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PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA Centro Interdisciplinare per la formazione dei formatori al sacerdozio Importanza del discernimento vocazionale precedente all’ammissione al noviziato Studente: P. Vinko Sudar SAC

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PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA

Centro Interdisciplinare per la formazione dei formatori al sacerdozio

Importanza del discernimento vocazionale precedente

all’ammissione al noviziato

Studente: P. Vinko Sudar SAC

Docente: P. Jaime Emilio Gonzàlez Magaña SJ

Anno academico 2009/2010

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SIGLE E ABREVAZIONI

can. Canone del Codice di Diritto Canonico (1983).

ES Loyola, Ignazio de., Esercizi Spirituali.

GS Gaudium et Spes, Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico

Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (1965).

LG Lumen Gentium, Costituzione del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla

Chiesa (1964).

LSAC Legge della Società dell’apostolato cattolico.

NVNE Nuove vocazioni per una nuova Europa, Pontificia opera per le vocazioni

ecclesiastiche (1997).

OE Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale,

Congregazione per l'educazione cattolica (11.4.1974).

OT Optatam totius, decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla

formazione sacerdotale (28 ottobre 1965).

OUCP Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche

nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio, della

Congregazione per l’educazione cattolica (30 ottobre 2008)

PC Perfectae Caritatis, decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sul

rinnovamento della vita religiosa (1965).

PDV Pastores dabo Vobis, Esortazione Apostolica Post-sinodale di Giovanni

Paolo II (25 Marzo 1992).

PO Presbyterorum Ordinis, decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sul

ministero e la vita dei presbiteri (7 dicembre 1965).

RF Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, Istruzione sulla

formazione sacerdotale della Congregazione per l'Educazione Cattolica

(1970).

RISAC Ratio institutionis della Società dell’apostolato cattolico

VC Vita Consecrata, Esortazione Apostolica Post-sinodale di Giovanni Paolo

II (25 marzo 1996).

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Introduzione

L'obiettivo di tutte le considerazioni e le scelte dovrebbe essere quello di fare la

volontà di Dio e di avvicinarsi a lui. Quindi anche la decisione di entrare in uno stato di

vita debba essere fatta alla luce di questo obiettivo, e alla presenza di Cristo, nella

preghiera. Norma, tuttavia, la volontà di Dio non è immediatamente manifestata a noi,

ma è la volontà di Dio, che ci ha creati come esseri razionali, che dobbiamo decidere il

nostro percorso con la nostra mente e il nostro cuore.

«Il problema delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli

istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa […] Oltre a promuovere la preghiera per le

vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi adeguata,

per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa,

che rende operante la grazia della vocazione»1

Il discernimento vocazionale è un processo continuo che comincia con la

selezione prima di accedere al seminario, continua nel processo formativo2 e termina

con l'esame definitivo previo all'ordinazione presbiterale. Per evitare le

conseguenze penose che un cattivo discernimento avrebbe sul candidato e su tutta la

Chiesa, ci dice il Concilio:

In tutta la scelta degli alunni e nel sottoporli a debita prova, sempre si abbia fermezza di animo, anche se si deve deplorare una penuria di clero, non essendo possibile che Dio permetta che la sua Chiesa manchi di ministri, se i degni vengono promossi e i non idonei sono tempestivamente e paternamente indirizzati verso altri doveri ed aiutati a dedicarsi all'apostolato laicale, nella consapevolezza della loro vocazione cristiana.3

In questo momento, chiave per il buon sviluppo posteriore del processo

formativo, bisogna esaminare accuratamente ogni candidato, «perché non è

infrequente che i seminaristi, dato quel primo passo, proseguano l'iter verso il

sacerdozio considerando ogni tappa come una conseguenza e proiezione necessaria di

quel primo passo».

La selezione iniziale vuole scoprire questi casi ed agire con la dovuta fermezza.

Perciò, i responsabili ecclesiastici devono essere consapevoli che scegliere un

candidato senza le dovute qualità significa una mancanza di onestà con quella

persona che ha diritto a che si faccia un discernimento serio sulla sua vocazione, ed 1 VC 64.2 RF 39.3 OT 6.

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inoltre, un'enorme spreco di energie che sarebbe meglio impiegare con i candidati

adatti. Ammettere negligentemente queste persone può pregiudicare il processo

formativo e rovinare la vita del seminario.

«Gli errori del discernimento delle vocazioni non sono rari, e troppe

inettitudini, più o meno patologiche, si rendono manifeste soltanto dopo l’ordinazione

sacerdotale. Il discernerle in tempo permetterà di evitare tanti drammi.»4

Non c'è alcuno schema magico che possa dare ad un promotore della vocazione,

formatore o personale della formazione, un test infallibile per accettare o rifiutare un

candidato. Noi siamo esseri umani che danno giudizi, che noi speriamo nella maggior

parte siano buoni e retti, ma vediamo che ci sono altri che col tempo commettono errori.

Tutte le vocazioni sono opera di Dio. È la Sua chiamata e la Sua grazia che permettono

al processo di formazione di essere effettivo. Noi cerchiamo di cooperare con la grazia

con le nostre proprie forze, con i nostri limiti e con il nostro senso di responsabilità

verso il candidato e verso la Congregazione.

Detto questo, ci sono alcuni criteri che possono essere utili per offrire una guida

al discernimento. Su seguenti pagine cercherò di offrire una guida con i criteri per

l'accettazione. La guida non pretende di essere esaustiva e non sostituirà mai

l’esperienza, che viene col tempo, lavorando con i candidati, ascoltando le molte storie

di vita ed imparando dagli errori, e l'intuizione che è quel sentire giusto, un sesto senso

che ci permette di guardare dentro una personalità. Anche se non infallibile, l'intuizione

è un'importante fonte di informazioni nel prendere una decisione e non dovrebbe essere

scartata come non-scientifica.

4 OE 217.

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1. L’origine e l’importanza del discernimentoLa pratica del discernimento nasce nell’Antico Testamento ed è raccomandata

nel Nuovo Testamento, specialmente da S. Paolo e da S. Giovanni. L’apostolo Giovanni

nella sua prima lettera mette in guardia i cristiani per acquisire un atteggiamento critico

nei confronti delle ispirazioni: «Carissimi, non prestate fede ad ogni ispirazione, ma

mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio» (1 Gv

4,1).

Nelle lettere di S. Paolo è contenuto un processo di discernimento della

vocazione. Dio dà la certezza della vocazione divina: «Quando colui che mi scelse fin

dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo

Figlio» (Gal 1,15). Tale chiamata deve essere verificata dalla comunità ecclesiale e dai

suoi responsabili: «Dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi

presso di lui quindici giorni» (Gal 1,18). Dunque, tra i criteri, con cui si può essere

sicuri che una determinata ispirazione provenga effettivamente da Dio, c’è

l’immediatezza di Dio nella docilità ecclesiale e l’ascolto di Dio nella vita personale

passa necessariamente attraverso la mediazione della chiesa, nella lettura dei segni dei

tempi della società in cui si vive. Infatti, S. Paolo incoraggia gli Efesini: «Non siate

inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio» (Ef 5, 17). Fra i segni che

confermano la volontà di Dio vi sono l’esperienza della cosiddetta consolazione nella

preghiera, un gusto oppure una inclinazione per le cose di Dio, e un desiderio di

servirLo nella chiesa di Gesù Cristo.5

Se la parola discernimento significa provare, saggiare, esaminare, essa ci

introduce nella natura di periodo iniziale della formazione pallottina.6 Occorre un tempo

per provare, saggiare o esaminare il candidato alla Società: se si assommino in lui i

segni di una vocazione alla vita consacrata nella Società dell’Apostolato Cattolico. Cioè

provare se ci siano le condizioni fondamentali di salute, capacità intellettuale, spirituale

e morale, necessarie per seguire la vita consacrata oppure se ci siano le circostanze che

possano rendere difficile il processo, se egli sia chiamato a seguire Gesù, l’Apostolo

dell’Eterno Padre, nella Società e nell’Unione, e in fine, quale aiuto la Società possa

5 Cfr. ES 316.6 Cfr. Dizionario di Pastorale Vocazionale, Centro Internazionale Vocazionale Rogate, Roma, 2002, p. 420.

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offrire al giovane per capire il senso della sua vita e scoprire la sua vocazione di figlio

di Dio.7

«Siccome poi la vocazione al sacerdozio, quantunque sia un dono soprannaturale

e del tutto gratuito, si appoggia necessariamente su doti naturali - così che, se ne manca

qualcuna, giustamente si deve dubitare che non esista vera vocazione - gli alunni

vengano esaminati accuratamente circa le loro famiglie, le loro qualità fisiche,

psichiche, morali ed intellettuali, per poter avere tempestivamente elementi certi per

farsi un giudizio sulla loro idoneità.»8

La ricerca di Rulla e collaboratori sollecita una seria riflessione dei metodi

formativo-presbiteriali e del discernimento vocazionale. La ricerca ha mostrato che la

maggioranza dei soggetti entrati in vocazione e sottoposta a testing, dopo quattro anni di

formazione non mostrava alcun segno di cambiamento significativo in ordine agli

aspetti conflittuali e di difficoltà vocazionali, presenti già all'inizio dell'itinerario

formativo. Questo vuol dire che con passare del tempo di formazione i candidati non

migliorano e non progrediscono nella crescita vocazionale, perciò occorre ripensare il

modo e i metodi del discernimento e la formazione.9

La Chiesa da sempre ha preso cura del discernimento della idoneità dei candidati

per la ordinazione sacra. Già il testo della Prima lettera a Timoteo parla del

discernimento vocazionale di quelli che devono essere scelti per i diaconi, dicendo che

essi «siano prima provati; poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili» (1 Tm

3,10). La accuratezza e seriosità del discernimento è in accordo con la vocazione alla

quale sono chiamate le persone ordinate per il diaconato o sacerdozio.10 «Ogni

vocazione cristiana, ma in particolare quella sacerdotale e religiosa, costituisce un

impegno esigente, radicale. Richiede, infatti, il coinvolgimento totale della persona

chiamata, in apertura agli ideali evangelici, nella disponibilità agli altri, tutto vivendo

secondo un amore indiviso, perciò in stato celibatario-verginale, per il Signore.»11

7 RISAC, n. 203.8 RF 11.9 Cfr. Ravaglioli, A. M., Vocazione al presbiterato. Aspetti antropologico-psicologici, in AA. VV., I preti. Da duemila anni memoria di Cristo tra gli uomini, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1991, p. 267.10 La Chiesa, «generatrice ed educatrice di vocazioni», ha il compito di discernere la vocazione e l'idoneità dei candidati al ministero sacerdotale.11 Ravaglioli, A. M., Patologie della vocazione, in: Dizionario di pastorale vocazionale, Rogate Roma, 2002, p. 858.

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2. L’ oggetto del primo discernimentoOggetto del discernimento è tutto, cioè, tutta la persona con tutte le sue

caratteristiche. Come ha scritto Paolo: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è

buono. Astenetevi da ogni specie di male» (1Ts 5,21-22). Con l'obiettivo di fare

pastori secondo lo stile di Gesù Cristo, la chiesa presenta una proposta educativa

chiara ed esigente che comincia col chiedere una serie di condizioni previe all'entrata

nella vita consacrata. Potranno essere ammessi solo quelli che sono considerati capaci

di dedicarsi al ministero sacro in maniera perpetua considerando le loro doti umane e

morali, spirituali ed intellettuali, salute fisica, equilibrio psichica e retta intenzione. 12

2.1. Il discernimento delle motivazioni - Retta intenzione

«Retta intenzione e motivazione autentica sono requisiti essenziali: essi

richiedono che il soggetto chiamato disponga di un sufficiente grado di libertà e di

equilibrio psicologico.»13

Affinché l'aspirante sia ammesso nel noviziato si richiede che abbia fatto

un'opzione sufficientemente chiara per la vita pallottina, benché sia normale che

all'inizio la vocazione si basi su valori confusi, dove le motivazioni naturali e

soprannaturali si trovano mescolate. Benché le motivazioni non siano chiare al

principio, devono essere almeno rette e buone, disponibili ad essere maturate nel

futuro. Ciò suppone che bisogna escludere da un principio i candidati con

motivazione di evasione, di rifugio, o di ricerca di una vita facile.

Il responsabile per l’ammissione al noviziato deve tentare di conoscere dal

primo momento qual è l'intenzione del candidato domandando in forma esplicita nei

colloqui quali sono le sue motivazioni vocazionali.14 Gli educatori ben preparati

dovrebbero essere in condizione di distinguere l'autenticità delle vocazioni negli

individui normali, coi criteri selettivi comuni. In certe occasioni, possono esistere

alcune motivazioni profonde ed inconsce il cui discernimento richiede gran capacità

di intuizione, osservazione, esperienza e lucidità da parte del formatore.

12 Cfr. OT 6.13 Pietri De, S., Psicopedagogia della vocazione e delle vocazioni, in: Agostino Favale, Vocazione comune e vocazioni specifiche. Aspetti biblici, teologici e psico-pedagogico-pastorali, Las, Roma 21993, p. 450.14 Cfr. Goya, B., Aiuto fraterno. La pratica della direzione spirituale, EDB, Bologna, 2006, p. 167.

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La causa dell’infelicità, degli abbandoni, delle crisi endemiche e dei

comportamenti esteriori difficilmente compatibili con la vita religiosa nelle persone

consacrate sta nelle motivazioni incoscienti che sono spesso all’origine di false

vocazioni e le nervosi latenti che si rivelano pienamente troppo tardi. 15

2.2. Salute fisica

Fin dall'inizio, gli individui che si scoprono fisicamente o psichicamente

inetti devono essere immediatamente allontanati dal cammino di formazione

sacerdotale. Rispetto alla salute fisica16, abbiamo già visto la necessità che il candidato

abbia una costituzione forte, assenza di malattie o difetti fisici gravi e di carenze

congenite. Abbiamo anche considerato che per comprovare questi aspetti può essere

utile la collaborazione di un medico competente che certifichi la buona salute del

candidato e accerti la presenza di possibili anomalie nell'eredità familiare.17

Secondo la Ratio Institutionis SAC il candidato al Postulato deve presentare

i risultati di un esame medico generale.18 L'esame medico dovrebbe includere un

test sull’AIDS e sull’uso di droghe. Ogni traccia di positività all’AIDS o la

presenza di sostanze illegali determina la non ammissione del candidato.

Comunque, l’aver sperimentato droghe cosiddette leggere (marijuana o hashish)

non esclude automaticamente un candidato. Una investigazione accurata delle

circostanze e della frequenza è importante per determinare se ciò sia stato un

modo di ribellione sociale o una curiosità adolescenziale. Di solito l'uso di droghe

pesanti portano alla esclusione dell’ammissione del candidato. Pure l'alcolismo è

una malattia seria e non può essere ignorato. Se un candidato ammette di aver

avuto un tale problema, egli deve dare segni che è ritornato sobrio e stabile da

almeno due anni.

I seri problemi di salute fisica che potrebbero ostacolare un’adeguata

preparazione al ministero o comportare irragionevoli costi per la salute

dovrebbero essere motivi che escludono l'accettazione.

15 Cfr. Zavalloni, R., Psicopedagogia delle vocazioni, La scuola editrice, Brescia 1967, p. 48-49.16 Can. 241 - §1 dice: «Il Vescovo diocesano ammetta al seminario maggiore soltanto coloro che, sulla base delle loro doti umane e morali, spirituali e intellettuali, della loro salute fisica e psichica e della loro retta intenzione, sono ritenuti idonei a consacrarsi per sempre ai ministeri sacri.»17 RF 39.18 Cfr. RISAC, n. 228.

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2.3. Equilibrio psichico

Per quello che concerne la salute psichica è necessario comprovare l'assenza

di patologie, di disorganizzazione grave e di dipendenza da sostanze, esaminando

ugualmente gli antecedenti psichici familiari.

La raccolta accurata di dati personali, familiari e ambientali sugli aspiranti si

rivela sempre di più una necessità per un esame dei candidati alla vita sacerdotale e

religiosa. Non si tratta delle poche, generiche e insicure informazioni ottenute dal

candidato stesso o da altre persone interessate alla sua accettazione. Bisogna basarsi su

altri criteri e testimonianze, come un certificato della scuola precedente, un colloquio

personale coi genitori, col clero parrocchiale e infine fare appello ai tests psicologici. 19

Sull’uso della psicologia nel discernimento vocazionale parleremo più tardi.

Il formatore ha un ruolo fondamentale nel discernimento della salute psichica;

egli può scoprire, fin dal primo momento, certi indizi nei colloqui avuti e

nell'osservazione dei suoi comportamenti durante i primi contati, potendo rimettere

i casi dubbi allo psicologo.

In qualsiasi caso, sarebbe utile che i superiori avessero criteri chiari su

quelle che potrebbero essere controindicazioni assolute o relative per ammettere

l'aspirante. Come regola generale non dovrebbero essere ammessi i candidati che

soffrono di qualche patologia manifesta o latente, sia grave o meno grave. Costello

considera come controindicazioni assolute per entrare nel seminario la schizofrenia,

la paranoia, il disturbo bipolare, il ritardo mentale, il narcisismo primitivo e

patologico, la personalità borderline e la parafilia radicata nella disorganizzazione

personale.20 La maggioranza di questi casi esclude la possibilità della vocazione per la

capacità tanto ridotta che rimane alla persona per fare un'elezione libera.

Tra le controindicazioni relative si potrebbero considerare i disturbi

dell'umore, alcuni nevrosi e i disturbi della personalità. Dentro questo gruppo

potremmo distinguere tra casi gravi e meno gravi. Tra i primi situiamo coloro che

soffrono disturbi dell'umore. Questi, in linea di principio, non devono essere

19 Cfr. Zavalloni, R., Psicopedagogia delle vocazioni, La scuola editrice, Brescia 1967, p 50.20 Costello, T., When does psychopathology constitute an obstacle to the priesthood, in Seminarium, XLIX (2009) 2-3, p. 320.

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ammessi al seminario, neanche nei casi in cui rispondano bene al trattamento

medico ed il loro comportamento sembri normalizzato. La ragione è che soffrono

di una certa debolezza volitiva ed intellettiva nel momento di fare un'opzione

vocazionale.21

Inoltre il carattere irritabile ed aggressivo e la difficoltà nelle relazioni di queste

persone rendono difficile che possano esercitare con efficacia il ministero pastorale.

Anche molte nevrosi croniche sono gravemente controindicate, per la

destrutturazione globale che creano nella personalità dell'individuo; queste ostacolano

le relazioni personali e, pertanto, possono ostacolare lo sviluppo efficace del ministero.

Anche quelli che soffrono di disturbi di personalità, benché non presentino

manifestazioni patologiche, possono essere poco idonei per il ministero, poiché

questi disturbi suppongono un modo costante di pensare e di comportarsi, un

modo permanente di strutturazione della personalità.

Dunque, non sono per niente di ammettere al noviziato quelli che

possiedono strutture psicopatiche e condotte fuori di controllo che li rendono

incapaci di lasciarsi formare. La loro psicopatologia li rende impermeabili a

qualunque tipo di messaggio formativo e sono persone che hanno bisogno di un aiuto

specializzato.

Invece, i casi lievi che possiedono delle immaturità e che hanno confusioni di

carattere asociale o borderline attenuabili con tempo, non sono da scartare

automaticamente. Loro potrebbero essere ammessi a condizione di essere seguiti

molto da vicino durante i primi anni di formazione, eventualmente, con un trattamento

psicoterapeutico.

21 Ibidem, p. 319.

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2.4. Maturità umana, cristiana e vocazionale

2.4.1. Maturità umana

Si richiede che il candidato conti su di un «grado sufficiente di maturità umana»

per poter assumere nella propria struttura personale i valori vocazionali. 22 La maturità

umana viene concepita come espressione della personalità matura, caratterizzata

dall’armonia tra tutti i suoi elementi e dall’integrazione delle sue tendenze e dei suoi

valori, cioè maturità affettiva, psichica e morale.23 Questo suppone un minimo di

equilibrio, di serenità e di integrazione personale che si manifesta nella sincerità

dell'anima, la maturità affettiva, la cortesia, la fedeltà alla parola data, il costante

senso della giustizia, il senso dell'amicizia, della giusta libertà e della responsabilità, lo

spirito di lavoro e la volontà di cooperare con gli altri.24 Conviene tener presente che,

molto spesso, i fallimenti nel ministero sono dovuti ad una struttura umana poco

solida.

Rispetto alle attitudini propriamente morali, è importante che il rettore

domandi al parroco la fama del candidato e della sua famiglia, perché le abitudini in

cui la persona è cresciuta hanno influenza decisiva sul suo carattere posteriore.

Conviene investigare anche le possibili irregolarità per scartare da un primo

momento chi ha cooperato in aborto oppure omicidio, chi è auto-mutilato o ha

cercato di suicidarsi, e chi ha tentato un atto di potestà di ordine riservato al vescovo o

ai presbiteri.25

È anche importante, nelle attuali circostanze sociali, che il rettore domandi

informazioni sulle abitudini sessuali del candidato affinché possa conoscere quale

qualificazione morale gli assegna, poiché le condizioni della vita moderna

favoriscono l'aumento dei casi di autoerotismo, promiscuità sessuale e di

omosessualità nei candidati.

Il principale indicatore di maturità affettiva di ogni vocazione è la sana ed

equilibrata donazione di sé, che comprende la capacità di accogliere Dio e gli altri. La

22 Cfr. PDV 62.23 Cfr. Golebiewski, J., Il discernimento delle vocazioni sacerdotali e preparazione alla matura scelta, alla luce del Magistero dopo il Concilio Vaticano II , PUG, Roma 1991, p. 35.24 RF 39.25 CIC c. 1041.

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maturità affettiva si dimostra anche con la capacità di affrontare i più comuni disturbi

emotivi, quali l’ansia, la scarsa sicurezza maschile, la rabbia, la solitudine e la tristezza.

Lo stato d’ansia può essere superato con maggiore fiducia e sicurezza, la rabbia con una

maggiore capacità di perdono, e la solitudine e la tristezza con una maggiore capacità di

ricevere l’amore di Dio e dell’altro, e di donare se stessi. 

Invece le manifestazioni dell'immaturità affettiva sono molti, complessi e di una

grande diversità. Esse possono comprendere semplici condotte più o meno inadeguate e

infantili, caratterizzate da vissuti e soprattutto da atteggiamenti di vario tipo.

Secondo Decaminada questi atteggiamenti sono principali indicatori di immaturità

affettiva:26

di passività, di incapacità, di incertezza e di insicurezza;

di sistematico bisogno di approvazione e di sostegno;

di ricerca costante di assenso e di lode;

di mancanza di congruenza e di costanza;

di preoccupazioni non obiettive e di paure dì ogni tipo;

di insofferenza e di incoerenza;

di totale remissività e di ostinazione;

di dipendenza profonda dal parere degli altri, di facile influenzabilità o di totale

"impermeabilità" di fronte alle stimolazioni che provengono dall'esterno.

di manifesta instabilità emotiva, di umore facilmente mutevole e

sistematicamente altalenante o di rigida e forzata manifestazione di un modo di

sentire incapsulato e mummificato, sempre e comunque uguale a se stesso, mai

in grado di risentire delle logiche modifiche di reattività emotiva derivanti dai

cambiamenti che avvengono sia all'interno che all'esterno del soggetto;

di sensibilità esagerata o fortemente inibita;

di apertura estrema e totalmente incontrollata di fronte agli stimoli affettivi, o di

chiusura totale nei loro confronti e, soprattutto, nei riguardi di ogni più piccolo e

anche discreto tentativo di approccio o di avvicinamento.

di incapacità di controllo;

di caduta totale di qualsiasi tipo di difesa emotiva che ponga un minimo

indispensabile di distanza tra sé e gli altri e salvaguardi quel pur limitato ambito

26 Decaminada, F., Maturità affetiva e psicosessuale nella scelta vocazionale, Editrice Monti, Saronno 1995, p. 96-97.

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di privacy, che è imprescindibile esista sempre nei rapporti interpersonali,

soprattutto se riferiti a persone non sufficientemente conosciute o poco

significative; o, al contrario, di difesa ferrea, totalizzante e inamovibile di fronte

agli inviti e alle sollecitazioni, anche molto prudenti e ragionevoli, che possono

venire fatte affinché si accettino interazioni che vadano al di là e che siano un

minimo più profonde, personalizzate e coinvolgenti di quelle che caratterizzano

tipi di rapporto puramente formalizzati ed esclusivamente funzionali o di ruolo;

di tendenza alla strumentalizzazione sia attiva che passiva, o la presenza di

condotte di narcisismo eclatante e/o di egocentrismo grezzo e totalizzante.

Le manifestazioni dell'immaturità affettiva possono anche comprendere

comportamenti, più o meno sistematici ma comunque obiettivamente seri, di tipo

definitamente patologico, che in certi casi si strutturano come disturbi centrali, nucleari

e a sé stanti nella realtà della persona (i così detti disturbi dell'umore; quali, ad esempio,

quelli della depressione, della distimia, della ciclotimia, della maniacalità, dell'ansia,

della fobia, ecc).

La maturità psicosessuale in un caso normale si raggiunge circa dai 21 ai 25

anni. In questa fase dello sviluppo emotivo e sessuale il soggetto dovrebbe abbandonare

gli atteggiamenti caratteristici per l’immaturità transitoria nella quale gli atti sessuali

sono solo uno strumento per conseguire gratificazione ed affermazione e non come

opportunità per esprimere e condividere cura, affetto e fiducia.27 Molte persone in

vocazione restano bloccate in una fase immatura dello sviluppo psico-sessuale. Secondo

padre Amedeo Cencini la maggioranza dei soggetti che vengono sottoposti ad un attento

esame prima di essere ammessi al noviziato presenta lati della personalità squilibrati nel

rapporto con il sesso.28 Qui vorrei riportare i tre fenomeni più significativi causati

dall’immaturità sessuale nei candidati al sacerdozio: omosessualità, masturbazione e

pornografia.

27 Prada Ramirez, J. R., Psicologia e formazione. Principi psicologici utilizzati nella formazione per il Sacerdozio e la Vita consacrata, Editiones academiae Alfonsianae, Roma 2009. p.102.28 Cfr. Cencini, A., Quando la carne è debole. Il discernimento vocazionale di fronte alle immaturità e patologie dello sviluppo affettivo-sessuale, Paoline Edizioni, Roma 2004, p. 11.

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Attorno al 60 percento dei giovani che accedono al seminario hanno debolezze

sessuali (masturbazione), omosessualità, esperienze eterosessuali, dipendenze affettive

intense, ecc.29

Il magistero ecclesiastico è passato da una visione delle difficoltà sessuali

basata principalmente sul comportamento esterno del candidato, ad una visione più

ampia, che va alle cause del problema, tenendo conto che molte volte i disordini

sessuali sono manifestazioni che hanno la loro causa in altri aspetti della personalità.

L'obiettivo formativo si incentrerà pertanto sullo scoprire la causa della debolezza

sessuale ed agire su essa.

Sui candidati di tendenza omosessuale l’istruzione della Congregazione per

l'Educazione Cattolica afferma che «non si deve ammettere al seminario e agli Ordini

sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali

profondamente radicate e sostengono la cosiddetta cultura gay»30, cioè, rimane il

divieto d'ingresso nel cammino formativo, cioè postulato o noviziato, a coloro che

hanno una condotta sessuale promiscua, sono ossessionati dall'omosessualità oppure

sostengono una cultura rivendicativa riguardo al problema.

Nei casi di candidati che soffrono falsa omosessualità bisognerebbe stimare

caso per caso per vedere se quella tendenza può superarsi, si può parlare di

superamento della situazione quando le tendenze omosessuali smettono di disturbare

e di invadere indebitamente sempre di più il cuore e la mente, i sensi e la fantasia del

candidato per periodi lunghi. Il candidato potrà solo essere ammesso con alcune

condizioni: che la persona sia cosciente della radice del suo problema, che sperimenti

la sua debolezza sessuale come qualcosa con cui non si identifica, che non manifesta

il suo ideale, bensì qualcosa che l'aliena da se stesso e da quello che vorrebbe essere,

come qualcosa che non è altro che la negazione del suo vero essere e che sia libero di

controllare questa debolezza, cioè che possa compiere normalmente i suoi obblighi.

29 Rulla, L.M. –Imoda, F. –Ridick, J., Antropologia della vocazione cristiana II. Conferme esistenziali, EDB, Bologna, 22001, p. 96.30 CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, www.vatican.va n. 2.

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Il candidato non potrà essere ammesso al noviziato e ai voti religiosi con in

caso di omosessualità internamente accettata con un carattere "sofferto" o con un

carattere "rivendicativo".

In conseguenza, dobbiamo dire che quando nell'aspirante esiste un problema di

identità sessuale che non si è risolto nella tappa di gioventù, bisogna optare per la

restrizione nell'ammissione, benché l'insieme degli indicatori per stimare la

consistenza del candidato non offra sufficiente certezza morale. Penso che in questi

casi bisogna agire con carità e chiarezza per non cadere in una falsa pietà pastorale

che offre una possibilità di vita che non sarà buona né per l'individuo né per la

comunità ecclesiale. Pertanto, in questi casi l'esaminatore vocazionale in caso di

dubbio deve inclinarsi al rifiuto.

2.4.2. Maturità cristiana

La maturità cristiana non consiste nel vivere la grazia in modo astratto, ma

nell'incontro con la realtà effettiva della vita di ogni giorno, nell'incontro con i problemi

degli altri, perché il cristiano adulto esprime la sua vita negli atti esterni della

testimonianza, dell'apostolato, della vita morale; non può tacere ciò di cui ha fatto

l'esperienza, non può non ridire la parola ascoltata. In questo modo cresce non solo la

vita del singolo cristiano, ma anche quella della comunità cristiana nella sua totalità.

Tutta la comunità cristiana progressivamente arriva a prendere più coscienza

delle implicazioni del vangelo per la salvezza del mondo, e adatta la sua missione allo

sviluppo del medesimo. In tal modo la vita dei singoli e della chiesa si esprime meglio

come servizio o ministero, sull'esempio di Cristo.

All’inizio della vocazione sacerdotale, infatti, c’è un rapporto d’amore forte,

senza questa esperienza non si arriva all'autentica vocazione. Dalla relazione cresciuta

con Dio, l’uomo può essere una persona matura e capace di diventare ciò che è: creatura

di Dio. Richiamando il Catechismo della Chiesa cattolica, possiamo ancora meglio

capire che: «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato

creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo

troverà la verità e la felicità che cerca».31 In questa frase possiamo parlare del concetto

31 CCC 27.

15

Page 16: elaborato5

della relazione. Se intendiamo bene in profondità, la vera relazione con Dio può

maturare in noi le cose che ancora possono essere immature.

2.4.3. Maturità vocazionale

Il chiamato alla vocazione spirituale deve possedere una matura consapevolezza

di ciò a che cosa è stato chiamato: alla sequela di Gesù, Pastore delle anime. Egli si

prepara per essere capace di entrare nella relazione con il popolo di Dio nel ministero

dell’Alter Christus.

Il candidato al sacerdozio deve avere la maturità e capacita di diventare “uomo

di comunione”, perché i sacerdoti sono uomini della comunione ecclesiale, il messaggio

che devono proclamare e insegnare non è proprietà privata, e il ministero in cui sono

impegnati è condiviso con gli altri. L’aspirante per la vita religiosa nella Società

dell’Apostolato cattolico deve possedere certa maturità vocazionale per poter

conformarsi a mentalità della comunione, perché quando entrerà a far parte di un

presbiterio si unirà con gli altri confratelli e eserciterà un ministero collegiale con gli

altri ministri della Chiesa, specialmente con i diaconi e ministri laici. Tutti sono parte

del popolo sacerdotale di Dio, e il ministero sacerdotale è una partecipazione a questa

identità. Il sacerdozio non è un lavoro per l'occupazione personale, è una vocazione, una

chiamata di Dio, fatta discernere dalla Chiesa.

2.5. Attitudini intellettuali

2.5.1. La capacità intellettuale

Nel periodo del primo discernimento, cioè in postulato bisognerebbe

vedere se l’aspirante ha le doti intellettuali sufficienti per potere assumere in futuro

il ministero sacro.

Si spetta dal candidato che possieda un minimo di capacità intellettuale

necessario per poter approfittare della formazione dottrinale dei studi filosofici e

teologici. Nei casi dubbi può affidarsi allo psicologo affinché per mezzo del test

corrispondente segnali il coefficiente intellettuale della persona in questione.

16

Page 17: elaborato5

Tranne coefficiente intellettuale si richiede anche una certa capacità per lo

studio, perché non basta essere intelligente, è necessario anche essere capace di

concentrarsi per far emergere i talenti ricevuti.

2.5.2. La preparazione culturale

Inoltre bisogna comprovare un certo livello culturale, che si suppone,

tenendo conto della formazione umanistica e scientifica che permette ai giovani

nella sua nazione di aver accesso agli studi superiori.32 Ma anche l’aspirante

deve essere capace e pronto a dare una risposta adeguata all’esigenza, oggi

fortemente sentita, dell'evangelizzazione delle culture e dell'inculturazione del

messaggio della fede.33 Certamente, non si chiede dal candidato di essere già

formato completamente nel ambito culturale, ma ciò che si richiede è la capacità

e la volontà di avvicinarsi alla cultura in cui vive e si prepara per la missione.

2.5.3. La conoscenza della dottrina della fedeQuanto alla questione dottrinale, si richiede una conoscenza abbastanza

ampia della dottrina della fede, incidendo specialmente sulla sua concezione del

sacerdozio e le possibili deviazioni dottrinali che portare con sé.34

Uno speciale ed accurato esame dovrebbe essere fatto ai candidati che sono

neo-convertiti al Cattolicesimo. Alcuni suggerirebbero che dovrebbero passare almeno

due anni prima dell'accettazione nel programma di formazione. Ciò vale anche nel

caso di un candidato che abbia sperimentato una conversione improvvisa che sembra

averne affrettato la vocazione, o abbia avuto esperienze mistiche insolite. Si dovrebbe

essere estremamente cauti circa quei candidati che parlano di esperienze religiose

insolite, poiché queste possono essere iniziali segnali di schizofrenia o di personalità

schizoide. Infine, coloro che si sono allontanati dalla pratica regolare della loro fede

non dovrebbero entrare in un programma prima che la loro fede sia stata integrata da

una appropriata direzione spirituale e dalla frequenza regolare all’Eucaristia.

32 OT 13.33 Cfr. PDV 55.34 Cfr. RF 39.

17

Page 18: elaborato5

2.6. Attitudini spirituali

La maturità cristiana è un processo di graduale crescita nella fede e

suppone un avanzamento graduale nel processo di configurazione con Cristo che si

manifesta in una serie di qualità che bisogna discernere. In questo primo momento, le

doti spirituali esigite per l’ammissione alla vita consacrata potrebbero sintetizzarsi in:

amore verso Dio e verso il prossimo, desiderio di fraternità e di abnegazione, docilità,

castità provata, senso di fede e di Chiesa e sollecitudine apostolica e missionaria.35

Attualmente bisognerebbe prestare attenzione molto speciale ai neofiti 36; si

tratta di quelli che passarono alla fede in età adulta e hanno ricevuto il battesimo in

forma assoluta. Questi adulti, prima di essere ammessi alla vita religiosa e la

formazione, alla formazione sacerdotale, devono maturare il loro ingresso nella

Chiesa per un certo tempo. Nella stessa linea, sembra opportuno che si adotti un

atteggiamento prudente con quei battezzati che dopo un lungo periodo di lontananza

dalla vita della Chiesa, ritornano e chiedono di entrare nel seminario.

35 Cfr. RF 39.36 Can. 1042.

18

Page 19: elaborato5

3. Contributo della psicologia al discernimento

In quanto frutto di un particolare dono di Dio, la vocazione al sacerdozio e il suo

discernimento esulano dalle strette competenze della psicologia. Tuttavia, per una

valutazione più sicura della situazione psichica del candidato, delle sue attitudini umane

a rispondere alla chiamata divina, e per un ulteriore aiuto nella sua crescita umana, in

alcuni casi può essere utile il ricorso ad esperti nelle scienze psicologiche. Essi possono

offrire ai formatori non solo un parere circa la diagnosi e l'eventuale terapia di disturbi

psichici, ma anche un contributo nel sostegno allo sviluppo delle qualità umane,

soprattutto richieste dall'esercizio del ministero, suggerendo utili itinerari da seguire per

favorire una risposta vocazionale più libera.37

Tra i candidati si possono trovare alcuni che provengono da particolari

esperienze – umane, familiari, professionali, intellettuali, affettive – che in vario modo

hanno lasciato ferite non ancora guarite e che provocano disturbi, sconosciuti nella loro

reale portata allo stesso candidato e spesso da lui attribuiti erroneamente a cause esterne

a sé, senza avere, quindi, la possibilità di affrontarli adeguatamente.38 È evidente che

tutto ciò può condizionare la capacità di progredire nel cammino formativo verso il

sacerdozio. Perciò bisogna che l'esperto aiuti il candidato a raggiungere una maggiore

conoscenza di sé, delle proprie potenzialità e vulnerabilità, e anche a confrontare gli

ideali vocazionali proclamati con la propria personalità, onde stimolare una adesione

personale, libera e consapevole alla propria formazione. Un compito dell'esperto è

fornire al candidato le opportune indicazioni sulle difficoltà che egli sta sperimentando e

sulle loro possibili conseguenze per la sua vita e per il suo futuro ministero

sacerdotale.39

Per una corretta valutazione della personalità del candidato, l'esperto potrà fare

ricorso sia a interviste, sia a tests, da attuare sempre con il previo, esplicito, informato e

libero consenso del candidato.40 Consideratane la particolare delicatezza, dovrà essere

evitato l'uso delle tecniche specialistiche, psicologiche o psicoterapeutiche da parte dei

formatori. È utile che il Rettore e gli altri formatori possano contare sulla collaborazione

37 Cfr. Optatam totius, n. 1138 Cfr. OUCP 5.39 OUCP 15.40 Cf. S. Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Istruzione sull'aggiornamento della formazione alla vita religiosa (6 gennaio 1969), n. 11

19

Page 20: elaborato5

di esperti nelle scienze psicologiche, che comunque non possono far parte dell'équipe

dei formatori. Essi dovranno aver acquisito competenza specifica in campo vocazionale

e, alla professionalità, unire la sapienza dello Spirito.41

Nella scelta degli esperti cui fare ricorso per la consulenza psicologica, per

garantire meglio l'integrazione con la formazione morale e spirituale, evitando deleterie

confusioni o contrapposizioni, si tenga presente che essi, oltre a distinguersi per la loro

solida maturità umana e spirituale, devono ispirarsi ad un'antropologia che condivida

apertamente la concezione cristiana circa la persona umana, la sessualità, la vocazione

al sacerdozio e al celibato, così che il loro intervento tenga conto del mistero dell'uomo

nel suo personale dialogo con Dio, secondo la visione della Chiesa.

L'ausilio delle scienze psicologiche deve integrarsi nel quadro della globale

formazione del candidato, così da non ostacolare, ma da assicurare in modo particolare

la salvaguardia del valore irrinunciabile dell'accompagnamento spirituale, il cui compito

è di mantenere orientato il candidato alla verità del ministero ordinato, secondo la

visione della Chiesa. Il clima di fede, di preghiera, di meditazione della Parola di Dio, di

studio della teologia e di vita comunitaria – fondamentale per la maturazione di una

generosa risposta alla vocazione ricevuta da Dio – permetterà al candidato una corretta

comprensione del significato e l'integrazione del ricorso alle competenze psicologiche

nel suo cammino vocazionale.

È necessario, fin dal momento in cui il candidato si presenta per essere accolto in

Seminario, che il formatore possa conoscerne accuratamente la personalità, le

potenzialità, le disposizioni e i diversi eventuali tipi di ferite, valutandone la natura e

l'intensità.

Non bisogna dimenticare la possibile tendenza di alcuni candidati a minimizzare

o a negare le proprie debolezze: essi non parlano ai formatori di alcune loro gravi

difficoltà, temendo di poter non essere capiti e di non essere accettati.42 Coltivano così

attese poco realistiche nei confronti del proprio futuro. Al contrario, vi sono i candidati

che tendono ad enfatizzare le loro difficoltà, considerandole ostacolo insormontabile per

il cammino vocazionale.

41 OUCP 6.42 Cfr. García Domínguez, L. M., Discernir la llamada. La valoración vocacional, Madrid, San Pablo, Universidad Pontificia Comillas, 2008, p. 101.

20

Page 21: elaborato5

Il discernimento tempestivo degli eventuali problemi che ostacolassero il

cammino vocazionale – quali l'eccessiva dipendenza affettiva, l'aggressività

sproporzionata, l'insufficiente capacità di essere fedele agli impegni assunti e di stabilire

rapporti sereni di apertura, fiducia e collaborazione fraterna e con l'autorità, l'identità

sessuale confusa o non ancora ben definita – non può che essere di grande beneficio per

la persona, per le istituzioni vocazionali e per la Chiesa.

Nella fase del discernimento iniziale, l'aiuto di esperti nelle scienze psicologiche

può essere necessario anzitutto a livello propriamente diagnostico, qualora ci fosse il

dubbio di presenza di disturbi psichici. Se si constatasse la necessità di una terapia,

dovrebbe essere attuata prima dell'ammissione al Seminario o alla Casa di formazione.

L'aiuto degli esperti può essere utile ai formatori anche per delineare un

cammino formativo personalizzato secondo le specifiche esigenze del candidato.

Nella valutazione della possibilità di vivere, in fedeltà e gioia, il carisma del

celibato, quale dono totale della propria vita ad immagine di Cristo Capo e Pastore della

Chiesa, si tenga presente che non basta accertarsi della capacità di astenersi

dall'esercizio della genitalità, ma è necessario anche valutare l'orientamento sessuale,

secondo le indicazioni emanate da questa Congregazione. La castità per il Regno,

infatti, è molto di più della semplice mancanza di relazioni sessuali. Alla luce delle

finalità indicate, la consultazione psicologica può in alcuni casi risultare utile.

In nessun caso i procedimenti psicologici possono permetterci di discernere la

vocazione religiosa di un soggetto, in ciò che essa ha di sopranaturale. Non spetta allo

psicologo di dire se ci sia o non ci sia vocazione.43

43 Cfr. Zavalloni, R., Psicopedagogia delle vocazioni, La scuola editrice, Brescia 1967, p 50.

21

Page 22: elaborato5

4. Il ruolo della comunità parrocchiale nel discernimento vocazionale

Nel rito dell’ordinazione sia diaconale che presbiterale alla domanda del

vescovo se il candidato sia degno dell’ordinazione, il responsabile della formazione

deve rispondere: «Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il

giudizio di coloro che ne hanno curato la formazione, posso attestare che ne è degno.»44

In questa risposta vorrei sottolineare la importanza del popolo di Dio, cioè della

comunità parrocchiale. La parrocchia è il luogo dove nascono le vocazioni45 e dove

succede il primo discernimento dalla parte della chiesa. Il Ratio fundamnetalis recita:

Si dia speciale importanza agli scrutini prescritti prima dell'ammissione agli Ordini sacri. Perciò il rettore, per dovere di coscienza, raccolga accurate informazioni di ogni candidato, personalmente e per mezzo di altri che hanno conosciuto bene i giovani - specialmente parroci, sacerdoti e laici scelti - (salvo sempre scrupolosamente il foro interno), e le trasmetta al vescovo perché possa farsi un giudizio sicuro sulla vocazione dei candidati. Nel caso permanga nel dubbio, si deve seguire il parere più sicuro. 46

La vita della comunità parrocchiale deve essere caratterizzata dal fiorire di

numerose vocazioni sacerdotali e religiose. La stragrande maggioranza dei sacerdoti e

delle suore hanno varcato l’ingresso del seminario o del convento partendo dalla

esperienza della fede e cogliendo i semi dalla vocazione nel ambito parrocchiale. Tante

scelte vocazionali s’inseriscono nel solco tracciato da coloro che già hanno risposto

come alla chiamata del Signore. I vissuti vocazionali, seppur diversi nel tempo e nelle

modalità, hanno come il luogo di origine proprio la comunità parrocchiale.

Non soltanto i preti e le suore presenti nelle parrocchie creano un clima

favorevole per la risposta alla chiamata di Dio e per un discernimento giusto, ma anche

grazie alla guida di formatori laici, le persone giovani addentrate nella conoscenza della

Sacra Scrittura, si fanno più disposte per essere chiamate a servire Gesù da più vicino

come i sacerdoti o le suore. I giovani scoprono i primi germi della chiamata imparando

che la formazione è fondamentale per diventare cristiani maturi. Da quei luoghi del

annunzio e della catechesi escono gli uomini per il ministero a servizio della Chiesa

universale.

44 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Ordinazione del vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, Libreria editrice vaticana, Roma 1979, p. 71.45 NVNE 29.46 Cfr. RF 41.

22

Page 23: elaborato5

Lo stare in parrocchia, avendo la possibilità di spazi e luoghi d’incontro, creando

occasioni di sincera fraternità, educa a far comunità ovunque il Signore ci pone.

Ma soprattutto i colloqui con i sacerdoti sono il luogo in cui i giovani possono

essere aiutati a comprendere cosa il Signore li chiede in maniera particolare. La loro

guida e ancor prima la loro testimonianza di amicizia con il Signore è una tra le

molteplici opportunità che permettono di scoprire e discernere che il Maestro sceglie

anche oggi gli uomini per diventare discepoli e apostoli.

La qualità di una comunità ecclesiale non si misura secondo i parametri di

partecipazione numerica alle attività proposte e neanche dalla massiccia frequenza alle

celebrazioni liturgiche, ma dalla capacità di suscitare, discernere e accompagnare

cammini vocazionali alla vita matrimoniale e religiosa. La PDV recita:

La comunità parrocchiale deve continuare a sentire come parte viva di sé il giovane in cammino verso il sacerdozio, lo deve accompagnare con la preghiera, accogliere cordialmente nei periodi di vacanza, rispettare e favorire nel formarsi della sua identità presbiterale, offrendogli occasioni opportune e stimoli forti per provare la sua vocazione alla missione sacerdotale.47

Lo stesso parroco è l'animatore vocazionale, che dovrebbe diventare sempre

più educatore alla fede e formatore di vocazioni. L'animazione vocazionale dovrebbe

divenire sempre più azione corale, di tutta la comunità, religiosa o parrocchiale, di tutto

l'istituto o di tutta la diocesi, di ogni presbitero o consacrato/a o credente, e per tutte le

vocazioni in ogni fase della vita.48

Infine, se la parrocchia formerà una vera comunità, caratterizzata da fede viva,

debitamente orientata verso la realizzazione del regno di Dio; se i sacerdoti della

parrocchia influiranno sull'animo dei giovani con l'esempio di una vita santa e con

l'impegno dell'azione pastorale; se i fedeli si interesseranno del problema vocazionale,

pregheranno per le vocazioni, per la santificazione dei sacerdoti e porteranno un

efficace contributo alle esigenze pastorali della comunità ecclesiale.49

47 PDV 68.48 NVNE 13.49 Cfr. OE 86.

23

Page 24: elaborato5

5. Il postulato luogo del primo discernimentoLa tappa del Postulato serve per provare ancora maggiormente la vocazione del

candidato e la sua capacità a vivere in comunità, già verificata da quella di vivere in

gruppo e sotto un’autorità, per dedicare se stesso agli studi e alla vita consacrata. In

questo periodo si esaminerà e si proverà la maturità del candidato ad ogni livello; i suoi

doni, la sua abilità, le sue capacità e le sue virtù saranno esplorate e confermate. I suoi

conflitti, le sue debolezze e le aree dove manca la maturità saranno identificate e si

progetterà una «strategia» adatta per combatterle e risolverle. Non si esige che il

candidato sia in condizione di assumere immediatamente tutti gli obblighi della vita

consacrata, ma deve essere ritenuto capace di giungervi progressivamente: per poter

giudicare su tale capacità si vaglino il tempo e i mezzi. Lo scopo e le sfide del nostro

Postulato sono: formarsi un giudizio sulle attitudini e sulla vocazione del candidato e

verificare e completare la sua cultura religiosa e intellettuale necessaria per il Periodo

Introduttorio.50

Si favoriscono contatti frequenti con il direttore spirituale e con gli altri

formatori, al fine di promuovere la maturazione umana e il discernimento vocazionale

degli aspiranti. Le esperienze pastorali sono ridotte al minimo per salvaguardare il

carattere spirituale del corso.

Tra i mezzi ai quali la Chiesa fa riferimento per operare questo primo

discernimento, ne segnaliamo tre che non si escludono tra loro, ma possono

completarsi a vicenda: il seminario minore, il periodo introduttivo propedeutico, ed il

periodo di prova, come tempo stabilito per fare i colloqui di selezione al candidato.

Oggigiorno, in occidente, le circostanze vocazionali sono cambiate molto

rispetto ai decenni passati ed i nostri giovani, spesso, arrivano ai seminari con poca

maturità umana e poca formazione religiosa. Per questo è necessario ripensare il

modo di organizzare il postulato, dove è possibile avvicinarsi alla vita di preghiera e

vita liturgica della chiesa.

La possibilità di instaurare un periodo propedeutico o introduttivo fu una

questione ricorrente nei dibattiti conciliari e ha continuato ad esserlo nei Sinodi

50 Cfr. RISAC n. 230.

24

Page 25: elaborato5

posteriori dando come risultato la sua raccomandazione costante negli ultimi

documenti magistrali.

Non è giusto incoraggiare qualcuno a intraprendere un itinerario di vita,

nemmeno per un periodo di prova, se si può prevedere ragionevolmente che abbia una

ridotta capacità di crescita vocazionale o se necessita un periodo sproporzionalmente

lungo per poter prendere decisione di abbandonare da sé il percorso vocazionale. 51

Spesse volta nei seminari e nelle case di formazione possiamo trovare i candidati per

sacerdozio nei quali i formatori non pongono molta speranza, ma li lasciano rimarne

nel seminario fino ai ultimi anni di formazione. Per la giustizia e sincerità

bisognerebbe licenziare dal seminario quelli che non hanno la capacità di crescita

vocazionale e aiutarli a indirizzare la propria vita verso una vocazione laicale, alla

quale sono chiamati.

5.1. Forma e struttura del postulato pallottinoNella Società dell’apostolato cattolico esistono differenti modi di attuare il

Postulato. In alcune regioni i tempi sono più lunghi ed esso si svolge insieme agli studi

di filosofia. In proposito, la nostra Legge dichiara: «Spetta agli statuti provinciali di

decidere sull’obbligo, la natura e la durata del Postulato»52

In quanto all'organizzazione di questo periodo troviamo in pratica tre maniere di

concepirlo: integrato nel seminario, maggiore o minore, unito alla pastorale

vocazionale, o come periodo autonomo. Nella provincia tedesca di Sacro Cuore, alla

quale appartiene la delegatura croata, il postulato si svolge in una casa dedicata per la

pastorale giovanile e dura quattro settimane prima del noviziato.

L'obiettivo primo e unico, secondo il desiderio di Pallotti è «imitare Gesù

Cristo».53 Si tratta di una esperienza di cui parla Gesù stesso in Lc 9,23: «Se qualcuno

vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Così la

rinuncia è possibile, perché ciò che conta veramente è essere il fedele seguace di Gesù.

Il Ratio dice che il postulato è un tempo di prova per la vocazione, ma non solo

nel senso di servizio di Dio, ma se il candidato sarà in grado di adeguarsi alle norme

interne della comunità, soprattutto, si richiede un forte spirito di comunità, la volontà e

51 Cfr. Jerzy Golebiewski, Il discernimento delle vocazioni sacerdotali e preparazione alla matura scelta, alla luce del Magistero dopo il Concilio Vaticano II , PUG, Roma 1991, p. 15.52 LSAC, n° 288.53 RISAC, n. 205

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Page 26: elaborato5

le capacità del lavoro in equipe. Naturalmente, il candidato non arriva già maturo e

pronto, tuttavia, ciò che è richiesto, è che il candidato sia aperto e disponibile per la

trasformazione, che si ritiene utile per lo sviluppo aumentando le sue virtù e doni.

In Croazia d’alcuni anni si svolge periodo del postulato unito alla pastorale

vocazionale. In relazione all'età e alla varietà di provenienza dei candidati, si preferisce

prepararli in forma personalizzata, tenendo conto delle necessità concrete di ognuno di

essi. Sicomme la delegatura croata è piccola, cioè ha poche risorse, il postulato, nel

quale si svolge il primo discernimento consiste di incontri occasionali per un tempo

determinato.

In prospettiva e nella speranza di un numero più grande dei candidati si propone

di pensare al postulato come periodo autonomo. Il postulato deve essere organizzati in

tale maniera che si dedichi un tempo esclusivo affinché i candidati, prima di entrare nel

noviziato, acquisiscano un minimo di preparazione umana, spirituale ed intellettuale.

Per attuare questo tipo di esperienza, oltre ad una sede, normalmente separata del

noviziato, occorre contare su di un sacerdote coordinatore, e, secondo del numero di

alunni, di un vice-responsabile e di altri collaboratori. Inoltre saranno necessari uno o

più direttori spirituali, alcuni docenti qualificati ed uno psicologo. Poiché la sua

istituzione non è sempre facile a causa della scarsità di sedi adatte, di formatori e di

mezzi economici, si contempla la possibilità di ricorrere alla cooperazione tra le

provincie pallottine per creare periodi propedeutici regionali o internazionali.

Il Ratio afferma che nell'elaborazione di un programma per postulato debba

facilitare la vita comunitaria sin dall'inizio e insegnare ai candidati il vero spirito che

anima la nostra società - la fratellanza - perché siamo una comunità di sacerdoti e

fratelli. Perciò è necessario preparare i candidati per condivisione di vita e di doni.

5.2. Obiettivi del postulato: formazione e discernimento

Due sono i fini fondamentali che devono essere raggiungi: da una parte

offrire al postulante una formazione dottrinale e spirituale adeguata, e poi stabilire un

periodo ampio affinché tanto il candidato come i responsabili ecclesiali possano fare

un discernimento serio.

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In questo periodo deve completarsi la formazione dell'aspirante nell'aspetto

umano, culturale-religioso e comunitario. Nell'aspetto umano, il periodo propedeutico

deve aiutargli a conoscere le linee essenziali della sua personalità e del suo carattere

affinché, conoscendo le sue potenzialità e limiti, avanzi verso la maturità personale.

Rispetto alla formazione culturale, è importante che ogni individuo raggiunga la

preparazione sufficiente per poter affrontare gli studi filosofico-teologici; e questo

include una specifica formazione cristiana. Infine, in quello che riguarda l'ambito

comunitario, questo periodo è un banco di prova per vedere se il candidato è capace di

convivere con gli altri, di accettare criteri ed opinioni distinte dalle sue e di assumere la

sua vocazione come una realtà ecclesiale e non privata.

Anche questo tempo servirà affinché il candidato chiarifichi e consolidi la sua

opzione vocazionale. Perciò, gli saranno offerti strumenti dottrinali, pastorali, spirituali

e comunitari necessari affinché possa fare un discernimento personale adeguato a

partire dalla considerazione dell'eccellenza e della natura della vocazione sacerdotale e

degli obblighi a essa inerenti.54

5.3. Postulato - periodo di selezione

«Molti sono i chiamati, pochi gli eletti» (Mt 22,14)

E un dovere di giustizia verso l'aspirante e verso la Chiesa che le case di

formazione contino su un programma di ammissione e di discernimento adeguato.

Inoltre, un processo selettivo serio favorisce la fiducia dell'alunno nel progetto

educativo al quale si affida. Se per le distinte circostanze non si istituisse il postulato

formale, bisognerebbe stabilire, almeno, un periodo di colloqui e di raccolta di

relazioni affinché i responsabili possano fare la selezione secondo i criteri stabiliti nel

c. 241 § 1.

La valutazione si completerà con le relazioni dei responsabili della

comunità di provenienza (parrocchia, movimento...). È necessario includere lettere di

presentazione dei sacerdoti che hanno accompagnato il candidato nel discernimento

vocazionale previo al seminario55 e, in caso, relazioni scritte del rettore del seminario

54 Cfr. RF 42.55 Cfr. can. 1051, 2

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minore al quale è appartenuto. Si richiedono anche altre certificazioni che accreditino

la storia personale e familiare dell'aspirante.

Bisognerebbe prestare attenzione speciale nel momento d'entrata del

candidato proveniente da un altro seminario o casa di formazione. In questi casi si

esige ottenere un testimonium del superiore che ha deciso la dimissione.56

Compito del formatore è di discernere l'autenticità della chiamata alla vita

religiosa nella fase iniziale di formazione e di aiutare i religiosi a ben condurre il loro

dialogo personale con Dio, scoprendo nello stesso tempo le vie nelle quali sembra che

Dio voglia farli progredire.57

È necessario, fin dal momento in cui il candidato si presenta per essere accolto

in processo formativo, che il formatore possa conoscerne accuratamente la personalità,

le potenzialità, le disposizioni e i diversi eventuali tipi di ferite, valutandone la natura e

l'intensità.

Non bisogna dimenticare la possibile tendenza di alcuni candidati a minimizzare

o a negare le proprie debolezze: essi non parlano ai formatori di alcune loro gravi

difficoltà, temendo di poter non essere capiti e di non essere accettati. Coltivano così

attese poco realistiche nei confronti del proprio futuro. Al contrario, vi sono candidati

che tendono ad enfatizzare le loro difficoltà, considerandole ostacolo insormontabile per

il cammino vocazionale.

Il discernimento tempestivo degli eventuali problemi che ostacolassero il

cammino vocazionale – quali l'eccessiva dipendenza affettiva, l'aggressività

sproporzionata, l'insufficiente capacità di essere fedele agli impegni assunti e di stabilire

rapporti sereni di apertura, fiducia e collaborazione fraterna e con l'autorità, l'identità

sessuale confusa o non ancora ben definita – non può che essere di grande beneficio per

la persona, per le istituzioni vocazionali e per la Chiesa.

Nella fase del discernimento iniziale, l'aiuto di esperti nelle scienze psicologiche

può essere necessario anzitutto a livello propriamente diagnostico, qualora ci fosse il

dubbio di presenza di disturbi psichici. Se si constatasse la necessità di una terapia,

dovrebbe essere attuata prima dell'ammissione al Seminario o alla Casa di formazione.

56 Cfr. can. 241 §3; RF 39.57 Cfr. Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Direttive Sulla Formazione Negli Istituti Religiosi, n. 30

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L'aiuto degli esperti può essere utile ai formatori anche per delineare un

cammino formativo personalizzato secondo le specifiche esigenze del candidato. Nella

valutazione della possibilità di vivere, in fedeltà e gioia, il carisma del celibato, quale

dono totale della propria vita ad immagine di Cristo Capo e Pastore della Chiesa, si

tenga presente che non basta accertarsi della capacità di astenersi dall'esercizio della

genitalità, ma è necessario anche valutare l'orientamento sessuale, secondo le

indicazioni emanate da questa Congregazione. La castità per il Regno, infatti, è molto di

più della semplice mancanza di relazioni sessuali.58

58 Cfr. OUCP 8.

29

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Conclusione

Aiutare a chi bussa alla porta delle nostre case di formazione ad avere una

visione reale, senza nutrire false illusioni che si trasformeranno prima o poi in vere

delusioni, è possibile elaborando e applicando un programma di ammissione e di

discernimento, non per ostacolare ma per aiutare a capire cosa Dio chiede all'individuo.

La chiesa e ogni comunità religiosa ha il diritto del discernimento, nonostante la prassi

attuale sembra negarlo dando a tutti coloro che si presentano la possibilità di entrare,

soprattutto in questi tempi di carestia.

Ammissione senza discernimento ha mostrato sua vera faccia tante volte, come

negli anni settanta quando tantissimi sacerdoti hanno lasciato la vocazione, altri non

sono riusciti ad affrontare il cambiamento, altri hanno rimpianto le vecchie strutture

protettive, altri ancora senza alternative, si sono costruiti il proprio nido.

Questi fatti mostrano senza commento che non tutti riescono a vivere nella vita

sacerdotale e religiosa, soprattutto se manca la stima di se stessi e il senso di autonomia.

Ma la ragione più importante in favore del discernimento iniziale è quella della

carità: se si accettano i candidati a scatola chiusa, il discernimento viene rimandato

dopo l'entrata, e quello che prima era un servizio di carità, dopo può diventare sinonimo

di giudizio. Molti interventi educativi rimandati alla fine del noviziato o agli ultimi anni

di teologia sono interpretati dal candidato come interventi punitivi e di critica e non

come aiuto per crescere. Vengono quindi accolti con sospetto e risentimento creando

una barriera di incomprensione fra i candidati e gli educatori. Ciò che prima dell'entrata

era un programma di formazione corrispondente alle caratteristiche delle singole

persone, dopo corre il rischio di essere visto come il classico bastone fra le ruote.

Aspettare non serve: la presenza di conflitti intrapsichici rende l'individuo

incapace di imparare da nuove esperienze; anziché reagire in modo creativo al nuovo

ambiente, affronterà le nuove esigenze con schemi passati e non più adeguati e quindi

sarà incapace di sentire la profondità della nuova esperienza. E allora, perché aspettare

quando si possono prevenire queste difficoltà evitando al candidato di perdere tempo e

soprattutto di sprecare energie che fin dall'inizio potevano essere usate per trascendersi?

Quest'apparente bontà dei superiori contribuisce a creare nel candidato un senso di

fallimento e frustrazione che sarà poi difficile superare.

30

Page 31: elaborato5

Bibliografia

1. Documenti del Magistero della Chiesa

Codice di Diritto Canonico. Testo ufficiale e versione italiana, Roma, Unione Editori

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di Pastorale Giovanile, XXXVI (2002) 4, p. 75-77.

35

Page 36: elaborato5

Indice

Introduzione...................................................................................................................3

1. L’origine e l’importanza del discernimento..............................................................5

2. L’ oggetto del primo discernimento..........................................................................7

2.1. Il discernimento delle motivazioni - Retta intenzione........................................7

2.2. Salute fisica........................................................................................................8

2.3. Equilibrio psichico..............................................................................................9

2.4. Maturità umana, cristiana e vocazionale..........................................................11

2.4.1. Maturità umana..........................................................................................11

2.4.2. Maturità cristiana.......................................................................................15

2.4.3. Maturità vocazionale.................................................................................16

2.5. Attitudini intellettuali.......................................................................................16

2.5.1. La capacità intellettuale...........................................................................16

2.5.2. La preparazione culturale..........................................................................17

2.5.3. La conoscenza della dottrina della fede.....................................................17

2.6. Attitudini spirituali...........................................................................................18

3. Contributo della psicologia al discernimento..........................................................19

4. Il ruolo della comunità parrocchiale nel discernimento vocazionale......................22

5. Il postulato luogo del primo discernimento.............................................................24

5.1. Forma e struttura del postulato pallottino.........................................................25

5.2. Obiettivi del postulato: formazione e discernimento........................................26

5.3. Postulato - periodo di selezione........................................................................27

Conclusione.................................................................................................................30

Bibliografia..................................................................................................................31

1. Documenti del Magistero della Chiesa............................................................31

2. Libri.................................................................................................................32

3. Articoli.............................................................................................................34

Indice...........................................................................................................................36

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