Dizionario Teologico Antico Testamento, I
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ERNST JENNI CLALS WESTERMANN
M A R IE T T I
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E. Jenni GWestermann
DizionarioTestamentoedizione italiana a cura diGIAN LUIGI PRATO
volume primo2N b Padre Tl mtaj Quando?
Marietti
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Titolo originai e de li opera: Theologisches Handworierbuch 2um Alien Tesiameni . Zwei Bande
CHR. KAISER VERLAG - MONCHEN
THEOLOG1SCHER VERLAG - Z0R1CH
traduzione di
F. BONTEMP1G. CADEDDU B. CHIESAG. MASSI N. NEGRETTI G. L. PRATO M. SAMPAOLO G. TESTA B. VERCESI
1978 MARIETTI EDITORI - TORINO
per ledizione italiana .
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PREMESSA
Il presente dizionario, che esce perora nella sua prima parte, si propone di offrire uno strumento
attendibile per lo studio scientifico dellAntico Testamento, ed anche per Tinsegnamento della
dottrina della Chiesa e per la predicazione. Lintento dei collaboratori stato quello di elaborare
con metodo e il pi ampiamente possibile il senso e luso dei singoli vocaboli.
Nella ricerca veterotestamentaria degli ultimi decenni si raggiunta una certa uniformit di
vedute sul fatto che per determinare il significato di un vocabolo (e specialmente il suo signi
ficato teologico) si deve evitare ogni restrizione di metodo, ed un risultato sicuro si pu ottenere
solo soppesando convenientemente tutti i possibili e molteplici tentativi di soluzione. Una re
strizione consistita per esempio nel voler spiegare una parola solo dal punto di vista gram
maticale e filologico; oppure si voluto determinare in ogni caso tutta quanta la consistenza
di una parola partendo da un presunto significato primario, come pure si tentato di costruire
una storia lineare di un termine, la quale non lascia pi spazio a diversi altri usi, che possono
coesistere luno accanto alfaltro. Una restrizione anche infine il distinguere meccanicamente
un uso profano ed un uso religioso, considerando per ci stesso il primo come pi autentico.
Contrariamente a tutti questi tentativi di spiegazione a direzione unica, si cercato nel presente
dizionario di non attribuire un valore assoluto a nessuno dei metodi seguiti nella ricerca les
sicale, ma di impostare i problemi nella maniera pi ampia possibile e di lasciarli
aperti, conformemente alla situazione attuale degli studi veterotestamentari e della linguistica
generale.
A differenza dei precedenti dizionari deir Antico Testamento, si tenuto conto dei risultati del
le numerose ricerche nel campo della storia delle forme e della tradizione, le quali in molti casi
inducono a correggere notevolmente, nelluso di un vocabolo, sia le classificazioni del materiale
sia la stratificazione cronologica. Da un lato, collocando stabilmente e chiaramente determinati
usi di un verbo o di un sostantivo p.e. nellambito di una determinata forma giuridica, di un
discorso profetico, di un genere di salmi o nellambito di una determinata tradizione narrativa,
si pu ora individuare con sicurezza il contesto in base al quale va condotta lesegesi del verbo
o del sostantivo in questione. D altro lato non si pu pi distinguere troppo genericamente tra
un uso primitivo ed un uso tardivo di un determinat vocabolo e, dato che una parola
pu essere usata in maniere molto diverse tra loro, bisogna tener presenti sia gli usi che coe
sistono luno accanto allaltro, sia quelli che si susseguono. .
Si tenuto conto in particolare di un contributo essenziale della linguistica pi recente, e cio
che la base della comunicazione linguistica non la parola, ma la frase. Ci corrisponde ai ri
sultati della storia delle forme e della tradizione. Contrariamente al modo di procedere della
critica letteraria, secondo la quale luso di un vocabolo isolato pu essere determinante per la
catalogazione cronologica, nella ricerca pi recente emerso in maniera sempre pi evidente
PREMESSA V
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che solo la frase o un complesso di frasi possono determinare una tradizione. Nelielaborare
la portata di un vocabolo d ha un significato essenziale: nel classificare le ricorrenze di un vo
cabolo bisogna partire dalle frasi in cui esso si trova e dalla loro funzione in un contesto pi
ampio.
La compilazione di un dizionario richiede oggi che si presti attenzione anche alla cosiddetta
ricerca dei campi semantici; qui possiamo solo indicare quanto essa sia utile per determinare
il significato di parole che sono molto affini tra loro per contenuto o sembrano essere sinonime,
e anche per la traduzione in unaltra lingua, il cui campo semantico spesso diversamente
strutturato. .
Infine bisogna accennare al fatto che il numero accresciuto dei testi in lingue semitiche, i pro
gressi degli studi sulla grammatica e sulla sintassi ebraica, il differenziarsi e il perfezionarsi dei
metodi filologici e le numerose ricerche recenti nel campo della linguistica generale non hanno
facilitato per nulla lelaborazione di un dizionario dellAntico Testamento, pur avendo reso
possibili molti progressi. Bisogna riconoscere che in diversi casi molti aspetti restano ancora
oscuri quando si vuol determinare luso sia generale sia teologico di un vocabolo ebraico. Il pre
sente dizionario stato compilato nella piena consapevolezza delle difficolt che ancora si in
contrano quando si vuole elaborare accuratamente la funzione che la parola ebraica possiede
nel suo particolare contesto. Su questo punto lelaborazione del dizionario confina con lesegesi,
alia quale vuole rendere un servizio.
EJenni/C.Westermann
Basilea e Heidelberg, aprile 1971.
VI PREM ESSA
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INTRODUZIONE
A. Obiettivi del presente dizionarioLo studioso della lingua ebraica gi da tempo dispone per lAntico Testamento di dizionari ab
bastanza buoni, tra cui i pi usati sono GB, KBL, Zorell e HAL (per le abbreviazioni vd. st.
p. XV III ss.). chiaro per che questi dizionari, impostati tradizionalmente come liste di pos
sibili traduzioni in lingue moderne di una parola ebraica (con una parte introduttoria dedicata
alletimologia, talvolta molto elaborata, ma accessibile solo allo specialista) senza unesposizio
ne pi diffusa e una discussione dei problemi, non possono dare unidea adeguata delluso e
della vita delle parole nellAT, come la scienza oggi richiede. Inoltre, al di l della filologia tra
dizionale e delle vie da essa seguite nella ricerca, la semasiologia e i metodi della storia delle
forme e della storia della tradizione hanno acquistato negli ultimi anni una importanza crescen
te; i loro risultati e le loro problematiche non s possono esporre in maniera adeguata nella di
sposizione seguita di solito dai dizionari. In particolare, per i vocaboli che hanno una certa im
portanza teologica sempre pi difficile offrire una visione dinsieme del lavoro compiuto dalla
scienza veterotestamentaria internazionale sul piano lessicale. perci necessario creare un di
zionario particolare che, come si detto nellanno 1966 nelle istruzioni date ai collaboratori del
DTAT al termine del lavoro di programmazione, completando i dizionari ebraici esistenti,
sulla base della scienza linguistica e tenendo presenti i metodi della semasiologia e della storia
delle forme e della tradizione, esponga con la massima concisione e completezza, indicando
anche la bibliografia di cui oggi si dispone, i vocaboli dellAntico Testamento che hanno unim
portanza teologica per il loro uso, la loro storia e il loro significato nelfambito della teologia ve
terotestamentaria .
Non certo possibile dire se il risultato, che viene presentato qui nella sua prima met dopo
un lavoro di cinque anni, corrisponda esattamente allideale perseguito. anzi necessario chia
rire fin dallinizio quello che non e lo scopo del DTAT:
(a) Bench gli indici, previsti per il secondo volume, indichino che si presa in considerazione
una gran parte del lessico veterotestamentario, il DTAT, gi per il solo fatto che opera una scel
ta di voci, non pu sostituire ma solo completare i dizionari tradizionali. Persino nella tratta
zione delle radici e dei vocaboli, i numerosi dati lessicali, grammaticali, critico-testuali e biblio
grafici, anche nello stesso HAL, almeno per la parte finora uscita, non sono per nulla esaurienti.
(b) Pur conservando la massima apertura verso gli sviluppi pi recenti della scienza linguistica
(cfr. p.e. lampia esposizione della Encyclopdie de la Pleiade, Le langage, ed. da A.Martinet,
1968, o lintroduzione pi specifica di O.Reichmann, Deutsche Wortforschung, 1969) e
dellesegesi (cfr. p.e. K.Koch, Was ist Formgeschichte? *1967), unopera collettiva come la
INTRODUZIONE V II
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presente non pu proporsi di seguire esclusivamente una determinata teoria e un determinato
metodo, aprendo cosi prospettive di ricerca del tutto nuove. La maggior parte degli studiosi
dellAT non sono specialisti in linguistica e daltra parte non esste finora un metodo linguistico
ed esegetico unitario sul quale poter far convergere tutti i collaboratori di diversa provenienza.
Lo specialista potr a sua volta tradurre tacitamente nella sua terminologia rigorosa quello che
trova espresso talvolta in maniera non tecnica ( significato primario , campo semantico
ecc.). Ad alcuni sembrer che la storia delle forme o un qualsiasi altro punto di vista siano trat
tati con eccessiva ampiezza, mentre ad altri sembrer che vi si sia prestata troppo poca atten
zione. Anche qui leditore non ha potuto n voluto ridurre tutto allo stesso denominatore.
(c) Bench linteresse principale sia rivolto alluso teologico, il DTAT non vuole essere
unesposizione della teologia veterotestamentaria suddivisa secondo determinate voci lessicali.
Anche prescindendo dal fatto che i collaboratori del dizionario non provengono da una par
ticolare scuola o da un particolare indirizzo teologico e leditore da parte sua non intervenuto
per nulla in merito a questioni teologiche, non si pu costruire una teologa su una ricerca les
sicale (cfr. J.Barr, The Semantics of Biblcal Language, 1961; trad. italiana: Semantica del lin
guaggio biblico, 1968). Il DTAT parte dalle parole e dal loro uso, cosa che pu anche condurre
a concetti teologici abbastanza ben configurati, ma non da concezioni e idee teologiche come
tali ( onnipotenza , peccato , monoteismo ecc.), che possono ridursi ad un sistema.
Bench quando si tratta di realt astratte la differenza fra il significato di una parola e la cosa
significata venga a cadere (cfr. su questo punto anche le considerazioni di H.H.Schmid, Ge-
rechtigkeit als Weltordnung, 1968,4ss. sulla lingua ebraica e il modo di intendere la realt, pro
prio degli israeliti), e la semasiologia possa essere integrata giustamente con la problematica
onomasiologica, il DTAT resta nelle sue intenzioni un dizionario e non si sostituisce quindi
ad un lessico di concetti teologici che descrive il peccato nellAT , limmagine delluomo
nelPAT , la concezione israelitica dellalleanza ecc., e tanto meno ad un esposizione ge
nerale della teologia dellAntico Testamento, per la quale esso resta soltanto un sussidio.
(ici) Questo dizionario particolare destinato in prima linea ai teologi e ai pastori che possiedono
una conoscenza minima dellebraico e della scienza biblica veterotestamentaria, ma anche co
loro che non conoscono lebraico possono utilizzarlo facilmente, poich delle parole e dei testi
ebr. si data sempre la relativa traduzione, i caratteri ebr. sono stati trascritti e si sono aggiunti
degli indici. Nello stesso tempo il DTAT si propone di presentare in sintesi ad un pi vasto
pubblico quello che esposto dagli specialisti in unampia serie di pubblicazioni, ed augurabile
che questo lavoro aiuti a comprendere meglio lAntico Testamento e il suo messaggio. D altra
parte tutto questo rivela anche i limiti del dizionario: esso non in grado di fornire al pastore
iesegesi dei testi e neppure la loro traduzione nella lingua di oggi, ma rimane anche da questo
punto di vista un semplice strumento delPesegesi.
B. L impostazione del dizionarioNella scelta dei vocaboli che hanno rilevanza teologica non si possono evitare del tutto opi
nioni soggettive. Ci dipende naturalmente dal fatto che anche l uso teologico non si pu
distinguere nettamente da un uso generale o profano . In genere apparsa opportuna una
presentazione pi ampia possibile dell uso teologico , cio una considerazione non solo dei
passi che contengono verbi il cui soggetto o oggetto Dio, opp. sostantivi che designano Dio,
V ili INTRODUZIONE .
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ma per quanto possibile, di tutti i casi in cui si esprime una certa relazione tra Dio e il popolo
opp. tra Dio e luomo. Proprio per questo per ad alcuni sembrer che manchino molte cose,
mentre ad altri lambito preso in considerazione potr apparire troppo esteso.
Per documentare la particolarit specifica di un dizionario basato sui concetti, si sono dedicate
delle voci proprie, oltre che alla massa dei sostantivi e dei verbi, anche ad altre categorie gram
maticali, come pronomi (P^hf io , -kl tu tti ), avverbi {-uaj forse, -'ajj
dove?, -mtaj quando?), preposizioni (lim con) e anche interiezioni {-'ahh
ah! , -hj guai! , -hinn ecco! ).
D altro lato non si sono riservate delle voci proprie ad una serie di altri vocaboli, che forse si
sarebbero voluti vedere qui. Questo vale sia per alcuni sostantivi (har monte , mjim ac
qua ) o verbi (jsb sedere, abitare , ktb scrivere )che ricorrono spesso, sia anche per molte
nozioni, tra cui soprattutto quelle che si riferiscono al culto, per le quali si possono consultare
i dizionari biblici. Il DTAT non stato espressamente concepito come unopera che va con
sultata in fatto di archeologia o di storia delle religioni, poich allora lattenzione (come avviene
per un lessico delle cose o delle idee) si sarebbe spostata troppo dalla funzione significativa delle
parole alla descrizione della realt designata e della sua storia. Chi dunque ricerca delle infor
mazioni archeologiche o di storia delle religioni sul santuario dellarca, sul sacrifcio o sul sa
cerdozio, non le trover qui con la scusa di condurre una ricerca linguistica sui termini 'rdn
cassa , zbh uccidere, sacrificare oppure khn sacerdote . Questi e altri vocaboli come
'ezb issopo , fd efod , 7arP! ara sacrificale , bm altura cultuale ecc. sono
stati quasi sempre tralasciati, poich altrimenti lambito di un piccolo dizionario teologico sa
rebbe stato oltrepassato di molto.
Lo stesso vale anche per i nomi propri, i quali, ad eccezione degli epiteti divini Jahwe e Saddaj,
e dei nomi Israele e Sion che sono divenuti titoli religiosi, non hanno una voce propria. Cer
tamente, bramo e Davide con le loro rispettive tradizioni, Gerusalemme ed anche Canaan
e Babilonia non sono realt teologiche di scarsa importanza, tuttavia non si possono pi col
locare nel quadro di un dizionario orientato in senso semasiologico.
Bisogna per osservare che numerosi vocaboli, i quali non posseggono una voce propria, sono
trattati sotto altri termini, sia come sinonimi o opposti sia come elementi che rientrano nel
campo semantico di un termine trattato. Cosi possibile far rientrare har monte , nel suo
significato teologico, sotto -Sijjn Sion ; mjim acqua e jm mare , nel loro significato
mitologico, sotto tehm abisso 'Jsb sedere, abitare sotto -skn abitare ecc. Per alcuni
vocaboli che ricorrono spesso, gi nelfelenco alfabetico dei termini si indica la voce corrispon
dente sotto cui il vocabolo trattato; in molti altri casi gli indici alla fine del secondo volume
faciliteranno la ricerca.
Per quanto riguarda lordine dei termini trattati, si presenterebbero di per s diverse possibilit.
In primo luogo poteva sembrare attraente partire da un principio ordinatore basato sul conte
nuto e tentare di esporre il lessico nella sua struttura contenutistica. Tuttavia ragioni teoriche
e soprattutto pratiche ci hanno indotto a restare su un principio ordinatore fomiale, basato
sullalfabeto, ed a stabilire nellesposizione stessa oppure con accenni secondari le necessarie
relazioni di contenuto. Inoltre, come naturale per le lingue semitiche, i termini derivant i da
una stessa radice sono stati trattati sotto una sola voce: ci non significa che lautonomia di
significato delle singole parole sia stata sacrificata ad un errato abbaglio della radice (cfr.
J.Barr, Le., 104ss; trad. italiana 144ss.)e che il significato sia stato subordinato alletimologia.
Tali deformazioni del resto non si evitano automaticamente quando si catalogano in ordine
puramente alfabetico le singole parole; daltra parte la trattazione differenziata delle formazioni
IN T R O D U Z IO N E IX* . - i
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nominali e delle forme verbali che viene effettuata nei dizionari tradizionali non del tutto
esente da critica; ivi infatti $cedceq e sldq compaiono come lemmi distinti, ma non $iddq
e hi$dlq. Anche qui sono state determinanti alcune considerazioni pratiche, relative allespo
sizione, pi che dei principi puramente teorici, e questo fa s che anche neHimpostazione delle
singole voci la disposizione resti relativamente libera ed elastica (cfr. p.e. -ybh, dove cebjn
trattato come vocabolo a s, e mn, dove ai derivati pi importanti sono state dedicate quasi
delle voci a parte nei paragrafi 3 e 4).
Resta infine affidata al calcolo soggettivo lampiezza da riservarsi alle singole voci. La divisione
originaria in voci corte, normali, lunghe e lunghissime, come ci si poteva attendere, scom
parsa da s in una certa misura nella stesura delle voci stesse. Certo, alcune cose potevano dirsi
in modo pi conciso ed altre in modo pi diffuso, tuttavia le differenze nella stesura non do
vrebbero superare quanto ci si aspetta da unopera composta in collaborazione. Iri sostanza, gra
zie alla disciplina dei collaboratori, si evitato anche il pericolo, ben noto ad ogni editore, che
i contributi si sviluppassero in modo tale da diventare vere e proprie trattazioni indipendenti.
C. L impostazione delle singole vociOgni voce, riassumendo i risultati delle ricerche lessicali, a differenza dei dizionari tradizionali
dovrebbe contenere possibilmente affermazioni in frasi complete e in uno stile stringato e con
ciso. Anzich usare sottotitoli ed un apparato di note, per dividere tra loro le varie parti si nu
merano i paragrafi e si adoperano due tipi di caratteri tipografici; molto spesso si fa uso di pa
rentesi per espressioni secondarie, citazioni bibliografiche ecc.
Il titolo della voce consiste in un solo lemma ebr., per lo pi la radice (verbale) o un sostantivo
primario, in casi particolari anche il rappresentante principale del gruppo considerato (p.e.
tor), cui si fa seguire il significato fondamentale in traduzione italiana. Poich il titolo delPar-
ticolo costituisce anche la testata, deve essere mantenuto molto breve. Esso ha soltanto Io sco
po pratico di dare una identit alla voce e non pu quindi anticiparne il contenuto. Per le radici
-7/r e -m n, che non posseggono un qal, ma che hanno numerose derivazioni di uguale im
portanza e di diverso significato, si sono scelti dei significati approssimativi, della radice, che
hanno il valore di una sigla ( dopo , stabile, sicuro ).
La voce si divide generalmente in cinque parti, di cui la terza e la quarta sono le pi ampie.
La numerazione delle part principali in alcune voci pi lunghe in cifre romane, nelle altre
in cifre arabe. Le indicazioni dei paragrafi si susseguono quindi alla seguente maniera:
1/ II/ ... 1/ 2/... a) b)... (1) (2)...; non c quindi confusione nell'uso delle cifre arabe in
grassetto, che designano sia i paragrafi delle cinque parti principali, quando queste sono indi
cate con cifre romane, sia normalmente le cinque parti principali di una voce.
Per le parti principali che restano invariate c da osservare quanto segue:
]. Radice e derivazioni. La prima parte si occupa d tutto quello che concerne la radice. Se
guono la numerazione dei derivati che sono trattati nella voce, e spesso viene indicato anche
il genere di derivazione (la funzione della coniugazione verbale, la classe cui appartiene la for
mazione nominale ecc.), se ci utile in qualche maniera per stabilire il significato (cfr. D.Mi-
chel, Archiv fr Begriffsgeschichte 12,1968,32ss.). In questa funzione della prima parte, ossia
in questa presentazione sintetica del contenuto di tutto quanto il gruppo che viene trattato, sta
la ragione per cui, senza dare uneccessiva importanza alfetimologia per determinare il signi
X INTRODUZIONE
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ficato attuale dei vocaboli nellAntico Testamento, vengono posti allinizio dellarticolo e non
alla fine, come viene suggerito spesso dalla moderna lessicografia, i dati che riguardano la pre
senza della radice in altre lingue semitiche, le considerazioni sul significato primario comu
ne a tutto il gruppo ed altre eventuali osservazioni riguardanti l'etimologia. In molti casi si ac
cenna anche ai limiti del metodo etimologico, persino caro ai teologi, e si mette in guardia con
tro eventuali speculazioni, Del resto lo studioso dellAntico Testamento pu anche essere in
teressato a conoscere in sintesi lestensione di un determinato gruppo in altre lingue semitiche
ed eventualmente anche se esso ricompare, pur con altre radici, in determinati ambiti ecc.
evidente che, a differenza di un dizionario etimologico (il quale nel nostro campo del resto non
esiste ancora), non si pu pretendere di fornire su questo punto dei dati completi: in genere
si sono prese in considerazione le lingue semitiche pi antiche dellAT o ad esso contempo
ranee, specialmente laccadico, lugaritico, il fenicio punico e laramaico pi antico.
2. Statistica. In una seconda parte, a nehessa relativamente corta, vengono forniti i dati sta
tistici sulla presenza dei vocaboli nellAT e nelle sue singole parti, in alcuni casi con un quadro
prospettico. Anzich fornire un semplice catalogo dei vocaboli, si possono gi qui sottolineare
alcune particolarit sulla loro distribuzione. Nella scienza linguistica recente anche la statistica
dei termini comincia lentamente a farsi strada; pur essendo vero che, come avviene per ogni
statistica, c il pericolo che ne derivi ogni genere di abuso, per sembrato giusto dare un fon
damento sicuro ad una statistica dei termini dellT, poich,contrariamente a quanto avviene
per il NT (R.Morgenthaler, Statistik des ntl. Wortschatzes, 1958), non si ha ancora in questo
campo molto materiale a disposizione.
Come in ogni statistica, anche qui si richiede anzitutto una presentazione accurata di quello
che viene numerato. I dati del DTAT si basano sul testo masoretico non emendato della BIT
e considerano come unit a s ogni ricorrenza di un dato termine nelle sue diverse forme gram
maticali. Perci p.e. linf. assol. con un verbo finito vale come due ricorrenze. Vengono quindi
elencati non i diversi nessi logici o i versi che contengono il vocabolo (talora pi volte), ma
le singole ricorrenze del termine prese a s. Bench piccoli errori numerici o arrotondamenti
di cifre siano praticamente insignificanti per le conclusioni che si devono trarre dai numeri, nel
la statistica si cercata per la maggior esattezza possibile. Perci si sono consultate per i singoli
libri biblici le concordanze di Mandelkern (incl. le appendici di S.Herner) e di Lisowsky, tra loro
indipendenti e impostate su basi diverse, e quando i dati erano divergenti si operata una col
lazione. Quando stato necessario scegliere tra diverse interpretazioni grammaticali e tra di
verse identificazioni di un termine, il risultato della scelta stato presentato in breve per quanto
era necessario, poich una statistica pu essere controllata solo se i numeri sono ben delimitati.
Le correzioni che, come risultato secondario della ricerca, sono state apportate alle concordanze
di Lisowsky non sono quindi per nulla una critica ai grandi meriti di quesfopera. Se nella bi
bliografia si incontrano dati statistici divergenti dai nostri, ci dovuto molto spesso ad un di
verso conteggio,il quale naturalmente pu essere valido tanto quanto il nostro, purch sia chia
ro e sia usato con coerenza.
Il valore dei dati statistici sarebbe naturalmente molto pi significativo per la storia della lingua
se si fossero potuti ordinare i dati non seguendo meccanicamente i libri biblici, ma secondo
lepoca di composizione dei singoli complessi letterari. Poich per lanalisi letteraria e la da
tazione di molti testi sono controverse o impossibili, non si potuto seguire questa strada per
costruire la statistica dei termini se non in casi eccezionali. Anche una particolare trattazione
metodica, p.e. del Deuteroisaia (e del Tritoisaia?), avrebbe gi complicato di molto il procedi
mento. Nei singoli casi tali precisioni si possono ricuperare senza troppa fatica.
INTRODUZIONE XI
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Per poter misurare la frequenza relativa di un termine in un determinato libro biblico, anche
prescindendo dal significato statistico che essa possiede, necessario un quadro comparativo
del contenuto globale dei singoli libri biblici. Come strumento provvisorio pu servire il quadro
seguente (cfr. anche voi. II, Appendice statistica), relativo allampiezza dei libri dell1 AT in per
centuale (per mille; approssimata):
Gen 68 Is
Es 55 Ger
Lev 39 Ez
Num 54 0$Deut 47 Gioe
Pentateuco 263 AmiAbd
Gios 33 GionaGiud 32 MiISam 43 Nah
2Sam 36 AbIRe 43 Sof
2Re 40 Agg
Gios-2Re 227 ZacMal
Gen-2Re 490 Profeti
(di cui aram. 16: Dan 12 su 20, Esd 4 su 12).
55 Sai 64
71 Giob 27
61 Prov 23
8 Rut 4
3 Cant 4
7 Eccle 10
1 Lam 5
2 1 Est 10
5 Dan 20
2 Esd 12
2 Neem 17
3 lCron 35
2 2Cron 44
10 Ketubim 2753
235 AT 1000
3. Significato e storia del significato. Nella terza parte segue l'esposizione delluso generale del
termine opp. del gruppo nellAT. Ci si limita ai libri del canone ebr.; talvolta, ma non rego
larmente, si includono anche le parti ebr. del libro di Ben Sira (Ecclesiastico). Non sono stati
presi in considerazione lebr. postbiblico e la letteratura intertestamentaria, conservata solo nel
la traduzione gr.; sui punti pi importanti dato eventualmente qualche breve accenno nella
parte conclusiva della voce.
Nel lesposizione si lasciata grande libert agli autori. La divisione pu essere effettuata su basi
semasiologiche (significato principale, ampliamenti, sensi traslati ecc.), grammatico-sintatti
che (sing./plur., diverse costruzioni dei verbi ecc.) o anche storiche; in genere si sono inclusi
qui anche quei dati che per lo pi i dizionari tralasciano per ragioni di spazio, e cio linserzione
del termine in elenchi, i campi semantici, gli opposti, la delimitazione rispetto a termini sino
nimi, le ragioni su cui si fonda un mutamento semantico, i significati assenti nellAT ecc. In
vece si sono evitate, per quanto possbile, le digressioni storico-culturali od esegetiche che su
perano i limiti della ricerca lessicale; su questo punto ci si limita ad eventuali accenni biblio
grafici (manuali, commentari, studi monografici).
Poich una sezione bibliografica non ci sembrata del tutto utile, le citazioni sono state fatte
di solito nel luogo appropriato, in alcuni casi anche nella forma di una breve sintesi della storia
della ricerca. Quando si tratta di tesi controverse si fatto un rapido cenno alla posizione con
traria; le voci dovrebbero dare un ritratto del tutto oggettivo della situazione in cui si trova oggi
la discussione.
4. Uso teologico. La terza parte, pi generale, costituisce la premessa su cui ci si pu basare
per esporre luso teologico, pi specifico. Solo in pochissimi casi possibile distinguere chia
ramente* nel significato del termine, tra profano e teologico ; tuttavia vi (non con la
XII INTRODUZIONE
-
stessa chiarezza in ogni vocabolo) una certa gradualit nelluso dei termini, la quale viene in
dicata dalla maggiore o minore importanza teologica del contesto, e che molto spesso pu es
sere messa in evidenza dalla storia delle forme e dalla storia della tradizione. Non si deve per
pensare che si possano stabilire ovunque confini precisi: generalmente nella terza parte ven
gono presentate delle prospettive generali (lasciando da parte gli usi teologici particolari) e nella
quarta parte invece vengono trattati i problemi specifici di natura teologica. anche possibile
unire tra loro i paragrafi 3 e 4 (p.e. trn')\ in alcune voci inoltre due diversi vocaboli o due di
versi gruppi sono stati trattati in questi due paragrafi ( /z, -'/ir).
Anche alf interno della quarta parte lordinamento non segue norme precise. Secondo il parere
degli autori, si sono preferite di volta in volta prospettive semasiologiche, storiche e teologiche.
Per quanto riguarda il materiale comparativo extrabiblico, si sono citati quasi solo i testi accadici
o del semitico nordoccidentale pi antichi de.UAT o ad esso contemporanei, e talvolta anche
quelli egiziani. Si rinunciato ad un panorama completo sulluso di termini equivalenti in tutto
quanto lambiente che va dalla Mesopotamia allEgitto, come pure si sono evitate digressioni
riguardanti la storia delle religioni, per non oltrepassare lambito del dizionario, ma anche te
nendo presenti le possibilit di cui effettivamente si dispone.
5. Sviluppi posteriori. La parte conclusiva espone brevemente se e come levoluzione delf uso
teologico prosegue fino al giudaismo tardivo e al Nuovo Testamento opp. al Cristianesimo pri
mitivo. In genere sono sufficienti semplici accenni bibliografici. I dati relativi ai principali equi
valenti gr. dei termini ebr, nei Settanta e nel Nuovo Testamento possono essere forniti indi
cando per lo pi i corrispondenti articoli del ThW (= GLNT). Del resto anche qui, come in
altri settori marginali, non si possono dare informazioni esaustive. Non si vuole comporre una
summa biblico-teologica che racchiuda tutto, ma solo accennare in maniera concisa al col
legamento con le scienze vicine, di cui il teologo deve tener conto.
D. La trascrizione dellebraicoTranne che nei titoli delle voci e in pochissimi passi, in cui bisognava far risaltare le sottigliezze
niasoretiche, per motivi tipografici si rinunciato nel presente dizionario ai caratteri ebraici;
ci dispiacer forse a molti ebraisti i quali, adattandosi con difficolt alla trascrizione, non tro
veranno qui purtroppo la scrittura cui sono abituati. Nelle pubblicazioni scientifiche odierne
la trascrizione viene utilizzata sempre di pi; essa, se usata correttamente, in grado di sod
disfare a tutte le esigenze del caso ed comunque preferibile al compromesso tipografico di
usare solo caratteri ebraici non vocalizzati.
Consonanti:
(alef) f
(bet) b(ghimel) g(dalet) d(he) h(waw) tv(zajin) z(het) H
(tei) ((jod) j
(kaf) k(lamed) /(mem) m(nun) n(samek) sCajin) '
(pe) P /(sade) s
(qof) Q(tes) T
(sin)rs
(sin)V
s
(taw) t
INTRODUZIONE X IR
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Vocali:corta lunga (qmes hatuf) o (in sillaba chiusa atona)
(qmes) (hlem magnum) (ptah)/ ^\
aCF
(sureq) (sere)(segl) ce
(sew mobile) e
(hireq) i /" (htef ptah)a
(blem) (htef qmes) 0
(qibbus) u (htef segl) &
Il sistema di trascrizione qui adottato un espediente pratico per rendere lebraico masoretico
secondo la pronuncia tradizionale che si insegna nelle nostre universit. Non intende riprodur
re con una traslitterazione precisa tutte le particolarit dellortografia della scuola di Tiberiade;
non si prefigge neppure uno scopo puramente fonematico n vuol raggiungere forme meglio
giustificate daJla storia della lingua al di l della grammatica tradizionale. Le spiegazioni che
seguono sono rivolte anzitutto ai non specialisti; le scelte pratiche resesi necessarie per la pub
blicazione del dizionario, le quali dovevano anche tener conto delle esigenze tipografiche, non
sono per nulla normative.
Per quanto riguarda la pronuncia delle consonanti (cfr. per i dettagli le grammatiche, p.e. Meyer
l,41ss.) va osservato che e f equivalgono per convenzione ad un attacco duro di voce (come
nel tedesco geehrt ), z si pronuncia come una s sonora (cfr. z in francese), h una h for
temente aspirata come la c toscana (p.e. casa ) oppure il eh tedesco (p.e. ach ), $ si pro
nuncia come una s enfatica (per altri equivale al suono ts), s si pronuncia s e s se (p.e. scen
dere ). Per le cd. begadkefat {h, g, d, k, p e /), che dopo vocale erano pronunciate non come
occlusive, ma come fricative, nella trascrizione si conservata la distinzione solo perp (p alFini
zio di parola e dopo consonante,/dopo vocale). La consonante b pu essere pronunciata v e
k pu venir aspirata, secondo una pronuncia abbastanza diffusa, senza che ci sia indicato nella
scrittura.
1 segni consonantici h, w cj(matres lectionis)sono usati per indicare vocali lunghe solo quando
si trascrivono testi non vocalizzati (iscrizioni extrabibliche, testi qumranici, ketib ecc.)e quando
si vuol indicare la disposizione alfabetica; inoltre h (finale) usata per i verbi tertiae infirmae
(ILI w/j) nella terza pers. sing. masc. del perf., ossia nella forma con cui essi vengono designati;
tale forma, tranne che nei verbi con vocale media lunga (inf. cs. b\bfn, gr ecc.), viene data
altrimenti solo come radice consonantica non vocalizzata (p.e. &/, bh, &/, da pronunciarsi -
bad, b, bal con l'accento sulla seconda sillaba, in alcuni casi anche con invece di a nella
seconda sillaba: {ips = hjes e tra i termini trattati nel primo volume thrjr\kbd, Ibs). Nel primo
volume una possibile confusione con h consonantico in quanto terza radicale si ha solo p&rgbh
(= gbah)\ nel testo si indica per quale deve essere la pronuncia esatta (col. 342). Nella vo
calizzazione non si tiene conto di h come designazione di vocale, e questo specialmente per la
finale del femminile - (p.e. malk regina , non malkh il suo [= di lei] re ). Per lo alef
quiescente adottiamo invece un sistema un po diverso: quando esso designa una vocale non
viene trascritto p.e. in lo non , h egli , rs capo , aram. malk il re ; quando per
' quiescente e ' non quiescente compaiono assieme in un paradigma grammaticale o in gruppo
di termini strettamente legati tra loro, viene scritto anche lo ' che non pi pronunciato, perch
sia pi facile identificare la radice (p.e. dalla radice jr* le derivazioni nia'1 terribile t jir'
timore ).
Per quanto riguarda le vocali, sere e hlem ebraici vengono considerati sempre vocali lunghe
( e \ in conformit con la grammatica tradizionale.
XIV INTRODUZIONE
-
Laccento risiede generalmente sulla sillaba finale e non viene perci indicalo. Le forme les
sicali con accento sulla penultima sillaba, tra cui specialmente i segolati (forme nominali con
ce nella sillaba finale), hanno un accento acuto, mentre non lo hanno le forme che nella fles-* * +
sione vengono ad avere finali atone (p.e. lamina perch , 'wcen iniquit , hrcem sco
munica , 7zcen orecchio ; invece dbr parola ,,
-
Bibbia ebraica Bibbia di Zurigo Bibbia CE1
2Re 12,112,2-22
2 Re 11,2112,1-21
2Re
Is 8,23 9,1-20
63,19a 63,19b
64,M I
ls 9,19,2-21
63,1964,164,2-12
Is
Ger 8,239,1-25
Ger 9,19,2-26
Ger
Os 2,1-22,3-25
14,1
Os 1,10-11 , 2,1-23
13,16
Os
14,2-10 14,1-9
Gioe 3.1-54.1-21
Gioe 2,28-323,1-21
Gioe
Mi 4,145,1-14
Mi 5,15,2-15
Mi
Zac 2,1-42,5-17
Zac 1,18-212,1-13
Zac
Mal 3,19-24 Ma] 4,1-6 Mal
Giob 40.1-5 40,6-24 40,25-32
41,141.2-26
Giob 39,31-3540.1-19 40,20-27 40,2841.1-25
Giob
Eccle 6,127,1-29
Eccle 7J7,2-30 Eccle
Dan 3,31-33
6,16,2-29
Dan 3,31-335,316,1-28
Dan
Necm 3,33-384,1-17
10,110,2-40
Neem 4.1-64,7-239,38
10.1-39
Neem
lCron 5,27-41
6,1-66
12,4-512,6-41
lCron 6,1-15
6,16-81
12,412,5-40
lCron
2Cron 1,182,1-17
13,2314,1-14
2Cron 2,12,2-18
14,114,2-25
2Cron
12,112,2-228.239.1-20
63,19a 63,19b64.1-11
8.239.1-25
2.1-2 2,3-25
14.114.2-10
3.1-54.1-21
4,145.1-14
2.1-4 2,5-17
3,19-24
40.1-540.6-24
40,25-3241.141.2-26
6,127.1-29
3,98-1006,16.2-29
3,33-384.1-17
10.110.2-40
5,27-41(6,1-15)
6.1-66 (6,16-81) 12,4-512.641
1,182,1-17
13.23 14,1-14
XVI INTRODUZIONE
-
F. Osservazioni sul primo volumeLeditore si sente in dovere di ringraziare Villustre collega prof. D.C. Westermann di Heidel
berg, il cui interessamento ha reso possibile ladesione di gran parte dei circa quaranta colla
boratori di questo primo volume del DTAT; a lui si devono anche il progetto dellopera e i ne
cessari collegamenti con la casa editrice. Il fatto che i collaboratori rappresentino soprattutto
due distinte regioni geografiche, e cio Heidelberg e la Svizzera, dovuto a situazioni personali,
tuttavia contributi provengono da circa dieci paesi.
I manoscritti degli autori di lingua straniera sono stati tradotti dalPeditore. Egli ha rielaborato
gli articoli per dar loro una forma unitaria; tutti i manoscritti sono stati perci ricomposti. Si
usato spesso del diritto, in precedenza concordato, di poter operare mutamenti, anche di con
tenuto (nei casi pi importanti dopo aver interpellato lautore), meno per togliere che per ag
giungere; le aggiunte delfeditore, quando divergevano abbastanza dal lato tematico o quando
sono state apportate in vista dellimpostazione generale del dizionario (inserzione di sinonimi
ecc.), e perci non volevano essere una critica al contributo dellautore, sono state indicate con
un * (* accanto a cifre o lettere che indicano paragrafi si riferisce al relativo paragrafo, * dopo
un capoverso si riferisce solo ad esso). In tal senso stato quindi necessario intervenire soprat
tutto nelle prime due parti delle singole voci; solo leditore inoltre responsabile della revisione
dei dati statistici. Poich la correttura delle bozze stata effettuata dagli autori solo per le voci
pi lunghe, le sviste e gli errori di stampa anche in questo caso sono a carico delleditore.
Un ringraziamento particolare va infine al dott. Thomas Willi (ora in Eichberg, cantone di San
Gallo), al dott. Gerhard Wehmeier (ora in Dharwar, Mysore St., India) e a Matthias Su ter, che
leditore ha avuto accanto a s luno dopo laltro come assistenti e che fin dalla fine del 1968
si sono assunti il faticoso compito di controllare i testi e di correggere le bozze.
Basilea, aprile 1971 Ernst Jenni
* Per il voi. Xi cfr. p. [4(4].
NOTA DELL'EDITORE ITALIANONe/redizione italiana del DTA Tsi sono ovviamente omessi tutti quei riferimenti specifici alia lingua
tedesca che risulterebbero privi di senso, se non addirittura incomprensibili, qualora fossero tra
sposti in un1 altra lingua. Quando stato possibile, si cercato tuttavia di compensare tali omissioni
con adattamenti analoghi alla lingua italiana di quello che nelledizione originale strettamente
legato alla configurazione linguistica del tedesco. Questo vale anche per alcuni riferimenti che ven
gono fatti nelledizione originale alla versione tedesca della Bibbia di Zurigo (Zurcher Bibel), i quali
restano comprensibili solo allinterno del patrimonio storico-linguistico del tedesco.
Per quanto riguarda fa parte bibliografica, si indicata la corrispondente versione italiana delie
voci del Theologisches Wrterbuch zum Neuen Testameni ( Grande Lessico del Nuovo Testa
mento), almeno per la parte finora tradotta (voli. I-XIV.
/ nomi propri (di persona e di luogo) sono citati secondo la versione della Bibbia della Conferenza
Episcopale Italiana (CEl), che alle pp. XVs. sostituisce anche la RSV(Revised Standard Verson)
deir edizione originale. Gjm Lujgj Pfa(0Aprile 1978
INTRODUZIONE XVII
-
ABBREVIAZIONI
Libri della Bibbia
Ab Abacuc Giudit Giuditta
Abd Abdia Gv Giovanni
Agg Aggeo l/2/3Gv Lettere di S. GiovanniAm Amos Is IsaiaApoc Apocalisse di S. Giovanni Lam LamentazioniAtti Alti degli Apostoli Le LucaBar Baruc LettGer Lettera di GeremiaCant Cantico dei Cantici Lev LeviticoCol Lettera ai Colossesi l/2/3Mac Maccabeil/2Cor Lettere ai Corinti Me Marcol/2Cron Cronache Mal MalachiaDan Daniele Mi MicheaDeut Deuteronomio Mt MatteoDtis Deuteroisaia Nah NahumDtzac Deuterozaccaria Neem NeemiaEbr Lettera agli Ebrei Num NumeriEccle Ecclesiaste OrMan Preghiera di ManasseEcdt Ecclesiastico Os OseaEf Lettera agli Efesini l/2Piet Lettere di S. PietroEs Esodo Prov ProverbiEsd (3Esd) Esdra l/2Re Libri dei ReEst Ester Rom Lettera ai RomaniEz Ezechiele Rut RutFil Lettera ai Filippesi Sai Salmo/iFilem Lettera a Filemone l/2Sam Libri di Samuele
Gal Lettera ai Galati Sap SapienzaGen Genesi Sof SofoniaGer Geremia SDan Supplementi a DanieleGiac Lettera di S Giacomo SEst Supplementi a EsterGiob Giobbe - l/2Tess Lettere ai TessalonicesiGioe Giele l/2Tim Lettere a TimoteoGiona Giona Tito Lettera a Tito
Gios Giosu Tob Tobia
Giud Giudici Tritois Tritoisaia
Giuda Lettera di S. Giuda Zac Zaccaria
Commentar/ citati in abbreviazione
Gen: G.vori Rad, ATD 2-4, 1949-52; C.Westermann, BK I, 1966ss.Es: M.Noth, ATD 5, 1959.Lev: M.Noth, ATD 6, 1962; K.EIliger, HAT 4, 1966.Num: M.Noth, ATD 7, 1966.
XVI li ABBREVIAZIONI
-
Deut: G.von Rad, ATD 8, 1964.
Gios: M.Noth, HAT 7, *1953.
IRe; M.Noth, BK IX /1, 1968.
Is: 0.Kaiser, ATD 17, 1960; H.Wildberger, BK X, 1965ss.
Dtis: C.Westermann, ATD 19, 1966; K.Elliger, BK XI, 1970ss.
Ger: W.Rudolph, HAT 12, T968 (numerazione delle p. diversa rispetto a *1958).
Ez: G.Fohrer~K.Galling, HAT 13, 1955; W.Eichmdt, ATD 22, 1959/66;W.Zimmerli, BK XIII, 1969.
Os: H.W.Wolff, BK XIV/1, 1961; W.Rudolph, KAT XIII/1, 1966.
Gioe, Am: H.W.Wolff, BK XIV/2, 1966.
Sai: H.-J. Kraus, BK XV, 1960.
Giob: G.Fohrer, KAT XVI, 1963; F.Horst, BK XVI/1, 1968.Prov: B.Gemser, HAT 16, ,1963; H.Ringgren, ATD 16/1, 1962.
Rut, Cant: W.Rudolph, KAT XVII/1.2, 1962; G.Gerleman, BK XVIII, 1965;E.Wirthwein, HAT 18, *1969.
Eccle: W.Zimmerli, ATD 16/1, 1962; H.W.Hertzberg, KAT XVII/4, 1963;
K.Galling, HAT 18, T969.Lam: H.-J.Kraus, BK XX, I960; W.Rudolph, KAT XVII/3, 1962;
O.Plger, HAT 18,21969.Est: H.Bardtke, Kat XVII/5, 1963; G.Gerleman, BK XXI, 1970ss.
Dan: A.Bentzen, HAT 19, 1952; O.Plger, KAT XVin, 1965.
Esd, Neem: W.Rudolph, HAT 20, 1949.l/2Cron: W.Rudolph, HAT 21, 1955.
Testi di Qumran
Per le sigle comunemente usate cfr. D.Bartblemy-J.T.Milik, Qumran Cave I, = DJD I, 1955, 46s.; Ch.Burchard, Bibliographie zu den Handschriften vom Toten Meer, 1957, 114-118; O.Eissfeldt, Ein- leitung in das AT>11964,875; G.Fohrer (-E.Sellin), Einleitung in das AT, i#1965, 544-547; L.Moraldi,I manoscritti di Qumran, 1971,739; i testi extrabiblici pi importanti sono (cfr. Die Texte aus Qumran. Hebrisch und deutsch, hrsg. von E.Lohse, 1964):
CD Documento di Damasco1QH Hodajoth, Inni.1QM Regola della guerra.lQpAb Commento ad Abacuc.1QS Regola della comunit.lQsb Raccolta di benedizioni.4QF1 Florilegio.
Testi ugaritici
I testi vengono citati provvisoriamente ancora secondo il sistema di C.H.Gordon, Ugaritic Textbook,1965, indicando tra parentesi le abbreviazioni proposte da Eissfeldt (cfr. J.istleitner, Wrterbuch der ugaritischen Sprache, 1967, 348-356: concordanza e luogo della prima pubblicazione dei testi). Per la trasposizione nelle sigle, oggi diffuse, delledizione di A.Herdner, Corpus des tablettes en cuniformes alphabtiques, 1963 (= CTA), si possono utilizzare le tavole di Herdner, Le., XIX-XXXIV, oppure p.e. di H.Gese (et alii), Die Religionen Altsyriens..., 1970, 231s. Le abbreviazioni significano:
AB Ciclo di Anat e di Baal.Aqht Testo di Aqhat.D Testo di Aqhat.K, Krt Testo di Keret.MF Frammenti mitologici.NK Poema di Nikkal.SS Testo di Sahr e Salim.
ABBREVIAZIONI XIX
-
Segni
* (davanti ad una forma)* (prima o dopo un paragrafo) >.k&b cocchio ; 50,11 e 8,16 assieme a sh! nitrire) e il toro (Is 34,7; Sai 22,13; 50,13 par. lattQd capro; LXX sempre TaOpoc), mentre Sai 68,31 giuoca sul doppio significato di forte e toro ;
c) verso un significato teologico si avvia gi Sai 78,25 con lespressione Ichcem 'abbirim pane degli angeli (manna; LXX #ptoq yy- Xtov ; par. degan smdjim frumento celeste al v. 24; cfr. Sai 105,40; Sap 16,20; Gv 6,31).
La tesi di K.Budde, ZAW 39,1921,38s., secondo cui in diversi passi cjd sarebbe un sostituto tardivo di abbr immagine del toro , non per nulla convincente. La confutazione di H.Torczyner, ibid. 296-300, va per al di l dello scopo, in quanto egli nega assolutamente che la radice possa essere usata per designare sia cavallo sia toro (cfr. anche W.Caspari, Hebr. abr als dynamisti- scher Ausdruck, ZS 6, 1928, 71-75).Risulta strana la traduzione dei LXX con iSvaro' senza forza in Giob 24,22 e 34,20 (in Giob la troviamo altre 4x come traduzione del vocabolo 1a?bjn povero , di grafia molto simile) e quella con
ouvTo; privo di senno in Sai 76,6 (cfr. ls 46,12), sempre in connessione con un intervento di Dio. Vogliono forse i LXX operare una correzione teologica per dire che davanti a Dio anche il potente debole?
4/ Il nome divino abr JaQqb (Gen 49,24; Is 49,26; 60, 16; Sai 132,2.5) o >abr Jisrtf) (Is 1,24; cfr. Wildberger, BK X,63s.) il forte di Giacobbe/Israele , tradotto generalmente in passato con toro di Giacobbe/Israele , fu riconosciuto come un epiteto del Dio dei padri da A.Alt, Der Gott der Vater, 1929 = KS 1,1-78 (soprattutto 24ss.); In Gen 49,24 esso in parallelo con pastore di Israele e Dio di tuo padre (cfr. V.Maag, Der Hirte Israels, SThU 28, 1958, 2-28 con unesposizione esauriente delle varie concezioni del Dio dei padri; in maniera del tutto diversa J.Hoftijzer, Die Verheissungen an die drei Erzvter, 1956, soprattutto 95s.). In genere si ritiene che la differenziazione della forma nominale (abr invece di abbr) abbia avuto solo un valore secondario. Daltronde, secondo Meyer 11,30 {qattl allo st. cs. si trasforma talvolta in qt), la differenza pu essere dovuta semplicemente a motivi grammaticali (ISam 21,8 txt?, cfr. G e BH3 ad 1., non vi si oppone). Non ancora spiegato in maniera esauriente il fatto che le ricorrenze siano distribuite in una maniera cos singolare.
5/ Del forte di Giacobbe si parla ancora una volta nel salmo inserito dopo Eccli 51,12 (ebr.) (cfr. A.A. Di Leila, The Hebrew Text of Sirach,1966, lOls.); in Qumran e nel NT mancano formulazioni corrispondenti. H.H.Schmid
'b l ESSERE IN PENA
1/ La radice bl ricorre nel semNO. e nellacc., ma solo nel semNO. con il significato di essere in pena , mentre nellacc. non si verifica il passaggio, supposto per lebr., dal campo fisico (ablu seccare ) a quello spirituale.
A cominciare da G.R.Driver, FS Gaster 1936,73-82, anche per lebr. viene sempre pi ammesso il sign. di seccare (HAL 7a con otto testi contro KBL 6b con tre); non comunque necessario scindere la radice in 'bl I essere in pena e bl II seccare ( J.Scharbert, Der Schmerz im AT, 1955, 47-58; E.Kutsch, ThSt 78, 1965, 35s.), vd. st. 3a.Un collegamento con larabo abbona (cos i dizionari, al seguito di Th.Nldeke, ZDMG 40,1886,724) non probabile, dal momento che il temiine arabo ha un campo semantico abbastanza diverso (cfr. Scharbert, l.c., 48 n. 95; Wehr 2a: celebrare, lodare Iun defunto]). Unaltra radice *bl (forma secondaria di jbl) ricorre in alcuni nomi di luogo composti con :bl corso d'acqua (HAL 7; in Gen 50,11, secondo unetimologia popolare, il nome viene spiegato con bl essere in pena ). Non si sa a quale radice si debba ricondurre lug. qrt ablm, la citt del dio Luna (lAqht 163.165; 3Aqht 8. rev. 30).
23 'b l ESSERE IN PENA 24
-
Per Ez 31,15 (vd. st. 3a) non c bisogno di ricorrere ad unaltra- radice bf chiudere (GB 5b: denominativo dallacc. abultu > aram. abua porta ); cfr. HAL 7a.
Come derivati si hanno, oltre al verbo (intransitivo), laggettivo verbale abl afflitto e il sost.bcel afflizione , come pure, partendo dal significato primario seccare , tbl terraferma (probabilmente prst. dallacc.: tbalu terraferma (secca) , GAG 56k; cfr. Zimmern 43; Driver, l.c., 73).
2/ Statistica: qal 18x (solo testi profetici oltre a Giob 14,22), hitp. 19x (prevalentemente in testi narrativi), hi. 2x; *bI Sx, 'b&l 24x; tbl 36x (solo in testi poetici, spesso come termine parallelo a crcES terra ).
3/ a) Il significato di 'bl nella coniugazione qal non si pu rendere con un unico vocabolo che gli equivalga esattamente nelle nostre lingue, poich si estende da seccare , a deperire, essere sconsolato o sim., fino a quello di essere in pena (Kutsch, l.c., 36, stabilisce come concetto-base quello di diventare pi piccolo ).Soggetto sono terra/paese, campo, pascoli, vigna, Giuda (Is 24,4; 33,9; Ger 4,28; 12,4.11; 14,2; 23,10; Os 4,3; Gioe 1,10; Am 1,2), il vino (Is 24,7; qui e nei testi precedenti si potrebbe tradurre con seccare, esaurirsi, desolarsi , a meno che non vi si voglia vedere delle metafore), inoltre porte (Is 3,26), anima (Giob 14,22) e persone (ls 19,8; Os 10,5; Gioe 1,9; Am 8,8; 9,5; in questi passi si deve senzaltro tradurre con essere in pena ), Termini paralleli sono: 'umlal (pu4lal di mi) appassire, inaridirsi, scomparire (ls 19,8; 24,4.4.7; 33,9; Ger 14,2; Os 4,3; Gioe 1,10), jbs inaridirsi (Ger 12,4; 23,10; Gioe 1,10; Am 1,2), nbl appassire, rovinarsi (Is 24,4), smm esser devastato (Ger 12,11; cfr. Lam 1,4), qdr divenire scuro, cupo, essere afflitto (Ger 4,28; 14,2), nh lamentarsi (Is 3,26; 19,8), 'nh sospirare, gemere (ls 24,7). Va notato inoltre che bl non usato con verbi che esprimono un inaridirsi solo quando si riferisce alla natura, come pure non usato con verbi che esprimono il gemere solo quando si parla di uomini (cfr. Is 19,8 dove troviamo W, 'nh e umlal con uomini per soggetto).
Per Giob 14,22 cfr, Scharbert, l.c., 56-58, e Horst, BK XVI,214.I due passi in cui ricorre Fhi. (Ez 31,15; Lam 2,8) vanno tradotti con far rattristare (per Ez 31,15 cfr. Zim- merli, BK Xni,747.750.761).Per verbi come lamentarsi, angosciarsi, gemere, sospirare slq gridare ; per i termini opposti nhm consolare , *smh rallegrarsi .
Una differenza fra condizione fisica e condizione spirituale non si ha neppure per umlal appassire, scomparire (HAL 6la) n per smm essere desolato, irrigidirsi, essere sconvolto (N.Lohfink, VT 12, 1962, 267-275).
b) Il valore semantico dellhitp. pu essere reso in maniera abbastanza completa con essere af
flitto. A differenza del qal, che designa esclusivamente la condizione dellessere triste, fhitp. significa propriamente comportarsi (coscientemente, in 2Sam 14,2 per simulazione) come bl .
Pu trattarsi di tristezza per i morti (Gen 37,34; ISam 6,19; 2Sam 13,37; 142.2; 19,2; lCron 7,22; 2Cron 35,24) o per una grave disgrazia o per una colpa commessa da uomini in qualche modo legati fra loro (ISam 15,35; 16,1; Esd 10,6; Neem 1,4), }bl hitp. pu anche riferirsi ad una cosa (Ez 7,12, il senso si avvicina a quello di arrabbiarsi ) oppure anche al proprio comportamento ingiusto (Es 33,4; Num 14,39; Neem 8,9, con significato vicino a quello di pentirsi ). In Dan 10,2 si pensa aHasoesi che prepara a ricevere la rivelazione (Montgomery, Dan. 406s.; cfr. lo sviluppo successivo nel sir. abita triste e asceta, monaco , che si trova come prst. anche nel mandeo [Noldeke, MG p. XXIX] e nelfarab. [Fraenkel 270]). Ezechiele, proclamando un giudizio, annuncia un tempo di tristezza (Ez 7,27); un sentimento universale di tono apocalittico caratterizza il presente con 'bl hitp. (Is 66,10; termine di contrapposizione la gioia escatologica, sTs). 'bl afflitto usato alla stessa maniera (in caso di morte: Gen 37,35; Sai 35,14; Giob 29,25; disgrazia: Est 4,3; 9,22; tristezza del tempo Tinaie: Is 57,18; 61,2s.); in Lam 1,4 laggettivo predicativo corrisponde al qal. Similmente bcel tristezza si riferisce il pi delle volte al lutto (Gen 27,41; 50,10s.; Deut 34,8; 2Sam 11,27; 14,2; 19,3; Ger 6,26; 16,7; Ez 24,17; Am 5,16; 8,10; Eccle 7,2.4; Lam 5,15; pi in generale: Mi 1,8; Giob 30,31; Est 4,3; 9,22; trasformazione della tristezza finale in gioia: Is 60,20; 61,3; Ger 31,13).
Quando viene usato lhitp., la tristezza si manifesta generalmente con determinati comportamenti (pianto, abito di lutto, lamentazioni, astinenze ecc., cfr. Gen 37,34; Es 33,4; 2Sam 14,2; 19,2; Dan 10,2; Esd 10,6; Neem 1,4; 8,9; 2Cron 35,24; cfr* BHH m,2021ss, con bibliogr.; E.Kutsch, Trauerbrauche und Selbstminderungsriten im AT, ThSt 78, 1965, 25-42), senza per che si debba collegare il significato primario di 'bl alle usanze funebri (cos KBL 6a e V.Maag, Text, Wortschatz und Begriffsweit des Buches Amos,1951, 115-117; G.Rinaldi, Bibl 40, 1959, 267s.).
Per la determinazione del senso di qdr essere scuro, sporco, essere afflitto (un senso un po pi ristretto in L.Delekat, VT 14, 1964, 55s.), 'gmTgm essere triste (Is 19,10; Giob 30,25) e spd lamentarsi (originariamente battersi il petto come segno d lamento , cfr. Kutsch, l.c., 38s.) cfr. Scharbert, l.c., 58-62.
4/ l lamento funebre non ha in Israele un significato religioso, dal momento che nella liturgia isr. si esclude ogni forma di culto dei morti (cfr. von Rad I,288ss.; V.Maag, SThU 34,1964,17ss.); perci bl hitp. non ha alcun significato religioso, eccetto quando si tratta di umiliarsi davanti a Dio (Es 33,4; Num 14,39; Dan 10,2; Esd 10,6; Neem 1,4; 8,9; cfr. Kutsch, Le., 28s. 36; nh li). L'uso del qal, invece, e il corrispondente campo semantico rappresentano un motivo comune delloracolo profetico, che si esprime anzitutto negli annunci di giudizio (ls 3,26; 19,8; Os 4,3; Am 8,8). In Geremia diviene chiaro il passaggio
25 bHK 'b l ESSERE IN PENA 26
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formale, osservabile del resto anche altrove, dalTannuncio di giudizio alla descrizione della rovina (Ger 4,28; 12,4.11; 14,2; 23,10). Nellapocalittica infine il motivo caratterizza la tribolazione degli ultimi tempi (Gioe 1,9.10; Is 24,4.7; 33,9). Lorigine del motivo si pu vedere forse in Am 1,2 (cfr. al riguardo M.Weiss, ThZ 23,1967, 1-25).11 giudizio con i suoi effetti sulla natura e sugli uomini conseguenza della teofania di Jahwe (allusioni alla teofania anche in Am 9,5; Is 33,9).
Come parallelo ad Am 1,2 Weiss, l.c., 19, cita le parole del cane di una favola della volpe medio-assira (Lambert, BWL 192s. 334): Io sono fortissimo,... un leone in carne ed ossa... davanti alla mia voce terribile appassiscono (ablu Gin) monti e fi unii .
5/ Nel NT si suppongono le usanze funebri dellAT, ma Ges nega la loro utilit per gli uomini (Mt 8,21s.). Acquista importanza la concezione apocalittica secondo la quale il tempo finale caratterizzato dalla tristezza (Mt 24,30 ecc.). La beatitudine di Mt 5,4 riprende Is 61,2. Cfr. G.Stahlin, art. xo7tst
- Mentre la frequenza di
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gnore; del resto anche Israele, corrispondentemente, pu essere designato come servo di Jahwe, e a cominciare dal Dtis anche con una terminologia esplicita (ThW V,660s. = GLNT IX,295ss.;
bd). Le afiermazipni in cui si parla di Jahwe come signore (2/) sono relativamente rare e atipiche; pi frequenti invece sono i casi in cui, con formule fisse, ci si rivolge a Jahwe come signore (3/) e i casi in cui il termine usato come epiteto divino (4/), il quale, data lunicit di questo signore, pu essere usato in seguito in maniera assoluta per designare la sua stessa natura (signore per eccellenza, signore universale o sim.), fino a sostituire il nome divino (5/).
2/ Nel contesto di una affermazione dn con suffisso personale suo signore ricorre solo nella proclamazione profetica della condanna contro Efraim in Os 12,15 perci il suo signore gli render il suo obbrobrio , dove il vocabolo nel suo pieno significato intende sottolineare il paradosso della disobbedienza; simile Neem 3,5 ma i loro notabili non piegarono il collo al servizio del loro signore. Cfr. inoltre Is 51,22 tuo signore, dove il significato pieno usato positivamente, in parallelo con che difende la causa del suo popolo .Espressioni con nostro signore (Sai 135,5; 147,5; Neem 8,10; 10,30) vanno invece considerate variazioni tardive delluso di dn in una qualche formula, dove un epiteto divino o sostituisce il nome divino.In Mal 1,6 se sono un padrone, dov il timore verso di me? si ha non una designazione vera e propria di Dio, ma un paragone con un (padre o) signore terreno, nel quale il significato della parola diviene tematico. In Mal 3,1 il signore, che voi cercate luso di ha*dn determinato dalla contrapposizione con i messaggeri che precedono questo signore, e qui naturalmente, come in 1,6, si pu constatare come si conoscesse gi un uso assoluto del termine per indicare Jahwe.
3/ Nellinvocazione, dnqj mio signore attestato gi molto presto. A differenza p.e. di mcloek re la parola non descrive originariamente la natura di Dio nella sua qualit di dominatore o di padrone con pieno potere, ma un semplice titolo donore, cos come viene usato da un inferiore nei rapporti con un suo superiore (Ei- chrodt 1,128; diversamente Khler, Theol. 12, il quale tuttavia nel passo per lui paradigmatico di Sai 105,21 per determinare il significato di 'dn si basa troppo sul parallelo msl padrone, che per non ha lo stesso significato; cfr. anche Bau- dssin, Le., 11,246). Oltre che in altri passi che non citiamo qui singolarmente (molto spesso p.e. nella preghiera di Davide 2Sam 7,18-22.28s., 7x ladnj Jhwh, assente altrove in l/2Sam), vanno intese cos anche le formule antiche e sicure dal punto di vista della critica testuale bJ *adnqj con permesso, signore (Es 4,10.13; Gios 7,8; Giud 6,15;
13,8; cfr. Giud 6,13 b adn7)ehh 'dnj Jhwh ah, mio signore Jahwe (Gios 7,7; Giud 6,22; inoltre 8x in Ger ed Ez, ahh')\ cfr. anche luso di ,adnf per indicare esseri angelici in Gios 5,14; Zac 1,9; 4,4.5.13; 6,4; Dan 10,16 17.17.19; 12,8.
L'invocazione al plurale Jahwe, nostro signore si limita a Sai 8,2.10 e sembra essere dello stesso tipo delle predicazioni di Jahwe menzionate nel numero seguente.
4/ dn adoperato in maniera assoluta appareanchesso molto presto in qualit di epiteto divino che assume il carattere di una formula. Anche qui il significato della parola inizialmente non va al di l di quello originario, come si pu vedere nel precetto relativo al pellegrinaggio in Es 23,17 e 34,23 col titolo solenne ha*dn Jhwh C^lh Jma'l) il signore Jahwe (Dio dIsraele), come pure nella formula pi volte usata da Isaia, e che rsale certamente alla tradizione gerosolimitana, hydn Jhwh fb't (Is 1,24; 3,1; 10,16.33; 19,4; cfr. Wildberger, BK X,62s.).
Nelle iscrizioni fen. pun. lepiteto ''dn signore attestato per numerose divinit e ricorre spesso (Baudissin, l.c., III,52ss.; DISO 5, con lelenco delle rispettive divinit). Il passaggio dal titolo al nome proprio chiaro nei nomi propri (cfr. smn'dn/'dn'smn Esmun signore con dnplt 'dn ha salvato ) e soprattutto nel caso d Adone di Biblo, dio della vegetazione che muore e risorge (W.W.Baudissin, Adonis und Esmun, 1911; O.Eissfeldt, RGG l,97s.; G. von Liicken, Kult und Ab- kunft des Adonis, FuF 36, 1962, 240-245).
Data lampia diffusione di simili epiteti nellantico Oriente (eg. nb, sum. en, acc. blu, aram. mr\ itt. isfja-\ non c bisogno di ricorrere ad alcuna particolare derivazione per spiegare il titolo ydn riferito a Jahwe; si pu tuttavia supporre che la tradizione cultuale gerosolimitana, cui chiaramente appartengono le suddette formule, sia stata influenzata dalluso linguistico can. (cfr. anche i nomi propri formati con dn, come dnijjh, 'dMs&dceq, adnlqm, 'adnrm con i loro corrispondenti ug. e fen., vd. sp. I; Noth, 1P 114ss.). controversa lantichit delfespressione adnj Jhwh al di fuori dellinvocazione, cio il signore Jahwe usato come nominativo del vocativo ormai fisso. Contro lopinione di Baudissin (l.c., l,558ss.; 11,8lss ), secondo cui iodnqj si sarebbe sempre introdotto qui secondariamente accanto o al posto di Jhwh, Eissfeldt (RGG 1,97) ritiene che luso del nominativo pu essere antico; secondo F.Baumgrtel (Zu den Gottesnamen in den Bu- chem Jer und Ez, FS Rudolph 1961, 1-29) le formule come k ornar '"dnj Jhwh e nem 1dnj Jhwh in Ger ed Ez sono originali (con J.Herr- mann, FS KJttel 1913, 70ss., contro Baudissin); cfr in dettaglio Zimmerli, BK XIII, 12501258.1265.
Diversi testi, e fra questi proprio pi antichi, sono controversi dal punto di vista della critica testuale (per Am cfr. V.Maag, Text, Wortschatz und Begriffswelt des Bu- ches Amos, 1951, U8s.f e WolfT, BK XIV/2,122.161; per IRe 2,26 vd. i comm.).
31 'dn SIGNORE 32
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Non nemmeno sempre possibile sapere in ciascun caso perch alcuni autori (o redattori) preferiscano lespressione addndj Jhwh. Per quanto riguarda Ez (217x) Baumgrtel (Le., 27ss.) ritiene che nel periodo deireslio si voglia evitare esplicitamente di designare Dio con la formula Jhwh sebi (collegata con larca nel tempio di Sion e ancora comune in Ger), sostituendola con addnj Jhwh, connessa con un antico nome cultuale.
5/ Il passaggio dalluso di adnj come epiteto divino a quello, anchesso assoluto, che designa la natura stessa di Dio, nel senso di signore per eccellenza o signore universale , reso possibile dal collegamento di adn con un genitivo, che esprime luniversalit del dominio. Simili espressioni superlative e iperboliche sono note anche nel repertorio bab. dei titoli divini (p.e. bl bl signore dei signori , cfr. Tallqvist 40-57) ed anche di quelli regali (oltre a bl bl p.e. anche bl sar- rni signore dei re , bl gimr e bl lassati signore della totalit , cfr. Seux 55-57.90s.), e pertanto non sono ancora di per s testimonianza di una fede monoteistica. NellAT ebr. ricorrono le espressioni Dio degli dei e signore dei signori (Deut 10,17; Sai 136,2s.) e ^dn kol-ha'rces signore di tutta la terra (Gios 3,11.13; Mi 4,13; Zac 4,14; 6,5; Sai 97,5; 114,7 txt em, cfr. Kraus, BK XV,778/783; alcuni di questi passi potrebbero essere ancora preesilci, cfr. Noth, HAT 7,25; H.- M.Lutz, Jahwe, Jerusalem und de Vlker, 1968, 94.96; secondo Kraus, BK XV, 199, Pespressione probabilmente stata presa dalle tradizioni cultuali dellantica citt gebusea ).
mr\ lequivalente di 'dn nelFaram, bibl., viene adoperato due volte nellinvocazione mari mio signore rivolta al re (Dan 4,16.21), e due volte, seguito da un genitivo, in riferimento a Dio: Dan 2,47 mre' malfa n signore dei re e 5,23 mare' -Ymajj signore del cielo . Per i paralleli nelle iscrizioni aram. (titolo di re e di dei) cfr. Baudissin, l.c., 111,57-61; DISO 166s. (per il fen. 5dn mlkm e laram. mr1 mlkn signore dei re riferiti a re cfr. KGalling, Eschmunazar und der Herr der Knige, ZDPV 79,1963, 140-151). Il Genesi apocrifo di Qumran ha moltiplicato considerevolmente il numero di queste espressioni (con la scrittura mrh\ cfr. Fitzmyer, Gen.p. 69.75.88.116.220.
Riguardo ad adnqj il signore usato da solo, al di fuori dellinvocazione (circa 70x, soprattutto in Is, Sai, Lam: Re 3,10.15; 22,6; 2Re 7,6; 19,23; Is 3,17.18; 4,4; 6,1.8; 7,14.20 ecc.; Ez 18,25.29; 21,14; 33,17.20; Am 5,16; 7,7.8; 9,1; Mi 1,2; Zac 9,4; Mal 1,12.14; Sai 2,4; 22,31; 37,13; 54,6 ecc.; Giob 28,28; Lam 1,14*15; 2,1 ecc.; Dan 1,2; 9,3.9; Esd 10,3, dove per va letto adonT e va riferito ad Esdra; Neem 4,8), resta ancora la difficolt di sapere se il testo originario, come si detto sopra (IV/4). Il testo attuale in ogni caso suppone il significato esclusivo il signore v.olt 5 ^o/v)v. Quando dnj viene usato per evitare il nome di Jahwe a cominciare dal 3 sec.a.C. (Bousset-Gressmann 307ss.), fenomeno che presente anche nei testi di Qumran (M.Delcor, Les Hymnes de Qumran, 1962, 195; cfr, nellin
vocazione 1QH 2,20 ecc. con ls 12,1; Sai 86,12; 1QH 7,28 con Es 15,11; al di fuori dellinvocazione 1QM 12,8 con Sai 99,9; IQSb 3,1 con Num 6,26), e che infine porta al Qer perpetuum 5adnqj applicato al tetragramma {Jhwh), la parola perde completamente il suo carattere originario di appellativo, e diventa una sostituzione del nome, indicandolo con una perifrasi.
V/ Per luso di 'adn o xupto^ nel tardo giudaismo e nel NT cfr. W.Foerster, art. xpio^ ThW 111,1081-1098 (= GLNT V,1450-1498); K.H.Rengstorf, art. ThW 11,43-48(= GLNT II,849-866); K.G.Kuhn, art. (AapavaO, ThW IV,470-475 (= GLNT VI,1249-1266); ulteriore bibliogr. nelle teologie del NT e negli studi sui titoli cristologici. E Jenni
T*IK 'addir POTENTE
1/ La radice \r essere grande, forte, potente limitata allambito can. (ug.: UT nr. 92; WUS nr. 95; Grndahl 90; fen, pun.: DIS05s.; Harris 74s.).
Tra le coniugazioni verbali della radice, il qal essere potente e il pi. far potente/glorificare sono attestati solo nel fen. (DISO 5), mentre il part. ni. grandioso (Es 15,6.11) e lhi. far che qualche cosa si mostri gloriosa (Is 42,1) sono attestati solo in ebr.
La derivazione pi importante laggettivo *addir forte, potente, grandioso, nobile . Lo si trova con una certa frequenza nellug. e nel fen. pun., anche nel linguaggio quotidiano (p.e. ug. alt adrt nella lista 119[= 107], r. 4,7.9.16.18, secondo UT nr. 92 upper-class wife [moglie appartenente a una classe superiore], cfr. A. van Selms, Mamage and Family Life in Ugaritic Literature, 1954,19s.58s.; pun. KAT nr. 65, r. 2 = nr. 81, r. 5: dal pi grande al pi piccolo di essi [= edifici]; la radice gd essere grande manca nel fen. pun.); in ebr., invece, sia dal punto di vista della formazione nominale sia per la sua utilizzazione, sembra essere piuttosto una parola arcaica o arcaicizzante (Gulkowitsch 95).
11 suo fem. 'addcercet (< *addirt-, BL 479), che ha sia il valore astratto di grandiosit (Ez 17,8; Zac 11,3), sia quello concreto di mantello (cfr. H.W.Hnig, Die Be- kleidung des Hebraers, 1957, 66ss.). Non si riscontra da nessuna parte un significato primario essere ampio (GB 12a), a cui possano essere ricondotti grandiosit e mantello ; nel caso che addcercet mantello appartenga alla radice dr, potrebbe darsi che lattributo permanente abbia sostituito la cosa ( quel che grandioso < il grandioso [vestito] ).Piuttosto controverso dal punto di vista esegetico e testuale il sost. 'cedcer grandiosit (?) (Zac 11,13; Mi2,8 txt em1addcercct mantello ?); cfr. i comm. e ancheG.W.Ahlstrm, VT 17, 1967, 1-7.Il nome proprio 'adrammczicEk(2Re 19,37 = Is 37,38) ha il
33 TJK 'addir POTENTE 34
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suo riscontro nel fer, {'dunlk = Mik potente; Harris 75). II nome divino di 2Re 17,31, pur avendo lo stesso suono, per deformato dalPacc. Adadmilk ( Adad [] re) (Eissfeldt, KS 111,335-339; K.Deller, OrNS 34, 1965, 382s.),
2/ La diffusione dei vocaboli derivati da questa radice, se si prescinde da addcrcet mantello (lOx), si limita quasi esclusivamente ai testi poetici: ni. 2x, hi. lx (per i testi vd. sp); 'addi'r 27x, oltre a Es 15,10 (canto di vittoria dopo lattraversamento del mare) e Giud 5,13.25 (cantico di Debora) 13x in testi metrici profetici e 7x nel salterio, in prosa solo in ISam 4,8 (sulla bocca dei filistei) e in Neem 3,5; 10,30; 2Cron 23,20 (nel significato di notabili ); addcrcet grandiosit 3x (testi profetici, vd. sp.). Includendo
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nellespressione ab adm padre dellumanit nel poema di Krt ( b IV/3a).In fen. pun. da dm si forma anche il plur. *dmm (DISO 4).Nellantico arab. del sud 'dm significa servo (Conti Rossini 100b).Per la forma medioebr. 'ddn cfr. E.Y.ICulscher, FS Baumgartner 1967, 160.
La questione della derivazione del termine non ha ancora raggiunto alcun risultato sicuro (cfr. i lessici e i comm. a Gen 2,7; in particolare anche Th.C.Vriezen, Onderzoek naar de Paradijsvoor- stelling bij de oude semietische Volken, 1937, 63s. 129-132.239),
Vrie2en(l.c.) riporta i tentativi di spiegare il termine partendo dal sum. o dallass. bab., e di far derivare la figura di Adamo da nomi di dei o da figure mitiche (come fautori di civilt, analogamente ad Adapa, secondo de Lia- gre-Bhl) e giunge alla conclusione che nessuno di questi tentativi d un risultalo sicuro. Poich questi tentativi (cfr. anche GB IOa; KBL 12s.) non si riimovarono se non raramente o furono trascurati del tutto, non vengono qui tenuti in considerazione.Vriezen si pone anche il problema deila relazione tra - dm e yadm (cfr. Gen 2,7 con un gioco di parole tipicamente ebr.): si ha qui solo unetimologia popolare oppure una connessione linguistica originaria? Le risposte date finora a questa domanda sono varie; mentre Khler e altri accettano come certa la derivazione di 'dm da adm (Theol. 237 n. 57; 240 n. 97), Th. Nldeke (ARW 8,1905, 161) e altri sono del parere che i due termini non hanno alcuna relazione fra loro. Vriezen conclude che il termine va spiegato o soltanto in base alfebr. (e qui si dovrebbe pensare al verbo 'dm essere rosso ) oppure tenendo presenti diverse possibilit dellarabo. La derivazione pi probabile per lui quella proposta da H.Bauer, ZDMG 71, 1917, 413; ZA 37, 1927, 310s., dallarab. adam(at) pelle, superficie , che nellarab. del sud e in ebr. avrebbe assunto il significato di uomo come parte per il tutto, mentre l*arab. ha conservato il significato antico. possibile allora una connessione tra 'adam e adm superficie terrestre , ma in modo diverso da come viene presupposta dal lautore di Gen 2-3. Cfr. per anche dm (1).Il significalo arab. di pelle , che abbiamo menzionato, visto da G.R.Driver, JThSt 39, 1938, 161 (HAL 14b; cfr. Barr, CPT 154) anche in Os 11,4 (parallelo a ahabt per il quale si suppone pure il senso di pelle , hb I), ma tale significato non pu essere accettato come certo (Cfr. Wolff, BK XTV71, 258; Rudolph, KATXm/1,210).
b) Oltre a 1dm compare in ebr. pi raramente la parola ,
- presupporre quegli usi limitati che si riscontrano per il vocabolo dm (vd. st. 4a): anche il vocabolo '^ ns non ricorre mai in testi storici, o anche quando il contesto si riferisce alla storia o alla storia della salvezza .In Giob e Sai prevalgono i passi in cui si parla delluomo come essere mortale, caduco e limitato: Sai 103*15
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inteso come essere sociale (2), che la sua creazione comporta anche il suo sostentamento con il cibo (3) e che a lui affidato il dominio sugli animali e sulle altre creature (4), P contiene inoltre PafYermazione particolare che Dio ha benedetto luomo (5) e che Io ha creato a sua immagine {-sclcem) (6).
(1) Nessuna delle due narrazioni intende affermare propriamente che Dio ha creato il primo uomo (o i primi uomini). La creazione delluomo piuttosto unaffermazione tipica delle narrazioni delle origini, che resta al di l di ogni storia di cui si possa avere esperienza e di cui si possano avere documenti. Viene detto solo che l'umanit, e cio ogni uomo, trae la sua esistenza da Dio, niente di pi e niente di meno. Luomo creato da Dio diventa Adamo (nome proprio) solo per il fatto che apre la serie delle generazioni (4,1.25; 5,1); nei racconti di creazione luomo creato non fa parte di una serie determinata. Il racconto della creazione delluomo dice per che luomo tale solo in quanto creatura di Dio; non possibile qui separare luomo come tale dal suo essere creato. Ci che luomo , lo in quanto creatura di Dio,
(2) La creazione delPuomo come essere sociale viene affermata in forma lapidaria in Gen 1, 2630: li cre maschio e femmina . In Gen 2,4b-24 questo lo scopo della narrazione: luomo formato da Dio con polvere (2,7) non ancora propriamente la creatura che Dio intendeva ( non bene... 2,18); la creazione delluomo veramente riuscita solo con la creazione della donna. J ha posto quindi in particolare evidenza questaspetto della creazione delluomo, e cio che egli raggiunge la sua autenticit solo nella societ (cfr. su questo punto Pedersen, Israel 1/11,61 s.).
(3) Secondo le due narrazioni, al sostentamento delluomo si provvede anzitutto con un nutrimento vegetale (1,29; 2,8.9.15); il nutrimento con carne di animali subentra solo quando luomo si allontana da Dio. Questo tema ricorre in tutti quei passi (particolarmente nei salmi) che affermano che Dio provvede al nutrimento delle sue creature.
(4) Contrariamente alla concezione sumerico-babilonese della creazione delluomo, questultimo nellAT non viene creato, secondo J e P, per servire gli dei, ossia per il culto, ma per dominare sugli animali (l,26b.28b; 2,19.20), e quindi anche sul resto della creazione (1,28), e per lavorare il suolo (2,15; cfr, 2,5b), La coltivazione, la lavorazione della terra quindi basata sulla stessa creazione delluomo, oppure riceve con essa la sua motivazione. Non si pu separare questo compito dalla natura delluomo.(5) P parla espressamente della benedizione delPuomo, connessa con la sua creazione (1,28). Ci che P afferma in modo astratto, viene detto da J in forma narrativa: la fertilit che si intende esprimere con la benedizione si attua nel susseguirsi delle generazioni, con la procreazione e la
nascita dei discendenti (4,1.2.25). Luomo creato da Dio un essere che si protrae nel susseguirsi delle generazioni.
(6) Per quanto riguarda laffermazione che Dio cre luomo a sua immagine, molti sono i tentativi di spiegazione; cfr. in proposito Westermann, BK I,197ss., dove sulla base della storia delle religioni viene proposta linterpretazione seguente: Dio cre luomo a sua corrispondenza, come suo partner, in modo tale che tra questa creatura e il suo creatore pu avvenire qualcosa; essa pu udire il suo creatore e rispondergli. Questa precisazione ha un carattere esplicativo; con essa non si aggiunge qualcosa alla creazione delluomo, ma si chiarisce piuttosto cosa vuole esprimere il fatto che luomo creato (cos anche p.e. K.Barth, Kir- chliche Dogmatik, I1I/1, 1945, 206s.). J, anche se non contiene questa affermazione particolare, esprime tuttavia la stessa cosa collegando il racconto vero e proprio della creazione 2,4-24 con la narrazione della trasgressione del precetto e della cacciata dal giardino: Dio ha creato luomo perch vi sia qualcosa tra lui e la sua creatura.
d) Le narrazioni di colpa e punizione formano un secondo gruppo. Quando si hanno racconti della creazione delluomo, o affermazioni sulla sua crea- turalit, si hanno anche narrazioni o affermazioni che dicono qualcosa sulla limitatezza delluomo. I due elementi sono collegati per contrasto: perch luomo, pur essendo creatura di Dio, cos variamente limitato nella sua esistenza? Le risposte a questa domanda possono essere varie; nellAT - come anche da molte altre parti - si cerca la spiegazione in una mancanza delPuomo.
La narrazione della cacciata dal giardino in Gen 3 si delinea fondamentalmente cos: Dio colloca gli uomini da lui creati in un giardino pieno di frutti, e permette toro di cibarsi dei frutti di tutti gli alberi; solo di un albero proibisce di mangiare il frutto. Ciononostante gli uomini mangiano il frutto di questalbero e vengono perci cacciali dal giardino. Sono cosi allontanati da Dio, e questo allontanamento equivale ad unesistenza in qualche modo limitata. Questo filone principale intessuto e arricchito con una serie di altri motivi, che un tempo facevano parte di altri racconti indipendenti, appartenenti allo stesso tipo di narrazioni: soprattutto il motivo dellalbero della vita, che noto anche altrove (p.e. nellepopea di Gilgames e nel mito di Adapa), ma anche le singole sentenze di condanna, che esplicitano la limitatezza dellesistenza, e forse anche la scena della tentazione col serpente.Ci che J vuol dire sulluomo con questo racconto si pu cos compendiare: (1) non solo la creaturalit dellesistenza umana, ma anche la sua limitatezza Fondata su un evento originario che si svolge fra Dio e luomo. (2) La violazione del precetto di Dio e la condanna di tale violazione un avvenimento originario, che viene lasciato nella sua enigmaticit ed inesplicabilit. Colpa e punizione caratterizzano luomo come tale; non c alcuna esistenza umana che ne sia esente. (3) Dio accoglie luomo che ha peccato contro di lui. Anche se lo allontana da s dando luogo cos ad unesistenza limitata da affanni, dolori e morte, gli concede ancora la vita e gli permette di continuare a vivere nel tempo.
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Solo se prese insieme queste tre affermazioni possono rendere ci che la narrazione intende dire. Una spiegazione per la quale uno stato paradisiaco di innocenza si trasforma a causa del peccato originale in uno stato di umanit decaduta non corrisponde al testo e af senso della narrazione. Nella narrazione il precetto, la violazione e il castigo sono in ugual maniera un avvenimento originario, che non si pu tradurre e dividere in periodi storici. La designazione peccato originale , che ha introdotto nellesegesi della narrazione questa sfumatura leggermente diversa (e con conseguenze molto importanti) deriva dal giudaismo tardivo (IV Esdra).La possibilit che ha luomo di peccare, la quale fa parte delPevento originario, acquista un altro aspetto nel racconto del diluvio in Gen 6-9. Mentre in Gen 3 (e 4) si parla della mancanza di un singolo uomo, in Gen 6-9 si tratta di un fenomeno che investe tutta lumanit, e cio che un gruppo, una comunit umana pu andare in rovina e perire. Qui per la prima volta si afferma che il creatore pu annientare la sua creazione; tale possibilit gi racchiusa potenzialmente nel fatto che il mondo e lumanit hanno un creatore: il creatore ha come tale la capacit di distruggere la sua opera. Per questo motivo le narrazioni del diluvio (o delPincendio) universale hanno sulla terra la stessa diffusione dei racconti di creazione. Qui si fonda lo schema tempo delle origini-tempo finale: alla possibilit della corruzione del genere umano corrisponde la possibilit del suo annientamento. Nellapocalittica quello che avverr per lumanit coincide con quanto avvenuto al tempo delle origini.Per quanto riguarda la concezione de!!1 uomo, da Gen 69 si ricava: (1) l'umanit che si propaga ha la possibilit di corrompersi in blocco. (2) Il creatore ha la possibilit di annientare lumanit da lui creata. (3) Col diluvio e la salvezza di un individuo dal diluvio luomo nella sua esistenza riceve una vita che consiste in una liberazioneo in una preservazione dalle grandi catastrofi. (4) La promessa che non sopraggiunger pi una catastrofe universale finch durer il mondo fonda la storia dellumanit, che contiene (parziali) corruzioni di un intero gruppo e (parziali) catastrofi. Cos la salvezza e la preservazione diventano un fenomeno che appartiene allumanit.Nel racconto della costruzione della torre si vede un superamento dei limiti, particolarmente pericoloso per lumanit, consistente nellautoesaltazione delluomo nellambito della politica (citt e torre) e nel campo del progresso tecnico (che come tale tuttavia accettato). La punizione misericordiosa , che ancora una volta lascia in vita, in questo caso la dispersione e lallontanamento.
e) In una serie di passi si ricorda la creazione delluomo o si fa accenno a motivi di creazione, p.e. Deut 4,32 dal giorno in cui Dio cre luomo sulla terra, oppure Es 4,11; Is 17,7; 45,12; Ger 27,5; Zac 12,1; Sai 8,5ss.; 139,13ss.; Giob 15,7; 20,4; Prov 8,31 (la sapienza nella creazione: ponevo le mie delizie tra gli uomini ); inoltre Sai 115,16 (Dio ha affidato la terra agli uomini); Deut 32,8 (allusione alla separazione dei popoli). In stretta connessione con la creaturalit delluomo stanno anche le affermazioni in cui luomo come creatura riceve un valore o una dignit che deve essere preservata e custodita. La vita delPuomo custodita poich egli creatura di Dio (Gen 9,5s.). Ci viene ripreso nelle leggi: chi uccide un uomo... (Lev 24,17.21).
In Gen 9,6 il fondamento di questo sta nel fatto che luomo creato ad immagine di Dio: si ha qut un primo passo verso il concetto moderno della dignit delPuomo ; questa fondata sulla creaturalit delPuomo e si esprime nel fatto che la vita delPuomo protetta perch egli creatura di Dio, Una simile idea della dignit delluomo| si ritrova anche in espressioni come quella di; Ab 1,14 se egli (il conquistatore) tratta gli uo-? mini come i pesci del mare . Essa si manifesta nel fatto che Puomo non vive di solo pane (Deut 8,9) o nei lamento io invece sono un verme, non un uomo (Sai 22,7), e con una forza particolare nel canto del servo di Jahwe ls 52,14 tanto sfigurato per essere di un uomo era il suo aspetto, e non pi umano il suo volto .. Negli stessi termini parlano di umanit anche 2Sam 7,14 e Os 11,4.Anche questa dignit Puomo non Pha da s; essa fondata sul fatto che Dio si prende cura di lui: che cos Puomo ('*ens) perch tu ti ricordi di lui, e il figlio delPuomo (barn-dm) perch tu ti prenda cura di lui? (Sai 8,5). Una gran quantit, di passi parlano della protezione accordata da Dio alluomo: egli il guardiano degli uomini (Giob 7,20), e con una tale protezione e una tale custodia egli opera i suoi prodigi per i figli delPuomo (Sal 107,8.15.21.31; inoltre Sai 36,7.8; 80,18 ecc.).
0 LAT esprime ci che Puomo nella sua realt soprattutto quando vede Puomo di fronte a Dio, nella sua distanza da lui e nella sua dipendenza1 da lui. Per questuso di adm (circa 60 passi) si incontra una particolare difficolt. La visione veterotestamentaria delPuomo nn parte dalPuomo quale in se stesso, fondato sulla propria esistenza, che poi in un modo o nellaltro entra in relazione con Dio; con 'adam si intende invece un ssere umano che sta in relazione con Dio. Luomo come tale non pu essere caratterizzato n compreso, se la sua esistenza non posta di fronte a Dio.Alla creaturalit, come presentata nella storia delle origini, corrisponde il fatto che in questo gruppo di passi la relazione tra Do e luomo sembra fondata su un contrasto. Lessere delPuomo include necessariamente questa limitazione, che deriva da tale contrapposizione; se egli non osserva o trascura questa limitazione, resta particolarmente minacciato nel suo essere umano: nessun uomo che mi vede resta in vita (Es 33,20).
Ci espresso in un testo singolare e particolarmente pregnante di Isaia, in un detto contro la politica di alleanza con lEgitto: ma lEgitto uomo e non Dio... (Is 31,3). In 31,8 il vocabolo ricorre nuovamente con significato analogo: LAssiria cadr sotto una spada che non di un uomo, una spada non umana la divorer . La frase di Is 31,3 viene ripresa da Ezechiele nelle parole rivolte al principe di Tiro (Ez 28,2.9). Si noti che in entrambi i passi Isaia amplia lo schema tipico della parola profetica, esprmendo qualcosa di specifico per la sua predicazione, al di l delle forme che il discorso profetico
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ha assunto prima di lui. Il vero e proprio motivo per cui in ls 31,1-3 si mette in guardia contro lalleanza con lEgitto lannuncio dellannientamento del protettore al v. 3b. Si amplia questo motivo facendo riferimento alla limitatezza di tutte le potenze umane, limitatezza che intrinseca alPuomo. In 31,8 vi lo stesso riferimento: PAssiria sar annientata, ma non dalla spada di un uomo (p.e. dellEgitto); qui agisce solo il nonuomo, il creatore che come tale anche signore della storia. La frase lEgitto uomo e non Dio quindi unasserzione che si fonda sulla creaturalit delluomo; essa indipendente dalla storia particolare di Dio con Israele.Nello stesso contesto va collocato il ritornello di Is 2,9.11.17; 5,15 allora luomo verr umiliato e il forte sar abbassato... (o sirn.). Wildberger, BK X,103s, ricorda giustamente che questo detto sul rovesciamento delle posizioni non fa parte propriamente del linguaggio profetico: Senza dubbio Isaia cita un detto sapienziale, che ha introdotto al v.9 con limpf. cons., ma che ha usato in forma pi originaria anche in 2,17 e 5,15 . Egli rimanda al medesimo parallelismo tra e 'dm che si trova anche in Prov 12,14; 19,22; 24,30; 30,2; Sai 49,3: In tali detti lumiliazione e Pannieatamento sono la conseguenza di una stolta esaltazione (cfr. anche Ger 10,14; 51,17). Isaia, annunciando in 2,12-17 il giorno che giunge su ogni soltezza ed ogni superbia, e nel quale solo Jahwe sar innalzato, e rifacendosi cos ad un detto sapienziale, che contrappone tra loro Dio e luomo, stabilisce un importante contatto tra il linguaggio profetico e quello sapienziale: quando il giudizio, che propriamente vale solo per Israele, viene esteso a tutti gli uomini , Pannuncio si serve della contrapposizione Dio-uomo, la quale vuole impedire di valicare i confini.
La stessa opposizione ricompare anche altrove: Dio non uomo (75), perch possa mentire, non un figlio delPuomo (bcen-'dm) perch possa pentirsi (Num 23,19; cfr ISam 15,29). In tali frasi si impedisce a Dio di abbassarsi al livello delPuomo; similmente in Mal 3,8 ... pu mai un uomo ingannare Dio? . Queste espressioni mostrano per anche che il voler conservare i confini tra Dio e Puomo non conduce ad affermazioni di carattere ontologico. Non si fanno asserzioni astratte sulPessere di Dio n su quello delPuomo. Si tratta sempre di unopposizione che si manifesta negli eventi e non diviene mai opposizione a priori. Perci non si hanno mai affermazioni che esprimono un diverso modo di essere di Dio e delPuomo. La contrapposizione acquista importanza decisiva soprattutto quando un uomo si trova a dover decidere su chi debba riporre la propria fiducia, e quando il confidare in Dio con la massima chiarezza contrapposto al confidare nelPuomo: Ger 17,5; Mi 5,8; Sai 36,8; 118,8; 146,3; poich Paiuto delPuomo non serve a nulla (Sai 60,13; 108,13); si preferirebbe cadere nelle mani di Dio che in quelle degli uomini (2Sam 24,14 = lCron 21,13); se si confida in Dio non si avr pi paura degli uomini (Is 51,12).
Il contrasto si mostra anche nel fatto che ci si oppone vivamente alla costruzione di immagini di Dio: queste sono opere delle mani delPuomo (2Re 19,18 = Is 37,19; Sai 115,4; 135,15; Ger 16,20 come pu un uomo fabbricarsi degli dei? ; cfr. Is 44,11.13).
In questo senso si pu ricordare anche l'espressione con cui Dio si rivolge al profeta Ezechiele figlio delPuomo! , che ricorre pi di 90x. Cfr. Zimmerli, BK XIII,70s.: laccento posto su dm, a cui bisogna collegare il tenni ne opposto V/, che resta sottinteso (ls 31,1; Ez 28,2) . Si tratta quindi della stessa contrapposizione Dio-uomo che si ha in Is 31,3 e 2,11.17, solo che qui viene contrapposto a Dio il profeta stesso, nella sua pura creaturalit limitata.
g) Nella creazione delPuomo trova la sua ragione il fatto che uomo e animale vengano considerati come gli unici esseri viventi, In J la creazione degli animali sta in stretta connessione con quella degli uomini (Gen 2,7.18-24), in P animali e uomini ricevono la benedizione del creatore (Gen 1,22.28). Cos pure animali e uomini stanno insieme nel racconto del diluvio (Gen 6,3; 7,23). La relazione comune tra uomini e animali viene espressa nellunica formula fissa che si formata con dm: m&dam 'ad behm uomini e bestie (vd. sp. 3).
In molti altri luoghi uomini e animali sono nominati insieme, ma la formula non viene usata: nel riscatto del primogenito degli uomini e degli animali (Es 12,12; 13.2.13.15; N