Donna di piacere

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Barbara Alberti. DONNA DI PIACERE. NOTA DELL'EDITORE. Questo violento e delicatissimo romanzo fiaba di Barbara Alberti fin dalle prime pagine predispone il lettore a incontri eccezionali: nella cornice ingenua e corposa di un bordello di campagna, sul morire del secolo scorso, in un luogo imprecisato che per lascia trasparire le pi stregonesche e mistiche magie dell'Umbria, vive Chiara, donna visionaria, figlia di un macellaio di paese, avvezza alle attrattive e alle repulsioni del sangue. Chiara, come un San Francesco laico, parla con gli animali, ma anche con i morti e i nascituri, in un delirio che la fa giudicare da tutti una pazza. Tra realt e fola, con la forza poetica di un cantastorie, che sa di scandali e di santi, la Alberti incalza questa bizzarra protagonista, dalla sua ribellione alla famiglia d'origine, al suo accasarsi con il giovane Ottiero, con la sua malevola madre alle spalle, alla nascita di due figli, che con il latte di Chiara succhiano la sua anomala e spiritata inclinazione a vivere tra terra e cielo. Ma per Chiara, che da bambina fu rapita in estasi dal mitico dipinto di Sant'Amara, custodito in una tenebrosa e diroccata cappella boschiva, il destino non pu che rotolare verso altri approdi, spingendola lontana dalla nuova famiglia. E il suo arrivo sar appunto nel bordello agreste di Madame Goullon, solitamente frequentato da canaglie paesane, dove nascer il suo smisurato e impossibile amore per l'Angelo, l'omosessuale Emilio. Per dedicarsi a questo irrealizzabile sogno con pi vigorosa dedizione, lei stessa sceglier di rinunciare agli onori di puttana, diventando serva di casino. Il romanzo di Barbara Alberti spicca per la sua splendida inattualit, per il ritmo colto e trascinante della scrittura, capace di affrontare senza salti stilistici i vorticosi riflessi di una lucente spiritualit o gli spasimi gioiosi e dolenti della carnalit pi lasciva. Valgano le ammalianti pagine della vita di bordello, una specie di convento laico, con le sue fantasticate e perfettamente caratterizzate meretrici. Circola nell'intero libro una venatura di timbro insolito, spesso tendente al poema (D'Annunzio, "Cantico delle Creature") e alla favola, da Perrault a Collodi, il tutto senza artifizio "firmato" dall'autrice. Barbara Alberti nata in Umbria. Ha iniziato a lavorare come sceneggiatrice (con Amedeo Pagani) a tutta una serie di film di successo, fra i quali "Il Maestro e Margherita", "Maladolescenza", Portiere di notte, "Ernesto" e "La disobbedienza". Ha scritto per il teatro femminista "La Maddalena" la farsa "Ecce Homo". Con "Donna di piacere", l'autrice si conferma come una delle scrittrici italiane pi sensibili alle problematiche femminili. Dopo "Memorie Malvage" (premio l'Inedito 1976) sono usciti presso la Mondadori i romanzi "Delirio" (1978) e "Vangelo secondo Maria" (1979). DONNA DI PIACERE. Al figlio di Auguste Greger 1. MARTEDI' GRASSO AL BORDELLO. Chiara! Chiaraaaaaaaa!

Chiar! Mi chiamano da ogni parte affacciate alle loro stanze, scarmigliate, impazienti oggi della loro bellezza. E io volo da tutte, o patrimonio scomposto di volti, di peli arruffati, ragazze! Se la F in ordine, il resto che aspetti... e le aiuto il velluto dei sessi a spianare, a irrorar di profumo senza risparmio; e poi a domare i capelli, che l'emozione li ondeggia e scuote. Alla Nichilina afferro la chioma bizzoso cavallo e dei serpenti neri suoi capelli faccio una solida treccia da bella, ma lei si morde le labbra, piacer, dice, all'orefice? Severa, con la bacchetta Madame Goullon si batte la mano, Nichilina, una vera puttana ha da piacere a tutti. E sciolta, la chioma! che all'uomo la testa scomposta suggerisce stranezze e i soldi non contan pi niente (i soldi, che pure son tutto!). Al galoppo, vestite vi voglio, che solo nelle case da due lire si aspetta, da me, sempre pronte, sono famosa per questo... Maestosa si aggiusta l'occhiale come crede faccian le duchesse, guardando dalla finestra il suo dominio, e un po' perch beve si scorda che il bordello una casetta in collina, con pochi clienti per bene e molta canaglia. Ma stasera! E' marted grasso. Pi tardi verranno gli uomini. I migliori, i pi profumati coi portafogli rigonfi come braghette. Per questo la casa trema, per questo Chiara, le calze, Chiara il belletto... Chiara ho l'alito cattivo, oggi? A Damina stringo il corsetto, a Elvira stiro il merletto delle portentose mutande (conobbero, pare, mani di re), ma a tutte sussurro, in segreto Sei tu la pi bella. Bisogna contentarle oggi, l'ultimo di carnevale incontrare gli uomini non come le altre volte, oggi davvero proibito e diverso oggi ogni lazzo possibile, ogni bella finzione. Gli uomini verranno travestiti da altri, con maschere e mantelli, extravaganti signore diverranno queste spietate puttane, e folli eroi i loro ganzi. La Nichilina s' vestita da sciantosa e Damina da Schiava d'Affrica ( innamorata di tutti, innamorata di s, e perfin ora nei pantaloni di raso sognante si carezza la fessura che posta ha tra le gambe perch mai si annoi, cattiva bambina). Io cerco che facciano piano, che non disturbino Cantilena, e zitte, dico! Ma il silenzio si spezza in risa oggi una cascata dorata sgorga dalla bocca di Elvira, shhhh! Cantilena sta morendo, Cantilena che fu grande nei pompini, un po' di rispetto in nome di Dio, per chi il mestiere l'ha conosciuto davvero. Ma regna Carnevale, ogni minuto in maschera, e sovvertite le abitudini, oggi la Nichilina non cerca con lievi bugie di correre in cortile, e abbandonarsi alla sua passione, di cui non pu fare a meno un solo giorno: i piccoli turpi commerci con gli animali. La Goullon ha cercato di levarglielo il vizio, ma lei campagnola e dice che non v' piacere pi grande delle bestie, lo ha sempre fatto fin da bambina. In un meriggio d'estate, sentii gridare in pollaio. Le altre dormivano. Scesi gi, incuriosita... e vidi la Nichilina, pazzamente discinta, le gonne alzate. Teneva in braccio un'oca e la premeva sul sesso denudato, dopo averle infilato le dita dentro fino a farla strillare. Gli strilli dell'oca le tolsero ogni freno... le strinse il becco... Nello spasimo, le tir il collo. La Goullon le diede cento bacchettate dicendole sudiciona. La Nichilina aveva goduto tanto, che prese le busse come in sogno. Ma oggi dei pennuti s' dimenticata, oggi ogni scherzo vale e gli uomini, le sembrano importanti quanto i polli. Ma perch Giolli si torce le mani, e Rannusia la spia? Solo loro non partecipano alla festa solo loro non curano le maschere.

Perch quegli sguardi, Giolli alla finestra, Rannusia sul volto di Giolli? Cosa verr dalla strada, se Giolli la guarda con ansia, e Rannusia con ira? Eppure, tra loro tutto finito da tempo... No. Fra noi non finir mai, dice lo sguardo di Rannusia fisso su Giolli, e d'un amore assassino le scintilla il viso. Prima di finire al bordello fui una signora, e prima ancora un cane arrabbiato. Ma mai partecipai con tanta furia alla preparazione d'un marted grasso. Per i modelli, consultammo la rivista "Natura e Arte", dove la Marchesa di Riva, nella rubrica Moda e..., suggeriva per tempo i travestimenti di carnevale. Le ragazze, scorrendo le seducenti illustrazioni si accapigliarono per la scelta, e fu un'impresa metterle d'accordo. Ma in autunno ognuna aveva la sua maschera, e cominciai a tagliare i costumi. Era il bel novembre e gi cucivo per carnevale, sembrava una festa lontana che non sarebbe venuta mai. E invece venne quasi d'improvviso, gli ultimi giorni febbrilmente e mi stanno diventando tutte nervose, come prime attrici. Meritano d'altronde ogni onore, i sette coraggiosi che verranno al carnevale delle puttane: l'orefice, Gigi, lo Zoppo, Teodoro e Menco, Giulio del Sarto e Trionfi. Solo loro oseranno lasciare il carnevale del paese, dov' accentuata la mestizia di tutti i giorni, col sindaco travestito da maresciallo e il maresciallo da sindaco. Lasceranno le mogli e le madri coi loro efferati dolcetti, alcuni vilmente, altri senza spiegazioni, per tener fede ai baffoni imperiosi che contornano il labbro. Carnevale finisce, spronate i destrieri, al casino! Per stare casa c' tutta la quaresima, per stare con chi non si paga, con chi ci annoia senza chiedere. E noi faremo onore, lo vedranno dov' il Carnevale! Non li faremo pentire d'avere sfuggito per noi le mogli bisunte, gli arroganti marmocchi. Qui stasera al casino stupiranno dapprima i costumi, ma quando la festa si scalder, verranno tolti e salteranno fuori allora i travestimenti golosi, che quando saranno nude, voil! Damina se l' tinta di rosso e la Nichilina di giallo zafferano, celeste la F di Elvira, Madame Goullon tutta rosa, anche se da tempo riposa. (Ma buia resta la F di Giolli, per un segreto che tanto vorrei capire.) O bel finale di scherzi, o lotta stanotte prima d'indurli a fare ci per cui son venuti, in fuga da F casseruole... Dapprima, confusi dai colori si scosteranno, ma i loro arnesi curiosi si protendono verso i piccoli buchi di miele che ronzano come sciami e dicono niente paura, alla peggio un'ape uscir da qui dentro e vi bucher quel lungo pallone e sarete liberi per sempre. Non questo, signori clienti, che volete? quando pronti a spendere vi presentate, e i vostri occhi dicono tagliate, tagliate... Ebbe una grande idea Madame Goullon, a situare la casa fuori del paese. Venire qui per gli uomini una doppia avventura. Il Ponte del Falco pericoloso, sempre sul punto di crollare poi d'inverno la neve, e i lupi... Quando vengono a comprare una ragazza, devono prima provare il loro coraggio. Se nevicasse, un poco. Non udrebbero il rumore dei propri zoccoli, venendo qui sarebbero gi a met del sogno. Cade il vento, l'aria grave. Verr la neve, evviva. L'anno passato facemmo un gran pupazzo in cortile con un bastone fiorito al posto del coso, e poi la Nichilina gli diede fuoco, scotendo la testa... i

capelli le si incendiarono e lei rideva, danzarono tutti intorno, le grida, e l'amante di Lisetta, in eccesso, con coltello e forchetta finse di divorarle la F, che spasso! Non ancor l'ora che gli uomini vengano, e gi le ragazze son pazze d'attesa, l'eccitazione abita le stanze e le gonne; come un piccolo fuoco, prima del grande. Le ragazze non mangiano, ma girano anisette. Madame Goullon sempre l, Piano, signorine!, ch mai obla il lavoro, Madame Goullon, nata Martinotti. Il padre, gran signore, nacque troppo bello, e perse la sua fortuna con le donne. Lei allora mise s il casino e con le donne la riedific: aveva applicato un semplice principio economico. Madame pag tutti i debiti, e il padre pot tornare negli affari. Fu riabilitato. Ma lei non si poteva riabilitare. Eppure, un collegio per signorine sembra il bordello ai soli dell'aurora, tende chiare, guance rapite dallo sbadiglio, le brioches, il pianoforte di Madame Goullon che d lezioni alla Nichilina, le cosce pi dure della regione, una bella mano, bella anche per il piano. La Goullon alleva una buona puttana e si consola di non avere una figlia da tirar s. Tutte le sere le legge i fascicoli di "Natura e Arte", e se non sta attenta, sono bacchettate: s' abbonata perch entri con l'istruzione un po' di finezza; quando arriva la rivista, all'inizio del mese le ragazze si affollano per la lettura. Ognuna ha la sua passione. Rannusia va matta per l'elettricit, non ne ha mai abbastanza delle invenzioni e parla della mostra di Chicago come se ci fosse stata, e della ferrovia aerea, che il vapore, ormai, passato di moda. Elvira trepida per l'ardita impresa polare del capitano Nansen, e tiene una foto di lui tra la biancheria. Damina s'interessa solo di moda, e la prosa della Marchesa di Riva la inebria, certi pezzi li impara a memoria, e li ripete tra s perfino quando chiava, sconcertando il cliente: Perch le rose di dicembre, pallidine e fragili, le quali tremano come temendo che un soffio tronchi la loro testolina profumata... voi, lo sapete, o signore: portano fortuna. La Goullon segue le notizie finanziarie, il mese scorso rest folgorata: c'era scritto "All'impresa che si occupa del traforo del Frejus verr corrisposta la cifra di 54 milioni...". Un solo gigantesco traforo, invece di tanti piccoli e intimi... Goullon, se avessi fatto gallerie! Giolli, aprendo la rivista dice vediamo che succede a Parigi, come ne fosse appena partita o stesse per tornarci, e sa dei pranzi e delle feste di Pierre Loti, autore di libri indecenti, come se col ogni sera cenasse, attorniata da avventurieri e granduchi. Ma alla Nichilina, le interessa solo chiavare le bestie e si annoia durante la lettura e rischia di dormire e la vecchia freme... ma se un gallo canta nella notte, eccola pronta e sveglia... Allora la Goullon le d con la bacchetta sulle mani piene di geloni, e si accanisce come per gelosia, la Nichilina strilla e lei le dice anche l'oca strillava, e gi un colpo. Ma poi piange, e la accarezza e le regala (oh!) qualche soldo, allora la Nichilina che scoppia in lacrime e dice Io le sar sempre grata per il bene che mi fa. La Goullon annuisce, ma non crede all'affetto della Nichilina. La Goullon crede solo al denaro, che un dio buono coi suoi veri devoti, quelli che raggiungono la perfezione. Ero arrivata da poco, quando scopersi, per la prima volta, la Goullon alle prese col guadagno.

Fu il giorno che mor Lisetta. Vegliavamo la sua agonia, sconvolte dalla pena, quando notai un signore in salotto. Rigido e molto serio, sfregava i guanti l'uno contro l'altro, come chi in ansia. Chiesi se fosse un parente, o un amante. Madame Goullon mi rispose Zitta, scema. Lisetta era allo stremo. Pochi istanti dopo era morta. La Goullon lo annunci all'orecchio del signore, che dominandosi si sedette, ma lo sfregamento dei guanti divenne convulso. Lavammo Lisetta, la Goullon la profum tutta e le infilammo una camicia di pizzi. Solo allora l'uomo fu introdotto da lei. Rest dentro dalle quattro alle sei. Non un rumore si ud, ma fin dal mattino il vento mandava due piccoli suoni d'arpa che si ripetevano nei polsi di tutte noi, mentre il cliente godeva del suo particolare piacere. Egli non aveva mai conosciuta Lisetta in vita, ma gli era stata promessa da morta. Quando usc dalla camera sorprendemmo la padrona che intascava i soldi, e ci parve ancora d'udire l'arpa risuonare su 'l gilet smisurato dell'uomo, mentre contava l'oro alla vecchia. La Goullon ci vide esterrefatte, e disse Imparate, puttane: l'onore per una vera ragazza rendere anche dopo. E Lisetta ne certo orgogliosa. Ma Lisetta se ne cura poco. Lisetta un viandante del cielo e mentre il cliente viene nella sua F morta, a lei, poco importa. Giolli sfugge a Rannusia... e Rannusia la assedia... riesce a tirarla dietro il paravento cinese... nascoste fra i draghi d'oro confabulano, accese... c' qualcosa nei loro bisbigli che potr rovinare il carnevale o tramutarlo in eccitazione suprema. Fingendo di spolverare, corsi a origliare. Dalla voce di Giolli, vengo a sapere il segreto: non saranno sette gli ospiti di stasera. C' anche l'ottavo, quello che nessuno aspetta: Ovidio. Ovidio verr di nascosto e rapir Giolli. E' tutto concordato, far in cortile il verso del gufo, la porter lontana, la sposer... Un respiro corto di cane (Rannusia): E io? Una risata bassa, vile e gioiosa (Giolli): Tu?... Ah!... tu... La Goullon gett un'occhiata dietro il paravento. Snid le due, se la prese con Rannusia, la umili davanti alle altre, che ridacchiano. Nessuna ha rispetto di Rannusia. Sento la sua sofferenza tutta dentro di me, io so com' dura e generosa, quel vecchio colonnello nato per ben altro. Odiatrice degli uomini s' ridotta a guadagnarsi la vita dandola via, e proprio a loro, che solo l'odore la fa star male. Ma non aveva scelta. Troppo turbinosa stata la vita di Rannusia, tutto va male ai coraggiosi che non sorridono. Nella sua stanza, spolvero con le foto un passato avventuriero. Al varo d'una nave, alle corse dei levrieri, la sua faccia dice "Io vincer". Faceva innamorare tutte, allora. Quanti mariti ha fatto piangere! Poi, la rovina. Il bordello. Vendendosi agli uomini, per ha almeno il vantaggio di vivere con le donne. Che non la amano. Rannusia la nemica. Quella con cui non ci si confida, e i discorsi tacciono se lei sulla porta. Pei suoi gusti contrari all'uso comune, condannata Rannusia

alla delizia suprema: esser l'amante di quando fa buio, di quando hanno paura. Maestra nel disprezzo, non conosce l'orgoglio, e vive acquattata, aspettando il suo momento. Aspettando che l'ultima arrivata pianga tutta la notte e alla fine la chiami, purch non si sappia. E lei sciacallo d'amore non tradisce nessuna, e sopravvive. Ma con Giolli fu diverso. Giolli, appena venuta qui, aveva pi paura di tutte. Aveva passato la vita nella miseria, era vergine e capricciosa. Si innamorarono all'insaputa di Madame Goullon. Rannusia svergin Giolli col manico della spazzola di tartaruga. La Goullon le aveva da poco sequestrato l'affare di caucci, che distraeva le ragazze. Fu un amore ardente e segreto. Il primo per Giolli. L'unico di Rannusia. Pieno di astuzie tremende per non farsi scoprire. Finch, un cliente di Montecastelli offr una cifra per la verginit di Giolli. Madame Goullon la infiocchett come un agnello e diede un brindisi con la sciampagna per festeggiare. Mentre di sotto saltavano ancora i tappi, il cliente fece le furie dell'inferno in camera di Giolli, perch scopr che l'avevano truffato, e voleva chiamare la padrona. Fu allora che Giolli, dalla paura d'essere scoperta, invent qualcosa di grande. Ricordando Rannusia, lo am come si amano le donne tra loro; coi delicati brividi, lentissime carezze annient in lui la voglia dello stupro. Con astuzie che solo le donne tra loro conoscono, ritard il suo piacere fino alla fine. Gli aveva impartito una lezione di desiderio, facendogli perdere la testa al punto che quello non fiat con la madama, e pag una seduta ordinaria come uno stupro, ma senza rimpianti. Perch pi di mille stupri valeva l'impalpabile vertigine di Giolli. Da quel momento, Giolli si rivel una protagonista dell'amore. In breve divenne una diva, facendo ai maschi tutto ci che Rannusia aveva fatto a lei: divenne la sua tattica segreta. Il sabato, i veri buoni gustai chiedevano solo di Giolli. E le altre, crepavano d'invidia. Ci prese gusto. Il successo le veniva dagli uomini, cominci ad amarli. Rannusia torn ad accontentarsi degli avanzi. Giolli non ne voleva pi sapere e, anzi, la beffava apertamente davanti alle altre. Per lei, era ormai solo una ridicola minaccia alla sua carriera. L'avrebbe voluta vedere morta. Di notte, al casino, si sente il respiro di Rannusia che geme con la voce di tre cani in pena, ma Giolli dorme sognando omaggi e gioielli, e forse domani, Perugia, o perfino Parigi... Madame Goullon, intanto, faceva buona guardia. Ha fiutato l'amore imprudente di Rannusia, e sa che la passione sempre offende il denaro. Certo, discorrendo coi clienti istruiti ben lo ammetteva, Una signorina dedita all'amor saffico in un vero casino ci deve pur essere, senn incompleto ma dentro di s la chiamava brutta leccafighe, convinta che una cos, al bordello, ci sta come la faina in un pollaio. E vigilava. Poi, il destino. Mor la zia della Goullon, nella citt di Foligno. Una che aveva sposato un invalido ubriacone, gente troppo affamata per poterla cacciare via. La padrona pianse di gioia alla notizia. Invecchiando, soffriva sempre di pi a essere rinnegata dalla famiglia. Al funerale l'avrebbero chiamata signora. Sarebbe generosa con loro.

La Goullon aveva proprio voglia di correre a esercitare il potere del denaro. La udii parlare tra s, che si diceva "Gallinella mia, prenditi una soddisfazione. Tutti quei soldi ti resteranno appiccicati come peli, e alla tua morte se li papperanno i nipotini sconosciuti cui proibito pronunciare il tuo nome. Va' da quei pidocchiosi e sbattiglieli in faccia, fa' regali a tutti, come un re, lo sappia al cimitero tuo padre, che non volle rivederti. Siete morto dannato babbo, eravate gi in agonia e aveste la forza di farmi cacciare, per i miei soldi li avete presi... e persino quell'angelo di bronzo che ora vi pesa addosso l'ho pagato io, sapete quanti mai pompini costa quell'angelo, e perfino sveltine? Eravate il pi bello degli uomini. Io amai solo voi, babbo. Lo sapevate." Madame Goullon ebbe tuttavia qualche esitazione prima di mettersi in viaggio. Non le garbava lasciare il casino di sabato. C' ressa, i soldi spariscono e perfino la Nichilina, fidata s ma qualche banconota nella confusione se la nasconde tra le chiappe, eppure... Sarebbe stato un cos bel funerale. Rannusia spiava la sua decisione come in gabbia, e la Goullon sentiva che era pericoloso lasciarla con Giolli, guai se la storia dovesse ricominciare, e proprio ora che Giolli rende dei bei soldi... Ma decise infine di non rinunciare al suo piacere. Il birroccio si allontan. Era un pomeriggio di sole, ahi l'ottobre, Rannusia guardava Giolli, le labbra umide di nostalgia, e l'altra abbassava lo sguardo come turbata dai soli delle persiane. La Goullon aveva incaricato la Nichilina di sorvegliare che non restassero sole. Quando, si vide venir s per la collina un elegantissimo calesse cui erano attaccati quattro cavallini neri. Ne scesero tre signori di citt, che volevano cose speciali. La Nichilina fu presa dal panico, clienti cos, senza Madame, non sapeva cosa fare... Per colmo di disgrazia, ragazze disponibili non ce n'erano, Elvira era occupata con Succhiamanici, Damina con l'avvocato, e lei, indisposta... Del suo sconcerto approfitt Rannusia per farsi avanti, le disse il lavoro lavoro, il numero coi signori di citt lo faccio io, basta che mi dai Giolli. La Nichilina l per l non voleva, per paura che se lo viene a sapere la Goullon, quella dopo... Ma Rannusia le dice li hai visti, d? Li hai visti? Il pi giovane ha i gemelli di brillanti, e sul calesse sonnecchia un bulldog annoiato come una regina... gente cos una fortuna rara. Quando la Goullon torna e vede i soldi, gliene frega assai di come li abbiamo guadagnati... La Nichilina, che nonostante tutte le lezioni della vecchia era rimasta sempre un po' tarda, si lasci raggirare da Rannusia che incalzava, "non si pu mica fargli vedere che siamo indietro, e certe cose non le sappiamo fare... Giolli la sola che non li deluderebbe. In coppia siamo grandi: lo sai cosa riusciamo a fare, io e la Giolli, insieme? Te lo dico all'orecchio, tante volte qualche invidiosa mi rubasse l'idea...". La Nichilina ascolta, e lascia cadere il telaio: Oh, no!... non possibile!... S; insiste Rannusia ma solo con Giolli mi viene. E a quelli gli caviamo tanti di quei soldi.... La convinse cos bene che quando Giolli prov a fare i capricci

dicendo che non le andava, la Nichilina le rifil anche una sberla e imitando la Goullon disse I soldi sono i soldi, e marsh! Finalmente Rannusia riusc a chiudersi nella camera migliore, con Giolli e i tre raffinati clienti, ragazzi di bello spirito che si davano occhiate e le trattavano da puttane di campagna. Giolli e Rannusia si guardarono. Le perfidie di Giolli duravano da mesi, ma non si erano mai pi trovate sole. Era l'unica occasione di Rannusia. Cominci ad accarezzare Giolli come un tempo. Come per divertire i clienti, disperatamente cercava di sedurla davanti a loro. Giolli, dapprima, era ritrosa, e questo sembrava ai tre una ben combinata commedia, ma poi l'arte consumata di Rannusia cominci a risvegliarla, e i clienti non avevano pi l'aria da prendere in giro, ma capivano d'assistere a un gioco eccezionale. I respiri s'erano fatti un sordo coro di piacere. Rannusia tutti i segreti tiene sulla punta della lingua, povera Giolli, ha un bel resisterle, Rannusia il suo corpo fa fremere, un corpo di campanelli che vibrano e i clienti sbiancano, cos dritto non l'ebbero mai, neppure a Vienna neppure a Singapore. Poco a poco Giolli divenne folle d'eccitazione e di beffa, capisce che il gioco di Rannusia non per i clienti ma solo per lei. La sapienza esultante di Rannusia le nega il piacere. La porta all'estremo ma senza farla godere, ahi se grande Rannusia nella tortura, ahi se bella la lotta fra le leonesse, e l'una vuole godere e l'altra ruggendo glielo impedisce, che festa di peli e che fiume scorre nel letto. Rannusia ha ripreso Giolli, mordendola davanti a tutti come fa la tigre. Davanti a tutti, col pretesto d'una buona marchetta, s' confermata signora del suo piacere. Sono incantati i clienti, che nei casini migliori si fruisce, alle pi, di graziose messinscene, ma questo rito selvaggio d'amore infiamm i sensi degli uomini a tal segno, che l'orgia dur tutta la notte, e il giorno seguente erano ancora dentro, e non volevano mangiare. Madame Goullon torn la domenica pomeriggio, e la Nichilina, tremante, fu costretta a dirle chi c'era nella stanza, e che si rifiutavano d'aprire, e anzi avevano sparato in aria perch lei insisteva a bussare. La Goullon spalanc la porta brandendo il bastone, pronta a dare una lezione alla Rannusia, ma si ferm. Al centro della stanza Giolli e Rannusia ridevano, congiunte, e gli uomini versavano monete d'oro tra le gambe aperte di Giolli, che finalmente godeva, e rideva a gola spiegata con la sua F argentina, ormai quasi piena. Madame Goullon intasc il denaro, ma cap che il male era fatto. Prese a sorvegliare ogni gesto di Rannusia. La frust, in cortile, perch l'aveva trovata a intagliare un cazzo di salice. Glielo ficc in bocca e quasi la stava per soffocare. Ma Rannusia port ugualmente a termine il suo lavoro, e penetrava Giolli con quell'arnese perfetto studiato sulla misura del suo sesso avido e spaventato. La notte tardi, quando gli uomini erano partiti, invece del sinistro respiro di Rannusia si udivano ora i rantoli di Giolli. Tutte sanno che nessun uomo pu farti gemere cos, e queste cose fanno male alle ragazze, le confondono, madame Goullon era molto scontenta. In quelle notti infiammate, Rannusia propose a Giolli di fuggire

insieme, lontano. Ha fatto di tutto Rannusia, sa come si ricomincia da un'altra parte del mondo; inizi a mettere da parte i soldi per la fuga. Era diventata un demonio, a letto, per guadagnare. Lei che famosa perch appena pu d strizzate di coglioni e morsi che fanno male, non per lascivia, ma per odio, ora trattava il cazzo con tenerezza improvvisa: come trattava Giolli. Invece di nascondersi e darsi malata appena la chiamavano, si trasform in un'infida gatta che si strusciava a tutti per una moneta. Divenne implacabile nell'amore, per amore di Giolli. Non aveva pi paura. E solo voleva che Giolli vedesse come lei poteva essere ancora splendida, fuori del casino... e le mostrava le illustrazioni di "Natura e Arte", sussurrandole Hai visto, Giolli, hanno illuminato tutto il Bosforo di luce elettrica... E le promise che le avrebbe fatto vedere anche quello, e insieme favoleggiavano, su un veliero... e le diceva... Fu allora che apparve il ricevitore del Dazio, Ovidio, appena trasferito dalla Toscana. Giunse su una charrette tirata da un ardente cavallino friulano, e la bengalina degli abiti scricchiol mentre tutte si affollavano a vederlo. Si scopr poi che aveva un uccello mai visto, ma fu un'altra cosa a meravigliare le ragazze. Trattava le puttane come signore, e aveva la perla alla cravatta. Giolli impazz di un tenacissimo capriccio per le sue buone maniere. Lo volle per s, se ne impadron al punto che lui non si accost mai alle altre, nonostante la Goullon invitasse i clienti ad assaggiare di tutto. Ovidio era un vero signore, ma di letto ne sapeva poco, e abbagliato da Giolli le regal una viola di brillanti. Ma a Natale, pass il segno. Le port una bambola di Parigi vestita come un figurino di Worth, con accanto un cofano di legno rosa che conteneva altri sei abiti, dei pi squisiti modelli... La Goullon era indignata. Giocattoli costosi come rubini... dove andremo a finire? Giolli mostr la bambola a Rannusia, le disse vedi? Io sono la sua bambina. Pel dispetto di quei regali, Rannusia cominci ad ammalarsi. Giolli smise di provocarla: temeva che dicesse di loro due a Ovidio. Ma sbagliava. Rannusia tiene per selvaggiamente segreto il loro amore, e non lo metterebbe mai nelle mani di un usurpatore. In Giolli bruciava la febbre della vera carriera: il matrimonio. Non si accontenta pi del facile successo, vuole farsi sposare, vuole un uomo elegante... E finalmente sta per accadere. Stanotte lui verr alla porta del cortile, far il segnale convenuto, e Rannusia si uccider conficcandosi nel cuore il suo arnese di salice modellato sulla F di Giolli, l'ingrata. Allora, i dolci? Madame Goullon non sta pi nella pelle per i dolci, e corre in cucina a vedere, perch subito dopo le donne, sono i dolci che contano, forse pi ancora del vino, questi zuccherosi antipasti della F. Dolci ne ho fatti tanti, venga a vedere Madame, li assaggi: provi i canditi che sanno di lingua e le creme buone come baci... cos dolci che mentre il bign esplode si commuoveranno al punto di cercare sotto il tavolo le mani umide delle amiche, e perfino le cosce.

Ma la Goullon rotea attorno il consunto occhialino, Chiara, non vedo la torta sorpresa!... Oh, quella, non potevo mica lasciarla in giro, senn che sorpresa sarebbe... Ma lei, venga a vedere, lei la padrona, e dopo zitta con le altre, mi raccomando: la torta di Carnevale quest'anno ha un mare di crema e nel mezzo un membro di pan di Spagna ben modellato, ammiri lo scroto, fin la delicata cappella. Se lei lo strizzer quando la festa impazza, verr s un forte schizzo di crema pasticcera... bisogner stare tutti l con la bocca aperta e le facce saranno inondate di lieti schizzi bianchi... Ottimo, Chiara disse lei, senza l'ombra di un sorriso. Mercante senza gioia, dannata al limbo, dove non si gode. Fra tanto slancio ogni tanto un piccolo "ahi" mi trafigge. Scaccio il pensiero di Emilio, mio cane segreto che solo di notte posso accarezzare. Dopo la notte del massacro devo distrarmi in mille cose, ch le mani sono amiche della pace. Quando morr e Dio mi chiamer, davanti agli angeli sull'attenti, porter questo titolo con la superbia che merita: Chi sei tu? dir Dio. Reggiani Chiara, serva di bordello. Com'era il tuo mestiere? E io davanti a tutti quei santi azzimati intoner il canto della serva Vuotavo i boccali di piscio, raschiavo gli schizzi di sperma (gloria a Dio) niente mi parve osceno ma tutto mi sembrava la conferma del miracolo. Divenni serva per rendermi invisibile. Le mani furono operose. Non negai la piet, n il buon vino d'una risata. In segreto, da sola, mi chiamo con un altro nome: Amara. Se anche dovessi finire santa da calendario, come risuona puro: Sant'Amara. Amara, d'amarissime dolcezze. La neve continua a cadere... Non ne verr troppa? Ma le ragazze giocano con la loro attesa e dei ceppi scoppietta il camino; Elvira rovescia l'anisetta sulla gonna di Damina, apposta, poi ride, Damina urla... piano, perdio, piano! Pensate a Cantilena... Corro da lei, che mi par di sentire il suo strillo di passero stranito, volo in soffitta dove l'ha messa Madame Goullon da quando ha cominciato a morire, molto tempo fa. Quando venni qui era gi moribonda, una lunghissima morte, eppure non si decide, si attacca a tutto. Le sono caduti molti peli. Ma ne ha ancora undici nella F. Li conta, e Vivr fino all'estate, dice. In giovent fu bocchinara insigne. Ancor oggi, vederle baciare il santino di San Giuseppe genera imbarazzo. Le ragazze non vengono mai quass a trovarla, hanno orrore a vedere cos' il domani. Io invece ci vado volentieri. Il suo colorito di scheletro mi rallegra, e mi ricorda che Dio grande poich la bellezza non eterna. I suoi piedi gonfi mi ricordano di farle il decotto, e di guardarle bene la prima urina, e il suo cattivissimo odore mi dice che tra poco la strofiner col rosmarino e lei avr un istante di sollievo. La Cantilena cattiva come tutti i diavoli. Ha sotto il materasso una

fortuna, e solo per questo Madame Goullon non l'ha ancora avvelenata. Sa che quando morr avr in mano il tesoro di Cantilena ammucchiato in una vita di pompini, e per questo la lascia vivere, ch avr da ripagarsi la misera pensione. Io non ho tempo per farle compagnia ma ogni tanto sfreccio nella sua stanza come fanno le rondini nei granai; e le rinfresco la lingua, le porto notizie del bordello, le storie ghiotte che le piacciono e i bocconcini per i vivi che la fanno star bene, e il brodo che d forza nell'amore. Ma anche nel sogno. Ogni tanto giace, drogata di minestra e vede il passato e una vigorosa gallina sogna tra le sue gambe aperte e arruffa le penne Cantilena, va' lontano Cantilena. Nei pomeriggi d'estate con un bastone di frasche spingo lontana la sua chiatta sulle derive inafferrabili. Lui non ti sposer mai, dice Rannusia a Giolli, ti ha presa in giro. Vedrai, vedrai! Giolli scuote la testa tappandosi le orecchie, i riccioli le sfuggono da ogni parte. Ma preoccupata guarda verso la strada, e con sollievo la porta della sua stanza, come se contenesse il talismano dei suoi desideri... Messa in curiosit, andai in camera di Giolli, tanto, con la scusa di pulire posso entrare dappertutto. Nascosti sotto il letto, c'erano i bagagli per la fuga gi pronti. Tra i diritti della serva, c' anche quello di frugare. Non v' segreto pei sacerdoti della sporcizia: Giolli sa che guarder... Facendomi coraggio con questi pensieri, timidamente aprii infine una valigia... La nivale biancheria mi abbagli come un tesoro. Un vero corredo... c' perfino l'abito da sposa, neppur la Marchesa di Riva oserebbe inventare una "mise" tanto sontuosa... Il velo cos fino che sta tutto in una mano, eppure lungo da coprire le scale. Dunque, vero. Dunque il marted grasso sar per Giolli l'ultima mascherata, che serva a coprire la fuga. Di nascosto, una festa di matrimonio prepara Giolli mentre le altre si affannano sulle castagnole. Scorro corsetti e maniche di raso, le rosee malizie... tra i pizzi supremi, inebriata da quella rabbiosa voglia di nozze, aggiungo un po' di spigo, come si fa agli sposi. Eppure, ho piet di Rannusia. Non sto dunque dalla parte di nessuno? Sono diventata un piccolo spirito che di tutto partecipa, come il vento senza fermarsi mai? Parente del vento mi sentii l'anno della grande tempesta di tramontana, che scosse la terra per quaranta giorni e quaranta notti, e vidi Madame Goullon in ginocchio pregare Mammona come una tenera Madonna, Dea della solidit, cara dea: fa' che il vento non porti via il bordello... Uomini, niente, non ne venivano pi. Il ponte del Falco era crollato e Menco per avere affrontato la tempesta era volato via come un fuscello. Quando seppe la notizia, dall'alto Cantilena si mise a strillare che era il castigo di Dio perch voi chiavate e io non chiavo pi, e sperava che la sua morte coincidesse con la fine del mondo, che si sentiva tanto sola, a morire in quel posto dedicato alla consolazione del viaggiatore, ma nessuno consola Cantilena. Solo il tarlo che un vecchio sporcaccione e la conosce da molte vite, e dice non temere, Cantilena, io star sempre con te e te la roder in eterno. Il vento soffiava e le ragazze tappavano tutti i buchi con la rafia perch non venisse a infilarsi nei letti o tra le sottane. Il vento

tremendo. Nessuna pu dire di no al vento. Soffiava cos forte che la Nichilina, con tutto che fosse figlia di un anarchico diede di piglio al rosario, ma Lisetta glielo strapp di mano e disse, che al bordello il rosario chiama i funerali, e che il vento non si poteva fermare, ma si poteva fermare il pensiero del vento. Cominci a raccontare una storia. La voce di Lisetta riusc a coprire quella del vento, mentre faceva vibrare la sua piccola arpa a due corde. La portava sempre dietro, e la si sentiva risuonare dietro la porta, quando riceveva i clienti prediletti. Mai si seppe che uso ne facesse. Ma in ogni suo gesto trillava il mistero di quello strumento. Alla sera, mentre raccontava, lo pizzicava come per caso. Ma poi, mano a mano che la storia andava avanti, vi accorgevate che il ritmo delle corde spia quello del vostro cuore che preso, in trappola. Lisetta sapeva di uomini rimpiccioliti in una bottiglia, di signori vestiti da pavoni, e case dove le bambine hanno la coda, e scodinzolano sulle chiappe dei piccoli fratelli... Tra le ragazze trascorrono immagini pazze quando Lisetta racconta, sibila il frustino di Madame Goullon, Lisetta, all'erta! La padrona tollera che si racconti di tutto, purch il finale sia edificante, e tenda al guadagno. Purch faccia senso insomma. Damina ha bisogno di una "pince" per nascondere la macchia di anisetta. Le appunto gli spilli, lei si muove e la pungo, strilla, mi torce con cattiveria i capelli. Trattala bene, le sussurra Elvira, stata una signora... Oh, per questo mi punzecchia, ella molto bambina, e indispettita della mia calma, mi ficca per di pi uno spillo nel braccio. Io le faccio vedere il sangue. Ne raccolgo una goccia, e con la punta del dito le dipingo quattro nei rossi. Lei non pu muoversi, perch io so guardare come guardano i gatti, che la pupilla dell'altro rimane prigioniera. La sua faccia meno arcigna ora, mentre col dito sulle labbra le faccio sentire il sapore del sangue. Un piccolo gioco per la tua cattiveria, Damina, cattiva. E lei disperatamente cerca di distogliere lo sguardo e magari farmi fare la brutta figura con Elvira, ma non pu, come potrebbe se io non voglio? I piccoli segreti per le piccole cose. I grandi, per le grandi. Che verranno. Ma, piano, il marted grasso appena cominciato. E gi tanta neve... Fuori tutto bianco. Le ragazze corrono a vedere. Mentre si affollano dietro i vetri e la neve copre tutto, la domanda l, non detta: Verranno? O la tormenta li fermer, e... Ma ora prima della festa. Ora voglio godermi questi attimi che soli contano: prima. Quando tutto sta per essere profanato. Solo per questo ho preparato ogni cosa con cura, perch poi sui pizzi colino grigi torrenti di sperma e le candele spente contorte decrepite in una notte. I mozziconi sulla torta, la festa del porcile, la festa. Umani. Questa, la non irrilevante scoperta. All'inizio, venendo qui, molte cose non le capivo. Ma lasciai che gli oggetti mi parlassero. Il catino, il seme che ondeggia sul fondo. Appresi che l'amore un'alga... e quando piange Damina perch vuol essere frustata, ma l'avvocato sta invecchiando e i giovani non hanno la sua mano, non

sanno pi tenere la frusta. Cos! ben salda, che sibili per l'aria come se dovesse uccidere e all'ultimo si frena la frusta e ride nella carezza bruciante. Ma le ragazze non sono soltanto come fingono con gli uomini, capricciose signorine. Una domenica s e una no, sono anche mamme. I figli li tengono a Pietralunga, in una fattoria, dove non manca niente, e son trattati come nessuno tratt mai le loro madri. Due volte al mese, un carro li porta qui travestiti da ragazzi per bene, troppo ben vestiti, con una signorina feroce di Torino pagata dalla vecchia Goullon, che sull'educazione non si risparmia. Davanti all'istitutrice le puttane tremano di paura, e si vendicano coi loro profumi che fanno vacillare la signorina, con tutto il suo latino. I bambini alla fattoria parlano il francese, e sono gi piccoli signori sprezzanti, non avranno nulla da dirsi un giorno, con quelle donne. Ma gi ora cos, e quando vengono m visita, le madri non vedono l'ora che ripartano, quei piccoli malinconici. E quando sono partiti, tra loro timidamente cominciano a prenderli in giro pei modi raffinati, come si fa con chi ci ha intimidito. Nevica. La strada gi non si vede pi. Si insinua l'ombra del pomeriggio, amiche... non abbiate timore, verranno. Solo, non bisogna aspettarli con questo fremito e frattanto non state nell'ozio, che consiglia solo pizzichi e tirate di trecce, e invidie e sfide... Troviamo qualcosa da fare, sbotta Madame, io cos mosce non vi sopporto, e che cazzo non ci saranno solo i maschi nella vita! Divertiamoci a tutti i costi, raccontiamoci una storia, avanti, facciamo girare le vecchie leggende che sempre ci fanno ridere, ricordandoci che fu bello esser puttane... Vi rammentate il cliente col cestello? basta nominarlo, e tutte si mettono la mano sulla F come a proteggerla e fanno il segno della croce con un brivido. Il cliente arriv tanto tempo fa al bordello, aveva con s un cesto di vimini, e al momento buono, invece dell'arnese sfoder un serpente... lo infil nella F a una certa Rita e non ne usc mai pi, che s'era perduto nel suo corpo. Sar poi vera questa storia? E' accaduta chiss quando, chiss se mai, le ragazze ridono, ma subito la risata si smorza ne resta la povera scorza... Il momento grave, ci vuol altro che queste sciocchezze per distrarre l'orgoglio. C' un altro di cui vogliono veramente parlare, e quello esiste davvero, dire il suo nome gi come un crudele bacio: il bandito Ciancalana. Oltre la collina s'apre il bosco, dominio del bandito, e guai a traversarlo di notte: di notte lui re, e uccide chiunque si avventuri nella sua terra. Al suo ricordo le guance scottano, una sola volta lo videro. In fuga, con sei gendarmi dietro, montava un cavallo pezzato... il suo mantello si apriva come un vasto uccello mentre scomparve nel bosco. Da allora, chi non ha sognato dalle sue mani insanguinate farsi slacciare il corpetto? Mai Ciancalana ha onorato il bordello. Mai verr. Con chi sciuper la sua energia, e gli occhi astuti e le mani, che stringeva bianche sulle briglie? Ciancalana non ha bisogno di noi. Nel suo regno notturno celebra coi suoi uomini feste grandi di sangue, con cupi canti guerrieri che escludono le donne, ma... il vento caduto per sempre? La sua assenza opprime come quando fischia e porta via, inutile,

ragazze. Nessuna storia stasera nemmeno Ciancalana potr riempire l'attesa del maschio. In questa casa fatta per le donne, dove gli uomini devono pagare per entrare. Nelle porte, nei bicchieri, dentro di noi. Rannusia muta guarda la neve e trionfa, con aria di folle complicit come fosse stata lei a chiamarla, per fermare Ovidio, fermando la vita di Giolli. Vi sono momenti in cui non vorrei essere serva del bordello, ma Dio, e fare che tutti fossero felici. Non come i santini, che si annoiano, ma in un modo aspro e speciale: e per questo ci sarebbe Dio, per scoprire la pi difficile tra le felicit. Ma sono serva, e posso solo raccogliere il bicchiere che Rannusia distratta ha rovesciato, e pulire per terra... Scorata Giolli chiude gli occhi, e sulle palpebre chiuse passa l'ininterrotto pensiero Verr. Ho visto sua moglie, cos proterva. Sono io quella da proteggere, con la sua piccola F trepida. Mi porter via, io sar la sua bambina e dimenticher quella spilungona brava in catechismo. Ricordi, quella notte, hai detto: per sempre. Be', che c' ragazze, vi prende la malinconia? Il frustino saltella sulle chiappe allegro non troppo, e le ragazze vanno al trotto per il volere di Madame Goullon. Non siate come sciocche fidanzate, le puttane sanno attendere, preparatevi. Elvira, dov' il libro? Il libro arriv segretamente da Parigi, ci sono tutte le nuove posizioni in voga presso la bella societ. Prima ridevano le ragazze, oh questo non lo far mai, questo impossibile! Ma la Goullon gliele fece imparare tutte una per una. Con la concorrenza che c', se non si introducono novit nell'esercizio... Lei lo sa come va. I clienti con manie proprie son pochi in fondo; di solito un cliente normale viene in cerca di vizi, e la bravura delle ragazze sta nell'inventarli. E poi quelli col tempo s'illudono e gli pare, a loro, d'essere sempre stati biricchini raffinati invece che poveracci, e mentre succhiano il ditino fetente o si fanno incendiare i peli del culo ne vanno orgogliosi come se per tutta la vita non avessero covato che questo. E chi sapeva meglio una cosa, chi un'altra. Lisetta era brava a drizzare. Cantilena maestra nel succhiare. Damina a farsi menare e l'Elvira, a strapazzarlo come un ragazzo sventato finch di colpo non pianga. A ognuna secondo il suo talento erano distribuite le opere, e il casino prosperava in concordia. Grazie, dio dello scolo e dell'infiammazione, dio invocato nei bruciori della disinfezione. Chiara, porta altro carbone, con questa neve voglio fare un forno, qua dentro! Rannusia, aiutala! Ma Rannusia ha le mani abbandonate in grembo, non le obbediscono. Anche lei ha visto la moglie di Ovidio, e sa che troppo piatta, come si fa a trattenere un uomo senza curve o pensieri d'amore. E Giolli cos profumata, anche di primo mattino. Rannusia non aiuta per la legna che tutta intera prega Iddio, fa' che lo fermi, fa' che lo commuova o gli spari un colpo, a quell'imbecille. Giolli, le dice il suo sguardo Giolli, a parte la gelosia, sapessi quanto mi immalinconisce pensarti in una casa coi servi e Ovidio per marito e i nomi cambiati perch non si sappia che sei stata puttana. Diventerai cos triste che io non vorrei mai pi toccarti, neanche per

piet. Sei davvero cos diversa dalla Giolli che amo? Piangeva Rannusia e cercava l'altra Giolli, quella che si arrampicava emozionata in solaio perch lei le ficcasse dentro il manico della spazzola. Puoi rinnegare tutto, Giolli, ma questo almeno dillo, non ero brava, con la spazzola? La pi brava sulla terra? Una maschera di sciagura Giolli vestita da Gattina, Madame Goullon le aggiusta la coda, ma lei, la testa le pende, e a denti chiusi mormora sempre quel nome, perch l'incantesimo guidi Ovidio fino a lei... Poich chiamarlo non basta, comincia a ripetere in sordina il respiro che lo faceva venire in due secondi, Ahhhh... ahi! Ahiiiiiiiiiii. Sui merletti scarlatti sulle strisce di bistro passa un sospetto ingiurioso: sar questo carnevale la festa delle mogli? Vinceranno le antipatiche, le Senzafregna, le schiave del fornello e del ricamo, bruciacchiate e rosicchiate nel seno dai figlioletti tignosi?... e noi?... La Goullon ha speso venti franchi per la mia lavanda di Parigi, e io me la lavo due volte al giorno, mentre la moglie dell'avvocato Codovini, mi diceva lui prima di mettersi a leccare, giusto a Natale e a Pasqua, e diceva, che quando la leccava a lei quell'odore di ammoniaca gli andava alla testa, e poi lei, quando mi incontrava alzava la testa come la regina Tait. Pulita! Ma oggi le adunche, le voci fesse si son messe tutte insieme, a colpi di rosario e di effluvi rancidi per tenerseli a casa... Le ragazze fremono di rabbia, hanno tutte gli stessi pensieri e ogni scusa buona per darsi contro... Elvira salta s che Damina le ha rubato i soldi, li teneva nella calza e fruga sempre, quella sporcacciona. Si accapigliano. La Nichilina, al piano, sbaglia tutto. E' troppo occupata a guardare la neve, e scoppia in lacrime... Bambine, bambine!... Bambine amate, bambine delicate... Faccio segno a Madame Goullon. Lei con un colpo di chiappa caccia la Nichilina dal piano, e attacca una sognante marcetta. Alle ragazze basta poco, io offro di nascosto un dolcetto... I respiri si acquetano. Ma ci serra la gola il silenzio della neve. Gi Damina ha uno sbaffo di bistro, e i trucchi si cominciano a disfare, le torte ad abbassarsi... La festa non cominciata e gi mezzo devastata, che stracchi diventano i gesti, quando pi non si aspetta. Ma la delusione non ancora completa. Esse sono ancora pronte a scattare, e al primo scricchiolo, Elvira si aggiusta una ciocca e Damina allo specchio del buff si rimette il belletto, ma, poi fu ancora solo il vento, che scuote gli infissi perch Giolli nell'illusione muoia, udendo una porta che si apre, come se qualcuno, dietro, dall'orto stesse entrando, per portarla via... Rannusia trionfa su Giolli, nessuno verr! Ccciatelo in testa, mettiti in ciabatte e levati quei pennacchi da poco, il tuo carnevale fottuto, a quest'ora Ovidio ride di te con i suoi amici... buttati a piangere sul letto, e se mi preghi ti far un ditalino, che mi fai pena. Ma non vero, Rannusia non ha pena di Giolli e anzi del suo dolore si nutre come di un caldo pane. Giolli correva a ogni finestra, supplicando la neve intatta. Stava perdendo la prudenza, e anche le altre cominciarono a capire che c'era sotto qualcosa. Bisbigliano, s'informano, e chi ne sa una cosa chi un'altra, la faccenda viene fuori, ed chiara ora l'attesa di Giolli e che la pi sfortunata: esse sono tutte abbandonate dai maschi, ma Giolli da

un uomo, uno solo, e questo fa pi male... Tutte godono un po' del suo dolore, un piccolo sollievo per la loro sorda rabbia. Ma Giolli non si cura dei mezzi risolini, interroga la pendola e non ha pi forze, e questo, non ispira piet ma anzi fa salire una febbre crudele tra le ragazze che ammiccano e si danno di gomito. Tanto che la Goullon tende l'orecchio... Giolli di lei ha paura, zitte!... la Goullon sta a sentire, per piet! E fa piccole smorfie penose per dire che la smettano, che Ovidio sar qui da un momento all'altro e se quella lo viene a sapere, far un diavolerio. Ma perfino la Goullon trattiene un sorriso e dice povera Giolli, ma io lo so da un pezzo! Quando un cliente diventa troppo affettuoso, io sto subito all'erta, l'avevo capito che Ovidio ti faceva girare la testa con qualche promessa eccessiva. Lo sai perch gli piace tanto promettere? Perch cos gli si drizza, ma poi una volta rivestiti si dimenticano. Il tuo Ovidio cambier bordello, dir le stesse cose a un'altra. La Goullon ride tra i suoi baffetti grigi non per cattiveria ma perch fiuta il denaro. Render davvero Giolli, ora che non crede pi agli uomini. E' dopo un'esperienza cos che la vera puttana matura, che diventa una belva... Un riso cattivo prende le ragazze, che si tengono la pancia, ah Giolli! Guarda Giolli attaccata alla finestra come una mosca, che ancora aspetta... Damina entra nella stanza di Giolli, spalanca una valigia... tira fuori le camicie, chiama le altre, e tutte si buttano sul bagaglio nuziale. La Goullon gliel'ha consegnata col suo risolino e ne facciano quel che vogliono, tirano fuori le camicie di trine e la biancheria prodigiosa, ad ogni oggetto ridono e lo mostrano. Giolli, attratta dal chiasso, corse. Ma era troppo tardi. In quel momento, sbudellando i pi segreti angoli, avevano trovato l'abito di nozze. Allora s che divenne squisito il massacro. Damina se l'appoggia addosso, l'Elvira le regge lo strascico e si chiamano Sposo e Sposa. Giolli, sulla porta, molto ferma e bianca. Non dice nulla. Le lascia fare, perch non ha pi gesti. Questa dunque la sconfitta, quei babbuini che fanno scempio degli oggetti che scelse di nascosto, uno per uno, andando in citt segretamente, e segretissimamente provando prima, allo specchio, l'effetto che farebbero su Ovidio. Solo allora, e con vero stupore, Giolli pens che Ovidio l'aveva ingannata. Si sent un rumore sordo sulla neve... una capra, o un cavallo? Giolli che ha scambiato un sospiro per una voce, e uno scricchiolo per il passo di Ovidio, stavolta non si muove. Le altre, per prenderla in giro dicono Giolli, corri! Non senti ? C' qualcuno che sta venendo alla porta dell'orto... E poi, si ud come un richiamo soffocato. Ma neppure stavolta Giolli si mosse, per non fare la figura della scema, e perch era come morta. Fu la Nichilina ad andare alla finestra. Sgran gli occhi e disse Ragazze!... c' un uomo... Elvira Damina e la Goullon corsero a vedere, ma Giolli rimaneva ferma ed era convinta fosse la crudelt sfrenata delle ragazze a giocarle un tiro. Non ha pi voglia di ridere, stanca. Le spese del carnevale le

ha gi fatte. Ma la porta si apr davvero. Contro la neve apparve un uomo in mantello e cappello, che piano fece il verso del gufo... Fu solo allora che Giolli si lanci tra le valigie devastate calpestando gioiosa tutto il suo corredo, e corse alla balaustra... Le ragazze, ammucchiate in un angolo, erano rimaste senza fiato. Schiacciate dall'arrivo di Ovidio che il loro gioco rende stupido, e tra le invidiose Giolli passa, come una regina che fu ingiuriata, ristabilita nel suo rango. Se la Goullon fa un gesto, la uccider con la piccola pistola di madreperla, dono d'un falso conte, ma dov' Rannusia... Solo ora Giolli si accorge che Rannusia manca al suo trionfo. Che disdetta, dover partire senza che lei veda! Dovr rimangiarsi, come queste altre, tutte le sue perfidie... Mentre Giolli indugia, sperando che arrivi Rannusia, intanto le ragazze vorrebbero essere Giolli, e farebbero qualsiasi cosa per scalzarla con Ovidio... rapita! La sua fortuna le uccide, e perfino la Goullon stavolta zitta e mosca, che ha avuto una bella lezione anche lei. Rannusia non viene (star nascosta, per non darle soddisfazione). Giolli costretta a scendere. Ma lentamente, per godersi quegli straordinari attimi. Di Ovidio in quel momento poco le importa, ci che le importa avere avuto ragione, e le altre, a bocca asciutta. Marted grasso, un uomo solo si mosso. Per lei. E non per un futile ballo, ma per sempre. L'uomo, dal basso, alz la testa e tutte lo fissavano... Ma invece di Ovidio la faccia di Rannusia che ghigna sotto il cappello, travestita da uomo, un bello scherzo di carnevale! Oh, il migliore. Le ragazze gettarono un grido di derisione contro Giolli. L'allegria scoppi disordinata ma subito tacque. Subito, in bocca hanno l'amaro, che Rannusia tutte le ha beffate nella loro attesa degli uomini. Le emozioni delle deluse passano attraverso Giolli, che si slancia contro Rannusia... E' lei, lei che non li fa venire! Nella destra di Giolli scatta il coltello, ma Rannusia si scansa, e la manca... la Goullon gett un pugnale a Rannusia, che carnevale, anche lei si vuole divertire, e cos durerebbe troppo poco. Le ragazze si mettono in cerchio per il duello, tutte sono con Giolli, le fanno coraggio e danno calci a Rannusia perch cada sul coltello. La lotta disperata, Rannusia non vorrebbe farle male ma Giolli la provoca che una cosa sola vuole, piantare il serramanico o farselo piantare, ben saldo nel petto senza tornare indietro. Rannusia si sforza di sembrare feroce, ma manda a vuoto i colpi... Tu lo sai, Giolli, che non ti ucciderei mai, ma non venirmi cos sotto o sar costretta a far vedere chi sono... Poich l'amore perduto Rannusia vuole salvare almeno la fama di cattiva o di che vivr, d'ora in poi? Come alle lotte dei galli si punta e volano piume il pennacchio di carnevale di Giolli ne tutto spennato, ma nessuna pi ride, che Giolli vuole il sangue. Giolli con la lama mira alla gola di Rannusia, e lei che non vuole uccidere, morr. Sarebbe un peccato, nel mezzo del Carnevale disse una voce tremenda in cima alle scale. Di lass sta scendendo Cantilena, la sua vecchiaia indecente mascherata da giovane donna. Il suo scheletro ha dipinto da bella come

un morto uccello che una mano, dietro, muova... Lustrini sontuosi ornano la sua gobba, e i poveri vecchi peli (ne rimangono sette) ha tutti arricciati, e come si drizzano sotto la sottana trasparente che mostra la voragine del suo sesso. Tutte ammutolirono. Il coltello cadde dalle mani di Giolli, e Rannusia lo ripose, in silenzio. Cantilena la bella scende le scale per fare invidia alla morte che non certo pi F di lei, e la Goullon disse, festa, ragazze! Sangue di Dio, la facciamo senza gli uomini la festa, sappiamo divertirci anche da sole! E mise s il fonografo, Cantilena guida la quadriglia con le sue ossa che sbattono e vuole il liquore e vuole la torta e dice aspetteremo cos d'ora innanzi la morte, col belletto alle guance e il dolcino nel gargarozzo. Attorno a lei la festa si anima, ma sorda continua l'attesa. Come non attendere? Per distrarle, dissi Facciamo un gioco: la chiara d'uovo. Nel recipiente di vetro pieno d'acqua versammo la chiara, che scendendo forma mille disegni, ma alla fine si fermer in uno solo. E in quello, ognuna guardando potr vedere un segno dell'uomo che aspetta. Un po' d'ebbrezza il gioco ce la d sempre. Un banchiere cercher di vedere Damina, che sappia anche picchiare, un giovanotto la Nichilina, robusto e pronto al riso, e Giolli vedr Ovidio. Ma Rannusia ha solo visioni di sangue. La chiara d'uovo si muove con le sue braccia stanche di veli di nubi e tutte ci perdiamo nel grande mare: anch'io, asciugandomi le mani sul grembiule mi accosto, per divertirmi con loro... a chi toccher la visione? Chi di noi entrer nel piroscafo - o forse un castello? che la chiara sta formando sul fondo?... Il paralume cinese illumina il vaso come un portentoso teatro... La figura! La figura formata! Rappresenta una casa che conosco, e mi prese la vertigine: la casa di mio marito. La casa dove non torner pi. Tutto quel marted e il bordello scomparvero, chiusi gli occhi che mi sentivo trascinare per i capelli, senza fine, ed eccomi, lontana: nella mia prima notte di nozze.

2. ELLA ERA STATA UNA SIGNORA. Ottiero venne verso di me come gli sposi delle leggende. Gli invitati se n'erano andati e noi, gli amanti segreti inseguiti, finalmente liberi, nel grande letto che trabocca di spigo nuziale. La nostra avventura stava per diventare quella di due sposi, e gi le splendide amarezze del matrimonio gorgogliavano nel buio. Ma quella notte udimmo solo l'armonia dei corpi, come ruotanti cieli. Oggi egli mi ha presa come legittima sposa davanti a tutti io, la bestia rabbiosa che doveva morire, la ragazzina cattiva che mordeva sua madre e diceva a quel povero vecchio di suo padre, il macellaio "un giorno ti uccider". Durante la cerimonia i miei genitori nell'ombra della chiesa ansimavano ridendo di Ottiero, che ha preso con s la pazza e la tratta come una bella rosa... Ah, se ne accorger. (Pelle d'asino! Un uomo mi liber da mio padre.)

Ottiero m'aveva rapita agli orchi, alla mia famiglia di macellai assassini. Io sentivo la fratellanza con le bestie, e so che ogni qualvolta mio padre uccide, uccide me. Ho visto le loro feste quando ammazzano gli animali e si beano delle grida. Compagno dei primi anni fu l'eterno strillare del maiale in agonia. Appena lo udivo urlavo anch'io, con lui, sotto la luna. Dicevano che ero matta, mi riempivano di pugni, ma nulla poteva calmare il mio orrore. Chiara, perch piangi? Piango per la mia sorella oca, che stata sgozzata, e ho perso molto sangue (li ho visti nelle notti pallide di novembre bere alla coppa il sangue degli uccisi, gustandolo come rosso vino). Loro dicevano che erano sogni, che fu per il decotto di papavero. E di giorno, cos cortesi con tutti. Ah, io sapevo. Sognai una volta le bestie morte che tornavano. Eserciti senza peso volavano in silenzio verso i loro persecutori coprendo il cielo, per punirli... All'orizzonte l'agnello e la capra con le bocche rosse avanzavano per divorarli... Le bestie mi invitarono al banchetto, ma io non toccai i miei genitori. Non volevo essere contaminata. Raccontavo i sogni per indurli a picchiarmi, e sotto gli schiaffi ridevo come una piccola vendicatrice. E non volevo mangiare carne. Adirati per tali stranezze, mi tenevano rinchiusa in soffitta, a digiuno. Imparai a cibarmi del muschio e delle minime erbe che crescono sulle tegole, e hanno poteri miracolosi. Sento la voce dei morti che mi chiamano, Sii forte Chiara, i vivi chiamano pazzi tutti coloro che ci odono. Resisti, folle bambina, grandi cose ti aspettano... Parlai con la nonna subito dopo morta, e ci tenemmo compagnia. Lei era al purgatorio, io in soffitta; in punizione tutt'e due. Parlai con mio nipote, nella pancia di mia sorella. Disse Non aspettarmi Chiara. Nascer morto. Non soffrire, fratellino. Addio, piccola bella. Perch piangi, Chiara? Per la morte della vacca, mia madre. E gi botte. Ma le botte affermavano la differenza tra loro e me, e che la guerra aperta. Ci che m'inquieta sono i vecchi della famiglia. Seduti al sole senza collera mi fissano e i loro sguardi dicono "Non ti affannare, piccolina. Un giorno sarai dei nostri. Sarai anche tu una bevitrice di sangue." Mi raccomandavo a Dio. Signore, fa' che non diventi come loro. Da lontano allora, pi lontano dei tetti e del tramonto giungeva un riso di scherno, in risposta alle mie preghiere. Lo stupido prete aveva un bel minacciare l'inferno. L'inferno mio padre che attizza le fiamme del camino, e mi ficca il naso in bocca per sapere che ho mangiato e le dita negli occhi per sapere che ho pensato e il coltello nella carne per aspirarne l'odore, mio padre che come un palo di guerra s'infigge nei miei sogni. Questa la dannazione, che l'inferno sia cos meschino.

Com'ero capitata tra quella gente? mi chiedevo, guardando le faville. Certo cos, per caso, come un fuoco smarrito... Ma avevo il loro naso, i loro strani occhi. E nella collera ero dei loro. Per questo col coltello affrontai mio padre che voleva piangermi addosso e corrompermi nei suoi sporchi dolori. Ma Dio m'avrebbe salvata. Dicono ch'egli signore di tutto, e che sia giusto. Avevo cinque anni. Quando ero in punizione, aspettavo che la soffitta si spalancasse e su un carro tirato da sette angioli venisse a prendermi lui, che dalla parte delle bestie, di chi non ha paura delle lacrime. La scuola mi sollev sui miei dolori. Leggere e scrivere furono per me ardenti preghiere. Scoprii che c'erano parole per il desiderio d'essere libera dal sangue di mio padre. In casa non mi amano, ma le bestie sentono la mia presenza come una festa. Ovunque vada, mi segue il saluto del bue e della cicala. Fu ascoltando un chiurlo tra i pi armoniosi, che mi perdetti nel bosco, verso i sette anni. L non bisognava andarci. Ci avevano bruciato un eretico tanti anni prima. Un barone allora padrone di quelle terre. Ogni sorta di maledizione accompagnava quella parte del bosco, che s'era chiusa tra le radici come una scatola troppo paurosa. L'uccello vi s'inoltr mostrando confidenza col luogo. Le tenebre dei fitti alberi mi respingevano, ma il chiurlo cantava cos bene... per il suo canto mi graffiai le gambe tra le spine, finch l'uccello si ferm su un mucchio di rovine coperte di rampicanti, e di lass innalz un purissimo inno. Mi accorsi di trovarmi nella cappella dell'eretico. Di tra le cupe foglie, ebbi la sensazione che qualcuno mi guardasse. Strappai una grossa treccia d'edera e scoprii un volto dipinto di donna, che mi fissava, e mi era familiare come me stessa. Udii una voce confusa al canto del chiurlo, sussurrare Io sono Sant'Amara. Con emozione tolsi tutta l'edera, finch non apparve l'intero dipinto: Sant'Amara coi capelli sciolti e una veste bianca, vola al sommo d'una slanciata collina... in basso, Dio e Satana siedono sulle citt in fiamme. Giocando di cortesia si dividono il mondo, e bevono, qualcosa che non vino. Troppe volte ho visto quel color rosso, e le coppe sono le stesse che usa mio padre per i suoi osceni riti. Dio, e Satana, insieme. Anch'essi bevitori di sangue. La terra sembra da loro posseduta senza speranza. Ma laggi, contro il cielo che il pittore ha fatto celeste come un piangente fiore, vola la Santa, e di loro non si cura. Mentre i bagliori del mondo in fiamme arrossano di smorfie le teste dei cosmici gaglioffi, sul volto di Sant'Amara v' il piacere del cielo. A Chiara batte il cuore, che solo quello, vorrebbe ormai, nella vita: l'estasi misteriosa del volto che la fiss tra l'edera, come a chiamarla. L'uccello era fuggito via e io imitando la sua voce per la prima volta, invece di urlare, cantai, nel fitto del bosco come se in cielo mi levassi, che gi il canto un piccolo volo. Cominci allora la lotta contro Dio e il suo complice Satana, i quali non vogliono che li dimentichi, per divenire come Sant'Amara. Era un enorme sforzo da sostenere per una bambina di sette anni. Cadevo come morta. Sognavo i due ladroni che si spartiscono il mondo, e hanno entrambi la faccia di mio padre.

Mia madre mi picchiava con un cordino di bue perch diceva che ero strana, ma io recitavo una preghiera al bue morto e subito il cordino le si rivoltava, impigliandolesi tra le mani e lei non riusciva a districarlo. Crescevo. A quattordici anni apparve il sangue. Tutta la famiglia mi si fece intorno, annusando indecentemente il mio odore... ch attraverso il mestruo credevano io diventassi dei loro. E gi le coppe sono pronte, nettare prelibato per la bocca di un padre, il primo sangue di sua figlia. Quando me li vidi intorno, che col pretesto di darmi consigli si preparavano al banchetto - e mia madre colava la sua voglia di sangue giovane, porgendomi i panni come una preziosa umiliazione - afferrai le forbici e la ferii. Fu allora che si parl per la prima volta di manicomio. Passai la giovinezza nella minaccia d'essere rinchiusa. Questo mi rendeva furiosa. In paese avevano cominciato a chiamarmi la pazza del macellaio. Mentiva Sant'Amara, mentivano i morti. Altro che grandi cose. Sarei finita nella casa dei pazzi. Ah se qualcuno. Se qualcuno venisse a liberarmi. Ma i giovanotti scappavano al mio apparire o mi strappavano i capelli, girando in tondo. Io allora tiravo i sassi, e che mira avevo, specie con i pi belli! A battaglia vinta, piangevo. Il mio vero desiderio era che uno di loro dolcemente s'inchinasse, dicendo "Io sar il tuo campione, uccider tuo padre. Sar il guardiano della tua visione." Incontrai Ottiero, e i sassi mi caddero di mano. Rimasi stupefatta davanti al suo volto pieno d'amore. Non volevo pi uccidere mio padre: l'avevo dimenticato. Cominciammo a vederci di nascosto. Nel bosco dove nessuno veniva mai, tra le rovine della cappella diroccata. L'affresco di Sant'Amara era di nuovo invisibile sotto l'edera. Lo descrissi a Ottiero, perch entrasse nei miei segreti. Ma non gli dissi della casa dei pazzi. Non volevo che mi difendesse dalla mia famiglia, non doveva confondersi con loro. Avevo un solo pensiero: correre da lui, nel nostro nascondiglio, quando gli altri dormivano . Mi calavo gi dalla finestra, come una gatta... Una notte mio padre mi scopr. Mi prese a calci, e furono tutti d'accordo: era giunto il momento di farmi rinchiudere, ch portavo disonore alla casa. E volevano sapere chi era lui. Ma io feci intendere che andavo con chiunque, temendo per Ottiero l'ira di mio padre. Lui non mi credeva. Prese la frusta, dicendo calmo Lo sputerai, quel nome. Fu allora che Ottiero buss alla porta. Con due testimoni, veniva a chiedermi in sposa. (Mi disse che voleva salvare la mia allegria. Dal coltello di mio padre; e dalla mia rabbia.) Gli confessai dei miei poteri. Delle voci che udivo, e che capivo la lingua dei morti e delle bestie. Lui mi accarezzava, e piansi, perch fino a quel momento, nessuno m'aveva amata. Facemmo un patto: che non offenderemo mai l'amore. Staremo insieme, solo finch sar perfetto. Ma anche se un giorno dovessimo lasciarci, disse Ottiero Io ti difender sempre dalla casa dei pazzi.

La madre di Ottiero ha un gatto nero attorcigliato alle mani, matti di cattiveria stan sempre insieme come drudi d'inferno. Col gatto ella venne dalla porta di servizio, a casa mia, a offrirmi denaro perch lasciassi Ottiero. Dalla sua bocca verde cadono le parole in grassi vermi e il gatto senza parlare dice "io ti sar sempre nemico". La vecchia cerc altri modi per ostacolare le nozze. Ma non pot nulla, e fece buon viso. Come in gioco incedeva per la navata, mostro gelatinoso avvolto in ragnatele, e mi porse l'impudca mano - ma Ottiero strinse la mia, chiudi gli occhi, insieme - per il grande balzo. La notte delle nozze mentre mi avviavo alla stanza nuziale, il gatto salt davanti alla porta, belva guardiana non vuole che io entri. Avanzai verso di lui, la mia ombra lo copr. Tremava, atterrito, ma non lasciava il passo... Mi preparavo al duello. Ottiero gli diede un calcio e "via, bestiaccia". Sorrisi. Ma sapevo che non era cos semplice. Sapevo che fin da allora potenze malvage, nei recessi della casa, volevano la mia morte. Ottiero ha un bellissimo corpo e ne va lieto, ma non superbo. Ottiero ha una lingua da re, Ottiero, amante, ami pi le mie ginocchia sbucciate o sciogliermi i capelli? Amo la tua pazzia, e gli spiriti inquieti del tuo corpo. Per questo ti ho portato nella mia casa, perch tu possa liberarli in letizia. Una notte, sognando i coltelli di mio padre, le sue bevute di sangue, mi aggrappai a Ottiero, e lo chiamavo "mamma". Per onorarmi come moglie, Ottiero mi tenne come un'amante. Senza doveri. Il matrimonio, il grande veleno, ci lasciava intatti. Nulla pu far danno all'amore se si possiede l'arte di sgranare i minuti come iridescenti rosari. La prodigalit di Ottiero mi incantava. La sua noncuranza verso i beni faceva piangere alla madre cocenti lagrime d'avarizia. Ebbe bisogno di un cordiale la vecchia quando dovemmo annunziarle che avevo smarrito l'anello di fidanzamento, con sei brillanti. Ma mentivamo: l'avevamo buttato insieme, nel letamaio, una notte di luna. Che io non potevo dormire ed ero sicura fosse l'anello regalatomi dalla suocera, la causa dell'insonnia e del mal di capo. Non eravamo amici dei nostri amici. Davanti a loro continuava un gioco esclusivo; che nelle nostre stanze immaginarie entrasse pure il mondo. Esso rimane estraneo, e non ci minaccia. Ottiero certo non teme i fatui amici di famiglia e i giovanottini ambiziosi. Chiara troppo superba per i piccoli amori. I cancelli, da fuori, cominciavano a chiudersi. Ma non me n'ero accorta. Io nutro Ottiero con tutta la mia erba (benedetto lo spreco d'amore: crescevo in vigore, che il dare sempre accresce). Nel pomeriggio di quella primavera, un bellimbusto mi disse all'orecchio Tutte quelle cascate di lill... signora, lei si annoia. (Non fu per noia che rompemmo il patto. La noia non vi fu mai.) Nacque Giglia. Apr i suoi occhi freddi: non avrebbe avuto piet. Dunque, dissi baciandole le labbra, dunque ci ameremo sempre. Giglia ricordi nel carro, sotto la luna, quando andammo in pellegrinaggio a Loreto, e io vi guardavo dormire... Eravate cos

bella che mi sembrava d'avervi rapita ai Mori, e di portarvi con me, lontano, in un viaggio tumultuoso che v'avrebbe fatta per sempre mia. Alla Madonna, invece di sputare in viso come quand'ero bambina, portai quel giorno un mazzo di gialli soli, ch l'amore - e Giglia. Una piccola pantera sapiente era Giglia accanto al nostro letto. Ella fu il terzo amante della giovinezza, i nostri baci spesso si mischiarono. Giglia succhi il seno sinistro e suo padre il destro, finch ebbi latte. Brucianti tappeti, notti. Ottiero trattava affari. Questo, un poco, ci allontanava. Ma sempre, come un uccello che ha orrore del vuoto, mi gettavo nel mantello del mio sposo quando tornava dai suoi negozi come da terre lontane, che io non avrei mai toccato. Giglia cresceva. Ninfa dolorosa tu ispiravi il riserbo, non la timidezza. Per riserbo mi ritrassi dal tuo sbocciare, verso i dodici anni. Non so molto dei corpi: potevo farti solo male. Mi ritrassi, come chi non sa la strada. Ma vi tenevo in ogni sguardo. Voi, fiore. Rimasi incinta per la seconda volta, e non ero serena. Mio padre veniva in sogno, nano col piede storto e forse, la coda... la vidi - ti giuro, Ottiero - la vidi a nonna Teresa, una sera di festa che si lav nella tinozza, una rozza coda di somaro. Ho paura che nasca un mostro. Ma nacque Benedetto. Ma come ride, quel bambino! La favola diverr insidiosa per la troppa bellezza? In giardino, corrono sole e luna abbracciati; Giglia piccola madre con Benedetto il sole, suo figlio, e io sento che non mi appartengono. Invano tripudiavano i bevitori di sangue, mai sarei stata dei loro. Attraverso i figli scoprivo che la voce del sangue solo la voce dell'immaginazione e del riso. Per loro fui il buffone, il sogno, sempre pronta a mostrare il rovescio delle cose: madre per contraddizione. La famiglia, l'antico strumento di tortura, dispiegava le sue struggenti delizie. Attraverso la famiglia, che per solito povera cosa, io Chiara, in eccesso di superbia mi sarei come la Santa per troppa gioia sollevata da terra. E sentivo a volte il corpo quasi pronto; e allora correvo a perdifiato fino al bosco. Tornavo spettinata attraversando i campi come un turbine, e ridevo in faccia ai contadini che mi facevano segno di chiavare. Su di me, a Ottiero giungevano chiacchiere a non finire. Lui scuoteva le spalle che ha forti, e ben modellate. E di notte mi stringeva con pi forza. Ma proprio l s'incrin il gioco, nel nostro letto presuntuoso cui parvero bastare slancio e vigore. Fu l che imparammo un poco a mentirci, per troppo amore, per noncuranza. Amore, che guaio. Preso dal lavoro, Ottiero si allontanava rapidamente dalla sua giovinezza. Mentre io ritrovavo la serena infanzia mai avuta, e mi abbandonavo alle suggestioni, in un gioco senza fine con la mia

solitudine. Ero piena di forze: Ottiero mi aveva dato le sue. Ma si era indebolito, e io divenni il centro delle energie. Il mio fervore divenne un poco drammatico. Mi davano anche l'oppio per sostenermi, purch il sogno rimanesse circoscritto alla casa, che quello era il mio compito: sognare per tutti. Il farmacista untuoso mi portava il laudano, col pretesto dei reumatismi. Ma sapeva che era per nutrire la mia forza. Un vizio legittimo, purch lo usassi da prigioniera. Mor il padre di Ottiero, di una malattia costosa. Ancora affranta dalle spese, la suocera venne a stare da noi. Di notte si alzava per contare le posate d'argento, e si avvide che ne mancavano tre. Le prese una crisi di cuore, tutti accorsero e la trovarono quasi trafitta dalle posate preziose, schiantata dall'incuria verso la ricchezza, il grande peccato. Quando prendevo l'oppio sfuggivo al gatto, perch in quei momenti di suprema verit sentivo il suo maligno respiro che lanciava maledizioni, e senza pudore nei suoi occhi appare l'odio che la vecchia per uso di mondo nasconde. Tu mi molcisci, finta madre tu mi lisci i capelli e ti fai per invidia serva della mia bellezza. Ma il gatto dice "un giorno ti strazieremo. Guardami, Chiara, sono crudele come un uomo. E guarda la mia grande padrona, tua suocera. E' sanguinaria come un gatto". Tutto il giorno trama la vecchia perch il nostro amore si sciupi, ch, dice, quella vuol solo rovinarlo, e me lo grida in faccia... Ma se appare Giglia, la vecchia tace. Di Giglia ha una paura che non sa dissimulare. Giglia, la bella, la fa tremare. Giglia torna dal giardino con un fascio di rose. Il gatto fugge, la vecchia impallidisce e digrigna i denti. Ma Giglia non indietreggia, dietro il suo sguardo ride un saggio disprezzo, e - venite, nonna, vi d il braccio. E - Vi faccio l'infuso, nonna, siete stanca. E - Povera, povera morta suonano i suoi gesti di soccorso, mentre la compone nella merenda, ecco i vostri biscotti preferiti... Ma non mostratemi i gioielli nonna, come a intendere che un giorno sar ricompensata... Avreste avuto in noi due figlie, sapete, se aveste pensato di meno alle posate? E le carezza la fronte, povera nonna chi vi ha punito, rendendovi impossibile l'amore? A essere sensibili, sapete, ci si diverte tanto. Ci si diverte sempre. Potrei regalarvi un piccolo dolore, nonna? Lo mettereste al dito, al posto di quell'ametista che richiama la morte, al vostro ditino nonna se non me lo porgeste come un artiglio, per pugnalarmi... Dormite, nonna, non pensate all'oro... ma voi ci pensate, nevvero? Voi, non potete proprio, non pensarci? Dormite, nonna... L'oro splende in ogni angolo di questa grotta... Dove! Chiudete gli occhi vi dico, non alzatevi di scatto come il verme dal frutto morso... L'oro che ammucchiaste nella vostra vita di corsaro intorno al letto... Chiudete gli occhi, o vi abbaglier... Dormite, nonna, non badate ai dolori al fegato... esso d'oro, e anche il cuore, e il moccio che vi pende oro fuso che raccoglieremo in lingotti... Siete cos ricca, che le vostre flatulenze alzano nubi

d'oro e l'odore quello solare dell'oro... il sole?... s, ve lo metter nella scarsella. Siete morta, nonna? La vecchia, russando, annuisce. Giglia era l'unica che riuscisse a farla addormentare. L'oppio mi congiunse ai pensieri segreti. Il mio gioco stava diventando pericoloso. Leggevo ormai nel pensiero, e non tenevo in nessun conto le parole. Ottiero se ne accorse. Come un bambino colposo si nascondeva la fronte. Negli occhi non mi guardava mai, anche se mi baciava spesso. Durante i baci, sentivo nel suo petto risuonare qualcosa d'estraneo. Capii che le perfidie della madre avevano cominciato a contagiarlo. Ottiero diede una grande festa in giardino, per l'anniversario delle nozze. Venne la figlia della Rosa del Buff, una ragazza bella, alla vigilia dei suoi diciotto anni, e ancora senza fidanzato, perch era troppo aggraziata, e intimidiva i giovinotti. Ottiero la guard tutta la sera di nascosto, e bevve molto. Quando lei and via, lui le corse dietro, malfermo, gridando Ha perduto il suo mazzetto! Mi aspetti. Si incontrarono sul cancello. Fin da lontano sentivo i loro respiri ammalati dalla voglia di baciarsi. Ma non lo fecero, e mentre Ottiero tornava indietro, io avevo orrore di me. Quel bacio mi strazi per giorni. Non ero pi la sposa, ma l'odiosa guardiana. Come potrei gioire di una fedelt dovuta al timore? Tra me e Ottiero non v' pi quel gioco speciale che tutti esclude. Ora, come i dubbiosi e un po' vili mariti, egli sospira, mentendo, per una fanciulla. Lo pregai di andare da lei. Ma lui negava, e disse Sei pazza. Per la prima volta. Quando Ottiero mi abbraccia, tra noi ci sono lui e la figlia della Rosa che piangono d'amore, e io li sento, e che posso farci se il mio corpo si chiude? Fu allora che dovetti recarmi a Citt di Castello, dalla zia Vigna. Dopo le nozze, per la prima volta mi allontanavo dalla mia casa. E mi batteva il cuore, come la principessa che esce dalla torre, dopo una vita stregata, e pu vedere se stessa nel mondo. Tutto prese a parermi un piccolo miracolo, la stanza virginale e il letto, a una piazza. La zia usc per le compere e io rimasi sola, dopo tanto tempo. Il buio entrava nella stanza come un altro paese che venisse a raggiungermi. Avevo un'acerba gioia contro Ottiero, che non l, e il rancore per lui esalta la mia solitudine. Venne la sera. La zia tardava, io non sapevo dove tenesse l'acetilene. Mi trovai sola, al centro di una nera caverna. Ebbi paura. Sentivo un bisbigliare indistinto, e ostile... Non sapevo come calmare la mia ansia. Quando le mani, che sono sempre le pi sapienti, cercarono il sesso. Senza Ottiero. Mi ricongiunsi a me stessa. Non avevo pi paura, ora non erano pi nemiche le potenze del buio, non a chi ascolta il corpo e segue le sue mani, come un cieco nella notte. Portatemi dove vorrete, mani, ed esse mi portarono la grande pace, il

piacere. Bevvi alla coppa; come un bambino, senza accorgermene. Il giorno dopo tornai a casa, con una giocosit diversa. Amante di s nella gioia senza vizio, che vuol dire, senza rancore. Il patto con Ottiero era infranto per sempre. Entrambi avevamo un segreto. Non volli pi unirmi a lui. Ottiero allora mi abbandon poco a poco nelle mani della suocera. Cominci un calvario di piccoli intrighi domestici, di meste umiliazioni. Mi tolsero l'oppio, e gli abiti della festa. Non era quella la strada per raggiungere Sant'Amara. Mi appesantivo. In bestemmia o in preghiera volevo passare la vita, non in chiacchiere inutili. Ottiero giudicava le mie stranezze insopportabili. Egli non era pi il difensore della mia visione. Ero diventata estranea alla famiglia. Sentivo che avrebbero fatto qualcosa contro di me. Nel buio, mi giunge un arrotar di coltelli. Una sera, mentre suonavo il pianoforte a quattro mani, con Giglia, e tutta la famiglia era riunita, d'un tratto sentii il mio funerale che passava sotto i ponti della notte, e mia suocera, in testa, su un tamburo di suino suona a gambe larghe la sua vittoria. La vecchia mi mand un dolce fatto da lei. Lo diedi al suo gatto. Mor subito, stecchito. Mi spiacque per quella cattiva creatura, morire un dopopranzo, senza gloria. Cos lei avrebbe voluto ridurmi, con la bava che ora immalinconisce quel muso di povero delinquente. Seppellii il gatto senza onori. Dovevo andarmene subito. Ma... dove? E i miei figli? Abbiamo riso insieme con pienezza. Non ho rimorsi. Guardo Giglia, mentre penso di lasciarli per sempre. Lo far davvero? Sar cos forte? E loro? Tu, Giglia, capirai ogni cosa; approverai a met. Piangerai spesso, e perfino, con piacere. Una madre fuggitiva, che emozione per una fanciulla. Eppure, Ottiero, ho voglia di ridere. Ho voglia di ridere per ogni volta che non ho riso, quel riso che una volta riso ha fine ogni miseria. E che dolore, sposo, farti male, e io ridere del riso che pure mi spetta. Spunta la stella della sera, a lei indirizzo il mio riso - e tu dici, che io non t'amo pi. Cominciai a buttare di nascosto il cibo che mi davano, perch mi ero accorta che la suocera non aveva rinunciato al suo progetto, e mi stava lentamente avvelenando. Mi salvai, ma le erbe malefiche somministrate un po' per giorno nella minestra mi avevano fortemente indebolito le gambe, e potevo solo camminare col bastone; altrimenti sarei caduta. La vecchia mi fece un paio di sgambetti. Ma le sue tibie protese nell'ombra come segnali di cimitero mi mettevano sull'avviso, e riuscii a schivarla. Un mattino ordin alle serve di passare un'abbondante saponata sui corridoi, senza risciacquare. Reso cos scivoloso il pavimento, la vecchia si mise in agguato, e col suo occhialino da teatro aspettava che uscissi per vedermi cadere dalle scale, ma, povera donna! I sogni

m'avvertono di ogni cosa. So del sapone e vedo nelle loro anime come nei vasi di vetro. Vedo l'attesa della suocera e di Alma, la serva maligna... attraverso il muro vedo Esterina, la sguattera dalla lunga treccia che corre per avvisarmi, e una colomba buona le trema in petto... Allora feci un gesto che sapevo io. La madre di Ottiero e l'Alma per mio volere scivolarono sulla saponata, e come burattini danzano senza potersi fermare, una lunga dolorosa piroetta. Esterina, sulla porta, si dispiace, che buona con tutti (Esterina vincere amaro, ma assecondare gli Ingiusti peccato mortale). Diedi quella prova dei miei poteri anche per avvertirli che potevo difendermi. Come si fa con gli sciacalli li terr indietro a bastonate, se occorre. La stessa notte, sentii dei rumori furtivi nello studio di Ottiero... e vidi un uomo col mantello che entrava da lui... la lampada che Ottiero teneva in mano, come un congiurato, lo illumin... ma... mio padre! col batticuore corsi a spiare da una fessura del soffitto... in basso, sotto di me, c'era la suocera, seduta, e Ottiero, in piedi... Mio padre porgeva loro il coltello sacrificale con cui tante volte aveva ucciso il maiale. Tutti e tre annuiscono, senza parlare, guardando l'arma. La mia sorte segnata. Oh, Sant'Amara. Quella notte, feci il sogno che decise della mia vita. Correvo a perdicuore nel bosco della mia infanzia, verso la cappella dell'eretico, desiderosa di rivedere il dipinto. In sogno le mani impazienti strapparono l'edera, per toccare ancora una volta il viso della Santa... ma sotto solo un muro mangiato dalla muffa. Gettai un grido di dolore, l'ultima traccia era morta. Quando alzando gli occhi mi avvidi che l'affresco, scomparso dal muro, riviveva attorno a me... Io mi trovavo nel dipinto. Riconobbi la valle, e la gola selvaggia... un tenue chiarore apparve in cielo... Sant'Amara volava sopra di me, mostrandomi qualcosa... Scorsi una casa bianca sulla collina, dalle persiane verdi, chiuse come begli occhi. Sant'Amara, dall'alto, la indicava: Va', Chiara, va' laggi. Quello il luogo della tua pace. Mi svegliai tremante, di un solo desiderio: cercare quella casa. Era domenica. Ottiero mi obblig a fare una passeggiata in carrozza, e con l'ipocrisia del boia mi aiut a vestirmi, costringendo ogni mio gesto come a prevenire la fuga. Uscimmo nella mattina calda, lui salutava tutti... Era perch la gente ci vedesse insieme, in buon accordo. La passeggiata gliel'ha certo suggerita sua madre, cos il delitto non dester sospetti. La carrozza prese una via di campagna. Ottiero non parla, tiene gli occhi bassi. Segno che la mia morte decisa. Anche da lui. D'un tratto, mi sfugg un grido di sorpresa. Ottiero trasal in un gesto di difesa... ma io non gli badavo pi. Badavo solo alla strada: la carrozza aveva imboccato una gola selvaggia, in tutto simile a quella del dipinto... e poi apparve la collina... e bianca su di essa, la casa dalle persiane verdi... E' questo il luogo cui mi hai destinata, sogno, maestro. Per raggiungerlo, ero disposta a valicare il mondo. E invece l, proprio dietro il paese. Chiesi a Ottiero chi abitava in quella casa. Disse di non saperlo.

Chiesi ad altri. Ma tutti si rifiutavano di dirmelo. E io decisi che per quella casa avrei lasciato la mia. Qualsiasi cosa vi fosse: perfino la casa dei pazzi. Il giorno dopo mi vestii per uscire. Sapevo di andar via per sempre. Sfuggire al coltello di questa gente che vuole estinguere la mia sete di vita mi d l'impazienza dei miei giovani fratelli, i cavalli, e sembro una signora in mantellina e veletta ma sono lo scintillante sauro che fiuta il viaggio, e nitrisce come un'imperlata primavera. Una cosa temevo. L'addio ai miei figli. Entrai nella stanza dei giochi. Giglia sta leggendo una fiaba, con maestria imitando tutte le voci. Benedetto l'ascolta. E il mondo morto ai loro piedi, che solo le fate contano nelle menti bizzarre. Neppure s'accorsero di me. Mentre li guardo per l'ultima volta ho quasi invidia di Giglia, che fino al rapimento sapr soffrire del mio abbandono. Benedetto, invece, non conosce il dolore. Trasforma ogni cosa in gioia, la sua bocca di orco ridente ingoier la mia partenza. Li guardo assorti nell'invisibile e penso che il segreto trasmesso. Ormai, potrei far loro solo compagnia: ma la maternit compiuta. Sentite, voi, bambini, che questa mamma che sta uscendo, come per comprare l'insalata, non torner pi? S, voi lo sentite, Giglia le magiche ciglia verso di me non solleva commossa -. E Benedetto che ha faccia di marinaro mi vede allontanare come il bastimento rosso e bl, che and per mare. Compagni d'amore per sempre, facciamo che questa partenza sia l'ultimo gioco - un gioco perfetto. Non sbagliate: non saltatemi al collo... Bene, cos. Essi giocano a sentire la fiaba, io a stare sulla porta e come folli viaggiatori ci salutiamo, che un giorno, forse... No, mai. Tu, Benedetto, che sei piccino ricordati della tua mamma, sempre un po' fuori misura, per gli angeli. Io vado verso la collina, vorrei lasciarvi una strenna, un orsacchiotto di pelo o uno squisito bon-bon. Ma la mamma distratta, e dicono, anzi, sia pazza, cos il pi bel dono le sembra, andare per la sua strada, ch rendersi liberi una grande eredit, Per chi un d crescer. Passai davanti allo studio di Ottiero. Lo guardai, dalla vetrata, senza chiamarlo. E' cos lontano, e sento l'antica timidezza, come se non avessi mai baciato le sue belle mani. In un giorno di sereno lasciai la mia casa, e i profumi della stagione mi accompagnarono fino al cancello. Salutai i merli del giardino e mi voltai, alla fine. Come un viaggiatore che non torner pi.

3. ELLA DIVENNE UNA PUTTANA.

Avevo preso con me il denaro per la carrozza. Alla casa sulla collina dissi all'uomo a cassetta. Quello, stupefatto, rimase con la frusta a met... Poi si avvi senza fiatare, ma quando credeva che non lo guardassi, si girava a osservare la mia persona. Non gli chiesi il perch del suo imbarazzo. Non sapere cosa trover nella casa, non mi d alcuna inquietudine. Solo l'ardente sfida della curiosit. Attraversammo il paese. Un cane corse dietro alla carrozza, il vento mi port via il cappello. Riuscii a riprenderlo con tale destrezza che scoppiai a ridere, come se col cappello avessi ripreso in mano tutta la mia vita, e Pi svelto, cocchiere! No! Pi lento. Non torner mai questo pomeriggio col sole sugli occhi come un amante mentitore, e cos dolce che dice "sar sempre cos...". Ecco la strada del mio sogno... e la collina... Traversammo la gola selvaggia, il ponte del falco che trema sul torrente turbinoso. La corsa porta via la mia vecchia vita, Chiara finta signora, addio. Cos dolce era l'aria e io in pace con me stessa, che nel calesse mi addormentai. Il cocchiere mi svegli. Aprendo gli occhi, mi trovai davanti la casa. Sulla porta c'era gi Madame Goullon, col bastone e l'occhialino, in grande allarme, che m'aveva scambiata per una delle solite mogli che venivano di nascosto a farle scenate, a piangere, a offrire denaro perch i mariti fossero sbattuti fuori. Scene rare ma oltremodo seccanti, in cui l'unica arma della vecchia era darsi un gran tono. Mi affront con fermezza: Questo un bordello onorato, signora. Fu cos che appresi d'essere al bordello. Vidi nell'ingresso, impagliata, l'Ara Scarlatta, il pi decorativo tra i volatili. Sentii un buon odore di panni puliti, un buon odore di cose sporche. Voglio rimanere le dissi. La Goullon svenne. Aveva sognato, s, di portarsele tutte al bordello, le belle dispettose che vanno alla messa di mezzogiorno al braccio dei mariti volando sui cappellini fioriti di donne per bene. Ma i sogni di Madame sono ben distinti dalla veglia, e vedersene una, l, pronta a cominciare il mestiere, per la felicit le si fece male. Ci volle l'assenzio. Poi il cognac e il centerbe. Aveva chiamato le ragazze accanto a s, come per difendersi. Tutte si aspettavano confessioni e piagnistei. Non ne ebbero, rimasero scontente. Tanto che la Goullon, alla sesta anisetta disse Poche arie cocca, adesso ci racconti perch sei venuta qui. Io tacevo e allora, con frulli di piccioni bizzosi negli angoli ognuna dice la sua, la Goullon dice ce l'ha mandata il marito, per farsi dare i soldi. Di nascosto, s'intende, io li conosco quelli l... per due baiocchi la farebbero dar via alla madre, alla sorella, alla figlia.... Si morse le labbra. Ma gi Giolli mormorava, l'avranno cacciata di casa, chiss che ha combinato... s' venuta a nascondere, senn, una che ci ha il marito, mica matta. Ma Cantilena disse zitte, sceme, quella venuta per chiavare, che le mogli chiavano pochissimo, alcune solo a Pasqua e ai Morti, prova ne sia che i loro mariti stanno sempre a farsela con noi.

Questa spiegazione le acquet. Meno male. Perch io cosa c'ero andata a fare, lo sapevo meno di tutte. L mi aspetta una prova misteriosa, che dovr tutta scoprire. Proprio la cosa che ho meno curato, il sesso, quella mi vien dato di coltivare. Dovr riparare la mia mancanza? forse attraverso il corpo il segreto di Sant'Amara sar rivelato? Tenter la