nota come effetto
Kerr ottico. La velocità di risposta per l’effetto Kerr è
estremamente elevata (nell’ordine dei femtosecondi),
quindi le variazioni non lineari dell’indice di rifrazione
seguono con grande rapidità la forma dell’impulso che
le induce, per quanto questo possa essere breve; questo
significa in definitiva una oscillazione (chirp) di fase
per l’impulso in funzione della sua intensità istantanea(questo effetto viene dettoSelf Phase Modulation, SPM).
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
25
1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 1.6
lunghezza d’onda (um)
d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )
materiale
profilo
totale
guida
Figura 9 Andamento dell’indice di rifrazione in funzione della distanza dall’asse per una fibra a dispersione spostata
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8
distanza radiale (um)
v a l o r e r e l a t i v o d e l l ’ i n d
i c e d i r i f r a z i o n e ( x 1 0 0 0 )
lughezza d'onda (µm)
d i s p e r s i o n e ( p s / n m k m )
distanza radiale (µm)
v a l o r e r e l a t i v o d e l l ' i n d i c e d i r i f r a z i o n e ( x 1 0 0 0 )
Figura 8 Curva di dispersione cromatica totale e contributi di materiale, di guida e di profilo, al variare della lunghezzad’onda, per una fibra monomodo a dispersione spostata
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Per le fibre in silice il valore di n2 è dell’ordine
di 3.2 10–16 cm2 /W, valore almeno due ordini di
grandezza inferiore rispetto alla maggior parte
dei mezzi non lineari. Ciononostante, gli effetti non
lineari in fibra possono essere osservati già a livelli di
potenza relativamente bassi per l’effetto congiunto del
valore molto piccolo del raggio modale (elevata densità
di energia in fibra) e delle perdite molto limitate (minoridi 1dB/km). In effetti la fibra ottica, rispetto ad un
materiale identico ma senza struttura guidante, presenta
un’efficienza nei processi non lineari che, alla lunghezza
d’onda di 1550nm e per un’attenuazione di 0.2dB/km,
è circa un miliardo di volte superiore [21].
A causa della dipendenza dell’indice di rifrazione
dall’intensità istantanea I (t ), dopo aver percorso la
lunghezza L di fibra l’impulso subisce un ritardo di fase
addizionale pari a:
∆φ(t ) =2πλ n2 LI (t ) . (76)
Derivando l’espressione precedente rispetto al tempo
si può evidenziare come l’effetto di modulazione di fase
causato dall’impulso su se stesso possa essere visto come
modulazione di frequenza indotta dall’impulso (chirp):
∆ω(t ) = −d ∆φ
dt = −
2πλ
n2 LdI (t )
dt . (77)
Il coefficiente n2 è positivo nella silice, quindi in
corrispondenza dei fronti di salita e di discesa
dell’impulso si avrà, rispettivamente, uno spostamento
verso l’alto e verso il basso della lunghezza d’onda.
Se, a questo punto, si utilizza sul collegamento una
lunghezza d’onda che risulti maggiore di quella per cui
la dispersione cromatica si annulla, cioè in una regione
dove le lunghezze d’onda maggiori sono più lente di
quelle minori, l’effetto congiunto di dispersione e non
linearità tendono a comprimere la durata dell’impulso
[22]. In effetti nel seguito viene dimostrato che, se
l’impulso soddisfa a determinate condizioni (forma ed
intensità dell’impulso adeguate), è possibile che
l’effetto di non linearità compensi esattamentel’allargamento lineare dovuto a dispersione, e si parla
in questo caso di solitone.
La costante di propagazione di fase del modo
fondamentale può essere sviluppata in serie di Taylor
nell’intorno della frequenza di emissione della sorgente:
β(ω) = β0 + (ω − ω0 )β1 +(ω − ω0 )2
2β2 +
+(ω − ω0 )3
6β3 +.. .
(78)
dove si intende
βn =d nβd ω n
ω =ω 0
. (79)
Il termine cubico e quelli successivi nella (78) sono
trascurabili se la larghezza spettrale della sorgente risulta
∆ω<<ω0, tuttavia, in corrispondenza dell’annullarsi della
dispersione cromatica (β2≅0) il termine cubico deveessere considerato.
Assumendo che la sorgente sia quasi monocromatica,
come appena detto, e che la larghezza degli impulsi
sia maggiore di 0.1ps, l’evoluzione dell’inviluppo
d’ampiezza A( z.t ) degli impulsi stessi lungo una fibra
monomodale può essere descritta dalla [21]:
∂ A
∂ z+ β1
∂ A
∂t +
i
2β2
∂2 A
∂ z2
+α2
A = iγ A2 A , (80)
dove il coefficiente di non linearità γ è definito come:
γ =n2ω0
cA eff
. (81)
Il parametro Aeff è detto area efficace del nucleo e,
assumendo una distribuzione gaussiana per il campo del
modo fondamentale, risulta:
A eff = πw g2 . (82)
La (80) tiene conto dell’attenuazione della fibra
attraverso α, della dispersione cromatica attraverso β1
eβ2,e delle non linearità attraverso γ . Circa il significato
fisico dei coefficienti di dispersione cromatica è facile
verificare che
β1 = τg = 1 v g e β2 = −λ2
2πc D , (83)
doveτg e Dhanno il consueto significato, rispettivamente,
di ritardo di gruppo per unità di lunghezza e di dispersione
cromatica (in ps/(nm⋅km))Al di sopra della lunghezza d’onda λz per la quale
la dispersione cromatica si annulla si ha β2<0 (figure
6 e 8) e si parla di regione a dispersione anomala. Se si
adotta un sistema di riferimento che si muova lungo la
fibra con la velocità vg, e quindi la trasformazione
T = t − z v g = t − β1 z (84)
e se si assume α=0, la (80) diventa:
i
∂ A
∂ z =1
2 β2
∂2 A
∂T 2 − γ A2
A . (85)
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u ξ, t ( ) = 2η1sech 2η1τ( )exp 2iη12ξ( ), (90)
dove il parametro η1 determina l’ampiezza del solitone.
Scegliendou(0,0)=1, cosicché si abbia 2η1=1, si ottiene
la forma canonica del solitone fondamentale, e cioè:
u ξ, t ( ) = sech τ( )exp iξ 2( ). (91)
La (91) stabilisce quindi che se un impulso sagomato
secondo una secante iperbolica, di larghezza T 0 e
potenza di picco P0 tali da realizzare la condizione
N =1 (cfr. (87)), viene lanciato in una fibra priva di
perdite, esso si propaga indistorto senza modificare la
sua forma per distanze arbitrariamente lunghe.
Si noti che dalla (87) può essere ricavato il valore
della potenza di picco necessaria a realizzare le
condizioni di esistenza del solitone. E’ bene precisare
che nel caso l’impulso sia effettivamente una secanteiperbolica risulta:
T m = 2ln 1 + 2( )T 0 ≈ 1.763T 0 , (92)
dove T m è la larghezza dell’impulso a metà altezza, che
è il valore che si usa in pratica.
Per N maggiore di 1 si parla di solitoni di ordine
superiore. Hanno un’importanza particolare quei solitoni
la cui forma iniziale sia espressa da:
u 0, t ( ) = Nsech τ( ) , (93)
dove N sia un numero intero. La potenza necessaria a
produrre un solitone di ordine N è per la (87) N 2 volte
maggiore rispetto al caso del solitone fondamentale. La
forma di un solitone di ordine superiore non si mantiene
inalterata durante la propagazione, ma oscilla
spazialmente con il periodo:
z 0 =π2
L D =π2
T 02
β2
= 0.322π2
T m2
β2
. (94)
Nella propagazione lungo la fibra di un solitone di
ordine superiore (ad esempio N =3), l’impulso
inizialmente si contrae fino ad una frazione della sua
larghezza iniziale, quindi si allarga fino a sdoppiarsi per
z= z0 /2, infine l’impulso si ricompone e si ristabilisce la
forma iniziale per z= z0. La definizione e l’espressione di
periodo del solitone hanno senso anche nel caso di
solitone fondamentale, sebbene questo non subisca
alcuna variazione di forma nella sua propagazione.
Nel caso in cui l’impulso non sia esattamente una
secante iperbolica o il livello di potenza non sia quellocorretto o infine N non sia intero, accade che la forma
La (85), che è l’equazione di Schrodinger non
lineare, esprime bene il senso di quanto è stato proposto
in questo paragrafo; nel senso che la deformazione
dell’impulso lungo la fibra dovuta a dispersione
cromatica può essere recuperata, sotto opportune
condizioni che devono ancora essere specificate, grazie
proprio all’effetto di non linearità del materiale.
Indicando con T 0 la larghezza dell’impulsoall’ingresso della fibra e con P0 la sua potenza, si
possono definire la lunghezza di dispersione Ld e la
lunghezza di non linearità Lnl come:
L d =T 0
2
β2
L nl =1
γ P0
. (86)
Questi due parametri consentono di stabilire quali
sono gli effetti prevalenti nella trasmissione di impulsi
sulla lunghezza L di fibra. Si può dimostrare infatti che
per L<< Ld, Lnl entrambi gli effetti sono trascurabili, per
Lnl< L<< Ldprevale l’effetto di non linearità, per Ld< L<< Lnl
prevale invece l’effetto dispersivo. Infine quando L è
maggiore o confrontabile con entrambi, l’effetto non
lineare e quello dispersivo coesistono e possono
determinare il desiderato effetto di compensazione
sull’allargamento degli impulsi.
A partire dalle definizioni precedenti si può ancora
introdurre il parametro:
N 2 =L d
L nl
=γ P0T 0
2
β2
. (87)
Se ora si adotta la trasformazione:
u = N A
P0
ξ =z
L d
τ =T
T 0, (88)
assumendo di operare nella regione spettrale a
dispersione anomala (β2<0), la (85) può essere riscritta
in funzione delle variabili normalizzate (88) come:
i
∂u
∂ξ +
1
2
∂2u
∂τ2 + u
2
u =0
, (89)
che è proprio la forma normale dell’equazione di
Schrodinger non lineare. Un’importante proprietà di
questa forma differenziale è che determinata una
soluzioneu(ξ,τ) anche laεu(ε2ξ,ετ) è una sua soluzione,
con ε fattore di scala arbitrario.
Per quanto detto a commento della (85), le soluzioni
della (89) esprimono proprio quelle particolari forme
d’onda che possono propagarsi nella fibra senza subire
deformazione; tali forma d’onda, per le quali l’effetto
dispersivo e quello di non linearità si compensano,
vengono dette solitoni. Nel caso di N =1 si parla disolitone fondamentale e la soluzione generale è del tipo
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dell’impulso stesso evolve lungo la fibra tendendo,
asintoticamente, alla forma caratteristica (93) con un N *
uguale all’intero più vicino. Quindi, purché la potenza
di picco dell’impulso sia sufficiente, anche una forma
d’onda diversa dalla secante iperbolica (una gaussiana
o un supergaussiana o similare) può evolvere lungo la
fibra tendendo asintoticamente al solitone fondamentale;
la larghezza finale assunta dall’impulso e la distanza
necessaria dipendono dalla forma iniziale, ma
l’andamento qualitativo è quello descritto.
In figura 10 sono riassunti i casi fin qui considerati.
A sinistra, sull’asse dei tempi, è rappresentata
l’evoluzione di un impulso in regime lineare: per effetto
della dispersione cromatica l’impulso si allarga man
mano che procede lungo la fibra. Al centro invece è
riportato il caso di un solitone fondamentale, che
mantiene inalterata la sua forma nello spazio e nel
tempo. A destra è mostrata l’evoluzione di un solitone
di ordine N =3 che subisce prima una contrazione, poi
uno sdoppiamento e torna infine ad assumere la suaforma originaria.
E’ bene sottolineare che il livello di potenza necessario
a stimolare l’eccitazione di un solitone in fibra non è
affatto proibitivo. Con riferimento alla (87) si può
verificare ad esempio che per T 0=10ps, λ=1.55µm e
per una fibra monomodale a dispersione spostata la
potenza di picco risulta P0≈10mW, un valore che è già
compatibile con le sorgenti a semiconduttore oggi
disponibili. Si può considerare peraltro l’utilizzo di unamplificatore ottico in trasmissione per aumentare
ulteriormente la potenza.
La trattazione precedente è stata svolta considerando
nulla l’attenuazione della fibra, questa ipotesi è
chiaramente non realizzata; pertanto nelle prime trattazioni
si assumeva la possibilità di amplificare in maniera
distribuita lungo la linea, realizzando una cancellazione
pressoché uniforme delle perdite [23]. Tuttavia, il rapido
sviluppo degli amplificatori ottici a fibra attiva rende
plausibile la trasmissione di solitoni lungo una catena di
amplificatori ottici discreti. Ciò è effettivamente possibile
quando il passo di amplificazione è molto più piccolo delperiodo del solitone, in altri termini si deve poter assumere
che nello spazio tra due amplificazioni successive poco o
nulla possa accadere alla forma dell’impulso. Se si assume
T m=50ps ed una fibra a dispersione spostata usata in terza
finestra, il periodo del solitone risulta z0≈980km; questo
autorizza ad un passo di amplificazione di circa 100km
ed è stata dimostrata con una simulazione la possibilità di
realizzare un collegamento dell’ordine dei 9000km [24].
Per dimostrare la pratica realizzabilità della
trasmissione di solitoni l’ostacolo è costituito, tra l’altro,
dalla necessità di tratte in fibra lunghe migliaia di
chilometri. Una soluzione cui molti gruppi di ricerca
hanno fatto ricorso è quella di un anello in fibra recante
uno o più amplificatori ottici, lungo decine o qualche
centinaio di chilometri, percorso più e più volte da un
pattern predefinito. Sincronizzando opportunamente il
ricevitore è possibile controllare la qualità della
trasmissione al crescere della distanza percorsa; più
recentemente le prove sono state realizzate su tratte in
linea con passaggio singolo del segnale di test, la tabella
III riassume i risultati conseguiti con le due
configurazioni così come sono citate in [25].
8. Conclusioni
Le fibre ottiche monomodali possono essere
caratterizzate attraverso alcuni parametri fondamentali
che ne descrivono pienamente le prestazioni. Tali parametri
sono la lunghezza d’onda di taglio, il raggio modale, la
dispersione cromatica, e tutti sono stati definiti in questo
articolo e riferiti ai parametri costruttivi della fibra che
possono essere stabiliti in fase di progetto e controllati
durante la produzione o nel successivo collaudo.
Si è sottolineato, in particolare, cosa si intenda perlunghezza d’onda di taglio teorica e per lunghezza
Figura 10 Evoluzione spaziale di impulsi nel caso disolo effetto dispersivo, di solitone di ordineN =1, di solitone di ordine superiore N =3
T
Z
Tabella 3 Prestazioni dei sistemi di trasmissione basatisu solitoni, come riportate in [25]
ritmobinario(Gbit/s)
distanza(km)
configurazione gruppo di ricerca
10 180 106 anello 500km Nakazawa, NTT
2 x 10 13000 anello 77km Mollenauer, AT&T
10 20000 anello 77km Mollenauer, AT&T
20 1850 tratta reale Nakazawa, NTT
40 750 tratta reale Nakazawa, NTT
80 80 tratta reale Iwasuki, NTT
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d’onda di taglio efficace; chiarendo come solo la seconda
possa corrispondere alla evidenza sperimentale, purché
si stabiliscano con chiarezza le condizioni di prova.
Per il raggio modale sono state proposte le diverse
definizioni che vengono correntemente assunte in
letteratura, chiarendo l’ambito nel quale ciascuna di
queste definizioni può rivelarsi più utile. In particolare
sono stati presentati gli effetti indotti sull’attenuazionedella fibra dalle curvature e la relazione che esiste tra tali
perdite ed il raggio modale appunto.
La dispersione cromatica è stata descritta nelle sue
componenti di materiale, di guida e di profilo. Sono stati
evidenziati i termini che influenzano ciascuno di questi
contributi e quindi la possibilità, intervenendo su ciascuno
di essi, di realizzare tipi diversi di fibra dal punto di vista
della dispersione, con particolare riferimento al punto di
attraversamento dello zero e quindi alla regione di minimo
della dispersione cromatica.
Per molto tempo è stato possibile descrivere la
trasmissione di luce sulla fibra considerando questa unmezzo lineare; tuttavia quando il livello di potenza cresce
oltre certi limiti è necessario considerare la dipendenza
dell’indice di rifrazione della fibra dall’intensità della
radiazione. Gli effetti non lineari che ne derivano hanno
ciascuno grande interesse nel mondo delle comunicazioni
ottiche, in particolare il cosiddetto Self Phase Modulation
consente, sotto opportune condizioni che sono state
chiarite nell’articolo, di compensare gli effetti dispersivi
della fibra. Questo apre la porta alla possibilità di
trasmettere quantità di informazione enormi a distanze
estremamente elevate, superando i limiti per dispersione,
mentre l'introduzione dell'amplificazione ottica permetterà
di superare anche il limite per attenuazione.
Appendice A
Si tratta di determinare la soluzione generale
dell’equazione (5) per r >1, ovvero della
′′ y (r ) +1
r ′ y (r ) −
1
r 2
y(r ) = 0 , r >1, (A.1)
con la condizioni al contorno a) del § 2, ovvero y(r )→0
perr →∞. Si verifica facilmente che due possibili soluzioni
particolari sono y1(r )=r e y2(r )=1/ r . Poiché il Wronskiano
W (r ) = det y1(r ) y 2 (r )
′ y1(r ) ′ y 2 (r )
= −2
r
è diverso da 0 qualunque sia r >1, ne segue che le due
soluzioni particolari sono indipendenti e che la soluzione
generale della (A.1) è esprimibile come:
y1(r ) = c1 y1(r )+c2 y2(r ) = c1r +c2 / r ,
ove c1 e c2 sono costanti arbitrarie. Imponendo ora che
questa funzione sia infinitesima per r →∞, si ricavac1=0
e quindi la soluzione cercata è proprio del tipo c2 / r .
Appendice B
La componente radiale del campo elettrico del modoLP11al taglio all’interno del nucleo è data dalla soluzione
della (5) per 0≤r <1, ovvero dalla funzione y(r ) tale che
′′ y (r ) +1
r ′ y (r ) + s(r )V
2 −1
r 2
y(r ) = 0 (B.1)
con le condizioni al contorno a) e c) del § 2,
ovvero
y(0) = limr →0+
y(r ) condizione a)
′ y (1)
y(1)= −1 condizione c)
(B.2)
La seconda delle (B.2) deriva dal fatto che la funzione
che esprime l’andamento del campo nel mantello
(proporzionale a 1/ r ) ha derivata logaritmica pari a –1
all’interfaccia nucleo-mantello, ovvero per r =1.
Moltiplicando ambo i membri della (B.1) per r 2 e
passando al limite per r →0+, si ottiene che limr →0+
y(r ) = 0 ,
e quindi y(0)=0 in virtù della prima delle (B.2). Ne segue
che, sviluppando la soluzione di (B.1), (B.2) in serie di
Taylor ed arrestandosi ai termini di secondo ordine, si
ottiene:
y(r ) ≈ ′ y (0)r +1
2′′ y (0)r 2 .
Imponendo la seconda delle (B.2), si ricava che
deve valere la 4 y’(0)+3 y’’(0)=0, ovvero y’(0)=3c e
y’’(0)=–4c, essendo c una costante arbitraria. In
definitiva, l’approssimazione cercata è:
y(r ) ≈ c(3r –2r 2) .
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare per la loro collaborazione
a questo articolo il dott. Angelantonio Gnazzo e il dott. Diego
Roccato (entrambi dello CSELT) per aver provveduto le
figure 8 e 10, rispettivamente. Un ringraziamento particolare
all'ing. Paolo Rumboldt ed all'ing. Andrea Baiocchi, la cui
opera attenta di revisione ha consentito di migliorare la formaed il contenuto stesso dei due articoli di questa breve serie.
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P. Di Vita, M. Giaconi, V. Lisi, G. Vespasiano - Fibre ottiche per telecomunicazioni: fibre monomodali
Bibliografia
[1] Di Vita, P.; Lisi, V.; Giaconi, M.; Vespasiano, G.: Fibre
ottiche per Telecomunicazioni: propagazione. «Notiziario
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