Favole Spirituali
-
Upload
cleonice-parisi -
Category
Documents
-
view
250 -
download
3
description
Transcript of Favole Spirituali
La Costellazione di un Anima di Peppino Fieni______________________________________________
Cleonìce Parisi
Biografia la costellazione
dell'anima
Di Peppino Fieni
Nasce a Napoli in quel
vicino 1969, pensate nasce
aiutata dalla natura! Si,
succede proprio così: nasce
Cleonìce e i Parisi si dicono
una cosa, che sembra
normale, pensate! Si
dicono: è nata, è una
femmina!! Ecco, in quel
momento è nata veramente
Cleonìce per la gente.
Gente di Napoli, nel suo
volto piccino si legge già
l'ironia. Il quartiere era
molto popolato, come in
tutti i paesi vicino Napoli.
ià, Napoli terra di nessuno, terra di tutti,ma Napoli,
unica città partenopea a non avere il Partenone, ma
comunque pieno di persone: persone vive, stanche,
imbroglione, ma sempre persone.
GBiografia di Cleonice Parisi 1
La Costellazione di un Anima di Peppino Fieni______________________________________________
I genitori di Cleonìce erano molto presenti e lei molto
“suddita“. Si chiamavano e si chiamano, Rosa e Giorgio.
Direte come si fa a vedere l'ironia in una bambina appena nata?
Semplice, la si guarda con occhi semplici e dolci che hanno i
personaggi delle favole. E' un caso, perché quelle espressioni
sono già azioni, si, azioni per il futuro che sempre si annuncia.
Cleonìce ha sentito, anche nel rapporto intrauterino, la
sensazione e la sensibilità vengono da là.
Si nasce, si lascia l'utero, ma le nostre cellule non sono
libellule. Rimangono con noi e ci danno il là, sempre. Ma
questo Cleonìce non lo sapeva allora, ma perché il dopo è
divenuto il suo luogo?
Ripercorreremo la sua storia per capirlo.
Sicuramente è interessante.Una bambina che nasce, dei genitori affettuosi e forse un po'
ansiosi della vita, 21 anni lei Rosa, 32 lui Giorgio, lo so, vi
viene in mente la rosa e Giorgio Gaber, che dell'ironia ha fatto
la sua vita.
Biografia di Cleonice Parisi 2
La Costellazione di un Anima di Peppino Fieni______________________________________________
Vi viene in mente significa proprio vi viene in mente, perché
associare spesso è un modo di fare e di essere. Essere sensibile
alle uguaglianze come alle diseguaglianze.
Dopo, la denuncia al comune, denuncia formale: è nata, anche
per lo stato italiano, Cleonìce Parisi. La data e l'ora, il luogo la
via il numero civico e tutto il resto che c'è di civico nella
nascita. Il padre Giorgio, la madre Rosa erano all'inizio e
Cleonìce è stata la primogenita di due cuori fino allora soli,
insieme Rosa e Giorgio divisero in tre il pane. Se lo fecero
bastare per andare là dove la vita porta.
E poi pensate i testimoni, in particolare la zia Nunzia, che
annunciava sempre e ancora annuncia burrasca, forse la
tempesta prima della quiete, era già poesia, favola, dramma.
Ma Cleonìce si affacciava al mondo stupita, il mondo era già
rotondo, ma per Cleonìce allora la geometria e le forme erano e
non erano, esistevano, ormai come lei, questo allora le bastava.
L'anagrafe di Napoli registra, Cleonìce ascolta, certo, ascolta i
rumori, annusa col piccolo naso e sente gli odori, tocca con le
manine e comincia a conoscere il mondo. Quel mondo
diventato anche suo, a sua insaputa. E la vita corre, Cleonìce
pure e il nonno le dice: birichina sembri una fatina! Cleonìce
Biografia di Cleonice Parisi 3
La Costellazione di un Anima di Peppino Fieni______________________________________________
era sul suo lettino, che sempre si arricchiva del suo sorrisino.
Pianti, al bisogno, ma Rosa era pronta a soddisfare le sue
richieste espresse con vagiti gentili e allora la tranquillità
tornava a regnare in quel regno che sembrava un disegno.
Proprio un dipinto d'amore, il cuoricino di Cleonìce pulsava
come quello della farfalla colorata che agita le sue ali per
cercare nell'aria il giusto itinerario. Ecco l'orario, quello del
pasto, era per Cleonìce quasi un ricettario, anche se fatto solo
di poppate al seno di Rosa.
Rosa la guardava sempre stupita perché sapeva che era sua,
sentiva la sua boccuccia e vedeva i suoi occhi che ne
accompagnavano il piacere, intanto Cleonìce cresceva e amava
mentre poppava,si proprio come tutti i bambini. Il loro amore si
comincia ad esprimere così, è la loro innocenza che fa quasi
tutta la danza.
Biografia di Cleonice Parisi 4
La Costellazione di un Anima di Peppino Fieni______________________________________________
Infatti, per , poppare era come amare e questo si
sentiva. Rosa per lei era proprio come il fiore, la sua anima. La
mamma,per lei, era come la manna dal cielo di cui parla la
Bibbia. Una luce che si accende e ci fa sentire il calore, che
emana e il chiaro che fa, illuminando quello che ci circonda e
adornando gli oggetti di un mistero mai misero.
Cleonìce rispondeva alla luce col sorriso, un dolce sorriso che
aggiungeva luce aumentandone, no l'intensità, ma dando gioia
ai presenti. Guardarla era come cucire l'anima, dandole un
vestito ricco di colori.
I suoi vagiti erano come musica di un violino che fa delle sue
corde quelle di un vibrante amore.
Non è che non ci fossero dei momenti in cui la piccolina voleva
essere al centro dell'intenzione, attenzione dell'intenzione, no
dell'attenzione.
Biografia di Cleonice Parisi 5
Sapete qual'è la differenza?
Sicuramente a bene, ve lo diciamo: la differenza è come quella
delle stelle di una costellazione la cui anima
nessuno conosce, ma tutti stupisce. Ecco, Cleonìce
stupiva perché gioiva sempre, proprio come quelle
costellazioni che somigliano a figure mitologiche e che sembra
abbiano un'anima felice. Ecco, si vedeva fin da bambina che
aveva un'anima, si vedeva fin da bambina che sentiva chi aveva
cuore e chi non lo aveva.
V
Poi, come tutti, Cleonìce cresce e il vagito diventa un grido,
con i bambini comincia ad avere dei rapporti.
Gioca, si inalbera, è una bambina con i capelli castano scuro,
scurissimo e gli altri la osservano, ne studiano i modi, anzi li
copiano, ma Cleonìce si accorge e ogni volta risorge in lei la
voglia di stare insieme e avere delle amichette vere. Anche i
bambini maschi la incuriosiscono, per quel modo di giocare
alla guerra avendo paura di perderla. E' curiosa e chi non lo è a
quell'età? Ma la sua curiosità è condita sempre da una mossa
ardita, provare ad essere la prima fin dalla prima.
Inizia la scuola, dopo l'asilo e lei, quasi chiede asilo politico
perché la segnano alla primina, non le piace tutto quel
formalismo e dicono che è un po' fragile, un po' d'asma, non le
piace dover stare sempre seduta ad ascoltare. Non è svogliata, è
solo annoiata.
La maestra vuole che stanno seduti e che non si alzino
praticamente mai. Allora lei corre con la fantasia, la sua anima
vuole allegria.
Un prato, degli amici vicini, correre libera, magari seguire le
farfalle, certo il sogno aumenta perché ha l'asma. E' la sua
risposta, forse, a una vita familiare dove si sente, nonostante gli
affetti, suddita, perché fragile.
Un conflitto questo che sfocerà in un perfezionismo
contraddittorio: la perfezione pretesa sempre, a tutti i costi
anche quello dell'equilibrio. Quell'equilibrio che, se diventa
instabile, tutto diventa inarrestabile. Si corre con l'età, oppure
ci si ferma, si rimane là ad aspettare che un giorno passerà, ma
che cosa non si sa. Intanto la bambina che è dentro piange, è
fragile e soffre, l'anima la sente e neanche dissente.
Bambina e anima si alleano per rimanere sempre insieme. La
bambina comincia a somigliare a una rosa, l'anima la segue è
una rosa anche lei, ormai. Ma l'anima lo è sempre stata, la
bambina no. Impara che imparare qualche volta fa male, lo
intuisce dagli altri che non le perdonano di essere fragile e
sempre, bisogna dosare le chiacchiere dell'ambiente che,
qualche volta, diventa avvilente.
La gente si accorge del disagio, ma pensa che questo sia anche
coraggio. Strano perché la gente di solito dissente. Per vedere
coraggio ci vuole coraggio o, al massimo, lo può vedere un
saggio.
Il saggio, nella vita di Cleonìce, era il miraggio, non quello nel
deserto, ma quello dell'anima con la sua vista lunga,
lunghissima, vedere là dove ancora la realtà non è arrivata, ma
arriverà.
L'infanzia, l'adolescenza, poi il periodo di latenza, che tutti i
bambini attraversano. Cleonìce segue il percorso e ne fa un
corso, come quello delle città, grandi, piccole o medie, tutte ce
l'hanno il corso.
Ma quello di Cleonìce è il suo, unico e a senso unico, a
quell'età in cui la latenza è assenza, assenza di stimoli interiori
essendoci un a priori della vita pratica.
Una pausa fertile là dove il deltaplano plana per atterrare sulla
lana, insomma sul morbido.
Ma Cleonìce è infelice, è .
Quasi un giaciglio dove mai un cigno, farebbe il canto che
nessuno potrebbe ballare. Il pavimento deve essere adatto e le
scarpette pure, perché la danza è un arte seria.
No, Cleonìce comincia l' adolescenza uscendo dal periodo di
latenza, pensando di diventare maestra. Forse le piacciono i
bambini, forse continua a pensare alle favole che le sono state
raccontate. Ma intanto a casa non è più figlia unica
primogenita, ci sono anche Carlo e Lino, ma lei è stata la
prima, ancora una volta e rimane l'unica femmina della
famiglia, a parte Rosa, la madre. I fratelli, che non sono
gemelli, si adeguano e vedono in Cleonìce quasi una pietra di
onice, pronta per un anello elegante.
Si sa che l'eleganza è un portamento dell'anima e l'anima di
Cleonìce era una sfida, per una società già opulenta e già
costruita sull'invidia. Insomma la società che non ti dà, anzi
pretende, ma da ragazzi questo non si sa, si sente. La forma
dell'anima di Cleonìce, si vede, dite che questo è impossibile?
Perché cosi vi hanno insegnato e voi l'avete sempre pensato e
forse ancora lo pensate.
Scusate! Ma sbagliate! L'anima ha una forma quando si
materializza e si materializza nelle espressioni della voce, nello
sguardo, nel colore dei capelli e nei comportamenti del corpo,
tutti i comportamenti.
Perché allora è difficile credere che l'anima di Cleonìce si
vedeva? Perché credete all'anima?
Se non ha una forma, sarebbe una cosa incredibile, quella che
per alcuni dovrà andare in paradiso, come Beatrice per Dante.
Si, quel Dante della divina commedia, che non era per niente
una commedia. Era il paradiso pensato per ricevere forme
diverse, ma forme, proprio come le vostre speranze quando
aprite le danze della vostra vita. Ecco la vita di Cleonìce non
era strana, ma quello che è strano è che era la sua vita, capite
cosa voglio dire?
Non so se è più difficile spiegare o capire quando si tratta
dell'anima di Cleonìce.
Forse tutte e due, perché la concretezza che passa per
l'astrazione, non l'abbiamo ancora vista o forse non è proprio in
vista.
Sta di fatto che se Cleonìce sceglie di proseguire gli studi
pensando alla pedagogia, ancora forse la sua anima anticipava
che la favola arrivava e, la scrittrice si presentava nel nostro
paradiso per darci, con i suoi aforismi, l'opposto dei famosi
ismi. Dire alla nostra anima che ha un corpo che non fa corpo
a corpo, ma ci fa fermare nella speranza di trovare il verbo
amare e finalmente la verità e vi dico che Dante ci sta. Lui ci
ha raccontato la sua divina, materializzando il paradiso.
Cleonìce fa di meno, ci dice che l'anima e il cuore fanno
l'amore se lo vogliamo, certo rispetto a Dante, padre della
lingua italiana, cosa dobbiamo dire?
La Forma dell’olo che Cleonìce è una novità nella letteratura italiana,
questa, ha preso con lei un nuovo significato.
Caposcuola è stato Dante, venendo da quel di Firenze,
caposcuola è Cleonìce venendo da quel quasi vicino Napoli. Se
questo vi stupisce, pensate che Lucio Battisti, grande artista, è
venuto da quel di Poggio Bustone, un paese vicino Rieti, nella
Sabina, dove c'erano pochissime anime.
SEppure, quella di Battisti ha preso la sua forma dentro il nostro
cuore, parlo dell'anima, che deve avere una forma, altrimenti
che anima sarebbe.
Non pensate che faccio un gioco di parole per prendermi gioco
della vostra anima, ma è proprio perché ne ho un profondo
rispetto, che mi aspetto e spero di farvi entrare nel cuore
l'anima di Cleonìce.
O la vogliamo chiamare Parisi? Va bene, tanto la forma è
sempre quella. Comunque questa è stata la scelta di Cleonìce,
poi la vita l' ha portata, dopo la scuola, comunque fatta con
profitto, a prendere quello che gli incontri provocano, diventare
l'assistente, mai deludente, di uno studio notarile.
Insomma, lavorare da un notaio, un lavoro che è quasi, se ci
pensate, un continuo aforisma giuridico, vi dico. Comincia una
vita autonoma per Cleonice, indipendente dalla famiglia. Vi
ricordate il padre Giorgio? Si quello che per l'ironia ci ricorda
il più certamente famoso Giorgio Gaber, la madre Rosa un
fiore che consideriamo eccellente.
Beh, sentite questa, sembra vera. Per Cleonìce l'anima è un
fiore, questa è la forma che lei vede per l'anima. Un fiore
profumato, come profumata è la vita dell''anima, dice Cleonìce:
è la nostra bambina piccola.
E, devo dire, accidenti che forma! La nostra bambina piccola
che sta là, dentro di noi e ci accetta per quello che siamo,
qualche volta, aiutandoci come pensiamo faccia il nostro
angelo custode.
Cleonìce che ci dici? Anche tu ci parli degli angeli con le tue
favole spirituali oggi è questo che ci vuoi dire?
Condire la nostra vita, perché lo spirito sia di supporto
all'anima, molta cara a molti, al cristianesimo, religione che ha
avuto bisogno di un sacrificio per non rimanere solo un
artificio.
Simone Weil che l'anima ce l'aveva veramente e il suo spirito
non era assente, ha detto: tutte le religioni sono uguali, ognuna
ha avuto il proprio Cristo, ma io sono cristiana, dice Weil,
anche se polemica con l'istituzione.
Ma solo il cristianesimo ha quella pietas che non è solo latina,
ma è la forza di immolarsi per la nostra anima interiore.
Meister Heikard, sant'Agostino che di colori ne ha provati,
Jung e quanti altri se ne potrebbero citare!
Cleonìce Parisi, con i propri mezzi comunicativi ci ha parlato
dell'anima e il mito della caverna del grande e insuperato
Platone, di che cosa ci parla? Cleonìce Parisi dà a questa,
l'anima, una forma, la materializza, ce la fa vedere mentre
opera. Quindi no una cosetta messa là per dire che un giorno ci
servirà. La concretezza della nostra vita, dove il corpo non è
imparentato con l'anima e non è il suo contenitore, ma un
pastore che non ci parla della verità, ce la fa vedere vivendo
insieme a lei. Ecco è questo insieme che è stato sempre incerto
fino a Cleonìce Parisi. Lei, Cleonìce, ci dice che la
comunicazione è un'azione che passa per la favola spirituale,
perché noi dobbiamo riscoprire la nostra vita com'era e com'è.
E Hegel che ha scritto la fenomenologia dello spirito, che cosa
voleva dire? Andiamo a scoprire: la fenomenologia dello
spirito è la storia romanzata della coscienza che via, via si
riconosce nella spirito. E non è la favola spirituale di Cleonìce
Parisi? Ora mi si obietterà che Hegel è Hegel e Cleonìce è
Cleonìce. Si, ma quando la filosofia, ed Hegel ne è
sicuramente uno dei padri, ha curato lo spirito, lo ha svelato
mentre si nascondeva. Quando l'elevazione spirituale è
universale, spunta la filosofia. Ma se questa è una storia
romanzata come dice Hegel, non lo è in primis quella di
Cleonìce Parisi che così si dichiara, spirituale? Meditate gente ,
meditate
Fino a vent'anni sono stata Cleonicina, poi la vita mi
ha rigirato e mi ha veramente fatto vedere il mio prato.
Era bello, pieni di quei fiori, proprio tutte anime
concrete, colori, forme, differenze ne erano le essenze.
Proprio concrete, quella concretezza che l'anima non
ha mai avuto e ancora non ha.
Vola in cielo, ma quale cielo ci dice Cleonìce? Il cielo siete voi
che ospitate e gradite di ospitare la vostra favola del cuore.
La felicità è qua, cogliamola, insieme alla nostra anima, che si
sporge e porge la sua forma di fiore. Se Rosa, la madre, era
forse stata un po' conflittuale, Cleonìce si rifà con la rosa vera e
la fa diventare l' anima a forma di fiore.
Avevate mai pensato che l'anima avesse una forma concreta,
per giunta, in questo caso proprio della rosa? Sboccia la rosa e
sboccia Cleonìce a vent'anni non cambia forma cambia proprio
la forma della sua vita, sbocciare significa anche cercare
l'amore ideale, quindi dare forma a un'anima gemella.
Nasce nella testa di Cleonìce l'idea e la forma di una famiglia è
un anelare come quello di amare la vita che è tornata da lei a
dirle, hai amato i tuoi genitori, hai condiviso le loro sofferenze
e le loro ansie, ma anche la famiglia è un'anima.
Certo ha un'altra forma.
Nasce in Cleonìce l'amore per la famiglia, prova, s'innamora e
si affianca ad un uomo troppo fragile per la sua forza nuova.
Comincia a vedersi come avrebbe dovuto essere, non asservita
a una vita che altri condizionavano, una vita libera, come libera
è l'anima.
Non si sa di preciso dove viva.
E ricominciamo a vedere il mito della caverna di Platone in cui,
attraverso una trasformazione, assistiamo a una grande lezione.
Le mutazioni iniziano in quella caverna scura dove la luce
comincia a filtrare e la ragione riscopre l'amore e questo
incontra quella.
E' la mutazione di Cleonìce Parisi.
Ormai indipendente e presente a se stessa.
Vede meglio che la libertà ha un prezzo e che questo non viene
da uno scambio come in genere succede, ma viene dall'aver
scoperto che lo spirito è forte e la prima narrazione di questo, è
la nostra vita. Cambiare la quale è normale, anzi è di più, super
normale. Ho capito, non pensate a superman che se ne va a
viaggiare per salvare i deboli.
La mutazione di Cleonìce
è come quella della farfalla, un'altra forma
dell'anima.
Un Caposcuolal lavoro le piace, in quello studio notarile riesce a far
capire che lei non è un'impiegata, neanche un ex allieva
di un istituto magistrale, è una donna che ha amore per il
lavoro, perché per lei anche questo è l'anima che diventa
concreta. Lino e Carlo prendono un'altra strada, tra l'altro,
come ricorderete, sono venuti dopo. Cleonice, primogenita, ha
fatto da “cavia”, per l'inesperienza di Giorgio e Rosa.
IEppure Cleonìce da questa privazione, quasi sofferenza,
non ha clemenza con se stessa: devi lavorare, devi
essere quasi un imperativo categorico alla Kant.
Ci crede e succede, finalmente la vita accede in lei.
Interpellando tutte quelle teorie possiamo dire, come diceva
Adler, che da un complesso di inferiorità, può nascere la
superiorità.
E se fosse successo questo anche a Dio?
Ciò di cui non si può parlare è meglio tacere, ma per Cleonìce
non è così. Lei è concreta e ha gli occhi e capelli neri di cui va
fiera. Fin qui la sua favola e noi come facciamo a sapere che
erano in luce le sue favole? La sua voglia di aforismi, l'anima
in due parole, come dirà poi quando la scrittura diventerà la sua
natura e dirà così anche per le poesie, che comincia a scrivere
d'impulso e con intuito pronto a far quadrare la rima con la
logica, con la lingua.
Proprio una resurrezione dalla quale si può trarre una gustosa
lezione: noi siamo oggi e saremo domani, perché la nostra
anima ci trasformerà e, d'accordo con lo spirito, le cambierà la
vita facendola diventare scrittrice e caposcuola di un genere:
Ma siamo andati oltre, c'è un prima, abbiamo parlato di
resurrezione o forse si tratta di bisogno di affermazione, essere
riconosciuta in mezzo ad una folla solitaria.
Altezza, 1,55, accattivante sex-appeal, un seno molto
provocante, degli occhi grandi e penetranti. Si proprio quelli
che ti scrutano in profondità e ti guardano dentro con fermezza
e dignità, un sorriso di un'empatia da cui traspare tutta la
simpatia.
E la parola, il linguaggio del corpo, ne fanno a vent'anni una
signorina pronta alla stima. Ma non è ancora lei, ancora non ha
messo la marcia giusta, quella della scrittura che lei vede
come terapia, si è uno sfogo praticamente in ogni luogo, anche
sulla motocicletta del compagno Gianluca.
Ma se andiamo a ritroso, troviamo una chiusa ragazza che, fin
da 11 anni, comincia a provare i primi amori, ma a sentirsi
anche delusa, perché fragile.
I ragazzi le piacciono forse perché sono “pazzi” come lei.
Avete capito le virgolette?
Certo, stanno ad indicare che in quel periodo si guarda la
differenza per capirsi e tentare di trovare un'identità. Donna,
uomo, un po' di qua e un po' di là e questo a Cleonìce non
succede lei sa di essere una bella ragazzina e vede già nel
maschio coraggioso, forte, passionale, calmo, il suo amante.
Ma Cleonìce è ancora piccola, è all'inizio, ma il sesso e la
sensualità non la lasciano indifferente. Che cos'è? Il preludio
dei sensi della mela, che scriverà più tardi,anzi ne farà
un'antologia dove ci sono anche altri autori.
Be', questo già denota una certa timidezza, insieme ad
un'inibizione frutto di un tipo di evoluzione. C'è dentro
la sua bambina che le farà crescere l'anima,
ma ha bisogno di tempo e comunque di seguire le fasi
dell'evoluzione, si quelle di cui parla Piaget per
mantenere sempre un equilibrio stabile. Ecco, qui
dobbiamo fare un passo indietro.
Ma proprio indietro. I primi tre anni del bambino sono
determinanti per costruire una ragnatela che nessuna acqua
riuscirà a distruggere.
Quasi tutte le “ ricerche” vanno in questa direzione.
Cleonìce non ne è stata esente, perché la vita non esenta, si
presenta e basta.
L'ambiente, le amicizie l'affetto dei genitori, le loro eventuali
difficoltà, le loro spesso inevitabili psicopatologie, le loro
finanze, la borsa della spesa, l'educazione ricevuta sono proprio
una ricevuta che arriva e che bisogna pagare, sempre.
Pagare qua significa essere o avere, per esempio, famoso libro
di Fromm. E qui torna l'anima, ed è quell'anima di cui abbiamo
parlato, quella concreta che passa per l'astrazione. Il paradiso o
il riso?
Questo è il problema, forse anche quello di Amleto e ancora
una volta Shakspeare ci aveva preso.
Che poeta! Difficile uscirne.
La Concretezza dell’Animaa qui sorriso e paradiso sono come essere o
avere di Fromm, come essere o non essere di
Amleto o è qualcos'altro. MPer esempio il nostro cuore che vuole
altro. Sentimenti che si vedono dai
comportamenti concreti e torna la
concretezza dell'anima che siamo stati
abituati a vedere volare, sperando che
fosse in paradiso e invece lei è sempre
là, una fiaba infinita, la nostra.
E' quello che succede a Cleonìce Parisi, prima nella vita, poi
nella scrittura, ma sicuro è il seguito della trasmissione è
questo che vogliamo cercare nel suo essere scrittrice: pensate
che quello che ricorda vivamente nei suoi primi tre anni di vita,
età in cui si forma il carattere di tutti, sono le fette biscottate
rotonde che la mamma, guarda caso.
Proprio quella rosa che abbiamo detto, che Rosa! La mamma le
preparava con la marmellata. E qua già la prima rima,strano
ancora che qui si può già parlare di imprinting per la scrittura
creativa.
Certo Lorenz con le oche ci ha insegnato molto. Proprio un
volatile il cui nome usiamo per disprezzare il pensiero
soprattutto delle donne, diciamo infatti: quella è proprio un
oca.
Lo dicevamo anche di Marilin eppure è ancora il nostro mito.
Bene l'imprinting di Cleonìce è stato simile a quello di Marilin
che però non conosciamo, parlo del suo imprinting.
Però è stata Mariln Monroe,
come Cleonìce Parisi è Cleonìce Parisi.
Siamo tutti così, Lorenz dice di si. Ma a noi interessa Cleonìce
e cerchiamo, per quello che è possibile, l'origine delle sue
favole. Bene sapete che cosa vi dico? Questo imprinting è
possibile sia stato quello di Cleonìce, le fette biscottate con la
marmellata.
Perché è passato del tempo? Le nespole maturano quando è la
loro ora, che poi è quella che decide la natura. Così è stato
anche per Cleonìce e forse per ognuno di noi, chissà!
Pensiamoci con le favole di Cleonìce, forse lo scopriremo.
Le biografie e questa lo è…
ervono forse per questo, ci introducono dallo scrittore,
alla sua storia, ma ci fanno scoprire anche la nostra, se
ce l'abbiamo. SPerò Cleonìce dice di non essere stata considerata nell'infanzia,
dice che per gli altri valeva meno di zero.
Be' questo è un numero che oggi porta fortuna a qualcuno, però
essere considerati zero da piccoli e mentre si cresce e proprio
nell'ambiente circostante non è proprio una costante, per
fortuna.
Ma Cleonìce ha messo dentro raccontandosi e sognando la vita
che avrebbe desiderato. Ha sofferto? Sembra di si, ma dopo c'è
stato il riscatto. Certo c'è voluto del tempo, ma un po' meno di
quello passato a sentire quelle chiacchiere sul numero zero,
rivolte a lei.
Un'asimmetria, il dopo e il prima che il tempo ha fatto crescere
uno spirito libero e come dice lei, unica e per giunta con
un'anima che lei definisce bianca.
Vuol dire innocente o perdente e insieme vincente. Proprio
quelle lotterie dove la ricchezza viene da tanti elementi, la
fortuna improvvisa, spesso insieme a una costanza, che ritrova
sempre la danza dopo tutto.
Si dopo un'infanzia e, forse, un'adolescenza senza scienza e
senza amore sincero, e spesso neanche formale. Insomma
soffrire per Cleonìce è stato un seme per fare il suo albero
maturo.
“Oggi Cleonìce pensa e
dice infatti che siamo tutti
frutti dello stesso albero,
rami di una pianta che
rappresenta l'umanità.”
Dobbiamo qua sottolineare una somiglianza, certo involontaria,
con il pensiero di un grande filosofo, si proprio quello Spinoza
del panteismo, che vedeva il mondo unito da un unico destino e
la sua anima il concorso dell'anima di tutti.
E' proprio l'albero delle favole di Cleonìce, ma è un caso, è
successo.
A distanza di 400 anni il panteismo torna nelle favole, forse da
dove era venuto. Insomma tre anni, i primi, quelli significativi
passati come una suddita dell'ignoranza e forse anche della
stanchezza e dalle fatiche dei genitori, che hanno fatto di
questa primogenita un esperimento pericoloso e per Cleonìce a
volte odioso, com'è normale quando la considerazione non
passa per il filtro dell'amore.
Allora chiediamoci, se questa anima che Cleonìce definisce
bianca, non sia nata proprio perché lei era stanca.
Vediamo che il bianco evoca l'innocenza, ma anche il detto che
si va in bianco, quando le cose vanno male.
E sui sentimenti,se non sono ardenti, soprattutto a quell'età, è
facile perdere il treno della crescita e rimanere inchiodati a
schemi patiti e non digeriti.
Le fissazioni in azioni che a quel punto si ripetono a catena,
mettendo proprio catene che poi col tempo, se si ha fortuna
scioglierà.
Queste catene compaiono spesso nelle favole di Cleonìce, non
sarà un caso, ma forse anche il racconto di un vissuto mal
digerito.
Forse questo è il pungolo dello scrittore, scrive la sua vita, il
cui esempio, accomuna gente che è stata costruita con la stessa
mente, ma questa, dice Cleonìce, mente è uno dei suoi slogan
preferiti.
Vogliamo cercare il motivo? Forse è vero, forse è una difesa
verso le sopraffazioni subite.
Comunque Cleonìce dice che le sue favole le piacciono molto.
Ci si può credere, perché le ha vissute, viverle e sentirsele
raccontare non è uguale.
Eppure ha avuto un solo libro di favole da leggere da piccola e
lo ha consumato. Il libro di carta, ma non il suo contenuto per
lei un'enciclopedia della vita dell'anima.
La concretezza di questa astrazione forse l'ha costruita così. Ma
proprio tutte le favole finiscono male? Sappiamo che no, anzi
sono un modo per arricchire la vita, qualche volta grigia, ai
bambini.
Poi arrivano le medie inferiori…
a lei è stata trattata spesso come inferiore. Va
avanti e si scrive alle magistrali. Non fa la
maestra, ma qui forse assorbe l'umore dei
bambini che crescono e del loro amore.
MDa Cleonìce si capisce che la sofferenza può far bene. Dite che
il maestro è stato Gesù Cristo? Ecco le *Favole Spirituali* di
Cleonìce, ha portato la sua croce, direte come tutti, possibile,
ma non tutti sono diventati favolisti spirituali.
Allora c'è qualcosa che non si può spiegare, ciò di cui non si
può parlare è meglio tacere. Saggia questa cosa.
Ma sentite questo aforisma di Cleonìce:
Allora sarà vero e come tutte le verità non vengono dall' aldilà,
ma stanno qua sulla terra. Ci aspettano, ci seguono, ma noi le
perdiamo di vista, poi Gibran, Ciorian e Cleonìce Parisi ce lo
ricordano.
Ancora Cleonìce dice che l'aforisma è l'anima in
poche parole e per la poesia è uguale, solo che ce ne
vogliono un po' di più.
Insomma vi comincia a piacere questa Cleonìce Parisi?
Lo sento, la cominciate a vedere com'è stata e com'è, un
divenire a volte morbido a volte no, ma sempre un divenire,
magari dopo un patire. Ricordatevelo quando leggete i suoi
libri:
Le favole dell'Anima , L'Angelo del Focolare ,
Viandante nel Cuore , La Piccola voce e tutte le
altre antologie che ha curato come I sensi della mela ,
Scolpiti nel Vento .
Una raccolta curiosa questa, poesie che non fanno
dormire, perché parlano chiaro e dicono che quella mela
è stata forse messa là apposta, perché un giorno
qualcuno la cogliesse e si perdesse in quell'amore che
viene dal cuore, ma non ne vuol sapere che l'anima è
una cosa concreta e la sua forma astratta è solo perché
qualche volta è distratta.
Accidenti sembra di leggere la bibbia
i sa la distrazione non è dell'eden questo è di Elena di
Troia che ha fatto della sua anima un archetipo
junghiano. SE questo è successo senza che conoscesse Jung che,
ufficialmente, non era ancora nato. Poi dell'anima ha fatto la
psiche del mondo, ma non sapeva che questo non è proprio
tondo, è ovale. Ha due fuochi come le ellissi per non
dimenticare i poli nord, sud, est e ovest.
Costellazioni, gruppo di stelle visibili correlate da una
particolare configurazione. Sembrano proprio la concretezza
dell'anima. Quindi questa si vede, ma noi la chiamiamo
costellazione.
Cleonìce lo dice in una delle sue favole, come ci dice
del dolore del parto, che è solo una reminiscenza di
un passato che è stato castigato.
Accidenti! Sembra di leggere la bibbia, il libro dei libri.
Cleonìce per un periodo l' ha letta sempre, pensando a Dio e
sperando nel suo aiuto. Dite che lo fanno tutti? Si pensa a Dio
quando manca l'io, forse, ma non tutti scrivono favole
spirituali, dove il misticismo è di casa anche se non ci torna
mai a casa e rimane ad aspettare che qualcuno dica di qualcun
altro, quello è un mistico spesso scambiandolo per un gioco
turistico.
Ma chissà se in fondo lo è. Un giro turistico dell'anima quando
osserva la sua concretezza, proprio come nelle favole di
Cleonìce, qui la favola sembra una metafora, poi si scopre che
non fora proprio niente, ma attraversa con animo dolce e
profondo, le passioni del pensiero, che sono appunto le
metafore.
Ma da dove arriva tutta questa passione di Cleonìce?
A proposito con la sua fantasia, oggi fa anche video e se vedete
quello sulla Passione accompagnato da Notre-Dame de Paris di
Cocciante, capite, finalmente, come la passione vi coinvolge
qualsiasi sia il rumore dell'amore. Insomma non ci si aspettava
tanta poliedricità da una donna, che dice di non aver fatto studi
eruditi, ma di aver studiato solo dalla vita, che lei dice che
invita sempre: tutto esiste, dice, e tutto ha diritto di esistere.
Ora si capisce perché, dopo le magistrali, è andata da un notaio
per diventarne la custode del diritto degli atti.
Ma intanto Rosa e Giorgio, i suoi genitori che fine hanno
fatto ? Sono vivi, vegeti, amati, nonostante i trascorsi. Cleonìce
è così, perdona fatti e misfatti se sono fatti innocentemente..
Abbiamo detto, o diciamo adesso, che aspetta il suo principe
azzurro da quando aveva 11 anni. Il primo sembra che non sia
stato proprio azzurro, ma il secondo Gianluca dice che per lei è
come un duca. La sostiene nelle sue pene, quando ci sono e non
gli recita solo il vangelo di Luca.
Ora vi racconto una storia , è solo una storia e non pretende di
essere una favola come quelle di Cleonìce Parisi, non ci
riuscirei. La storia è questa:
Ci siamo con Cleonìce incontrati… in questo spazio, ora tetto del mondo, che è internet. Abbiamo chattato, come si dice, della sua esperienza e della mia. Ma prima lei ha voluto sapere le mie generalità. Io le ho detto che non ero generale, ma solo un volgare scribacchino, che pensava che la scrittura è una terapia. Questa cosa l'ha colpita e poi è stata approfondita. La sua
dolcezza ha saputo fare di me un biografo senza autografo. Lei pensa giustamente alla notorietà, è un caposcuola nel suo genere e questo gliel'ho detto subito, dopo aver fatto una recensione del suo Angelo del Focolare. Qua ho scoperto le sue favole, qua ho scoperto la sua battaglia per una vera emancipazione della donna, ho poi scoperto quanto femminismo abbiamo fatto passare per ismo, come tanti ismi. Ho scoperto che le sue favole non rincorrevano la gente, tutta la gente, ma solo quella gente che aveva provato che, qualche volta, soffrire è un po' morire. Insomma ci vuole molto coraggio dopo, è vero, si diventa più saggio. Ma la gente pensa che le favole per adulti, sono come quelle che ci raccontano in televisione. Invece le favole di Cleonìce sono la televisione, una bella differenza ne va dell'esistenza altro che scienza! Ma allora l'uomo nero non è vero e il sentiero che percorriamo lo possiamo cambiare, perché non è obbligato, ma è solo la paura che ci attanaglia, ma lei è una canaglia. Questo mi ha stupito di Cleonìce, il suo intuito. E' solo intuito femminile, o è una cosa che non può finire perché lei intuisce la vita e ne fa la sua radice. Quasi una tata che ormai incontra da quando è nata. Bene, come biografo, almeno ho evitato l'autografo, che è solo uno scarabocchio per colpire l'occhio, poi la mente, ma dice Cleonìce, questa mente. Ma perché lo dice? E' la sua infanzia che è stata priva di danza, mai un ballo, mai una carezza, ma solo stoltezza, quasi sicuramente quella dell'ignoranza. Della madre, del padre, della vita? E' con le sue favole che lo capiamo, perché queste ci riguardano, anche per questo, per essere onesto. E questo non è solo un mesto rimpianto, ma una forte riscossa, che parte dall'archetipo iunghiano, fino ad arrivare all'anima, quella del mondo, forse l'umanità di cui Cleonìce parla nelle sue interviste a vista.
L'umanità è una grande pianta di cui noi siamo i rami, le foglie, i frutti, ma questi vengono alla fine e spesso cadono dalla pianta. Raccogliamoli, dice Cleonìce, e facciamone quella marmellata che la mamma mi metteva sulla fetta biscottata. E' il nostro unico nutrimento e io non mento, perché non sono solo mente, ma anima, cuore e amore.
Dopo, che succede? Per dove si accede alla vita di Cleonìce?
Ma dalle sue favole per adulti !
Cert'uni sentono della favola e
dicono: Ma mica siamo
bambini!
icono, ma poi si contraddicono credono ancora
nell'uomo nero, i giganti continuano ad essere tanti.
Come don Chisciotte, si accaniscono con le lance
contro i mulini a vento e rimangono sempre sotto vento.
Cleonìce cresce e diventa una bambina innamorata della vita,
nonostante sembra che questa l'abbia tradita. Allora l'amore è
dentro di noi, dice Cleonìce nelle sue favole e noi non ce ne
possiamo esimere, perché lui, l'amore, è il nostro maestro vero.
D
Impiegata e quasi dirigente in uno studio notarile, sempre più
ardito, siamo a Napoli dove ci vogliono occhio e lingua buoni.
Cleonìce accetta la sfida e diventa padrona del diritto privato,
in tutti i sensi, si fa rispettare e amare, mette in moto il riscatto,
basta con l'infanzia, basta con l'adolescenza, sono dentro di me,
dice Cleonìce, ma io oggi so quello che voglio.
Se le chiedono cosa vuoi Cleonìce ?
Lei risponde con il volto fermo e tranquillo, per dire che ha
capito, che la vita va vissuta, perché tutto ne fa parte ed è
inutile mettere tutto da parte.
Qualche volta bisogna fare la parte e la sua parte oggi è quella
di donna di casa, impiegata in uno studio notarile, e tutto senza
dimenticare la sua vita privata.
I suoi amori qualche volta sono confusi e qualche volta fusi.
Il primo matrimonio lo fa a 25 anni, con un uomo che continua
a dirle, che lei non è niente, forse per difendere il suo essere
meno di niente o forse preda di una psicopatologia che sfoga su
Cleonìce, perché le è sembrata la donna giusta per accettare
l'ingiusto.
E ' ovvio che la cosa non dura, perché è duro vivere senza
vivere e morire ogni giorno. Basta poco a Cleonìce per capire
che c'è poco da capire, che è meglio fuggire, prima di morire.
Ma ormai il matrimonio è fatto e il dato è tratto e come disse
Cesare, prevedendo le pugnalate, che poi sono arrivate, è
meglio non esagerare.
Bisogna stoppare questa via crucis, questa maledetta
esperienza, che rischia di arrivare alla demenza. Insomma
un'esperienza da troncare.
Allora Cleonìce comincia a dirsi che la mente, mente, ma
mente anche la gente.
Anche da qua partono le sue favole. Prima era la fetta
biscottata con la marmellata della mamma, solo loro erano
rotonde, la mamma no, era quadrata, un cubo come quelli con
cui si fanno i pali di cemento, dura, senza sensibilità, forse non
riusciva a provare amore, perché non lo aveva mai avuto.
Insomma prima la madre con la marmellata, poi un matrimonio
“strano”. Cleonìce era destinata a rifugiarsi nella favola, che
non le era mai stata raccontata, pur avendo consumato l'unico
libro avuto.
La favola che libera, la favola che narra mentre tutela la
fantasia, ripristina l'anima, anzi fa di questa un tratto
determinante e concreto, da qui la concretezza, che spesso
deriva dall'asprezza della vita.
Eppure forse l'anima di Cleonìce, forse dipende dalla sua
speranza nella speranza. Sperare per non mollare, da qui le
favole?
Le sue favole sono favole dove si racconta, come fanno tutti gli
scrittori, per conoscersi, insomma proprio una terapia per la
vita, quasi una compulsione, che reagisce a una realtà troppo
dura e priva di profondità.
Da qui la loro SAGGEZZA che rasenta la PERFEZIONE,
almeno la ricerca impossibile di questa.
La perfezione arriva là dove c'è sempre esagerazione, si
esagera perché? Ognuno ha i suoi motivi, ma per Cleonìce
sembra una risposta alla miseria nera.
La sua infanzia, l'ha lasciata bambina e monella, come lei dice.
Saggezza senza sapienza e senza scienza, forse ci cambia il
senso, perché questo viene solo da dentro, è solo istintivo e
non mediato dalla ragione che qualche volta è anche la mente.
Allora è anche per questo, che lei dice spesso che la mente,
mente.
La natura è più sicura per Cleonìce o non è solo così? E allora
perché queste favole spontanee? Da qualche parte verranno, va
bene dalla sua infanzia fatta di miseria, quando una reazione
opposta ha risolto temporaneamente la mente e il resto, ma
forse la saggezza viene anche da questa ricerca di perfezione.
Può essere, certo, non si può escludere questo. Ma ci interessa
la radice o la sua appendice? Perché l'appendice è quello che
lei scrive e lei scrive poesie, aforismi e favole per giunta anche
spirituali.
Lo spirito, la fenomenologia di Hegel, l'anima di Jung, il
misticismo di maestro Heccard, va tutto bene, ma questi sono
esempi, Cleonìce dice che di queste cose non sa niente. Allora
chiediamoci, dove le ha prese?
Lei dice: Da dentro!llora è lecito pensare che il nostro dentro, ci può
condizionare nel bene e nel male. Ma allora il
destino, l'inconscio esistono? Qualcuno sempre ne
ha parlato e chissà se ha azzeccato? Allora ascoltate gente,
ascoltate, Cleonìce è indecisa sul fatto: se la pazzia sia la cima
della montagna o la valle, qualche volta di lacrime.
AUn dubbio ancora una volta, amletico. Diceva Cartesio:
Siamo svegli quando dormiamo o dormiamo quando siamo
svegli?
Lui era un razionalista convinto e allora le favole di Cleonìce
che c'entrano?
Matematica e favola, cosa hanno in comune?
Razionalità e favola come si avvicinano, se si avvicinano?
Sembra la giostra, se è nato prima l'uovo o la gallina.
Sembra, eppure se ci turbassimo di meno delle differenze, se le
vedessimo nella loro storia, se potessimo abbracciarne con l'
anima la concretezza, se tutto questo fosse possibile,
leggeremmo le favole spirituali per adulti di Cleonìce Parisi,
come se venissero dal nostro vocabolario ancestrale, o astrale?
Che ne dite? Le costellazioni, le passioni, le stelle, l'amore, il
cuore, non sono tutto il nostro essere mentre tesse? il nostro
essere quando la smette di dire sono o non sono, chi sono io
babbo natale?
Forse si, ci vuol dire, anche con le sue favole, che
babbo natale esiste e insiste, che l'anima non vola via, ma ce la
portiamo via, che la nostra mente è stata assente e l'essere ne
risente, che Cenerentola c'è sempre, perché il suo Angelo del
Focolare la ricorda, perché la donna non scorda, che essere
umani è meglio che essere animali.
Questo ci ricordano le favole di Cleonìce, ma le dobbiamo solo
leggere, perché le abbiamo solo vissute e, se qualcuno le ha
scritte, Cleonìce, è perché noi ne conserviamo la memoria, che
ancora è la nostra unica gloria.
Ecco, con le favole di Cleonìce, la possiamo esercitare così
evitiamo l'alzeimer, si proprio quella situazione mentale che ci
fa vedere tutto tale e quale.
Il nulla, il vuoto, il niente. Esercitiamola questa memoria, in
fondo è la nostra storia. E qua che Cleonìce, in fondo, ci manda
i baci. Siamo bambini, non ci accorgiamo e la favolista
spirituale diventa geniale, per lei non è tutto uguale.
L'orizzonte ci dà la carrozza, per partire insieme dalla nostra
principessa o dal nostro principe e questo, finalmente, ci dirige,
dove è un mistero e questa volta vero.
Cenerentola era L'Angelo del Focolare di
ome I Sensi della Mela sono il paradiso perduto e
l'eden chiuso, ma Cleonìce non ci crede e curando
l'antologia, ci dice, che quella mela era là, messa ad
arte, proprio perché solo così arriva l'arte, la fantasia, la
creatività, che non sono mai la realtà oggettiva.
CL'oggetto non c'è, perché si arriva alla donna oggetto e
all'uomo perfetto.
Allora Cleonìce piazza i suoi aforismi, che definisce “l' anima
in poche parole”. Ma anche questa sembra un aforisma?
Allora non se ne esce con: “C'è sempre una porta che ci
aspetta”, dice Cleonìce, spesso si apre, qualche volta si chiude,
qualche volta ci delude, qualche volta l'ingresso è di
gesso,non importa dice Cleonìce, basta che ci porta nella nostra
anima e riusciamo a vederne la concretezza, magari insieme
alla dolcezza.
Ma allora una cosa come l'anima, come fa ad essere dolce e
concreta contemporaneamente se poi, come dice Cleonìce,
la mente, mente?
Dobbiamo di nuovo passare per l'astrazione, per arrivare
all'altare, qualsiasi esso sia e dicono ancora così sia. Molti lo
dicono, anche durante la messa e questa è la nostra mossa,
sempre, o di qualcun altro?
Cleonìce non si fa illusioni nelle sue azioni, comincia a fare
video che manda su internet, la gente li vede e sceglie. La
Passione e l'Uomo, ma Cleonìce sa che tutti hanno una storia.
La sua personale, perché, come tutti gli artisti, lei esprime
sempre la sua anima.
Certo, questa è diventata concreta è vero, scrivendo e
facendo della scrittura una terapia che dura, catturare
immagini e comporle, perché i nostri occhi e la nostra
mente, riescano a capire che non c'è niente da capire, ma
c'è solo da gioire.
E' una gioia per Cleonìce, dice che le vengono i brividi, quando
l'anima la prende e il cuore la raccoglie. Si danno una mano
perché la non sia mai banale.
Questa, la favola, è sempre giusta, anche se Cleonìce dice che
la giustizia è dentro di noi e noi siamo la stadera che non fa mai
la tiritera.
Ma questi adulti!Noi, capiamo e sentiamo che l'anima è concreta nella favola
perché è la nostra anima e noi siamo quella concretezza che
ci accarezza?
a risposta non c'è, perché Cleonìce, nelle sue favole,
preferisce le domande che sono sempre tante. I
bambini che le fanno non sono cretini. Cretini, dice
Cleonìce, sono gli adulti, che lasciano il proprio spirito e lo
mettono in salamoia un po', credono, come la soia, che fa bene
alla salute.
LMa questa è realtà che nasconde la finzione, dice Cleonìce,
l'apparenza inganna, la morte è sepolta e la vita si avvita spesso
su se stessa, che fessa!
Dice Cleonìce, il divenire è di per sé un ardire, coltiviamolo e
accettiamolo, non sarà la nostra pace, un altro video di
Cleonìce, ma di sicuro, sarà la sola concretezza che ci dà
ebrezza.
Bacco torna, per bacco le sue vestali diventano una continua
festa, vino, uva, spremitura e pigiatura, non sono una
ubriacatura solamente, sono la nostra mente che cerca la tregua
da una guerra che ci inganna e questa è la favola di Cleonìce.
Ora Dan Brown, dopo i templari se la prende con i massoni,
quei muratori che fanno della spiritualità e della moralità, la
sola realtà: Garibaldi, Totò, Oscar Wilde, dicono anche
Whashington. La loro favola sembra vera come quelle di
Cleonìce Parisi, che massone non è, ma è solo napoletana, il
che è uguale.
Perché è uguale non si sa, ma Calvi, banchiere, dicono sia stato
massone e forse questo gli è costato, finire impiccato sotto un
ponte di Londra.
E Licio Gelli, che non usava neanche il gel. Insomma un'altra
storia di Brown che non è padre brown di Renato Rascel.
Brown è più furbo e lavora per sé e non gliene frega niente del
te. Cristo, l'ultima cena, Leonardo da Vinci, ora i massoni , per
lui non sono mai guai, ma denari contanti che lo mandano
avanti.
Conosce i segreti? Ha i documenti? Legge le favole di Cleonìce
Parisi. Oggi c'è la privacy e non si può indagare, intanto lui fa
l'affare. Scrive libri che poi dicono che ha copiato, ma, forse,
anche questa è una favola. E poi dite che agli adulti le favole
non servono!
Perché lo dite, leggete Down Brown, i suoi templari, quello che
pensa della madonna di Cristo, ora dei massoni. Però è lecito
chiedersi se anche le sue sono favole, come quelle di Cleonìce!
Certo che è lecito, perché i suoi documenti non sempre sono
affidabili. E poi i segreti sono segreti per antonomasia.
Allora qual'è la verità? In un aforisma, Cleonìce dice che la
verità non è la realtà e questa è apparenza, come la caverna di
Platone?
L' istinto che diventa ragione e poi anima nell'iperuranio. Ma
questo è anche quello che dice Cleonìce!
L'anima poi viene, dal cristianesimo, resa evanescente, può
volare, lasciare il corpo, andare in paradiso, all'inferno. Qua, la
concretezza di Cleonìce ci riporta a quella famosa porta, dice
Cleonìce, c'è sempre una porta, forse intendendo che da
qualche parte dobbiamo entrare comunque al dunque.
Insomma un'anima che per entrare ha bisogno di una porta non
ci porta. Siamo abituati alla sua, non si sa neanche come
definirla!! Sembra infinita, invece, dice Cleonìce, che è
concreta e lo rimane anche quando si va a mischiare con
quell'energia universale.
“Il corpo è quella diga che ti isola temporaneamente
dall’appartenere al mare di energia, a cui non hai mai smesso di
appartenere, dal quale sei solo temporaneamente separato per
una brevissima esperienza, e grazie al corpo che ora ti contiene,
che stai imparando a conoscerti, cosicché nel tornare al mare tu
possa portare occhi orecchie e naso.”
Tratto dalla favola: La Storia del Vaso
Energia, ma che c'entra la fisica con la favola? Bene,
mettiamoci seduti a tavola e poi ne discutiamo, il cibo non
alimenta la nostra anima? La tovaglia non è quasi sempre
colorata? I bicchieri sono sempre interi per poterci bere? I
nostri commensali non li vediamo geniale e spirituali, va bene,
ma se mangiano, alimentano anche lo spirito. Favole Spirituali
per commensali, ci avete pensato mai?
“Si amica mia, noi eravamo entrambi bicchieri riempiti a metà, ma io mi sono sempre sentito mezzo vuoto, e tu invece mia luminosa compagna sentivi d’essere mezza piena, ed è in questa semplice diversità di veduta che gira o non gira la vita.
Il pessimismo è il padre ozioso di un futuro gravoso, l’ottimismo è il figlio prediletto di chi della propria vita ne fa un concerto.”
Brano tratto dalla favola: Un Bicchiere a Metà
Ci avete pensato, ma le avete scartate perché non lo sapete,
come non sapete di preciso cosa mangiate. Vi dicono che è
pane e ci credete, ci dicono che è salame e non vi offendete se
vi trattano come tale, allora mangiate e vi alimentate e così
alimentate anche la vostra anima.
Lo spirito ne risente e Hegel, avete capito bene Hegel, quello
della fenomenologia dello spirito vi dice che questa è la storia
romanzata dello spirito che via via si riconosce nello spirito.
Allora che cosa aspettate le favole le avete o forse volete
cominciare con i video visto che siete abituati alla televisione,
quello scatolone. Va bene, cercate i video di Cleonìce su
internet, li troverete tutti a dimostrare che la favola non è antica
perché con internet se la tira.
La Passione, L'uomo di Cleopa allieteranno le vostre serate e vi
faranno vedere l'anima all'opera, si proprio all'opera perché
anche l' opera è la nostra anima.
Pensate all'opera musicale, certo, ma anche l'opera vostra,
quella di tutti i giorni è la vostra anima.
La Concretezza passa per
l’Astrazionea concretezza passa per l'astrazione non lo
dimenticate e le favole spirituali sono la vostra
astrazione che è diventata azione. Certo non
dimentichiamo le poesie di Cleonìce e chi potrebbe dimenticare
la loro spontaneità, il loro essere l' incipit del suo pensiero.
LL'aforisma, ricordiamo per Cleonìce è l'anima in due parole e i
suoi sono così, vi prendono e diventano concreti con voi.
Non si ferma l’Ascesa,dell’Uomo che non ha mai conosciuto Discesa.
Chi della Vita ha affrontato la salita,non si fermerà se non a strada finita
Facciamo un passo indietro? Cleonìce ha undici anni e
comincia a pensare al principe azzurro, ne conosce alcuni che
sono di un azzurro carta di zucchero e vede che sono utili solo
per fare i pacchi, comunque non per lei.
Lei si sente bella perché la mamma glielo ha sempre detto e
perché i suoi lunghi e folti capelli neri ne fanno una leonessa
che non è fessa è guardinga, è non vuole prendere la stringa per
domare i suoi leoni.
Li vuole belli, intelligenti, colti, sensibili, attenti alla sua
dignità che, guarda caso, per lei fa rima con femminilità.
La rima per Cleonìce
è come la riva del mare se uno sa nuotare.
Per lei è un dono come chiedere perdono, cosa sempre difficile,
ma la rima è la riga che sempre lei tira per concludere il parlare
d'amore e lei ne parla sempre, quando non tira fuori i suoi saggi
aforismi.
Dice Cleonìce che il suo primo libro è stato la bibbia, accidenti,
il libro dei libri e da lì dice di aver tratto molti insegnamenti.
La bibbia favole spirituali scritte a più mani. Una nuova bibbia
allora! O forse una bibbia più moderna? Ma qui moderno e
antico non hanno senso, la storia dei popoli è, e sarà e la
favolista spirituale lo sa, come lo sapete voi che vi siete beccati
dei bombardoni perfino senza perdoni.
Altro che Giuseppe oggi chiamato Peppe e ieri abbandonato
dai suoi fratelli. Una storia commovente che ci ricorda Caino e
Abele che sono anche il presente vivente.
Ma a proposito, Cleonìce è religiosa oltre che essere spirituale?
Lei è convinta che ognuno ha la proprio religione e come per
Simone Weil non ce n'è una meglio di un'altra, somigliano per
la loro impostazione, dare una risposta sempre a bella posta.
Ecco l'ironia del postino di Massimo Troisi la riguarda e non
solo perché è napoletana, probabilmente anche, ma quei
discorsi innocenti di Troisi, somigliano alle sue favole, certo
una somiglianza che alberga nella propria profondità.
Si dice ironia della sorte, ma si dice e nessuno contraddice,
perché il destino è così, eppure per Cleonìce è la forza che ci dà
forza.
Viene da dentro ed è sempre un cimento, anche se uno alza il
mento, anzi proprio perché lo alza. Guarda il cielo e dice: che
Dio me la mandi buona! Ma Dio non sa dove sta e se ci sta,
allora Cleonìce dice che noi siamo gli artefici di noi stessi ed è
inutile fare i fessi.
La PecoraChi la propria causa non perora,
è come una pecora che bela in silenzioe che neanche di se stessa ha raccolto il consenso.
Bela ad alta Vocechi nel suo brodo ogni cosa Cuoce.
Insomma il diritto notarile ha incorniciato la sua vita
professionale e non è stato proprio male. Il notaio le ha dato
anche lo spunto per alcune favole. Poi il senso di giustizia è
stato alimentato dalle regole, che le cose burocratiche
impongono. O queste si sono andate ad innestare su un
carattere predisposto al posto.
Di fatto, Cleonìce, con un breve intervallo, è lì da vent'anni
passandoci i migliori anni della sua vita come Renato Zero,
uno dei cantanti da lei preferito, sostiene nella sua canzone,
certo parafrasando l'amore, ma dando anche al lavoro il cuore. I
clienti li ha trattati tutti come parenti, parenti usciti quasi
sempre sorridenti. Le pratiche sono state tante e Cleonìce le ha
risolte sempre sorridendo. Allora sorge spontanea la domanda:
impiegata o scrittrice? Ma che domanda è? Uno deve pur
vivere! E vivere per Cleonìce, è anche scrivere. Dice infatti che
per lei, e non solo, la scrittura è una terapia, terapia per la vita e
scrivere anche per gli altri è un più, ma lei scrive per se stessa e
mica è fessa!
No non lo è affatto, sa quello che vuole, ama se stessa e questo
la porta, come è ovvio, a capire meglio gli altri, che non sono
più i giganti della sua infanzia, ma semplicemente l'amore per
l'anima della gente.
Leggere le sue favole è ritrovarsi nella storia, essere
protagonisti senza perdersi di vista. Ora, sapete che la
spiritualità non è mai una realtà concreta, almeno non vi
sembra così. Ma siete abituati a vedere in voi quel noi che è
così sfuggente, quasi da sembrare assente ed evanescente,
invece, no, c'è, è concreto, siete voi che vi date del noi e vi
perdete in quel cielo azzurro dove vi hanno detto, da bambini,
che c'era il paradiso, ma poi vi è venuto il riso e ancora ridete.
Questo dice Cleonìce, allora leggete. Lei lo sa, perché ha
vissuto dentro la storia dell'umanità, non vederla così è come
dire ad uno che non sta costì. Ricordate quel notaio, tutte quelle
carte, tutte quelle pratiche, tutti quei problemi da risolvere, che
facevano arrabbiare il notaio, che non voleva notare o si
scocciava di tutto e tutti? Cleonìce era là a guardare e capiva,
questa è la vita, realtà o favole, la vita è così. Pratiche
burocratiche e antipatiche, e qualche volta cuore, spirito e
anima, ma Cleonìce ha capito che tutto era legato e slegare non
era proprio un affare.
Venti anni sono tanti e il principe azzurro intanto, era diventato
di un altro colore, nero, proprio come l'uomo nero. Cleonìce ha
deciso e ha reciso, era un fiore andato a male, si era seccato e
faceva seccare e questo non era per Cleonìce. I suoi capelli
neri, il suo sorriso dolce non erano più sufficienti. Bisognava
avere qualcosa e qualcuno con un'anima, non proprio gemella,
ma che almeno fosse quella, stabile.
La scrittura come terapiaa vita di una persona è come cambia la vita e per
Cleonìce, la scrittura diventa una terapia che dura e
non è neanche dura, per lei, che fa baciare le vocali
arricchendone l'importanza, per lei la parola diventa una sola,
quella della sua scrittura. Comincia a curare antologie, fa
concorsi, alcuni li vince. Diventa un riferimento per il premio
Sorrento. E' nella giuria, ma lei non giudica. Il suo giudizio è
come il solstizio d'estate, che tutti aspettano e poi sanno che lui
è uguale per tutti.
L
Fintanto ti giudicherai colpevole, colpevolezza e amarezza
saranno la tua sola carezza, e la mano disegnerà nella tua mente
bassezza. Riconosciti dignità, ricorda, giudica solo chi non si è
giudicato, il vero peccato è in chi non si è realmente cercato!
Brano tratto dalla favola: Chi si giudica non giudica.
Scrittura, notaio,matrimonio fallito, continuano comunque a
darle una carica, proprio come quella che ti carica. Finisce qui
la poesia e dopo comincia la vita. Internet la rende famosa
proprio come il mezzo permette. Di questo lei dice, mi fa
vedere e mi fa dire, mi basta, lo curo come lui cura me, la gente
è tanta, intanto lei scrive il viandante e poi gli aforismi.
Giustizia è fatta con loro, dice che sono l'anima in due parole.
Ora le parole non sono mai sole, sono sempre insieme,
qualcuno le dice e qualcuno le ascolta. Ma si sa che c'è chi
parla di più e chi ascolta di più, Cleonìce era sempre in mezzo,
perché il suo lavoro era così, mediare.
La mediazione come condizione, era l'unica soluzione per
digerire il divenire delle pratiche e lo scorbutic notaio.
Cleonìce lo sapeva, lo aveva sempre saputo e aveva “ bevuto”.
Per un periodo aveva provato in un altro stato, un altro
impiego, ma aveva scoperto che la coperta era sempre la stessa,
sempre corta, ma non certa.
Allora si era abituata e, sebbene frustrata, l'aveva accettata.
Allora, lo scrivere diventa un rifugio e non più un pertugio.
Quando l'anima parla, le parole tacciono, perché non piacciono
e diventano uno strofinaccio, si, proprio uno strofinaccio, quasi
un oltraggio all'anima.
E la concretezza avanza. Allora concreto e astratto diventano il
vento, che soffia su di noi e non siamo pochi, ma continuiamo
ad essere e a tessere. La parola ci viene in aiuto, ma la giornata
è animata, e l'anima si trova una risposta certa.
Cleonìce lo capisce che il lavoro è una cosa e la parola un'altra.
Con il primo si fa mangiare il corpo, con la seconda si
asseconda l' illusione, perché non si arriva mai all'azione. Ma
Cleonìce è troppo ostinata e non le piace ad essere biasimata
dalla realtà. La concretezza allora passa per l'astrazione e
questa diventa un'azione, quella vera, secondo Cleonìce,
scrivere, scrivere, scrivere, e fare della parola scritta il diritto
alla vita, non più solo il diritto notarile.
Va bene il notaio, va bene l'orario, ma lo spazio ci vuole e
anche questo diventa vitale, lo spazio mentale. Internet l'aiuta,
ma non è il liuto del liutaio, è solo uno strumento che suona,
ma qualche volta stona. I commenti della gente la fanno
riflettere:
…ma io scrivo per me o per loro? E chi sono questi, cosa
vogliono da me, favole, aforismi, parabole, poesie, chiacchiere
e basta o vogliono dirmi che qualcosa devo dirmi per
continuare a chiamarmi Cleonìce.
Allora faccio più video, più antologie, quel più che non c'è più,
infatti a 33 anni cambia quel più, cambia uomo e quindi anche
tono. La sua voce non è più flebile, è solo dolce, diventa la vera
Cleonìce, ha preso una decisione scrivere per me, è una
passione.
Vado avanti, per tornare indietro non trovo il treno. Scrive una
favola per me, adesso suo biografo, un treno si ferma perché le
sue ruote vengono rallentate dal fieno finito, casualmente, così
dice la favola, sulle rotaie. Certo è un consiglio per rallentare la
corsa della vita, infatti il treno si ferma e il macchinista si
accorge che era solo fantasia. Ancora concretezza e astrazione.
Un prato pieno di fiori è il paesaggio che il macchinista vede,
quasi non ci crede. Certo è una metafora, questa è la favola di
Cleonìce Parisi . Non è un viaggio a Parigi, a Mon Martre, ma
è un colossale consiglio che è meglio seguir, perché è semplice
e banale. Stai sbagliando , dice Cleonìce, la tua corsa è
pericolosa e poi non ti fa vedere il resto.
Questo, il resto, potrebbe essere interessante e tu lo perdi
inutilmente. Certo questo vale per tanta gente, è oggettivo, ma
gli effetti sono personali, quasi come si dice in burocrazia. Gli
effetti personali ed è strano che Cleonìce, impiegata da un
notaio, veda la libertà e la ricerca delle cose positive, mettendo
una leva, come Archimede, quasi per sollevare il mondo,
insomma le sue sofferenze, oltre alle le sue illusioni, che
possono provocare anche “ustioni”.
Avete capito! Cleonìce per ustioni intende dispiaceri inutili e
bruciature, che vanno avanti con le cose dure. L'uomo non è
morbido, dice Cleonìce, la società lo incalza e allora è difficile
la danza.
Le danzatrici di bacco, le baccanti, avevano bisogno del nettare
di Dio quello che, Cleonìce, chiama di-vino.
Liberazione, astraendo dal resto, arrivare alla concretezza
facendone un fiore per la vita e per l'amore, ma tutto passa per
il cuore, dice Cleonìce, perché la mente, mente.
Questa potrebbe non essere una cosa chiara, sembra un
pleonasmo, che somiglia a uno spasmo, proprio uno spasmo
della mente che si sente deludente. Allora passa il giro e smette
di giocare a poker, sospende la sua partita perché la mente
riprenda il controllo e l'emozione cessi di farla da padrone. Un
padrone senza bastone.
Ma con Cleonìce: chi ha usato il bastone? La vita forse, come
per tutti, sapete alle carezze non siamo molto avvezzi. I nostri
genitori, forse sono stati parchi, anche troppo parchi, ci hanno
parcheggiato in un bugigattolo del loro cuore e noi abbiamo
aspettato che lo schiaffo fosse piazzato.
Più rimproveri, che premi, perché quelli sono facili. Tutti
sbagliamo, diciamo. I premi sono solo per i primi. E ancora
quello diceva: beati gli ultimi che saranno i primi nello spirito.
Allora torna la favolista spirituale, per dirci che la faccenda
dello spirito è solo la storia romanzata della coscienza che via
via, si riconosce nello spirito. Ma la concretezza di questo, la
concretezza dell'anima quando ci anima, va bene, che non si
vive di solo pane, ma un po' di pane ci vuole. Allora Cleonìce
dice: la favola ti serve, perché non ti asserve, anzi ti libera e
dopo la libertà viene la concretezza. L'anima si nasconde e
scuote le nostre certezze, perché diventino certezze sempre.
La Mente legge l’Anima
a mente legge l'anima e la tramuta in parole, queste
però sono da sole e come, per i bambini, è necessario
indicargli la cosa perché alla fine associno parole e
cose.
LInsomma imparare a parlare insieme al significato delle cose,
indicandogliele. Così fanno le favole di Cleonìce: indicano
un'emozione dell'anima, questa diventa concreta e smette di
essere solo creta.
Dalla creta veniamo, ma non è detto che là torneremo, l'anima
salverà il nostro spirito e questo scaccerà quella, nessuno
morirà e la morte non ci sarà.
Infatti, Cleonìce parla della morte dell'anima, ma non come
fanno i preti. Per lei la morte è una sorte che tocca solo ai
perdenti. Forse l'inferno dantesco? Forse la morte nel cuore
quando non si ha amore?
O forse ancora la nostra ancora di salvezza? Si, proprio quella
del marinaio, che dal mare trae i suoi frutti e ne affronta i flutti.
Pesca il pesce il marinaio, Cleonìce pesca l'anima che, secondo
lei, è la nostra bambina interiore, quella più nascosta.
Bisogna scovarla, dice Cleonìce, perché si nasconde, è
spaventata, prima dal “ lupo nero “ poi dall'anno zero, ma, dice
Cleonìce, quando torneremo ad avere il remo? La barca va
governata, la tempesta impazza sempre dentro di noi, la
burrasca avanza e il marinaio tira i remi in barca, ma sbaglia,
dice Cleonìce, sbaglia, non bisogna arrendersi dice in
un'intervista su rai uno che ha raccontato l'ormai famosa favola
del fieno, non bisogna arrendersi, le nostre speranze sono le
nostre risorse, le uniche.
Lo spirito non è intangibile e immodificabile, lui avanza con
noi e la nostra anima con lui, per questo scrivo favole spirituali.
Sicuramente non sono geniali per il genio c'è la scienza, ma
sono la nostra anima gemella, dice Cleonìce, per me lo sono,
per questo le scrivo, prima per me, poi, se vogliono, per gli
altri: favole per adulti giunti, ma giunti dove?
Da loro stessi, per non perdere quell'identità che la natura ci dà.
E Cleonìce sa che l' identità è concreta e dentro c'è anche la
nostra spiritualità. Allora direte dov'è la concretezza?
Ma è semplice, dice Cleonìce, siamo noi. Anima, spirito, cuore,
amore, non sono un coacervo acerbo, sono dentro di noi per
dirci che, nonostante tutto, siamo. Siamo esseri la cui essenza
non è solo nella sapienza, perché la mente, mente e allora non
ci rimane niente, se non quella creta da cui la nostra immagine
attinge, perché l'immagine non rimanga dentro quella caverna
platonica e la razionalità ci leghi per l'eternità che sta sempre al
di là.
dice nelle interviste che non
bisogna perdere la nostra vista, insomma la vista di noi stessi.
Rubare al cuore, quello che non può dare se è messo a tacere, è
come da bambini rubare la marmellata alla madre.
Vi ricordate le fette biscottate rotonde con la marmellata?
E se fosse da là che parte la favola di Cleonìce? Perché
indagare e psicanalizzare? Cleonìce è “La piccola voce” che
non si dà pace, è “Il viandante nel Cuore” una raccolta di
aforismi, con tutti i crismi, come si direbbe. E' “L'altra me”, è
“Le Favole dell'Anima”. Leggete con i vostri occhi e capirete,
che Cleonìce scrive quasi sempre in rima perché sa che questa
è la nostra riva e non c'è niente prima.
Il favolese che dell'anima ha visitato il paese, dice Cleonìce.
Ma che vuol dire? Niente, solo che le favole sono per tutti gli
adulti giunti o direste giusti?
Ma Cleonìce lavora da un notaio…
…quasi un tribunale burocratico. Allora la giustizia di Cleonìce
è quella giusta. Osservate i suoi video su internet, leggete le
sue favole, i suoi aforismi, non avete l'impressione che parli la
giustizia? Non pensiamo sia utile insegnarvi a usare internet,
potete vedere i video, vedeteli tutti, se avete tempo, questo vi
sarà compensato.
Cleonìce preferisce “ La passione di Cleopa “ e poi “L'uomo
di Cleopa“, così dice.
Perché, siete curiosi?edeteli, lo capirete, accenniamo solamente che
l'erotismo per Cleonìce ha l'anima o è una parte di
essa. Certo questo la aveva già detto Battaille sul
suo omonimo libro e lui aveva detto e scritto che l'eros è anche
la nostra spiritualità. Ma Cleonìce non ha letto Battaille, me lo
ha detto.
VAllora? Be' questo capita di trovarsi d'accordo con menti
diverse. Battaille era un filosofo, Cleonìce è una scrittrice che
scrive anche favole per adulti giunti o “ giusti”, che dite?
C'è poco da dire, le Favole spirituali di Cleonìce sono un nuovo
genere nella letteratura italiana, proprio come Battaille lo era
per quello che ha detto e scritto. Ma genere nuovo significa
qualcosa o non significa niente per la gente?
Guardate il video che parla della gente di Cleonìce, magnifica
gente, lo capirete. E poi, intendiamoci, c'è poco da capire. C'è
gente magnifica e gente che non lo è, basta intendersi sul
magnifica. Un superlativo assoluto capite bene? Non dissoluto,
perché con questo “ pensiero debole” in filosofia è meglio
misurare bene il valore della parole. E la misura basterà?
O ci vuole qualcosa d'altro. Ecco l'altro, questa si che è una
parola concreta proprio come l'anima di Cleonìce, una
costellazione di stelle, è questa l'anima di Cleonìce, stanno là
per essere guardate, ma esistono , sono energia. Allora si può
ridurre a una formula? Perfino matematica.
Ma questo l'ha fatto Platone prima, Einstein dopo, continuano a
farlo miglia di ricercatori. Ecco che Cleonìce si definisce anche
ricercatrice spirituale, allora di nuovo il dato è tratto e tutto è
fatto. No per Cleonìce non c'è mai una conclusione, tutto scorre
sempre e il nostro pensiero è pronto a dire adesso, il passato e il
futuro ci condizionano, dice Cleonìce in un' intervista, ma chi
l'ha vista è una trasmissione televisiva, lo sapete.
Cleonìce dice basta, il presente è assente perché il passato
dissente e anche il futuro non è sicuro.
Ripristiniamo l'ordine raccontandoci le favole, le mie, del resto
me le racconto pure io. Gli altri le leggono dice Cleonìce, con
umiltà? Spero di si, dice, perché la mia favola dice e cosa dice?
Chiediamo ancora noi insistenti, proprio questo dice:
bisogna insistere sempre e non lasciarsi andare alle brutture
della vita.
Io l'ho fatto, dice Cleonìce e le mie favole escono di là. Dentro
di me c'è …
…lo guarda, gli presenta l'anima e lui si spaventa.
Fugge…fugge… fugge
…sempre e la concretezza è là, aver dato una luce trasparente
al demonio, vederlo per quello che è, configurarlo come si fa
con il computer e dopo, usarlo a nostro vantaggio senza che
l'angelo ne risenta. E' questo forse il segreto dell'universo?
Può essere, a modo suo lo diceva pure re Artù, una delle favole
che a Cleonìce piace di più.
Lo so che non lo sapevate, ma ricordate la tavola rotonda, i
cavalieri e gli stallieri, erano tutti là, per trovare un accordo che
fosse un buon ricordo. Ricordate lo trovarono e la giustizia
trionfò di nuovo. Allora abbiamo capito da dove viene questo
profondo bisogno di Cleonìce! Viene da qui e da quelle fette
biscottate con la marmellata, rotonde, perché dovevano essere
tutte uguali. Insomma questa non è una psicanalisi, ma solo la
biografia esistenziale di Cleonìce per niente banale.
Favolista Spiritualeei ci racconta la sua vita, dite che è stata una favola?
Si, come quella di tutti per questo le racconta. Dare
un esempio che può essere un tempio, non quello dei
sacerdoti che Gesù scacciò, dicendo che erano mercanti. Il
tempio del nostro essere che vuole essere. Ma perché proprio
Cleonìce favolista spirituale?
LE' successo ed è inutile chiedersi perché, ricominciamo sempre
col fatto se è nato prima l'uovo o la gallina.
A proposito! Il segreto è svelato dice Cleonìce, non importa,
basta trovare la porta, aprirla e come disse Gesù, vi sarà dato.
Be' lui disse bussate a dire il vero ad essere sincero, chiedete e
vi sarà dato, disse pure, Gesù. Dite che, come lo conosciamo
lui era spirituale? Be' era il figlio di Dio e non è poco.
Ma Cleonìce, nei , dice
che quella è stata messa là per essere colta e quindi sotto
intende che non ci è stato nessun peccato, parliamo di quello
originale, ovviamente. E la sua teoria sui dolori del parto la
conoscete? Sicuramente no, cercatela nei suoi scritti vi
stupirete e allora non ve lo diciamo, altrimenti vi togliamo la
sorpresa.
Oggi, in questo periodo, Cleonìce scrive L' Angelo del
Focolare che potete già comprare, se lo leggete pensate a
cenerentola che, sempre, puliva la pentola. Certo una
cenerentola moderna, non proprio una femminista e neanche
un'arrivista, ma una donna sempre in pista, proprio come lei
Cleonìce.
Scrittrice, autrice di antologie di cui ha coordinato gli scritti,
impiegata dirigente da un notaio, madre di un figlio
meraviglioso, giurata del Premio Letterario Surrentum, già
presidente di giuria del Concorso Nazionale La Bella d’Italia
e ideatrice e costruttrice di video. Grafica nella scelta della
immagini per questi, accompagnata con Gianluca che ha la
moto, separata da Gaetano, promotrice sempre di nuove
antologie, disegnatrice spiritosa, non Forattini, perché è donna.
Ecco, dimenticavo anche una donna che dice di avere nei suoi
capelli la sua forza. Proprio come Sansone, personaggio
mitologico. Se tutto questo la abbinate alle sue favole e alla sua
lettura nell'infanzia della bibbia, il libro dei libri.
Allora, ancora una volta il dato è tratto. E' perfetta Cleonìce,
non ha difetti?
Lei si ritiene unica, parafrasando lo slogan è singolare essere.
Unica lo sarà pure, ma in quanto alla perfezione i suoi aforismi
che sono, come lei dice, due parole sull'anima, sono
evidentemente per una mente che mente.
Non cercare nelle mani di altri il “pane” per nutrire la tua Esistenza, tu sei farina, tu sei acqua, tu sei lievito, tu sei mani, e la fiamma che ti arde dentro è il fuoco che cuocerà il composto. Trovati un posto nella tua Considerazione. Tu sei Unico.
E allora andiamo a vedere i suoi “
difetti”a il cuore pronto a dare amore, ma vuole essere
ricambiata e la sua vita per questo è cambiata, non
uno stravolgimento, ma sempre un cimento. HI cambiamenti vanno digeriti come il cibo e le idee, se
diventano troppe queste, troppo questo, ci vuole un onesto per
rimettere tutto in sesto. Pensate che questa sia una metafora?
Lo è, ma Cleonìce ha subito una metamorfosi come quella che
ha subito la farfalla.
Allora svolazza con le sue ali a volte colorate, a volte bianche
come lei dice sia l'anima. Bianca dice, non può essere che
bianca, per questo non ha mai bisogno della panca, il riposo
non lo conosce, le parole si accavallano, trovano la rima e
vanno sulla riva del mare a guardare e a scrivere favole ecco
anche perché Spirituali.
Ma lo spirito, quello dell'ironia, si affaccia sempre e non solo
nelle sue favole, ma anche nella sua mente e nel suo guardare
la gente com'è, spiritosa anche senza volerlo, senza farlo
apposta, la gente è così, lei vede, seria e la prende sempre come
se fosse inconcludente, la mente e ride pensando che il
girotondo non è rotondo, ma potrebbe essere anche quadrato,
un altro dato.
Il suo sguardo, specchio dell'”Anima“ non guarda, ma parla,
dice, non ti credere Euridice io sono bianca anche se a volte
sono stata sulla panca, ho guardato e tremato e qualche volta
penso, ma il mondo è andato o sono io?
Ecco il dubbio, il futuro le si staglia davanti sempre presente,
ma lei sa che il presente e il futuro lo sarà, allora perché lo fa.
Lo fa perché l' essere piange e qui nulla tange. Toccatemi, dice
Cleonìce, io sono viva non sono solo la mia favola, sono una
favola!
Il suo mento è in su per capire bene se ha ragione lei.
Prosopopea? No. lo faceva anche Poppea a Roma, quando
Roma era l'impero, ma lei è a Napoli, e lei è solo Cleonìce
Parisi e di Parisi abbiamo anche un sardo e poi poi un po'
dappertutto.
Io stesso che sono il suo biografo ho avuto una fiamma in
gioventù, che si chiamava Paris, certo era figlia solo di un
onorevole, Cleonìce pensa invece di essere molto di più: pensa
di essere unica.
Perché lo pensa, sembra che lo pensi perché è vero, ma sentite
anche voi siete unici se non siete stati clonati, allora come la
mettiamo?
Glielo vogliamo perdonare questo? E vogliamo chiamarla solo
scrittrice attenta, in particolare, alla favola spirituale e va be'
che sarà ci dirà come è la nostra vita, che importa se non porta.
Certo è piacevole come donna, ma non è il massimo, come lei
si crede, va be' che credere non ha mai fatto male a nessuno.
Però se questo si chiamava Napoleone e veniva da quella
piccola isola che è la Corsica e voleva conquistare, come ha
fatto, l'eternità.
Allora la sfera si allarga ad altri orizzonti, non proprio orizzonti
sepolti, ma sicuramente qualcosa di poetico che l'eternità la dà,
ma non bisogna esagerare. E' qui che
esagera, ma forse questo è normale
per una favolista spirituale.
E quei bracciali, quelle collane che vogliono che sembri più
bella? Certo è un vezzo e oggi non solo femminile!
Ma ci dice sempre che lei pensa che gli altri non sono niente, il
fatto è che per lei il niente è tutto, e comunque ama la gente,
che ha spirito e anche se è spiritosa.
Dite che lo fa per conquistarsi i fans, si, l'ho pensato potrebbe
essere!
Ma io che sono il biografo, come faccio a parlar male di
Cleonìce?
Forse non posso e voi lettori mi scuserete, capita che uno non
gliela fa più, anche se è biografo e poi che c'entra? Io mica
rilascio l'autografo, io sono solo il biografo, questo sarà un
problema suo, quando succederà che glielo chiederete.
E lei qui dice che succederà, ne è convinta e non so se avvinta,
non credo perché la prosopopea di Poppea la conosce pure lei,
Cleonìce, speriamo bene!
Non mi vorrei trovare domani con qualcuno che mi dice: non
hai detto la verità, ma ti sei solo buttato!
Ci sei cascato come un merlo, ecco a proposito di merli questi
vanno anche sulle torri, oltre che essere a terra. Là sulla torre
almeno sono al riparo.
E poi Stregantola, un neologismo che si ispira alla strega e a
Cenerentola, qui si rischia di essere portati in tribunale, proprio
una favolista spirituale, certo che fa male, soprattutto a lei che
la giustizia la tratta a menadito nei suoi aforismi e come
impiegata del notaio, si dove ha passato i suoi ultimi 20 anni
perché oggi ne ha 40.
Poi dice che ha cominciato a scrivere favole solo 6 anni fa, lo
ha detto anche in una trasmissione su radio uno e l'ha detto alle
11.05 per giunta di sabato.
Esibizionista dite? Arrivista rincarate? Ama anche questi non
le si possono imputare, sono la regola e la regola è peggio di
una tegola!
Che diciamo allora di male? Quelli sono i suoi difetti?
Pazienza!
Questa è la virtù dei biografi, avere difficoltà a trovarne, perché
cominciano ad amare il personaggio, che mentre è lui lo creano
e lo fanno proprio, il personaggio.
Ma andiamoci adagio Albinoni con il suo Adagio, ancora ci
parla e ci emoziona, perché è entrato e entra, con la musica,
dentro l' anima di molta gente, certo di quelle che avevano ed
hanno un'anima.
Ora Cleonìce ha e cura anche il suo giardino dove, tra l'altro,
due testuggini se la spassano e sono curate e seguite proprio da
Cleonìce, ecco direte ora, anche le testuggini! Sempre chiuse in
quella dura crosta che la loro natura mostra.
Poi si ritirano nella loro casa e lasciano che la natura faccia il
resto. Cleonìce, nel video la mia famiglia, ne parla. Si sente che
è affezionata ora diciamo anche le testuggini! ma che
sensibilità è questa?
C'è da chiederselo stiamo parlando di una scrittrice per giunta,
favolista spirituale.
A proposito! Lo sapevate che le favole spirituali sono anche
premonitrici? Si, proprio come dice Jung di alcuni sogni e qui
sogni e bisogni non c'entra perché ci sono le prove sia per i
sogni, sia per le favole. Addirittura la favola terapia oltre che
essere terapeutica è anche etica.
Si, perché informare qualcuno di quello che potrebbe
succedergli dopo è quanto di più etico ci sia. Insomma quasi
l'altruismo ad oltranza, qualsiasi sia la danza.
Ho capito dite, questo diceva che parlava dei difetti di Cleonìce
e invece ci sta facendo la solita tiritera dei biografi, tutti i loro
personaggi sono saggi e questo non è possibile!
Ma si, infatti, le testuggini a che servono e poi perché
preoccuparsene, questo è sicuramente un difetto, finalmente!
La perfezione non esiste, forse non è neanche di Dio che con
quell'eden non la racconta giusta. Poi i templari parlando di
Gesù, dicono che poi non sia stato così candito e quindi il
padre era uguale, come si sa.
Sono stati perseguitati i templari e ancora non sappiamo se solo
perché ne sapevano di più. Ma anche quella dei templari
potrebbe essere una favola che si avvera come quelle di
Cleonìce.
E ci risiamo! Non troviamo un difetto, questi ce l'hanno tutti!!
Poi queste testuggini, oltre che a non servire a niente, sono così
miti, così timide, si ritirano nella loro casa e spalancano quegli
occhi per osservare la natura che matura!
Ma diciamo con tutti i problemi che abbiamo, adesso ci
preoccupiamo proprio delle testuggini? Ma anche qua
purtroppo troviamo una risposta. Allora Lorenz, l'etologo
perché ha studiato le oche e da loro ha tratto l'imprinting, che
riguarda anche noi umani se umani siamo ancora, si chiedeva
proprio Lorenz? Ma a lui hanno dato il premio nobel come
medico scienziato.
Lo so vi aspettate che vi proponga Cleonìce per la stessa cosa,
no di più, scoprire che anche una favola vi può cambiare la
vita, se la volete cambiare e avete coscienza di questa. E poi se
i difetti, come succede in anatomia, in psichiatria e in fisica
fossero la strada per studiare la normalità?
Premio nobel a Cleonìce
nsomma proprio da premio nobel Cleonìce! No il premio
nobel sa troppo di nitroglicerina e quella polvere spara e
fa dei morti anche bambini inermi, fa invalidi curare i
quali spesso non è possibile.
IObama vuol fare la riforma sanitaria e la vuol far pagare al
popolo americano che è sceso in piazza per dire basta.
Brown, dopo i templari, ci racconta anche dei massoni, si, quei
muratori, così si chiamavano allora, che dicevano di avere la
ricetta giusta per fare la casa all'anima e allo spirito.
Anche loro erano molto preoccupati della nostra anima come lo
sono le religioni. Cleonìce non è preoccupata, se ne occupa
dicendoci che la concretezza, il nostro mondo, passa per
l'astrazione.
Paradosso dei paradossi, ecco abbiamo trovato un difetto di
Cleonìce, pensa di rimbambirci con Le favole dell'anima, un
suo libro, che ormai fa parte della cronaca letteraria, dicendoci
che noi siamo stati proprio come nelle sue favole.
Scusate! Ma Jung con gli archetipi e i relativi simboli non
diceva le stesse cose? Ecco vi direte ancora, il solito biografo
che non sa neanche chiedere un autografo, neanche ai
junghiani!
E se il paradosso, come diceva Kierkegaard fosse proprio la
passione dell'anima e l'uomo senza paradosso è un uomo che
non sa amare.
Ma è un po', certo in un'altra forma, quello che ci dice Cleonìce
Parisi nelle sue favole, nei suoi aforismi e nelle sue poesie.
Ma questo lo diceva pure Gibran, come lo diceva Corian e altri
e allora perché non dovrebbe dirlo Cleonìce Parisi? Ecco
abbiamo trovato “il difetto” lei vuole scrivere come
esattamente facevano gli altri.
Van Gogh e il valore attuale delle sue opere ci dicono che noi
possiamo anche sbagliare per distrazione, perché andiamo solo
incontro alle mode, perché queste ci fanno sentire come gli
altri, allora non leggete Cleonìce, perché questo farà la
differenza.
Be' se questo è l'unico difetto che abbiamo trovato, abbiamo
sbagliato. Perché Cleonìce ne avrà altri, vi giuro che li
troveremo, anche se non saprei su cosa giurare, visto che sono
solo un biografo senza autografo.
Ecco, forse il difetto l'ho trovato.
Copia, dite come tutti perché non c'è niente di nuovo sotto al
sole. Va bene Lorenz con le sue oche, va bene Jung con i suoi
archetipi e con la sua anima del mondo, ci mettiamo anche
Spinoza e il suo panteismo, quell'albero che è l'umanità, dice
Cleonìce e di cui noi siamo prima rami e poi frutti di questi, ma
Stregandola non gliela passo, perbacco!
Come direbbe ancora un napoletano importante, molto
importante, era perfino nobile!
Stregantola
Stregandola è un neologismo di Cleonìce Parisi che rincorre
chi corre, anche le streghe. Cenerentola non era certo una di
queste, anzi la strega, diciamo così era la sua matrigna che le
imponeva solo lavori umili, negandole di avere qualsiasi
desiderio.
Cleonìce parte dal desiderio di libertà e di riscatto,
dall'umiliazione di Cenerentola.
L'assimila alla storia di sempre della donna e ne fa quasi una
femminista convinta. Sapete Cenerentola si ribella ed esce una
sera e poi…
Ma andiamo per ordine, qui ci troviamo davanti al fatto di
reagire ad essere considerata nulla, proprio niente.
Il modo di dire, sembri cenerentola è ormai entrato in
quell'immaginario collettivo, che sta là apposta per dire che è
uscito definitivamente dalla coscienza individuale, quindi
anche dall'anima perché la semantica cambia proprio a seguito
dei cambiamenti sociali.
Questi sono funzionali a un esigenza c'è chi dice del potere, c'è
chi dice dalla strega, chi dell'uomo nero.
Il fatto che un nero c'è e quel puntino che si espande e ci lascia
in mutande, , parlo
del video, vedetelo e ci capiremo io biografo, voi gentili lettori.
Allora Stregandola non è solo un neologismo è, dice Cleonìce,
Cenerentola, che si riconosce strega, soffre, si addolora, perché
non è proprio quello che doveva essere e da lì che nasce, per
Cleonìce, Stregandola, una donna che nel suo essere UNICO
non somigliante a quel che si deve essere, il suo essere
DIVERSA dai canoni imposti ci ha inteso e visto la vera se
stessa.
Fin qui Cleonìce che scrive e riprende il discorso con L'Angelo
del Focolare, l'ultimo suo libro pubblicato dalla Boopen,. Ora
l'angelo del focolare, si chiama proprio così è un film del 1924,
quanto tempo è passato, possibile che Cleonìce, che non ancora
nata ha copiato l'idea dal film o quanto meno il titolo?
Diciamo che è possibile, perché tutti lavoriamo e pensiamo per
rendere le cose possibili.
Ma quello era ed è un film, si ha una sceneggiatura e una
partitura musicale, anche se il film è muto, non ci sono parole,
ma solo immagini.
Allora mi chiedo e vi chiedo, è cambiato qualcosa proprio di
essenziale e le donne non sono più sfruttate?
Il femminismo è stato ed è ancora un altro “ismo” e poco di
più. Quanti dicono che la condizione della donna è rimasta con
piccoli ritocchi?
Tanti, tutti, ma Cenerentola per Cleonìce è ancora lì, ha tentato,
con un neologismo, di fare una integrazione ed è uscito fuori
Stregantola.
Qua Cleonìce fa partire la sua fantasia, limitandosi a un nome
che evoca la strega e Cenerentola. Dopo dice che, in fondo,
Cenerentola si vuole riscattare da quella condizione e questo è
vero, ma Cleonìce non va troppo lontano. Si avvicina a una
mina vagante com'è Stregantola quindi strega e ntola che è un
pezzo di Cenerentola.
Allora Cleonìce crea un neologismo troppo vicino alla vecchia
realtà, ma allora casaidea non è uguale. Quasi tutti i nomi, che
derivano dal greco, hanno questa composizione e ce ne sono
molti altri in latino, ma molti in tutte le altre lingue o
paralingue conosciute e non conosciute.
Allora Cleonìce mette in luce con la sua luce che le lingue,
insomma i linguaggi, sono solo assaggi che ci fanno sembrare
saggi, parlare sembra quasi perdonare, che abbiamo fatto della
nostra anima una cosa così volatile che perdiamo di vista che
lei ha vista.
E' concreta, fatta di comportamenti concreti che prendono
dall'astrazione la soluzione. Del resto noi siamo qui, diciamo,
per trovare le soluzioni, solo che non sappiamo a che cosa,
perché dopo la cosa prende un'altra posa e noi ci
accontentiamo.
Insomma ci streghiamo col richiamo della ricerca della verità e
allora è perfetto, per tentare di far apparire le
apparenze che non hanno niente di essenze, ma molto di molto,
un gioco di parole per dirvi: che la letteratura questo lo ha
sempre fatto, prendendo le consonanti e le vocali per costruire
significanti e significati, come diceva Ferdinand de Saussure a
cui bisogna sempre tornare, anche quando si sogna.
Si perché significati latenti dei sogni e quello che invece
ricordiamo non sono la stesa cosa di significato e significante?
Si, lo sono e Cleonìce lo sa, come lo sa non si sa, perché lei
dice che ignora e tutta la sua “ignoranza” le viene da dentro, da
quel dentro che è il nostra spirito quando l'anima lo prende in
carico per dirle: attenzione adesso sei carico, fai dello spirito
quella fenomenologia che ne a fatto Hegel, padre di tutte le
guerre ideologiche, naturalmente.
La filosofia non perdona neanche se stessa, sta ancora
discutendo dei propri fondamenti. Anche la filosofia è una
favola raccontata a più voci e per fortuna senza croci. Allora
che cos'è che non è una favola?
La bibbia lo è sicuro, la religione è una bella favola a cui ci
dicono che bisogna credere senza vedere, con le rivoluzioni
scientifiche di Kuhn abbiamo saputo che cambia il tempo,
cambia il vento.
Basta, siamo smarriti, torniamo alle favole, parlano degli
archetipi e dei simboli e ci dicono che la mente, mente. Ci
dicono che il cuore e l'anima che lo sorregge, sorridono e ci
danno il vino come faceva Bacco, le vestali riprendono a
ballare e tutto ridiventa normale, finalmente siamo umani dice
Cleonìce.
Qua, la sua passione espressa nel video “La passione di
Cleonìce” accompagnata dall'opera di Riccardo Cocciante
Notre Dame, mette a nudo il nudo delle nostre passioni varie e
legate a stati d'animo, momento, periodo, carattere, sensibilità,
crudeltà, bellezza, eroismo, sesso, insomma tutto quello che è
passione.
Forse struggimento mai spento nell'animo umano, ma è
quell'anima di cui Cleonìce parla, la nostra bambina
dimenticata o è un'altra cosa?
Domanda lecita quando la differenza sta in un vocale finale a/o.
Cosa curiosa certo, a pensarci un po', richiama ancora quel
monumento del linguaggio di Ferdinand de Saussure che tra
significato e significante ha dato al linguaggio un bel fante.
Si uno che va a piedi, adagio come è andato il linguaggio,
sempre nella storia. Prima gesti, poi rumori, poi segni grafici,
poi, forse clave, quindi guerra per far finta di capirsi e invece
fare predazione.
Ecco perché il linguaggio è oggi la nostra guerra e la
comunicazione, è diventata quasi solo propaganda. La guerra
continua anche dopo la diplomazia e non è finita perché, come
diceva anche Eraclito 4500 anni fa, il conflitto è inflitto e non
sarà più sconfitto.
Caino e Abele, l'albero delle mele, tutto conviene, quando la
convenienza paga e lo scambio avviene solo perché è solo un
cambio di stato, come anche avviene in fisica per i solidi
liquidi e gassosi e non solo in fisica.
Il cambio di stato avviene oggi per le migrazioni massicce,
sono ancora solo un altro modo di fare la guerra, proprio quel
conflitto di cui parlava Eraclito e non solo lui. Allora il
conflitto è il nostro destino? Cleonìce dice che il destino ce lo
facciamo con le nostre mani, che la mente, mente, ha ragione
lei o ha ragione il destino?
Brano tratto dalla Favola: Il Fiume Fluente che liberò la Mente
Fu quel masso che da quel giorno tu vedi innanzi, e che ti ha fatto saggiar della Vita solo gli avanzi, quel Masso ti è rimasto nella Mente, mentre la tua Anima ha continuato a scorrere fluente. Ma oggi quello che era un masso è divenuto un piccolo sasso, che la tua corrente fluente ha spazzato via dalla Mente. La Mente senza pesi e catene, è una vela leggera che della Vita ne fa crociera.
La favola di Cleonìce non risponde a questo interrogativo, ma
qua il lieto fine c'è perché se la mente mente, l'anima si
concretizza proprio nelle favole di Cleonìce.
La storia è storia e gli archetipi junghiani sono veri simboli del
nostro dentro, introverso o estroverso che sia. E tra il dentro e il
fuori c'è anche la favola di Cleonìce Parisi. La sua scrittura è
fatta di passione e riflessione quasi biblica. I suoi aforismi sono
leggende della nostra mente, anche se questa, a volte, è stata
per noi deludente.
L’Uomo che nella Vita passeggia,di ogni cosa assaggia
per addivenir poi a una scelta saggia.
Rime,Difetti e Anima
l suo modo di comporre le rime è come il silenzio, che
parla. Silenziosa è una mela dura, silenzioso è il nostro
corpo quando è stanco, silenziosi siamo noi quando ci
diamo del Voi, ma silenziosa è la luna, quando appare e
scompare, silenzioso è l'universo, quando le sue pietre, pianeti
e tutti gli altri generi, si muovono e comunicano, come la fisica
quantistica ci racconta, il segreto dell'universo sarebbe proprio
questo:
I
Essere silenzioso dopo tanto clamore fatto dalle religioni.
Allora la favola di Cleonìce, diventa la nostra unica tavola,
tavola dove i cibi sono genuini e si possono digerire bene. In
quanto a gustare, sono proprio come le favole di Cleonìce, che
non promettono “marchi”, ma solo varchi per il nostro cuore e
la nostra anima. Varchi concreti che non promettono il
paradiso, ma ci dicono che un giorno ci siamo stati anche noi e
ancora ci siamo, se vogliamo.
Vi ricordate? Eravamo partiti col dire se era un
marchio d'impresa ormai avariato e questo era un difetto delle
favole di Cleonìce? Si, che ve lo ricordate!
Queste cose non si dimenticano, la critica degli altri ci pungola
sempre, perché serve al nostro dente, spesso avvelenato, perché
curato da un dentista sbagliato.
E anche questa è concretezza dell'anima, perché hai voglia a
parlare di spirito, quando questo è giù per un dolore ai denti
che forse sono tra i più terribili. Allora provate a trovare un
dentista che, pur non essendo in vista, non vi faccia venire
nevralgie e allergie, si, non è facile.
Ma questa anche è la favola della nostra vita, anche un dentista
sbagliato che non ha azzeccato, può togliervi la forza che lo
spirito ha.
Anche a questo servono le favole spirituali di
Cleonìce, dirci che lo spirito è concreto se non
lo dimentichiamo.
Allora Cleonìce difetti non ne ha? Come no, altro che, ce ne ha
e come! Uno su tutti: essere se stessa.
La sua ingenuità comincia da qua, dal voler mantenere le redini
del suo cavallo interno che, come pegaso vola e ci porta
ad aprire la porta. Si, proprio quella porta che altrimenti
rimarrebbe chiusa per l'eternità, forse proprio quell'eternità che
vi dicono che sta sempre là, ma non vi dicono dove.
Be' Cleonìce ve lo dice. L'eternità è dentro di voi, dovete solo
tirarla fuori e andarla a guardare con la vostra vera anima. La
vostra, non quella che vi hanno sempre promesso e forse siete
passato da fesso.
Ma è chiaro, è ora di dire basta a questi giochetti, che non ci
fanno toccare la nostra anima, si quella concreta perché esiste
pure quella ed è strano che la potete vedere solo nella favola,
invece no, succede proprio così, proprio perché vi racconta la
vita questa diventa infinita.
Siete stati e sarete voi che vi riappropriate delle vostre vere
derrate, quelle che avevate dato ingenuamente. Favole per
adulti giusti è quasi uno slogan, invece non lo è. Siete solo voi
che ritrovate il vostro cuore e mettete, insieme alla vostra
anima rimasta là a poltrire, solo per non capire che la favola è
la vita quando è nostra. Dite che è tosta la partita, dite bene.
Perché qui giocate il vostra essere e benessere fisico e psichico.
Allora Stregantola è si la donna che nel suo essere UNICO non
somigliante a quel che si deve essere, il suo essere
dai canoni imposti, ci ha visto la vera se stessa.
La favola finisce qui? No continua.
Ricercatrice Spirituale
a Cleonìce è un artista, lei, con modestia
lungimirante, dice ricercatrice spirituale.
Stupisce un po' questo, però giustamente ci
mette anche i suoi video, le immagini che sceglie per le favole
e per i video.
ME poi e poi tutto il resto, per esempio pensare sempre e avere il
cuore per i suoi affezionati lettori e fruitori del suo sito internet.
Be' cosa ne dite? Un panorama che Panorama non fa neanche
la trama e non è certo spirituale, forse qualche volta sono
spiritosi con i loro concorrenti, parlo di Panorama magazine,
certo!
E poi Cleonìce, a proposito di magazine, non si interessa di
politica se non quella forse propinatale dalla solita televisione.
Di questa non pensa niente, né le interessa dice.
Là c'è poco cuore, di anima c'è solo quella romana. Avete
capito? Belzebù c'è ancora, ti rincorre dovunque tu sia, proprio
come dicono i preti per non parlare degli esorcisti che vedono
belzebù dappertutto.
Cleonìce no. Chissà se su belzebù esiste una sua favola?
Niente di più facile per una favolista spirituale, la cercheremo,
leggendo i suoi libri o navigando in quel mare sterminato che
ormai è il tetto del mondo, certo anche di Cleonìce che vive
felicemente con figlio, marito, secondo perché Gaetano è
diventato Tristano e si sa fra Tristano e Isotta qualche problema
c'è sempre stato.
Comunque quella di Cleonìce è una storia interessante,
qualche volta anche mordace, ma lei morde con il suo
sorriso e non lascia segni se non quelli spirituali .
Ma allora è perfetta? Abbiamo detto che per Cleonìce la
perfezione non è la vera ambizione dell'uomo, anzi non lo è
mai stata, è un tendere dice lei, un divenire, ritrovare nelle sue
favole quel dentro dimenticato, quel centro che è andato perso.
La storia è stata lunga e tutti l'hanno vissuta, solo che non
ricordano tutto, perché hanno dimenticato di interrogare la loro
anima.
E Jung non ha fatto in tempo a spiegarlo a tutti. Per questo
Cleonìce tratta gli archetipi partendo dai tipi introversi ed
estroversi, sempre definiti da Jung un grande amico dell'anima
umana e di quella del mondo.
I proverbi, interrogandosi sulla storia dei popoli, anche avendo,
per un certo periodo fatto della bibbia il suo libro preferito.
Avendo cominciato da piccola, ha visto nei proverbi una
ripostiglio della saggezza delle civiltà, certo non dice quali
civiltà. Perché sembra che proprio civiltà non siano esistite, ma
più che altro popolazioni, emigrazioni ed immigrazioni. Tutti
quelli uccelli che emigravano lei li vedeva da bambina appunto
con gli occhi della bambina. Voli di esseri diversi che andavano
in cielo, come sentiva dire che succedeva anche per gli uomini
da qui. L'importanza dell'anima nella sua vita, è la nostra
bambina interiore.
E chissà che non abbia ragione? Ma su questo non
indagheremo, perché i bambini per fortuna sono esentati
dall'essere controllati anche dai biografi, come per esempio il
sottoscritto. Non mi offenderò se mi chiamate il biografo di
Cleonìce Parisi, perché e io non mento, anche se Cleonìce dice,
a volte, sconfortata dal mondo, che la mente mente. Ma qui me
la sono cavata, perché le ho detto che io la mente non ce l'ho.
Ho solo cuore e anima ed è per questo che posso fare il tuo
biografo perché se la mente mente, non lo potrei fare. Poi ho
pensato che il biografo comincia a somigliare al soggetto della
biografia, perché ne deve assimilare praticamente una vita,
anche se solo di 40 anni, che sono quelli che oggi Cleonìce ha,
portati bene si. Ma l'anagrafe li segna perché Rosa e Giorgio, i
suoi genitori l'hanno, quando è nata, registrata a Napoli.
Là sono nate le sue favole e poi dal notaio, da tutti quei
personaggi che si sono avvicendati da quando è là, insomma da
venti anni, a voglia a personaggi per favole! Personaggi tutti
adulti.
Qualche volta distrutti, perché la vita li ha segnati e loro non
hanno dimenticato la vita.
La portano dentro e la lasciano là a marcire, proprio come i
fichi quando cascano dall'albero e nessuno li raccoglie.
Cleonìce ci ha pensato, anzi la sua anima ci ha pensato, di più,
il suo cuore ha battuto e le è venuto il desiderio di aiutare tutta
quella gente.
Da qua la prima favola, poi la seconda, fino alla terza per
arrivare a 600, insomma la cosa l'ha presa al punto di avere
bisogno di mettere un bel punto e virgola.
Ora, dopo quel punto e virgola non si ferma più,
quasi la divinazione delle fate, con la sua bacchetta magica è
stato quasi logico che la logica si sposasse col suo cuore.
Cosa rara questa, inusuale, per questo la sua favola è spirituale,
quasi mistica, perché ti fa vedere veramente la cosa com'è, tu
non ricordavi i perché, ma lei li ha sentiti i tuoi perché, e li ha
scritti, perché alcuni perché erano anche suoi.
Stessi sapori di terra, stessi umori vissuti, certi amori sognati,
insomma quei certi sono diventate le sue favole per te adulto
giunto alla maturità. Spesso senza guardare che quella cosa
non poteva durare e invece durava, allora sei andato verso la
favola terapia di Cleonìce da cui hai capito che niente era
perduto e tu potevi ricominciare a volare.
Le ali ti sono spuntate e la tua anima l'hai vista: era una figura
geometrica che sembrava quasi una stella da dove è partita la
tua luce che ora non tace più.
Ma sentite questa:
“Non puoi parlar di Vittoria
se non racconti tutta la Storia.”
Dei nove mesi nella pancia di mamma non ricordo nulla, però
sono sicura che saranno stati nove mesi meravigliosi, cosa c’è
di più bello che essere portati a zonzo, cullati e massaggiati dal
liquido amniotico, nutriti attraverso il cordone ombelicale.
Sono nata il 17 di aprile del 1969, una bimba di tre chili e nove
con tanti capelli. La mia vita se dovessi descriverla in due
parole, la potrei definire: “un inferno”. A tre anni, mi ammalai
di asma in forma grave, che ancora un po’ mi affligge, malattia
che a mio parere ha condizionato tutta la mia esistenza.
A causa della mia fragile salute, mi fu proibito correre,
affaticarmi, e persino di ridere e parlare troppo, tutto quel che
era gioco per me era divieto, perché poteva compromettere il
mio respiro, e pertanto nella solitudine di casa, tra un disegno e
un cartone animato sono cresciuta alimentando i miei sogni.
“Mamma non posso respirare, mica muoio?”
(3 anni)
Anche l’asilo mi fu precluso, non potevo rischiare di
ammalarmi perché anche il più semplice raffreddore rischiava
di degenerare in asma. Quando fui in età scolastica i miei
pensarono bene di iscrivermi in primina, un salto di qualità
niente male, dal tavolo della cucina ai banchi di scuola.
Quell’anno avanti mi pesò non poco, un anno in un bambino è
essenziale per la sua maturità fisica e mentale, ed ecco che in
seconda elementare fu proiettata in una classe di bimbi tutti più
grandi di me di un anno, intanto l’asma aveva già logorato le
mie certezze, e mi aveva resa una bambina docile è mansueta,
felice con poco, forse con troppo poco.
Quella che agli occhi di tutti appariva dolcezza, in realtà era
qualcosa di molto grave si chiamava arresa. L’Arresa è una
delle figlie della Paura, una Paura che ormai si era ramificata
nella mia esistenza impossessandosi di ogni mio stato d’animo.
Da quel momento in poi, la vita per me divenne pesante,
pesante era la scuola e le aspettative di mio padre, pesante era
sostenere lo sguardo della maestra quando non brillavo nei
compiti, la vita era pesante ed io avevo solo 7 anni.
Ricordo chiaramente che giunta alle scuole medie, ero ormai
talmente stanca di vivere, che a soli 13 anni desiderai
ardentemente di mettere fine alla mia vita, ma tra il dire e il
fare c’è di mezzo il mare, e quel mare si chiamava Paura, fu la
paura a salvare la mia vita.
Questa Paura che era solo dentro di me, che nessuno vedeva,
nessuno capiva, all’apparenza per tutti era inspiegabile: “Una
ragazza difficile, fragile, travagliata” – dicevano. “Eppure non
le manca nulla”, sentivo spesso ripetere, ed in realtà era
proprio così non mi mancava nulla, i miei genitori mi amavano,
con i miei fratelli ero in armonia, ma io ero sempre triste,
sempre pessimista, sempre paurosa.
- Incominciai a sentirmi in colpa perché non ero felice.-
Quando compresi che non sarei mai stata capita, che la realtà
degli altri era diversa dalla “mia realtà interiore”, indossai la
maschera dell’apparenza per vergogna, per essere come gli
altri.
Come stai? Bene Grazie!
Ma io stavo male.
Gli anni successivi, la Paura divenne sempre più invadente, e
fu così che la maschera cadde miseramente, ormai non potevo
più nascondermi agli altri, e per tutti divenni la malata.
Mi ammalai di anoressia, quando avevo meno di 18 anni, nel
tentativo di somigliare a qualcosa che potesse attirare consensi,
perché non avendo amore per me stessa, incominciai a cercarla
attraverso i sorrisi della gente e i loro consensi, divenni 45 kg,
uno scheletro per tutti, ma ai miei occhi continuavo ad essere
obesa. Quando mi resi conto che l’appetito era completamente
scomparso capì che stavo rischiando di morire, ed anche
stavolta in mio soccorso venne la Paura. Lentamente ripresi a
nutrirmi, ma si sa il passo dall’anoressia alla bulimia è breve, e
divenni bulimica.
Uno stato di malessere ormai mi accompagnava in ogni
momento della giornata, io lo chiamavo “la morte sulla noce
del collo”, ma ha un nome medico si chiama Depressione, un
senso di insoddisfazione continuo, un manto grigio colorava
ogni cosa, un deserto che avanzava arido sembrava aver preso
di mira il mio cuore, avevo bisogno di motivi per continuare ad
avanzare nella mia esistenza, e fu allora che incominciai a
“viziarmi”, comprando cose, scarpe, rossetti, abiti, nella
speranza che un barlume di luce tornasse a risplendere sul mio
cuore afflitto. Ma fin troppo presto mi resi conto che i fuochi
che accendevano erano di breve durata, e finito il loro effetto,
il motore della Vita si fermava di nuovo. Quando mi fu chiaro
il circolo vizioso in cui ero finita, le cose persero di avere
effetto e come assuefatta a tutto, mi ritrovai a vagare nel
deserto della vita, dove niente più sazia e niente più ti disseta.
In questo stato di prostrazione e di completo non amore per me
stessa, spinta anche dai miei genitori, fu deciso che era giunto
il momento di sposarmi, avevo 24 anni. Non avevo scampo
DOVEVO sposarmi:“Del resto una donna se non si sposa e fa i
figli, che donna è” – diceva di continuo mia madre.
Scelsi il mio compagno di vita, accecata dal dolore, in preda
alla più apatica delle sconfitte, vittima di me stessa, e quando
cammini nel buio rischi di farti male. Profonde divergenze
caratteriali, resero questo matrimonio pieno di incomprensioni
e violenze. Il fallimento del mio matrimonio fu troppo da
sopportare e caddi in un abisso profondo da dove è difficile
fare ritorno. Dopo uno stato iniziale di intontimento ti abitui a
tutto anche alla “morte interiore” ero ormai uno zombie della
vita, tentai la risalita non ebbi il coraggio di togliermi la vita, e
di nuovo fu la Paura a legarmi al vivere.
I nemici della risalita furono lì pronti a puntarmi le dita, ma
stavolta i miei nemici non erano più le persone che
ostacolavano il realizzo dei miei sogni, ma erano mostri fatti di
aria, e si chiamavano Attacchi di Panico, Claustrofobia,
Agorafobia, mi umiliavano e mi crocifiggevano in ogni istante,
spingendomi ad abbandonare la risalita. Quante volte sono
ricaduta giù negli abissi, e quante volte ho raccolto la me stessa
fatta a pezzi, ricucendomi alla luce di una fioca luce, la luce del
mio cuore.
Pregavo di continuo Dio di aiutarmi, di liberarmi dall’inferno
di un esistenza che non avevo chiesto, e queste preghiere presi
a scriverle su carta, ed accadde qualcosa che per me ebbe del
miracoloso, ero pronta a riversare dolore, angosce e
frustrazioni e lacrime di sangue, ma sulla carta lasciavo sempre
parole pregne di luce e speranza…
“Io, proprio io che di speranze non ne avevo più.”
Le mie preghiere sulla carta diventavano risposte. Quelle
risposte sono state la fune che mi ha tirata fuori dagli abissi,
sono le mie favole, sono i miei aforismi, e non sono un
miracolo, sono semplicemente il frutto di un cammino di
ricerca, di un cuore che ha patito tanto dolore e che ha cercato
una via di fuga alla sua disperazione.
Oggi sono felice della mia vita, la cappa grigia che non mi
permetteva di respirare si è dissolta alla luce della
comprensione. Oggi io mi voglio bene, mi stimo, mi
comprendo, sento in me scorrere una grande forza e sono
persino diventata vegetariana.
La favola-terapia è nata per salvare me, ma nel corso di questi
anni, ha aiutato molte persone che si sono riconosciute in un
cammino, che a mio parere ci accomuna tutti, il cammino del
Cuore.
Ogni Uomo ha la sua Storia,
ed ogni Storia è un Sole che matura i suoi
frutti.
Le mie Favole e i miei Aforismi
sono i miei Frutti.
Cleonìce Parisi
Accidenti sembra.....................................................................36
Cenerentola era l'angelo del focolare di Cleonìce…?.............50Cleonìce Parisi...........................................................................1E allora andiamo a vedere i suoi “ difetti"...............................84Favolista Spirituale..................................................................81La Concretezza dell’Anima.....................................................25La Concretezza passa per l’Astrazione....................................59La Forma dell’Anima..............................................................13La Mente legge l’Anima..........................................................72La scrittura come terapia..........................................................66Le biografie e questa lo è….....................................................28Lei dice: Da dentro!.................................................................47Ma questi adulti!......................................................................53Perché, siete curiosi?................................................................77
Poi arrivano le medie inferiori….............................................33
Premio nobel a Cleonìce..........................................................93Ricercatrice Spirituale............................................................111Rime,Difetti e Anima.............................................................107Sapete qual'è la differenza?........................................................6Stregantola...............................................................................97Un Caposcuola.........................................................................20