Febbraio 2017 - agemos.org · tra la modernità dei co-stumi metropolitani e l’arretratezza delle...

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senza filtroe tensioni, nel mondo del tabacco, in questo periodo hanno origini diverse. Stiamo appenafinendo di effettuare una seria analisi sui reali effetti della TPD 2 che già arrivano dai Paesivicini notizie allarmanti circa politiche sanitarie ai limiti del proibizionismo che, come lastoria insegna, non fanno altro che alimentare il mondo dell’illecito, aumentando di fatto i

rischi per la salute dei consumatori.In un contesto politico Europeo e Nazionale che, usando un eufemismo, potremmo definire confuso,un settore delicato come il nostro fatica non poco a preservare il delicato equilibrio su cui si basa.Alla luce di questo scenario sembra fin troppo evidente quanto sia importante che questo equilibrionon venga stravolto e che tutti i soggetti della filiera facciano la propria parte per mantenerlo stabile.Fare bene il proprio lavoro è senza dubbio il primo dei modi per dare un contributo determinante, ri-spettare quello degli altri sicuramente il secondo, ma la vera differenza si fa muovendosi tutti in manieracoordinata e condivisa verso obiettivi comuni.A volte è utile ribadire anche l’ovvio.

Carmine Mazza

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TABACCOPianeta Tabacco Mensile dei distributori di tabacco lavoratoAnno IV - numero II - Febbraio 2017

Direttore editoriale: Carmine Mazza

Direttore responsabile: Gianluca Bertoldo

Comitato di redazione:Ciro CannavacciuoloGianluca BertoldoCarmine Mazza

Amministratore Unico: Riccardo Gazzina

Direzione e redazione:Agemos Editrice e Servizi S.r.l. a socio unicoViale Mazzini, 25 - 00195 RomaTel. 06.699.24.348 - Fax 06.697.88.817E-mail: [email protected]

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Autorizzazione del Tribunale di Roman. 103/2014 del 16/05/2014

Pianeta Tabacco - organo di informazionesindacale dell’Associazione Nazionale Venditorie Distributori di Tabacco è destinato esclusiva-mente agli operatori del settore.

Questo periodico è associato all’Unione StampaPeriodica Italiana

sommario“Ho smesso di fumare. Vivrò unasettimana in più e in quella settimanapioverà a dirotto”. (W. Allen)

Speciale11

“Smoke, lies and Nanny State”:il saggio di Joe Jackson sullo“Stato balia” (quarta parte)

Focus On6

Il “Celeste Impero” del fumo

Depositi & Gestori21

DFL di Macerata: il terremotoe la forza di ricominciare

Agemos sulla neve24

La grande famiglia Agemos sulle piste di Roccaraso.Dialogo, sport, amicizia nel magnificoAbruzzo

Mostre30

“Artemisia Gentileschi e il suo tempo”, a Roma fino al 7 Maggio

Libri e Tabacco27

In libreria, “La diva nicotina” di Iain Gately

Tabacco e Motori32

Michele Alboreto, il campione della Ferrari

Ciro...del Mondo34

acendo ricorso ad una metafora un pocoscontata, si potrebbe parlare della Cinamoderna come il Celeste Impero delfumo di sigaretta. E non solo per l’impo-

nente numero di fumatori, recentemente calcolatodall’Organizzazione Mondiale della sanità in oltretrecento milioni, pari ad un quarto della popola-zione cinese. Fumare per i cinesi è una cosa seria: si potrebbedire che fa parte del patrimonio culturale. Inmedia in Cina ogni fumatore fuma 22 sigarette algiorno, ed offrire una sigaretta è considerato ungesto di cortesia. Per fumare in compagnia si de-vono rispettare tutta una serie di rituali che hannoun profondo significato e rinforzano le relazionifra amici, colleghi e clienti, oltre a rompere ilghiaccio fra sconosciuti. Nell’offrire una sigarettasi rispetta un ordine gerarchico, e un sottoposto è

quasi tenuto ad offrirla al suo superiore, mentrenon vale il contrario. Per accendere, gesto che vafatto subito dopo aver ricevuto la sigaretta offerta,bisogna usare le due mani, per proteggere lafiamma anche in assenza di vento e solo una voltaaccesa la sigaretta ringraziare chi l’ha offerta. Ilmarchio delle sigarette fumate è quasi uno statussymbol e per fare bella figura si è soliti offrire si-garette costose. Vent’anni fa i medici della Oxford University, in-sieme ai loro colleghi cinesi dell’Accademia di Me-dicina e dell’Istituto per il controllo delle malattie,hanno avviato una ricerca per studiare le abitudinidella popolazione in fatto di fumo. Due studi con-dotti a distanza di 15 anni uno dall’altro hannocoinvolto centinaia di migliaia di persone e hannoseguito due gruppi di persone per una media di 8-9 anni. Il 68% dei fumatori è di sesso maschile,ma le donne che si stanno avvicinando al fumo ri-sultano in deciso aumento anno dopo anno, no-nostante i condizionamenti sociali (specie nellearee non urbane) spingano nella direzione oppo-sta. È ancora presto per vedere gli effetti delle re-centi nuove leggi introdotte per contrastare ladiffusione delle “bionde”. Da alcuni anni, infatti,il governo cinese ha iniziato una campagna per ri-durre il fumo, che si è resa necessaria per il fattoche quasi nessuno rispettava i divieti esistenti. Ini-zialmente sono state vietate le pubblicità delle si-garette, anche se sui pacchetti non viene riportatala dicitura “il fumo uccide” che troviamo in tutto il

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Cina66.0/3.1

resto del mondo. Dallo scorso anno è vietato fu-mare nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto,così come il fumo vicino agli ospedali e in un rag-gio di 100 metri dalle  scuole. Per i trasgressorisono previste multe e in nome di chi viene sor-preso a non rispettare il divieto per più di tre voltesarà inserito in un sito governativo per un mese.Inoltre sono state alzate le tasse sulla produzionedel tabacco, cercando di far leva sul fattore eco-nomico per dissuadere le persone ad acquistare lesigarette.

DALLE SIGARETTE IL 7% DELLE ENTRATE FISCALI

Oggi il vizio del fumo genera introiti pari al 7%delle entrate fiscali di Stato. Questa nuova campa-gna pubblica non ha sortito lo stesso effetto chealtre iniziative correttive avevano, almeno super-ficialmente, saputo ottenere. Per chi ha frequen-tato la Cina negli ultimi anni, non sarà difficileammettere una sensibile diminuzione di cittadinimetropolitani in giro per le città in pigiama – pit-toresca caratteristica dagli indubbi risvolti di co-modità e praticità – fino allo sforzo di limitare alminimo indispensabile gli sputi, tradizione che af-fonda le radici nell’antica saggezza popolare del“meglio fuori che dentro”. Il controllo del fumoin Cina deve fronteggiare una serie di comporta-menti fortemente radicati nella società cinese,dove il rito della sigaretta accompagna una seriedi relazioni sociali tutt’altro che disdicevoli. E’buona educazione infatti, quando si conosce unapersona nuova o durante un incontro di lavoro,mettere a suo agio l’interlocutore offrendogli unasigaretta. In molti casi si arriva addirittura a teneredue pacchetti di sigarette: uno di qualità inferiore,per uso personale, ed uno rinomato e costoso, daoffrire tenendo in bella vista il marchio, una sortadi biglietto da visita aggiuntivo. Anche nei cenonidi matrimonio, solita-mente, davanti ad ogniposto assegnato al risto-rante si trovano offertidalla coppia di sposi oda chi per loro una bot-tiglietta di baijiu (grappadi riso) ed un pacchettodi sigarette di marca Xi– letteralmente doppia

felicità, come i novelli sposi – mentre ancora oggi,nonostante le varie leggi promosse in merito, è so-cialmente accettato fumare al ristorante ed in taxi.La resistenza opposta dai camerieri o dai tassistiprima di accordare il via libera tabagista è presso-ché nulla. Le sigarette trovano spazio anche nella storia enell’iconografia del Grande Timoniere, che amavafarsi ritrarre in pose contemplative tenendo tra ledita una sigaretta, rigorosamente nazionale. Sem-bra infatti che Mao Zedong, agli albori della suacarriera rivoluzionaria, fosse un accanito fumatoredi sigarette 555, rinomata marca americana neglianni Sessanta; ma subito, per evidente conflitto diinteressi, decise di abbandonare le sigarette deidiavoli, ripiegando sulle Xiongmao, ovvero lePanda, prodotte nella regione del Sichuan. Il viziodel fumo, alla lunga, andava sempre più intac-cando la salute del presidente; così, intorno aglianni Settanta, una commissione di medici ordinòad una fabbrica della cittadina di Shifang la sele-zione e produzione di una miscela di tabaccomeno dannosa alla salute e ricca di erbe medicinalipensata appositamente per Mao, che passò quindialle sigarette arrotolate fino alla fine dei suoigiorni. Anche lo stesso Deng Xiaoping è stato unfedele fumatore delle Xiongmao. Lo scarto d’im-magine del fumatore cinese – prima idolatrato edemulato nelle vesti dei grandi presidenti, ora de-rubricato dall’elenco dei comportamenti esemplaridella dirigenza comunista – ha però iniziato ad in-fluire sulle abitudini dei giovani, facendo montaresempre di più lo sdegno pubblico in presenza discene con fumatori in film e telefilm di produ-zione nazionale: senza ricorrere a cifre ufficiali,nella fascia maschile ultraquarantenne, con mo-delli adolescenziali meno pop e più ideologica-mente allineati, sembrano concentrarsi la maggiorparte dei fumatori; tra i più giovani invece si fuma

di meno e con meno di-scriminazioni sessuali.Senza contare la forbicetra la modernità dei co-stumi metropolitani el’arretratezza delle cam-pagne non solo in am-bito culturale, ma anchein termini di consapevo-lezza salutistica. Il po-

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tere legislativo si è comunque adoperato per farrispettare le promesse internazionali, promul-gando divieti di fumo in luoghi pubblici e mezzidi trasporto, ma le amministrazioni ai quattro an-goli della Cina hanno lamentato la debole rispostadella popolazione, in aggiunta alla difficoltà di farrispettare nuove leggi così impopolari. Attual-mente sul mercato si trovano circa trenta marchidi sigarette, frutto della selezione dalle centinaiadi marche prima esistenti. Va detto che spesso iltabacco delle sigarette cinesi è affumicato o aro-matizzato ed ha un sapore molto particolare secomparato con le sigarette occidentali.

IL DOMINIO DEI BRAND LOCALIDominano i brand locali: i cittadini pechinesi pre-feriscono le classiche  Zhongnanhai, mentre nelresto del Paese le marche più popolari sono Hon-gtaishan, Hongtashan, Huanghelou, Yuxi e Pride. Le si-garette straniere occupano una percentualemarginale del mercato, e tra queste le Marlborosono sicuramente le più diffuse. I prezzi possonovariare dai 30-40 agli 8500 yuan a stecca (50cent– 1200 euro), ma è possibile trovare le stesse siga-rette a prezzi diversi in negozi a pochi passi di di-stanza e i posti dove è più facile trovare sigarettesono gli yanjiudian, negozi di alcol e tabacco disse-minati nelle città, che corrispondono più o menoai nostri tabaccai ma senza le varie restrizioni re-lative. Le edicole vendono solo pochi marchi e lifanno pagare qualche yuan in più, mentre risto-ranti, discoteche e birrerie hanno spesso tre oquattro tipi di sigarette che vendono a prezzimolto più alti del normale. Nel 2016 è entrata invigore una legge per cui è vietato fumare nei localinella municipalità di Pechino, e anche in altre cittàe a livello nazionale l’impegno contro il fumo neilocali ha portato a provvedimenti locali e sanzionipiù severe. Però, almeno per quanto riguarda Pe-chino, l’effettiva applicazione delle nuoveregole sembra lontana. I pechinesi sono abituati a“strette” del genere che durano solo qualche set-timana (furono imposte anche per le Olimpiadidel 2008) e periodicamente ci sono annunci a ri-guardo: in realtà negli uffici ed in molti ristorantisi fuma ancora come se nulla fosse. Il settore deltabacco in Cina riveste un ruolo di primo pianonell’economia del Paese: la Repubblica popolare

Cinese è divenuta leader mondiale del tabacco de-tenendo il 40% della produzione mondiale di si-garette, ed è lo Stato col più alto numero difumatori al mondo.

UNA STORIA LUNGA 400 ANNIIl tabacco ha fatto il suo ingresso nella Terra diMezzo oltre quattrocento anni fa, quando i mer-canti portoghesi introdussero la nuova piantaproveniente dalle Americhe in Asia. A differenzadei prodotti alimentari importati dal NuovoMondo (la Cina da sempre si mostra restia all’in-troduzione di prodotti “stranieri”), il tabacco co-nobbe subito fortuna nelle terre del CelesteImpero. A differenza di molti Paesi europei cri-stiani, dove al fumo all’inizio veniva associato il“fuoco dell’eterna dannazione”, nella cultura cineseprevalse una connotazione positiva: serviva perproteggere la comunità dai mali, e le sue proprietàprofilattiche sconfinarono dal pratico al simbolico.Il tabacco veniva infatti arrotolato in piccoli fascie bruciato in luogo dell’incenso negli altari e nellestufe domestiche in occasione delle cerimonie fu-nebri, per trasmettere messaggi ai defunti. E ilnoto spirito pratico dei cinesi non mancò di ap-prezzare il fumo del tabacco bruciato anche perallontanare gli insetti ed eliminare i cattivi odori.Inizialmente questo nuovo prodotto si affermòcon il nome originale (lo spagnolo el tabaco) traslit-terato e pronunciato alla cinese: Danbagu. Così loscrittore seicentesco Fang Yizhi descrive l’arrivodi quella che molti chiamavano “l’erba del sud”, pervia della sua provenienza dalle coste cinesi del sud-est: “Pian piano il danbagu si è diffuso entro i nostri con-fini, e ora molti portano una lunga pipa ed inghiottono ilfumo, spesso diventando dipendenti da esso”. Gli agricol-tori locali iniziarono a coltivare il prodotto nellearee costiere, sotto l’incoraggiamento dei coloniz-zatori, ma in seguito le coltivazioni si spostarononelle zone interne. I grandi fiumi furono le prin-cipali vie di comunicazione attraverso cui il ta-bacco si diffuse in tutto il paese. E la cronacapuntuale di questa diffusione è testimoniata dalYancao pu (“Manuale del tabacco”), testo redattonel 1805 da Chen Cong, famoso cronista e figuradi spicco dell’alta borghesia della provincia diShangai, nonché fumatore incallito e cultore deltabacco. Cong aspirava a creare un’opera che

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avesse la medesima autorità culturale di altri duegrandi classici d’elite – Il libro del tè e La storia delliquore – e riuscì nel suo intento: il suo testo fu ilpiù vasto compendio sul tabacco e la testimo-nianza più completa ad essere pubblicata in ma-teria nel periodo tardo imperiale. Intorno al 1880furono introdotti dalle grandi aziende straniere ra-dicate in Cina come la British American Tobaccoi primi macchinari per arrotolare le sigarette, cheprogressivamente spodestarono il fino ad alloraprevalente fumo mediante la pipa. In quegli annila BAT deteneva un ruolo di predominio nell’in-dustria del tabacco nella “Terra di Mezzo” grazieal suo evoluto sistema di marketing. Tuttavia, perportare il prodotto anche nelle zone più internedel Paese, la BAT si servì dell’esperienza di agentie mercanti cinesi, che si rivelò fondamentale peril successo delle vendite nel mercato locale. L’ac-cettazione del prodotto da parte dei consumatoricinesi fu relativamente rapida, tanto che, a partiredai primi anni del Novecento, numerosi impren-ditori locali istituirono delle società per la produ-zione delle sigarette. Ovviamente un fondamentale snodo anche nellastoria del tabacco cinese è rappresentato dagli ef-fetti della “rivoluzione” del 1949. A partire daquell’anno l’industria del tabacco subì diverse ri-forme strutturali, come conseguenza delle politi-che economiche e delle strategia di sviluppomesse in atto dal partito comunista cinese. Conl’ascesa al potere di Mao Zedong si verificò un’in-tensificazione della produzione, vendita e con-sumi di sigarette, sebbene le sue politichedispotiche si differenziassero nettamente dalle ri-forme di mercato e di internazionalizzazione at-tuate in seguito da Deng Xiaoping e dai suoisuccessori. Il lascito permanente del periodo ma-oista fu l’identificazione della mascolinità dell’attodi fumare: persino i famosi poster di propagandacelebravano la natura patriottica del fumo. I cit-tadini erano quotidianamente sottoposti all’in-fluenza di immagini che ritraevano i leader delpaese (Mao in particolare) con una sigaretta inmano in mezzo al popolo festante. La coltiva-zione di tabacco e la conseguente produzione disigarette incrementarono i posti di lavoro e gene-rarono robuste entrate fiscali, spingendo il PCCad impegnarsi nella formazione di un solido com-parto tabacchicolo: negli anni Cinquanta il go-

verno procedette alla nazionalizzazione di tuttele imprese operanti nel settore, e nel 1963 venneistituita la Zhongguo yaucao gongsi (Tobacco Indu-strial Corporation), vale a dire il nucleo fondantela STMA (State Tobacco Monopoly Administration)istituita nel 1982, a sua volta affiancata dal bracciooperativo, vale a dire la China National Tobacco Cor-poration (CNTC). Dall’adozione del sistema mo-nopolistico l’industria del tabacco ha potuto dareavvio ad un sistema di gestione bicefala: il Comi-tato Centrale ed il PCC dirigono l’STMA e tuttala correlata attività amministrativa, mentre allaCNTC è stata assicurata una gestione di improntamanageriale, con buona pace dei dettami dottri-nari. L’adozione di un approccio scientifico perlo sviluppo delle coltivazioni e tecnologico per ilmiglioramento della produzione ha reso il ta-bacco un elemento semplicemente essenzialedell’economia cinese. Oggi la Repubblica Popolare Cinese è il maggior pro-duttore e consumatore di tabacco al mondo. I colti-vatori gestiscono un terzo del raccolto mondiale el’industria monopolistica produce miliardi di sigaretteogni anno. Più di 300 milioni di uomini e 20 milionidi donne risultano essere fumatori abituali. Il governocinese mantiene sotto una rigida disciplina l’interomercato, non solo controllando la produzione e leesportazioni dei marchi locali, ma limitando forte-mente le importazioni e la produzione in territorio ci-nese da parte straniera. Ogni anno, infatti, solo l’unoper cento delle sigarette prodotte in Cina viene espor-tato, anche se allo stesso tempo la Cina cerca di esten-dere il proprio ruolo all’interno del mercato globaleattraverso partnership strategiche con le maggioricompagnie internazionali. Per tale ragione nell’ultimodecennio l’industria del tabacco cinese ha ridotto ilnumero di fabbriche e di marchi di sigarette, alloscopo di realizzare economie di scala e concentrare ipropri sforzi sulla produzione di un numero ridottodi tipologie di sigarette, maglio in grado di competeresui mercati esteri. Nel 2005 la CNTC e la Philip Mor-ris International stipularono un accordo in materia direalizzazione e vendita di sigarette americane in Cina:da allora il marchio Marlboro viene prodotto e distri-buito nella repubblica Popolare. In cambio, la PhilipMorris ha permesso alla CNTC di stabilire delle jointventure che le permettano di far conoscere su alcunimercati esteri – in particolare dell’area asiatica – i pro-pri marchi.

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a pura e gratuita cattiveria verso i fuma-tori da parte del movimento anti-fumoe dei media è una delle cose che, comeho già detto, ha scatenato la mia voglia

di capire come stessero davvero le cose. Seun’autorità medica mi ricorda che il fumo puòessere un male per la mia salute, si potrebbe so-stenere che sta solo facendo il suo lavoro.Quando inizia a chiamarmi stupido, patetico, an-tisociale, sporco, puzzolente, allora sta succe-dendo qualcos’altro. Mi sembra loro stiano (a)tradendo un pregiudizio estetico che non do-vrebbe essere la loro preoccupazione, ma dicerto aiuta a spiegare il loro zelo; o, (b) ammet-tendo tacitamente che il fumo ha un forte ri-chiamo, tale da non rendere sufficienti leavvertenze sanitarie oneste.Ci sono ragioni per questa isteria anti-fumo,però, che vanno oltre la moda o i pregiudizi. Fino a non molto tempo fa, le aziende del ta-bacco sponsorizzavano eventi, generavanoenormi introiti pubblicitari, ed erano general-mente considerate come pilastri della comunità.Tramontata quella fase, si è fatta strada la consa-pevolezza che potrebbe essere più redditizio, siafinanziariamente che politicamente, essere antifumo anziché schierarsi a favore. Gli avvocati, leautorità fiscali, e tutti i tipi di gruppi di pressioneper la salute in cerca di finanziamento, hanno ot-tenuto sempre più denaro, reso disponibile dal“controllo del tabacco” (circa 880.000.000 $ ognianno negli Stati Uniti solo dal MSA) . E nessunpolitico vuole essere considerato appartenente alfronte “anti-salute”, o come un apologeta dello"spauracchio fumo". Ogni movimento ha biso-gno di un cattivo, che tutti sono chiamati ad evi-

tare. E proprio come la natura aborre il vuoto,altri interessi si sono spostati in alcuni degli spazilasciati liberi dalla filiera del tabacco. Primo di tutti i beneficiari è il soggetto la cui ric-chezza, potere ed influenza si sono impennatiad altezze inimmaginabili 20 o 30 anni fa: BigPharma, o l’industria farmaceutica. Non cessamai di stupirmi come la gente non veda gli inte-ressi presenti su entrambi i lati di ogni dibattitosul tabacco. Naturalmente gli argomenti dovreb-bero essere giudicati per i loro meriti. Ma se glianti-fumatori sono così determinati nei confrontidi Big Tobacco, allora dovrebbe almeno essere evi-denziato che anche loro sono aperti a accuse diparzialità. Ci sono più di 1,2 miliardi di fumatorinel mondo. Convincerli tutti che il fumo uccide,e che essi sono in realtà tossicodipendenti chenecessitano di aiuto terapeutico, spalancherebbeun mercato colossale per la nicotina farmaceu-tica, sotto forma di patch, gomme e inalatori. Ifumatori sono anche un mercato di riferimentoper i farmaci antidepressivi. Quindi non è uncaso che Big Pharma risulti ora essere una forzatrainante del movimento anti-fumo. Johnson &Johnson, attraverso la sua Robert Wood Johnson Foun-dation, ha speso più di mezzo miliardo di dollariin campagne anti-fumo. Gran parte della ricercacitata da anti-fumatori è finanziata in un modoo nell’altro da aziende farmaceutiche. Ci sono in-numerevoli esempi di aziende farmaceutiche chepremiano i politici che prendono una posizioneanti-fumo: Novartis, un creatore di cerotti allanicotina, è un donatore al partito britannico la-burista, e ha cercato di lavorare con il governoper rendere i loro prodotti disponibili attraversoil Servizio sanitario nazionale. Un’altra forza trai-

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Fumo, bugie e lo Stato-balia(parte quarta)

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nante nel movimento anti-fumo è l’Organizza-zione Mondiale della Sanità, il cui nome, per lamaggior parte delle persone, incute un rispettoimpressionato, ma che suscita sempre di più lecritiche di coloro i quali cercano di conoscerequella realtà un po’ più da vicino. L’OMS è statocreato nel 1948 dalle Nazioni Unite per la lottacontro le malattie trasmissibili e la malnutrizione,soprattutto nelle nazioni in via di sviluppo. Re-centemente, però, le sue priorità si sono spostateper affrontare le questioni attinenti lo “stile divita”, come il fumo, la dieta, l’obesità e la sicu-rezza stradale, soprattutto nei paesi occidentaliprosperi. Questi sono i paesi in cui l’OMS ha isuoi uffici e il personale (la sua sede centrale è aGinevra), per mantenere a galla i quali utilizzauna sorprendente quota - tre quarti! - del suo bi-lancio. Questi Paesi sono anche quelli su cuil’OMS conta per ottenere i finanziamenti. Negliultimi anni tali sostegni sono stati ottenuti asse-condare le moda liberale della classe media ame-ricani ed europea, e “andando a letto” con BigPharma. Nel 2005, l’OMS ed i suoi partner hanno creatola Convenzione quadro sul controllo del tabacco(FCTC), che è stata firmata da più di 100 nazioni.I firmatari si impegnano a bandire la pubblicitàdel tabacco, “educare” la gente sugli orrori delfumo tanto attivo quanto passivo, e “proteggere”i non fumatori con divieti di fumo (anche se idettagli sono in qualche misura flessibili). Con-siderazioni circa il fatto che tali azioni risultinoin contrasto con le costituzioni di alcuni dei paesicoinvolti, o il fatto che proprio la ricerca del-l’OMS non sia riuscita a trovare alcun pericoloreale nel fumo passivo, o il fatto che anche in unPaese relativamente tabacco-fobico come laGran Bretagna lo stesso Office for National Stati-stics governativo affermi che il 68% della popo-lazione non vuole un divieto di fumo, sono tuttecompletamente rigettate.

FUMO DALLE ORECCHIETutto ciò, paradossalmente, fa sì che io stessoproduca fumo, ma dalle orecchie: tale risulta es-sere la mia incazzatura. In primo luogo sono ter-ribilmente arrabbiato per il fatto che a me, unadulto responsabile, sia proibito godere di una

sigaretta quando mi concedo un drink in com-pagnia. Ciò che mi rende più furioso, però, è ilvedere come il servizio sanitario nazionale delmio paese sia allo sbando, con i medici e gli in-fermieri a rischio di licenziamento, diversi ospe-dali prossimi alla chiusura, e con la gente in attesaper mesi di interventi chirurgici importanti; econtemporaneamente come lo stesso organismospenda milioni di sterline di denaro dei contri-buenti (i miei soldi!) per spot televisivi pieni disinistri effetti speciali alla Spielberg con terrifi-canti spirali di ‘fumo passivo’ che avvolgono vit-time innocenti, per diffondere la paura el’intolleranza e per rappresentare i fumatoricome me - senza una valida prova, lo ripeto –nella veste di assassini. Sono arrabbiato neroperché gli Stati Uniti non riescono ad affrontarein modo credibile questioni quali il terrorismo,la povertà, il crimine violento o l’inquinamentoambientale, ma spendono ben oltre un miliardodi dollari l’anno per la propaganda disonestacontro il fumo. Sono arrabbiato nero per il fattoche l’AIDS, il tifo e la dissenteria continuano adiffondersi nei Paesi in via di sviluppo, e più di 2milioni di bambini ogni anno muoiono sempli-cemente dalla mancanza di accesso all’acqua po-tabile; ma l’Organizzazione Mondiale della Sanitàspende milioni per cercare di costringere i citta-dini dei Paesi ricchi a rinunciare ai loro piaceri,quando quei cittadini vivranno una vita lunga ein buona salute in generale in ogni caso. Sonomolto arrabbiato con l’auto-referenzialità che ac-compagna l’attuale clima anti-fumo, che è inlarga misura un fenomeno politico ed econo-mico. Il successo senza precedenti del movi-mento anti-fumo nel corso degli ultimi dieci annicorrisponde direttamente ad infusioni senza pre-cedenti di denaro dal Master Settlement Agreemente al patto di OMS con Big Pharma. Molto sempli-cemente, l’industria del tabacco è stata osteggiatada un’industria anti-fumo altrettanto ricca e po-tente, le cui tattiche sono quelle del combattentedi strada che, dopo aver buttato giù il suo ne-mico, procede a dargli una bella scarica di calci.Ogni movimento proibizionista nasconde in re-altà un fondamento puntato sul potere e sul pro-fitto, ma si presenta all’esterno ammantato diparoloni come salute e moralità. Ogni volta che

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si può dimostrare che un piacere umano com-porta qualche rischio, le porte sono aperte perchi vuole tassare, fare causa, regolare, legiferaree discriminare. La storia della cattiva fama del-l’assenzio nell’Ottocento, per esempio, rappre-senta uno splendido parallelismo: la stessapseudo-scienza, selettiva e appoggiata da unasproporzionata propaganda, lo stesso allarmismoe la stigmatizzazione degli utenti, e dietro lequinte i reali e non riconosciuti interessi acquisiti(in quel caso, l’industria del vino francese). In-fine, sono molto arrabbiato per il fatto che la ‘sa-lute pubblica’ sta rapidamente accumulandopoteri che ignorano totalmente il processo de-mocratico. Questo può essere visto a molti livelli:gli ispettori sanitari del sindaco di New Yorkhanno poteri di ingresso e di ispezione che su-perano quelli della polizia (e arrivano, tra le altrecose, a perquisire uffici privati delle persone,multandoli per il fatto di essere in possesso di unportacenere ). Ma questo indirizzo si sublimanella parabola dell’Organizzazione mondialedella Sanità, che detta letteralmente l’agenda ai

politici di governi democraticamente eletti.Anche se per taluni la mia può apparire l’enne-sima “teoria del complotto”, tutte le prove sug-geriscono che le autorità sanitarie e le loro alleatecase farmaceutiche stanno istituendo uno Stato-Balia sovranazionale che sarà sempre più pro-penso a scandire i nostri stili di vita, che ci piacciao no. Negli ultimi anni ho preso l’abitudine difrequentare una palestra londinese dove, durantel’esecuzione sul tapis roulant, mi sono sciroppatoore di video musicali su schermi disposti ovun-que. Ok, alcuni di questi sono divertenti, ma tuttisembrano essere governati da regole severe. Nes-suno sembra più vecchio di 25 anni. Sono tuttisottili ed attraenti, e le telecamere indugiano suiloro muscoli addominali scolpiti. La danza ad altaenergia non si ferma mai. Alla fine ho capito ilmotivo per cui questi video mi mettevano a di-sagio. Mi stavano ricordando i film di propa-ganda nazista di Leni Riefenstahl, in cui grandiprocessioni di perfetti esemplari giovani arianieseguivano esercizi di ginnastica per ispirare lanazione tedesca. Certo, è bello essere sani ed in

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forma. Ma è anche un po’ modaiolo e narcisi-stico, e noi rischiamo di diventare una società diipocondriaci cronici. Un ipocondriaco è qual-cuno nevroticamente ossessionato dal propriostato di salute. Tale condizione lascia vulnerabilia ogni sorta di manipolazione, così come l’osses-sione parallela della sicurezza. L’idea di “rischiozero” è altrettanto di moda, ma credo che quantopiù siamo incoraggiati dalle autorità a chiederlo,tanto più rischiamo la infantilizzazione collettiva.Una persona matura dovrebbe accettare che ilconcetto di “rischio zero” è un’illusione. Il “pro-blema fumo” è parte di un tema molto piùampio, in cui la “salute pubblica” attiene sempremeno alla guarigione dei malati e sempre di piùall’ingegneria sociale. Stiamo permettendo che inostri piaceri, le abitudini, le manie e le imperfe-zioni vengano ridefiniti come sindromi che ne-cessitano di un (redditizio) interventoterapeutico. Siamo costantemente alla ricerca dicapri espiatori e di panacee, e sembriamo (so-prattutto negli USA) interpretare la vita come ungioco piuttosto disperato, dove chi vive il piùlungo possibile è il vincitore. Il problema è chestiamo dimenticando come divertirci a giocare.Abbiamo creato noi un terreno fertile per unaJihad contro il tabacco? O è la nostra cultura adessere stata mutata dagli anti-fumatori e crociatiaffini? Penso che ci sia probabilmente un po’ diverità in tutte e due le ipotesi. In entrambi i casi,tutto ciò mi dà i brividi.

IN CONCLUSIONEHo dipinto un bel quadro desolante, e sono si-curo che alcuni lettori penseranno: sicuramentele cose non sono messe davvero così male. Beh,forse non lo sono. Ammetto, per esempio, chemolti anti-fumatori sono ben intenzionati. Madevo dire le cose come le vedo: molti sono ancheignoranti, ingenui, pieni di pregiudizi, o sempli-cemente dei veri bulli. Alcuni dei peggiori sonogli ex-fumatori, che compensano la perdita di unamore trasformandola in odio. Qualunque sianole loro motivazioni, però, gli anti-fumatori hannousato l’allarmismo e la scienza spazzatura per tra-sformare milioni di persone in capri espiatori, eper costruire un potente movimento proibizio-nista che si è collocato al di là di ogni critica e diogni responsabilità. Mi consola in parte la con-

vinzione che, mentre stanno vincendo la maggiorparte delle battaglie, non possono in ultima ana-lisi vincere la guerra. Non si può “non-inventare”il tabacco, e ci saranno sempre molte persone cheameranno il fumo. Anche adesso ci sono barlumidi speranza. Il parlamento olandese, a differenzadel parlamento del Regno Unito, ha sviluppatoun dibattito approfondito e aperto sul fumo pas-sivo e nel 2005 ha votato contro il divieto difumo, e la locale industria alberghiera ha pianifi-cato una campagna per l’introduzione di una mi-gliore ventilazione e per un numero maggiore diaree per non fumatori, tuttavia su questo non èstata fatta una parola nei media americani o bri-tannici. Nel breve termine, le cose andranno an-cora peggio, non solo per i fumatori, ma per tutticoloro il cui stile di vita o le abitudini sono con-siderati “a rischio” o “malsane”‘. Quelli di noiche vogliono resistere rischieranno di essere rie-ducati. Non ha senso fare appello ai nostri “di-ritti”; fintanto che siamo percepiti come soggettirivolti a commettere sia il suicidio che l’omicidionon abbiamo alcuna possibilità d’ascolto. Ma, na-turalmente, questo non comporta che noi sismetta di lottare per le nostre ragioni!

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l terremoto ha colpito il cuore della nostrapenisola, un’area vastissima che va dallepropaggini orientali del Lazio fino alla col-lina adriatica, dal Fabrianese, nelle Marche,

al limite settentrionale della provincia de L’Aquila,in Abruzzo. Al centro di questo enorme cratere ci sono i montiSibillini, una catena montuosa splendida, protettada oltre vent’anni da un Parco nazionale. Qui ilterritorio è scandito dalle valli: la valle del Nera, laVal di Chienti, la valle del Fiastrone. In ogni vallesi trovano decine di nuclei abitati, piccoli o picco-lissimi, che compongono la “geografia dell’anima”di migliaia di persone che hanno a cuore questiluoghi. Libero Evangelista, titolare del DFL di Macerata,questa zona la conosce come le sue tasche ma,come tutti da queste parti, è convinto di essere vis-suto nell’anonimato fino ad oggi. “Avete mai sentitoparlare di Macerata? Forse gli sportivi alternativi e attentiricorderanno la Lube Bancamarche per la pallavolo, i me-lodici nostalgici ricorderanno Jimmy Fontana e i più colticonoscono l’Universitatis Maceratensis. Ma ora ci ricorde-ranno per il terremoto! ”. Ha ragione Libero, non sono in molti a conoscerequesto angolo di Appennino, forse anche per viadel carattere dei suoi abitanti, poco avvezzi ai ri-flettori. Gente orgogliosa, apparentemente schivama solo ad un’analisi superficiale, grandi lavoratorie grandi risparmiatori, quasi gelosi di una terra bel-lissima, dolce e vera, ricca di eccellenze in tanti am-biti: dalla cucina all’arte, dalla cultura alla natura.Anche Libero è rimato senza casa, è uno dei 28.000sfollati di questo catastrofico evento. “Vivevo in unpalazzo storico del centro di Macerata, palazzo Costa, al-l’ultimo piano, in un appartamento bellissimo. La prima

settimana abbiamo dormito nel deposito, io, mia moglie emia figlia. Dopo un breve periodo in B&B abbiamo trovatoun appartamento in affitto, siamo stati fortunati, abbiamoun lusso che in molti non possono più avere: ci sono paesiche probabilmente non si risolleveranno più”. Ha ragione Libero, ancora una volta. Nel macera-tese sono 15 i Comuni colpiti in maniera grave, 20le tabaccherie danneggiate, con una situazionenelle aree interne difficilissima: da Camerino allavalle del Nera, zona dell’epicentro delle scosse del26 ottobre, sono pochissimi i residenti che hannoscelto o hanno avuto la possibilità di rimanere.

PAESAGGI VIOLATI DAL “MOSTRO”PICCOLE STORIE DI PICCOLE

RIVENDITECHE NON SI VOGLIONO ARRENDERENe sa qualcosa Rita Vallesi, titolare della tabacche-ria di San Lorenzo al Lago, a Fiastra, che era abi-tuata a ben altri numeri. “Il calo delle vendite si notaproprio, a Fiastra non c’è più nessuno ormai! Il nostro edi-ficio ha retto bene, non siamo stati chiusi neanche un giornoanzi, durante l’emergenza del primo periodo non abbiamonemmeno effettuato la chiusura settimanale ”. A Fiastra il terremoto sembra non esserci stato senon si fa attenzione al particolare che le case sonoquasi tutte vuote: su 800 abitanti più della metàsono alloggiati sulla costa o in autonoma sistema-zione. C’è un bellissimo lago che negli anni è di-ventato meta di amanti della natura e dello svagoestivo grazie al buon collegamento stradale conl’Umbria e con la costa adriatica. Nel Comune ci sono tre rivendite e solo una è chiusaa causa del terremoto. Non riaprirà per il momento,perché la titolare ha riconsegnato il locale - inagibile- al Comune e intende vendere la licenza.

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DFL di Maceratail terremoto e la forza di ricominciare

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La terza rivendita è situata in una frazione, Fiegni,ed è uno spaccio di paese. Il titolare è Ugolino Se-stili e insieme a sua moglie, Giovannina, sono unavera e propria istituzione locale, ultimo esempiodi una tipologia di negoziante che ha fatto la storiadel nostro paese. Sono coetanei, classe ‘33, e dal1977 nel loro locale hanno visto passare genera-zioni di fiastrani, assistendo allo spopolamentoinesorabile di queste vallate. Il terremoto ha datoil colpo di grazia come ci racconta Luigina, la fi-glia, che oggi porta avanti il negozio. Ugolino eGiovannina sono rannicchiati accanto alla stufa agas, l’inverno ha spinto sull’acceleratore dopo Na-tale e anche questo non aiuta. Nessuno dei treperde mai il sorriso, neanche in questi tempi cosìdifficili, neanche parlando di un futuro che si fa-tica ad immaginare: “A Fiegni siamo rimasti in sei, tresiamo noi, gli altri tre neanche fumano”. La vicina valle del Nera è messa ancora peggio. Almomento le rivendite dei Comuni di Visso, Ussitae Castelsantangelo sul Nera sono tutte chiuse,tranne una. Libero è un amante della montagna,socio del Club Alpino Italiano e scialpinista, cono-sce bene questa valle, porta di accesso al cuore deiSibillini. Ci ritroviamo a parlare delle paste dellosplendido bar Sibilla, del ciauscolo di questa o diquella bottega ma non c’è più niente di tutto que-sto ora a Visso. Qui è cambiata la geografia dei luo-ghi, i fiumi hanno deviato il proprio corso e ilNera, importante immissario del Tevere, ha au-mentato in maniera preoccupante la propria por-tata. La popolazione è stata interamente evacuata,sono rimasti solo una trentina di ragazzi che sisono organizzati un campo provvisorio di roulotte.

Insieme a loro solo le forze dell’ordine circolanodi questi tempi, eppure Massimo Crisantemi ha ria-perto la sua tabaccheria facendo quasi tutto dasolo. Senza aspettare i tempi del comune ha ini-ziato a fare le piazzole per le strutture provvisorienel giardino di casa sua, si è comprato un prefab-bricato - con un contributo della FIT e con i soldisuoi - poi ha offerto la possibilità ad altri tre com-mercianti del paese di usufruire delle sue piazzole:“Sono gli unici quattro esercizi commerciali di Visso: lamia tabaccheria,un alimentari, la banca e il forno. Diamoun minimo di servizio a chi è rimasto ma non circola nes-suno. Con la Valnerina ancora chiusa poi…”. Visso èspezzata a metà infatti, una bella fetta della goladella Valnerina è franata sulla strada e sul letto delfiume creando un laghetto. Non si parla di riaper-tura in tempi brevi mentre i lavori per la realizza-zione degli spazi che ospiteranno le casette di legnoper i residenti sono iniziati. Ma saranno lunghi,sempre a causa della particolare orografia del ter-ritorio, croce e delizia degli abitanti di questa valle.

ORGOGLIO E RISERVATEZZA DEIMARCHIGIANI PRONTI A LAVORARE

PER LA RICOSTRUZIONESono in molti ad aver ricevuto aiuti e lo stesso Li-bero, grazie all’appoggio della Philip Morris Italia,ha contribuito donando oltre 30.000 euro di siga-rette ai rivenditori in difficoltà. Ma la maggiorparte dei tabaccai qui vuole ripartire, ha bisognodi un container e di uno spazio dove posizionarlo.Anche Bruno Carnevali, titolare di una rivenditadi Muccia, nella Val di Chienti, ha fatto tutto dasolo. Il suo era un bar ristorante molto frequen-tato, posto alla confluenza della Vanerina e dellastatale Val di Chienti, che collega il versante adria-

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tico con la Flaminia e con Roma. Libero lo ha sen-tito il giorno dopo la forte scossa del 26 ottobre eBruno, prima ancora di rassicurarlo sulle sue con-dizioni, ha chiesto che gli venissero consegnate lesigarette. “Chi si ferma è perduto – ha detto al tele-fono - anche a costo di venderle con un tavolino di fuorinon smetto di lavorare”. E così, più o meno, ha fatto:ha allestito due tendoni provvisori, attaccati allaveranda del ristorante - unica porzione agibile diun enorme stabile costruito dall’ENI negli anniSessanta, un ex Motel Agip - ed ha iniziato subitoi lavori per il nuovo edificio, una struttura prefab-bricata che presto ospiterà l’attività fino al com-pleto restauro del suo Hotel Ristorante. Qui sono abituati a fare da soli, a non restare conle mani in mano, con orgoglio e riservatezza che,però, rischiano di finire nella rassegnazione cometeme Libero: “Nessun morto sotto le macerie, ma danniincalcolabili e forse irrimediabili, paesi e montagne ignoteai più, di una bellezza rara ed incontaminata, ora non piùraggiungibili. Dorsali spaccate e tagliate come budini, pa-lazzi storici imponenti rimasti in piedi ma distrutti nelcuore. Ho paura soprattutto che si venga dimenticati prestoe lasciati in balia dell’approssimazione e delle burocratichetele politiche ed amministrative”.

LIBERO EVANGELISTA SI RACCONTA“Ho iniziato a lavorare in Deposito nel 1991,dopo un periodo di studi universitari e la gestionedi una tabaccheria. Ho avuto la fortuna di avere almio fianco mia moglie Brunella e mio suoceroSandro, con l’ausilio esterno dei gestori dell’exMagazzino Vendita di Tolentino Marco Scoppo-lini, ora avvocato in un famoso studio legale, e del-l’ex Magazzino di Senigallia di Paolo D’Onofrioancora in attività ad Ancona.

Dopo i vari passaggi che tutti noi abbiamo su-bito, ricordo che in quegli anni nelle Marchec’erano 21 Magazzini contro i 4 ad oggi, nel 2013da DFL siamo passati a TP. Le rivendite aggre-gate sono circa 450 disseminate in 68 comunidelle provincie di Macerata e Fermo su una su-perficie di circa 3300 Kmq Le tabaccherie tra-sportate sono 260, due i furgoni utilizzati per unapercorrenza annua complessiva di circa 50.000Km. Due i collaboratori, con il compito sia di au-tista che di magazziniere, dal 2014 anche mio fi-glio Umberto entra a lavorare in Deposito e sioccupa sia del tabacco che di Terzia, io ovvia-mente sono il cosiddetto jolly.

L’ESPERIENZA DEL COMMERCIALEAPPLICATA ORA A TERZIA

Sin dai primi anni ‘90 mi sono occupato della ven-dita di prodotti alternativi al tabacco, iniziandocon gli accendini poi con le schede internazionalie via via con quasi tutti i prodotti che si vendevanoin tabaccheria. Poi con l’arrivo di Terzia c’è statoun altro cambiamento epocale, che ha fatto se-guito a quello del trasporto tabacchi. Anche stavolta abbiamo intrapreso una nuova av-ventura ed in breve Terzia è diventata di granlunga l’impegno principale dato che Logista cam-mina da sola, sia per il buon rapporto con ilgruppo del DFT di Anagni con cui si collaboraproficuamente che per l’ausilio di mezzi informa-tici via via sempre più sofisticati e idonei, come ilsistema Sap ed i palmari. Per Terzia siamo ancora giovani, ma aggiustandopiano piano il tiro, sono convinto che in brevetempo si possano raggiungere buoni risultati”.

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edizione di “Agemos sulla Neve”2017 quest’anno si è svolta inAbruzzo, terra splendida ma diffi-cile e dura, compresa tra le mon-tagne aspre e il mare azzurro. E,

come i suoi abitanti, caparbia e tenace, ce lasta mettendo tutta per uscire fuori dall’in-cubo che ultimamente l’ha colpita, devastatadal terremoto, dalle slavine, dalla neve, tantaneve. Molti i Gestori che hanno accolto l’invito delPresidente Carmine Mazza ed hanno parteci-pato ai consueti, e quest’anno ancora piùbelli, giorni sulla neve. Belli, perché sono statigiorni all’insegna del sole, dell’abbondanteneve, del buon cibo, del divertimento e dellacultura. Una splendida scelta, quella di Roc-caraso, tra le maggiori stazioni turistichemontane dell’intero Appennino, località cheha riservato una straordinaria ospitalità allamanifestazione. E che “Agemos sulla Neve”ha salutato con entusiasmo. La scelta delle montagne del centro Italia hafavorito la partecipazione di tanti Colleghi ar-rivati dalle regioni meridionali e dalle isole,come Franco Bisagno, da Tempio Pausania aRoccaraso con la moglie Patrizia e il figlio Da-niele, e Paolo Aquila da Avellino, anche luicon la famiglia. Ben tre le partecipazioni dallaSicilia, da Gela Romina Russello e il maritoVincenzo, da Ragusa Pippo Barrano con lamoglie Maria Teresa (per entrambe le coppieera la prima volta!), ed infine Francesco Mac-carone la moglie Maria Assunta da Roccalu-mera. Debutto anche per il DFL di Ancona,rappresentato da Cristina D’Onofrio, e per ilDFL di Taranto con Giancarlo Visco. Tra gliamici della “famiglia” del Nord non sono vo-luti mancare i fratelli De Stefani, Paolo Gal-lana, Edoardo Varagnolo, Corrado Garino,Gianfranco De Luca. Dal centro Italia, semprepresente con moglie e figlie bellissime PaoloPerugini da Montefiascone, Walter Valenti daAprilia e il “gruppo” Fiorelli - De Cesaris daRoma. Padroni di casa, il Presidente CarmineMazza, il Vicepresidente Nello Ienco, il Teso-riere Antonio Bettini e il Direttore GeneraleRiccardo Gazzina. Per chiudere in bellezza,

anche quest’anno non è mancata la presenzadi Nicola Fogolin che non ha voluto rinun-ciare a salutare gli amici dell’Associazione.

CON GLI SCI, GLI SNOWBOARD E LE CIA-SPOLE SPORT E DIVERTIMENTO

Molti Gestori hanno approfittato delle bellegiornate per sciare nel grande comprenso-rio di Roccaraso, da Rivisondoli-Monte Pra-tello a Pesco Costanzo all’Aremogna.Complici una neve straordinaria ed un solemagnifico, si è potuto godere appieno dellegrandi piste sia con gli sci che con gli snow-board, e assaporare la buona cucina nei varirifugi ad alta quota, dai quali si godono pa-norami mozzafiato. Ma anche per i signori ele signore non sciatori ci sono state dellebelle opportunità di svago: venerdì pome-riggio i maestri e guide alpine di AMA TREK-KING, Giuseppe e Mario, hannoaccompagnato un gruppo di Gestori e i lorofamiliari a fare una lunga passeggiata conle ciaspole ai piedi per gli altipiani maggioridi Pesco Costanzo, due ore di sano camminoin mezzo al bosco di Sant’Antonio sulla nevefresca tra piante bellissime di rosa canina,alberi di faggi, piante di muschi e licheni, etracce di lepre… L’escursione è finita al ri-fugio a valle, dove era stato allestito unaperitivo al quale hanno partecipato anhegli amici sciatori, e tra un buon vino localecome il Montepulciano d’Abruzzo e stuzzi-

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chini di salumi e formaggi locali, tutti gli av-ventori si sono potuti riprendere dalla sanastanchezza e dal freddo.

LA VISITA A CASTEL DI SANGRO E ALLA PI-NACOTECA PATINIANA

Sabato è stata invece organizzata una bellavisita culturale a Castel di Sangro, diventatacittà per concessione di Carlo III Re di Na-poli e Sicilia, nel 1744; il tour si è concentratonella parte più antica del centro storico, cioènella rocca dove ha sede la Basilica di SantaMaria Assunta e dove si trova Palazzo Petracon la Pinacoteca Patiniana.E proprio nella Pinacoteca, che il Comune diCastel di Sangro ha dedicato al suo insignepittore Teofilo Patini, “il Verga del Pennello”(Castel di Sangro 1840 Napoli 1906). L’Asso-ciazione Parnassio con la professoressa Cin-zia e gli operatori culturali Federica e Mariohanno guidato i visitatori alla scoperta e co-noscenza del grande artista abruzzese. Tantele bellissime tele, prima fra tutte “Bestie dasoma” del 1886. Il quadro, in un paesaggiotipico dell’entroterra montuoso abruzzese,aderisce perfettamente alle istanze socialiveriste ritraendo con figure a grandezza na-turale un episodio di vita quotidiana: tredonne, dall’adolescenza all’età adulta ven-gono colte in un momento di pausa dalladura fatica, dopo essersi recate in montagnaper la raccolta della legna da ardere. I lorovolti e le loro mani esprimono tutta la soffe-renza e la durezza del lavoro ed i loro sguardipuntano alla rassegnazione per una vitavolta alla miseria e al sacrificio. Un altro qua-dro molto significativo è “Via Paradiso a Ca-

stel di Sangro”, stradaancora oggi esistente e ri-masta quasi uguale aquella rappresentata nellatela del 1884. Patini di-pinge una delle viuzze delsuo paese natale denun-ciando l’estrema povertàdel tempo: le uniche fi-gure presenti nel dipintosono due bambini cenciosi

e scarni ai bordi della strada. Questa tela èstata scelta dal critico d’arte Vittorio Sgarbiper l’esposizione nel Padiglione Italia al-l’EXPO di Milano del 2015. La visita si è con-clusa con un piccolo pranzo dentro il belpalazzo, sede della Pinacoteca, a base di pro-dotti tipici del territorio, una cucina poverama molto saporita e buona.Tutti gli ospiti della manifestazione hannopotuto poi rilassarsi, chi dalle fatiche spor-tive, chi dalle fatiche intellettuali, nella bel-lissima piscina dell’albergo AQUAMONTISRESORT di Rivisondoli ed usufruire dei servizidella SPA facendosi coccolare e riposandosi.

TANTE RISATE CON LO SPETTACOLO DIRITA PELUSIO

Come da tradizione, i “giorni bianchi” dei Ge-stori sono stati festeggiati con la tradizionalecena di gala, appositamente preparata dallochef dell’albergo, e lo spettacolo teatraledell’attrice comica Rita Pelusio, nota ai piùper i suoi personaggi della “Giovanna” e di“Morchia la riserva della Winx” eseguite neipalchi televisivi di “Zelig” e “Colorado”. Rita,persona simpaticissima e assai divertente, hadeliziato il pubblico con alcuni pezzi trattidallo spettacolo, di cui è anche autrice, “Eva,Diario di una costola”. Attraverso l’interpre-tazione magistrale di vari personaggi, dal-l’adolescente ribelle alla manager in carriera,dalla ragazza gay in un piccolo paese pu-gliese alla anziana madre prigioniera dellabadante per volontà della figlia, la Pelusioracconta la “disobbedienza femminile”, la vo-lontà di cambiare e la possibilità di emergere.Uno spettacolo esilarante, ma che non mancadi far riflettere sul mondo femminile e ma-schile e sui tanti stereotipi che li caratteriz-zano.Davvero dei bei giorni, quindi, quelli trascorsia Roccaraso, perfettamente organizzati conil sostegno operativo ed economico dell’As-sociazione e grazie al contributo di Ecomap.Una formula che si conferma vincente, e checontinua ad offrire ai Gestori un’opportunitàdiversa per conoscersi meglio e confrontarsisulla gestione del lavoro.

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a fatto finalmente la sua comparsaanche nelle librerie italiane il bel volumedi Iain Gately – pubblicato da Donzelli– intitolato “La diva nicotina”: un saggio

che ripercorre il lungo itinerario attraverso i secoli,il costume e le vicende storiche mediante il quale iltabacco è riuscito a sedurre il mondo. Presentatocome una musa al suo debutto nel West End, esal-tato come una panacea per tutti i mali in Inghilterra,considerato un po’ dovunque benefico, con unforte potenziale medico, anche per curare il cancro. Al giorno d’oggi sembra incredibile, stretti comesiamo tra direttive comunitarie severissime ed ini-ziative governative volte ad introdurre in diversiPaesi misure estreme come il plain packaging, eppureun’ondata di contagiosa positività ha accompagnatola scoperta e la diffusione del tabacco. Senza peròdimenticare gli avversari che nel corso dei secoli ha

affrontato, tanto ad arrivare a fumatori condannati,torturati e giustiziati per aver acceso le loro siga-rette. E naturalmente ricordando tutti i grandi per-sonaggi che sono stati uniti o divisi da questapassione, da Casanova a Hitler, e da Einstein al si-garo di Sir Alfred Hitchcock e di Orson Welles. Ilprimo divieto è un decreto ecclesiastico emanato aLima nel 1588 e impediva il consumo ai sacerdoti,prima delle messe, pena la dannazione eterna. Ac-compagnato da immagini, il libro - pubblicato daDonzelli, a cura dell’agronomo ed economistaCarlo Sacchetto - documenta anche antiche testi-monianze come quella dei Maya che hanno raccon-tato la loro devozione al tabacco in elegantiraffigurazioni dove il fumo è un rituale di relax econtemplazione. Tra le illustrazioni, l’“Autoritrattocon pipa e cappello di paglia” di Vincent van Gogh e il“Fumatore con braccio appoggiato” di Paul Cezanne. 

Come il tabacco ha conquistato il Mondo secondo Iain Gately:

“La diva nicotina” in libreria

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Libri e Tabacco

Ma insomma, la diva nicotina chi è? Una musaispiratrice o una strega affascinante? Non si sa -racconta Gately, che ha studiato legge a Cam-bridge e vive a Londra dove ha lavorato nella fi-nanza d’impresa - in che modo gli uominiabbiano cominciato a interessarsi al tabacco la cuiprima coltivazione oscilla, secondo gli studiosi,tra il 5000 e il 3000 a.C. nelle Andeperuviane/ecuadoriane, ma è certo che le formein cui veniva assunto erano molteplici. Il tabaccosi fiutava, masticava, mangiava, beveva, si spal-mava sui corpi, veniva offerto agli dei e il suosucco veniva usato per uccidere pidocchi e paras-siti. Ma il suo principale utilizzo, viste le proprietàantisettiche e analgesiche era come medicina peril mal di denti, i morsi di serpente, le ferite. Fon-damentale per la formazione spirituale degli scia-mani che si drogavano di tabacco nella loroiniziazione ed erano convinti che il fumo passivofosse una forza benefica per i non fumatori e ad-dirittura che potesse combattere il cancro. Nel1492, quando Cristoforo Colombo arrivò inAmerica, il tabacco e il suo utilizzo erano diffusiin tutto il continente americano e le pipe eranouna parte significativa del patrimonio culturale deinativi americani. E quando la nicotina arrivò inEuropa, all’inizio affascinò tutti, e il tabacco ve-niva coltivato nei giardini dei palazzi. In Italia ilcommercio era gestito dal clero. La guerra contro “l’ingannevole erba” cominciòcon Giacomo I, il re scozzese d’Inghilterra, e trarifiuti, mediazioni, usi del tabacco anche comemoneta o bottino, è stata un’altalena di approva-zioni e condanne del suo uso. Nella sua biografiadel tabacco, Gately ricorda anche la storia di Car-men di Prosper Merimee e la nascita dellasigaretta, il sor-prendente mondodei fumatori vitto-riani, i pregiudiziverso le donne fu-matrici, la sua ap-parizione nellapubblicità e neifilm. E poi il ta-bacco nelle trin-cee della primaguerra mondiale,nei campi di pri-

gionia e sul mercato nero. Il viaggio, come ri-corda Sacchetto, “è destinato a proseguire” e “se laprevalenza dei fumatori è diminuita nella maggior partedei paesi, è comunque cresciuto il numero assoluto dellapopolazione che fuma”.

“L’INDUSTRIA DEL TABACCO A BASTIA UMBRA”,

IL SAGGIO DI GIUSEPPINA GRILLIPassando ai nostri lidi, merita di essere segnalatal’uscita anche di un bel saggio “local”, che si occupadi una delle zone per tradizione considerate “feudi”italiani del tabacco, vale a dire l’Umbria. “L’Industriadel tabacco a Bastia Umbra” è il titolo del libro dellaprofessoressa Giuseppina Grilli, edito da un piccoloeditore - Il Formichiere - di Foligno. L’autrice tra isuoi interessi culturali annovera la storia dell’educa-zione femminile, nonché lo studio delle problema-tiche attinenti al lavoro delle donne. Da qui la sceltadi svolgere una ricerca d’archivio per la ricostruzionedella storia dell’industria del tabacco, piuttosto re-cente in quanto risale alla metà del XX secolo. Inparticolare a Bastia Umbra dove il commendatoreFrancesco Giontella realizzò all’indomani del se-condo dopoguerra il tabacchificio, che arrivò ad oc-cupare oltre mille tabacchine. Il saggio dellaprofessoressa Grilli ricostruisce la storia dello stabi-limento Tabacchi e delle sue maestranze, con un oc-chio particolare rivolto proprio alla figuradell’imprenditore Giontella, che tra gli anni Trentae gli Anni Cinquanta del secolo scorso fu anche piùvolte alla guida del Comune di Bastia Umbra. Il sag-gio è anche un valido strumento di osservazionedello straordinario sviluppo economico della cittàche, in circa mezzo secolo, ha più che raddoppiatola popolazione residente. Uno sguardo attento l’au-

trice rivolge al la-voro delle donneche segnò con letabacchine unasvolta epocale, unsegnale evidentedi evoluzioneeconomica e so-ciale, nonché unprocesso di mo-dernizzazione e diemancipazionefemminile.

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n viaggio nell’arte della prima metà delXVII secolo seguendo le tracce di unagrande, vera donna. Una pittrice diprim’ordine, che continua a stregare con

le sue Giuditte vendicatrici, le Cleopatra, Ester,Maddalene, sante, dame e suonatrici, e con i suoi co-lori e le ombre caravaggesche e terribili di suoi la-vori. Un’intellettuale effervescente, che non silimitava alla sublime tecnica pittorica, ma che seppe,quella tecnica, declinarla secondo le esigenze dei di-

versi committenti, trasformarla dopo aver assorbitoil meglio dai suoi contemporanei, così come dagliantichi maestri, scultori e pittori. La parabola umanae professionale di Artemisia Gentileschi (1593-1653), straordinaria artista e donna di tempera-mento, appassiona il pubblico anche perché è vistacome un’antesignana dell’affermazione del talentofemminile, dotata di un carattere e una volontà unici.Un talento che le consentì, giovanissima, arrivata aFirenze da Roma, prima del suo genere, di entrare

all’Accademia delle Arti e del Disegno diFirenze; che le fece imparare, già grande,a leggere e scrivere, a suonare il liuto, afrequentare il mondo culturale in sensolato; una volontà che le consentì di su-perare le violenze familiari, le difficoltàeconomiche; una libertà la sua che lepermise di scrivere lettere appassionateal suo amante Francesco Maria Marin-ghi, nobile raffinato quanto tenero e fe-dele compagno di una vita. Una temprala sua, che pure sotto tortura (nel pro-cesso che il padre intentò al suo violen-tatore Agostino Tassi) le fece dire:“Questo è l’anello che tu mi dai et queste le pro-messe”, riuscendo così a ironizzare, finoal limite del sarcasmo, sulla vana pro-messa di matrimonio riparatore.

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A Roma fino al 7 Maggio

“Artemisia Gentileschi e il suo tempo”

Ester e Assuero, 1626-29 ca.Olio su tela, 208,3×273,7 cmLent by The Metropolitan Museum of Art, gift of Elinor Torrance Ingersoll, 1969

Giaele e Sisara, 1620Olio su tela, 86x125 cmMuseo di Belle Arti di Budapest

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Mostre

CIRCA 100 LE OPERE ESPOSTELa mostra, fino al 7 maggio al Museo di Roma a Pa-lazzo Braschi, copre l’intero arco temporale della vi-cenda artistica di Artemisia Gentileschi, e consenteal visitatore di ripercorrere vita e opere dell’artista aconfronto con quelle dei colleghi: circa 100 sono intotale le opere esposte, provenienti da ogni parte delmondo, da prestigiose collezioni private come daipiù importanti musei in un confronto serrato tral’artista e i suoi colleghi, frequentati a Roma, comea Firenze, ancora a Roma e infine a Napoli, con quelpassaggio veneziano di cui molto è da indagare, cosìcome la breve intensa parentesi londinese.Oltre quindi ai magnifici capolavori di Artemisiacome la Giuditta che taglia la testa a Oloferne del Museodi Capodimonte, Ester e Assuero del MetropolitanMuseum di New York, l’Autoritratto come suonatricedi liuto del Wadsworth Atheneum di Hartford Con-necticut, si vedono la Giuditta di Cristofano Alloridella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze o laLucrezia di Simon Vouet del Národní galerie v Prazedi Praga, solo per citarne alcuni: dopo i dipinti dellaprima formazione presso la bottega del padre Ora-zio, quelli degli anni fiorentini, segnati dai lavori deipittori conosciuti alla corte di Cosimo de’ Medicicome Cristofano Allori e Francesco Furini, maanche le tangenze con Giovanni Martinelli; altri cherecano echi, e non solo, della sua amicizia e fre-quentazione con Galileo, come del mondo, alloranascente, del teatro d’opera.Scandite all’interno di un itinerario cronologico,

le successive opere di Artemisia sono messe in re-lazione con quelle dei pittori attivi in quegli annid’oro a Roma: Guido Cagnacci, Simon Vouet,Giovanni Baglione, fonte d’ispirazione rispetto aiquali la pittrice aggiorna, di volta in volta, il suostile proteiforme e mutevole.A concludere, i dipinti eseguiti nel periodo napoletano,

quando ormai Artemisia può contare su unasua bottega e sulla protezione del nobile DonAntonio Ruffo (1610-1678), lavori in cui,grazie ai confronti, sarà possibile capire il suorapporto professionale coi colleghi parteno-pei: da Jusepe de Ribera e Francesco Gua-rino a Massimo Stanzione, Onofrio Palumboe Bernardo Cavallino; tele come la splendidaAnnunciazione del 1630 – presente anch’essain mostra – paradigmatiche di questa fiorentecontaminazione, scambio e confronto.

“Artemisia Gentileschi e il suo tempo”Roma, Museo di Roma Palazzo Braschi, fino al 7 maggioInfo: T. +39 06 0608 - www.museodiroma.it - www.arthemisia.itOrari: dal martedì alla domenica: 10.00 – 19.00 Biglietto “solo Mostra”: € 11,00 intero; € 9,00 ridotto;

Le tre Grazie, 1635-40 ca.Olio su tela ovale, 81,5x65 cmLondra, Milano, Sankt Moritz, Robilant + Voena

Nascita di san Giovanni Battista, 1635 ca.Olio su tela, 184x258 cmMadrid, Museo Nacional del Prado

“Il grande circo della Formula Uno ha perso tragicamente uno dei suoi protagonisti più amati. Michele Alboreto è morto. L’ex pilota della Ferrari si è spento in un ospedale di Dresda, dove era stato ricoverato a causa di un terribile incidente avvenuto sul circuito di Lausitzring, nelle vicinanze di Dresda, dove stava eseguendo dei test su una Audi R8, una vettura per le American-Le Mans series e per la corsa di Le Mans. Le sue condizioni sono apparse gravissime sin dall'inizio. I medici non hanno potuto fare niente per salvargli la vita”. Così, il 25 aprile 2001, il quotidiano “La Repubblica” annunciava la scomparsa di Michele Alboreto, uno dei più grandi piloti italiani degli ultimi decenni. Grinta e tenacia, talento da vendere, determinazione, una vita segnata dalla passione per le corse, Alboreto ha esordito in Formula Uno nel 1981, Gran Premio di San Marino, al volante della Tyrrel-Ford. Con la scuderia britan-nica ottenne anche due vittorie, entrambe negli Stati Uniti, che lo portarono alla ribalta internaziona-le. Ma su di lui, e sulle sue enormi potenzialità, aveva messo gli occhi Enzo Ferrari, che lo volle con sé a Maranello. Erano i primi anni ’80, anni in cui le “Rosse” sembravano proibite ai piloti italiani, e pro-prio l’arrivo di Alboreto portò nella scuderia del Cavallino una ventata di ritrovato entusiasmo. Dopo una prima stagione deludente, il successivo 1985 passa alla storia dell’automobilismo come l’anno migliore dell’“era Alboreto”: in quell’anno il pilota milanese toccò anche il vertice della classi�ca irida-ta, ceduto in �nale di campionato ad Alain Prost con il quale si era disputato un lungo testa a testa durante l’intero campionato. “Ecco, mi sono sempre chiesto come potesse essere possibile che un uomo così valido, così nobile d’animo, riuscisse ad andare così forte, perché in genere le due cose non sono così automatiche e compatibili. Invece lui era un campione come pilota ma anche un grande come persona. Prendi il 1985. Se la Ferrari non avesse avuto la caduta di a#dabilità, Michele avrebbe tranquillamente battuto la McLaren-Tag-Porsche di Alain Prost”, ha detto di lui, ricordandolo,René Arnoux, suo compa-gno di team nella scuderia Ferrari nel biennio ‘84-’85. Dopo la parentesi ferrarista chiusa nel 1989, �no al 1994 Michele Alboreto gareggiò ancora nelle competizioni a ruote coperte, con una passione particolare per la 24 Ore di Le Mans. Per lui, la vittoria ottenuta nel 1997 fuil coronamento di un sogno, cullato sin dai tempi in cui aveva visto Steve McQueen al cinema su una Porsche nel celebre lungometraggio sulla 24 ore. Si sentiva sicuro sulle Sport, così sicuro che il pensiero di smettere non lo s�orava nemme-no: lo avrebbe fermato, 16 anni fa, un tragico destino.

Tabacco e Motori

“Il grande circo della Formula Uno ha perso tragicamente uno dei suoi protagonisti più amati. Michele Alboreto è morto. L’ex pilota della Ferrari si è spento in un ospedale di Dresda, dove era stato ricoverato a causa di un terribile incidente avvenuto sul circuito di Lausitzring, nelle vicinanze di Dresda, dove stava eseguendo dei test su una Audi R8, una vettura per le American-Le Mans series e per la corsa di Le Mans. Le sue condizioni sono apparse gravissime sin dall'inizio. I medici non hanno potuto fare niente per salvargli la vita”. Così, il 25 aprile 2001, il quotidiano “La Repubblica” annunciava la scomparsa di Michele Alboreto, uno dei più grandi piloti italiani degli ultimi decenni. Grinta e tenacia, talento da vendere, determinazione, una vita segnata dalla passione per le corse, Alboreto ha esordito in Formula Uno nel 1981, Gran Premio di San Marino, al volante della Tyrrel-Ford. Con la scuderia britan-nica ottenne anche due vittorie, entrambe negli Stati Uniti, che lo portarono alla ribalta internaziona-le. Ma su di lui, e sulle sue enormi potenzialità, aveva messo gli occhi Enzo Ferrari, che lo volle con sé a Maranello. Erano i primi anni ’80, anni in cui le “Rosse” sembravano proibite ai piloti italiani, e pro-prio l’arrivo di Alboreto portò nella scuderia del Cavallino una ventata di ritrovato entusiasmo. Dopo una prima stagione deludente, il successivo 1985 passa alla storia dell’automobilismo come l’anno migliore dell’“era Alboreto”: in quell’anno il pilota milanese toccò anche il vertice della classi�ca irida-ta, ceduto in �nale di campionato ad Alain Prost con il quale si era disputato un lungo testa a testa durante l’intero campionato. “Ecco, mi sono sempre chiesto come potesse essere possibile che un uomo così valido, così nobile d’animo, riuscisse ad andare così forte, perché in genere le due cose non sono così automatiche e compatibili. Invece lui era un campione come pilota ma anche un grande come persona. Prendi il 1985. Se la Ferrari non avesse avuto la caduta di a#dabilità, Michele avrebbe tranquillamente battuto la McLaren-Tag-Porsche di Alain Prost”, ha detto di lui, ricordandolo,René Arnoux, suo compa-gno di team nella scuderia Ferrari nel biennio ‘84-’85. Dopo la parentesi ferrarista chiusa nel 1989, �no al 1994 Michele Alboreto gareggiò ancora nelle competizioni a ruote coperte, con una passione particolare per la 24 Ore di Le Mans. Per lui, la vittoria ottenuta nel 1997 fuil coronamento di un sogno, cullato sin dai tempi in cui aveva visto Steve McQueen al cinema su una Porsche nel celebre lungometraggio sulla 24 ore. Si sentiva sicuro sulle Sport, così sicuro che il pensiero di smettere non lo s�orava nemme-no: lo avrebbe fermato, 16 anni fa, un tragico destino.

Tabacco e Motori

Pian

eta Ta

bacco

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Ciro... del Mondo

Le TabacchineQuesta bella storia parla di donne, si svolge nel Salentotra il 1944 ed il 1954, ed è una storia vera. Le protagoni-

ste sono le migliaia di donne che in quelle terre, negli oltre18.000 ettari coltivati a tabacco, raccoglievano a mano lefoglie dalle piante e poi le lavoravano nelle oltre 400 fab-briche dislocate nella provincia di Lecce. Pensate erano più

di 50.000 mila. La storia è ben raccontata in un documentariodi Luigi del Prete e narra delle lotte che queste donne condussero, al fine di miglio-

rare una condizione molto vicina alla schiavitù, in un epoca in cui i diritti dei lavoratori erano sconosciuti e quellidelle donne ancora meno. Queste eroine combatterono non solo contro “concessionari” più simili a schiavistiche imprenditori ed alle “maestre”, vere e proprie “Kapò”, ma anche nelle stesse loro famiglie, dove erano nientealtro che serve dei loro mariti. Tutte si alzavano all’alba e in tante percorrevano fino a dieci chilometri a piedi perraggiungere la fabbrica e questo d’estate e d’inverno. E poi via a strappar foglie di tabacco dalle piante una aduna ed infilarle in lunghi bastoni di ferro sotto lo sguardo rigido delle “maestre” che le controllavano tutto ilgiorno e che ne limitavano le pause, concedendole al massimo per impellenti bisogni fisiologici o per un sorsod’acqua ed a volte negando anche quelli.Io provo a dar voce ad alcune di loro, a quelle di cui si ricordano anche i nomi perché furono quelle che riuscirono atrascinare tutte le altre in piazza a protestare per i diritti elementari, per salari migliori, per il sussidio di disoccupazione,visto che erano inquadrate come stagionali, e per l’istituzione di un protocollo di assunzione che non discriminassenessuna. E allora ho immaginato una mattina, ma non una qualunque. La mattina che ho immaginato è quella del 24settembre del 1944 il giorno “del grande sciopero” in cui purtroppo caddero vittime della polizia tre manifestanti.Era successo che in prefettura, quando avevano saputo della minaccia avevano chiamato Giacomina e l’avevanoirrisa dicendo che tanto allo sciopero non avrebbero partecipato più di cinquanta donne. Allora Giacomina,stretti i denti aveva risposto: “La vedremo!” È così tornata a casa aveva chiamato Giovina, Isa, Ada, Dolores, Cri-stina e Consilia per informarle e subito insieme avevano giurato a loro stesse che quella sfida non l’avrebberopersa, costasse quel che costasse. Così chi in bicicletta chi a piedi, chi con l’asino, girarono tutta la sera e la notteper convincere tutte le Tabacchine dell’importanza di andare in tante a Lecce il giorno dopo a manifestare.All’alba del giorno dopo in piazza la scena era bellissima con tutte quelle donne insieme che si guardavano incredule,impaurite e felici. Me le immagino prima di uscire da casa, aprire l’armadio guardarsi allo specchio e magari sceglieredi indossare il vestito da festa. E poi una volta lì, prendersi sotto braccio, stringersi l’una all’altra per farsi coraggio,per vincere la paura e la vergogna ma con la felicità nel cuore perché quella era la cosa giusta da fare. E poi avviarsiingenue e felici in corteo cantando derisione e rabbia contro il “padrone” e contro le “maestre”. Loro non si reseroneanche conto di quante erano e di quanto questo poteva far paura a chi pensava che mai tante straccioni ignoranti(“pecore” come le chiamavano) avrebbero osato tanto e poi erano donne e questo per i padroni era ancora più in-sopportabile. Allora era arrivata la polizia e qualche capo aveva urlato di fermare il corteo e di disperdersi. Ma quellaribellione collettiva così trasparente ingenua e spontanea nessuno poteva fermarla. Quella mattina tutte sentivanodentro l’incoscienza e la consapevolezza e non si fermarono, forse non capirono il pericolo, non avevano l’esperienzama solo un’energia indomabile di giustizia. E allora accadde che la polizia sparò e per Lucia, Anna e Caterina quellagiornata di festa si trasformò in tragedia, i loro vestiti della festa furono imbrattati di sangue e la bellezza e la libertàdei loro volti, insieme alla speranza spenti per sempre.La storia dei poveri non la scrive nessuno, rimane solo nei ricordi e tramandata così, come un racconto narratodai vecchi vicino al focolare.Oggi non è più così, tante conquiste sono state fatte nel mondo del lavoro ma mi piace finire con le parole diIsa: “Sentimi bene”, dice all’intervistatore avvicinandosi alla telecamera e guardandola fissa, “Finché ci sarà un riccoche può comprare un povero ed un povero che si farà comprare non ci sarà giustizia”.

di Ciro CannavacciuoloCiro... del Mondo