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INFORMATICA E SOCIETÀ Tre libri per riflettere ((Essere digitali" di Nicholas Negroponte, ((La strada che porta a domani" di Bill Gates e ((Confucio nel computem di Furio Colombo: tre visioni diverse della società dell'informazione, ma con un punto in comune: la dipendenza dell'uomo dal personal computer di Manlio Cammarata Alla Conferenza internazionale sul futuro dell'informpzione, della quale si parla nella pagine precedenti, un libro è stato citato molte volte: Confucio nel computer - Memoria accidentale del futuro di Furio Colombo. Citazioni meritate, senza dubbio, perché forse per la prima volta qualcuno esplora con cultura e sensibilità europea un mon- do che appare tipicamente americano, quell'insie- me di realtà e ciberspazio immaginato da William Gibson nei suoi romanzi di fantascienza, e un po' descritto e un po' preconizzato da autori come AI- vin Toffler, Nicholas Negroponte o, per ultimo, Bill Gates. Il libro di Colombo merita qualcosa di più di una semplice recensione, perché solleva dubbi pesan- ti come macigni sul nostro futuro. Svela la possi- bile faccia nascosta della luna elettronica che illu- mina le notti di troppi entusiasti sostenitori dell'evoluzione digitale. Ed è forse bene leggere Confucio nel computer dopo aver affrontato qual- che testo celebrativo della civiltà dei bit. Si può partire da un libro ben noto anche in Italia, Essere digitali di Nicholas Negroponte e passare poi attra- verso il più recente La strada che porta a domani di Bill Gates. Essere digitali Abbiamo visto i computer uscire da grandi stanze c!imatizzate per entrare in armadi, passare poi sulle scrivanie per finire quindi sulle nostre gi- nocchia e infine nelle nostre tasche. Ma non fini- sce qui. Nei primi anni del prossimo millennio le coppie di gemelli della vostra camicia o i vostri due orecchini potranno comunicare tra loro attra- verso satelliti collocati su orbite basse o possede- re più potenza di elaborazione degli attuali Pc. Chi ha scritto questo testo? Nicholas Negroponte, è ovvio. Solo a lui può saltare in mente di far comunicare una coppia di orecchini attraverso un satellite, solo lui può vede- re il fascino di un'operazione così inutilmente complicata. Negroponte, fondatore e direttore dei Media Laboratories del Massachusetts Institute of Tech- nology, è uno dei più ascoltati guru delle applica- zioni digitali; la sua teoria «i bit sono bit e avremo degli agenti che li sceglieranno per noi» è presa MCmicrocomputer n. 159 - febbraio 1996 spesso come oro colato da tanti improvvisati di- vulgatori delle meraviglie della società dell'infor- mazione (vedi MCmicrocomputer n. 138, marzo 1994). In effetti Essere digitali è stato considerato fin dal suo apparire come la bibbia della società dell'informazione. Il contenuto del libro è anche troppo noto e mi limito a pochi cenni. Secondo Negroponte il vecchio mondo è fatto di atomi (cioè di materia), il nuovo mondo è fatto di bit. In- somma, i bit sono gli atomi del mondo nuovo, e le loro caratteristiche più importanti sono l'economi- cità e la possibilità di essere trasportati dovunque, in grandi quantità e a costi irrisori. Dunque i bit so- no migliori degli atomi, dei quali da ora in poi pos- siamo tranquillamente fare a meno, o quasi. Tuttavia il mondo dei bit presenta un problema: i bit sono troppi, ogni individuo è soggetto a un di- luvio di bit nel quale può perdersi. Come fare? Niente paura, dice il professore, noi stiamo pro- gettando gli «agenti», dispositivi elettronici che ci aiuteranno a gestire i flussi di bit. Ciascuno di noi avrà un agente che, grazie ai progressi della mi- croelettronica, potrà anche essere incorporato nell'orologio o in qualsiasi altro oggetto. L'agente ci guiderà nella vita quotidiana, scegliendo le infor- mazioni che ci interessano, ricordandoci gli appun- tamenti, collegandosi con i nostri amici, i fornitori e via discorrendo. Non sfugge al guru del bit che la maggior parte degli individui di oggi trova difficile interagire con i dispositivi digitali. Problema quasi risolto, rispon- de, perché noi infonderemo negli agenti una tale dose di intelligenza che essi potranno capire non solo le istruzioni che impartiremo con la voce, ma anche i nostri gesti e le nostre espressioni. Met- teremo l'intelligenza anche nel tostapane, così non rischieremo di bruciare le fette, nella lavatri- ce, nell'automobile .. Resta il fatto che ci sono moltissime persone che semplicemente non vo- gliono avere a che fare con le macchine elettroni- che, stupide o intelligenti che siano. Anche per questa obiezione il Nostro ha una risposta pronta: ci sono i bambini. Loro imparano velocemente a interagire con i computer, mettiamo tutto nelle lo- ro mani e il mondo cambierà. Le conseguenze, ampiamente descritte nel li- bro, sono preoccupanti per qualsiasi individuo che 133

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INFORMATICA E SOCIETÀ

Tre libri per riflettere

((Essere digitali" di Nicholas Negroponte, ((La strada che porta a domani" di Bill Gatese ((Confucio nel computem di Furio Colombo: tre visioni diverse della societàdell'informazione, ma con un punto in comune: la dipendenza dell'uomo dal personalcomputer

di Manlio Cammarata

Alla Conferenza internazionale sul futurodell'informpzione, della quale si parla nella pagineprecedenti, un libro è stato citato molte volte:Confucio nel computer - Memoria accidentale delfuturo di Furio Colombo. Citazioni meritate, senzadubbio, perché forse per la prima volta qualcunoesplora con cultura e sensibilità europea un mon-do che appare tipicamente americano, quell'insie-me di realtà e ciberspazio immaginato da WilliamGibson nei suoi romanzi di fantascienza, e un po'descritto e un po' preconizzato da autori come AI-vin Toffler, Nicholas Negroponte o, per ultimo, BillGates.

Il libro di Colombo merita qualcosa di più di unasemplice recensione, perché solleva dubbi pesan-ti come macigni sul nostro futuro. Svela la possi-bile faccia nascosta della luna elettronica che illu-mina le notti di troppi entusiasti sostenitoridell'evoluzione digitale. Ed è forse bene leggereConfucio nel computer dopo aver affrontato qual-che testo celebrativo della civiltà dei bit. Si puòpartire da un libro ben noto anche in Italia, Esseredigitali di Nicholas Negroponte e passare poi attra-verso il più recente La strada che porta a domanidi Bill Gates.

Essere digitaliAbbiamo visto i computer uscire da grandi

stanze c!imatizzate per entrare in armadi, passarepoi sulle scrivanie per finire quindi sulle nostre gi-nocchia e infine nelle nostre tasche. Ma non fini-sce qui. Nei primi anni del prossimo millennio lecoppie di gemelli della vostra camicia o i vostridue orecchini potranno comunicare tra loro attra-verso satelliti collocati su orbite basse o possede-re più potenza di elaborazione degli attuali Pc.

Chi ha scritto questo testo?Nicholas Negroponte, è ovvio. Solo a lui può

saltare in mente di far comunicare una coppia diorecchini attraverso un satellite, solo lui può vede-re il fascino di un'operazione così inutilmentecomplicata.

Negroponte, fondatore e direttore dei MediaLaboratories del Massachusetts Institute of Tech-nology, è uno dei più ascoltati guru delle applica-zioni digitali; la sua teoria «i bit sono bit e avremodegli agenti che li sceglieranno per noi» è presa

MCmicrocomputer n. 159 - febbraio 1996

spesso come oro colato da tanti improvvisati di-vulgatori delle meraviglie della società dell'infor-mazione (vedi MCmicrocomputer n. 138, marzo1994).

In effetti Essere digitali è stato considerato findal suo apparire come la bibbia della societàdell'informazione. Il contenuto del libro è anchetroppo noto e mi limito a pochi cenni. SecondoNegroponte il vecchio mondo è fatto di atomi(cioè di materia), il nuovo mondo è fatto di bit. In-somma, i bit sono gli atomi del mondo nuovo, e leloro caratteristiche più importanti sono l'economi-cità e la possibilità di essere trasportati dovunque,in grandi quantità e a costi irrisori. Dunque i bit so-no migliori degli atomi, dei quali da ora in poi pos-siamo tranquillamente fare a meno, o quasi.

Tuttavia il mondo dei bit presenta un problema:i bit sono troppi, ogni individuo è soggetto a un di-luvio di bit nel quale può perdersi. Come fare?Niente paura, dice il professore, noi stiamo pro-gettando gli «agenti», dispositivi elettronici che ciaiuteranno a gestire i flussi di bit. Ciascuno di noiavrà un agente che, grazie ai progressi della mi-croelettronica, potrà anche essere incorporatonell'orologio o in qualsiasi altro oggetto. L'agenteci guiderà nella vita quotidiana, scegliendo le infor-mazioni che ci interessano, ricordandoci gli appun-tamenti, collegandosi con i nostri amici, i fornitorie via discorrendo.

Non sfugge al guru del bit che la maggior partedegli individui di oggi trova difficile interagire con idispositivi digitali. Problema quasi risolto, rispon-de, perché noi infonderemo negli agenti una taledose di intelligenza che essi potranno capire nonsolo le istruzioni che impartiremo con la voce, maanche i nostri gesti e le nostre espressioni. Met-teremo l'intelligenza anche nel tostapane, cosìnon rischieremo di bruciare le fette, nella lavatri-ce, nell'automobile .. Resta il fatto che ci sonomoltissime persone che semplicemente non vo-gliono avere a che fare con le macchine elettroni-che, stupide o intelligenti che siano. Anche perquesta obiezione il Nostro ha una risposta pronta:ci sono i bambini. Loro imparano velocemente ainteragire con i computer, mettiamo tutto nelle lo-ro mani e il mondo cambierà.

Le conseguenze, ampiamente descritte nel li-bro, sono preoccupanti per qualsiasi individuo che

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INFORMATICA E SOCIETÀ

Nicholas NegroponteEssere digitaliSperling & KupferEditoriMilano, 1995,Lit.32.000

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sappia considerarlecon qualche distacco.Di fatto Negropontepropone di spostarel'intelligenza dall'uo-mo alle macchine edi sostituire al contat-to umano l'interazio-ne tra l'individuo e ilcomputer. Significati-vo è il passaggio incui racconta di avereuna cognata espertadi cinema, alla qualechiede consigli quan-do ha voglia di andarea vedere un film.«Siccome lei cono-sce i miei gusti - diceNegroponte - i suoiconsigli sono sempregiusti. Ma domaninon dovrò più chie-derli a lei, perché ilmio agente elettroni-co infilato nel collettodella camicia cono-scerà altrettanto be-ne le mie preferenzee sceglierà il film da

vedere dopo aver consultato l'elenco delle pellico-le che sono in programmazione in città».

Non escludo che la cognata di Negroponte sirallegri di un simile cambiamento, ma a mio avvi-so in questi progetti c'è qualcosa di demenziale.Prima di tutto perché è necessario ancora un tem-po abbastanza lungo prima che dispositivi comequelli immaginati dal professore arrivino alla porta-ta di tutti, mentre l'esperienza di questi anni inse-gna che il progresso non segue una linea retta,ma compie imprevedibili evoluzioni. In secondoluogo perché la prospettiva di mettere da partel'intelligenza (e la storia, la cultura, le emozioni ele passioni) degli individui, sostituire il tutto con ibit e insegnare ai bambini a usarli, ricorda quasi lamanipolazione genetica. A pensarci bene, nelloscenario di Negroponte c'è il progetto di una nuo-va «razza» che fa venire i brividi. Se venisse dauno scrittore di fantascienza, potrebbe essere unalettura piacevole per chi ama questo genere lette-rario. Ma viene dal direttore di un celebre labora-torio di ricerca, e questo deve far riflettere.

Tutto il resto riprende i noti schemi: il giornalesu misura, gli incontri nel ciberspazio, le immensepossibilità di conoscenza aperte dalle «autostra-de», la possibilità di andare dovunque restando acasa, fino agli inevitabili entusiasmi per le futureconquiste della realtà virtuale.

L'entusiasmo del professore non conosce limi-ti: «Saranno dei programmi di computer, e nondelle persone, a leggere del materiale come que-sto libro e a farne automaticamente, per esempio,un riassunto». La sua fiducia nell'intelligenza dellemacchine è illimitata. Ma qualcuno non la pensacosì.

La strada che porta a domani

Questo qualcuno si chiama Bill Gates, il suo li-bro è La strada che porta a domani.

William H. Gates 111,detto Bill, è fondatore epadrone di Microsoft, la più grande azienda disoftware a livello mondiale, alla quale si deve unaparte rilevante dello sviluppo del personal compu-ter e della sua diffusione. Ne ha seguito gli svilup-pi fin dai primi tentativi, ha scritto il primo sistemaoperativo per il PC IBM, progenitore di tutti i PCattuali. L'ultima creatura di Microsoft, Windows95, nel giro di pochi anni dovrebbe equipaggiarequasi tutte le macchine del mondo e fornire unachiave di accesso a Internet più comune di quellein uso fino a oggi (almeno nei progetti che si pote-vano intuire fino a poco tempo fa). Gates è unodegli uomini più ricchi del mondo e cerca di esten-dere la sua influenza a tutto ciò che domani potràpassare sul personal computer. Acquista imporan-ti partecipazioni in case cinematografiche, catenetelevisive, diritti di riproduzione delle opere che sitrovano nei musei di tutto il mondo.

La sua potenza e la sua abilità nel marketingfanno adddirittura temere che possa diventareuna specie di Grande Fratello della societàdell'informazione (vedi «Il Grande Fratello si chia-ma Bill?» su MCmicrocomputer n. 156, novembre1995) suscitando anche i sospetti delle autoritàanti-trust americane. Anche per questo il suo librova letto con attenzione: viene da una persona cheha dimostrato di saper guardare lontano e ha vistorealizzarsi molte sue previsioni.

Sotto molti aspetti il testo di Gates potrebbeessere considerato la vera bibbia della societàdell'informazione. Parte dalle origini del personalcomputer, descrive la situazione attuale e consi-dera su basi realistiche gli sviluppi più prevedibili.Ma cerca anche di capire quali ostacoli potrebberorallentare il progresso. In comune con Negropon-te ha un incrollabile ottimismo, ma questo non glifa perdere il contatto con la realtà e, soprattutto,con l'umanità. Anzi, la sua costante preoccupazio-ne sembra quella di non esagerare con la tecnolo-gia e con la sua esibizione: nella descrizione dellacasa che si sta facendo costruire sul lago Washig-ton, zeppa di congegni avveniristici, si preoccupasoprattutto di mettere a proprio agio gli abitanti egli ospiti. Non ama i «gadgets alla James Bond».In una stanza ha previsto un'intera parete dischermi, ma vorrebbe che essi spariscano alla vi-sta quando non servono. Siccome oggi la tecnolo-gia non lo consente, ha deciso di coprire la paretecon pannelli di legno pregiato (lui se lo può per-mettere) ...

Anche Gates nutre una sconfinata fiducia nellapossibilità che i giovani possano beneficiare di tuttele opportunità della società dell'informazione e chesappiano servirsene. Ma prospetta in termini moltoarticolati il problema della scuola, in un capitolo chesi intitola «L'istruzione: l'investimento più importan-te». E annuncia, come il professore del MIT, l'av-vento imminente dei piccoli computer tascabili, chelui chiama PC wallet, in grado di collegarsi con ilmondo attraverso ,d'autostrada». Con il realismo di

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chi è abituato a progettare prodotti che invadonorealmente il mercato, Gates avverte che non dob-biamo nutrire troppa fiducia nell'intelligenza dellemacchine, che la vera intelligenza artificiale è di làda venire (non lo scrive, ma sembra dubitare dellaraggiungibilità di un traguardo che a Negropontesembra ovvio). Una lettura maliziosa fa sospettareche Gates abbia scritto il lilbro in decisa polemicacon Essere digitali; forse non a caso Negroponte eil MIT non sono citati neanche una volta!

Naturalmente Gates parla della sua azienda, laMicrosoft, e di come l'ha portata a un successosenza precedenti. Ma non si nasconde le incogni-te del futuro: Un po' mi allarma notare che con ilprogresso della tecnologia informatica non c'èmai stata un'azienda leader di un'epoca che abbiamantenuto la leadership anche nell'epoca succes-siva; e poiché Microsoft è stata tra i leaderdell'era del PC dovrei dedurne, secondo la logicadella storia, che non ha le qualifiche per la leader-ship nell'era dell'«autostrada», l'età dell'informa-zione. Voglio però sfidare queste illazioni ... Pochepagine prima ha scritto: A dispetto dei problemiche nasceranno, il mio entusiasmo nei confrontidell'autostrada informatica resta sconfinato ...

Confucio nel computerMa c'è qualcuno che non condivide l'ottimismo

tutto americano di Gates e di Negroponte. È,guarda caso, un europeo, anche se vive in Ameri-ca e la conosce bene. Furia Colombo, giornalista,scrittore e docente di Italian Studies alla ColumbiaUniversity, vede la situazione sotto una luce com-pletamente diversa. In Confucio nel computer -Memoria accidentale del futuro Colombo parte dalciberspazio, il luogo in cui si incontrano identitàvirtuali e si viaggia alla ricerca di angeli digitali. Sei primi due libri sono dichiarata mente divulgativi,questo è una riflessione critica, scritta con grandemaestria e da leggere come un romanzo. In Con-fucio nel computer c'è un'analisi accurata delmondo delle macchine e della Rete, dei nuovischemi visivi, che corrispondono a precise e signi-ficative articolazioni concettuali. Che il mondo del-la Rete sia per molti aspetti diverso da quello fisi-co è evidente a qualsiasi occasionale «navigato-re», e la somiglianza tra il linguaggio apparente-mente casuale dei sogni e i percorsi dei legamiipertestuali non sfugge a un osservatore attento.Ma in nostro autore, con la caparbia curiosità delgiornalista di razza, scava più a fondo, indaga suipercorsi mentali oltre che sulle relazioni sociali,considera le implicazioni psicologiche degli am-bienti virtuali più che i significati palesi delle inter-facce uomo-macchina. Evidentemente è un fre-quentatore assiduo del ciberspazio, ne conosce illinguaggio, i riti, i personaggi.

E conclude, anzi forse premette, che il mondodi oggi è diviso in due. Da una parte la civiltà dellavoro di massa, della disoccupazione, della violen-za urbana e dei progressivi tentativi di smantella-mento dello Stato sociale, della nascita delle orga-nizzazione non profit e delle associazioni «di fidu-cia» ... L'altra è la civiltà della Rete, dove i lavorato-

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ri sono simbolici, lecittà virtuali, e dovesiamo liberi di cammi-nare come i principimedievali durante leloro passeggiate: ven-gono fatti scomparirei poveri, gli storpi, imalati, i disturbatori,in modo che solo gio-vinezza e bellezza sipossano incontrare.Questo mondo è pie-no di individui che vi-vono «dentro» il com-puter, dove si creauna specie di univer-so parallelo a quellodei comuni mortali,che stanno «fuori».«Dentro» sparisconole nozioni comuni dispazio, tempo, cono-scenza. Si riconosce ilmondo descritto neiromanzi di fantascien-za di William Gibson(che l'autore citaspesso), un mondoinquietante popolatodi ombre che hanno abbandonato gli schemi e ivolti delle persone che conosciamo nella nostraesperienza umana. L'incubo suscitato dal libro èche con la diffusione delle «autostrade» e un nu-mero sempre crescente di persone in rete la vitasi trasferisca «dentro il computer», con il risultatodi un'alienazione senza confini.

Però Confucio nel computer non è un romanzoe a Colombo non sfuggono altre implicazionidell'evoluzione verso la società dell'informazione:Per esempio il capitalismo cambia sotto i nostriocchi in modo così radicale che in passato avreb-be potuto essere rappresentato solo dal raccontofantascientifico. Le democrazie industriali si avvia-no a diventare campo di gioco di poche proprietàprivate di dimensioni gigantesche. La quantità,quando raggiunge simili dimensioni, finisce peravere un valore morale.

Tecnologie e dirittiPer completare il quadro d'insieme com-

posto dai libri di Negroponte, Gates e Co-lombo si dovrebbe aggiungere il lavoro diun altro autore italiano. È Stefano Rodotà,che in Tecnologie e diritti affronta con asso-luta lucidità i problemi etici, e quindi giuri-dici, posti dall'evoluzione delle tecnologie.

E un testo complesso, anche se non didifficile lettura, che richiede un discorso asé. Ce ne occuperemo nei prossimi mesi,cercando di coinvolgere direttamente l'au-tore.

Bill GatesLa strada che porta

a domaniArno/do Mondadori

EditoreMi/ano, 1995,

Lit.30.000

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INFORMATICA E SOCIETÀ

Memoriaaccid ntale del futuro

Furia Colombo

Confucionel computer

come compagno inseparabile, indispensabiledell'uomo di domani. Non una protesi, ma unaparte dell'organismo.

Sia l' «assistente» di Negroponte, o il «portafo-glio» di Gates, oppure lo «schermo dalla luce ver-de» di Gibson, ripreso da Colombo, o ancora l'im-minente «PC da 500 dollari» buono solo per navi-gare nella Rete, la macchina digitale si profila ormaicome una parte dell'uomo di domani. Chi non loha, o no lo sa usare, è <<fuori»,in ogni senso. Dun-que questo oggetto senza fantasia, figlio dei nostriPC, dei nostri televisori e dei nostri telefoni cellula-ri, concentrato di ricerche colossali in un involucrodi valore risibile, sarà il vero dominatore della no-stra vita di domani? Temevamo che la società delfuturo sarebbe stata dominata da un Grande Fratel-lo di silicio, e invece dipenderemo da questo Picco-lo Fratello incorporato nel telefono, nell'orologio enel tostapane? Questa è la domanda che incombese cerchiamo di trarre una conclusione dalla letturadi questi e di altri libri, o dall'ascolto di tanti autore-voli interventi nei convegni che si susseguono qua-si senza soluzione di continuità. Ma prima di azzar-dare una risposta è bene ritornare un momentoall'idea del Grande Fratello, che ancora oggi turba isonni di molte persone.

Il personaggio potrebbe assumere due diversefisionomie: quella di un gigantesco sistema infor-mativo che sappia tutto di tutti, collegando ed ela-borando informazioni sparse in migliaia di altri si-stemi, o quella di un «padrone della rete» che necontrolli i contenuti, i flussi di bit, e abbia il poteredi decidere chi può trasmettere e chi può riceve-re. Oppure potrebbe essere una combinazione deidue. A ben guardare la prima fisionomia non èrealisticamente ipotizzabile, perché in tutto il mon-do si stanno affermando norme che limitano il po-tere di raccogliere, archiviare e soprattutto elabo-rare e utilizzare i dati personali a scopo commer-ciale o discriminatorio.

Resta la seconda ipotesi, quella del «padronedella rete», inteso non come proprietario (perchéla Rete è un modello naturalmente «distribuito»)ma come controllore degli accessi e dei contenu-ti. In ogni caso questo Grande Fratello non avreb-be il volto enigmatico e corrusco immaginato daOrwell, ma la faccia accattivante di un prodottodel marketing più avanzato, insomma un PippoBaudo, un Clinton o un Berlusconi. O potrebbemostrare l'espressione innocua e forse non moltosveglia di un Bill Gates.

Ma qui scatta uno degli aspetti più significatividel progresso tecnologico: fino a pochi mesi fa, altempo del lancio di Windows 95, Gates apparivacome il candidato numero uno alla carica di Gran-de Fratello della Rete. Oggi, con la prospettiva deisistemi «Java» da 500 dollari, che sono la nega-zione dell'evoluzione del PC di questi anni, lo sce-nario potrebbe cambiare. Gates ha acquistato i di-ritti di Java, ma lo hanno fatto anche tante altre in-dustrie di importanza mondiale. Il tentativo di co-stituire una posizione dominante sulla Rete è falli-to? È presto per dirlo. Resta la speranza che il Pic-colo Fratello ci salvi dal Grande Fratello, ma forsenon basta per dormire sonni tranquilli.

E, più avanti: Unsecolo brutto finiscebanale. Siamo tuttiinvitati al tempo libe-ro. Una immensacassa integrazione èin atto nel mondo in-dustriale e ci manda«in Rete» ... Una reteavvolge la Rete. Èuna rete politica eideologica che nondovrebbe avere nullaa che fare con la nuo-va «macchina». Peròè proprio ciò che staaccadendo.

Come sottrarsi atutto questo? FuriaColombo chiede soc-corso alla filosofiaorientale, mette«Confucio nel com-puter» e immagina lanascita di nuove ag-gregazioni sociali,«gruppi più grandidella famiglia e piùpiccoli dello Stato».Le mie conoscenze

sul confucianesimo sono così vaghe da non con-sentirmi di arrischiare una valutazione di questatesi. Penso però che si debba accogliere l'invitodi Colombo a sfuggire al fascino pericoloso delculto, come atei in visita ad una chiesa sospettae ad affollare ipercorsi di presenze scettiche chevogliono sapere, conoscere senza adorare e sen-za segUire.

È una lettura per molti versi inquietante. Allereiterate professioni di ottimismo dei Negropontee dei Gates, Colombo oppone una visione scetti-ca, preoccupata, in molti casi pessimistica del no-stro futuro. Certo, si rende perfettamente contodell'ineluttabilità dell'evoluzione (e forse questo èl'unico punto di incontro con gli altri due autori),ma ci costringe a riflettere su «dove andremo a fi-nire», senza cadere nei facili luoghi comuni dellaneutralità della tecnologia, degli entusiasmi e deitimori irrazionali.

ERi Rizzoli

Dal Grande al Piccolo FratelloImmagino i tre libri che ho forse maldestramen-

te riassunto come i vertici di un triangolo: su unola tecnologia pura e staccata dalla realtà umana(Negroponte), sul secondo la tecnologia umanizza-ta e applicata (Gates), sul terzo l'incubo della tec-nologia che da pura diventa applicata e rinchiudel'umanità in un «dentro» in contraddizione con lapropria definizione, perché è senza confini (Co-lombo). Nell'area di questo triangolo c'è tutto ilbene e tutto il male delle nuove tecnologiedell'informazione, tutte le speranze e tutti i timoriper il futuro. C'è un elemento comune alle tre vi-sioni, il centro del triangolo: il personal computer

Furia ColomboConfucionel computerMemoria accidentaledel futuroNuova ERI- RizzoliMilano, 1995,Lit.30.000

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