Dispense Corso di Psicologia dello Sviluppo AA 2014-2015...
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Corso di Psicologia dello Sviluppo
Prof.ssa Caterina D’Ardia
La dispensa è a disposizione dello studente per lo studio. Non può essere riprodotta, fotocopiata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo se non nei termini previsti dalla legge.
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Dispense
Corso di Psicologia dello Sviluppo
AA 2014-2015
*****
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(Matisse)
Modulo 8
Disturbi dello sviluppo a prevalente componente deficitaria
• Disabilità Intellettiva
• Disturbi di Linguaggio
• Disturbi della Coordinazione motoria
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LO SVILUPPO DEFICITARIO E ATIPICO
L’analisi delle caratteristiche dello sviluppo, nelle sue varie componenti e funzioni,
effettuata nei paragrafi precedenti, fornisce gli strumenti (sia in termini di conoscenze sia
in termini di capacità osservative) per riconoscere i disturbi dello sviluppo.
Come precedentemente affermato, i disturbi dello sviluppo vengono definiti in base
alla presenza di due requisiti fondamentali: si manifestano durante lo “sviluppo” della
persona e ne influenzano lo “sviluppo” futuro.
In altre parole, sono disturbi in cui le disfunzioni di base coinvolgono un individuo,
generalmente nei primi anni di vita, ne modellano lo sviluppo neurocognitivo, affettivo e
della personalità, incidono sulle competenze emergenti assumendo un peso diverso, a
seconda della fase evolutiva.
Questi disturbi possono coinvolgere in modo settoriale una competenza (disturbi del
linguaggio, disturbi della coordinazione motoria) o manifestarsi in modo pervasivo
compromettendo lo sviluppo di tutte, o quasi, le funzioni mentali essenziali per il processo
evolutivo del bambino (disturbi pervasivi dello sviluppo, ritardi globali).
La tipologia dei disturbi può essere, schematicamente, di due tipo:
- deficitaria: quando una o più competenze sono in ritardo rispetto a quanto atteso
(ad esempio, il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio, etc.);
- atipica: quando lo sviluppo di una o più competenze si sviluppa ma con modi e
tempi atipici rispetto alle attese (ad esempio, i disturbi dello spettro autistico)
Questa divisione, ovviamente, è un’estrema semplificazione di quadri estremamente
complessi, ma permette di delineare la tipologia di difficoltà prevalenti.
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disturbi dello
sviluppo
prevalente componente de2icitaria
disabilità intellettiva
disturbi di linguaggio
disturbi della coordinazione
motoria
prevalente componente atipica
disturbi dello spettro autistico
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RITARDO MENTALE (DISABILITA’ INTELLETTIVA)
Premessa e definizione
Con il termine Ritardo Mentale (RM) o disabilità intellettiva (DI) vengono indicati tutti
quei quadri clinici, con diversa eziologia, che si caratterizzano per limitazioni significative
sia nel funzionamento intellettivo sia nel comportamento adattivo, con comparsa in età
evolutiva.
Il termine utilizzato per riferirsi a questa disabilità ha subìto numerosi cambiamenti
nel corso degli ultimi secoli e quello attualmente in uso nei manuali adottati per la
definizione, la diagnosi e la classificazione è Ritardo Mentale (RM) anche se sempre più
nelle denominazioni delle organizzazioni, nelle ricerche pubblicate è evidente la
transizione verso il termine di Disabilità Intellettiva (DI).
Il termine DI può essere considerato sinonimo di RM. Infatti, il concetto di DI copre
la stessa popolazione di soggetti precedentemente diagnosticati con Ritardo Mentale in
numero, livello, tipologia e durata della disabilità; pertanto ogni soggetto che presentava le
caratteristiche per una diagnosi di Ritardo Mentale, possiede anche le caratteristiche per
una diagnosi di DI.
Questa rappresenta una condizione clinica complessa, caratterizzata dalla
presenza di un deficit cognitivo, che produce un’ azione di distorsione complessiva della
personalità del soggetto e delle sue possibilità di adattamento. Secondo l’International
Classification of Disease (ICD-10, World Health Organization, 1996) il ritardo mentale
rappresenta una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata
soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo
e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche,
motorie, affettive e sociali.
Per poter formulare la diagnosi di ritardo mentale è necessario che siano soddisfatti tre
criteri:
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1) funzionamento intellettivo inferiore a 2 deviazioni standard rispetto alla popolazione
(corrispondente ad un Quoziente Intellettivo – QI – inferiore a 70).
2) Compromissione del livello adattivo in almeno due aree tra le seguenti:
comunicazione, capacità sociali, cura della propria persona, vita familiare, uso delle
risorse della comunità, capacità di autodeterminazione, funzionamento scolastico
e/o lavorativo.
3) Insorgenza prima dei 18 anni (in realtà prima dei 6 anni).
Per funzionamento adattivo si intende l'efficacia con cui i soggetti fanno fronte alle
esigenze comuni della vita ed il grado di adeguamento agli standard di autonomia
personale previsti per la loro particolare fascia di età, background socioculturale e
contesto ambientale.
Clinicamente è possibile affermare che il RM sia una patologia cognitiva persistente,
complessa, la cui sintomatologia può essere evidente nei primi anni di vita.
Epidemiologia
La maggior parte degli studi epidemiologici sul RM sono volti a stimarne la prevalenza che
si attesta, anche a seconda delle modalità con cui viene svolto lo studio, su valori variabili
dall’1 al 2% della popolazione generale, con un tasso lievemente maggiore nel sesso
maschile (rapporto M/F = 1.5/1).
Eziologia e patogenesi
Nel corso degli anni numerosi studi hanno evidenziato come per il RM sia possibile
riconoscere diversi fattori sia predisponenti sia causali che spesso concorrono nella
patogenesi del disturbo la cui sintomatologia, infatti, può essere considerata come il
risultato finale comune di processi patologici che comportano un inadeguato
funzionamento del sistema nervoso centrale.
I fattori eziologici in gioco possono essere primariamente biologici, primariamente
ambientali o una combinazione di entrambi. In circa il 30-40% dei soggetti che giungono
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ad osservazione clinica non può essere determinata un’eziologia chiara nonostante gli
sforzi diagnostici e questa percentuale aumenta o diminuisce in rapporto alla fascia di
gravità del RM (Zigler e Balla, 1982).
Le cause e i fattori predisponenti biologici possono essere suddivisi in prenatali,
perinatali e postnatali.
a) Tra i fattori prenatali si riconoscono: le cause genetiche (sono note più di 750
sindromi genetiche causa di RM), le minacce d’aborto, le emorragie nelle varie fasi
della gravidanza, le anomalie placentari, il distacco di placenta, l’esposizione ad
agenti teratogeni (che include l’esposizione a radiazioni, a numerosi farmaci e gli
effetti sul feto dell’abuso di alcool e sostanze stupefacenti come la ben nota
sindrome feto-alcolica), le infezioni congenite del complesso TORCH ed altre che
includono sifilide e HIV, la gestosi, l’ipertensione in gravidanza, il difetto di crescita
intrauterino e l’incompatibilità Rh o ABO materno-fetale.
b) I fattori perinatali invece includono: infezioni vaginali materne, ipossia ed
iperbilirubinemia neonatali, emorragie cerebrali, parto distocico e soprattutto
prematurità: numerosi studi a riguardo dimostrano che il rischio di presentazione di
disturbi neurologici, RM e altri disturbi dello sviluppo, aumenta con il diminuire
dell’età gestazionale e del peso del neonato (Whitfield, Grunau, Holsti, 1997;
Laptook, O’Shea, Shankaran et al., 2005).
c) I fattori postnatali comprendono: meningiti ed encefaliti (batteriche, virali o fungine),
intossicazioni (da piombo o da mercurio), deficit nutrizionali e metabolici (Dufault,
Schnoll, Lukiw et al., 2009), traumi cranici e cerebrali, disordini neurodegenerativi
come la leucodistrofia, tumori cerebrali, trombosi, embolia ed emorragie cerebrali.
d) A questi si aggiungono condizioni pregravidiche che si associano ad un aumento
del tasso di RM, in particolare: le patologie materne croniche (diabete, epilessia,
RM), l’età avanzata della madre, la consanguineità dei genitori e i precedenti eventi
di aborto spontaneo.
Tra i fattori predisponenti ambientali riconosciuti vi sono: lo svantaggio socio-
economico, un basso livello culturale, servizi educativi inadeguati e l’esposizione a eventi
di vita stressanti come: abuso, separazione o perdita di un genitore, violenza domestica e
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adozione, soprattutto se preceduta da istituzionalizzazione prolungata ( Cornoldi, Vianello
e Lanfranchi, 2007).
I soggetti con RM, inoltre, sono più frequentemente affetti sia da complicanze mediche
generali sia da patologie neurologiche con un aumento della frequenza di patologie
psichiatriche da due a quattro volte maggiore rispetto alla popolazione di controllo.
Caratteristiche cliniche e livelli di gravità
La sintomatologia del RM si manifesta sin dai primi anni di vita e la sua precocità di
osservazione dipende dalla gravità del quadro di ritardo (più è grave il ritardo prima
saranno evidenti i sintomi). In realtà, nonostante i miglioramenti significativi nel processo
diagnostico che hanno portato ad una diagnosi sempre più precoce, ancora oggi
purtroppo esistono rari casi di diagnosi di RM effettuate in età scolare.
Il RM è un Disturbo dello Sviluppo e quindi, per definizione, coinvolge le
acquisizioni delle diverse competenze e la sintomatologia sarà età dipendente. Questo
vuol dire che i genitori notano un ritardo negli appuntamenti evolutivi, ovvero la mancata
comparsa di competenze attese.
In particolare, si potrà osservare un ritardo dello sviluppo motorio, dello sviluppo
comunicativo-linguistico, dello sviluppo simbolico, dello sviluppo degli apprendimenti. Non
tutti i pazienti con diagnosi di RM avranno gli stessi sintomi (gli stessi ritardi) e la stessa
gravità di sintomatologia e, per tale motivo, questo quadro viene classificato (dal DSM) in
base al livello di QI in:
- RM di grado lieve: QI da 70 a 50-55
- RM di grado medio: QI da 50-55 a 35-40
- RM di grado grave: QI da 35-40 a 20-25
- RM di grado gravissimo: QI inferiore a 20.
Il Ritardo Mentale Lieve
I soggetti con RM lieve costituiscono circa l’87% dei soggetto affetti da questo disturbo e
possono sviluppare capacità sociali e comunicative in età prescolare. Il soggetto può
raggiungere, da adulto, un’età mentale di un bambino di 8-11 anni.
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Essi arrivano ad un controllo dell’intelligenza operatoria concreta, mentre hanno
difficoltà in quella formale. Hanno difficoltà nel pensiero ipotetico e nel discutere in modo
critico le loro azioni.
Per quanto riguarda le tappe di sviluppo:
• Sviluppo motorio: acquisiscono la deambulazione autonoma (tra i 14 e i 16 mesi),
imparano a pedalare tra i 4 anni e i 4 anni e ½.
• Sviluppo linguistico: comprendono un ordine non situazionale a 3 anni – 3 anni e ½,
mentre utilizzano frasi soggetto verbo oggetto a partire dai 4 anni.
• Sviluppo simbolico: è presente a partire dai 3 anni di età.
• Sviluppo degli apprendimenti: imparano a leggere tra i 7 e gli 8 anni, a scrivere alla
fine della prima elementare. Al termine della quinta elementare leggono e
comprendono un racconto semplice e controllano le 4 operazioni aritmetiche.
• Sviluppo autonomie personali e sociali: presenti anche se possono necessitare
(soprattutto con la crescita) di aiuto nella gestione dei rapporti sociali.
In età adulta, essi di solito acquisiscono capacità sociali e occupazionali adeguate in
grado di fornire un livello minimo di autosufficienza. Possono comunque aver bisogno di
sostegno, di guida e di assistenza, specie in situazioni quali la scuola o la vita di tutti i
giorni (esempio fare la spesa e utilizzare i soldi).
Con gli interventi adeguati, i soggetti con Ritardo Mentale Lieve possono in molti casi
vivere con successo nella comunità e accedere ad attività lavorative semplici.
Il Ritardo Mentale Medio I soggetti con RM moderato costituiscano circa il 10% dell'intera popolazione di
soggetti con Ritardo Mentale. La maggior parte di essi acquisisce capacità comunicative
durante la prima infanzia. In età adulta raggiungo competenze di un bambino con età
mentale compresa tra 5 e 7 anni. Controllano l’intelligenza simbolica.
Per quanto riguarda le tappe di sviluppo:
• Sviluppo motorio: acquisiscono la deambulazione autonoma (tra i 15 e i 18 mesi),
imparano a pedalare tra i 4 anni e ½ e i 5 anni.
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• Sviluppo linguistico: comprendono un ordine non situazionale a 4 anni e 1/2 anni –
5 anni, mentre utilizzano frasi soggetto verbo oggetto a partire dai 4 anni e ½ (in
alcuni casi anche dai 6 anni).
• Sviluppo simbolico: è presente a partire dai 4 anni di età.
• Sviluppo degli apprendimenti: imparano a leggere per parole dai 10-14 anni (per
lettere fino a 9 anni, per sillabe fino ai 10 anni). Al termine della quinta elementare
comprendono parte di un racconto semplice e controllano l’addizione e la
sottrazione.
Essi possono trarre beneficio dall'addestramento professionale e supervisionati
possono provvedere alla cura della propria persona. Inoltre, essi possono trarre beneficio
dell'addestramento alle attività sociali e lavorative anche se difficilmente progrediscono
oltre il livello della seconda elementare. Possono imparare a spostarsi da soli in luoghi
familiari.
Durante l'adolescenza, le loro difficoltà nel riconoscere le convenzioni sociali possono
interferire nelle relazioni con i coetanei. Nell'età adulta, la maggior parte riesce a svolgere
lavori non specializzati, o semispecializzati, sotto supervisione adattandosi bene alla vita
in comunità.
Il Ritardo Mentale Grave
Costituisce il 3-4% dei soggetti con Ritardo Mentale. Raggiungono in età adulta
un’età mentale di 2-5 anni, controllano poco il pensiero simbolico e presentano difficoltà
nell’interiorizzare le regole.
Arrivano a comprendere richieste semplici (formulate dall’altro con frasi soggetto-
verbo-oggetto-complemento) e la produzione verbale si caratterizza per frasi con parola
più parola, raramente usano il verbo.
Durante la prima infanzia possono non acquisire linguaggio o acquisirne un livello
minimo.
Durante il periodo scolastico possono imparare a parlare ed essere addestrati alle
attività elementari di cura della propria persona.
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Essi traggono beneficio limitato dall'insegnamento delle materie prescolastiche, ma
possono imparare a riconoscere visivamente alcune parole per soddisfare necessità
elementari.
Nell'età adulta, possono essere in grado di svolgere compiti semplici in ambienti
altamente protetti.
Il Ritardo Mentale Gravissimo Costituisce circa l’1-2% dei soggetti con Ritardo Mentale. Nella maggior parte dei
casi è presente una condizione neurologica in grado di spiegare il Ritardo Mentale. Essi
mostrano una considerevole compromissione del funzionamento sensomotorio, tuttavia,
uno sviluppo ottimale può essere possibile in un ambiente altamente specializzato con
assistenza e supervisione costanti. In ogni caso, in età adulta, raggiungono al massimo
un’età mentale intorno ai 2 anni. Lo sviluppo motorio e le capacità di cura della propria
persona e di comunicazione (la comprensione è per semplici parole supportate dal gesto)
possono migliorare se viene fornito un adeguato addestramento.
Funzionamento Cognitivo di tipo Borderline (o di funzionamento limite). Esiste, inoltre, una condizione che non si ritrova descritta nei manuali nosografici
ma che rappresenta, sulla base di numerose ricerche scientifiche, una fetta significativa
della popolazione in età evolutiva (risultano stime di prevalenza nella letteratura
internazionale che oscillanno tra l’1 e il 7%). Tale condizione viene chiamata di
Funzionamento Cognitivo di tipo Borderline (o di funzionamento limite).
Il border cognitivo è una condizione caratterizzata da un’estensione dei valori del QI
maggiore rispetto al RM lieve con QI totale compreso tra 71 e 84. Viene descritto come
una sorta di limbo tra normodotazione intellettiva e RM.
Da un punto di vista di profilo di sviluppo, il paziente border cognitivo presenterà:
- Assente/Lieve ritardo acquisizione tappe di sviluppo
- I ciclo elementare: ritardo nell’apprendimento Letto-scrittura e calcolo
- II ciclo elementare e scuola media: Disturbo di apprendimento; Difficoltà di
integrazione logico-linguistica; Difficoltà di comprensione del testo scritto e orale;
Difficoltà di risoluzione di problemi logico-matematici
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il funzionamento limite fa si che nella maggior parte dei casi la diagnosi venga formulata
non prima dell’inserimento in scuola elementare.
Diagnosi
Fare diagnosi di RM mentale può, ad una prima impressione, sembrare semplice
poichè il ritardo di acquisizione delle diverse competenze risulta facilmente osservabile e
valutabile. In realtà, è importante procedere con estrema cautela e avendo sempre in
mente che i disturbi dello sviluppo condividono molti sintomi e, in particolare, un ritardo
dello sviluppo di una o più competenze può ritrovarsi in uno o più disturbi.
Ad esempio, un ritardo di linguaggio può essere presente nel ritardo mentale, ma
anche nell’autismo o nei disturbi specifici di linguaggio. Viceversa, sintomi come
isolamento o stereotipie che subito fanno pensare all’autismo possono essere presenti nel
ritardo mentale.
Ci si trova di fronte ad un problema di diagnosi differenziale che può essere risolto
soltanto attraverso una valutazione diagnostica attenta che consideri non solo i singoli
sintomi ma, in modo particolare, come questi interagiscono tra di loro e il significato che
deve essere attribuito nell’economia del disturbo.
Ritornando all’esempio precedente, l’isolamento è un sintomo tipico dell’autismo (in
questo caso è nucleare), ma lo si ritrova anche in altri disturbi però con significato
completamente diverso e, per citarne uno, nel RM è spesso presente ma, generalmente,
come conseguenza di una difficoltà di comprensione verbale (in questo caso quindi non è
nucleare, ma secondario).
Il processo diagnostico, nel caso di sospetto RM, deve prevedere (come per tutti i
disturbi) un duplice approccio:
1) diagnosi nosografica
2) diagnosi di sviluppo
Per poter effettuare entrambe le diagnosi è importante procedere ad una valutazione
accurata che preveda:
- raccolta anamnestica
- esame obiettivo e neurologico
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- osservazione libera (con materiale non strutturato)
- valutazione con strumenti validati e strutturati
- esami strumentali (EEG, TAC, RMN) ed esami neurometabolici e genetici.
Per quanto riguarda gli strumenti validati e strutturati è necessario distinguere quelli
necessari ad una diagnosi nosografica (test intellettivi:come le scale Weschler o le Matrici
progressive di Raven o le scale non verbali come la Leiter-r; test per la valutazione del
livello adattivo: come le scale Vineland somministrate ai genitori) e quelli per una diagnosi
di sviluppo (test che valutano la comprensione e produzione verbale; test per lo sviluppo
delle competenze motorio-prassiche; etc).
Rischio Psicopatologico
Una volta effettuata la diagnosi di RM e stabilito il livello di gravità può essere
necessario effettuare una valutazione psicodiagnostica a completamento.
Il motivo di tale approfondimento ulteriore è legata all’elevata comorbidità con disturbi
psicopatologici presente nel RM.
La frequenza, infatti, di disturbi psicopatologici associata al RM è 3-4 volte
superiore alla popolazione generale e, nello specifico, è possibile affermare che tra il 20%-
60% dei soggetti con RM è possibile ritrovare un disturbo psicopatologico in comorbidità.
Questo è dovuto principalmente alle difficoltà di sviluppo, alle difficoltà comunicative
e sociali ma anche a difficoltà di regolazione del temperamento che hanno le persone con
RM.
I fattori di rischio maggiormente implicati sono:
- Bassa autostima,
- Immagine negativa di sé,
- Scarsa tolleranza alle frustrazione
- Consapevolezza delle proprie difficoltà
- Consapevolezza della propria diversità
- Dipendenza interpersonale
- Rigidità cognitiva e emotiva nel risolvere i problemi sociale
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- Difficoltà di mentalizzazione ed elaborazione contenuti mentali
La tipologia di disturbi psicopatologici varia in relazione al grado di ritardo: i RM lievi e
medi saranno più a rischio di presentare disturbi dell’umore, disturbi ossessivi, fobie,
psicosi; i RM gravi e gravissimi, invece, saranno maggiormente soggetti a manifestare
difficoltà di regolazione emotiva, isolamento, agitazione psicomotoria, auto ed etero
aggressività.
In ogni caso, tutti i RM, saranno maggiormente a rischio di presentare in comorbidità
anche disturbi dello sviluppo come l’autismo e disturbi neurologici come epilessia e
paralisi cerebrali infantili.
Considerazioni Conclusive
Il RM è un disturbo complesso per la sua eziologia, per la sua patogenesi, per la
sua presentazione clinica e per l’evoluzione. E’ un disturbo che accompagna l’individuo
per tutta la vita e che coinvolge in modo totale le famiglie.
Il termine ritardo ha da sempre generato qualche confusione perchè sembra voler
indicare che il bambino (o la singola competenza) è in ritardo ma prima o poi arriverà. In
realtà, come è stato spiegato nelle pagine precedenti questo non è vero, alcune
competenze arrivano ma, molte altre no. Questo è uno dei motivi per cui il termine di
Disabilità Intellettiva appare più corretto nel descrivere questi pazienti.
Esiste inoltre, una variabilità individuale nei sintomi e nell’evoluzione di questi
quadri legata all’ambiente, all’età della diagnosi, all’intervento e alle risorse personali di
ogni persona. Due bambini con lo stesso grado di ritardo e con la stessa età mentale e
cronologica, pur essendo simili in molti aspetti, avranno capacità e difficoltà diverse (di
apprendimento e/o di sviluppo adattivo).
Viceversa, due bambini con stessa età mentale, ma diversa età cronologica,
saranno profondamente diversi e questo è dovuto al gap che si ha tra età cronologica ed
età mentale che tanto è maggiore tanto più sarà indicativo di difficoltà importanti (una
bambino di 6 anni di età cronologica e 4 anni di età mentale sarà completamente diverso
da uno di 16 anni di età cronologica e 4 anni di età mentale).
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Approcci Terapeutici
L’intervento in caso di RM deve essere svolto a più livelli e deve coinvolgere non
solo il bambino ma anche la famiglia.
E’ importante monitorare l’evoluzione della sintomatologia e valutare con regolarità
gli obiettivi a breve e medio termine che si vuole raggiungere. Gli obiettivi devono essere
realistici e mirati a quello che è il profilo di sviluppo nelle singole aree, a quelli che sono le
difficoltà maggiori in ogni fase e a quelli che sono i punti di forza del paziente. Inoltre, è
sempre importante conoscere le strategie utilizzate dal bambino per poter sostenere
quelle più funzionali e intervenire, modificandole, su quelle meno utili.
L’intervento, in generale, non può essere uguale a tutte le età e per tutti i bambini
con RM ma, in ogni caso, deve prevedere, in età prescolare e scolare (fino al termine della
scuola elementare e inizio delle medie), un approccio riabilitativo finalizzato allo sviluppo e
consolidamento delle diverse competenze mentre, negli anni successivi, un sostegno agli
aspetti educativi, cognitivi e adattivi.
In contemporanea, come precedentemente accennato, è fondamentale un
sostegno alla famiglia con finalità di counselling mirato a: elaborazione del lutto;
intregrazione tra l’immagine del bambino reale e quello “immaginario” “desiderato”;
aspettative genitoriali; Risoluzione conflitti familiare; Condivisione approcci e obiettivi
terapeutici.
Un approccio riabilitativo che metta al centro il bambino e la sua famiglia e le
relazioni di questi con la scuola, gli altri bambini e gli altri adulti (operatori e non) favorirà
una maggiore compliance e porrà le basi per una migliore evoluzione (non risoluzione) del
quadro clinico di RM.
È molto importante avere una chiara visione sia di quelle che sono le potenzialità
del soggetto, suggerite dalle prestazioni ai test cognitivi strutturati, sia di quello che il
soggetto sa effettivamente fare, cioè il modo in cui è in grado di utilizzare attualmente le
proprie potenzialità nei compiti della quotidianità. È quest’ultimo aspetto ad essere al
centro dell’indagine del comportamento adattivo.
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DISTURBI DI LINGUAGGIO
Premessa
Il linguaggio è una funzione complessa che si sviluppo nel tempo attraverso la
maturazione, la differenzazione e specializzazione di una serie di componenti quali:
- apparato fonoarticolatorio
- apparato sensopercettivo
- strutture encefaliche
- strutture associative
La finalità del linguaggio è quella di comunicare, di scambiare informazioni, pareri e di
raccontare, in altri termini, è alla base della capacità di condividere, interagire e
relazionarsi con gli altri.
La funzione linguistica si organizza secondo una serie di regole comuni per ogni
soggetto e secondo delle tappe simili in ognuno. Esiste, ovviamente, una variabilità
interindividuale per cui non tutti i bambini dicono la prima parola esattamente nello stesso
mese, giorno ma esistono anche situazioni in cui questa competenza nella sua totalità o in
parte emerge con difficoltà o chiaro ritardo.
Il linguaggio è una funzione complessa in quanto è costituita da tre componenti: 1) non
verbale (gesti); 2) comprensione verbale; 3) produzione verbale.
Senza entrare nel merito delle singole componenti è importante sottolineare come tutte
e tre insieme siano necessarie per comunicare e per interagire con gli altri.
Le difficoltà di linguaggio, siano esse legate ad un ritardo o ad uno sviluppo atipico di
queste componenti, assumono un ruolo centrale nello sviluppo del bambino e questo
perchè influenzano, direttamente e indirettamente, diverse competenze (simboliche,
cognitive, interattive, emotive, etc.) del bambino.
Hanno una prevalenza, tutti insieme, intorno al 7% della popolazione e colpiscono
maggiormente i maschi rispetto alle femmine.
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Classificazione e definizioni
I disturbi di linguaggio vengono suddivisi in tre tipologie:
1) disturbi strumentali: in cui sono colpiti gli strumenti percettivi e senso-motori del
linguaggio (udito e/o articolazione orale).
2) Disturbi specifici: in cui è colpito in modo specifico la competenza linguistica (in una
o più componenti).
3) Disturbi secondari: in cui il deficit (o l’atipia) del linguaggio è la conseguenza di un
altro disturbo dello sviluppo (ad esempio motorio, cognitivo, affettivo).
Questa prima suddivisione è necessaria perchè, a seconda del tipo di disturbo, si
avranno sintomi ed evoluzioni diversi e, di conseguenza, saranno necessari interventi
terapeutici diversi.
Pertanto, nel processo diagnostico è importante stabilire se si tratta di un disturbo
specifico, strumentale o secondario. Inoltre, è fondamentale comprendere quale
sottocomponente linguistica è coinvolta (fonologica, semantica, morfologica, pragmatica) e
se riguarda la sola comprensione verbale, la sola produzione verbale o entrambe.
I Disturbi di linguaggio strumentali
In questo caso sono colpiti gli strumenti percettivi e senso-motori del linguaggio
(udito e/o articolazione orale). Le difficoltà linguistiche, pertanto, saranno una
conseguenza di un danno e non vi saranno delle difficoltà di sviluppo di linguaggio di per
sè (possiamo in qualche modo dire che anche questi disturbi sono secondari).
In particolare, si parlerà di:
- ipoacusia (se è colpita la funzione uditiva): questa potrà essere lieve, media,
profonda a seconda dell’entità di ipoacusia; il disturbo di linguaggio dipende dal
grado di ipoacusia, dall’età della diagnosi e dagli ausili e si manifesterà in forme di
diversa gravità fino all’assenza totale di linguaggio. E’ necessario che un bambino
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con problema di linguaggio effettui, sempre, una visita otorino ed un esame
audiomentrico in modo da escludere tale disturbo.
- disartria e disprassia orale (se sono colpite le strutture orobuccali a uno o più livelli).
La disartria è un disturbo a carico dell’articolazione orale che altera lo sviluppo
fonologico ma non quello semantico, morfosintattico e della comprensione verbale.
Il bambino con disartria ha una difficoltà motoria globale che colpisce la
muscolatura articolatoria orale, ma sa sempre cosa dire. La disprassia orale,
invece, colpisce i movimenti volontari finalizzati, non gli automatismi orali. Si
inserisce in un ritardo motorio più generale in fase pre-linguistica.
I Disturbi specifici di linguaggio (DSL) Con questo termine vengono indicati diversi tipi di alterazione legati ad una
dismaturazione delle strutture encefaliche preposte all’organizzazione dellle competenze
linguistiche. Nonostante sia ormai assodato che la causa di questi disturbi sia da ricercare
in deficit o alterazione della maturazione, differenzazione e specializzazione delle strutture
del sistema nervoso che sono alla base delle competenze linguistiche, non è possibile
rilevare nei DSL, con le metodiche attuali (RMN e/o TAC), evidenti lesioni di tali strutture.
L’ipotesi è che le alterazioni siano a livello neuronale o di trasmissione neuronale e,
pertanto, non valutabili con le metodiche diagnostiche attuali.
La base neurologica di tali disturbi, in ogni caso, non li rende “fissi” e non
modificabili, anzi, e questo è legato alla peculiare capacità del sistema nervoso del
bambino che, soprattutto nei primi anni di vita, và incontro a rimodellamento e
modificazioni in parte geneticamente determinate e in parte dovute agli stimoli ambientali
(fenomeno della plasticità).
I disturbi specifici sono chiamati in questo modo perchè vi è un coinvolgimento
primario, e appunto specifico, della componente linguistica (e non di altri competenze) ed
eventuali altre difficoltà (ad esempio interattive, simboliche) sono la conseguenza del
problema linguistico.
Sono dei quadri clinici eterogenei che vengono generalmente suddivisi in base a
quale delle componenti linguistiche è maggiormente compromessa:
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- prevalente difficoltà a carico della produzione verbale (DSL espressivo)
- prevalente difficoltà a carico della comprensione verbale (DSL ricettivo)
- difficoltà a carico di entrambe (DSL misto).
- Inoltre, è sempre importante stabilire quale delle sottocomponenti linguistiche
(fonologiche, semantiche, morfosintattiche, pragmatiche) sono coinvolte in ognuno
di questi sottotipi.
Il DSL espressivo si caratterizza per un importante alterazione dello sviluppo
fonologico e clinicamente si presenta con la presenza di dislalie (sostituzioni, elisioni,
fusioni). Sono colpite anche le competenze semantiche (questi bambini avranno un
vocabolario povero, semplificato e con numerose generalizzazioni) e si potrà osservare un
rallentamento, in parte, dello sviluppo sintattico.
Il termine DSL espressivo appare, tuttavia, generico nel senso che non fornisce
informazioni su quale componente linguistica è colpita in modo significativo e data
l’estrema variabilità dei DSL è sempre importante fornire anche questa informazione
perchè utile, non solo a livello della diagnosi e prognosi, ma anche per stabilire qual’è
l’intervento più idoneo.
Ci sono bambini con DSL espressivo di tipo fonologico (parlano ma non si riesce a
capire quello che dicono);
Ci sono bambini con DSL espressivo di tipo sintattico (si comprende quello che
dicono a livello di pronuncia delle singole parole, ma la struttura della frase non è corretta
e, nelle forme più gravi, non intellegibile).
Nella realtà clinica è più facile trovare bambini che presentano entrambe queste
difficoltà e, in ogni caso, è necessario che effettuino un intervento riabilitativo mirato
Nel DSL ricettivo è compromessa la comprensione verbale in modo prioritario. Sono
bambini che fanno fatica a comprendere il linguaggio altrui (a vari livelli di gravità: parole,
verbi, frasi semplici e complesse). La comprensione verbale è centrale quando si parla di
linguaggio e comunicazione e, nonostante questo, molto spesso difficoltà di questo tipo
vengono osservate più tardivamente dalle famiglie soprattutto se non si associano a ritardi
a livello espressivo.
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Il genitore, infatti, tende a notare prima le difficoltà a livello espressivo di quelle ricettive
e, infatti, un ritardo di linguaggio è uno dei motivi più frequenti di visite specialistiche nei
primi anni di vita.
Il DSL ricettivo raramente si presenta da solo, nella maggior parte dei casi si
accompagna anche ad un problema a livello espressivo, in questo caso si parlerà di DSL
misto. In questo caso viene colpito, appunto, lo sviluppo linguaggio in produzione e in
comprensione verbale. Sono alterate le competenze fonologiche, semantiche sintattiche e
la comprensione verbale è fortemente deficitaria (gap > 12 mesi con Età Cronologica).
Rispetto agli atri sottotipi di DSL vi è un rischio di coinvolgimento dello sviluppo
cognitivo (quello che si chiama impoverimento cognitivo) e, quindi, più che mai è
necessario un intervento riabilitativo tempestivo.
I Disturbi di Linguaggio Secondari
In questo caso, come precedentemente affermato, il deficit (o l’atipia) del linguaggio
è la conseguenza di un altro disturbo dello sviluppo (ad esempio motorio, cognitivo,
affettivo).
Le due situazioni più frequenti sono:
• Ritardo mentale e disturbi di linguaggio: le difficoltà tendono ad essere compatibili
con l’età di sviluppo globale; riguardano sia la produzione sia la comprensione
verbale.
• Disturbi dello Spettro Autistico e disturbi di linguaggio: in questo caso le difficoltà
non sono compatibili con l’età cronologica globale; il linguaggio può essere in
ritardo o atipico e riguarda sia la comprensione sia la produzione verbale.
Un discorso a parte deve essere fatto per tutti quei casi in cui vi è un ritardo di
linguaggio che tende a risolversi spontaneamente senza intervento riabilitativo, in questi
casi si parlerà di Ritardo Semplice di linguaggio.
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E’ una delle situazioni di più frequente osservazione e spesso si associa ad un lieve
ritardo dello sviluppo delle competenze motorie. Il linguaggio viene acquisito, in ritardo
rispetto ai tempi canonici, ma non in modo atipico e con difficoltà esclusivamente di tipo
fonologico.
Non si hanno difficoltà a livello semantico, sintattico e di comprensione verbale.
Eziopatogenesi
Alla base dei DSL vi è sicuramente una componente genetica che influisce sullo
sviluppo, maturazione e differenzazione dei sistemi linguistici nel sistema nervoso. Ad
oggi, tuttavia, non sono stati trovati geni e mutazioni che in modo univoco possono essere
considerati come causa di questi disturbi ma l’elevata familiarità e la concordanza negli
studi con i gemelli nonchè alcune evidenze a livello neurobiologico fanno propendere per
questo tipo di spiegazione.
Diagnosi
La diagnosi dei DSL deve prevedere, come per tutti i disturbi dello sviluppo, sia un
approccio nosografico sia dimensionale.
Nel primo caso sarà necessario stabilire se si è di fronte ad un disturbo specifico
e/o strumentale e/o secondario (in quest’ultimo caso bisognerà capire secondario a quale
altro disturbo). Inoltre, si dovrà stabilire quale componente linguistica è compromessa in
modo principale: espressiva, ricettiva o entrambe.
La diagnosi dimensionale permetterà di stabilire il livello di sviluppo raggiunto dal
bambino nelle aree linguistiche e di confrontarlo con l’età cronologica in modo da poter
delineare un vero e proprio profilo di sviluppo che possa essere rivalutato nel tempo.
E’ fondamentale, anche se si parla di disturbi che colpiscono in modo settoriale una
sola competenza (in questo caso il linguaggio), avere informazioni sul funzionamento nelle
diverse aree dello sviluppo (cognitive, motorie, interattive, affettive, etc.) e questo sia per
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tracciare un profilo di sviluppo il più completo possibile sia per escludere tutti quei disturbi
in cui le difficoltà di linguaggio sono secondarie.
Particolare attenzione deve essere posta nella diagnosi differenziale del DSL misti,
che risultano quelli con maggiori difficoltà anche in altre aree dello sviluppo, e quadri
complessi come il ritardo mentale e/o i disturbi dello spettro autistico.
Infine, si ribadisce l’importanza di richiedere sempre una consulenza otorino ed un
esame audiometrico mirato.
Prognosi
L’evoluzione di questi disturbi dipende ovviamente dal sottotipo, dall’età della diagnosi
e dalla precocità e correttezza dell’intervento. In ogni caso, le possibili evoluzioni sono:
- risoluzione completa del problema
- evoluzione e trasformazione in disturbi specifici dell’apprendimento
- evoluzione e trasformazione in quadri di borderline cognitivo
- evoluzione e trasformazione in forme di ritardi cognitivi veri e propri (deterioramento
cognitivo).
Quest’ultima evenienza per fortuna oggi è sempre più rara, mentre sono molto
frequenti casi di bambini che ricevono una diagnosi di disturbo specifico
dell’apprendimento in cui emerge un passato di ritardi e difficoltà di linguaggio.
Approccio Terapeutico
L’intervento, quando necessario, deve prevedere una riabilitazione specifica mirata
sia all’espansione delle diverse competenze linguistiche in modo armonico sia
all’integrazione di queste con le altre aree dello sviluppo.
La riabilitazione non deve essere un mero esercizio di ripetizione di parole o suoni,
ma deve prevedere che il bambino conosca il significato di quanto dica e che utilizzi le
parole o i verbi in modo congruo alle situazioni, altrimenti il rischio è di avere bambini che
parlano ma non dicono nulla.
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In età scolare è importante continuare a sostenere i bambini con DSL attraverso
interventi mirati allo sviluppo simbolico (nel grafismo, nel gioco), all’espansione della
comprensione verbale, delle competenze narrative e logico linguistiche, ma anche delle
competenze sociali e interattive, alla prevenzione di disturbi psicopatologici e
all’identificazione precoce dei quadri a rischio di evolvere in disturbi specifici di
apprendimento (pre-requisiti).
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DISTURBO DI SVILUPPO DELLA COORDINAZIONE MOTORIA
(DEVELOPMENTAL COORDINATION DESORDER DCD)
Premessa
Il Disturbo di Sviluppo della Coordinazione Motoria (Developmental
Coordination Desorder DCD) si manifesta quando le prestazioni in compiti di
coordinazione motoria, fini o grosso motori, sono significativamente al di sotto del livello
atteso rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo. Le difficoltà di coordinazione dovrebbero
essere presenti sin dall’inizio dello sviluppo e non dipendono da deficit acquisiti. La
diagnosi viene fatta solo se questa compromissione interferisce in modo significativo con
l'apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana e se le difficoltà nella
coordinazione non sono dovute ad una condizione medica generale o disturbi neurologici
(paralisi cerebrale, emiplegia, o distrofia muscolare etc.). Quando la difficoltà riguarda in
modo principale la motricità grossolana si parlerà di Goffaggine Motoria, mentre, se
riguarderà la motricità fine, si parlerà di Disprassia.
Criteri diagnostici per il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione
Il DSM-IV (manuale per la diagnosi nosografica) stabilisce i seguenti criteri diagnostici:
A. Le prestazioni nelle attività quotidiane che richiedono coordinazione motoria sono
sostanzialmente inferiori rispetto a quanto previsto in base all’età cronologica del
soggetto e alla valutazione psicometrica della sua intelligenza. Questo può
manifestarsi con un notevole ritardo nel raggiungimento delle tappe motorie
fondamentali, col far cadere gli oggetti, con goffaggine, con scadenti prestazioni
sportive o con calligrafia deficitaria.
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B. L’anomalia descritta al punto A interferisce in modo significativo con
l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana.
C. L’anomali non è dovuta a una condizione medica generale (per es., paralisi
cerebrale, emiplegia o distrofia muscolare) e non soddisfa i criteri per un Distorbo
Generalizzato dello Sviluppo.
D. Se è presente Ritardo Mentale, le difficoltà motorie vanno al di là di quelle di solito
associate con esso.
L'ICD-10 (manuale per la diagnosi nosografica) mette in evidenza il Disturbo Evolutivo
Specifico della Funzione Motoria (SDDMF) identificandolo attraverso i seguenti criteri:
1. Difficoltà di coordinazione, presente dalle prime fasi di sviluppo e non dipendente
da deficit neurosensoriali e neuromotori; il deficit della coordinazione motoria non
può essere spiegato da una condizione di ritardo mentale.
2. Entità della compromissione variabile e modificabile in funzione dell'età.
3. Ritardo di acquisizione, (non costante), delle tappe di sviluppo motorio, a volte
accompagnato da ritardo dello sviluppo del linguaggio (componenti articolatorie).
4. Goffaggine nei movimenti.
5. Ritardo nell'organizzazione del gioco e del disegno con difficoltà in compiti visuo
spaziali e deficit costruttivo
6. Difficoltà in compiti visuo-spaziali.
7. Presenza di segni neurologici sfumati, privi di sicuro significato localizzatorio.
8. Presenza (non costante) di difficoltà scolastiche e di problemi socio-emotivo-
comportamentali.
Quest'ultimo aspetto non va sottovalutato in ambito clinico; va tenuto conto infatti del
carico di frustrazione che il bambino disprattico deve sopportare nel corso dello sviluppo e
rispetto alle richieste dell'ambiente; spesso i bambini disprattici vengono considerati poco
intelligenti, pigri, svogliati. Il rischio è quindi quello di innescare disturbi comportamentali e
psicopatologici.
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I due sistemi nosografici presentano alcune differenze nei criteri stabiliti a partire dal nome
attribuito al disturbo. in questa sede si parlerà in generale di DCD facendo riferimento ad
entrambe le situazioni (sia DSM sia ICD).
Epidemiologia
La prevalenza del disturbo è stimata intorno al 6% della popolazione infantile tra i 5
e gli 11 anni (Cermak, 2001); in un rapporto di 3 M : 1 F in parte per differenze culturali
(Taylor, 1990; DSM-IV, 1994).
Caratteristiche Cliniche
Le principali difficoltà che incontrano i bambini con DCD sono relative non solo
all’incapacità nell’uso del movimento, ma anche all'imparare ad usare strategie per
risolvere i problemi legati alle attività motorie. Poiché le capacità motorie non diventano
automatiche per questi bambini, essi devono dedicare uno sforzo e un'attenzione
supplementari per portare a termine le attività motorie, anche quelle già acquisite in
precedenza. Spesso i bambini affetti da DCD non riconoscono le somiglianze tra
determinate attività motorie e ciò comporta una difficoltà a trasferire le proprie capacità
motorie da un'attività all'altra. Presentano inoltre difficoltà a generalizzare le proprie
capacità motorie nelle diverse situazioni (Bilancia, 1994). La necessità di reagire ad un
ambiente mutevole comporta un'ulteriore difficoltà per i bambini affetti da DCD, in quanto
per loro è difficile rilevare le informazioni derivanti dall'ambiente e far reagire il proprio
corpo in modo tempestivo.
Le caratteristiche principali del bambino con DCD sono le seguenti:
• Il bambino può essere goffo o impacciato nei movimenti. Può urtare,
rovesciare o far cadere le cose.
• Il bambino può avere difficoltà con le abilità grosso-motorie (tutto il
corpo), le abilità fino motorie (uso delle mani) o entrambe.
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• Il bambino può sviluppare in ritardo alcune capacità motorie quali
andare in triciclo/bicicletta, afferrare una palla, saltare una corda,
allacciare i bottoni e i lacci delle scarpe.
• Il bambino può mostrare una discrepanza tra le proprie capacità
motorie e le capacità in altre aree. Ad esempio, le capacità intellettuali
e linguistiche possono essere piuttosto sviluppate, mentre le capacità
motorie possono risultare in ritardo.
• Il bambino può avere difficoltà ad acquisire nuove capacità motorie.
Una volta acquisite, alcune capacità motorie possono essere eseguite
abbastanza bene, mentre altre possono continuare ad essere svolte
con scarsi risultati.
• Il bambino può avere più difficoltà a svolgere attività che richiedono
un cambiamento continuo della posizione del corpo oppure quando
deve reagire a cambiamenti dell'ambiente.
• Il bambino può avere difficoltà a svolgere attività che richiedono l'uso
coordinato di entrambi i lati del corpo (ad es. tagliare con le forbici).
• Il bambino può mostrare uno scarso controllo della postura e uno
scarso equilibrio, soprattutto in attività che richiedono equilibrio (ad es.
salire le scale, stare in piedi mentre ci si veste).
• Il bambino può avere difficoltà a scrivere in stampatello o a mano
libera. Questa capacità implica una continua interpretazione del
feedback in merito ai movimenti della mano e la contemporanea
pianificazione di nuovi movimenti, ed è un'attività molto difficile per la
maggior parte dei bambini affetti da DCD.
Eziologia
Numerose sono le cause che possono essere alla base di questi quadri clinici, tra le
più frequenti vi sono:
• Prematurità o altri problemi perinatali; basso peso alla nascita (small for date).
• Predisposizione genetica come base comune per dislessia e DCD.
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• Base genetica per problemi di articolazione della parola e difficoltà motorie.
• Comune difetto genetico per abilità visuocostruttive e coordinazione motoria.
• Mercuri et al. (1996) in uno studio con RMf descrivono anormalità morfologiche del
corpo calloso nella maggioranza della popolazione di bambini con DCD nati
prematuramente. In uno studio follow-up (1998) gli stessi autori notano che in alcuni
casi, lesioni identificate alla nascita non erano più evidenti in anni successivi.
Comorbidità
Sono numerose le ricerche che sottolineano come la disprassia e, in generale, i
DCD non siano disturbi uniformi e le forme “pure” siano ormai rare. Sempre maggiore è la
sovrapposizione tra DCD e altri disturbi di sviluppo. In particolare, è stata osservata la
frequente compresenza tra il DCD ed il disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (Piek
et al., 2006; Pitcher et al., 2003). A differenza di quanto si credeva in passato circa la
benignità di questa condizione infantile, studi longitudinali hanno dimostrato che la
presenza di DCD può protrarsi fino all’adolescenza e all’età adulta (Cousins et al., 2003 ;
Losse et al., 1991) e può comportare gravi conseguenze nel lungo termine sul piano
sociale, emotivo, scolastico-accademico e psichiatrico (Sigurdsson et al., 2002;
Rasmussen and Gillberg, 2000; Van Os et al., 1997).