Dossier Busan y gestos concretos

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Missione Oggi | ottobre 2013 17 Le assemblee generali del Consi- glio ecumenico delle Chiese (Cec), che a cadenza quasi decennale riuniscono oltre 340 denominazioni di tradizione anglicana, ortodossa e protestante, in rappresentanza di quasi 600 milioni di cristiani, costi- tuiscono sempre un’occasione privilegiata per fare il punto sul movimento per l’unità dei cristiani, di cui quello con sede a Ginevra è l’organismo più grande, vedendo anche delegati della Chiesa cattolica nella sua Commissione “Fede e costituzione”. Tuttavia un appuntamento simile, per di più organizzato in Estremo Oriente, rischia di passare inavvertito in Italia, paese di tradizionale “monocultura cattolica” (peraltro sempre meno, data la crescita, complice l'immigrazione, di comunità ortodosse ed evangeliche). Come in passato per eventi analoghi, con questo dossier Missione Oggi intende, quindi, non solo adempiere il proprio compito informativo, offrendo materiali utili ad accompagnare l'evento, ma anche confermare il proprio impegno per l'unità dei cristiani in un momento non facile per l'ecumenismo. Risulterà allora, prima di tutto, incoraggiante osservare, sia pur a volo d'uccello, il panorama di quanto accade su questo terreno nei diversi continenti. Voci delle maggiori famiglie confessionali aiuteranno poi a inquadrare l'incontro nel suo contesto storico, a individuare le sfide con cui esso sarà chiamato a misurarsi e a indicare le pro- spettive che potrebbe aprire. Il tutto, naturalmente, con un particolare sguardo missionario e dal Sud del mondo. a cura di MAURO CASTAGNARO e BRUNETTO SALVARANI MISSIONE OGGI A Busan il CEC per la giustizia e la pace

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Missione Oggi | ottobre 2013 17

Le assemblee generali del Consi-glio ecumenico delle Chiese (Cec),che a cadenza quasi decennale

riuniscono oltre 340 denominazioni di tradizione anglicana, ortodossa e protestante, in rappresentanza di quasi 600 milioni di cristiani, costi-tuiscono sempre un’occasione privilegiata per fare il punto sul movimento per l’unità dei cristiani, di cui quello con sede a Ginevra è l’organismopiù grande, vedendo anche delegati della Chiesa cattolica nella sua Commissione “Fede e costituzione”. Tuttavia un appuntamento simile, perdi più organizzato in Estremo Oriente, rischia di passare inavvertito in Italia, paese di tradizionale “monocultura cattolica” (peraltro sempremeno, data la crescita, complice l'immigrazione, di comunità ortodosse ed evangeliche). Come in passato per eventi analoghi, con questo dossierMissione Oggi intende, quindi, non solo adempiere il proprio compito informativo, offrendo materiali utili ad accompagnare l'evento, ma ancheconfermare il proprio impegno per l'unità dei cristiani in un momento non facile per l'ecumenismo. Risulterà allora, prima di tutto, incoraggianteosservare, sia pur a volo d'uccello, il panorama di quanto accade su questo terreno nei diversi continenti. Voci delle maggiori famiglie confessionaliaiuteranno poi a inquadrare l'incontro nel suo contesto storico, a individuare le sfide con cui esso sarà chiamato a misurarsi e a indicare le pro-spettive che potrebbe aprire. Il tutto, naturalmente, con un particolare sguardo missionario e dal Sud del mondo.

a c u r a d i M AU R O CAS TAG N A R O e B R U N E T T O SA LVA RA N I

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A Busan il CECper la giustizia e la pace

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mentre il secondo si è tradotto in importanti ac-cordi teologici, a volte di portata mondiale: dallaConcordia di Leuenberg, grazie alla quale dal1973 le Chiese luterane e riformate d’Europa,cui si sono aggiunte poi quelle metodiste, vivo-no una comunione ecclesiale che comprende ilriconoscimento reciproco della consacrazionepastorale e l’intercomunione, al pari della Co-munione di Porvoo, che riunisce 13 Chiese an-glicane e luterane accomunate dall’ininterrottacontinuità dell’episcopato storico, fino alla Di-chiarazione cattolico-luterana sulla dottrinadella giustificazione, sottoscritta nel 1999 adAugsburg, che ha risolto una delle cruciali di-spute alla base dello scisma d’Occidente, allacreazione di istituzioni interconfessionali (peresempio, la Conferenza delle Chiese europee,fondata nel 1959, che oggi raccoglie 125 tra le

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Intendendo disegnare, sia pura volo d’uccello, un panorama

dei rapporti tra le Chiesecristiane nelle diverse parti del mondo, non si

può non partire dall’Europa. Qui, infatti, si sono prodottii grandi scismi che hanno diviso la cristianità – quello

consumatosi nel 1054 tra Roma e l’Oriente, la Riformaprotestante del XVI secolo, seguita dalla nascita

dell’anglicanesimo – nonché le più lunghe e sanguinose“guerre di religione” (in realtà “intracristiane”, XVI e XVII

secolo); ma qui è anche nato e si è maggiormente sviluppato,convenzionalmente a partire dalla Conferenza missionariamondiale di Edimburgo (1910), il movimento ecumenico.

Un pianetaecumenico?

MAURO CASTAGNARO - BRUNETTO SALVARANI

EUROPA UN RICCO ECUMENISMO “POPOLARE” E ISTITUZIONALE

Nel vecchio continente si contano oggi, se-condo il Pew Research Center, autorevole

istituto di statistiche statunitense, 565 milioni dicristiani (76% della popolazione), pari al 26%dei 2,2 miliardi di seguaci di Cristo stimati nelmondo, contro i 2/3 che gli europei rappresen-tavano un secolo fa. Di questi i cattolici costi-tuiscono il 46% (262 milioni), gli ortodossi il35% (200) e i protestanti il 18% (101). Le Chie-se europee sono quelle che più risorse umane emateriali hanno investito nell’impegno perl’unità visibile, attraverso un ricco ecumenismo“popolare” e istituzionale. Il primo ha dato luo-go a una fitta trama di incontri di conoscenza,preghiere comuni, iniziative sociali condivise,

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più importanti Chiese europee protestanti, orto-dosse, anglicane e vetero-cattoliche), allo svolgi-mento di tre grandi Assemblee ecumeniche euro-pee (a Basilea nel 1989, a Graz nel 1996 e a Sibiunel 2007) con delegati di tutte le famiglie confes-sionali, alla firma nel 2001 della Charta oecume-nica, che detta le “linee guida per la crescita dellacollaborazione tra le Chiese in Europa”.

Consigli nazionali di Chiese, nella maggiorparte dei casi con la partecipazione cattolica,esistono in molti paesi, con l’eccezione di quellidell’Est. Negli ultimi anni, tuttavia, queste spin-te sono parse raffreddate dai rigurgiti identitariche in tutte le Chiese suscitano la secolarizza-zione, la crescita di nuove presenze religiose le-gate anche ai processi migratori dal Sud delmondo e la stessa difficoltà a raggiungere risul-tati concreti sulla strada dell’unità cristiana.

NORD AMERICA MANCANO ORGANISMI ECUMENICI REGIONALI

La maggioranza dei cristiani (805 milioni, pari al 37% deltotale) si concentra oggi nelle Americhe, dove rappresentanol’86% della popolazione. Di questi i cattolici costituiscono il 65%(520) e i protestanti il 33% (263), mentre gli ortodossi non arrivanoall’1% (3). Nonostante storicamente il Nord America (soprattuttoStati Uniti e Canada) sia stato, insieme all’Europa, una delle culledel movimento moderno per l’unità delle Chiese cristiane, manca-no organismi ecumenici regionali, sebbene in Canada esista unConsiglio canadese delle Chiese, fondato nel 1944, di cui fannoparte 30 denominazioni (anglicane, luterane, unite, battiste, vec-chio-cattoliche, ortodosse, presbiteriane), tra cui quella cattolicaromana, mentre negli Stati Uniti la Conferenza statunitense dei ve-

scovi cattolici è membro diChiese cristiane insieme ne-gli Stati Uniti, creato nel2006, che riunisce 47 Chiesee organizzazioni di matricecattolica, protestante storica,evangelicale e pentecostale,ortodossa, afroamericana eindipendente. La regione deiCaraibi, caratterizzata dagrande mescolanza di etnie,lingue e tradizioni, a causa

della diversità di dominazione coloniale (Inghilterra, Olanda, Fran-cia, Spagna) e della molteplicità delle popolazioni trapiantatevi(schiavi africani, lavoratori asiatici ecc.), ha per questo visto unaprecoce pluralità della presenza cristiana (non solo cattolica, maanche anglicana) e un maggiore pluralismo religioso, con forte in-fluenza dei culti provenienti dall’Africa. Ciò ha favorito il movi-mento ecumenico, tanto che la maggioranza degli Stati ha un Con-siglio nazionale delle Chiese, di cui fa parte quella cattolica (salvoCuba, Porto Rico e Repubblica dominicana), la cui Conferenza epi-scopale delle Antille è membro della Conferenza delle Chiese deiCaraibi, sorta nel 1973 per favorirne l’unità, il rinnovamento el’azione comune tra 33 denominazioni anglicane, battiste, cattoli-che, luterane, metodiste, morave, ortodosse, pentecostali, presbi-teriane, riformate e unite di altrettanti paesi, costituendo oggi unadelle principali agenzie di sviluppo operanti nella regione.

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La regione dei Caraibi acausa della diversità di

dominazione coloniale edella molteplicità delle

popolazioni trapiantateviha visto una precoce

pluralità della presenzacristiana

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me il Centro di studi ecumenici (Cee) in Messi-co, il Movimento ecumenico per i diritti umani(Medh) in Argentina, il Dipartimento ecumenicodi ricerche (Dei), in Costa Rica, il Centro di stu-di biblici (Cebi) in Brasile, il Centro ecumenico“Diego de Medellin” in Cile, spesso ispirandosialla Teologia della liberazione, dove si trovava-no fianco e fianco cattolici e protestanti. A livel-lo di strutture ecclesiastiche il dialogo ha com-piuto passi rilevanti in ambito evangelico, conla fondazione nel 1982 del Consiglio latinoame-ricano delle Chiese (Clai), che riunisce circa

AMERICA LATINA VIVACITÀ INTERETNICA E MULTICONFESSIONALE

L’America latina, invece, ritenuto il “conti-nente cattolico” per eccellenza, registra in effettiun’ampia maggioranza di cristiani fedeli a Ro-ma, ma anche una significativa minoranza pro-testante ed evangelicale, frutto dell’immigrazio-ne europea e dell’attività missionaria nordame-ricana, piccole comunità ortodosse della diaspo-ra e soprattutto un gran numero di realtà pente-costali e neopentecostali in rapida crescita da al-meno tre decenni. Qui il movimento ecumenicoha preso forma dalla fine degli anni 60 del se-colo scorso con la nascita di svariati gruppi, retie istituti impegnati per la giustizia, l’educazionepopolare, la cooperazione tra le Chiese ecc., co-

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Serie sfide al movimento ecumenicolatinoamericano sono le relazioni con le

Chiese pentecostali e neopentecostali,spesso dedite a un forte proselitismo

nei confronti dei battezzati delle denominazioni storiche

140 Chiese e organizzazioni ecumeniche, so-prattutto del protestantesimo storico, e dellaConfraternita evangelica latinoamericana (Co-nela), cui aderiscono denominazioni evangeli-cali e pentecostali. I due organismi convergononell’organizzazione a scadenza più o meno de-cennale dei Congressi latinoamericani di evan-gelizzazione (Clade). La Chiesa cattolica parte-cipa formalmente solo in Argentina (Commis-sione ecumenica delle Chiese cristiane in Ar-gentina-Ceica), Brasile (Consiglio nazionaledelle Chiese cristiane-Conic), Guatemala (Con-siglio ecumenico cristiano del Guatemala) e Pa-nama (Consiglio ecumenico di Panama) a orga-nismi interconfessionali nazionali, che non di ra-do si esprimono pubblicamente sui problemi so-ciali e politici. Serie sfide al movimento ecume-nico latinoamericano sono le relazioni con leChiese pentecostali e neopentecostali, spessodedite a un forte proselitismo nei confronti deibattezzati delle denominazioni storiche (nellequali peraltro crescono gruppi carismatici di so-lito attenti soprattutto alla propria identità con-fessionale), e con le riemergenti religioni indi-gene e afroamericane (per i rapporti con le qualiè stato coniato il termine macroecumenismo).

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Il vescovo WolfgangHuber, presidente del

Consiglio della Chiesaevangelica tedesca,

durante il suo interventoall’Assemblea di Sibiu.

A pag. 19 (dall’alto):il patriarca, Abune

Mathias, della Chiesaortodossa etiope

Tewahedo;L’Avana (Cuba),

partecipanti alla 6a

Assemblea del Clai (2013);Kampala (Uganda),partecipanti ad un

laboratorio della 10a Assemblea dell’Aacc

(2013).

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MEDIO ORIENTE E NORDAFRICA FRATELLANZA TRA LE CHIESE DELLE ORIGINI

Nella regione culla del cristianesimo, doveavevano sede tre dei cinque patriarcati della chie-sa primitiva (Gerusalemme, Antiochia e Alessan-dria), vivono oggi solo 13 milioni di cristiani (5,5milioni di cattolici, altrettanti ortodossi e 1,7 mi-lioni di protestanti), pari al 4% della popolazionelocale e allo 0,6% dei seguaci di Cristo sul pia-neta. In maggioranza fanno riferimento a Chieseorientali antiche (pre-calcedoniane), come la

AFRICAL’INFLUENZA DELL’INCULTURAZIONE

Nell’Africa subsahariana vivono oggi 516milioni di cristiani, pari al 63% della popolazio-ne del continente e al 24% del totale dei battez-zati mondiali, rispetto all’1% rappresentato nel1910. Di questi i protestanti sono il 57% (295milioni), i cattolici il 34% (176) e gli ortodossil’8% (40). All’inizio del movimento ecumenicomoderno l’Africa era considerata “terreno dimissione” senza identità ecclesiale propria, sal-

All’inizio del movimentoecumenicomodernol’Africa eraconsiderata“terreno di missione”

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Chiesa copta ortodossa, o appartengono alla tra-dizione ortodossa, come la Chiesa di Cipro, cuisi affiancano diverse Chiese cattoliche di ritoorientale (maronita, melchita, caldea ecc.), men-tre quelle protestanti o anglicane hanno minoridimensioni. Nel complesso queste Chiese rap-presentano una piccola minoranza in ambienti astragrande maggioranza islamica e le loro preoc-cupazioni riguardano i forti conflitti in atto nellaregione, l’emigrazione dei cristiani verso altreparti del mondo per motivi economici e politici,nonché il dialogo coi musulmani. Per rafforzarela fraternità tra le Chiese, offrire una testimonian-za comune della propria fede, favorire le relazio-ni con le altre religioni e promuovere l’azione diservizio alla società (per esempio, a favore dellapace) è stato costituito nel 1974 il Consiglio delleChiese del Medio Oriente, cui aderiscono 27chiese (orientali, ortodosse, cattoliche, riformate,anglicane, presbiteriane e luterane) di 12 paesi.

vo l’Egitto e l’Etiopia, con le loro antiche Chie-se ortodosse, e il Sudafrica, dove la colonizza-zione olandese e britannica aveva portato allanascita di numerose denominazioni autonome.Con i processi d’indipendenza delle nuove na-zioni tra gli anni 50 e 60 del secolo scorso, leChiese africane hanno cominciato ad assumereun proprio volto, introducendo nel dibattito ecu-menico temi come il razzismo, la risoluzione deiconflitti, il rapporto tra evangelizzazione e cul-ture. Attualmente nella maggioranza degli Statiesistono Consigli nazionali di Chiese cristiane oorganismi analoghi, di molti dei quali la Chiesacattolica locale è membro a vario titolo. Il Sim-posio delle Conferenze episcopali di Africa eMadagascar (Secam), che riunisce i vescovi cat-tolici del continente, pur non facendo parte dellaConferenza delle Chiese di tutta l’Africa (Aacc),da alcuni anni collabora attivamente con l’orga-nismo, cui aderiscono, oltre a 133 denominazio-ni africane, anglicane, battiste, copte, luterane,metodiste, morave, ortodosse, presbiteriane, ri-formate e unite, anche 32 Consigli nazionali diChiese. Principali protagoniste dell’esplosionenumerica dei cristiani in Africa sono comunquele innumerevoli Chiese indipendenti e penteco-

La Chiesa copta ortodossa e lediverse Chiese cattoliche di rito

orientale (maronita, melchita,caldea ecc.) rappresentano unapiccola minoranza in ambienti

a maggioranza islamica

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Da sinistra:Kampala (Uganda), 10a assemblea (2013)della All AfricaConference of Churches(Aacc): delegatidell’Assemblea e la sig.ra Sekai M. Holland, co-ministro per la riconciliazione el’integrazione del governodello Zimbabwe, durante il suo interventoall’Assemblea.

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Asia c’è stata una presenza ininterrotta del cri-stianesimo fin dai tempi apostolici, in partico-lare nello Stato del Kerala (sud dell’India), do-ve, secondo la tradizione, fu l’apostolo Tomma-so a introdurre il Vangelo. E negli ultimi anni siè registrato un notevole incremento del numerodei cristiani in Cina, Laos, Nepal e Vietnam.Già dall’inizio le Chiese asiatiche hanno con-tribuito al movimento per l’unità dei cristiani,tanto che alla nascita del Consiglio ecumenicodelle Chiese, nel 1948, quelle del Sud del mon-do erano le meglio rappresentate e quelle cheper prime hanno rivendicato la loro autonomiadalle missioni europee protestanti o la necessitàdi una propria inculturazione, nel caso cattolico.Qui è stata creata, nel 1957, la prima organiz-zazione ecumenica regionale, la Conferenzacristiana dell’Asia orientale, antesignana del-l’odierna Conferenza cristiana dell’Asia (Cca),cui aderiscono 95 denominazioni anglicane,battiste, indipendenti, metodiste, presbiteriane,siro-malabaresi, siro-malankaresi e unite, non-ché 16 Consigli nazionali di Chiese. Dal 1996la Cca e la Federazione delle Conferenze Epi-scopali dell’Asia (Fabc), che riunisce gli epi-scopati cattolici e ha celebrato nel 2012 i 40 an-ni di vita, hanno promosso il Movimento asia-tico per l’unità cristiana.

Naturalmente la sfida principale per il cri-stianesimo è costituita dal dialogo con le grandireligioni e tradizioni spirituali asiatiche (islam,induismo, buddhismo, shintoismo, taoismo,confucianesimo, zoroastrismo, giainismo ecc.)nonché dalla testimonianza in un contesto so-cioeconomico caratterizzato da grande dinami-smo e perduranti sperequazioni.

La maggior parte degli Stati dell’Oceania, acominciare dall’Australia (ma la Nuova Zelandanon più dal 2005) ha un Consiglio nazionale del-le Chiese, di cui la Chiesa cattolica è membro apieno titolo e lo stesso avviene con la Conferen-za episcopale cattolica del Pacifico e le Confe-renze dei vescovi cattolici di Papua-Nuova Gui-nea e delle Isole Salomone rispetto alla Confe-renza delle Chiese del Pacifico, di cui fanno par-te 54 tra Chiese locali (luterane, anglicane, me-todiste, cattoliche, presbiteriane, unite, ecc.) eConsigli di Chiese. Negli ultimi due decenni,tuttavia, il movimento pentecostale si è fattostrada nella regione, modificando notevolmenteil volto del suo cristianesimo.

MAURO CASTAGNARO - BRUNETTO SALVARANI

stali. Le prime sono state fondate nella primametà del Novecento per affrancarsi dalla tuteladei missionari europei e affermare un “cristia-nesimo autenticamente africano”, cui le Chiesestoriche hanno reagito favorendo in maggiore ominore misura processi di “inculturazione” delleproprie comunità locali. Le seconde sono sortenegli ultimi decenni nel quadro della “ondatapentecostale” che ha investito tutto il mondo eha portato anche a una trasformazione in sensocarismatico di varie Chiese fondate dai missio-

nari. I rapporti con tale universo religioso inebollizione costituiscono senza dubbio le fron-tiere odierne dell’ecumenismo in un continentesegnato anche dalla massiccia e diversificatapresenza islamica oltre che, più profondamente,da cosmovisioni autoctone cristallizzatesi nellereligioni tradizionali, ma con cui è indispensa-bile misurarsi non per “cristianizzare l’Africa”,ma per “africanizzare il cristianesimo”.

ASIA-PACIFICO LA SFIDA DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO

L’Asia e l’Oceania ospitano 285 milioni dicristiani (139 di protestanti, 131 di cattolici e12 di ortodossi), che costituiscono solo il 7%della popolazione del continente e il 13% deibattezzati del mondo. Con l’eccezione delle Fi-lippine, di Timor Est e in qualche misura dellaCorea del Sud, il cristianesimo è una religionedi minoranza in tutti i paesi asiatici, in alcunidei quali (Giappone, Mongolia e Thailandia)non arriva all’1% della popolazione. Eppure in

La sfidaprincipale per

il cristianesimoè costituita daldialogo con le

grandireligioni etradizionispiritualiasiatiche

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Sibiu (Romania), delegati ortodossi alla

3a Assemblea ecumenicaeuropea.

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A CURA DI SARAH NUMICO

Quale Cec si riunirà a Busan, in otto-bre, sette anni dopo l’assemblea ge-

nerale di Porto Alegre? O, in altre parole,che clima si respira in questi mesi?

Non vediamo l’ora di arrivare a Busan,perché crediamo sarà un evento stimolante

e ispiratore non solo per il Cec, ma per tutticoloro che sono pronti a pregare con noi “Diodella vita, guidaci alla giustizia e alla pace”.Il tema dell’assemblea è espressione delle piùprofonde aspirazioni dell’umanità: vivere inun mondo segnato dalla giustizia e dalla pa-ce, non solo per l’umanità, ma per tutta lacreazione di Dio. L’assemblea sarà l’occasioneper condividere le nostre esperienze in que-sto cammino verso la giustizia e la pace,per essere solidali gli uni con gli altri e perandare avanti insieme con rinnovata ener-gia e speranza.

Perché è stata scelta una città corea-na come sede per l’assemblea?

Busan, nella Corea del Sud, è stata sceltaperché il Nord-Est asiatico è dinamico e vi-tale per il futuro del genere umano dal pun-to di vista economico, politico e culturale.Anche il cristianesimo si sta sviluppandorapidamente in quella regione. LeChiese presenti nella Repubbli-ca di Corea rappresentanoun ampio spettro del cri-stianesimo, anche aldilàdi quelle che aderisconoal Cec. È importante ri-

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Missione Oggi | ottobre 2013 23

Un’assemblea di cristianiper la giustizia e la pace

Intervista al Rev. Olav Fykse Tveit

Il rev. Olav FykseTveit, teologo e pastore della Chiesaluterana della Norvegia, è dal 2010 Segretario generale del Consiglioecumenico delle Chiese (Cec).

Sarah Numico ha lavorato presso ilConsiglio delle Conferenze Episcopalid’Europa (CCEE) tra il 1997 e il 2004,accompagnando la genesi della Chartaoecumenica. Già presidente nazionaledella Fuci, laureata in lingue eletterature straniere, si occupa diquestioni europee ed ecumenicheattraverso alcune collaborazionigiornalistiche. Sposata, con tre figli,vive a Cuneo.

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La discussione sulla missione è crucialeper il cammino futuro del cristianesimo eper le nostre relazioni con le diverse culturee le persone di altre religioni: l’elemento ingioco mi sembra sia come le Chiese guarda-no a loro stesse e agli altri. Le Chiese hannocompiuto un lungo percorso, liberandosi dauna comprensione imperiale della cristiani-tà. Il cristianesimo è in crescita ed è vitalenelle zone che un tempo erano considerate“terre di missione”. Parlare di missione oggisignifica in realtà parlare della qualità dellanostra comune testimonianza al mondo.

Lei vede un miglioramento nei rap-porti ecumenici, grazie agli impegni chele Chiese condividono per la pace e lagiustizia?

cordare anche i tanti cristiani della Cina. Ilcristianesimo in Cina è in rapida crescita.

Quali attese nutre lei personalmenterispetto all’assemblea e, in particolare,quali passi in avanti l’ecumenismo po-trebbe compiere a Busan?

Mi auguro che l’assemblea sia un eventostimolante e motivante e che ci mostri la viada seguire. I cristiani della Chiesa primitivaparlavano della loro fede come “la via”. Erano“popolo in cammino”, in movimento verso ilregno della giustizia e della pace del Signore.

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24 Missione Oggi | ottobre 2013

Le Chiese oggi si sentono responsabili leune di fronte alle altre per quello che fannoo non fanno. Il movimento ecumenico hacreato una fitta rete di relazioni con un fortesenso di solidarietà l’una rispetto all’altra eun impegno reciproco per la giustizia e lapace. Questo è di grande importanza quan-do le Chiese si trovano a dover affrontare si-tuazioni di violenza o di conflitto. La mag-gior parte dei viaggi che compio, in qualitàdi Segretario generale del Cec, ha l’obiettivodi visitare quelle Chiese che hanno bisognodi solidarietà e di accompagnamento. Ri-spetto alla situazione dell’inizio del secoloscorso, possiamo parlare di una vera storiadi successo del movimento ecumenico. Certo,c’è ancora molto da fare. Sono convinto chepossiamo ottenere di più e spero che il “pel-legrinaggio di giustizia e di pace” sarà unostrumento per questo.

Che tipo di presenza o assenza rap-presentano i cattolici per l’assemblea ein generale per il Cec? Che dire delleChiese pentecostali?

Sono molto contento che la delegazionecattolica ufficiale all’assemblea sia guidatadal cardinale Kurt Koch, presidente del Pon-tificio Consiglio per la promozione dell’uni-tà dei cristiani; sarà una delle più numerosea Busan. Ciò dimostra che l’impegno ecume-nico è irreversibile per la Chiesa cattolica ro-mana e che si continua a cooperare stretta-mente in molti settori.

Per quanto riguarda il ruolo delle Chiesepentecostali, molte persone non sanno cheil Cec ne include già diverse tra i suoi mem-bri. La nostra collaborazione con i rappre-sentanti delle Chiese pentecostali è notevol-mente migliorata negli ultimi dieci anni, an-che attraverso il Forum cristiano globale[Un forum indipendente dalle strutture ecu-meniche esistenti e aperto a tutte le Chiesee le organizzazioni cristiane – ndr], la cuifondazione era stata prefigurata dall’assem-blea del Cec del 1998 a Harare, nello Zimbab-we. Siamo stati invitati ad andare a Busandall’assemblea dei responsabili della ChiesaYoido Full Gospel [la più grande Chiesa pen-tecostale della Corea del Sud; nata nel 1958,conta circa 1 milione di membri – ndr], cheè anche membro del Consiglio nazionaledelle Chiese in Corea. Il Cec si impegna apromuovere e approfondire la comunionetra tutti i cristiani.

A CURA DI SARAH NUMICO

Cerchiamo di diventare di nuovo un popolopellegrino, un movimento radicato nella fedee impegnato per la giustizia e la pace per tutti.Il Comitato centrale del Cec ha proposto un“pellegrinaggio di giustizia e di pace” comeelemento caratterizzante il programma delCec dopo Busan. Un pellegrinaggio a cui si po-tranno unire molte persone ovunque esse sitrovino, ma con un obiettivo comune e un sen-so di solidarietà e di mutua responsabilitàl’una per l’altra.

Uno dei temi principali sarà “la mis-sione”, e un documento sulla missioneed evangelizzazione è stato preparatoper l’assemblea: quali sono i motiviprincipali per cui è stata data grande at-tenzione a questo tema?

La discussione sullamissione è cruciale per

il cammino futuro delcristianesimo e per lenostre relazioni con le

diverse culture e lepersone di altre

religioni: l’elemento ingioco mi sembra sia

come le Chieseguardano a loro stesse

e agli altri

Da sinistra, in senso orario:Busan (Corea), chiesa presbiteriana;

momento di riflessione durante una pre-assemblea del Cec (2012); il card. Kurt Koch e il patriarca

ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.A pag. 23: veduta della città di Busan (Corea del Sud).

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Quali sono i punti di forza e le sfidedell’ortodossia oggi?

Sebbene unita nella fede e nella comu-nione sacramentale, l’ortodossia è compostada Chiese locali autocefale con propri Sinodiindipendenti, benché tutti funzionanti nelquadro dei sacri canoni dei sette Concili Ecu-menici e dei concili locali da essi riconosciu-ti. Qui stanno alcuni dei suoi punti di forzae di debolezza. Non si può dubitare della de-mocraticità delle sue istituzioni ammini-strative anche se in passato, a causa dei li-mitati mezzi di comunicazione, incoraggia-vano l’isolamento e il nazionalismo. Negliultimi decenni la collaborazione, sotto laguida spirituale del Patriarcato ecumenico,è assai cresciuta e la convocazione di unGrande e Santo Concilio della Chiesa orto-dossa è molto vicina al compimento.

Le Chiese dei paesi oltre la cortina di fer-ro, dopo aver recuperato la libertà, cercanodi adattarsi ai rapidi cambiamenti culturalie proclamare gli immutabili valori della Bib-bia e della fede cristiana in una società cherifiuta quelli tradizionali. Gli ortodossi chevivono nel Vicino Oriente sono coinvolti dai

disordini politici dei loro paesi, minacciatidallo scoppio di un grande conflitto, per cuisono stati costretti a emigrare e, se sono ri-masti, devono affrontare la persecuzione daparte di musulmani fanatici o la morte in-combente, sotto le bombe. Per esempio, doposei mesi nulla si sa del metropolita ortodossodi Aleppo, Pavlos, rapito durante una mis-sione umanitaria nel nord della Siria. Eppu-re il dover riparare all’estero, benché costi-tuisca una violazione dei diritti umani, creauna nuova diaspora, in cui annunciare e te-stimoniare la fede ortodossa.

Come procede il dialogo con la cul-tura contemporanea?

La Chiesa è nel mondo, ma non del mon-do. Il suo scopo non è quello di adattarsi aimutevoli desideri e valori della società, se-colarizzandosi, ma di santificarla “ecclesia-lizzandola”. Perciò è sensibile ai problemi so-ciali e interviene su questioni religiose, mo-rali ed etiche concernenti non solo i suoi fe-deli, ma la società. A livello panortodosso,nel 1986, alla III Conferenza pre-sinodalepanortodossa, le Chiese si sono espresse sul-la necessità che la pace, la giustizia, la liber-tà, la fratellanza e l’amore tra i popoli pre-valgano e siano abolite tutte le discrimina-zioni razziali. A livello locale tutte le Chieseautocefale emanano dichiarazioni su que-stioni sociali. La Chiesa di Grecia si è espres-sa, per esempio, sull’attuale crisi finanziariae ha anche speciali Comitati sinodali che sioccupano di temi specifici quali le questionieuropee, la bioetica, i diritti umani, la fami-glia, la tutela dei bambini e il problema de-mografico, i migranti, i rifugiati e il rimpa-trio, l’ecologia, le questioni femminili.

Che problemi comporta per le Chiesel’emigrazione massiccia dai paesi di tra-dizione ortodossa?

Uno dei problemi principali oggi è la dia-spora in Stati dove non esiste una Chiesa “na-zionale” in cui inserirsi e ci sono state migra-zioni da diversi paesi ortodossi a partire dallafine del XVIII secolo. Questi migranti, per ne-cessità, hanno mantenuto i legami con leChiese della loro patria e così si possono tro-vare più vescovi ortodossi nella stessa città epiù amministrazioni nazionali ecclesiali nellostesso paese. Il futuro Santo e Grande Sinodo

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Missione Oggi | ottobre 2013 25

Noi ortodossi siamo a nostro agionel Cec

Intervista a Stephanos Avramides

Il protopresbitero Stephanos Avramides è Segretario per lerelazioni interortodosse e intercristiane del Santo Sinodo della Chiesa di Grecia.

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A CURA DI SARAH NUMICO

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dovrà risolvere la questione. Significativa è ladecisione presa nel 2009 dalla quarta Confe-renza pre-sinodale panortodossa, che istitui-sce Sinodi regionali di vescovi ortodossi cano-nici per affrontare problemi comuni.

Come si sentono le Chiese ortodossenel Cec?

Le Chiese ortodosse si impegnano per lapromozione della comprensione e collabora-zione su problemi comuni con le altre Chiesecristiane. Già nel 1920 il Patriarcato ecume-nico invitava con un’enciclica alla creazionedi “una Lega delle Chiese” simile alla “Societàdelle Nazioni” allora esistente. Inoltre, diverseChiese ortodosse hanno partecipato alla fon-dazione del Cec e dall’assemblea di Nuova Del-

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26 Missione Oggi | ottobre 2013

hi, nel 1961, la maggior parte ne sono diven-tati membri attivi. L’ortodossia, che ritiene didovere testimoniare la fede intatta e inconta-minata, così come le sue tradizioni e l’etica,si sente a proprio agio nel Cec, collabora conle altre Chiese cristiane e cerca di imparare daloro, adattandosi, quando è possibile, ai me-todi efficaci che esse impiegano nell’affronta-re grandi problemi sociali contemporanei. Delresto, uno degli scopi del Cec è di condividereinformazioni ed esperienze verso un’azione euna testimonianza comuni.

Come procede il dialogo con la Chie-sa cattolica?

Il dialogo ufficiale è in corso dal 1980 eattualmente sta affrontando la questione

del primato petrino. Papa Francesco ha giàincontrato il Patriarca ecumenico Bartolo-meo: il suo atteggiamento semplice e la suaapparente apertura a tutti fanno sperare nelprogresso del dialogo.

Come giudica la situazione generaledell’ecumenismo oggi?

Data la grande diversità delle questionidottrinali che separano le Chiese membradel Cec, i progressi in questo campo sono sta-ti lenti e limitati, mentre lavorare insiemeha fatto molto crescere la conoscenza reci-proca. Il Cec e altri organismi ecumenici so-no stati più efficaci nell’affrontare insiemetemi sociali ed è in questo ambito che ulte-riori passi avanti possono essere compiuti.

Quale attesa nutrono le Chiese orto-dosse verso l’assemblea di Busan?

Il tema “Dio della vita, guidaci alla giu-stizia e alla pace” offre alle Chiese l’opportu-nità di annunciare Gesù Cristo come il Crea-tore e Datore della vita, Colui che ha dichia-rato che “Io sono la risurrezione e la vita, chicrede in me, anche se muore, vivrà; e chi vivee crede in me, non morirà mai” (Gv 11, 25-26). Gli ortodossi credono che si partecipa del-la vita in Cristo credendo in Lui, facendosibattezzare nel suo nome e accedendo ai sa-cramenti della Chiesa, che è il suo Corpo. Talepartecipazione inoltre conduce naturalmen-te a una vita di giustizia e pace. Questa veri-tà dovrebbe essere proclamata dall’assem-blea. Si dovrebbero anche approvare emen-damenti alla Costituzione e ai regolamentiper facilitare la capacità del Cec di esprimersicon più forza a sostegno del Credo e degli in-segnamenti cristiani fondamentali in unmondo che ha bisogno e sete di principi davivere.

A CURA DI SARAH NUMICO

Il patriarca ecumenico Bartolomeo I,sopra con l’abate Ephraim, già a capo

del monastero Vatopedi del MonteAthos, sotto con il patriarca della

Georgia, Ilia II.

A pag. 25:Istanbul (Turchia), ingresso della

cattedrale del Patriarcato ecumenico.

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vicina al compimento

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“Beh, devo ammettere che ho una certaesperienza di queste assemblee del Consiglioecumenico delle Chiese (Cec): ho giàpartecipato, da giornalista, a quelle di Uppsala(1968), Vancouver (1983), Harare (1998) e Porto Alegre (2006), e ora sto cercando di prepararmi per bene in vista di Busan”

Luigi Sandri, nato a Tuenno, in val di Non (Tn), nel 1939,cattolico, ha lavorato per parecchio tempo alla sezione

esteri dell’Ansa e poi nelle sedi dell’agenzia a Mosca e TelAviv. Oggi segue le cronache vaticane per l’agenzia Ecume-nical News International, il mensile Confronti e il quotidianoL’Adige, ed è autore di diversi libri di attualità ecclesiale: co-me, ad esempio, Ecumenismo e pace. Da Kingston 2011 aBusan 2013 (Icone, Roma 2011), firmato insieme a GianniNovelli. L’ultimo, appena uscito, è forse anche quello piùimpegnativo (e senz’altro il più voluminoso): s’intitola Dal

Gerusalemme I al Vaticano III (Il Margine, Trento 2013) edè il frutto di una lunga ricerca storica. In queste pagine egliripercorre in una grande narrazione – offerta, per la primavolta con tale ampiezza, a un lettore non specialista – tutti iconcili ecumenici e/o generali celebrati prima in Oriente dal-la Chiesa indivisa e, poi, in Occidente: fino a interrogarsi sul-l’ipotesi di un futuro Vaticano III e su un Gerusalemme II,che veda convocate finalmente tutte le Chiese. Con lui, inoccasione di una serata, che l’ha visto protagonista, organiz-zata agli inizi d’agosto durante la cinquantesima sessione delSegretariato Attività Ecumeniche (Sae) a Paderno del Grap-pa, abbiamo chiacchierato della prossima assemblea del Cec.

Qual è il quadro del Cec che si avvia all’appunta-

mento di Busan?

È un quadro in forte movimento, per le circa 350 Chieseche fanno parte del Cec, su diversi piani e rispetto a tanti te-mi. Basterebbe analizzare, ad esempio, la condizione delleChiese ortodosse, che prima del 1989 di fatto – quasi tutte– non potevano esprimersi liberamente, poi è cambiato un

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Testimoniarela riconciliazione

in un paese divisoA CURA DI BRUNETTO SALVARANI

Intervista a Luigi SandriLuigi Sandri, giornalista professionista, ha lavorato

all’ufficio Ansa di Mosca ed è stato corrispondente dellastessa agenzia a Tel Aviv. Vaticanista dell’Ecumenical

News International di Ginevra e de L’Adige diTrento, è membro della redazione di Confronti.

Tra le sue pubblicazioni: Dio in Piazza Rossa(Claudiana 1991) e Città santa e lacerata.

Gerusalemme per ebrei, cristiani, musulmani(Monti 2001).

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Page 12: Dossier Busan y gestos concretos

sogna ricordare, fra l’altro, che la penisola coreana registraoggi la più alta concentrazione di atomiche su scala mon-diale. Dal 27 luglio 1953, data dell’armistizio di Panmun-jeon, il 38° parallelo – il confine più fortificato al mondo! –divide le due porzioni della penisola coreana, che da allorasi accusano reciprocamente (recentemente, ad esempio, laCorea del Nord si è scagliata contro quella del Sud, perché asuo dire quest’ultima starebbe preparando un attacco controdi essa, insieme agli Stati Uniti). Esiste qui, dunque, un ri-schio perennemente incombente: ecco perché si tratta di unfatto notevolissimo aver scelto la Corea del Sud, un vistosoatto di fede e di speranza da parte del Cec riflettere proprioin quella sede su “Dio della vita, guidaci alla giustizia e allapace”. Organizzare da quelle parti un evento del genere nonè e non sarà certo una passeggiata! Penso ne sarebbe feliceDietrich Bonhoeffer, che nel 1934 aveva ipotizzato un con-cilio mondiale di tutte le Chiese per osare la pace!

E perché proprio la città di Busan?

Stiamo riferendoci alla seconda città sudcoreana per nu-mero di abitanti, oltre che quinto porto per volume di mercinel mondo intero: si tratta di una vasta metropoli industria-le, un cruciale porto commerciale situato strategicamentefra Cina e Giappone (per dire, tutti i giorni dalla Cina si al-

po’ tutto, e a Harare è scoppiata, di conseguenza, la questio-ne della rappresentanza: tradizionalmente nel Cec ogniChiesa vale un voto e soprattutto quella ortodossa russa, for-te dei suoi oltre cento milioni di fedeli, ha percepito questanorma come una discriminazione… fino a protestare ani-matamente contro il fatto che il Cec guardi il mondo dalpunto di vista delle Chiese evangeliche e solo con occhialioccidentali, trascurando la sensibilità squisitamente orto-dossa, con il suo prezioso patrimonio di spiritualità e teolo-gia (le icone, la liturgia, e così via). Essendo le Chiese orto-dosse una trentina in tutto e quelle protestanti oltre trecento,in teoria le prime sono destinate a restare sempre in mino-ranza: ecco perché ad Harare hanno deciso di uscire clamo-rosamente dal Cec… mentre a Porto Alegre, otto anni dopo,si è tentato di comporre la disputa attraverso il metodo delconsenso, con il relativo impegno a non mettere mai ai votiun problema ecclesiologico: si deve discutere e poi discutereancora, fino a una composizione, a una convergenza, alme-no parziale. Da questo punto di vista, è significativo che ildocumento teologico predisposto per Busan dalla commis-sione Fede e Costituzione parli di una visione comune diChiesa (pur tenendo conto che, sin dall’incontro del Cec diToronto, del 1950, si stabilì che la partecipazione di unaChiesa allo stesso Cec non implichi mai che essa debba ri-nunciare a una sua propria ecclesiologia). Ecco, Busan do-vrà cercare di rispondere a questo panorama complesso, pro-seguendo nella – certo faticosa – opera di ricomposizione.

Perché, a suo parere, è così simbolicamente rilevante

la scelta di avere puntato, da parte del Cec, su una sede

sudcoreana?

Perché dietro quella terra c’è un gravissimo problemapolitico, che mette in pericolo la stessa pace mondiale: bi-

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28 Missione Oggi | ottobre 2013

Il Sud Coreadellereligioni ENZO PACE

La Corea del Sud, da qualchedecennio, è uno dei paradisiterrestri per i sociologi dellereligioni. Per farcene un’idea,prendiamo a prestito il quadroofferto da Enzo Pace – docente di Sociologia delle religioniall’Università di Padova – sullarivista brasiliana Caminhos.

Alla fine del secolo scorso la Corea del Sud –mentre circa una metà della popolazione

si dichiara atea o agnostica – ha conosciutoun’espansione senza precedenti del cristianesi-mo. Più nella forma del protestantesimo chenon attraverso le missioni cattoliche, che, tut-tavia, hanno, anch’esse, cominciato a mettere

radici. Quel paese, come altre regioni del Sud-est asiatico, è stato tradizionalmente influen-zato dapprima da una forma locale di sciama-nesimo (penetrato dalla Mongolia in tempi an-cestrali), successivamente dal buddhismo Ma-hayana (detto anche del Grande Veicolo) e dalconfucianesimo (una presenza antichissima,subito dopo la sua nascita in Cina).

Fra il 1962 e il 1994 i protestanti sono pas-sati dalle 735 mila unità a 8 milioni, i cattolicida poco meno di 600 mila a 2 milioni e 600 milae, infine, i buddhisti da 687 mila a più di 10 mi-lioni (esiste anche il ceondoismo, una religionelocale sorta nell’Ottocento il cui nome significareligione della via celeste). La crescita delle con-fessioni cristiane si accompagna alla rapidatrasformazione economica che la Corea del Sudconosce appunto fra il 1960 e il 1990. La società

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TTO Un momento della 9° Assemblea del Cec a Porto Alegre (Brasile).

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zano parecchi voli direttamente per Busan), ragguardevoleanche sul piano culturale e turistico. Del resto, è l’interopaese sudcoreano a offrire oggi, da un lato, un singolareorizzonte ecumenico, e, dall’altro, a risultare una sorta diconcentrato delle maggiori questioni ecclesiali e sociali at-tuali: vi si registra una crescita esponenziale delle Chiesedi ascendenza evangelicale e pentecostale, con relativo dis-sanguamento delle Chiese storiche (anche perché la san-guinosa guerra del 1950-1953, mai ufficialmente terminata,ha sventrato Seul, la capitale, e favorito l’arrivo di diversedenominazioni dagli Stati Uniti), ma anche una secolariz-zazione devastante e una forte ricerca di senso; tecnologieassai avanzate e, insieme, sacche di povertà decisamenteestese. Con un gioco di parole, direi che lì si può speraretantissimo e disperare tantissimo…

Quali sono le questioni aperte che sarà più difficile

veder risolte a Busan?

In realtà, non sono poche né di secondaria rilevanza! Apartire dalla celebrazione comune della cena del Signore,che mi parrebbe destinata a restare irrisolta a causa dellediverse letture da parte dell’ortodossia (che vede l’interco-munione come un premio, un traguardo finale) e del prote-stantesimo (che la legge come un viatico); per giungere al

rapporto con la Chiesa cattolica, che – com’è noto – non èmembro del Cec, anche se da sola conta più fedeli di tuttele altre Chiese sparse sulla terra! Poi, evidenzio due altriproblemi di grande portata: il potere delle Chiese e la pre-senza femminile. Quest’ultimo, in particolare, mi sembrastrategico perché, se non le prenderanno sul serio, le donnesono destinate a spaccare le Chiese stesse! Infine, ma nonda ultimo, non dimenticherei la grave situazione economicadel Cec, che da diverso tempo rischia di metterne in discus-sione la stessa esistenza.

Sarebbe importante che anche nel nostro paese si di-

scutesse di quanto avverrà a Busan, ma è difficile essere

ottimisti al riguardo, perché viviamo una condizione di

triste provincialismo... Che cosa si può fare da qui, par-

tecipando sia pur da lontano ai lavori dell’assemblea?

In primo luogo, ritengo sia decisivo che nei gruppi, nel-le parrocchie, nelle comunità locali, si diffonda la notiziadi questo evento, e soprattutto si preghi affinché l’assem-blea del Cec riesca, e riesca bene: anche perché, se le Chie-se non si dimostrano capaci di fare la pace tra loro, è im-possibile che siano prese sul serio nella loro azione dagliosservatori esterni. La pace fra le Chiese è decisiva, per po-ter risultare credibili agli occhi del pianeta! E pregare, nellospecifico, perché a Busan si dia un gesto profetico da partedelle Chiese, in vista dell’annuncio sempre più efficace delVangelo di Gesù. È san Paolo che ci esorta: “Lasciatevi ri-conciliare!”, e la riconciliazione esige il pentimento. Nelnostro caso, occorrerà mettere al primo posto il gesto delsamaritano della parabola lucana, e ricordare sempre che ilferito della parabola, in Corea, è un intero popolo spaccatoin due.

A CURA DI BRUNETTO SALVARANI

Missione Oggi | ottobre 2013 29

coreana, come altre realtà dell’Estremo Oriente, coin-volte nei processi di modernizzazione economica ditipo capita listico, ha visto tramontare l’universo deivalori tradizionali legati al mondo contadino e allecomunità di villaggio. Valori fondati su un diffusoed ereditato senso del sacro, che combinavano ele-menti dell’antica cultura sciamanica con la spiri-tualità confuciana. La modernizzazione socio-eco-nomica ha portato con sé, da un lato, maggiore be-nessere individuale, ma, dall’altro, nuove forme didisuguaglianza sociale. La Chiesa cattolica ha cosìpotuto espandersi, essendo riuscita a presentare ilsuo messaggio religioso come una risposta etica albisogno di giustizia sociale, piegando il suo linguag-gio teologico alle categorie mentali proprie del po-polo coreano. Divenendo una Chiesa nazionale co-reana, il cattolicesimo ha potuto mettere radici, di-stanziandosi dalla teologia romana e guadagnando

una relativa autonomia da Roma. Ancheil protestantesimo ha conosciuto una stra-ordinaria crescita, non tanto e non solo nel-le forme tradizionali, quanto piuttosto secon-do modelli radicalmente nuovi: sia le grandi Chie-se pentecostali (come la Full Gospel Church) sia lenuove Chiese post-protestanti, come la Chiesa del-l’Unificazione del reverendo Moon (fondata nel 1954)o la Chiesa che fa proseliti trasformando le partitedi calcio in scontri fra le forze dello spirito e quelledel male (!), proliferate e moltiplicatesi negli ul timidecenni, mostrano quale sarà la direzione di marciache il cristianesimo assumerà nel futuro: per un ver-so, come religione non estranea alla culture nazio-nali e locali, anzi capace di accogliere concezioni cheprovengono dagli strati profondi delle credenze sto-ricamente precedenti e, per un altro, come nuovaimmaginazione nel credere.

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Dall’alto: Isola Jeju (Corea del Sud),buddhismo mahayana, tempioYakcheonsa; momento di preghiera di monaci e fedeli buddhisti per laconservazione della cultura coreana e il benessere delle persone;Seoul (Corea del Sud), Yoido FullGospel Church, mega chiesapentecostale.

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Clai ha deciso di approfondire gli aspetti po-sitivi dell’ecumenismo fondati su una teolo-gia pratica. Nei Tavoli che in ogni paese riu-niscono i membri locali del Clai i temi più ri-chiamati sono stati quelli collegati alla gra-vidanza di adolescenti, alla mortalità ma-terna e alla violenza sessuale. Col Fondo del-le Nazioni Unite sulla popolazione e lo svi-luppo (Unfpa) abbiamo preparato materialididattici, che comprendono una base teolo-gica, per discuterne nelle Chiese.

Alcuni osservatori sostengono che ilboom del movimento pentecostale co-mincia a rallentare. Come giudica que-sto sviluppo e questa presenza nel conti-nente?

Il movimento pentecostale è presente inAmerica latina da oltre un secolo, poiché i

A CURA DI MAURO CASTAGNARO

Quali attese nutrono le Chiese lati-noamericane nei confronti dell’assem-blea di Busan?

Queste assemblee sono un’occasione percondividere ciò su cui ciascuno lavora. ComeClai metteremo l’accento sull’approccio ecu-menico nella teologia pratica, in vista di unecumenismo di gesti concreti.

Tema dell’assemblea sarà “Dio dellavita, guidaci alla giustizia e alla pace”.Quale pensa possa essere il contributospecifico delle Chiese latinoamericane?

Come Clai vogliamo condividere due ini-ziative che coordiniamo. La prima è il Pro-gramma di accompagnamento delle vitti-me della violenza in Colombia, con cui, me-diante delegazioni internazionali che convi-vono fino a 3 mesi in luoghi di conflitto, for-niamo sostegno emotivo e spirituale a comu-nità colpite dal conflitto armato. La secondaè quella di sfidare le Chiese ad approfondire itemi legati alla salute sessuale e riproduttivanelle loro pastorali giovanili e di giustizia digenere. Dopo l’Africa, l’America latina ha ilpiù alto numero di gravidanze precoci.

In maggio si è svolta a Cuba la VI As-semblea del Clai. Come valuta lo statodell’ecumenismo intraevangelico inAmerica latina?

Stiamo abbattendo pregiudizi nelle Chie-se pentecostali che considerano l’ecumeni-smo una strategia della Chiesa cattolica perfar tornare tutti sotto Roma. Questa idea èmolto forte nel mondo protestante. Perciò il

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30 Missione Oggi | ottobre 2013

Nilton Giese, pastore della Chiesa evangelica di confessione luterana in Brasile (Ieclb), è segretario generale del Consigliolatinoamericano delle Chiese (Clai). Dopo gli studi alla Scuola superiore di teologia (Est) di São Leopoldo, nelloStato del Rio Grande do Sul, ha esercitato ilministero in Brasile e Costa Rica, insegnando anche alSeminario evangelico di Matanzas, a Cuba.

Intervista a Nilton Giese

Un ecumenismo di gesti concreti

Oggi a preoccupare sono lemegaChiese neopentecostali,

che promuovono in modoaggressivo un discorso di

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primi pentecostali giunsero in Brasile nel1910. L’istituzionalizzazione cambia le co-munità pentecostali. I pastori e le pastorecercano una formazione teologica di qualitàe spesso la trovano nei seminari delle Chieseprotestanti storiche. Allora l’apertura ecu-menica è naturale. Oggi a preoccupare sonole megaChiese neopentecostali, che promuo-vono in modo aggressivo un discorso di“guerra spirituale” contro le altre religioni(comprese quelle indigene e i culti afroame-ricani) ed enfatizzano la lotta contro i demo-ni per rendere possibile la prosperità. In ge-

ne confessionale. In molte Chiese protestan-ti l’introduzione di canti pentecostali e pre-ghiere con la partecipazione attiva dei fede-li ha reso più vivo il culto.

Come sono i rapporti tra le Chiese ade-renti al Clai e la Chiesa cattolica romana?

In generale abbiamo ottime relazioni conle conferenze episcopali. In qualche caso uncerto allontanamento si è verificato a causadei conflitti politici locali: in Honduras perl’appoggio del card. Oscar Rodriguez Mara-diaga, arcivescovo di Tegucigalpa, al colpo diStato che nel 2009 ha rovesciato il presidente

Missione Oggi | ottobre 2013 31

Il card. Jorge Bergoglio è sem-pre stato molto aperto al dialogoecumenico. In Argentina ha pregatocon gruppi pentecostali che non sonoecumenici, ma hanno posizioni conserva-trici sul piano etico. Come Clai abbiamo avu-to vari incontri, specie sull’impatto negativodel debito estero sullo sviluppo dei nostri pae-si, chiedendo una revisione dei contratti bi-laterali in ogni nazione da parte della societàcivile. Il card. Bergoglio è pure noto per le forticritiche al governo argentino e per la sua op-posizione ai diritti sessuali e riproduttivi.

nerale le Chiese neopentecostali non chiedo-no ai membri una partecipazione, ma pro-vocano conflitti familiari e interecclesiali perle pratiche che esigono come prova di fedeltàa Dio: vendere la casa e consegnare il rica-vato alla Chiesa, assaltare luoghi religiosiafro o indigeni per espellere il potere del ma-le ecc., il tutto affinché Dio ricompensi la fe-deltà della persona con beni materiali.

C’è una “pentecostalizzazione” delleChiese protestanti storiche latinoameri-cane?

Penso che le Chiese storiche si sianomaggiormente aperte alla spiritualità apartire dalla liturgia, ma nella predicazionerestino abbastanza fedeli alla loro tradizio-

della Repubblica Manuel Zelaya; in Paraguay,perché diversi vescovi hanno consigliato alpresidente Fernando Lugo di non opporre re-sistenza alla propria destituzione per evitareuno spargimento di sangue; in Venezuela peril conflitto col governo promotore del “socia-lismo del XXI secolo”, che ha diviso le Chiese.

Come Clai puntiamo a discutere col Con-siglio episcopale latinoamericano (Celam)una proposta di gestione dei conflitti. Non vo-gliamo eliminarli con un pensiero unico. Pro-poniamo di dibattere il modo in cui caratte-rizzare le Chiese come spazi democratici.

Che aspettative ha suscitato nelleChiese del Clai l’elezione di Papa Fran-cesco?

Molti temono che come Papa, applichi la suamilitanza attiva in questo campo anche adaltri paesi della regione.

Quali sono le sfide e le potenzialitàdell’ecumenismo in America latina?

La VI Assemblea ha stabilito che il Claideve continuare a sollecitare le Chiese a tenerconto dei diritti sessuali e riproduttivi, deveapprofondire il tema della giustizia socialeper favorire il varo di politiche contro la famee per l’occupazione, soprattutto giovanile, de-ve promuovere una pastorale ecumenica diaccompagnamento dei movimenti sociali econsulenza pastorale alle lotte popolari. Inol-tre intendiamo favorire una pastorale ecu-menica di sostegno ai migranti (chi emigrae le famiglie che restano), un’azione congiun-ta delle Chiese in caso di catastrofi (preven-zione, formazione di comunità in situazionidi rischio, pressione politica per il diritto auna casa decente, cura pastorale e psicologi-ca delle vittime) nonché il dialogo e la coope-razione con altri organismi ecumenici o con-fessionali, come il Celam.

A CURA DI MAURO CASTAGNARO

Penso che le Chiese storiche si siano maggiormente aperte allaspiritualità a partire dalla liturgia, ma nella predicazione restino

abbastanza fedeli alla loro tradizione confessionale. In molte Chieseprotestanti l’introduzione di canti pentecostali e preghiere con la

partecipazione attiva dei fedeli ha reso più vivo il culto

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del Cec, prima alle Chiese ortodosse dell’Eu-ropa orientale all’inizio degli anni 60, poi aquelle divenute autonome dopo la decolo-nizzazione, con uno spostamento del bari-centro dell’organismo verso il Sud del mon-do. La riflessione ha sempre cercato di co-niugare l’ispirazione biblica, l’illuminazio-ne teologica e l’analisi socioculturale, af-frontando temi come l’evangelizzazione ela testimonianza cristiana, il rinnovamen-to della cristologia e della visione ecclesio-logica, la spiritualità e i sacramenti, il dia-logo ecumenico e la comunione tra le Chie-se, lo sviluppo economico e la giustizia in-

ternazionale, il razzismo e il ruolo delladonna nella società e nella comunità eccle-siale, la promozione della pace, la salva-guardia dell’ambiente e le minacce alla pa-ce. La discussione è stata a volte attraver-sata da tensioni, come quelle che hannospinto ad Harare a istituire una Commis-sione sulla partecipazione delle Chiese or-todosse, critiche verso “l’egemonia prote-stante” sul Cec, e slanci, per esempio versola creazione di un Forum delle Chiese cri-stiane e delle organizzazioni ecumenicheche coinvolgesse la Chiesa cattolica roma-na e le Chiese pentecostali. (m.c.)

Il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) sidefinisce una “fraternità di Chiese che con-

fessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Sal-vatore, secondo le Scritture, e si sforzano dirispondere insieme alla loro vocazione co-mune per la gloria di un solo Dio, Padre, Fi-glio e Spirito Santo”, camminando “sulla viadell’unità visibile in una sola fede e in unasola comunione eucaristica, espressa nel cul-to e nella vita comune in Cristo”, nell’evan-gelizzazione, nel servizio all’umanità, nel-l’impegno per la giustizia, la pace e la sal-vaguardia del creato.

Il Cec è sorto nel 1948, dalla fusione delleorganizzazioni interconfessionali Fede e Co-stituzione (Faith and Order) e Vita e Azione(Life and Work) – cui si aggiunse nel 1961 ilConsiglio missionario internazionale – na-te dopo la Conferenza missionaria mondia-le di Edimburgo del 1910, considerata l’iniziodell’ecumenismo moderno. Ha sede a Gine-vra, in Svizzera, e oggi costituisce il piùgrande e rappresentativo organismo ecume-nico del mondo, riunendo, alla fine del 2012,345 Chiese di 110 paesi, in rappresentanzadi oltre 560 milioni di cristiani di tutte leprincipali famiglie confessionali, soprattuttoprotestanti, anglicane e ortodosse. La Chiesacattolica romana partecipa come “osserva-trice”, mentre è membro a pieno titolo dellacommissione “Fede e costituzione”.

Questi incontri hanno visto il progres-sivo allargamento del numero dei membri

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32 Missione Oggi | ottobre 2013

Le assembleedel Cec

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Nuova Delhi (1961).

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Porto Alegre (2006). Harare (1998).

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Da Amsterdama Porto Alegre 1948 - Amsterdam (Olanda): “Il disordi-ne dell’uomo e il disegno di Dio”

1954 - Evanston (Stati Uniti): “Cristo, lasperanza del mondo”

1961 - New Delhi (India): “Gesù Cristo, laluce del mondo”

1968 - Uppsala (Svezia): “Ecco, io faccionuove tutte le cose”

1975 - Nairobi (Kenya): “Gesù Cristo li-bera e unisce”

1983 - Vancouver (Canada): “Gesù Cristo,vita del mondo”

1992 - Canberra (Australia): “Vieni, Spie-rito Santo, rinnova tutta la creazione”

1998 - Harare (Zimbabwe): “Volgetevi aDio, rallegratevi nella speranza”

2006 - Porto Alegre (Brasile): “Dio, nellatua grazia, trasforma il mondo”

Amsterdam (1948).

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