EMILIO LIBRO II Jean-Jacques Rousseau · mai esistere fuori dell’umanità? Amate l’infanzia;...
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EMILIO – LIBRO II
Jean-Jacques Rousseau
TEMI PRINCIPALI
- Seguire la Natura nell’età della fanciullezza, non è meno importante dell’età precedente (infanzia)
- Un fanciullo non è un uomo
- Bisogna pensare alla sua felicità attuale, non futura, che significa equilibrio fra desiderio e capacità
- Sottomissione dell’allievo alle cose (non agli uomini)
- Apprendimento attraverso l’esperienza per conoscere la vita
- Il tempo speso in educazione non è tempo perso
- No educazione verbalistica e libresca, ma imparare a leggere e scrivere sulla base del proprio interesse
- Evitare le favole perché inaccessibili alla mente del fanciullo per la sua moralità
- Assicurare esercizi fisici per rendere forte e sveglio il corpo (sonno)
- Coltivare l’educazione dei sensi (ragione sensibile)
Educazione progressiva: un bambino non è un uomo
Educazione progressiva: un bambino non è un
uomo «Uomini siate umani, è il vostro primo dovere; siate umani verso tutte le condizioni, verso tute le età, verso tutto ciò che non è estraneo all’uomo. Quale saggezza può mai esistere fuori dell’umanità? Amate l’infanzia; favoritene i giuochi, le gioie, le amabili inclinazioni» (p. 72)
Cfr. G. Bertagna: ciò che rende umani è l’intenzionalità, la ragione, la libertà…..in maniera però adeguata all’età. Ma allora un bambino che non è in grado di ragionare, non è uomo? Lo è, ontologicamente. Ciò non toglie che un bambino abbia caratteristiche diverse dall’uomo adulto.
« Perché volete strappare a questi piccoli innocenti il godimento di un tempo così breve ed effimero, di un bene così prezioso, di cui non potranno davvero abusare? Perché volete colmare di amarezza e di dolori questi primi e così fuggevoli anni che mai torneranno per essi, come non tornano i vostri per voi?»
In queste prime pagine Rousseau analizza il significato del dolore e della felicità per i bambini, che devono essere proporzionati alla loro età. Sottolinea quindi, l’Importanza di fare esperienza del dolore, di giocare all’aria aperta…per prendere coscienza di sè.
L’educazione che tratta il bambino come un uomo non è adeguata, lo rende infelice
«Che si deve dunque pensare di questa barbara educazione che sacrifica il presente a un avvenire incerto, che sovraccarica il fanciullo di catene di ogni specie e comincia col renderlo infelice, per preparargli in un lontano futuro non so che presunta felicità, di cui v’è da temere che non godrà giammai?» (p. 72)
Rousseau critica l’educazione tradizionale che chiama barbara, perché sovraccarica i fanciulli di catene di ogni specie, in ciò rendendoli infelici….per un futuro che, tra l’altro, è incerto…. Sciagurata previdenza che rende un essere miserevole nel presente per la speranza, chissà quanto fondata, di farlo un giorno felice (p. 73) E’ questo il tempo di correggere cattive abitudini, dice chi critica R. ma li sostiene che, è vero, il bambino deve imparare a soffrire e conoscere il dolore in modo proporzionato alla sua età (p. 73). Emilio corra pure a perdifiato, sgambetti, cada a terra cento volte al giorno, tanto meglio: imparerà più presto a rialzarsi. Il benessere della libertà compensa molte ferite. (p. 71)
Qual è allora la strada della felicità?
«In che cosa consiste dunque la saggezza umana, ossia la strada della vera felicità? Non certo nel diminuire i nostri desideri […] neppure consiste nell’ampliare le nostre facoltà […] Occorre invece diminuire l’eccesso dei desideri rispetto alle facoltà e ridurre a perfetta eguaglianza il potere e la volontà. Soltanto allora, trovandosi tutte le forze in azione, sarà assicurata la pace dell’anima e l’uomo si sentirà in armonia» (p. 74).
Rousseau afferma che lo scopo della vita è la ricerca della felicità e della soddisfazione, ma si pone la domanda di che cosa questo desiderio voglia dire per il fanciullo. Noi non sappiamo che cosa sia la felicità e l’infelicità, in senso assoluto. Possiamo solo rilevare che nella vita prevale la privazione e che vi è una sproporzione fra desiderio e facoltà. Dice Rousseau: Un essere sensibile, che avesse facoltà pari ai desideri, sarebbe assolutamente felice. L’uomo però ha più desideri che facoltà, per cui vive la sproporzione tra il desiderio e la facoltà di soddisfarlo: in ciò risiede la sua miseria. Se fosse in grado di vivere un equilibrio fra desiderio e facoltà, sarebbe assolutamente felice (p.74)
L’uomo è fortissimo quando si contenta di essere quello che è; è debolissimo quando vuole innalzarsi oltre la condizione umana…tutti gli animali hanno esattamente le facoltà necessarie per conservarsi. Solo l’uomo ne ha di superflue. Non è strano che proprio questa eccedenza sia lo strumento della sua infelicità. (p. 76)
Critica ai medici che ci ricordano la morte ogni giorno (p. 77)
Il rischio dell’adultismo
«L’umanità ha il suo posto nell’ordine delle cose; il fanciullo ha il proprio nell’ordine della vita umana; bisogna considerare l’uomo nell’uomo e il fanciullo nel fanciullo. Assegnare a ciascuno il suo posto e mantenervelo, ordinare le umane passioni in modo rispondente alla natura dell’uomo» (pp. 73-74)
La fanciullezza rientra
nell’ordine naturale
«La natura vuole che i fanciulli siano fanciulli prima di essere
uomini. Se vogliamo sovvertire quest’ordine, produrremo frutti
precoci, che non avranno maturità né sapore e non tarderanno a
guastarsi; avremo sapientoni in tenera età e bambini vecchi
decrepiti» (p. 90)
Libertà ed autonomia
nel fanciullo dai
6 agli 11 anni
Libertà entro i limiti della natura
«O uomo, torna a racchiudere la tua esistenza entro te stesso, e non sarai più misero! Conserva il posto che la natura ti assegna nella gerarchia degli esseri: niente potrà allontanartene. Non recalcitrare contro la dura legge della necessità […] La tua libertà, il tuo potere si estendono entro i limiti delle forze naturali e non oltre; tutto il resto non è che schiavitù, illusione, prestigio» (p. 79)
Dura legge della necessità si riferisce a quelle forze che il cielo non ti ha concesso per ampliare e prolungare la tua esistenza, ma solo per conservarla come gli piace e per quanto gli piace (p. 79) e non esaurire, per volontà di resisterle o prolungare la tua esistenza, ma solo per conservarla come gli piace e per quanto gli piace (p. 79).
Il dominio è servile quando è legato all’opinione, perché si dipende dai pregiudizi (schiavitù) di altro che tu, coi pregiudizi governi. Per far agire gli altri come piace a te dovrai agire a tua volta come piace a loro.
Sempre sul tema della schiavitù, Rousseau fa l’esempio di Temistocle (grande militare del 500 a.C.), che dice che anche una grande potenza (Ateniesi sui Greci) può dipendere dalla volontà di un bambino (p. 79). Direte sempre noi vogliamo, ma farete sempre quello che vorranno gli altri.
Libertà non è esercizio di autorità
«Fa veramente la propria volontà solo chi non ha bisogno, per farla, di accrescere la potenza del proprio braccio con quella del braccio altrui: ne consegue che il primo di tutti i beni non è l’autorità, ma la libertà» (p. 80)
Il supremo bene è la libertà. L’uomo libero vuole ciò che può e fa ciò che gli piace (p. 80). Si tratta di applicare questa massima all’infanzia e ne discendono tutte le regole dell’educazione. E’ la società che ha reso l’uomo debole, con il prevalere degli atti di volontà, il bambino coi capricci, cioè tutti quei desideri che non sono veri bisogni e che non si possono soddisfare senza l’intervento di altri. Uomo e bambino sono quindi in uno stato di debolezza (p. 80).
La natura cerca di porre rimedio a questo stato di debolezza con l’affetto che padri e madri nutrono per i figli ma spesso questo affetto è eccessivo o insufficiente e può indurre in errore. Quindi l’uomo che vive nello stato di natura fa ciò che vuole ed è felice.
L’esercizio della libertà naturale
«Se niente è così ridicolo quanto un bambino altezzoso, niente suscita tanta pietà quanto un bambino
continuamente oppresso dalla paura. Dal momento che con l’età della ragione comincia la servitù civile,
perché farla precedere dalla servitù privata? Consentiamo che almeno un periodo della vita sia libero da
questo giogo che non ci è imposto dalla natura, e lasciamo all’infanzia l’esercizio della libertà naturale,
che lo tiene lontano, almeno per qualche tempo, dai vizi che si contraggono nella schiavitù» (p. 87)
Il fanciullo a questa età non è capace di giudizio (età della ragione).Prima dell’età della ragione, infatti, il
fanciullo non è in grado di avere alcuna nozione degli enti morali e delle relazioni sociali. Fino ai 15 -16
anni il fanciullo non conosce la differenza fra bene e male, è «naif»
Il termine chiave del libro è ESPERIENZA (critica al pedantismo);la razionalità del fanciullo si sviluppa a
partire da ciò che può sperimentare concretamente (critica al nozionismo e alle favole, che vedremo più
avanti)
La libertà come fulcro dell’educazione
dell’infanzia
«L’uomo realmente libero vuole ciò che può e fa ciò che gli piace. Ecco la mia massima principale. Si
tratta solo di applicarla all’infanzia e ne discendono tutte le regole dell’educazione» (p. 80)
«[…]la felicità dei fanciulli come degli uomini consiste nell’uso della libertà; ma nei primi questa libertà è
limitata dalla debolezza. Chiunque fa ciò che vuole è felice, se basta a se stesso, ed è quanto accade
all’uomo che vive nello stato di natura» (p. 81)
L’uomo che vive nello stato naturale è saggio quando cioè è in grado di vivere in perfetto equilibrio fra volontà e potere. L’uomo saggio sa restare al suo posto ma il bambino che non conosce il proprio, non ne è capace (p. 81). vive cioè una sproporzione fra la sua forza e il desiderio. Il bambino per sua natura è in uno stato di debolezza per cui deve dipendere non obbedire; deve domandare non comandare, è sottomesso a causa dei suoi bisogni.
Critica alla società che mantiene gli uomini nello
stato di minorità
«I fanciulli non godono, anche nello stato di natura, che di una libertà imperfetta, simile a
quella degli uomini viventi nello stato di civiltà […] Eravamo fatti per essere uomini; le leggi
e la società ci hanno risospinto nell’infanzia» (p. 81)
«La società ha reso l’uomo più debole, non solo privandolo del diritto che aveva sulle proprie
forze, ma anche facendogliele diventare insufficienti» (p. 80)
La libertà degli uomini è imperfetta al pari di quella dei bambini perché la società li mantiene
tali, per questo motivo Rousseau dice che le leggi e la società ci hanno risospinto nell’infanzia;
perciò gli uomini sono deboli perché le loro forze sono insufficienti, regredendo così allo stato
dell’infanzia
La dipendenza dell’essere umano
«Esistono due specie di dipendenza: quella dalle cose, propria della natura, e quella dagli
uomini, propria della società» (p. 82)
«La dipendenza dalle cose (propria della natura), essendo estranea ad ogni valutazione
morale, non nuoce affatto alla libertà e non genera vizi……la dipendenza dagli uomini (propria
della società), in quanto fondata sull’arbitrio (libertà), genera vizi di ogni sorta ed è per
opera sua che il padrone e lo schiavo si corrompono a vicenda» (p. 82)
Rousseau pensa che nessuna volontà particolare possa armonicamente inquadrarsi nel sistema sociale (nota
p. 82), … non c’è un mezzo per porre rimedio al male della società. Se le leggi delle nazioni potessero
avere come quelle della natura la stessa inflessibilità che nessuna forza umana possa ostacolare, allora,
forse, la dipendenza degli uomini tornerebbe a coincidere con quella delle cose, e tutti i vantaggi dello
stato di natura coinciderebbero con quelli dello stato di natura.
La dipendenza nell’educazione
del fanciullo «Fate che il fanciullo esperimenti soltanto la dipendenza dalle cose ed avrete seguito l’ordine naturale
nel processo della sua educazione. Ad ogni suo capriccioso atto di volontà opponete unicamente ostacoli
fisici o punizioni che nascano dalle azioni stesse e di cui si rammenti al momento opportuno; non è
necessario vietargli di agire male, basta impedirglielo. Solo l’esperienza e l’impotenza debbono servigli di
legge» (p. 82)
Approfondimento del tema precedente: La natura per rafforzare e crescere il corpo, ha mezzi che non si
debbono mai ostacolare….bisogna che i bambini corrano, saltino e gridino, quando ne hanno voglia ( p.
83). Tutti i movimenti rispondono a precise necessità del loro fisico, che tende ad irrobustirsi.
Il fanciullo in ciò segue l’ordine naturale, sperimentando la dipendenza dalle cose la legge è
l’esperienza.
I bambini devono poter fare ciò che vogliono ma occorre distinguere il bisogno naturale dal capriccio (pp
82 -83)
La dipendenza nell’educazione
del fanciullo: sia solo dalle cose! «Fate che il fanciullo esperimenti soltanto la dipendenza dalle cose ed avrete seguito l’ordine naturale
nel processo della sua educazione. Ad ogni suo capriccioso atto di volontà opponete unicamente ostacoli
fisici o punizioni che nascano dalle azioni stesse e di cui si rammenti al momento opportuno; non è
necessario vietargli di agire male, basta impedirglielo. Solo l’esperienza e l’impotenza debbono servigli di
legge» (p. 82)
Approfondimento del tema precedente: La natura per rafforzare e crescere il corpo, ha mezzi che non si
debbono mai ostacolare….bisogna che i bambini corrano, saltino e gridino, quando ne hanno voglia ( p.
83). Tutti i movimenti rispondono a precise necessità del loro fisico, che tende ad irrobustirsi.
Il fanciullo in ciò segue l’ordine naturale, sperimentando la dipendenza dalle cose la legge è
l’esperienza.
I bambini devono poter fare ciò che vogliono ma occorre distinguere il bisogno naturale dal capriccio (pp
82 -83)
Rapporto fra volontà e potere
«E’una disposizione naturale dell’uomo considerare come suo tutto ciò che è in suo potere. In tal senso è
vero, fino a un certo punto, il principio dello Hobbes: moltiplicate insieme con i nostri desideri i mezzi per
soddisfarli e ciascuno farà di sé il padrone di tutto. Così il fanciullo cui basta volere per ottenere
considera l’universo come sua proprietà e tutti gli uomini come suoi schiavi» (p. 85)
Il bambino è un essere MANCANTE, per questo deve essere educato (secondo natura). Per crescere deve
imparare e vivere un equilibrio fra potere – volere. Se il bambino ottiene tutto quello che gli passa per la
testa e comanda tutti, diventa un despota. Il bambino non deve ottenere tutto solo perché lo chiede, ma
perché ne ha realmente bisogno (p. 86). Occorrono dei piccoli dolori (privazioni) per approdare ai beni più
grandi.
Il bambino non deve fare alcunché per pura obbedienza ma per necessità. Le sue idee devono fermarsi al
livello delle pure sensazioni, poiché esso è capace soltanto di impressioni sensibili.
Inutilità dei ragionamenti coi bambini
«Ragionare con i bambini era la grande massima di Locke ed è la più in voga attualmente, ma non mi sembra che
il suo successo sia proprio tale da rafforzarne il credito; da parte mia, non vedo nulla di più sciocco di quei
bambini coi quali si è tanto ricorso ai ragionamenti. Tra tutte le facoltà dell’uomo, la ragione, che si può dire
risulti dalla combinazione di tutte le altre, è quella che si sviluppa più difficilmente e più tardi: e proprio questa
si vuole adoperare per sviluppare le prime! Il capolavoro di una buona educazione è fare un uomo ragionevole: e
si pretende di educare un fanciullo per mezzo della ragione! Ma questo significa cominciare dalla fine, significa
voler assumere a strumento il risultato dell’opera» (pp. 88-89)
Rousseau è un razionalista, perché crede che esista prima la ragione e poi l’esperienza, però, al tempo stesso,
pone molta attenzione ai sensi e al corpo, parlando di una ragione sensitiva (incompleta, non astratta), legata
all’esperienza, ai sensi (amicizia con Locke)
Il fine dell’educazione è che l’uomo sia un essere ragionevole. Ma siccome il bambino non lo è, occorre utilizzare
un approccio diverso: l’educazione dei sensi. Si parte dai sensi e poi attraverso i sensi si educa la ragione.
Dice poi che se si abituano i fanciulli a sentire solo belle parole, non capiscono; ci si illude che possano diventare
sapienti come i loro maestri.
Un’educazione specifica dell’infanzia:
non prescrittiva
Peculiarità dell’infanzia «L’infanzia ha modi di vedere, di pensare, di sentire esclusivamente suoi; nulla è più stolto che pretendere di sostituirli
coi nostri: piuttosto che esigere da un fanciullo di dieci anni maturità di giudizio, preferirei vederlo misurare cinque
piedi d’altezza. A che cosa gli servirebbe la ragione a quell’età? La ragione ha il compito di tenere a freno la forza e il
fanciullo non ha bisogno di questo freno» (p. 90)
Il bambino ha, infatti, bisogno di esprimere la forza che possiede (il giogo della necessità), in maniera equilibrata e
adeguata, così che, facendo esperienza, impari che codesta necessità risiede nella realtà delle cose (p. 91)
Le conseguenze di un approccio non adeguato all’infanzia sono tre:
- «Imponendo loro un dovere che non sentono, li inducete a una sorda ribellione contro la vostra tirannia e a rifiutarvi il
loro affetto;
- Insegnate loro a diventare falsi, menzogneri, dissimulatori, per estorcere ricompense o sottrarsi ai castighi
- Avvezzandoli ad occultare il motivo reale delle loro azioni…..offrite loro il mezzo d’ingannarvi continuamente,
d’impedirvi la conoscenza del loro vero carattere» (p. 90)
Quindi….adoperate la forza con i fanciulli e la ragione con gli uomini; così vuole l’ordine naturale; il saggio non ha bisogno
di leggi (p. 91)
Riconoscimento della necessità,
non esercizio dell’autorità «[…] Non comandategli mai nulla, per nessuna ragione al mondo: assolutamente nulla
[…] senta per tempo sul suo capo orgoglioso il duro giogo che la natura impone agli
uomini; il pesante giogo della necessità […] e veda che codesta necessità risiede nella
realtà delle cose, mai nel capriccio degli uomini, che il freno da cui è trattenuto è la
forza, e non l’autorità» (p. 91)
Come fare in modo che il fanciullo non faccia determinate cose? Semplicemente:
- Impedendogli di farle
- Essendo inclini a concedere
- Riluttanti a rifiutare (rifiuti irrevocabili)
E’ così che il pedagogo renderà il fanciullo paziente, rassegnato, impassibile e tranquillo
(p. 92)
Un mezzo educativo:
la libertà ben regolata
«Non bisogna prendersi la briga di educare un fanciullo, quando si sa condurlo dovunque si voglia con le
sole leggi del possibile e dell’impossibile. Essendogli egualmente ignota la sfera dell’uno e dell’altro, si
può dilatarla o restringerla a piacimento intorno a lui. Così l’educatore incatena, sospinge, trattiene il
fanciullo col solo legame della necessità, senza che egli protesti; così lo rende pieghevole e docile con la
sola forza delle cose, senza che alcun vizio germini in lui, poiché mai le passioni allignino, finché son prive
d’effetto» (pp. 92-93)
Rousseau: se il pedagogo sarà in grado di far percepire il legame con la necessità, allora il fanciullo sarà
docile, perché si confronterà con la sola forza delle cose (realtà). Crescerà così secondo natura.
Rousseau critica i mezzi utilizzati in educazione per farsi obbedire dai fanciulli: emulazione, gelosia,
invidia, vanità, avidità, paura (passioni pericolose), e afferma che solo un mezzo può riuscire: la libertà ben
regolata, la sola che possa incatenare, sospingere, trattenere il fanciullo col solo legame della necessità,
senza che egli protesti .
Attenzione al singolo allievo
«Trattate l’allievo secondo la sua età. Collocatelo innanzi tutto nella sua reale condizione e in quella
costantemente mantenetelo, finché non si senta più tentato di evaderne. Così, prima ancora di sapere che
cosa sia la saggezza, ne metterà in pratica il più importante precetto» (p. 91)
In Rousseau non vi è solo attenzione alla fanciullezza come periodo, ma anche al singolo allievo, secondo la
sua età. Le caratteristiche di questo periodo sono:
- Il fanciullo apprende dall’esperienza
- Occorre che avverta il giogo della necessità
- e che eserciti la libertà regolata
Nulla è più stolto che pretendere di sostituire il modo di pensare dei fanciulli (ragione sensitiva), con quello
degli adulti (ragione astratta)
Conoscere la singolarità per promuovere
l’integralità «Un’altra considerazione conferma l’utilità di questo metodo [educazione negativa]: la necessità di conoscere la
particolare indole del fanciullo, per sapere quale sia il regime morale più adatto a lui. Ogni spirito ha la sua forma
peculiare, secondo la quale ha bisogno di essere guidato; è importante, perché abbia successo la vostra opera, che
egli sia guidato secondo questa forma e non secondo un’altra. Uomini prudenti, scrutate a lungo la natura,
osservate bene il vostro allievo innanzi di dirgli la prima parola; lasciate che possa mostrare in piena libertà i
germi del suo carattere, non sottomettetelo a costrizioni di sorta, perché possiate meglio vederlo tutto intero» (p.
96)
- Rousseau sottolinea il valore dell’osservazione. Se si agisce prima di sapere quello che occorre fare, si rischia di ingannarsi,
e alla fine, di perdere tempo, come l’avaro che perde tempo per non voler perdere nulla.
- Rousseau dice di fare come il saggio medico che non prescrive la ricetta dopo aver visto solo una volta il malato, ma lo
studia, prima di passare alla terapia, comincia tardi a curarlo ma lo guarisce. Mentre il medico troppo frettoloso lo uccide (p.
97). Con questo esempio Rousseau anticipa il tema che perdere tempo, in educazione, significa guadagnarlo «sacrificate nella
prima età un tempo che riguadagnerete ad usura in un’età più avanzata » (p. 96)
Un’educazione non prescrittiva
«Io mostro la meta che è necessario proporsi: non dico che sia possibile giungervi, ma colui che a
quella si sarà maggiormente appressato, avrà meglio svolto l’opera sua» (p. 97)
Rousseau non dice come si fa. Indica la meta, facendo alcuni ragionamenti che devono guidare
l’azione del pedagogo. L’Emilio non è un testo pedagogico ma un romanzo pedagogico.
«Ricordate che colui che osa assumersi il compito di formare un uomo, deve prima aver formato
l’uomo in se stesso, deve portare entro di sé il modello che intende proporre all’allievo» (p. 97)
Rousseau dice che il pedagogo deve essere un modello umano per il fanciullo, testimone autorevole
(non autoritario), capace di instaurare col fanciullo e con quelli che gli stanno intorno, delle relazioni
fondate sulla stima e sulla virtù. Il pedagogo deve far dono di sé (cuore, sollecitudine), deve farsi
amare dagli altri; deve essere giusto, umano, misericordioso.
In sintesi, si educa attraverso l’esempio e la testimonianza, non con regole imposte.
La predisposizione di un contesto educativo ad
hoc
«Mentre il fanciullo è ancora privo di cognizioni, si ha il tempo di predisporre tutto ciò
che è intorno a lui in modo tale che i suoi primi sguardi non siano colpiti se non da quegli
oggetti che per lui è bene vedere» (p. 97)
Rousseau sottolinea in più parti del suo libro questo concetto: non bisogna comandare di
non eseguire certe cose ma è necessario vietargli di agire male facendo in modo che il
fanciullo non sia messo nelle condizioni di agire male. Apparentemente il pedagogo
sembra assente ma in realtà ha un ruolo molto importante nel predisporre un contesto
educativo che solleciti il fanciullo in una certa direzione.
L’ambiente agreste come il più adatto all’educazione del
fanciullo
«In un villaggio il pedagogo sarà molto più libero di predisporre a proprio piacimento l’ambiente adatto al fanciullo; la sua reputazione, i suoi discorsi, il suo esempio avranno un’autorità che in città gli è preclusa; essendo egli utile ad ognuno, tutti faranno del loro meglio per favorirlo e cercheranno di guadagnarsi la sua stima, di mostrarsi al discepolo quali il maestro vorrebbe che realmente fossero; e anche se non riusciranno ad astenersi dai propri vizi, eviteranno di dare scandalo; ed è questo che soprattutto importa, per realizzare il nostro scopo» (p. 98)
In un villaggio i condizionamenti della città saranno meno presenti (p.98). La stanza di Emilio non avrà nulla che la distingua da quella di un contadino (p.94).
Perdere tempo nella prima
educazione del fanciullo
«Oserò qui esporre che cosa prescriva la più grande, la più importante, la più preziosa regola di tutta
l’educazione? Non già di guadagnar tempo, ma di perderne! […] Il periodo più pericoloso della vita umana
è quello che va dalla nascita all’età dei dodici anni. E’il periodo in cui germogliano gli errori e i vizi, senza
che esista ancora strumento alcuno per eliminarli; e quando lo strumento si offre, le radici sono ormai così
profonde che è troppo tardi per estirparle» (pp. 94-95)
Regola fondamentale in educazione; cfr. paragone col saggio medico che prima di fare la diagnosi
osserva molto il suo paziente e quindi perde tempo, ma per essere sicuro di fare la cosa giusta, a
partire dalla conoscenza del malato.
Il fanciullo non è ancora capace di giudizio autonomo per cui ha bisogno di essere guidato (dalla
realtà), per cui occorre tempo (che però non è perso)
Un’educazione che tenga conto del processo di sviluppo
naturale
«Se i fanciulli compissero un salto improvviso dall’età dell’allattamento a quella della ragione,
l’educazione che si dà loro potrebbe riuscire adatta; ma, tenuto conto del processo di sviluppo naturale,
ne occorre loro una del tutto opposta. Bisognerebbe che si astenessero dal far uso delle proprie facoltà
spirituali prima che siano compiutamente formate, poiché è impossibile che la loro anima, finché è cieca,
scorga la fiaccola che le mettete innanzi e segua, attraverso la sconfinata distesa delle idee, una strada
che la ragione traccia ancora così labilmente, anche per gli occhi più acuti» (p. 95)
Rousseau è convinto che il periodo più pericoloso della vita umana sia quello che va dalla nascita all’età di
12 anni perché si possono instaurare dei vizi, errori…per questo dice occorre un’educazione del tutto
opposta (allo sviluppo delle facoltà mentali), proprio per consentire il pieno sviluppo delle facoltà mentali.
E’ un primo accenno all’educazione negativa (punto successivo)
Imparare dall’esperienza
«Non impartite al vostro allievo alcuna sorta di lezioni verbali; deve
ricevere insegnamenti solo dall’esperienza. Non infliggetegli alcuna
sorta di punizione, poiché ignora che cosa significhi essere colpevole»
(p. 93)
Non insegnare (lasciar segni), ma far fare esperienze, rendendo il
fanciullo libero di agire.
L’educazione
negativa
La prima educazione deve essere un’educazione
negativa
«La prima educazione deve essere dunque puramente negativa. Non consiste affatto
nell’insegnare la virtù o la verità, ma nel tutelare il cuore dal vizio e la mente
dall’errore» (p. 95)
In educazione bisogna trattenersi, perché?
Perché il fanciullo è ontologicamente buono per cui bisogna lasciare che il tempo
consenta di far venir fuori la sua natura buona.
Come si fa?
Intervenendo il meno possibile. Vigilando che «nulla sia fatto» Pensiero che sarà
ripreso dall’attivismo agli inizi del XX secolo (Claparède, Decroly, Ferrière). Il
pedagogo fa un passo indietro ma in realtà predispone tutto ciò che può favorire la
libertà del fanciullo.
In che cosa consiste
l’educazione negativa?
«Se poteste non far nulla e nulla lasciar fare agli altri, se poteste condurre il vostro allievo sano e robusto all’età di dodici anni, senza che sappia distinguere la mano destra dalla sinistra, fin dalle vostre prime lezioni gli occhi del suo intelletto si schiuderebbero alla ragione; senza pregiudizi, senza abitudini, nulla vi sarebbe in lui che possa contrastare l’effetto della vostra opera. Ben presto diverrebbe tra le vostre mani il più saggio degli uomini e così, cominciando col non far nulla, avreste realizzato un miracolo di educazione» (p. 95)
La natura umana e l’amore di sé
«Poniamo come massima incontestabile che i primi impulsi naturali sono sempre buoni: non esiste
alcuna forma di perversità originaria nel cuore umano; non vi si trova un sol vizio di cui non si possa
dire come e perché vi sia penetrato.
La sola passione naturale nell’uomo è l’amore di sé o amor proprio in senso lato. Questo amor
proprio, in se stesso e relativamente a noi, è buono e utile e poiché non comporta necessariamente
rapporto coi nostri simili, sotto questo rispetto esso è per natura eticamente neutro, ma diventa
buono o cattivo per i modi e per le circostanze in cui viene applicato.
Fin quando, perciò, non è in grado di svilupparsi la ragione, cui compete guidare e regolare l’amor
proprio, nulla il fanciullo deve fare solo perché sa di essere visto o ascoltato, nulla, cioè, deve fare
in funzione degli altri, ma unicamente quanto la natura richiede da lui; e allora non potrà che far
bene» (pp. 93-94)
No ad un’educazione
verbalistica e libresca, ma imparare a leggere e a scrivere sulla base del proprio interesse
Lingue, geografia, storia
«In qualsiasi genere di studio, senza l’idea delle cose rappresentate, i segni che le rappresentano non hanno alcun valore. E tuttavia le conoscenze del fanciullo vengono sempre limitate a questi segni, senza mai potergli far comprendere le cose che rappresentano» (p. 119).
«Se non hanno vere idee, non hanno vera memoria poiché non considero tale quella che sa ritenere soltanto sensazioni» (p. 123)
Lingue/latino e greco: il fanciullo è in condizione di imparare una sola lingua (p. 120)
Geografia. Che cos’è il mondo? Un globo di cartone (p. 121)
Storia. Leggere aneddoto: il medico Filippo (pp. 121 -123)
Emilio non imparerà mai nulla a memoria
Lingue
«Sarà motivo di sorpresa che io annoveri lo studio delle lingue tra gli ingredienti inutili all’educazione (p.119) … Lo studio delle parole, se si limitasse alle parole, cioè ai segni o ai suoni che le esprimono, potrebbe riuscir confacente ai fanciulli, ma le lingue cambiando i segni, modificano anche le idee che questi rappresentano. Le menti si formano sui linguaggi, i pensieri assumono il colore degli idiomi (p.119).»
«In qualsiasi genere di studio, senza l’idea delle cose rappresentate, i segni che le rappresentano non hanno alcun valore. E tuttavia le conoscenze del fanciullo vengono sempre limitate a questi segni, senza mai potergli far comprendere le cose che rappresentano» (p.119).
Rousseau sostiene che il
fanciullo sia in grado di
apprendere il suono delle
lingue ma non le idee che le
originano. Infatti, ad ogni
lingua corrisponde un sistema
di idee: la lingua, presso tutte
le nazioni del mondo, segue le
vicissitudini dei costumi e si
conserva o si altera insieme
con essi (p. 120). Per questo
motivo il fanciullo non è nelle
condizioni di imparare se non
una sola lingua (p. 120).
Geografia
«Pensando di fargli imparare la descrizione della terra, gli si danno a conoscere semplicemente delle carte, gli vengono insegnati i nomi delle città, di paesi e di fiumi…» (pp. 119 -120).
«Che cos’è il mondo?» «Un globo di cartone». Tale è appunto la geografia per i fanciulli.
Rousseau è pronto a scommettere
che non c’è nessun fanciullo di
dieci anni capace di recarsi da
Parigi a Sain Denis, come a dire,
che nessun fanciullo di quell’età
è in grado di utilizzare davvero le
nozioni di geografia apprese (p.
120)
Storia
«Errore ancor più ridicolo è far loro studiare la storia: si immagina che questa disciplina sia a loro portata, perché non sarebbe che una raccolta di fatti. Si crede forse che i rapporti da cui i fatti storici sono determinati siano facili a cogliersi, e che i fanciulli possano senza sforzo concepirne l’idea? Se nelle azioni degli uomini vedete solo i movimenti esteriori e puramente fisici, che cos’è che insegnate nella storia?» (pp. 119 -120).
I miei ragionamenti, dice Rousseau
si fondano sui fatti più che sulle
teorie e il modo migliore per darvi
la possibilità di giudicarli è di
riferire spesso qualcuna delle
esperienze che me li suggeriscono
lettura aneddoto: il medico
Filippo (pp. 121 -123)
Leggere e scrivere
«Soltanto a dodici anni Emilio saprà che cosa sia un
libro. Ma è pur necessario, si dirà, che sappia leggere.
Ne convengo: sarà necessario quando la lettura gli sarà
utile; fino allora non può che annoiarlo» (p. 132)
«Il Locke vuole che si impari a leggere per mezzo dei
dadi» (p. 132)
«Il mezzo più sicuro di tutti è il desiderio di apprendere.
Suscitate nel fanciullo questo desiderio e poi fate pure a
meno i tavole e dadi: ogni metodo sarà buono per lui»
(p. 132)
Critica alla pedagogia del tempo:
educazione forzata
Rousseau ammette un solo libro Robinson
Crusoe (come se fosse fratello di Emilio)
Critica al metodo fonematico = collegamento
di una lettera ad un suono
Leggere pag. 133. Esempio del biglietto
d’invito ad un pranzo, passeggiata, gita,
festa…. Il metodo è quello dell’attesa inattiva
(= educazione negativa). Esperienza:
interesse (muovere la sua curiosità), e utilità
(capire perché lo sta facendo – senso).
Spontaneità, indipendenza (1) «..Se un allievo non impara da voi, imparerà dagli altri; se non prevenite l’errore con la verità, imparerà le menzogne; i pregiudizi che temete di dargli li riceverà dal suo ambiente» (pp. 133 -134)
«Se volete coltivare l’intelligenza del vostro allievo, coltivate le forze che essa deve padroneggiare. Esercitate continuamente il suo corpo, rendetelo sano e robusto, perché il fanciullo diventi buono e giudizioso: lavori, operi, corra, gridi, sia sempre in movimento; abbia vigore di uomo e ben presto ne avrà anche la mente. Se è sempre la vostra testa a guidare le sue braccia, la sua gli diviene inutile» (p. 134)
Possibili obiezioni dei contemporanei. R. risponde a
queste obiezioni, dicendo che se non si dice subito la
verità ai fanciulli, questi impareranno in maniera
sbagliata. Inoltre, la giustificazione di fondo della sua
scelta è che l’uomo è buono (ontologicamente), per cui
l’educazione negativa può stare in piedi.
Leggere pag. 135: esistono due categorie di uomini: Il
contadino. Sempre intento a fare ciò che gli si comanda
o che ha visto fare dal padre (meccanica ripetizione).
L’abitudine e l’obbedienza sostituiscono in lui la
ragione; Il selvaggio. Mai legato stabilmente allo stesso
luogo, privo di compiti prestabiliti, non soggetto ad
alcuna obbedienza, senz’altra legge che la sua volontà,
è costretto ad usare la ragione in ogni atto della sua
vita. Così più il suo corpo si esercita, più la sua mente si
rischiara: forza e ragione crescono insieme e l’una giova
allo sviluppo dell’altra (p. 135)
Spontaneità, indipendenza (2) «Giovani educatori, io vi predico un’arte difficile:
governare senza precetti e fare tutto senza fare
nulla. Non giungerete mai a formare uomini savi,
se non lasciate che prima siano monelli» (p. 137)
«Fate esattamente il contrario del vostro allievo:
lasciategli sempre credere di essere lui il padrone,
ma siate sempre voi ad avere le redini in pugno.
Non v’è soggezione tanto perfetta quanto quella
che conserva l’apparenza della libertà: la sua
stessa volontà viene ad essere così nelle vostre
mani» (p. 137)
Educazione negativa
Il pedagogo deve tenere le redini, a
distanza. Caratteristiche del mestiere del
pedagogo sono:
Conoscere il naturale comportamento del
cuore umano
Studiare l’uomo e l’individuo
Prevedere in anticipo quale influenza
avranno sulla volontà del vostro allievo tutti
quegli oggetti ricchi di attrattive per un
fanciullo della sua età, che avrete occasione
di presentargli (p.139)
Due episodi tratti dalla sua esperienza di precettore al figlio
di M.me Dupin (1)
Primo episodio. Il fanciullo vuole alzarsi a mezzanotte
(pp. 139 – 141)
Il fanciullo è abituato a fare il suo comodo e ad ottenere che tutti si
pieghino alla sua volontà.
Il pedagogo prima stimola la curiosità del fanciullo, poi lo tratta con
indifferenza: mi portò l’acciarino, gli dissi che non sapevo che farmene…..
No ragionamento, ma fare esperienza: dormire da solo in una stanzetta….
Il fanciullo è vittima del suo gioco: capriccio, fare l’ammalato
Due episodi tratti dalla sua esperienza di precettore al figlio
di M.me Dupin (2)
Secondo episodio. A qualunque ora volesse uscire, bisognava accompagnarlo (pp. 141 – 145)
Educazione negativa:
- Il pedagogo gli fa fare esperienza (il bambino esce da solo)
- Ma intanto lo osserva e predispone un ambiente protetto (ordina al cameriere di seguirlo)
- Maestro: le cose. Il bambino comincia ad avvertire la propria debolezza
- Maestro: gli uomini. Tutto era stato preparato in anticipo e, poiché si trattava di una sorta di scenetta in pubblico, mi ero assicurato il consenso del padre (pp. 142 -143)
Il pedagogo gli fa fare esperienza perché possa uscire la natura buona del fanciullo: la comprensione della necessità di una regola, in questo caso.
«Questi esercizi, lasciati così alla sola direzione della natura, mentre fortificano il corpo, non solo non abbrutiscono lo spirito, ma al contrario formano in noi la sola specie di ragione di cui la prima fanciullezza sia capace e la più necessaria in qualsiasi età» (p. 144)
Evitare le favole perché inaccessibili alla mente
del fanciullo per la sua moralità
Il corvo e la volpe (1)
1. Il signor corvo, sopra un albero appollaiato,
2. Teneva nel suo becco un formaggio.
3. La signora volpe, dall’odore allettata,
4. Gli tenne press’a poco questo linguaggio:
5. Eh! Buongiorno, signor corvo!
6. Quanto siete grazioso! Quanto mi sembrate bello!
7. Senza mentire, se il vostro canto
8. Rispondesse alle vostre penne,
9. Sareste la fenice degli ospiti di questi boschi.
10. A queste parole, il corvo è fuori di sé dalla gioia,
11. E per mostrare la sua bella voce,
12. Apre un largo becco, lascia cadere la preda.
13. La volpe se ne impadronisce e dice: Mio buon signore,
14. Sappiate che ogni adulatore
15. Vive a spese di colui che l’ascolta.
16. Questa lezione val bene un formaggio, senza dubbio.
17. Il corvo, vergognoso e confuso,
18. Giurò ma un po’ tardi, che non si sarebbe più lasciato gabbare
Il corvo e la volpe (2)
Elenco di elementi che rendono la favola un genere non adatto ai fanciulli:
1. Differenza fra poesia e prosa (corvo sopra un albero appollaiato)
2. Immagini non conformi a natura (corvo, formaggio: non ne ha esperienza esperimento uovo
sodo di Dewey)
3. Parole non di uso corrente, lo spirito critico sollecitato deve basarsi sul buon senso (signora –
allettata )
4. Le volpi parlano? (gli tenne questo linguaggio)
5. Titolo di onore (Signor corvo)
6. Ridondanza (quanto siete grazioso.. quanto mi sembrate bello)
7. E’ lecito mentire? (Senza mentire…)
8. Paragone fra qualità diverse (canto e penne)
9. Che cos’è una fenice? Linguaggio figurato (per renderlo seducente)
Il corvo e la volpe (3) Elenco di elementi che rendono la favola un genere non adatto ai fanciulli:
10. Passioni molto vive (il corvo è fuori di sé dalla gioia)
11. Conoscenza della voce del corvo, (il fanciullo non ce l’ha)
12. Il fanciullo coglie la bellezza di questo verso? (Apre il largo becco, lascia cadere la preda)
13. Bontà ed ingenuità non sono la stessa cosa
14. Massima generale sull’adulazione (sappiate che ogni adulatore, non tutti sono così !)
15. Verso non comprensibile (vive a spese di colui che l’ascolta)
16. Discorso canzonatorio che i fanciulli non capiscono (questa lezione val bene un formaggio…)
17. Aggiunta di parole esplicative di un concetto già completo sul piano del significato (il corvo,
vergognoso e confuso)
18. Che cos’è un giuramento ? (Giurò…)
Favola
«Le favole presentano una morale così confusa, così sproporzionata alla loro età, che li condurrebbe piuttosto al vizio che alla virtù» (p. 125)
«Il fanciullo non capisce affatto le favole che gli si fanno imparare perché, qualunque sforzo si faccia per semplificarle, l’ammaestramento che se ne vuol trarre costringe ad introdurvi idee che egli non può afferrare, e proprio la forma poetica, mentre facilita lo sforzo della memoria, gli rende più difficile coglierne il senso» (p. 125)
La favola (dispositivo) nasce dall’intenzionalità
educativa come strumento buono, ma diviene
cattivo strumento perché non tien conto delle
caratteristiche dei fanciulli
Attenzione! Il senso morale dei fanciulli non è
meno importante di quello degli adulti, è solo
diverso
Coltivare l’educazione dei sensi (ragione sensibile)
Assicurare esercizi fisici per rendere forte e sveglio il corpo (sonno)
Coltivare l’educazione dei sensi
«Le prime facoltà che si formano e si perfezionano in noi sono i sensi. Sono dunque le prime che bisognerebbe coltivare; sono le sole che si dimenticano o che più si trascurano. Per esercitare i sensi non basta farne uso, bisogna imparare a giudicare bene per loro mezzo, imparare, per così dire, a sentire; non sappiamo infatti toccare vedere o udire, se non a quel modo in cui abbiamo imparato»
«La prima ragione dell’uomo è una ragione sensitiva ; essa costituisce la base della ragione intellettuale: i nostri primi maestri di filosofia sono i piedi, le mani, gli occhi. Sostituire tutto ciò con i libri, significa insegnare non già a ragionare, bensì a fare uso della ragione altrui, a credere molto, e a non sapere niente» (p. 146)
E’ sbagliato credere che la vera ragione
dell’uomo si sviluppi
indipendentemente dal corpo: è proprio
una buona costituzione del corpo che
rende le operazioni della mente facili e
sicure. Per questo motivo occorre
esercitare non solo le forze, bensì tutti
i sensi che le dirigono (p. 156)
Abbigliamento
«Le membra di un corpo che cresce devono essere tutte
a loro agio nelle vesti: nulla che impacci il movimento e
la crescita, nulla di troppo attillato e aderente; ogni
allacciatura va eliminata» (p. 147)
«Il vestito più semplice, il più comodo, quello che meno
lo rende schiavo, è sempre il più prezioso per lui. Vi
sono abitudini del corpo più adatte all’intensa attività
fisica e altre più adatte all’inazione» (p. 148)
In queste pagine Rousseau
descrive alcune regole di
comportamento: per
l’abbigliamento –
abbigliamento diverso per chi
è sedentario e chi è attivo –
nessun copricapo – abituare i
fanciulli al freddo, ecc. (p.
149)
Sonno
«Ai fanciulli è necessario un lungo sonno, poiché
sono sempre in moto. L’abitudine più salutare è
quella di alzarsi e di coricarsi col sole. E’
importante abituarsi dapprima a dormire in
condizioni disagevoli: è il mezzo migliore per
non trovar poi scomodo alcun letto. Il miglior
letto è quello che procura il sonno migliore » (pp.
151 )
Regole relative al sonno:
Il vero mezzo per far dormire Emilio è di
annoiarlo a sua volta – lo si avvezzerà a
tutto, anche a svegliarsi da sé e ad
alzarsi a piacimento del pedagogo.
Altre regole: no alla vaccinazione contro
il vaiolo - nuoto
#1 Tatto
« Il tatto è diffuso sull’intera superficie del nostro corpo, esercita una sorta di continua sorveglianza, per avvertirci di tutto ciò che può offenderlo (p. 157). Benché il tatto sia quello che tra i sensi ci è più dato esercitare, le sue indicazioni restano tuttavia più incomplete ed approssimative di quelle degli altri; sempre associamo al tatto l’uso della vista (più veloce),…le indicazioni del tatto sono più sicure. Il tatto è quello dei sensi che meglio ci fa conoscere l’impressione che i corpi estranei possono produrre sul nostro» (p. 165)
«Osserviamo come i ciechi abbiano il tatto più sicuro e più fine di noi…molti giochi abbiano luogo di notte…» (p. 157)
Il tatto supplisce alla vista. Gli
esercizi al buio servono per
acquisire la capacità di
muoversi in un ambiente senza
la vista. Aneddoto tratto dalla
sua esperienza (da piccolo con
il pastore Lambercier, doveva
andare a prendere la bibbia in
chiesa, al buio, da solo) (pp.
161 – 163). Critica al metodo di
spaventare i fanciulli in modo
da abituarli a non avere paura
(p. 165).
#2 Vista «La vista è il più fallibile dei nostri sensi, perché è il più esteso e precedendo di gran lunga tutti gli altri, le sue operazioni son troppo rapide e vaste…Il senso della vista, per giudicare la grandezza degli oggetti e la loro distanza, non possiede che un solo criterio di misura, e cioè l’apertura dell’angolo che formano col nostro occhio…com’è possibile infatti distinguere con la sola vista se l’angolo sotto il quale un oggetto si mostra più piccolo di un altro è tale perché il primo oggetto è davvero più piccolo, o perché è più lontano?» (pp. 168 -169)
«Qui bisogna seguire un metodo opposto a quello precedente, invece di isolare la sensazione, occorre associarla con un’altra…subordinando l’organo visivo a quello tattile(p. 169). Poiché la vista è tra tutti i sensi quello le cui valutazioni meno si possono separare dall’attività della mente, occorre molto tempo per imparare a vedere » (p. 173).
Proprio perché le nostre misurazioni a vista sono
molto imprecise, Rousseau suggerisce di indurre i
fanciulli a tutte quelle attività che esigono
movimento fisico: come calcolare l’altezza di un
ciliegio? Come attraversare un ruscello largo? Leggere
aneddoto. Rousseau si trova a dover esercitare alla
corsa un fanciullo pigro e indolente (pp. 169 -172).
Passare dalla misurazione strumentale (con mani,
piedi), a quella intuitiva (con la vista) (p. 173)
Disegno. Il maestro deve essere solo la natura e gli
oggetti (disegno dal vero)
Geometria elementare alla quale giungere grazie
all’osservazione, senza bisogno di definizioni (es.
tracciatura del cerchio; angolo di 60 gradi; angoli
adiacenti, ecc. p. 177)
Per esercitare l’occhio, Rousseau suggerisce anche
dei giochi: volano, pallacorda, pallamaglio, biliardo,
arco, ecc. (p. 179)
#3 Udito
«Il senso dell’udito percepisce solo un corpo in movimento…se tutto restasse nell’immobilità assoluta, non udremmo niente…(organo passivo)» (p. 181)
«Noi possediamo un organo che corrisponde all’udito, cioè quello della voce…(organo attivo). L’uomo ha tre tipi di voce: parlante o articolata…cantante o melodica…patetica o accentuata. Il fanciullo possiede come l’uomo queste tre specie di voce, ma non sa associarle alla stessa maniera» (p. 182)
Rousseau consiglia di insegnare al fanciullo a
parlare in modo chiaro e uniforme … a
pronunciare esattamente le parole, a parlar
sempre con voce forte…invita affinché si
adoperi nel canto, per rendere la sua voce
intonata, il suo orecchio sensibile al
ritmo…ma nulla più (p. 183)
#4 Gusto
«Conserviamo al fanciullo il suo gusto primitivo quanto più a lungo possibile: il suo nutrimento sia semplice e comune, il suo palato si familiarizzi soltanto coi sapori leggeri e non si formi un gusto esclusivo» (p. 186)
«Qualunque regime facciate seguire ai fanciulli, purché abbiate cura di abituarli a cibi semplici e comuni, lasciateli mangiare, correre e giocare finché hanno voglia e state pur sicuri che non mangeranno mai troppo e non avranno indigestioni. Il nostro cibo diventa smoderato solo perché vogliamo dargli regole diverse da quelle della natura» (p. 193)
Quindi, semplicità dei cibi, per soddisfare
l’appetito dei fanciulli, e ciò si otterrà con le
cose più comuni: frutta, latticini, qualche
focaccia… il gusto per la carne non è naturale
nei fanciulli. (p. 189)
#5 Odorato
«Il senso dell’odorato è per il gusto ciò che la vista è per il tatto; lo precorre, lo avverte dell’effetto che produrrà su di lui questa o quella sostanza e predispone a ricercarla o a fuggirla, secondo l’impressione che ne riceve in anticipo» (p. 194)
«L’odorato è il senso dell’immaginazione. E’ dunque da ritenere che l’odorato non sia molto attivo durante la prima età, quando l’immaginazione (…) non è ancora capace di emozioni e il fanciullo non ha sufficiente esperienza per prevedere con un senso le impressioni che proverà con un altro» (p. 193)
Le persone hanno gusti diversi perché ad
essi associano sensazioni differenti. Nella
fanciullezza questo senso è ancora molto
torbido e quasi inerte nella maggior parte
dei fanciulli… non associandovi alcuna idea,
difficilmente ne ricavano un sentimento di
piacere o di fastidio
Sesto senso senso comune
«Senso comune perché risulta dall’uso ben regolato degli altri sensi e ci informa della natura delle cose con il concorso di tutte le loro qualità sensibili. Ne consegue che questo senso è sprovvisto di un suo organo specifico: non risiede che nel cervello e le sue sensazioni puramente interne, si chiamano percezioni o idee.» (p. 196)
«E’ dal numero di queste idee che si misura l’estensione delle nostre conoscenze, sono la nitidezza e chiarezza che conferiscono precisione alla mente, e l’arte di metterle in rapporto tra loro si chiama ragione umana. Così, quella che chiamo ragione sensitiva o puerile consiste nel formare idee semplici con il concorso di più sensazioni; e quella che chiamo ragione intellettuale o umana consiste nel formare idee complesse con il concorso di più idee semplici» (p. 196)
Emilio nell’età da 10 a 12 anni
Rousseau conclude il libro II con una sintesi delle caratteristiche di
Emilio (getta uno sguardo sul percorso già fatto), e afferma che dopo
aver condotto il suo allievo attraverso il regno delle sensazioni sino ai
confini della ragione puerile, lo introdurrà verso una nuova tappa,
quella dell’educazione intellettuale: il primo passo che Emilio farà
oltre questi confini sarà un passo da uomo (p. 196)