E' solo un gioco di anime - CIESSE Edizioni · 2014-11-27 · limoni e gli aranci persero di colpo...

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Romina Caruana

È solo un gioco di anime

Prefazione

dott. NICOLA ANTONUCCI

Romanzo

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È SOLO UN GIOCO DI ANIME Autore: Romina Caruana Copyright © 2012 CIESSE Edizioni Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono: 049 8862219 - Fax: 049 2108830 [email protected] - [email protected] www.ciessedizioni.it - http://blog.ciessedizioni.it ISBN 978-88-6660-056-5 Finito di stampare nel mese di ottobre 2012 Impostazione grafica e progetto copertina: © 2012 CIESSE Edizioni © 2012 Max Rambaldi www.maxrambaldi.com Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale.

Collana: Green Direttore di Collana: Sonia Dal Cason Editing a cura di: Sonia Dal Cason

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A Roberta e a Mimì.

A tutti gli angeli caduti dal cielo.

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Sommario

PREFAZIONE .........................................................................................9

BIOGRAFIA dott. NICOLA ANTONUCCI.................................. 10

VENTO DI SCIROCCO ..................................................................... 13

LA SCALA DEI TURCHI ................................................................... 16

IL LIDO AZZURRO ............................................................................ 17

LA MAESTRA E IL COLTIVATORE INDIRETTO .................. 20

PERSEFONE ......................................................................................... 24

LA ZUPPA DI MACCO ...................................................................... 27

LA BATTERIA....................................................................................... 29

LO SCRACCO ........................................................................................ 32

I CAPELLI LUNGHI LUNGHI ....................................................... 35

LA FAMIGLIA PERFETTA ............................................................... 37

LA LUNA PIENA ................................................................................. 39

LE VACANZE ESTIVE ...................................................................... 42

UN ANGELO CADUTO DAL CIELO .......................................... 44

PARETI COLOR OCRA ..................................................................... 48

LA CASA DEI FANTASMI ................................................................ 53

«SCUSA MIMI’, L’OPERA IO» .......................................................... 55

IL CARNEVALE DI VENEZIA ....................................................... 59

«USCIRE IO, PIZZORANTE, NATALE» ...................................... 61

L'AUTISMO ............................................................................................ 63

GLI ARCHI E LE FESTE POPOLARI ........................................... 66

LA CESTA D'ARANCE ...................................................................... 70

TORTA IN FACCIA ............................................................................. 72

«PAPA' PIANGE» .................................................................................. 74

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LE PALLE DI NATALE...................................................................... 76

PER GRAZIA RICEVUTA ................................................................. 78

I FIORI DI CAMPO ............................................................................. 80

LA SEDIA A ROTELLE ..................................................................... 83

NEW YORK CITY ............................................................................... 85

«UN’ EPIDEMIA NON È MAI GENETICA» .............................. 86

«VANCULO, LOMPERE ‘CCATOLE, CONNUTO» .................. 92

IL FOTOGRAFO DI MODA ............................................................ 95

MIMI' TALES ......................................................................................... 98

THIMEROSAL .................................................................................... 100

LE DUE CALDAIE ............................................................................ 104

IL TRAMONTO DELL'ALBA ........................................................ 106

L'AVVOCATO ..................................................................................... 109

SQUILLO NELLA NOTTE ............................................................. 112

«MIMI', NEW YO BELLISSIMOOOO, AERIO, TANTE COSE BELLE!» ................................................................................................. 116

«MARITO MIGLIORE DEL MONDO, PADRE MIGLIORE DEL MONDO» ................................................................................... 121

SPERMATOZOI ................................................................................. 123

OCCHI LUCIDI .................................................................................. 127

DI TUTTE LE RAZZE ..................................................................... 132

NAMASTÉ ............................................................................................ 135

Il CHIARORE DELL’ALBA ............................................................. 139

«LE LACRIME DI UNA DONNA SONO PREZIOSE» .......... 144

«NON VI DIMENTICHERO’ MAI» .............................................. 147

IL CONFINE ....................................................................................... 149

RINGRAZIAMENTI ......................................................................... 155

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PREFAZIONE

Un viaggio. Un viaggio di conoscenza, verso la con-sapevolezza, un viaggio di condivisione del destino di un fratello, un destino che avvolge tutti, nessuno esclu-so, nell'universo familiare: l'Autismo. Questa è l’opera prima di Romina Caruana, proiettata in un mondo di-verso, a volte isolato, ma un mondo che chiede, lo urla, amore e attenzione, risposte e cure a una malattia consi-derata ancora oggi misteriosa e impenetrabile. Una nar-razione appassionata e coinvolgente che racconta il dramma di tutte le famiglie toccate dalla presenza di un figlio affetto da Autismo. Una storia vista da un’angolatura originale e imprevista: quella di una sorella il cui bagaglio esistenziale di sentimenti, sogni e progetti è segnato anch'esso dalla malattia.

Eleonora, la protagonista del racconto, s’imbatte, co-nosce, affronta, combatte la malattia del fratello, una pa-tologia ancora sconosciuta, ignota, una patologia che spaventa, sullo sfondo di una Sicilia che non compren-de, che, in una società patriarcale, evita, rifiuta e con-danna.

In un racconto che non lascia fiato, che vuole essere letto, compreso, compartecipato, è sorprendente come l’autrice affronti anche scientificamente l’Autismo, con una descrizione dettagliata delle moderne acquisizioni nel campo della ricerca e soprattutto delle alternative te-rapeutiche offerte dal trattamento biomedico e dal me-todo DAN!. Le letture e gli studi proposti dall'autrice nel corso del racconto sono il frutto di una profonda conoscenza e di una ricerca scientifica personale, di un’interiorizzazione del problema, di una focalizzazione,

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di una fusione con l’anima del fratellino autistico, ma ponendo sempre l’essere prima della malattia, l’anima prima del corpo e universalizzandolo.

È quindi un viaggio, un viaggio di conoscenza anche per Eleonora, che, attraverso la patologia, arriva a supe-rare il confine, arriva alla maturazione della propria ani-ma, alla risposta ultima: un gioco di anime che si com-pletano attraverso l’amore e il dono di sé.

Nicola Antonucci

Psichiatra, medico DAN!

BIOGRAFIA dott. NICOLA ANTONUCCI

Il dott. Nicola Antonucci è considerato uno dei

maggiori Luminari italiani riguardo ai trattamenti sull’autismo.

Si è laureato presso l’Università di Bari nel luglio 2000 e si è specializzato in Psichiatria nel gennaio 2005 nella stessa università.

Negli anni di specializzazione si è occupato di ricerca nel campo delle neuroscienze presso il “Gruppo di neu-roscienze psichiatriche” dell’Istituto di Psichiatria del Policlinico di Bari attraverso studi di RMN funzionale e Spettroscopica sui Deficit Cognitivi nei pazienti affetti da schizofrenia, collaborando a pubblicazioni interna-zionali.

Dall’ottobre 2006 ha cominciato a occuparsi di trat-tamenti biomedici dei disturbi dello spettro autistico se-condo la metodologia dell’Autism Research Institute.

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Ha fatto tirocinio clinico presso ‘The Rimland Cen-tre’ della dott.ssa Elizabeth Mumper in Virginia (USA) e frequenta tutt’ora i seminari formativi annuali dell’Autism Research Institute.

Attualmente lavora in diverse città italiane e all’estero e collabora con l’Università di Napoli nella pubblicazio-ne di studi scientifici sull’autismo.

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VENTO DI SCIROCCO Quel pomeriggio d'inverno le nubi violacee

provenienti dal Mediterraneo oscurarono improvvisamente il variopinto giardino della villa. I limoni e gli aranci persero di colpo il loro riflesso verde. Si macchiarono di grigio e di viola come le nuvole. Il vortice, nato in mare aperto, si avvicinò bruscamente, accompagnato da pioggia e da fulmini. Il vento di scirocco, assordante e cupo come l'ululato di lupi nella notte, che già piegava le palme e gli alti pini percossi dalle sue frustate, cominciò a scardinare le persiane che circondavano il grande salone. Agli occhi impauriti di Eleonora, nei suoi nove anni, sembravano bocche spalancate in attesa di divorare una preda. Le schegge impazzite, i vetri schiantati sul pavimento. Si strappavano le antiche tende ricamate e candide della nonna Alba, scosse dalla tempesta. L'oblò pendolava, il lampadario dai fili di seta era tutto ingarbugliato, il pianoforte a coda si coprì di sabbia del deserto e di fango. Letizia, la madre di Eleonora, aveva i capelli imbiancati di polvere e il cuore graffiato. Tutto si consumò nel giro di pochi minuti. Eleonora non riusciva a capire il perché di quelle grida «Signuri aiutatimi!» 1 di Letizia che cercava di trattenere le persiane, troppo grandi per la sua esile figura; la nonna Maddalena la copriva con il suo scialle per proteggerla sia dai detriti sia dalla vista di quello scempio. «È ‘a fini do mummu!2» sussurrava disperandosi Maddalena «Staiu

1 «Signore, aiutatemi» 2 «È la fine del mondo»

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murennu!»3. Sembrava la fine del mondo: la tromba d'aria era un presagio? Cosa significava un casa che si ribellava al suo interno? «Andate subito a telefonare a papà» gridò Letizia. La nonna ed Eleonora corsero in cucina.

«Mamma dice che devi venire subito» disse la piccola «c'è ‘a tempesta ‘a casa, tutt'i cosi si stannu rumpennu! Chiama ‘a polizia». 4 «Non ti preoccupare bella mia, mamma sempre esagerata è! Sto arrivando» rispose Luigi.

Le sirene spianate dei vigili del fuoco giunsero quando ormai Letizia, Eleonora e Maddalena, sfinite, guardavano in silenzio i danni di una violenza che si era consumata nella loro casa. «La nave sta per affondare, dovete abbandonare la villa!» continuava a ripetere il Comandante dei Vigili con il megafono, dal giardino. Letizia ribatteva che per nulla al mondo avrebbe abbandonato la sua casa. Eleonora l'avrebbe abbandonata volentieri, la casa. Sentiva che aveva qualcosa di sinistro, li rifiutava. La villa era stata costruita da Luigi per ostentare l'opulenza conquistata duramente, per impressionare «l'occhio della gente». Era esageratamente grande e generosa negli spazi, poi magari mancavano l'acqua calda e il riscaldamento in inverno, ma poco importava a Luigi. Era chiamata in paese «‘a casa do dutturi Luigi Calabrò».5 Mancava anche la servitù adeguata, ma in compenso Letizia si affaccendava nelle pulizie da mattina a sera. Sembrava Cenerentola durante il giorno, ma riusciva a trasformarsi nella signora Letizia elegantissima e charmante di notte,

3 «Sto morendo» 4 «C’è una tempesta in casa che sta rompendo tutto. Chiama la Polizia!» 5 «La casa del dottor Calabrò»

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quando si preparava per andare alle feste o a teatro: sapeva accontentare Luigi che la voleva sempre bella in pubblico. Dietro le sirene incandescenti, finalmente arrivò Luigi. Riuscì ad aprirsi un varco tra gli alberi abbattuti del giardino. Raggiunse la casa: «Non è successo niente Comandante, potete andare. Dumani puliziamu tutti cosi e non se ne parla più» 6 poi rivolgendosi alla sua famiglia aggiunse «Amuninni a curcari, forza, ca dumani m'assusiri prestu».7

«Posso dormire con voi?» disse Eleonora. «Certo» rispose suo padre «ma solo per stanotte».

6 «Domani sistemiamo tutto quanto e non se ne parla più» 7 «Andiamo a dormire, forza, domattina devo svegliami presto»

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LA SCALA DEI TURCHI L'indomani nessuno di loro parlò più dell'accaduto,

doveva essere dimenticato, rimosso con il silenzio. Ai curiosi, certo, la calamità fu dettagliatamente descritta, ma tra di loro nessuna forma di condivisione o di esternazione era ammessa. Eleonora avrebbe voluto piangere, ma aveva deciso che era meglio non farlo più davanti ai suoi genitori: una volta pianse in cucina e suo padre Luigi le disse «Non fare la vittima, tanto lo so che piangi per stare al centro dell'attenzione». La piccola smise subito e da quel giorno capì che era meglio “fare la vittima” da qualche altra parte. Si recò quindi alla Scala Dei Turchi, vicino a casa. Era uno degli scenari più deliziosi che i suoi occhi avessero mai visto. Era una montagna di gesso di un bianco accecante che cadeva a picco sul mare, composta da una serie di piattaforme stratificate l'una sull'altra, come a voler scandire il battito dei secoli. Eleonora attraversava la spiaggia selvaggia e arsa dal sole che conduceva fino ai piedi della Scala. La montagna sembrava candida neve che si tuffava in mare, come se la natura avesse sbagliato il luogo in cui situarla. “Come fa la neve a non sciogliersi con il caldo siciliano?” Pensava.

Salì in cima e cominciò a gridare con tutte le sue forze al mare. Allo stesso mare che aveva concesso alla tromba d'aria d'invadere la sua casa. La palla infuocata dell'imbrunire regalava al cielo tinte purpuree. Gridò forte forte e in un girotondo vorticoso su se stessa cadde stremata a terra, sul gesso incontaminato.

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IL LIDO AZZURRO

Fino a qualche anno prima Luigi, Letizia ed Eleonora

avevano vissuto nella piccola villetta del Lido Azzurro, “Villino Maddalena” si chiamava. Calogero, il padre di Luigi, l'aveva comprata pochi anni prima di morire, dandole il nome della moglie.

Aveva il sapore delle case greche, di un bianco abbagliante come la Scala dei Turchi e le serrande azzurre le regalavano una certa briosità. Eleonora era nata lì, in quella casa: «Una donna deve sapere partorire» disse Luigi a sua moglie tenendole strette le mani, ma lei aveva paura «Tu sai come si fa, aiutami». Letizia non respirava, chiudeva gli occhi per morire, li riapriva a fatica, si contorceva. «Spingi, non ti fermare. La forza la devi trovare tu». Con l'ultimo grido, Eleonora nacque all’alba avvolta da una tiepida brezza estiva. Nella casa isolata sul mare, lontano da Agrigento, era nata come si nasceva una volta. La levatrice, le bacinelle, le pezze bagnate, le due nonne Maddalena e Alba che tra loro si odiavano. Luigi, non appena venne al mondo la figlia, baciò appena la moglie sulla fronte e disse «Devo andare in ospedale». Attraversò lo stretto corridoio fino alla stanza già pronta che avrebbe ospitato la nuova vita. Si fermò. Dondolò piano la culla. Celeste. Passò la mano sulle scarpine, sulle bavette. Celeste, tutto celeste. Chiuse a chiave la stanza. Finalmente uscì. Finalmente respirava. Anche Letizia, a letto, finalmente respirava. Ognuno per sé. Letizia e Luigi si erano sposati un anno prima nella masseria di famiglia. Per quel giorno di festa il giardino fu illuminato da decine di fiaccole e da immensi candelabri. L’orchestra suonò le canzoni degli

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ultimi anni '60 e gli invitati, divertiti e spensierati, danzarono per tutta la serata. Partirono quella stessa notte per il viaggio di nozze. S’imbarcarono su un transatlantico dal porto di Sciacca. Una volta saliti a bordo, a Letizia batteva forte il cuore. Aveva immaginato centinaia di volte quel momento: Luigi prese per mano la moglie e la condusse in cabina. Era la prima volta che facevano l'amore. Tra l'imbarazzo e l'eccitazione fecero scivolare i loro abiti a terra, si baciarono intensamente, si distesero per sentirsi addosso ogni centimetro della loro pelle, si odorarono per capire, si toccarono per conoscersi. I loro corpi cominciarono a sprigionare degli umori mai sentiti prima, il sapore dei loro baci diventò un'unica fragranza. Si amarono a lungo e scoprirono il piacere di appartenersi. Restarono avvinghiati per due giorni interi, cullati dal mare e innamorati. Tornarono dal viaggio di nozze dopo due mesi. Letizia era in dolce attesa. Decisero quindi di dare un pranzo al “Villino Maddalena” con i parenti di Luigi per annunciare la bella notizia. C'erano Pino e Gina, i fratelli di Luigi, la moglie di Pino, Sara e il marito di Gina, Nino. C'era anche Maddalena. Brindarono felici e Letizia si mise a raccontare a Nino e a Pino dei posti incantevoli che avevano visitato in America, mostrò loro le fotografie scattate durante il viaggio. Raccontò di quanto si era sentita male con i suoi conati di vomito sin dai primi giorni di gravidanza. Dopo il dolce, le donne della famiglia Maddalena, Gina e Sara cominciarono a sparecchiare la tavola e a lavare i piatti, mentre Letizia rimase seduta a conversare con i cognati. Luigi all'improvviso si avvicinò alla moglie e le disse «Non lo vedi che le altre stanno sparecchiando? Che c'aspetti ad aiutarle?». «Sì, vado tra un po'» ribatté «finisco di raccontare e le raggiungo». Luigi in uno scatto d'ira

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l'afferrò per il braccio e le disse «Pur di non lavare i piatti trovi tutte le scuse possibili. Da oggi fai quello che ti dico io, perché i tuoi t'hanno viziata troppo». Nessuno ebbe il coraggio di mettere voce in una lite tra marito e moglie e soprattutto Letizia non reagì difendendosi. Ubbidì senza aggiungere altro, era innamorata di lui e per paura di non essere ricambiata cercava in tutti i modi di assecondarlo, inoltre aveva il suo bambino in grembo e mai e poi mai avrebbe voluto arrabbiarsi correndo il rischio di perderlo. L'indomani gli sposini erano attesi a pranzo a casa dei genitori di Letizia. C'erano anche la zia Carmelina, Ferdinando e Laura, i fratelli di Letizia. Luigi aveva deciso che non sarebbero andati a quel pranzo. Così fece dire dalla moglie che non potevano andare per via dei mancamenti di Letizia. Quella fu la prima di una lunga serie d’ingiustizie che Letizia avrebbe sopportato senza mai parlarne con nessuno.

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LA MAESTRA E IL COLTIVATORE INDIRETTO

Luigi aveva messo gli occhi addosso a Letizia quando

lei era ancora una bambina. La famiglia di Letizia era di un antico feudo, la più nobile e ricca di tutta Agrigento. Ma a Luigi non interessavano le ricchezze. Voleva semplicemente la ragazza più bella della città. Quando Letizia andava a “passiari” 8 in piazza con la zia Carmelina, Luigi la “taliava sempre” 9.

Si scambiavano sguardi languidi e sognanti. Si fidanzarono di nascosto. Letizia lo trovava affascinante, sicuro di sé, un divo del cinematografo. Luigi era anche geloso e le proibiva di uscire quando lui ritornava a Padova per finire la specializzazione in chirurgia.

Quando il padre di Letizia, don Giovanni, scoprì la loro relazione disse alla figlia «Tu vo maritari? Maritatillu. Ma t'avvertu, chistu ti fa moriri!». 10 La massaria di famiglia si trovava a Monterosso, tra le campagne di Siculiana. Aveva il fascino dei grandi poderi siciliani di un tempo: i cavalli, le stalle, le vigne, gli uliveti, la strada polverosa che arrivava fino alla casa padronale. I balconi sempre aperti per lasciar passare un soffio di vento: per lenire la calura estiva, le tende di pizzo si muovevano come ventagli. Le fronti di Alba e di Giovanni erano sempre umide, c’era un qualcosa di stanco sui loro volti, a volte scrollavano il capo per

8 “Passeggiare” 9 “La guardava sempre” 10 «Vuoi sposartelo? Bene. Ma ti avverto: quest’uomo ti farà impazzire»