Dispensa Impianti 1

124
Appunti dalle lezioni di IMPIANTI TECNICI / TERMOTECNICI Onorio SARO e Marco MANZAN 25 gennaio 2010

Transcript of Dispensa Impianti 1

Page 1: Dispensa Impianti 1

Appunti dalle lezioni diIMPIANTI TECNICI / TERMOTECNICI

Onorio SARO e Marco MANZAN

25 gennaio 2010

Page 2: Dispensa Impianti 1

1

Abstract

INFORMAZIONI GENERALI:La presente dispensa, scritta per il corso di impianti tecnici / termotecnici, tratta i seguenti

argomenti:Primo modulo:

• Potenze disperse

• Impianti di riscaldamento

• Fabbisogni di energia

• Verifiche termoigrometriche

Secondo modulo:

• Benessere termoigrometrico

• Carichi termici estivi

• Impianti di raffrescamento estivi

• Elementi di illuminotecnica

• Normativa sugli impianti elettrici di corredo.

TESTO CONSIGLIATO:Progettazione di impianti tecnici G. Moncada Lo Giudice - L. De Santoli Masson Editore

Milano ALTRI TESTI:

Progettazione di impianti tecnici E. Bettanini - P. Brunello CLEUP Padova

RIVISTE:

• La termotecnica

• Condizionamento dell’aria. . . (CDA)

• Heating, piping, air conditioning (HPAC)

Siti di interesse termotecnico:

• http://www.cti2000.it Comitato termotecnico italiano

• http://www.ashrae.com American Society of Heating, Refrigerating and Air-ConditioningEngineers (associazione di ingegneri termotecnici statunitensi, conta soci in tutto il mondo)

• http://www.aicarr.it Associazione italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento,refrigerazione (collabora con l’ASHRAE)

• http://www.rehva.com REHVA Federation of European Heating and Air ConditioningAssociations

Page 3: Dispensa Impianti 1

2

• http://www.caleffi.it Caleffi s.p.a. (idronica)

• http://www.isover.it Saint-Gobain Isover Italia s.p.a. (materiali isolanti)

• http://www.riello.it Riello s.p.a. (caldaie e altro)

• http://www.rhoss.it Rhoss s.p.a. (climatizzazione)

• http://www.irsap.it IRSAP s.p.a. (radiatori)

• http://www.delonghi.it De’ Longhi S.p.A. (radiatori e altro)

• —— altri

Si sottolinea che a causa del carattere della pubblicazionenumerosi possono essere gli errori e leimprecisioni nelle citazioni di Leggi e di Norme alle quali si rimanda per una lettura autentica. Lasimbologia adottata nella presente dispensa e quella utilizzata nelle piu recenti norme tecniche UNI edEN anche se alcuni parametri sono calcolati con riferimentoa norme precedenti che adottano spessouna simbologia diversa.

Page 4: Dispensa Impianti 1

Capitolo 1

POTENZE DISPERSE

1.1 Premessa sul benessere termoigrometrico

Gli impianti di riscaldamento e di condizionamento hanno loscopo di mantenere un determinatomi-croclimaall’interno dell’edificio, con caratteristiche termoigrometriche ben definite. Le prestazionidelle persone che svolgono una attivita in modo continuativo, all’interno di un ambiente confinato mo-derato, come nel caso delle abitazioni e negli uffici, dove sifa riferimento albenesseredelle persone,dipendono dalle condizioni termoigrometriche mantenute nell’ambiente. L’accettazione dell’ambien-te e massima quando le condizioni assumono particolari valori che dipendono dalla attivita svolta, dalvestiario e dalle condizioni soggettive1. L’attivita svolta dalle persone viene caratterizzata mediante lapotenza termica prodotta detta potenza metabolicaM che se e riferita all’unita di superficie corporeasi esprime di solito mediante una unita di misura incoerente, il “met” che corrisponde alla potenzametabolica relativa ad una persona distesa a riposo:

1met = 50kCal/hm2 = 58, 2W/m2

Nella Tabella 1.1 sono riportati i valori di potenza metabolica per alcune attivita.

Tabella 1.1: Potenze metaboliche corrispondenti ad alcuneattivitaAttivita Potenza metabolica

(met) (W/m2)Disteso 0,8 46Seduto rilassato 1,0 58Attivita sedentaria (ufficio, casa, scuola, laboratorio) 1,2 70Attivita leggera in piedi (compere, laboratorio, industria leggera) 1,6 93Attivita media in piedi (commesso, lavori domestici, ecc.) 2,0 116Camminare a 2 km/h 1,9 110Camminare a 3 km/h 2,4 140Camminare a 4 km/h 2,8 165Camminare a 5 km/h 3,4 200

Un individuo standard (70 kg di massa e 1,70 m di altezza) ha una superficie corporea di 1,8m2, seduto produce dunque circa 100 W.2 La progettazione dell’ambiente termico interno dovrebbe

1Se nell’ambiente si svolge una attivita lavorativa, in tali condizioni anche la produttivita diventa massima.2La superficie corporeaAb puo essere calcolata con la legge di Du Bois per la quale si rimanda al Capitolo 5.

3

Page 5: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 4

basarsi sulla EN ISO 7730, dove la qualita dell’ambiente termico e espressa dal voto medio previstoPMV (predcted mean vote) e dalla percentuale prevista di insoddisfatti PPD (predicted percentage ofdisatisfied)3. Il tipo di abbigliamento indossato dalle persone viene caratterizzato mediante l’indicedi resistenza termica degli abiti che viene espresso di solito mediante una unita di misura incoerente:il “clo” che corrisponde alla resistenza termica di un abitomaschile invernale; si ha 1 clo = 0,155m2K/W, mentre un abito maschile estivo ha un indice di resistenza termica di 0,5 clo. Gli scam-bi termici tra gli individui e l’ambiente avvengono prevalentemente per convezione con l’aria allatemperaturaθa e per irraggiamento con lek superfici dell’ambiente alle temperatureθk.

Lo scambio termico per irraggiamento tra individuo e ambiente, e espresso nel modo seguente:

Φr =∑

k

ApεpσFpk

(T 4

p − T 4k

)= Apεpσ

(T 4

p

k

Fpk −∑

k

FpkT4k

)

siccome∑

k Fpk = 1 per la definizione dei fattori di vista, si ha:

Φr = Apεpσ

(

T 4p −

k

FpkT4k

)

che viene sinteticamente espresso come:

Φr = Apεpσ(T 4

p − T 4mr

)

dove

Tmr = 4

√∑

k

FpkT 4k

e la temperatura assoluta media radiante.Se, come succede negli ambienti moderati, le temperature delle superfici dell’ambiente non sono

molto diverse tra loro4 la temperatura media radiante si puo assumere come temperatura media pesatadelle temperature superficiali:

θmr ≃∑

k Akθk∑k Ak

dove, ovviamente,θmr = Tmr − 273, 15 e espressa in◦C. Introducendo il coefficiente di scambiotermico per irraggiamento

hr = εpσ(Tp + Tmr)(T2p + T 2

mr)

o seTp eTmr non sono molto diverse tra loro

hr ≃ 4εpσT 3m

con

Tm =Tp + Tmr

2

si puo scrivere:Φr = hrAp(θp − θmr)

3Per i dettagli si rimanda al Capitolo 5.4E sufficiente che|Tk − Tj | < 0, 2 min {Tk} (cioe che la massima differenza tra le temperature superficiali sia

inferiore al 20% della minima temperatura assoluta) affinche l’errore sia inferiore al 5%.

Page 6: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 5

mentre il flusso scambiato per convezione e:

Φc = hcAp(θp − θa)

Globalmente il flusso scambiato da una persona puo essere espresso come segue:

Φp = Φc + Φr = (hc + hr)Ap(θp − θo)

doveθo e la temperatura operante che e una media pesata della temperatura dell’aria e della tempera-tura media radiante; cioe

θo = Bθa + (1 − B)θmr

Per basse velocita dell’aria ambiente, come in assenza di impianti ad aria, va ≤ 0, 2 → B = 0, 5 ed intal caso la temperatura operanteθo e la media aritmetica tra la temperatura dell’aria e la temperaturamedia radiante. La ”temperatura operante” e cosı il parametro che caratterizza l’ambiente dal puntodi vista termico per quanto riguarda le condizioni di benessere delle persone. Per una percentuale diinsoddisfatti PPD< 10%5 le condizioni ottimali di temperatura operante al variare dell’abbigliamentoe dell’attivita svolta sono rappresentate in Figura 1.1, per altre percentuali di insoddisfatti .

Figura 1.1: Andamenti della temperatura operante ottimale(isoterme di neutralita)in funzione del-l’abbigliamento e dell’attivita, curveA; sono riportate le fasce ammissibili di variazioneBin cui valgono gli scostamenti ammissibili (riportati negli ovali) della temperatura operan-te dell’ambiente rispetto a quella ottimale per mantenere la percentuale di insoddisfatti aldi sotto del 10%.X eK rappresentano la resistenza termica degli abiti espressa rispettiva-mente in “clo” e in m2K/W; Y eZ rappresentano il metabolismo espresso rispettivamentein “met” e in W/m2.

La conoscenza degli scambi termici tra l’edificio e l’ambiente esterno e fondamentale per il calco-lo delle potenze massime necessarie a garantire il benessere interno al variare delle condizioni clima-tiche e per il calcolo del fabbisogno di energia per la climatizzazione sia nella stagione invernale che

5Dalle indagini statistiche si rileva che la percentuale di insoddisfatti non scende mai sotto il 5%.

Page 7: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 6

in quella estiva. Un edificio scambia calore con l’esterno attraverso le strutture che costituiscono l’in-volucro e mediante i flussi d’aria dovuti a infiltrazioni e rinnovi controllati. Nel calcolo degli scambiattraverso le strutture si deve tener conto dell’effetto dell’irraggiamento solare entrante attraverso lestrutture finestrate e nel calcolo dei flussi d’aria si deve tener conto dell’azione del vento.

1.2 Potenze massime disperse nel periodo invernale

Gli impianti devono essere dimensionati in modo tale che la loro massima potenza permetta di farfronte alle condizioni piu gravose prevedibili in base alla conoscenza della storia climatica della loca-lita in cui e realizzato l’edificio ed in base all’utilizzoal quale e destinato. Affinche si possa svolgerecon continuita l’attivita desiderata all’interno di un edificio ci si prefigge di mantenere le condizionitermiche e igrometriche interne costanti mentre le condizioni esterne sono variabili nel tempo. In in-verno, in particolare nei periodi piu rigidi quando le dispersioni sono massime, la temperatura internaviene mantenuta quasi costante mentre la temperatura esterna oscilla poco attorno a valori medi sen-sibilmente inferiori alla temperatura interna. Pertanto,per il calcolo delle potenze disperse massimee universalmente accettato un calcolo in regime stazionario. Per il calcolo della massima potenza diriscaldamento si considera la situazione piu gravosa per l’impianto e quindi assenza di irraggiamentosolare e di apporti interni(condizioni di progetto). Per ildimensionamento dell’impianto di riscalda-mento si procede al calcolo del carico termico per ogni singolo vano. Per un predimensionamento dimassima dell’impianto, talvolta, si procede per un insiemedi vani (al limite tutto l’edificio) come unsingolo vano e poi si suddivide la potenza sui singoli vani.6

Le dispersioni complessive di progetto dell’i−esimo vano riscaldato si calcolano con la seguenteequazione,

Φi = ΦT,i + ΦV,i (1.1)

in cui ΦT,i sono le dispersioni di progetto per trasmissione eΦV,i sono le dispersioni di progetto perventilazione.

La potenza dispersa per trasmissione attraverso l’involucro ΦT viene rappresentata come sommadi diversi contributi a seconda delle caratteristiche e delle condizioni al contorno degli elementi checostituiscono l’involucro dell’edificio (pareti verso l’esterno, pareti verso ambienti non riscaldati,pareti e pavimenti a contatto col terreno, finestre).

Per il singolo vano abbiamo:

ΦT,i = (HT,ie + HT,iue + HT,ig + HT,ij) (θint,i − θe) (1.2)

dove:

HT,ie coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallospazio riscaldato(i) verso l’esterno(e) attraverso l’involucro dell’edificio;

HT,iue coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallospazio riscaldato(i) verso l’ester-no (e) attraverso lo spazio non riscaldato(u);

HT,ig coefficiente di dispersione termica per trasmissione versoil terreno, in condizioni di regimepermanente, dallo spazio riscaldato(i) verso il terreno(g);

6La Norma UNI EN 12831 IMPIANTI DI RISCALDAMENTO NEGLI EDIFICI METODO DI CALCOLO DELCARICO TERMICO DI PROGETTO prevede il calcolo per singolo vano e solo successivamente il calcolo per l’interoedificio o unita immobiliare come somma degli scambi termici dei singoli vani al netto degli scambi interni tra vaniriscaldati a temperature diverse.

Page 8: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 7

HT,ij coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallospazio riscaldato(i) a uno spazioadiacente(j) riscaldato ad una temperatura significativamente diversa,per esempio uno spa-zio riscaldato adiacente all’interno della porzione entita di edificio o uno spazio riscaldato diuna porzione entita di edificio adiacente;

θint,i temperatura interna di progetto dello spazio riscaldato(i);

θe temperatura esterna di progetto.

I valori della temperatura esterna di progettoθe sono fissati dalla Legge (D.M.10/03/1977 e succes-sive modifiche), in funzione della provincia e del comune di appartenenza dell’edificio; tali valorisono riportati in una tabella nell’allegato NA della Norma UNI EN 12831 e vanno corretti secondomodalita fissate nello stesso decreto e nella Norma UNI 10349 per tener conto della variazione dellatemperatura con la quota secondo un gradiente di∆θ

∆z≃ − 1

200K/m, dell’esposizione ai venti che vale

-0,5÷ -1 K per edifici in piccoli agglomerati e−1 ÷ −2 K per edifici isolati; ulteriore correzione di−1 ÷−2 K e prevista per edifici piu alti di quelli adiacenti (solo per i piani sporgenti).

1.2.1 Dispersioni termiche direttamente verso l’esterno

Il flusso termico disperso attraverso le pareti rivolte all’esterno viene tradizionalmente espresso comeprodotto tra un coefficiente di scambio termico globale (trasmittanza o trasmittanza equivalente)U ,un area caratteristica della parete, una differenza di temperatura ed un coefficiente di maggiorazionein funzione della esposizione della parete; a questo flusso termico si aggiunge quello dovuto ai pontitermici lineari. Pertanto il coefficiente di dispersione termica di progetto per trasmissione diretta versol’esterno viene calcolato nel seguente modo:

HT,ie =

p∑

j=1

AjUjej +

pt∑

k=1

ΨkLkek (1.3)

dove:

p numero di pareti rivolte verso l’esterno

Aj area dellaj-esima parete

Uj trasmittanza dellaj-esima parete7

ej coefficiente di esposizione dellaj-esima parete

ek coefficiente di esposizione delk-esimo ponte termico

pt numero di ponti termici rivolti verso l’esterno

Ψk coefficiente di dispersione delk-esimo ponte termico (trasmittanza lineica)8;

Lk lunghezza delk-esimo ponte termico

Il primo termine della (1.3) rappresenta lo scambio termicotra l’ambiente interno e l’ambienteesterno, per unita di salto termico, nell’ipotesi di flussotermico monodimensionale e regime stazio-nario. La seconda sommatoria della (1.3) tiene conto delle disomogeneita presenti nelle pareti, e dellaNON monodimensionalita del flusso termico introducendo iponti termici : percorsi preferenziali per

7Per il calcolo delle trasmittanze fare riferimento alla Norma UNI EN 69468Per il calcolo semplificato delle trasmittanze lineiche fare riferimento alla Norma UNI EN ISO 14683 mentre per il

calcolo dettagliato mediante metodi numerici fare riferimento alla Norma UNI EN ISO 10211

Page 9: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 8

il flusso termico. Il coefficienteΨL viene detto anchetrasmittanza lineica, e si misura in W/(m K).Per il calcolo dei ponti termici si rimanda al paragrafo 1.2.4.

I coefficienti di esposizioneej edek per la norma europea EN 12831 sono pari all’unita mentrenella versione italiana UNI EN 12831:2006 in cui e aggiuntoun allegato nazionale NA sono maggioridell’unita, come retaggio della vecchia normativa9.

N

1,00

1,10

1,10 1,15

1,20

1,20

1,15

1,05

Figura 1.2: Coefficienti di esposizione secondo la norma UNIEN 12831:2006 Allegato NA

1.2.2 Trasmittanza di una parete

La trasmittanza o anche coefficiente di scambio termico globale per una parete piana risulta:

U =1

Rsi +ns∑

j=1

sj

λj

+n∑

k=1

Rk + Rse

dove:

Rsi Resistenza termica superficiale interna pari al reciproco di hi coefficiente di scambio superfi-ciale (coefficiente o adduttanza liminare) interno;

si spessore dello strato generico [m]

λj conduttivit a termica dello strato [W/(m K)] , e specificata nella norma UNI 10351, oppurecertificato dal produttore del materiale assume valori compresi tra 3 e 0,03 W/(m K) per lapietra e per isolanti asciutti, rispettivamente.

Rk resistenza termica per unita di superficiedegli strati non omogenei [m2K / W], e specificatanella norma UNI 10355 per i diversi tipi di materiale da costruzione non omogeneo (es. stratidi parete in laterizi e malta).

Rse Resistenza termica superficiale esterna pari al reciproco di he coefficiente di scambio super-ficiale (coefficiente o adduttanza liminare) esterno;

Page 10: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 9

hehi

Figura 1.3: Parete piana multistrato

Nella tabella 1.2 sono riportati i valori della resistenza superficiale internaRsi = 1hi

ed esternaRse = 1

hecome fissati nella Norma UNI EN ISO 6946. I coefficienti superficiali sono la somma del

coefficiente convettivohc e del coefficiente radiativohr. Quello interno dipende dalla direzione delflusso termico che influenza la componente dello scambio termico dovuta alla convezione naturaleche in presenza di flusso termico discendente produce stratificazione e quindi coefficienti di scambiominori. D’altro canto, la componente convettiva sulle superfici esterne e dovuta prevalentemente alvento e quindi corrisponde ad una convezione forzata che e indipendente dalla direzione del flusso.Si puo definire la trasmittanza anche per pareti con strati non omogenei, non piane e anche a spessorivariabili; per un calcolo dettagliato delle trasmittanze di elementi opachi si rimanda alla UNI EN694610.

Tabella 1.2: Resistenze termiche superficiali (in m2 K/W)Direzione del flusso termico

Ascendente Orizzontale DiscendenteRsi 0,10 0,13 0,17Rse 0,04 0,04 0,04

Nelle pareti sono abbastanza comuni le intercapedini d’aria che sono strati dal comportamentoparticolare per la presenza dell’irraggiamento tra le superfici affacciate, la conduzione termica nellostrato d’aria e la componente convettiva che aumenta all’aumentare dello spessore. Nella tabella 1.3ripresa dalla Norma UNI EN ISO 6946 sono riportati i valori della resistenza termica di intercapedinid’aria le cui superfici sono ad elevata emissivita.

Si ricorda che, nelle ristrutturazioni di edifici esistenticon superficie utile non superiore a 1000m2 i valori della trasmittanza degli elementi costituenti l’involucro sono limitati per legge; si fac-cia riferimento al al D.P.R. n.59/2009, art. 4 ed al Decreto Legislativo 311/2006 (modifica del D.l.192/2005), in particolare all’Articolo 3 per individuare il caso in cui si ricade ed all’Allegato C peri valori di riferimento ai quali rimanda il gia citato D.P.R. 59/2009. Allo scopo di facilitare la scelta

9Secondo l’allegato NA alla UNI EN 12831 i coefficienti per le diverse esposizioni prevedono aumenti delle dispersioniche ‘’tengono conto dell’insolazione normale, del diversogrado di umidita delle pareti, della diversa velocita e temperaturadei venti”. Valori limite: e = 1 per parete esposta a SUD,e = 1, 2 per parete esposta a NORD o a NORD-EST mentrenon e previsto nessun aumento delle dispersioni per le coperture che nella realta sono tra le pareti piu esposte, soprattuttoa causa dell’elevato reirraggiamento verso la volta celeste nelle notti con cielo limpido.

10Nel rispetto di questa Norma, nei calcoli bisogna utilizzare valori di trasmittanza e di resistenza termica con tre cifresignificative ed i risultati vanno presentati con due cifre decimali in (W/m2K) per le trasmittanze ed in (m2K/W) per leresistenze termiche

Page 11: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 10

Tabella 1.3: Resistenze termiche (in m2 K/W) di intercapedini d’aria non ventilate con superfici adalta emissivita

Spessore Direzione del flusso termicodell’intercapedine

mm Ascendente Orizzontale Discendente0 0,00 0,00 0,005 0,11 0,11 0,117 0,13 0,13 0,1310 0,15 0,15 0,1515 0,16 0,17 0,1725 0,16 0,18 0,1950 0,16 0,18 0,21100 0,16 0,18 0,22300 0,16 0,18 0,23

delle pareti, per i casi piu comuni, si riportano le tabelledi trasmittanze limite dell’Allegato C del D.L.311/200611. Inoltre, per tutti gli edifici nelle zone climatiche C, D, E ed F, (nuovi o in ristrutturazione)non industriali, le trasmittanze delle strutture di separazione da altri edifici o altre unita abitative sonolimitate per legge a 0,8 W/(m2K). Il medesimo limite deve essere rispettato per le strutture opache(verticali, orizzontali o inclinate) che delimitano versol’esterno gli ambienti non dotati di impiantodi riscaldamento.

Tabella 1.4: Valori limite della trasmittanza termicaU in W/(m2K) per le strutture opache rivolte all’e-sterno o verso vani non riscaldati, di ampliamenti inferiori al 20% e per la ristrutturazioneintegrale degli elementi edilizi costituenti l’involucrodi edifici esistenti di superficie utilenon superiore a 1000 m2

Valori limite della trasmittanza termicaU delle strutture opache verticaliZona climatica pareti verticali coperture pavimenti

verso l’esterno orizzontali verso l’esternoo verso vani non riscaldati o inclinate o verso vani non riscaldati

A 0,62 0,38 0,65B 0,48 0,38 0,49C 0,40 0,38 0,42D 0,36 0,32 0,36E 0,34 0,30 0,33F 0,33 0,29 0,32

Per gli edifici pubblici i valori di trasmittanza limite sonodiminuiti del 10% rispetto a quellipresenti in Tabella 1.4.

1.2.3 Calcolo delle dispersioni degli elementi finestrati

Le dispersioni attraverso i componenti finestrati possono essere espresse in forma analoga alla (??)

11Nelle tabelle i limiti sono riportati per Zona climatica. Per la definizione delle zone climatiche si rimanda al capitolosul Fabbisogno di energia

Page 12: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 11

Φw = UwAw∆θ

doveUw rappresenta la trasmittanza dell’elemento edAw l’area lorda del foro che contiene l’elementofinestrato.

Un metodo per il calcolo dettagliato della trasmittanza delle strutture finestrate e presentato nellanorma UNI EN ISO 10077, dove, nel caso di serramento semplice, la trasmittanza risulta essere unamedia pesata della trasmittanza del vetro, del telaio e del ponte termico tra di essi come segue:

Uw =AgUg + AfUf + ΨlgLg

Ag + Af

dove:

Ag area netta della parte vetrata,

Ug trasmittanza della parte vetrata,

Af proiezione sul piano della finestra della superficie del telaio,

Uf trasmittanza del telaio della finestra,

Ψlg trasmittanza lineica del ponte termico tra le lastre di vetro ed il telaio,

Lg lunghezza del ponte termico tra le lastre di vetro ed il telaio.

Nel calcolo della trasmittanzaUg della parte trasparente, in assenza di informazioni, si assume peril vetro una conduttivita termicaλg = 1, 0 W/(m K).

Nel caso di serramenti con pannelli opachi (di solito le porte) la trasmittanza si calcola, in modoanalogo, come media pesata della parte trasparente, dei pannelli opachi e del telaio. Indicando conUD la trasmittanza di questi elementi, si ricava:

UD =AgUg + ApUp + AfUf + ΨlgLg + ΨlpLp

Ag + Ap + Af

dove, in aggiunta alle definizioni precedenti:

Ap area netta dei pannelli opachi,

Up trasmittanza dei pannelli opachi,

Ψlp trasmittanza lineica del ponte termico tra i pannelli opachi ed il telaio,

Lp lunghezza del ponte termico tra i pannelli opachi ed il telaio.

Nella Tabella 1.5 sono riportati i valori di trasmittanza della parte vetrata per finestre a doppiovetro, mentre nella Tabella 1.6 sono riportati i valori di trasmittanza della parte vetrata per finestre atriplo vetro. Le trasmittanze riportate nelle tabelle 1.5 e1.6 sono state calcolate secondo la NormaEN 673 con riferimento ai dati di emissivita, spessori e concentrazioni di gas come indicato. Le inter-capedini sono ermetiche e riempite con aria o gas senza vapore acqueo che altrimenti condenserebbenelle giornate fredde. Si ricordi che l’emissivita e le concentrazioni di gas nelle intercapedini possonocambiare nel tempo, inoltre puo penetrare vapore acqueo. Atale riguardo esistono Norme europeeche consentono di valutare l’effetto dell’invecchiamentosulle proprieta termiche dei sistemi vetrati(PrEN 1279-1 ed EN 1279-3). Nella Figura 1.4 sono riportati gli andamenti delle trasmittanze di telaiin legno al variare dello spessore del telaio.

Page 13: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 12

Tabella 1.5: Trasmittanza termicaUg in W/(m2K) per sistemi a doppi vetri riempiti con gas diversiSistema vetrato Tipo di gas nelle intercapedini

Concentrazione del gas≥ 90%tipo emissivita in spessori Aria Argon Krypton SF6vetro direzione normale (mm)

Uncoated 4-6-4 3,3 3,0 2,8 3,0glass 4-9-4 3,0 2,8 2,6 3,1

(normal 0,89 4-12-4 2,9 2,7 2,6 3,1glass) 4-15-4 2,7 2,6 2,6 3,1

4-20-4 2,7 2,6 2,6 3,1One pane 4-6-4 2,9 2,6 2,2 2,6

coated 4-9-4 2,6 2,3 2,0 2,7glass ≤ 0,4 4-12-4 2,4 2,1 2,0 2,7

4-15-4 2,2 2,0 2,0 2,74-20-4 2,2 2,0 2,0 2,7

One pane 4-6-4 2,7 2,3 1,9 2,3coated 4-9-4 2,3 2,0 1,6 2,4glass ≤0,2 4-12-4 1,9 1,7 1,5 2,4

4-15-4 1,8 1,6 1,6 2,54-20-4 1,8 1,7 1,6 2,5

One pane 4-6-4 2,6 2,2 1,7 2,1coated 4-9-4 2,1 1,7 1,3 2,2glass ≤0,1 4-12-4 1,8 1,5 1,3 2,3

4-15-4 1,6 1,4 1,3 2,34-20-4 1,6 1,4 1,3 2,3

One pane 4-6-4 2,5 2,1 1,5 2,0coated 4-9-4 2,0 1,6 1,3 2,1glass ≤0,05 4-12-4 1,7 1,3 1,1 2,2

4-15-4 1,5 1,2 1,1 2,24-20-4 1,5 1,2 1,2 2,2

Nella Tabella 1.7 sono riportati i valori da adottare per le trasmittanze lineari dei ponti termici, chesi hanno nel caso di doppi o tripli vetri, in corrispondenza del collegamento sistema vetrato–telaio.

Per disporre di valori di Trasmittanza termica di finestre per un utilizzo immediato si puo fareriferimento alla Tabella 1.8 per finestre a vetro singolo ed alla tabella 1.9 per finestre a doppi e triplivetri.

Si rimanda al testo della norma per i dati di dettaglio: trasmittanze della parte vetrata con lastredi spessori diversi, trasmittanze di telai metallici con e senza taglio termico e per casi piu complicati,come i doppi serramenti o i serramenti composti, che sullo stesso telaio presentano due ante, unaapribile verso l’interno ed una verso l’esterno. Si ricordache, come per le strutture opache, nelleristrutturazioni di edifici esistenti con superficie utile non superiore a 1000 m2 i valori della trasmit-tanza delle strutture trasparenti, costituenti l’involucro sono limitati per legge; si faccia riferimento alal D.P.R. n.59/2009, art. 4 ed al Decreto Legislativo 311/2006 (modifica del D.l. 192/2005), in parti-colare all’Articolo 3 per individuare il caso in cui si ricade ed all’Allegato C per i valori di riferimentoai quali rimanda il gia citato D.P.R. 59/2009. Nella Tabella 1.10 sono riportati i valori limite dellatrasmittanza delle strutture trasparenti ed e la copia della Tabella 4a dell’Allegato C al D.L. 311/2006.

Page 14: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 13

Tabella 1.6: Trasmittanza termicaUg in W/(m2K) per sistemi a tripli vetri riempiti con gas diversiSistema vetrato Tipo di gas nelle intercapedini

Concentrazione del gas≥ 90%tipo emissivita in spessori Aria Argon Krypton SF6vetro direzione normale (mm)

Uncoated 4-6-4-6-4 2,3 2,1 1,8 2,0(normal) 0,89 4-9-4-9-4 2,0 1,9 1,7 2,0

glass 4-12-4-12-4 1,9 1,8 1,6 2,0Two panes 4-6-4-6-4 2,0 1,7 1,4 1,6

coated ≤ 0,4 4-9-4-9-4 1,7 1,5 1,2 1,64-12-4-12-4 1,5 1,3 1,1 1,6

Two panes 4-6-4-6-4 1,8 1,5 1,1 1,3coated ≤0,2 4-9-4-9-4 1,4 1,2 0,9 1,3

4-12-4-12-4 1,2 1,0 0,8 1,4Two panes 4-6-4-6-4 1,7 1,3 1,0 1,2

coated ≤0,1 4-9-4-9-4 1,3 1,0 0,8 1,24-12-4-12-4 1,1 0,9 0,6 1,2

Two panes 4-6-4-6-4 1,6 1,3 0,9 1,1coated ≤0,05 4-9-4-9-4 1,2 0,9 0,7 1,1

4-12-4-12-4 1,0 0,8 0,5 1,1

Tabella 1.7: Trasmittanza termica lineareΨg in W/(m K) per distanziatori tra le lastre con prestazionitermiche migliorate

Tipo di sistema vetratoTipo di telaio Doppio o triplo Doppio o triplo

vetro uncoated vetro bassoemissivocon aria o gas una lastra trattata per i doppi vetri

due lastre trattate per i tripli vetricon aria o gas

in legno o PVC 0,05 0,06metallico con taglio termico 0,06 0,08

metallico senza taglio termico 0,01 0,04

1.2.4 Calcolo dei ponti termici

L’approssimazione di flusso termico monodimensionale e accettabile per la zona centrale di paretipiane, costituite da strati piani e omogenei, caratterizzate da un rapporto tra spessore ed altre dimen-sioni minore di 1/10. In prossimita dei bordi, ad esempio all’unione tra due pareti ad angolo ecc., oin presenza di disomogeneita degli strati, il flusso termico e distorto, risultando NON monodimensio-nale. Come esempio importante di disomogeneita degli strati si consideri la presenza di un pilastro inc.a. intermedio. In corrispondenza del pilastro la conduttanza termica e maggiore, con conseguenteaumento del flusso termico nella zona del pilastro. In questeed altre situazioni il flusso termico emaggiore rispetto a quello calcolato con l’ipotesi di strati omogenei e di flussi monodimensionali, sie in presenza di vie preferenziali per lo scambio termico chiamateponti termici . Per quanto riguardale potenze disperse, i ponti termici che rivestono maggioreimportanza hanno solitamente uno svi-

Page 15: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 14

Figura 1.4: TrasmittanzaUf di telai in legno ed in legno con protezione metallica in funzione dellospessore del telaio valutato in direzione perpendicolare al piano della finestra, per legnodi tipo pesante e leggero (da ISO/DIS 10077-1).

Tabella 1.8: Trasmittanza termicaUw in W/(m2K) per finestre a vetro singolo con una percentuale diarea frontale di telaio del 20% al variare della trasmittanza del telaioUg Uf

W/(m2K) W/(m2K)con 20% di area di telaio

0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0 2,2 2,6 3,0 3,4 3,8 7,05,7 4,7 4,8 4,8 4,8 4,9 4,9 5,0 5,0 5,1 5,2 5,2 5,3 6,0

luppo lineare12. Le dispersioni attraverso i ponti termici vengono calcolate mediante un coefficienteche tiene conto delle disomogeneita presenti nelle pareti, e della NON monodimensionalita del flussotermico attraverso di esse. Il coefficiente di ponte termicoΨl viene detto anchetrasmittanza lineica,e si misura in W/(m K). Nella norma UNI EN ISO 14683:2001 sono presentati valori diΨl precal-colati per le strutture piu comuni13, in alternativa, nella stessa norma si rimanda a calcoli semplificati

12I ponti termici puntuali, che interessano zone limitate peri quali la zona piu critica e individuabile da un punto sullasuperficie della parete, hanno una scarsa influenza sul flussotermico totale scambiato dalla parete, mentre hanno unanotevole importanza per i valori minimi di temperatura superficiale interna e rappresentano punti in cui aumenta molto ilrischio di condensa

13Nella UNI EN ISO 14683 sono presenti tre valori diΨl per ogni tipologia di ponte termico:Ψe sono per le dispersionidella parete calcolate con riferimento alle superfici esterne,Ψi per le dispersioni riferite alle superfici interne eΨoi sonoper le dispersioni riferite alle superfici interne lorde, cioe calcolate ignorando l’ingombro delle pareti interne. Inoltre, vatenuto presente che i coefficientiΨl presenti nella norma europea fanno riferimento al giunto nel suo complesso, pertantose si vuole riferire il ponte termico alla parete, nel caso diponti termici d’angolo come quelli che si hanno tra due paretiesterne o tra una parete esterna ed un solaio o una copertura,il coefficiente va conteggiato meta per una struttura e met`aper l’altra.

Page 16: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 15

Tabella 1.9: Trasmittanza termicaUw in W/(m2K) per finestre a vetro doppio e triplo, con distanziatoritra le lastre con prestazioni termiche migliorate, con una percentuale di area frontale ditelaio del 20%, al variare della trasmittanza del telaio e del sistema vetrato

Ug Uf

W/(m2K) W/(m2K)con 20% di area di telaio

0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0 2,2 2,6 3,0 3,4 3,8 7,03,3 2,9 3,0 3,0 3,1 3,1 3,1 3,2 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6 4,13,2 2,9 2,9 2,9 3,0 3,0 3,1 3,1 3,2 3,2 3,3 3,4 3,5 4,03,1 2,8 2,8 2,9 2,9 2,9 3,0 3,0 3,1 3,2 3,2 3,3 3,4 3,93,0 2,7 2,7 2,8 2,8 2,9 2,9 2,9 3,0 3,1 3,2 3,2 3,3 3,82,9 2,6 2,7 2,7 2,7 2,8 2,8 2,9 2,9 3,0 3,1 3,2 3,2 3,72,8 2,5 2,6 2,6 2,7 2,7 2,7 2,8 2,8 2,9 3,0 3,1 3,2 3,72,7 2,5 2,5 2,5 2,6 2,6 2,7 2,7 2,8 2,8 2,9 3,0 3,1 3,62,6 2,4 2,4 2,5 2,5 2,5 2,6 2,6 2,7 2,6 2,8 2,9 3,0 3,52,5 2,3 2,3 2,4 2,4 2,5 2,5 2,5 2,6 2,5 2,8 2,8 2,9 3,42,4 2,2 2,3 2,3 2,3 2,4 2,4 2,5 2,5 2,4 2,7 2,8 2,8 3,32,3 2,1 2,2 2,2 2,3 2,3 2,3 2,4 2,4 2,4 2,6 2,7 2,8 3,32,2 2,1 2,1 2,1 2,2 2,2 2,3 2,3 2,4 2,3 2,5 2,6 2,7 3,22,1 2,0 2,0 2,1 2,1 2,1 2,2 2,2 2,3 2,2 2,4 2,5 2,6 3,12,0 1,9 2,0 2,0 2,0 2,1 2,1 2,2 2,3 2,3 2,4 2,5 2,6 3,11,9 1,8 1,9 1,9 2,0 2,0 2,0 2,1 2,2 2,3 2,3 2,5 2,5 3,01,8 1,8 1,8 1,8 1,9 1,9 2,0 2,0 2,1 2,2 2,3 2,3 2,4 2,91,7 1,7 1,7 1,8 1,8 1,8 1,9 1,9 2,0 2,1 2,2 2,3 2,3 2,91,6 1,6 1,6 1,7 1,7 1,8 1,8 1,8 1,9 2,0 2,1 2,2 2,3 2,81,5 1,5 1,6 1,6 1,6 1,7 1,7 1,8 1,9 1,9 2,0 2,1 2,2 2,71,4 1,4 1,5 1,5 1,6 1,6 1,6 1,7 1,8 1,9 1,9 2,0 2,1 2,61,3 1,4 1,4 1,4 1,5 1,5 1,6 1,6 1,7 1,8 1,9 1,9 2,0 2,51,2 1,3 1,3 1,4 1,4 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 1,9 2,51,1 1,2 1,2 1,3 1,3 1,4 1,4 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2,41,0 1,1 1,2 1,2 1,2 1,3 1,3 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 1,8 2,30,9 1,0 1,1 1,1 1,2 1,2 1,2 1,3 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 2,20,8 1,0 1,0 1,0 1,1 1,1 1,2 1,2 1,3 1,4 1,5 1,5 1,6 2,10,7 0,9 0,9 1,0 1,0 1,0 1,1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,5 2,10,6 0,8 0,8 0,9 0,9 1,0 1,0 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 2,00,5 0,7 0,8 0,8 0,8 0,9 0,9 1,0 1,1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,9

Tabella 1.10: Valori limite della trasmittanza termicaUw in W/(m2K), per le chiusure trasparenti com-prensive degli infissi, per ampliamenti inferiori al 20% e per la ristrutturazione integraledegli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti di superficie utile nonsuperiore a 1000 m2

Valori limite della trasmittanza termicaU delle chiusure trasparentiZona climatica dall’1 gennaio 2008 dall’1 gennaio 2010

A 5,0 4,6B 3,6 3,0C 3,0 2,6D 2,8 2,4E 2,4 2,2F 2,2 2,0

Page 17: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 16

(mediante formule)14, ad altri abachi di ponti termici precalcolati oppure si rimanda alla la UNI ENISO 10211 (calcolo dettagliato dei ponti termici mediante simulazioni numeriche)15.

L’influenza globale dei ponti termici sulle dispersioni si aggira attorno al10 ÷ 15% e, ovviamen-te, aumenta al diminuire delle altre dispersioni. L’importanza dei ponti termici e data dal prodottolunghezza· trasmittanza lineicapertanto i piu importanti, per trasmittanza o per lunghezza, di solitosono i giunti orizzontali tra solai e pareti, i giunti verticali tra pareti esterne portanti ed i giunti tra telaidelle finestre e pareti. I ponti termici sono dannosi anche perche in corrispondenza ad essi si mani-festa un abbassamento della temperatura superficiale interna con conseguente aumento del rischio dicondensa superficiale e della formazione di muffe (umiditarelativa locale superiore all’80%); questoavviene anche per ponti termici di estensione trascurabile(ad esempio la giunzione tra tre pareti: dueverticali ed una orizzontale). Pertanto, e consigliabileadottare delle tecniche costruttive tali da evita-re i ponti termici, ad esempio con isolamenti aggiuntivi in corrispondenza dei giunti tra pareti ed incorrispondenza di cordoli e pilastri.

1.3 Calcolo della dispersione per strutture a contatto col terreno

A differenza di quanto succede per le pareti rivolte verso l’esterno, per calcolare correttamente gliscambi termici attraverso il terreno non si puo considerare il fenomeno stazionario, in particolare perle variazioni di temperatura esterna nell’arco dell’anno.Infatti, la profondita di penetrazione16 dellaoscillazione giornaliera e di pochi centimetri mentre quella annuale e dell’ordine dei metri.

Ad esempio, considerando un terreno costituito da ghiaia, le cui proprieta termofisiche sono ri-portate nella Tabella 1.11 si ha che la profondita di penetrazione giornaliera (con periodoτ 0 = 86400secondi) risulta:

δ =

√τ 0λ

πρc=

√2, 0 · 86400

3, 1416 · 2, 0 · 106= 0, 166 m

mentre la profondita di penetrazione annuale (τ 0 = 86400 · 365 secondi) e:

δ = 0, 166 ·√

365 = 3, 17 m

Per quanto riguarda questo tipo di strutture la norma di riferimento e la UNI EN ISO 13370. Inessa il flusso termico e calcolato sommando tre contributi:quello stazionario, quello dovuto alla varia-zione periodica della temperatura interna e quello dovuto alla variazione periodica della temperaturaesterna. In generale, quindi, il flusso attraverso il terreno, da intendersi come valore medio mensile,si esprime come segue:

ΦG = Hg(θi − θe) + Hpiθi cos

(2π

m − τ + α

12

)+ Hpeθe cos

(2π

m − τ − β

12

)(1.4)

dove:14Nel foglio aggiuntivo 3 (FA3) della Norma UNI 7357:1976 erano presenti formule per il calcolo semplificato dei

ponti termici ma tale Norma ed il foglio aggiuntivo corrispondente sono stati ritirati e pertanto non sono piu utilizzabili.15Esistono numerosi programmi per la simulazione numerica della conduzione del calore in 2D e 3D; tra questi si

segnala il software libero THERM specializzato per il calcolo 2D dei ponti termici, anche nei serramenti; THERM escaricabile, assieme ad altri programmi, dal sitohttp://windows.lbl.gov/ nella sezione software.

16La profondita di penetrazione di un’onda termica e la profondita alla quale l’ampiezza dell’oscillazione di temperaturaee−1 volte l’ampiezza in superficie; tale parametro e un indice di quanto l’onda termica si smorza all’interno del materiale(nel nostro caso nel terreno).

Page 18: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 17

Hg coefficiente di dispersione attraverso il terreno in regimestazionario;

θ temperature medie annuali;

Hpi coefficiente di dispersione termica periodica per le variazioni di temperatura interna;

θi ampiezza di oscillazione della temperatura interna;

Hpe coefficiente di dispersione termica periodica per le variazioni di temperatura esterna;

θe ampiezza della variazione della temperatura media mensiledell’aria esterna rispetto al valoremedio annuale: tale ampiezza e definita come la meta della differenza tra i valori massimo eminimo delle temperature medie mensili;17

m numero del mese (1 per gennaio, 12 per dicembre);

τ numero del mese in cui si verifica il minimo della temperaturaesterna;

α mesi di anticipo tra il ciclo del flusso termico e il ciclo della temperatura interna (solitamenteα = 0);

β mesi di ritardo tra il ciclo del flusso termico e il ciclo dellatemperatura esterna (solitamenteβ = 1);

Per la valutazione del flusso massimo nella 1.4 si puo prescindere dal contributo dovuto allaoscillazione della temperatura interna e pertanto si ha:

ΦG,max = Hg(θi − θe) + Hpeθe (1.5)

La trasmittanza termica delle strutture a contatto col terreno e definita solo per il regime stazio-nario, con riferimento all’area della superficie orizzontale e tiene conto della presenza del terreno. Sitratta pertanto di una trasmittanza equivalente18.

E evidente che il flusso e espresso piu correttamente con la1.4 che mediante la solaUeq. Il coef-ficiente di dispersione attraverso il terreno in regime stazionarioHg oltre alla dispersione attraversol’area del pavimento deve tener conto anche della dispersione perimetrale attraverso il ponte termicoparete–pavimento:

Hg = AUeq + PΨg (1.6)

doveΨg rappresenta la trasmittanza lineare del ponte termico parete–pavimento.Per la determinazione dei parametriHg, Hpi edHpe la norma prende in esame tre diversi schemi

di riferimento ai quali si devono ricondurre eventuali altri casi:

• pavimento appoggiato sul terreno;

• pavimento su spazio aerato;

• pavimento e pareti di vano interrato.

Per schematizzare il problema viene introdotta la dimensione caratteristica del pavimento definitacomeB′ = 2A/P doveP rappresenta il perimetro del pavimento edA l’area. Inoltre, viene definitouno spessore equivalente di terreno che rappresenta lo spessore di terreno che manifesta la stessaresistenza termica delle resistenze che il flusso termico incontra in aggiunta rispetto al caso ideale in

17Le temperature medie mensili si ricavano dalla UNI 10349.18Nella Norma UNI EN ISO 13370 questa trasmittanza equivalente e indicata col semplice simboloU .

Page 19: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 18

cui le temperature sono imposte sulle superfici e il pavimento e a contatto diretto con l’esterno Figura1.5:

dt = w + λ(Rsi + Rf + Rse)

dove:

w spessore delle pareti verticali,

λ conduttivita termica del terreno,

Rsi = 1hi

resistenza termica specifica sulla superficie interna,

Rf resistenza termica specifica del componente che costituisce il pavimento (floor), essa com-prende la resistenza termica di ogni strato uniforme di isolamento sopra, sotto o interno allasoletta del pavimento, e quella di eventuali rivestimenti.La resistenza termica di solette dicalcestruzzo pesante e di rivestimenti sottili puo esseretrascurata;

Rse = 1he

resistenza termica specifica sulla superficie esterna;

un alto valore didt corrisponde a un’elevata resistenza termica tra interno edesterno. Le formule daapplicare sono differenti per pavimenti non isolati o poco isolati (condt < B′) e quelli bene isolati(condt ≥ B′). Per i valori della conducibilita termicaλ e della capacita termica per unita di volumedel terrenoρc si possono assumere i valori riportati in tabella 1.11.

Rf

Rsi

Rw

Rse

������������������������������������

������������������������������������

w

Figura 1.5: Pavimento appoggiato sul terreno, resistenze termiche

Tabella 1.11: Proprieta termofisiche del terreno, valori della conducibilita termicaλ e della capacitatermicaρc per unita di volume

Descrizione λ ρc[W/(m · K)] [J/(m3· K)]

argilla o limo 1,5 3,0·106

sabbia o ghiaia 2,0 2,0·106

roccia omogenea 3,5 2,0·106

1.3.1 Pavimento a livello del terreno esterno

E il caso in cui la struttura del pavimento e posata allo stesso livello del terreno, senza interramenti osopraelevazioni. Sono considerati pavimenti controterrai pavimenti costituiti da una lastra a contatto

Page 20: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 19

con il terreno su tutta la sua superficie, siano essi sostenuti o meno dal terreno su tutta la loro area,situati allo stesso livello, o in prossimita, del livello della superficie del terreno esterno (Figura 1.6).Tali pavimenti possono essere privi di isolamento o uniformemente isolati (sopra, sotto o internamentealla soletta) su tutta la loro area.�����������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������������int.est.

w Linee di flusso���������������������������������������������������������

Figura 1.6: Schema di riferimento per i pavimenti a livello del terreno esterno

Nel caso di pavimenti non isolati o moderatamente isolati (condt < B′) si ha:

Ueq = U0 =2λ

π B′ + dt

ln

(π B′

dt

+ 1

)

mentre nel caso di pavimenti bene isolati (condt ≥ B′) l’espressione della trasmittanza si semplificacome segue:

Ueq = U0 =λ

0, 457 B′ + dt

In localita dal clima particolarmente rigido talvolta si adottano isolamenti aggiuntivi perimetraliin tal caso le espressioni precedenti diventano.

Ueq = U0 +∆Ψ P

A= U0 + 2

∆Ψ

B′

Dove ∆Ψ e il coefficiente che tiene conto dell’isolamento aggiuntivo sul perimetro (tipico diedifici costruiti nei climi nordici). Notare che∆Ψ e negativo perche l’isolamento aggiuntivo riduce ilflusso termico disperso verso l’esterno.19

19Nel caso in cui l’isolamento aggiuntivo sia disposto orizzontalmente (Figura 1.7 a) si ha:

∆Ψ = −λ

π

[ln

(D

dt

+ 1

)− ln

(D

dt + R′λ+ 1

)]

dove:R′ e la resistenza dovuta allo strato di isolante aggiuntivo

R′ =dis

λis

− dis

λ

Nel caso in cui l’isolamento aggiuntivo sia disposto verticalmente a ridosso della fondazione (Figura 1.7 b) si ha:

∆Ψ = −λ

π

[ln

(2D

dt

+ 1

)− ln

(2D

dt + R′λ+ 1

)]

Page 21: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 20

����������

������������

������������

D

b)

isdD

a)

Figura 1.7: Schema di riferimento per l’isolamento aggiuntivo: a) orizzontale, b) verticale

Per il caso di pavimento a livello del terreno, ai fini del calcolo dei flussi, il coefficiente didispersione termica in regime stazionario e:

Hg = AUeq + PΨg = AU0 + P (Ψg + ∆Ψ)

mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno (per le variazioni annuali di tempe-ratura esterna), in assenza di isolamento perimetrale aggiuntivo, e:

Hpe = 0, 37Pλ ln(δ

dt+ 1)

doveδ e la profondita di penetrazione dell’onda termica annuale i cui valori, per i tipi di terrenoconsiderati, sono riportati nella Tabella 1.12. Per l’espressione diLpe in presenza di isolamentoperimetrale aggiuntivo, trattandosi di caso poco comune per i nostri climi, si rimanda alla NormaUNI EN 13370.

Tabella 1.12: Profondita di penetrazione della componente periodica annualeTipo di terreno δ (m)argilla o limo 2,2

sabbia o ghiaia 3,2roccia omogenea 4,2

1.3.2 Pavimento su spazio aerato (intercapedine ventilata)

Sono considerati pavimenti su spazio aerato o intercapedine i pavimenti che si trovano sollevati dalterreno e staccati da questo mediante una cavita, per esempio un assito o un pavimento in latero-cemento con un vuoto sanitario o un vano sottopavimento (Figura 1.8). Questo punto fa riferimentoa pavimenti su intercapedine di tipo convenzionale in cui lospazio aerato sotto il pavimento e venti-lato naturalmente con aria esterna. Per il caso in cui la ventilazione dello spazio sottopavimento siameccanica, o vi sia una portata nota, si rimanda alla norma.

L’aria sottostante viene considerata come un’intercapedine ventilata. Si definisce la trasmittanzadovuta al contributo del solaio unito a quello dello spazio areato:

1

Ueq=

1

Uf+

1

Ug + Ux

dove:

Page 22: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 21

��������������������������������������������

��������������������������������������������

���������������������������������������������

���������������������������������������������

���������������������������������

���������������������������������

����������������

����������������

������������

������������

int.est.

ventilazione

������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������

z

Figura 1.8: Schema di riferimento per pavimenti su spazio aerato o intercapedine

Uf e la trasmittanza termica della parte sospesa del pavimento, (tra l’ambiente interno e lo spaziosottopavimento);

Ug e la trasmittanza attraverso il terreno per il fondo del vano aerato (analoga adU0 nel caso dipavimento a livello del terreno;

Ux e la trasmittanza termica equivalente che tiene conto dello scambio termico attraverso le paretidell’intercapedine e dell’effetto della ventilazione dello stesso spazio aerato.

La trasmittanzaUg si calcola come:

Ug =2λ

π B′ + dtln

(π B′

dt+ 1

)

mentre il coefficienteUx si ottiene dalla seguente relazione:

Ux =2zUw

B′+ 1450ǫ v

fv

B′

dove:

Uw trasmittanza delle pareti verticali

ǫ area delle aperture di ventilazione per metro lineare di perimetro[m2/m]

z altezza del pavimento

v velocita media del vento alla quota di 10 m, da UNI 10349

fv coefficiente di protezione al vento (dalla norma):fv = 0, 02 in centri abitati,fv = 0, 05 inperiferia,fv = 0, 10 in zone rurali.

1450 fattore numerico che tiene conto della capacita termica dell’aria per unita di volume quandola trasmittanza e espressa in W/(m2 K).

Per il calcolo dei flussi, il coefficiente di accoppiamento termico in regime stazionario si ricavacon la?? :

Hg = AUeq + PΨg

mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno e:

Hpe = Uf0, 37Pλ ln(δ/dt + 1) + UxA

λ/δ + Ux + Uf

Page 23: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 22

1.3.3 Piano interrato

Qui si fa riferimento al calcolo delle dispersioni per un edificio che abbia dei locali che siano comple-tamente o parzialmente a livello inferiore a quello del terreno esterno (Figura 1.9). I concetti di basesono analoghi a quelli introdotti per i pavimenti controterra, ma si tiene conto della:

- profonditaz del pavimento del piano interrato rispetto al livello del terreno;

- possibilita di diversi livelli di isolamento applicati alle pareti e al pavimento del piano interrato.

Se z varia lungo il perimetro dell’edificio, per il calcolo si deve assumere un valore medio. Latrasmittanza equivalente si calcola come:

Ueq =AUbf + zPUbw

A + zP

Il primo contributo per vani interrati con pavimenti non isolati o poco isolati (dt+z/2 < B′) si calcolacome:

Ubf =2λ

π B′ + dt + z/2ln

(π B′

dt + z/2+ 1

)

mentre per pavimenti ben isolati (condt + z/2 ≥ B′) si ha

Ubf =λ

0, 457 B′ + dt + z/2

di fatto sono le stesse formule viste in precedenza per il pavimento a livello del terreno in cuidt esostituito dadt + z/2.

Il secondo contributo, che tiene conto delle pareti verticali, e pari a:

Ubw =2λ

π z

(1 +

dt/2

dt + z

)ln

(z

dw+ 1

)

condw = λ(Rsi +Rw +Rse) spessore equivalente di terreno per le resistenze termichecorrispondentialle pareti verticali. Nella espressione diUbw compaiono siadt chedw e solitamente si hadw ≥ dt.Se tuttavia risultadw < dt nella precedente formula si deve sostituiredt condw.

����

����

����������������������������

����������

z

Figura 1.9: Pavimento interrato, geometria e grandezze caratteristiche

Per il calcolo dei flussi, il coefficiente di accoppiamento termico in regime stazionario e:

Hg = AUbf + zPUbw

Page 24: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 23

mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno e:

Hpe = 0, 37Pλ

[2(1 − e−z/δ) ln

dw

+ 1

)+ e−z/δ ln

dt

+ 1

)]

Si ricorda che le parti di pareti verticali sporgenti dal terreno si trattano come pareti rivoltedirettamente all’esterno.

1.3.4 Flussi termici attraverso il terreno per singoli vani

Il flusso termicoΦG ricavato nei paragrafi precedenti e relativo a tutta la superficie del pavimento,spesso pero e necessario calcolare il flusso termico disperso da ogni singolo vano, ad esempio perdimensionare i singoli terminali di erogazione dell’energia temica. La norma UNI EN ISO 13370 adifferenza della UNI 10346 contempla una procedura per la suddivisione del flusso totaleΦt in duecontributi, perimetraleΦe e centraleΦm relativi rispettivamente agli ambienti con e senza parte delperimetro sul bordo esterno dell’edificio.

Φt = Φe + Φm (1.7)

il flusso perimetrale si ricava come:

Φe = ΦtAe

Amb + dt

0, 5B′ + dt+ Ae

dove:

Ae e la superficie totale del pavimento dei vani in corrispondenza del perimetro dell’ edificio;

Am e la superficie totale del pavimento dei vani centrali dell edificio;

b e la larghezza media dei vani perimetrali dell’edificio;

B′ e la dimensione caratteristica dell’intero pavimento

Il flusso centrale si ottiene quindi dalla (1.7)

Φm = Φt − Φe

pertantoqe = Φe/Ae

qm = Φm/Am

dove:

qe e la densita del flusso termico per vani in corrispondenza del perimetro dell edificio;

qm e la densita di flusso termico per vani centrali dell edificio;

Page 25: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 24

1.4 Calcolo della dispersione attraverso vani non riscaldati

Analogamente a quanto fatto in precedenza, nel caso delle dispersioni attraverso vani non riscaldatisi definisce un coefficiente di dispersioneHu che ha le dimensioni di una potenza per unita di saltotermico tale che, dettaΦu la potenza dispersa attraverso i vani non riscaldati, risulta:

Φu = Hu∆θ (1.8)

dove Hu e il coefficiente di dispersione tra interno ed esterno, attraverso il vano non riscaldato(potenza per unita di salto termico), calcolata con l’analogia elettrica come presentato in figura 1.10.

Con riferimento alla figura ed all’analogia elettrica si pu`o evidenziare il significato del coefficientedi dispersioneHu, infatti:

Ru = Riu + Rue

dove il pediceiu si riferisce ai termini relativi agli scambi tra ambiente interno e vano non riscaldatoed il pediceue si riferisce ai termini relativi agli scambi tra vano non riscaldato e ambiente ester-no. Pertanto,Riu e la resistenza tra interno e vano non riscaldato,Rue e la resistenza tra vano nonriscaldato ed esterno. La resistenza totale saraRu = Riu + Rue e quindi:

Hu =1

Rie

Hiu =1

Riu; Hue =

1

Rue

Hu =HiuHue

Hiu + Hue

Separando i termini di trasmissioneHT,iu e HT,ue da quelli di ventilazioneHV,iu e HV,ue, si puoscrivere:

Hiu = HT,iu + HV,iu

Hue = HT,ue + HV,ue

Dal calcolo dei coefficienti di dispersioneH, eguagliando il flusso che dall’interno viene ceduto alvano non riscaldato e da questo all’esterno, si puo anche determinare il valore della temperatura delvano non riscaldato, che diviene:

������������������������������������

������������������������������������

Interno

Locale non

Esterno

riscaldato

Riu Rue

θ i θeθu

Figura 1.10: scambi termici con ambienti non riscaldati, rete resistiva equivalente

Page 26: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 25

θu = θi −Hu

Hiu(θi − θe)

E questo un modo mediante il quale si puo valutare la frazione della dispersione attraverso il localenon riscaldato che compete ad una parte dell’edificio (es. unappartamento che disperde verso un vanoscale condominiale), cosı indicando col pedice aggiuntivo j la frazione che si vuole calcolare, si avra:

Φuj = (UjAj + mujcpa)(θi − θu) = Hiuj(θi − θu)

dovemuj rappresenta la portata d’aria scambiata tra laj−esima porzione dell’edificio ed il vano nonriscaldato,cpa il calore specifico a pressione costante dell’aria mentre gli altri simboli hanno il solitosignificato.

Nella fase di calcolo delle potenze disperse per il dimensionamento dei corpi scaldanti e benetener conto anche delle dispersioni verso ambienti appartenenti ad altre unita abitative o comunqueriscaldati ma non sotto il controllo della stessa utenza della quale si sta valutando la potenza. Questo enecessario perche le altre utenze potrebbero essere spente (appartamenti sfitti, uffici vuoti, ecc.). Que-sta situazione andrebbe affrontata considerando i locali adiacenti come vani non riscaldati, ma l’oneredi calcolo aumenta considerevolmente. La norma europea UNIEN 12831 consiglia di considerarlicome vani a temperatura fissa. Per i dettagli fare riferimento al paragrafo successivo.

1.5 Calcolo della dispersione verso vani a temperatura fissata

Analogamente a quanto fatto in precedenza, nel caso delle dispersioni verso vani a temperatura fissata,si definisce un coefficiente di dispersioneHT,ij = HA che ha le dimensioni di una potenza per unitadi salto termico tale che, dettaφA la potenza dispersa verso tali ambienti risulta:

ΦA = HA(θi − θA) (1.9)

doveHA e il coefficiente di dispersione tra interno e vano a temperatura fissata, (potenza per unita disalto termico),θi e la temperatura del vano di cui si sta calcolando il carico eθA e la temperatura delvano adiacente.

Un caso comune di scambio termico tra vani a temperatura diversa e controllata e, ad esempio,quello tra i bagni, le stanze adiacenti e viceversa (per i bagni si assumeθi = 24◦C). In fase progettualele potenze provenienti dai bagni si possono trascurare in quanto entranti, mentre nel dimensionamentodei corpi scaldanti dei bagni e bene tener conto, almeno in modo approssimato, delle potenze disperseverso i locali riscaldati ma a temperatura inferiore.

Un altro caso ricorrente di vano adiacente che, secondo la UNI EN 12831 puo essere considerato atemperatura fissata e quello di vani adiacenti appartenenti ad altra unita abitativa. L’approccio adottatonella Norma e riassunto nella Tabella 1.13.

In pratica la temperatura del vano adiacente si ottiene da uncalcolo solo nel caso in cui il vano diriferimento ed il vano adiacente appartengano ad unita immobiliari diverse ma dello stesso edificio.Per il calcolo si distinguono due casi:

a) case destinate ad occupazione prevalentemente continua;

b) case destinate ad occupazione saltuaria (per esempio case per vacanza).

Page 27: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 26

Tabella 1.13: Valori di temperatura dei vani adiacenti

Calore scambiato tra il vano oggetto di calcolo e un locale adiacenteall’interno della stessa appartenente ad un’altra appartenente ad un altrounita immobiliare unita immobiliare edificio

dello stesso edificioθA deve essere specificata: Ove non stabilito contrattualmente–ad esempio bagni o depositiθA si calcola come temperatura esterna media annuale–influenza del gradiente di di seguito specificato θA = θme

temperatura verticale

Nel caso (a) si ipotizza che tutte le unita immobiliari dell’edificio siano riscaldate tranne quella in cui esituato il vano adiacente. Nel caso (b) si ipotizza che l’unica unita immobiliare riscaldata dell’edificiosia quella in cui e situato il vano riscaldato. In entrambi icasi si dovrebbe poi procedere come per gliscambi attraverso vani non riscaldati ma escludendo il contributo della ventilazione (anche dai vaninon riscaldati verso l’esterno), determinando la temperatura del vano adiacente. Nel caso (a) si puoesprimere la temperatura del vano adiacente nel modo seguente:

θA,a = θi − ba(θi − θe)

con

ba =

∑e SeUe∑

i SiUi +∑

e SeUe

dove

Se sono le superfici del locale adiacente appartenente ad un’altra unita immobiliare, rivolte versol’esterno;

Ue sono le trasmittanze delle pareti di superficieSe;

Si sono le superfici del locale adiacente appartenente ad un’altra unita immobiliare, rivolte versounita immobiliari riscaldate;

Ue sono le trasmittanze delle pareti divisorie di superficieSi.

Per gli edifici di cui al caso (b) l’ipotesi convenzionale ai fini del calcolo e che l’unita immobiliaredi cui si effettua il calcolo delle dispersioni sia l’unica riscaldata, per cui la temperatura delle unitaimmobiliari adiacenti e:

θA,b = θi − bb(θi − θe)

con

bb =

∑E SEUE∑

AR SARUAR +∑

E SEUE

dove

SE sono le superfici della parte non riscaldata dell’edificio (escluse quindi quelle dell’unitaimmobiliare riscaldata) rivolte verso l’esterno;

UE sono le trasmittanze delle pareti di superficieSE;

Page 28: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 27

SAR sono le superfici dell’unita immobiliare riscaldata, adiacenti ad altre unita immobiliari rite-nute non riscaldate;

UAR sono le trasmittanze delle pareti divisorie di superficieSAR.

Il limite inferiore di θA,b, quindi nel caso di edifici destinati ad occupazione saltuaria, e la tempera-tura antigelo di 4◦C, che il progettista dovra garantire, con sistemi automatici, nelle unita immobiliarinon riscaldate.

Fortunatamente, in alternativa a questa procedura onerosa, la Norma UNI EN 12831 non escludel’uso di un metodo semplificato per la determinazione dei coefficienti b, avvalendosi di un prospettopresentato nella Norma e qui riportato in Tabella 1.14. Il prospetto fornisce i coefficientiba in funzionedella percentuale di superficie dell’unita immobiliare adiacente rivolta verso l’esterno e del rapportofra le trasmittanze delle pareti interne ed esterne ed i coefficienti bb esclusivamente nella riga relativaalla percentualeP pari all’80%.

Tabella 1.14: Coefficiente di posizionebCoefficiente di posizioneb

P R = Ui,m/Ue,m < 2 2 ≤ R = Ui,m/Ue,m ≤ 3 R = Ui,m/Ue,m > 3(%) (poco isolato) (isolato) (molto isolato)10 0,08 0,05 0,0320 0,15 0,10 0,0530 0,22 0,16 0,1140 0,30 0,22 0,1650 0,40 0,28 0,2260 0,50 0,40 0,3070 0,60 0,50 0,4080 0,74 0,63 0,5390 0,86 0,78 0,72

1.6 Potenza dispersa per ventilazione

Per il calcolo delle potenze disperse da un vano, si deve tener conto della potenza dispersa per venti-lazione come indicato dal termineΦV,i nell’equazione 1.1. Tale potenza e costituita dalla differenzatra i flussi di entalpia associati alla portata d’aria che esce dal locale alla temperaturaθi ed entra allatemperaturaθe. Per il singolo vano, omettendo il pedicei, abbiamo:

ΦV = mcpa(θi − θe) = ρV cpa(θi − θe)

con l’ipotesi di poter scrivere la differenza di entalpia specifica dell’aria comehi −he = cpa(θi − θe).La portata volumicaV si puo esprimere come:

V = n · V

conV volume netto del locale, edn tasso di rinnovo dell’aria che esprime il numero di ricambi/ora,cioe il numero di volte che in un’ora si rinnova l’aria del locale.

Page 29: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 28

Inserendo nell’espressione precedente i valori numericicpa = 1006 J/kgK eρa = 1, 2 kg/m3 siottiene

ΦV = 0, 34nV (θi − θe) [W ] (1.10)

Evidentemente nella 1.10 il volume netto deve essere espresso in m3. Anche in questo caso si puointrodurre un coefficiente di dispersione per ventilazioneHV

ΦV = HV (θi − θe)

dalla (1.10) si ottiene infine:HV = 0, 34 n V [W/K] (1.11)

Per gli edifici civili si assume convenzionalmente un numerodi ricambi minimo pari anmin = 0, 5.Per il dimensionamento dei terminali di impianto, in alcunivani con destinazioni d’uso particolariil numero di ricambi d’aria puo essere maggiore. Come riferimento si possono assumere i valoririportati nella Tabella 1.15 tratta dall’Allegato nazionale del gia citato progetto di norma prEN 12831.

Tabella 1.15: Tasso minimo di rinnovo d’aria esterna per edifici residenziali,nmin

Tipo di locale n (h−1)Locali di abitazione (default) 0,5

Cucine 1,5Bagni 2,0

Per altre destinazioni d’uso, vedi norma UNI 10379.In realtan dipende dalle caratteristiche di permeabilita all’aria dell’edificio e dal comportamento

delle persone (vedi UNI 10379-2005). La permeabilita all’aria dell’edificio puo essere valutata infunzione della portata d’aria misurata sperimentalmente imponendo un salto noto di pressione trainterno ed esterno, mediante un ventilatore; il salto di pressione imposto e di solito pari a 50 pascaled il corrispondente ricambio d’aria misurato viene indicato con il simbolon50.

Il rinnovo dell’aria negli ambienti frequentati dalle persone, pur essendo fonte di dispersioni, vagarantito ad un livello sufficiente a fornire l’ossigeno peril metabolismo, funzione anche dell’attivitache vi si svolge. Negli edifici per la cui conformazione l’aria che si infiltra naturalmente dall’esternoha difficolta a raggiungere in quantita sufficiente tutti gli ambienti interni20 e necessario predisporredei sistemi di ventilazione forzata (canalizzazioni e ventilatori) che garantiscano una portata adeguatad’aria esterna. In tal caso la portata d’aria da considerareper il calcolo delle dispersioni e:

V = Vmec + Vinf

doveVmec rappresenta la portata garantita dal sistema meccanico di ventilazione forzata eVinf e laportata d’aria dovuta alle infiltrazioni che si sovrappone aquella forzata; quest’ultima puo esserespesso considerata nulla.

Per ridurre le potenze disperse, l’impianto di ventilazione forzata puo essere dotato di un recupe-ratore21. I recuperatori per gli impianti di ventilazione sono, di solito, scambiatori di calore a flussi

20Sono di solito edifici caratterizzati da grandi dimensioni in pianta con destinati ad uso uffici o ad uso commerciale.21Come si vedra piu avanti nel capitolo relativo ai consumi,in presenza di un sistema di ventilazione forzata con grosse

portate d’aria e per climi rigidi l’installazione del recuperatore e obbligatoria per legge.

Page 30: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE 29

incrociati. La capacita di recupero e rappresentata dalla efficienzaηV definita come rapporto tra ilcalore recuperatoΦr ed il massimo calore recuperabileΦr, max.

Con riferimento allo schema di Fig. 1.11, tenuto conto che laportata espulsa e quella introdottasono praticamente uguali, possiamo scrivere:

ηV =Φr

Φr,max=

θim − θe

θi − θe

Pertanto il flusso disperso per ventilazione risulta:

ΦV = mcpa(θi − θim) = 0, 34nV (1 − ηV )( [W]

In pratica e come se i ricambi d’aria fossero ridotti an(1 − ηV ).

m.

m.

θ

θi

e

θim

Figura 1.11: Schema di recuperatore a flussi incrociati

1.7 Considerazioni finali

Per ragioni legate a esigenze di predimensionamento della caldaia oppure di stime di massima dellepotenze in gioco, l’equazione 1.1 e spesso applicata ad unaintera unita abitativa o addirittura ad unintero edificio. In questo caso la potenza di riscaldamento da attribuire ad ogni singola stanza sipuo ottenere approssimativamente con una ridistribuzione dei carichi. Ad esempio, con riferimentoall’insieme dei locali riscaldati da un unico impianto di riscaldamento, si puo risalire alla potenzanecessaria alla singolai−esima stanza rapportandosi allasuperficie disperdenteed al volumediquest’ultima:

• ΦT va diviso per im2 di superficie totale disperdente, ottenendo unindice superficialedellapotenza dispersa.

• ΦV va diviso per im3 di volume totale dell’edificio, ottenendo unindice volumicodella potenzascambiata per ventilazione.

Si ottiene

Φi = ΦT,i + ΦV,i = ΦT (Si

Stot) + ΦV (

Vi

Vtot)

A questo punto e possibile dimensionare in maniera opportuna i terminali.

Page 31: Dispensa Impianti 1

Capitolo 2

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

Dal calcolo delle dispersioni si e ottenuta lapotenza necessariaper il riscaldamento dei singoli locali:

Φ = ΦT + ΦV

Tale potenza e ricavata in regime stazionario, senza tenerconto del funzionamento dei corpi scaldantie delle modalita di controllo della temperatura ambiente.Ogni tipologia di terminale dell’impiantotrasferisce calore all’ambiente secondo modalita che, per mantenere la temperatura interna al valoredi progetto, richiedono una potenza maggiore di quella calcolata idealmente secondo l’espressioneprecedente. Ad esempio, un radiatore posto in corrispondenza di una parete esterna scalda la pareteposteriore ad una temperatura maggiore di quella che si avrebbe se la parete scambiasse calore conl’aria ambiente e per irraggiamento con le altre pareti; questo comporta una maggior dispersionerispetto ai valori calcolati. Anche il sistema di regolazione e controllo della temperatura interna degliambienti puo dare luogo a disuniformita di temperatura che comportano maggiori dispersioni. Leinefficienze legate allo scambio termico tra i terminali e l’ambiente vengono valutate mediante uncoefficienteηe < 1 detto rendimento di emissione, le inefficienze dovute al sistema di regolazionee controllo vengono valutate mediante un coefficienteηc < 1 detto rendimento di regolazione. Aqueste considerazioni si deve aggiungere che i calcoli possono contenere errori o anche le condizioniin opera possono non corrispondere a quelle di calcolo, ad esempio possono mancare parti di isolantenelle pareti. Per ovviare a cio si consiglia di aumentare ulteriormente la potenza con un coefficientedi sicurezzaCs ≃ 1, 20. Inoltre, si deve prevedere che i locali possano essere riscaldati a partire dacondizioni di temperatura interna sensibilmente inferiore di quella di progetto, ad esempio a causadella intermittenza o attenuazione del funzionamento durante la notte o i fine settimana. Affinchela temperatura interna possa raggiungere il valore di progetto (di benessere)in tempi accettabili lapotenza da fornire deve essere superiore a quella calcolatatramite la 1.1, secondo la Norma UNIEN 12831, alla potenza calcolata in regime stazionario rappresentata dalla 1.1 si somma una potenzadi ripresaΦRH ottenuta da potenze specifiche fornite dalla Norma. In Tabella 2.1 sono riportati ivalori di fRH per gli edifici residenziali. La maggiorazione per il preriscaldamento deve essere tantopiu grande quanto piu elevata e l’inerzia termica interna dell’ambiente e quanto minore e il temporichiesto per il raggiungimento della temperatura di progetto1.

Percio, la potenza che il corpo scaldante deve fornire al locale si puo esprimere come:

Φcs =Φ

ηeηc

+ ΦRH

1Secondo la normativa UNI EN 12828:2005 (Impianti di riscaldamento negli edifici – Progettazione dei sistemi diriscaldamento ad acqua), la maggiorazione si fa mediante unfattore di progetto per il carico termicofHL maggioredell’unita

30

Page 32: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 31

dove:

Φcs potenza del corpo scaldante

Φ potenza ideale richiesta dall’ambiente

ηe rendimento di emissione

ηc rendimento di regolazione

Ci coefficiente di intermittenza

Cs coefficiente di sicurezza

ΦRH potenza di ripresa

La potenza di ripresa viene espressa come:

ΦRH = fRH · Ap

doveAp e l’area di pavimento del locale da riscaldare.I corpi scaldanti sono collegati al sistema di generazione della potenza termica (caldaie, pompe

di calore o altri sistemi) mediante una rete di distribuzione del fluido termovettore (acqua o aria)di solito organizzata per zone termiche. Le reti di distribuzione pur essendo obbligatoriamente coi-bentate hanno delle dispersioni verso l’esterno che dipendono anche dalle caratteristiche delle zonetermiche e possono essere consistenti. Di questa inefficienza si tiene conto mediante un rendimentodi distribuzioneηd < 12. La potenza termica da fornire alla singola zona termica si puo esprimerecome:

Φz =

ncs∑

j=1

Φcs,j

dovencs e il numero di corpi scaldanti della zona. E’ possibile cos`ı risalire alla potenza della caldaia(del sistema di generazione)Φg.

Φg ≥nz∑

k=1

Φz,k

ηd,k

dove

nz numero di zone servite dall’impianto;

Φz,k potenza termica dellak−esima zona;

ηd,k rendimento di distribuzione dellak−esima zona.

La potenza del sistema di generazione calcolata in questo modo puo risultare eccessivamentesovrastimata soprattutto se si tratta di un impianto centralizzato con numerose utenze. Ad esempio,una sovrastima puo derivare dal calcolo delle dispersionise si sono previste dispersioni tra i localidi una utenza e quella di un’altra adiacente, supposta spenta; nel caso qualche utenza sia spenta,la potenza non utilizzata da queste resta a disposizione peril riscaldamento delle utenze collegatee attive, senza necessita di incrementi. Pertanto per il calcolo della potenza del generatore questedispersioni e tutte le altre tra vani riscaldati, serviti dallo stesso impianto, non sano da considerare.

Nel seguito si studiano i diversi tipi di terminali d’impianto e le differenze che comportanosull’impianto. Per cominciare si studiano gli impianti a radiatori che rappresentano il caso piucomune.

2I valori da utilizzare per i rendimenti di emissione, regolazione e distribuzione sono riportati nella Norma UNI/TS11300-2.

Page 33: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 32

Tabella 2.1:Fattori di ripresafRH per edifici residenziali - Abbassamento notturno massimo di8 ore

Tempo di ripresa fRH (W/m2)(h) Caduta di temperatura impostata per l’attenuazione (K)1

1 2 3massa dell’edificio massa dell’edificio massa dell’edificio

alta alta alta1 11 22 452 6 11 223 4 9 164 2 7 13

1) Negli edifici ben isolati e a buona tenuta all’aria e moltoimprobabile che la temperaturaambiente discenda durante l’abbassamento notturno di oltre 2 K o 3 K.La discesa dipendera comunque dalle condizioni climatiche e dalla massa termica dell’edificio.

radiatoreSezione

Figura 2.1: tipica sezione di radiatore

2.1 Impianto a RADIATORI

I radiatori sono i corpi scaldanti piu diffusi, sono realizzati in lamiera d’acciaio stampata oppure inghisa o in alluminio pressofuso, quelli ottenuti da fusioneo pressofusione sono modulari. Ilradiatore,a dispetto del nome, e un terminale d’impianto che scambia calore prevalentemente per convezione,mentre scambia perirraggiamento meno del20% della potenza totale. La superficie utile all’irrag-giamento e solo la frontale, mentre per la convezione contala superficie totale del radiatore che neimoderni modelli in commercio supera di molto quella frontale come si puo intuire dalla Fig. 2.1.Attualmente il dimensionamento del corpo scaldante non viene piu effettuato in funzione della super-ficie frontale, come in passato, bensı in funzione dellaresa termica del radiatore, cioe della potenzanominaleΦn, usualmente indicata dal produttore sui cataloghi. Tale valore e ottenuto da prove di la-boratorio secondo procedure normalizzate ed e espressa infunzione della differenza tra la temperaturamedia dell’acqua e la temperatura dell’ambiente

La normativa attuale prevede che le prove siano condotte conl’acqua in mandata alla temperaturaθm = 75oC e acqua al ritorno alla temperaturaθr = 65oC ed una temperatura dell’ambiente di provaθa = 20oC. Questo porta ad una differenza di temperatura tra la temperatura media dell’acqua el’ambiente∆θn pari a:

∆θn =(θm + θr)n

2− θa = 50K

La temperaturaθa e la stessa per l’aria e per le pareti della camera di prova3. In ogni caso le nor-me prevedono che la resa termica dei radiatori in condizionioperative diverse da quelle di prova sipossano determinare secondo una relazione del tipo:

3La precedente normativa invece prevedevaθm = 85oC e∆θn = 60K con l’ambiente sempre aθa = 20oC. Talvoltasi possono trovare ancora cataloghi di radiatori basati sulla precedente normativa.

Page 34: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 33

Φ = C(∆θ)n

dove

C e un coefficiente caratteristico di ciascun radiatore;

n e un esponente che viene determinato durante le prove di laboratorio e che viene riportato neicataloghi;

∆θ e la differenza di temperatura tra il radiatore e l’ambiente (temperatura operante):

∆θ =θm + θr

2− θa.

Applicando la relazione precedente anche alle condizioni di prova si puo eliminare il coefficienteC e ottenere:

Φ = Φn

(∆θ

∆θn

)n

Nei cataloghi sono riportati i valori diΦn e dell’esponenten, oltre alle condizioni di temperaturautilizzate per valutare la resa.

2.1.1 Osservazioni sul valore dell’esponenten

L’esponenten risulta approssimativamente compreso tra5/4 e 4/3 in quanto la resa dipende preva-lentemente dallo scambio per convezione naturale. A seconda della conformazione del radiatore esoprattutto dell’altezza, la convezione tendera al regime laminare piuttosto che a quello turbolento.Infatti, a parita delle altre condizioni, i radiatori di altezza maggiore hanno potenze rese maggiori,poiche la superficie di convezione e piu’ alta e si ha una superficie piu ampia su cui si puo sviluppareil regime di moto turbolento. Nello scambio convettivo infatti si ha:

h =Nu λ

H

con h coefficiente di scambio convettivo,H altezza di riferimento. Inoltre, nella convezionenaturale si ha:

Nu = c (Gr · Pr)p = Rap con

{p = 1/4 seRa < 109 regime di moto laminarep = 1/3 seRa > 109 regime di moto turbolento

dove

Ra = Gr · Pr =gβ∆θH3

ν2· ν

a

cona diffusivita termica eν viscosita cinematica.Pertanto, per il flusso termico convettivoΦc avremo:

Φc = hAc∆θ ∝ ∆θ(p+1) =

{∝ ∆θ(5/4) in regime di moto laminare∝ ∆θ(4/3) in regime di moto turbolento

doveAc rappresenta l’area di scambio convettivo.Ovviamente a questo flusso si aggiunge la componente radiante che resta praticamente costante e

influisce leggermente sul valore finale dell’esponenten.

Page 35: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 34

2.1.2 Portata di fluido nei radiatori

I radiatori sono alimentati ad acqua allo stato liquido4, eventualmente addizionata di glicole perabbassarne il punto di congelamento qualora si prevedano fermi prolungati dell’impianto durantel’inverno.

Il valore della temperatura di mandataθm e del salto termico tra mandata e ritorno dell’acquacorrispondono a scelte progettuali; la tendenza attuale comunque e quella di porreθm = 75oC man-tenendo il saltoθm − θr al valore tipico di 10 K. Il valore della temperatura ambiente θa dipendeprevalentemente dalla destinazione d’uso dei locali, ad esempio,θa = 20oC per edifici ad uso civile(esclusi i bagni) eθa = 18oC per edifici ad uso industriale. Se i valori diθm, θr e θa non coincido-no con quelle di riferimento per i dati del catalogo che si ha adisposizione, si deve determinare lapotenza resa dal radiatore con l’espressione presentata inprecedenza.

In ogni caso, per ogni locale, la potenza del radiatore, nelle condizioni operative scelte, devesuperare la potenza del corpo scaldante calcolata come indicato in precedenza. Ovviamente la potenzada fornire al locale puo essere frazionata su piu terminali. Scelta la tipologia di radiatore (solitamentein base a criteri estetici), si valuta la resa singola, per poi arrivare al calcolo della portata di fluidonecessaria ad avere la potenza desiderata:

Φ = Φn

(∆θ

∆θn

)n

= mwcw∆θw

con

mw =portata di fluido (acqua normalmente).

cw = calore specifico del fluido (4,187 kJ/kgK per l’acqua)

∆θw = θm − θr = 10K tipicamente.Fissato il salto termico tra mandata e ritorno del fluido la portata di fluido resta determinata:

mw =Φ

cw(θm − θr)

In base alla portata di fluido si dimensionano le tubazioni, le valvole, etc. . . , in pratica la rete didistribuzione. Da notare che se viene aumentato il salto di temperatura∆θw, per ottenere la stessapotenza termica sara sufficiente una minore portata di fluido ai terminali, ma l’impianto si adeguerapiu’ lentamente alle variazioni di carico, ed in particolare si allunghera il transitorio per portarloa regime. Se il salto termico o le condizioni operative non coincidono con quelle della prova dilaboratorio con cui si e determinata la resa nominale dei radiatori si deve procedere a ritroso e ricavarela Φn di catalogo per fornire laΦcs nelle condizioni reali come segue:

Φn = Φcs

(∆θn

∆θw

)n

Nei radiatori modulari, che sono sempre piu diffusi, si calcola invece la resa di un modulo a partiredalla resa nominale:

Φ1 = Φn,1

(∆θw

∆θn

)n

doveΦ1 rappresenta la resa di un singolo modulo. Poi si ottiene il numero di moduli:

m ≥ Φcs

Φ1

4Sopravvivono pochi vecchi impianti alimentati a vapore d’acqua, soprattutto nei paesi nordici, in vecchi edifici moltodisperdenti in quanto un fluido piu caldo permette dimensioni minori dei corpi scaldanti a parita di potenza fornita

Page 36: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 35

2.1.3 Collocamento ideale dei radiatori

I radiatoriben collocatisono posti di solito in una rientranza della parete, o sotto una piccola mensola,in modo che la turbolenza dell’aria venga aumentata nella zona sopra al radiatore stesso, aumentandocosi’ lo scambio termico, e le linee di flusso vengano piegateverso il centro della stanza. Il radiatoresotto la finestra inoltre irradia verso il centro della stanza e la parete opposta, e produce un circolod’aria benefico.vedere anche fotocopie

2132

18

14

Radiatore

migliore

Soluzione

32

25

15

14

Soluzione

peggiore:

piedi piu’

freddi.

2.1.4 Altri tipi di corpi scaldanti con disposizione simile

Esistono, oltre ai radiatori, anche altri tipi di corpi scaldanti di dimensioni simili ai radiatori, il cuidimensionamento e disposizione in ambiente risulta molto simile a quello visto in precedenza per iradiatori: In particolare

• piastre radianti: molto simili ai radiatori, ma presentano una maggiore emissione di calore perirraggiamento, dell’ordine del30/35 %.

����������

����������

����

����

������������������������������������������������

������������������������������������������������

����������������������������������������������������������������������������

������������

������������

il pannello blocca

Sconsigliabile:

il flusso radiativo

• ventilconvettori: lo scambio termico e garantito da unaventilazione forzatadell’aria su unabatteria alettata in cui circola il fluido.

• termoconvettori: simili ai precedenti, ma senza ventilatore: lo scambio ternico e dovuto allaconvezione naturalesu batterie alettate, collocate spesso “a zoccolo, ovvero alivello del bat-tiscopa sul pavimento. Sono utilizzati negli USA, e da noi nelle ristrutturazioni o al disotto digrandi vetrate. Presentano lo svantaggio di favorire il moto delle polveri.

2.2 Calcolo delle perdite di carico

Le reti di distribuzione del fluido termovettore, essendo a tutti gli effetti circuiti idraulici, sono soggettia delleperdite di carico, che devono essere determinate per il corretto dimensionamento dei tubi e

Page 37: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 36

la scelta delle pompe di circolazione. Le resistenze al motosi manifestano sia lungo le tubazioni esono proporzionali alla lunghezza del percorso e sia in corrispondenza a variazioni brusche di sezioneo deviazioni del flusso. Pertanto, le perdite di carico5 possono essere considerate di 2 tipi,distribuite∆pd e localizzate o concentrate∆pc. Di conseguenza, esprimiamo le perdite di carico complessive inun ramo di un circuito idraulico nel seguente modo:

∆p = ∆pd + ∆pc

Con riferimento al Sistema Internazionale di unita di misura (SI)r si esprime in pascal (Pa) o suoimultipli (kPa o bar). Dividendo l’espressione dir per la densita dell’acquaρ e per l’accelerazionedi gravitag il salto di pressione viene espresso come altezza di colonnad’acqua, metri di colonnad’acqua (m c.a.) o col suo sottomultiplo piu utilizzato, ilmillimetro di colonna d’acqua (mm c.a.) ela perdita di carico per unita di lunghezza sara espressa rispettivamente in (m c.a./m) e (mm c.a./m).Osservazione:Per la valutazione delle pressioni sono in uso numerose unita di misura di tipo tecnico.In particolare, nei circuiti idraulici e diffusa la misurain termini di altezza di colonna d’acqua espressain millimetri (mm c.a.) o metri (m c.a.). Per passare facilmente da pascal a mm c.a. si consideri cheuna colonna d’acqua alta un metro (1000 mm c.a.) produce allabase, a causa del suo peso, unapressione:

p =ρgz

A=

1000 · 9, 81 · 11

= 9810N

m2≈ 10000Pa

Pertanto, in ambito tecnico si assume normalmente

1 mc.a. ≈ 10 kPa ; 1 mmc.a. ≈ 10 Pa

Per le perdite di carico espresse in metri o millimetri di colonna d’acqua useremo nel seguito ilsimbolo∆z. Nella fase di progettazione si cerca di limitare le perditedi carico e le velocita del fluidoentro valori accettabili. Tipicamente, si fa in modo di restare entro i seguenti valori:

0, 5 < w < 2, 5 m/s per la velocita del fluido nei tubi;

10 < ∆zL

< 30 mm c.a./m per la perdita di carico specifica per metro di tubazione.Per quanto riguarda i valori della velocita del fluido, valori elevati di w comportano diametri

minori delle tubazioni con conseguenti minori ingombri e costi di impianto, parallelamente si hannomaggior usura delle tubazioni, maggior rumore e maggiori perdite di carico con necessita di pompepiu potenti e maggiori costi di esercizio.

2.2.1 Calcolo delle perdite di carico distribuite

Le perdite distribuite sono funzione della scabrezza del diametro e della lunghezza dei condotti, esono proporzionali al quadrato della velocita. Per le tubazioni (a sezione costante) e conveniente fareriferimento alle perdite per unita di lunghezza:

r = fa1

Dρw2

2

con:

r perdita di carico per unita di lunghezza;

D diametro del condotto5Le perdite di carico sono comunemente espresse in termini didifferenze di pressione, trascurando le differenze di

energia cinetica del fluido in diversi punti del circuito.

Page 38: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 37

ρ densita del fluido

w velocita del fluido

fa fattore di attrito (adimensionale)In regime laminare il fattore d’attrito risulta:

fa =64

Re

Per il regime turbolento il fattore d’attrito si puo ricavare dal diagramma di Moody o si puo calcolareper iterazioni successive con la relazione di Colebrook:

1√fa

= −2 log

3, 7D+

2, 51

Re√

fa

)

ε = scabrezza del condotto

Re = numero di Reynolds,

Re =ρwD

µ=

wD

ν

conµ viscosita statica eν viscosita cinematica del fluido.In alternativa si puo usare la formula di Altshul che ha il pregio di essere esplicita:

f ′ = 0, 11

D+

68

Re

)0,25

confa = f ′ sef ′ ≥ 0, 018 oppurefa = 0, 85f ′ + 0, 0028 sef ′ < 0, 018.Le perdite di carico sono influenzate dalla scabrezza o rugosita dei tubi. I tubi con minor scabrezza

sono quelli in rame e quelli in materiale plastico quale polietilene normale, telato o ad alta densita (PE,PEX, PEAD), polipropilene (PP), polivinil-cloruro (PVC) che si usano sempre piu frequentementeanche per gli impianti ad acqua calda. I tubi in acciaio infinesono considerati di scabrezza mediae sono utilizzati sia senza trattamento superficiale (acciaio nero) oppure trattati per la resistenza allacorrosione (acciaio zincato). A seconda del livello di scabrezza, esistono delle formule semplificateper il calcolo difa

6:

• bassa scabrezza:2µm < ε < 7µm (Cu, PE)

fa = 0, 316 Re−0,25

• media scabrezza:20µm < ε < 90µm (acciaio)

fa = 0, 07 Re−0,13 D−0,14

• alta scabrezza:0, 2mm < ε < 1mm tubi incrostati o corrosi.

Le perdite di carico per i tubi di diversi materiali si trovano comunque anche diagrammate. Sihanno diagrammi del tipo schematizzato nella figura seguente diversi per materiale del tubo, e tem-peratura dell’acqua. Si entra nel diagramma con la portata ela perdita di carico unitaria desiderate,e si trova il diametro commerciale che le soddisfa. Per temperature diverse i valori di perdita di ca-rico vanno corretti opportunamente7 a causa della variazione delle proprieta termofisiche del fluido:soprattutto la viscosita.

6Vedere anche il Quaderno CALEFFI: Reti di distribuzione.7Vedi il materiale distribuito a lezione

Page 39: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 38

������������������

������������������

������������������������������������

������������������������������������

������������������

������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������������������������������������������������������

����������������������

������������

������������

������������������������������������������������������������

������������������������������������������������������������

Perdite di carico specifiche

Diametro

Portata

Ad esempio, per lo stesso materiale esistono 3 diversi diagrammi, a seconda della temperatura dell’ac-qua:10o /50o /80oC. Infatti al variare della temperatura la viscosita’ del fluido cambia sensibilmentee di conseguenza anche le perdite, che sono maggiori alle temperature basse; a parita di portata unimpianto funzionante in raffrescamento con acqua ad una temperatura media di10oC e caratterizzatoda perdite di carico maggiori di circa il 30% rispetto al funzionamento, in riscaldamento, con acquaad una temperatura media di80oC.

2.2.2 Calcolo delle perdite di carico localizzate

Come perdite di carico localizzate si considerano quelle dissipazioni di energia che si manifestanoper brevi tratti delle condutture, in corrispondenza a deviazioni brusche del moto del fluido, coninsorgenza di fenomeni vorticosi dissipativi (in aggiuntaa quelli che si hanno nei tratti rettilinei). Lebrusche deviazioni del moto si possono individuare in presenza di curve a piccolo raggio, raccordi,variazioni di sezione, valvole, etc. . . , e vanno sommate alle perdite distribuite. Esistono due diversimetodi per la determinazione di tali perdite:

Metodo diretto:

e il piu preciso dei due, e calcola direttamente la perditain ogni discontinuita:

∆z = ξρw2

2

conξ coefficiente di perdita localizzata, che di solito viene fornito per ogni tipo di “disturbo” che puoessere presente nel circuito. La perdita totale, per un tratto di tubo a diametro costante, risulta

∆z = L r + ρw2

2

∑ξ

Metodo delle lunghezze equivalenti:

ad ogni elemento di disturbo viene associata unaperdita aggiuntivada sommare alle distribuite. Di-mensionalmente sono lunghezze. In pratica si determina unalunghezza “virtuale” del tubo maggioredella reale, cosı le perdite totali vengono calcolate comesole perdite distribuite su tale lunghezzafittizia. Si avra:

Ltot = L +∑

Leq

doveLtot e la lunghezza fittizia da usare nei calcoli, L la lunghezza effettiva della tubazione,Leq lelunghezze equivalenti delle diverse discontinuita. La perdita di carico totale sara:

∆z = r · Ltot

Page 40: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 39

Una volta determinate le perdite di carico per ogni tratto, si deve operare ilbilanciamento idraulicodell’impianto.

2.3 Tipologie di distribuzione:

Esistono diversi modi di collegare i terminali tra lora ed alla caldaia: per gli edifici ad uso civileprincipalmente vengono utilizzati 3 tipi di distribuzionediversa:

• monotubo

• a 2 tubi

• a collettore, di solito complanare.

2.3.1 Distribuzione monotubo

Si tratta di una distribuzione ad anello sul perimetro dell’ambiente da scaldare in cui i corpi scaldantisono postiin serie. In passato veniva utilizzato specialmente nell’ediliziaa basso costo, in quantoconsente risparmi sul costo delle tubazioni.

Terminali in serie

Caldaia

• pregi: basso costo di installazione e di tubazioni

• difetti: se si chiude un radiatore si blocca il flusso anche agli altri,essendo posti in serie. Questoproblema viene risolto con un by-pass per ogni terminale. Inoltre il salto termico avviene nonin ogni terminale, che quindi scambia poco calore, ma in tutto l’anello, costringendo ad alzarele portate e di conseguenza le perdite di carico.

Attualmente questo sistema viene utilizzato dove gli altririultano troppo costosi,ad esempio perriscaldare locali molto ampi.

2.3.2 Calcolo nella distribuzione monotubo

Si possono distinguere 3 diverse sottotipologie a seconda di come si garantisce il passaggio dellaportata scaldante di progetto nel radiatore o altro tipo di terminale.

• valvola a 4 vie: garantisce un rapporto costante tra la portata nel corpo scaldante e quellanell’anello.

Page 41: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 40

Rit.Mand.

Valvola

Radiatore

In pratica, e un dispositivo di regolazione con 4 bocche cherealizzano 2 percorsi, uno attraversoil radiatore e l’altro di by-pass.

• tubo venturi: il rapporto tra le portate non e piu costante, dipende dalle condizioni di funzio-namento.

• collegamento “normale” con detentore, ovvero valvola a perdita di carico variabile.

Per ildimensionamento, vengono date solo indicazioni di massima, per uno studio particolareggiatosi faccia riferimento ai manuali dei produttori. Indipendentemente dal numero di anelli, si procedeconun anello per volta, procedendo come segue:

1. Si calcola la potenzaΦA da fornire a tutto l’anello. Se ci sono n corpi scaldanti in unanello, laΦA e la somma delle potenze termicheΦT di ogni terminale.

ΦA =∑

ΦT

2. Si sceglie la∆tA, salto termico nell’anello. Di solito si prende un valore compreso tra 10 e 15K.

3. Si calcola laportata nell’anello, GA:

GA =ΦA

c ∆tA

4. in base a tale portata ed alla perdita di carico unitaria desiderata, si trova ildiametro del tubograzie agli appositi grafici.

Perdite di carico specifiche

nei tubi

Velocita’

Portata

Diametro

Page 42: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 41

Bisogna tener presente che i tubi in acciaio zincato sono pi`u costosi di quelli non zincati, mapiu’ economici del rame. Il Cu pero e flessibile (mentre l’acciaio costringe a fare solo curve agomito), ed a sua volta puo essere ricotto, per migliorare ancora la flessibilita e diminuire dun-que il raggio delle curve fattibili. il costo del Cu e circa una volta e mezza quello dell’acciaio,ed e meglio tenersi al disotto di 18/20 mm di diametro, per evitare prezzi degli acessori troppoalti. Se le portate risultassero in questo caso troppo elevate, la soluzione e quella di suddividerel’anello in due.

5. Nel caso di collegamento contubo venturi ,

Radiatore

Ga−giGa

gi

Ga

Valvola

si possono operare sul singolo terminale ibilanci di energia e delle forze:

• Bilancio di ENERGIA (o di potenze termiche):

GAc(te,i − te,i+1) = Φt,i

e si ricavano cosı le temperature di entrata nei diversi terminali te,i.

• Bilancio di FORZE (o di pressioni): si hanno 2 rami con 2 nodi in comune, e quindi perl’equilibrio si deve avere lo stesso salto di pressione:

∆PA(GA − Gi) = ∆Pi(Gi)

scegliendo il diametro diGi e regolando la valvola si impone una certa pardita di pressionetra i 2 nodi.

6. Una volta dimensionato l’anello, si trova laperdita di carico globale:

∆PA =∑

∆PAi + rALA = rALeq

Leq = LA +

∑∆PAi

rA

dove

∆PA perdita di carico globale sull’anello

∆PAi perdita di carico sul singolo terminale

rA perdita di carico per unita di lunghezza nel tubo principale dell’anello

Page 43: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 42

LA Lunghezza di tale tubo.Leq Lunghezzaequivalentedi tale tubo, che considera anche le perdite concentrate.

In presenza di piu anelli esistono perdite diverse per ognianello: si tratta di introdurre unacaduta di pressione∆PV negli anelli che hanno perdite minori della massima, in mododabilanciare l’impianto: per ogni anello con perdita∆PA risultera

∆PV = ∆PA,max − ∆PA

Se non si introducessero tali cadute di pressione, negli anelli con perdita minore della massimasi avrebbe un aumento della portata fino ad avere un bilanciamento “spontaneo’ dell’impianto,con portata totale piu grande di quella di progetto, e potenza maggiore da fornire alle pompe.Per valutare di quanto aumentano le portate, si fanno due considerazioni:

• la velocita aumenta linearmente con la portata

• Le perdite aumentano con il quadrato della velocita.

Si puo calcolare la nuova portata, passando per lalunghezza equivalente:

∆PA,max = Leqr′

A

conr′A perdita concentrata con la nuova portata

r′A =∆PA,max

Leq

Una volta notor′A, dal diagramma delle perdite si ricava la nuova portataG′

A, che comunquedeve soddisfare:

G′

A − GA

GA

< 10%

2.3.3 Distribuzione a 2 tubi

E il tipo di distribuzione che consente minor impiego di tubazioni senza precludere la possibilita diregolare il singolo terminale, come avviene nella monotubo. Consiste nel servire inserie e parallelocon due tubi i diversi terminali , che prendono il fluido dal tubo di mandata e lo scaricano su quellodi ritorno. Il ritorno di un terminale NON va quindi a quelli successivi, come nel monotubo. Ilcollegamento puo esser fatto in due modi diversi, a secondadella lunghezza dell’impianto:

ritorno semplice

, usato per gli impianti piccoli la distribuzioneE presentata in figura 2.2 Si noti che le portate sonodiverse nelle diverse zone di distribuzione, infatti ad ogni uscita verso un terminale la portata cala neltubo di mandata, che verra quindi dimensionato con diametri decrescenti, per avere perdita di caricocostante per unita di lunghezza.

Mand.Rit.

Diametro inferiore

Page 44: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 43

Ritorno semplice

Caldaia

Figura 2.2: circuito a ritorno semplice

Caldaia

Ritorno inverso

Figura 2.3: circuito a ritorno inverso

Per quanto riguarda le perdite di carico, l’ultimo terminale servito sara soggetto a perdite molto piualte del primo, per la maggior lunghezza dei tubi di mandata eritorno. Per mantenere le portatedi progetto, si agisce sulle valvole dei diversi terminali.Se pero l’impianto e molto lungo, occorrepessare all’altra disposizione:

ritorno inverso

, in questo caso tutti i terminali sono soggetti a perdite simili figura 2.3, anche se si deve utilizzare untubo di ritorno piu lungo: Per ildimensionamentodelle reti a 2 tubi, si parte scegliendo una perditaunitaria (e dunque il diametro adatto alla nostra portata iniziale), e si dimensionano i vari tratti deitubi cercando di mantenere costante tale perdita, pur con variazioni di portata. Per determinare leportate, si parte dalla potenza dei vari terminali:

gi =Φi

c∆t

con∆t = 10K, valore tipico, uguale per tutti i terminali. L aportata globale sara

G =∑

gi

Per mantenere costanti le perdite di carico unitarie nei 2 tubi, ogni terminale dovra avere un suodiametro di mandata e di ritorno.

Page 45: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 44

Caldaia

Pianta edificio

La disposizione a 2 tubi si presta all’utilizzo di tubi in acciaio, poichele curve sono di solito solo agomito. attualmente pero si preferisce il rame, che consente collegamenti a freddo e senza filettatura,grazie alla tecnologia “ a pressare”, o “press fitting”. Ad esempio, per il collegamento di 2 tubi in Cudi diverso diametro,

Azione pinze a freddo

Figura 2.4: raccordo a freddo

si usa, come raffigurato in fig 2.3.3, un raccordo con due anelli di tenuta in gomma e pinze chegarantiscono la tenuta, pur operando a freddo e senza filettature.

2.3.4 Distribuzione a collettore complanare

E un sistema molto diffuso, e va molto bene per gli impianti nuovi in edifici di nuova costruzione,non si usa nelle ristrutturazioni. Prevede una distribuzione a livellolocale, cioe di unita abitativa, apartire da duecollettori, uno di mandata e uno di ritorno giacenti sullo stesso piano che costituisconoun unico componente, a cui sono collegati in parallelo tuttii terminali. Il collettore, di solito d’ottonee di spessore di poco superiore al diametro esterno dei tubi di collegamento alla rete di distribuzione,viene posizionato in una nicchia ricavata in una parete anche sottile, in posizione il piu possibilebaricentrica rispetto ai corpi scaldanti, per minimizzarela quantita di tubo utilizzato e le perdite dicarico; la nicchia e di solito coperta da una lamiera metallica o una piastra in materiale plastico. I tubidi collegamento, di solito in rame ricotto o in materiale plastico, si staccano dal collettore, scendonoverticalmente fino al pavimento in cui scorrono in orizzontale e contribuiscono,anche se in piccolaparte, al riscaldamento dei locali8 fino ai radiatori; in corrispondenza dei radiatori i tubi vengonopiegati e fatti risalire nella parete e fatti fuoriuscire dalla parete in corrispondenza dell’attacco dei

8Si vedano le fotocopie allegate

Page 46: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 45

corpi scaldanti ai quali vengono collegati mediante la valvola ed il detentore. Il posizionamentodei tubi nel pavimento avviene prima del getto di allettamento e della finitura del pavimento. Perquanto riguarda ildimensionamento, le relazioni da utilizzare sono le stesse della distribuzione adue tubi. Da notare pero che in questo caso ogni terminale ecollegato ai collettori con due tubi dilunghezza anche elevata, che quindi vanno scelti in modo da ottenere perdite di carico accettabili (purrestando preferibilmente sotto i 14 mm di diametro interno se si utilizza il rame, che oltre diventamolto costoso). Ogni terminale avra quindi la sua lunghezza equivalente ed il suo diametro, che portaad una perdita totale che, in generale, e diversa per ognunodi essi. Si vuole pero che con le portate diprogetto le cadute di pressione siano uguali in tutti i rami,poiche questi sono collegati in parallelo neicollettori: altrimenti la portata nei rami meno sfavoriti aumenterebbe eccessivamente rispetto a quelladi progetto. Il sistema va dunque bilanciato idraulicamente. Per ottenere cio si usano dellevalvole diregolazione, in modo da ottenere la stessa perdita del ramo piu sfavorito anche sugli altri rami. Perla regolazione si puo intervenire anche sui detentori dei corpi scaldanti. Infine, si dovra garantire aicollettori una differenza di pressione pari alla perdita dicarico del ramo piu sfavorito.

2.4 Pannelli radianti

Sono terminali che scambiano calore gran parte perirraggiamento. Si distinguono 3 diversi tipi:

1. Pannelli ad elevata temperatura, θs > 680oC, destinati ad ambienti industriali, sono appli-cati sospesi per non essere raggiungibili dalle persone e staccati dalle strutture, date le altetemperature. Alcune tipologie realizzano la combustione sul supporto ceramico che costituiscel’elemento radiante, in tal caso, siccome i prodotti della combustione vengono immessi nei lo-cali da riscaldare il loro uso e limitato a locali aperti o semi aperti. In altre tipologie il fluidotermovettore e costituito da acqua calda pressurizzata, vapore o gas di scarico di un sistema dicombustione.

2. Pannelli a media temperatura, 80÷200oC, anche questi sono destinati ad ambienti industriali,magazzini, ecc. e sono applicati sospesi e staccati dalle strutture. Il fluido termovettore e acquacalda o gas di scarico di un sistema di combustione. Questo tipo ed i precedenti si usanoin particolare quando la zona da riscaldare e relativamente piccola rispetto all’intero locale.Presentano comunque degli scambi termici per convezione che scaldando l’aria al di sopradelle zone occupate sono da considerarsi come perdite.

Page 47: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 46

Zona di lavoro3. Pannelli a bassa temperatura, 25÷45oC, sono usati per impianti di riscaldamento, ma ultima-

mente anche per il raffrescamento estivo, facendo circolare nello stesso impianto acqua fredda(a temperature di circa 18oC). Questi ultimi possono essere:

• a pavimento: buone prestazioni sia per riscaldamento che per il raffrescamento. Sono ipiu utilizzati.

• aparete: efficienti per riscaldamento e raffrescamento.

• asoffitto: efficienti soprattutto per il raffrescamento

Lo scambio termico si realizza per convezione naturale con l’aria ambiente e in modo signi-ficativo anche per irraggiamento. Per i pannelli orizzontali, lo scambio termico e piu efficacecon flusso termico ascendente. Percio, per il riscaldamento sono migliori i pannelli a pavimen-to, mentre per il raffrescamento estivo la resa migliore si ha con i pannelli a soffitto, che perosono meno efficienti nella stagione invernale perche producono stratificazione dell’aria. Lostesso varrebbe per il raffrescamento a pavimento, se non cifosse una condizione favorevole:la radiazione solare di solito entra dall’alto verso il basso e colpisce il pavimento freddo cheraccoglie cosı subito una parte del carico termico da asportare. Rimane comunque la limitazio-ne sulla convezione. Da notare che la presenza di mobili sul pavimento di solito limita pocola diffusione del calore, mentre bisogna tener conto dei carichi che devono essere sopportati.l’impianto deve quindi essere robusto, di solito si hanno tubi annegati in profondita nel masset-to di calcestruzzo che deve avere spessore maggiore di 45 mm.Questo problema non si poneper i pannelli a parete o a soffitto, che quindi possono esseremolto piu prossimi alla superficie,ricoperti dall’intonaco o solo dalla tinteggiatura.

2.4.1 Riscaldamento a pavimento

E un tipo di impianto molto diffuso nei paesi dell’Europa centrale che si sta diffondendo sempre dipiu anche in Italia. La sua realizzazione non richiede tecnologie particolari e puo portare a risparmi

Page 48: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 47

energetici soprattutto in abbinamento con caldaie a condensazione. Viene trattato nella norma UNIEN 1264 (suddivisa in 4 parti). La prima parte e riservata a definizioni e simbologia, la secondaalla determinazione della potenza emessa (utile ai produttori), la terza al dimensionamento (utile aiprogettisti) e la quarta riguarda prescrizioni per l’installazione (utile ai progettisti, direttori dei lavorie installatori).

Finitura

Massetto con tubi

Vengono chiamati pannelli radianti in quanto buona parte dello scambio termico avviene per irraggia-mento.

Irraggiamento e convezione

I pannelli sono realizzati disponendo nel massetto del pavimento, prima del getto, un tubo a spiraleo a serpentina.E consigliabile per il massetto l’utilizzo di materiali conbuona resistenza meccanicaed alta conduttivita termica, come ad esempio il calcestruzzo (cls). L’obiettivo, nella realizzazionedel pavimento contenente i pannelli, e quello di favorire lo scambio termico verso l’alto e di limitarloverso il basso, utilizzando uno strato compatto di isolante(va bene il polistirolo o il poliuretanoespanso, non la lana di vetro o simili).

Finitura

Massetto con tubiIsolante

Sopra il solaio portante si dispone lo strato di isolante, i cui spessori devono rispettare i valori di resi-stenza minima previsti nella UNI EN 1264-4 e riportati nellaTabella 2.4.1. L’isolante e poi protetto

Page 49: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 48

con un foglio di polietilene o equivalente. Al di sopra si posa solitamente una rete metallica che servesia a evitare crepe nel massetto che per l’ancoraggio dei tubi mediante ganci. I tubi sono raramente dirame, di solito sono di materiale plastico quale polietilene (PE) o polipropilene (PP) con una guainaper bloccare la diffusione dell’ossigeno che trasportato poi dall’acqua andrebbe ad intaccare le partiossidabili dell’impianto. I tubi vengono posati sopra la rete metallica con un passo stabilito in fase diprogettazione9.

Tabella 2.2: Resistenza termica minima degli strati di isolamento sottostanti l’impianto diriscaldamento a pavimento

Resistenza termica minima (m2K/W)Pavimento verso

Ambiente sottostante Ambiente sottostanteriscaldato non riscaldato o Ambiente esterno

riscaldato in modonon continuativo o Temperatura esterna di progetto

direttamente sul terreno (*)θe ≥ 0oC −5 ≤ θe ≤ 0oC −15 ≤ θe ≤ −5oC0,75 1,25 1,25 1,50 2,00

(*) Con un livello di falda freatica≤ 5m il valore dovrebbe essere aumentato

Pianta Sezione

Tubo

Esempi di posa:

9Una soluzione alternativa alla rete metallica e costituita da pannelli isolanti con delle sporgenze cilindriche che hannolo scopo di trattenere i tubi in modo da rispettare il passo previsto. In questo caso il passo tra i tubi puo variare solamentead intervalli discreti corrispondenti al passo tra le sporgenze.

Page 50: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 49

Infittimento nel lato freddo della stanza

Per riscaldare un edificio si hanno piu circuiti che fanno capo ad un unicocollettore, posto di solitoin una nicchia in una parete verticale non necessariamente in posizione baricentrica in quanto lalunghezza dei tubi dipende meno dalla posizione dei collettori. I tubi di norma hanno tutti lo stessodiametro, e le perdite dei diversi circuiti dipendono quindi solo dalle diverse lunghezze. Essendo icircuiti in parallelo nel collettore, per avere le portate di progetto si deve procedere al bilanciamentoidraulico dell’impianto, tramite opportune valvole regolabili posizionate sul collettore. I collettoridi mandata e ritorno per i pannelli radianti non sono complanari e neppure collegati rigidamentee solitamente sono piu ingombranti di quelli per impianti acollettori, anche per la presenza dellevalvole di regolazione.

Le norme prendono in considerazione diverse configurazioni(tipi) di pannelli:

Tipo A

Finitura superficiale

Massetto con tubi

Isolante

Protezione isolante

Struttura portante

Dall’alto verso il basso:

rivestimento finale

massetto contenente i tubi in cui fluisce il fluido caldo

strato di protezione ed isolante

struttura portante

Tipo B

Finitura

Tubi disposti nell'isolante

Page 51: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 50

I tubi sono disposti sullo strato piu superficiale dell’isolante con delle sottili lamelle che permettonomiglior distribuzione orizzontale del flusso termico.

Tipo C

si ha un pannello prefabbricato contenente al suo interno tubi gia predisposti, collocati sopre l’isolan-te.

Poiche lo scambio termico avviene principalmente per irraggiamento, oltre alla temperatura del-l’aria, assume particolare importanza la temperatura delle superfici interne delle pareti. E’ opportunopercio fare riferimento allatemperatura operante θo dell’ambiente che e una media pesata tra latemperatura dell’ariaθa e la temperatura media radianteθmr delle superfici interne:

θo = Aθa + (1 − A)θmr

doveA e il coefficiente di pesata (ovviamenteA < 1). Per velocita dell’aria basse si puo assumereA = 0, 5 e pertanto:

θo =θa + θmr

2

La temperatura media radiante delle paretiθmr e la temperatura uniforme che le pareti dovrebberoavere per scambiare per irraggiamento lo stesso calore, l’esatto valore diθmr si ottiene pesando con ifattori di vista e con l’area il valore della temperatura assoluta delle diverse pareti:

θmr = Tmr − 273, 15

dove

Tmr =4

√√√√n∑

j=1

(θsj + 273)Fj

ed inoltre

n numero di pareti

θsj temperatura dellaj-esima parete

Fj fattore di vista dellaj-esima parete

Quando le pareti hanno temperature superficiali poco diverse tra loro (∆θ < 5K si puo assumere:

θmr ≈∑n

j=1 θsjAj∑nj=1 Aj

conAj area dellaj-esima parete.Nella norma UNI EN 1264-2 e fornita un’espressione per il calcolo dellapotenza termicaper

unita di superficie che il pannello puo fornire in funzionedelle temperature in gioco:

q = B∏

(ai)mi∆θH (2.1)

dove

q flusso termico per unita di superficie fornito dal pannello

B = coefficiente caratteristico dell’impianto

Page 52: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 51

ai, mi coefficienti caratteristici del pavimento

∆θH differenza di temperatura media logaritmica tra l’acqua nei tubi e l’ambiente.

La differenza di temperatura media logaritmica e data dalla seguente relazione:

∆θH =θV − θR

ln( θV −θi

θR−θi)

con

θV temperatura di mandata dell’acqua

θR temperatura di ritorno dell’acqua

θi temperatura dell’ambiente

Ci sono diversifattori che influenzano la potenza scambiatae di cui si tiene conto mediante iterminiami

i :

• Il passo tra i tubi, T ;

• Lo spessore del supporto, su. Normalmente il supporto e il massetto in CLS.

• La conduttivit a termica del supporto, λE;

• La resistenza termica del rivestimento, RλB;

• Il diametro esterno dei tubi, D, che solitamente sono rivestiti da una barriera alla migrazionedi O2:

• elementi conduttivi addizionali, KWL;

• Il contatto tra i tubi e il pavimento .

In realta la potenza scambiata dovrebbe essere

q = f(∆θnH)

con 1, 00 ≤ n ≤ 1, 05, ma di fatto si usa sempren = 1. Mediante la formula 2.1 il produttoredel pannello (o il progettista) al variare dei parametri costruttivi determina le curve caratteristichedel pannello in funzione di∆θH in particolare, per i valori del passoT che si intendono utilizzare,sono utili le curve ottenute con resistenze del rivestimento Rλ,B = 0, 0 edRλ,B = 0, 1 m2K/W. Suidiagrammi che rappresentano le curve caratteristiche sonoriportate anche le curve che rappresentanole massime potenze ottenibiliqG, al variare di∆θH , per unatemperatura massima superficialedi 29oC (zona calpestabile) e 35oC (zona perimetrale)10. L’emissione massimaqG per per un saltotermicoθF,max − θi = 9 K (curva limite inferiore si ottiene dalla seguente relazione:

qG = BG (∆θH)nG

10Le curve limite inferiore e superiore valgono per differenze tra la massima temperatura del pavimento e l’ambientedi 9 K e 15 K rispettivamente. In particolare la curva limite inferiore si puo utilizzare anche per i bagni dove e previstauna temperatura superficiale massima di 33oC per una temperatura ambiente di 24oC, associate aRλ,B = 0, 0.

Page 53: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 52

mentre l’emissione massimaqG per per un salto termicoθF,max − θi = 15 K (curva limite superioresi ottiene dalla analoga relazione:

qG = BG

(15

9

)1,1(1−nG)

(∆θH)nG

doveBG ed nG sono riportati in prospetti nella Norma UNI EN 1264-2 in funzione del passo tra itubi T e dello spessoresu e conduttivita termicaλE dello strato di supporto. Dalla uguaglianza traqueste espressioni diqG e la resa del pannello fornita dalla 2.1 si ottiene il valore di ∆θH,G salto ditemperatura medio logaritmico in corrispondenza della intersezione tra le curve caratteristiche e lecurve limite11.

Per i limiti sulla temperatura massima del pavimento a29oC nella zona calpestabile un pannelloha una emissione massima di circa100 W/m2 in tale zona. Mentre ai bordi dei locali, dove si hamaggiore dispersione e dove e concessa una temperatura massima di 35oC il limite di emissioneraggiunge dirca175 W/m2. Valori tipici di emissione in fase di progetto per la zona calpestabile sonoq = 80/90 W/m2.

2.4.2 Prestazioni e dimensionamento dei pannelli a pavimento

Il dimensionamento dei pannelli a pavimento per i diversi ambienti viene effettuato utilizzando undiagramma, su cui sono riportate le curve caratteristiche,calcolate con la formula 2.1, che in ascissapresenta la differenza di temperatura media logaritmica∆θH tra ambiente e l’acqua nei tubi, mentre inordinata il flusso termico specificoq per diversi valori del passoT e della resistenza del rivestimento

Rλ,B vedi figura 2.5.

q''

θ ι − θ

Grafico bilogaritmico

fm

Per il dimensionamentodell’impianto il punto di partenza e sempre la potenza da fornire adogni singolo locale, indicata nella Norma comeQN,f che deve essere depurata della dispersione dalpavimento verso il basso12 in quanto questa viene compensata da una maggior portata d’acqua, senzainfluire sulla temperatura della superficie superiore.

Si valuta poi, per ogni stanza, la richiesta di potenza per unita di superficie utile di pavimento:

qj =QN,f,j

AF,j

(2.2)

doveAF,j rappresenta l’area utilizzabile per disporre i tubi del pannello nellaj-esima stanza. Siindividua la stanza piu sfavorita, che e quella che richiede la massima emissione:

qmax = max {qj}11Per i dettagli vedere la Norma UNI EN 1264-2.12Nella determinazione delle curve caratteristiche, quandosi valuta la prestazione del pannello, la dispersione versoil

basso viene assunta pari al10% di quella verso l’alto.

Page 54: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 53

q''

175

100

R

∆θ h

Limite alto θ pavim.

Limite basso θ pavim.

Figura 2.5: Esempio di diagramma con le curve caratteristiche e le curve limite

da questo calcolo sono esclusi i bagni, che vengono considerati con θi = 24oC e quindi con un

Area calpestabile

Area perimetrale

<1m

Figura 2.6: Indicazione della zona periferica di un pannello a pavimento

∆θH = 9oCSi passa cosı alla scelta del passo tra i tubi da utilizzare nella stanza piu sfavorita mediante l’uso

delle curve caratteristiche dei pannelli per i diversi valori del passo tra i tubi.Per la scelta del passo tra i tubi e della temperatura di mandata dell’acqua la norma prevede

l’utilizzo delle curve caratteristiche valutate conRλ,B = 0, 1 m2K/W13. Si notino sul grafico le duecurve limite, la piu bassa per la zona calpestabile e i bagni, con θF,max − θi = 9K, e la piu alta

13Se la resistenza del rivestimento eRλ,B,j > 0, 1 bisogna utilizzare le curve caratteristiche valutate per la resistenzaeffettiva del rivestimento.

Page 55: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 54

q'' R

∆θ h

λB

RλB= 0

Figura 2.7: Curve caratteristiche di un pannello a pavimento per diversi valori della resistenza delrivestimento

per le zone perimetrali, conθF,max − θi = 15K. si tratta dunque di trovare sul diagramma, infunzione dellaqmax, il passodei tubi e la resistenza del pavimento (anche se la finitura escelta apriori dal committente). Naturalmente, minore e il passo,maggiore e l’emissione a parita di massimatemperatura del pavimento in quanto si ha maggiore uniformita della temperatura superficiale.

Praticamente, si entra nel diagramma sulle ordinate col valore diqmax e muovendosi in orizzontalesi individuano le intersezioni tra il valore diqmax e le curve caratteristiche per i diversi passi. Leintersezioni al di sotto della curva limite inferiore individuano tutte dei passi utilizzabili. Se non cisono intersezioni al di sotto della curva limite inferiore si procede a suddividere il pavimento in zonaperimetrale e zona calpestabile14. Individuata la fascia che si vuole utilizzare come perimetrale, conlarghezza massima di 1 metro, se ne calcola l’areaAR alla quale competera un flusso specificoqR

scelto tra quelli ottenibili dal pannello al di sotto della curva limite superiore. Scelto il passoTR, chefornisceqR, si calcola la potenza termica residua da soddisfare con il pannello nella zona occupata(calpestabile) di areaAA = AF − AR come:

QA = QN,f − qRAR

Quindi, l’emissione richiesta su tale area e:

qA =QA

AA

Se questoqA non e piu il qmax si ripete il procedimento a ripartire dalla stanza conqj = qmax.Riassumendo, l’emissione nella zona calpestabile deve star sotto la curva limite inferiore, nella zonaperimetrale sotto quella superiore. Se nemmeno cosısi riesce a soddisfareQN,f , tenuto conto che lafascia perimetrale non puo essere piu larga di 1m, si inserisce nell’ambiente un terminale di altro tipo,tipicamente un ventilconvettore che funziona con temperature simili a quelle dei pannelli radiantioppure un radiatore o uno scalda salviette (nei bagni). In questo caso il contributo del terminale vasottratto alQN,f .

14Le zone periferiche che hanno temperature superficiali piuelevate (fino a 35oC sono generalmente situate lungo lepareti esterne dell’ambiente, in corrispondenza quindi delle zone a maggior dispersione.

Page 56: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 55

Temperatura di mandata dell’acqua in condizioni di progetto

Poiche ilq viene fornito tramite itacqua calda, il passo successivo ela valutazione dellatemperaturadi mandata dell’acqua: La temperatura superficiale del pavimento non e uniforme ma e maggiorein corrispondenza dei tubi e massima in corrispondenza del primo tubo del circuito dove l’acqua ealla temperatura di mandataθV . In pratica, la limitazione sulla temperatura superficialesi traducein un limite sulla temperatura di mandata dell’acqua. La formula 2.1 permette di determinare laresa in funzione della differenza di temperatura media logaritmica tra l’acqua e l’ambiente∆θH mada questa non e direttamente esplicitabile la temperaturadi mandata dell’acqua che costituisce unparametro progettuale fondamentale.

∆θH =θV − θR

ln( θV −θi

θR−θi)

(2.3)

L’acqua subisce dunque un salto termico tra la temperatura di mandataθV e quella di ritornoθR:

σ = θV − θR (2.4)

θV e la stessa per tutti i circuiti che confluiscono allo stessocollettore di zona. Per gli impiantisemplici e preferibile cheθV sia la stessa per tutti i circuiti anche per un impianto con piu zonecontrollate separatamente. Oltre al passo tra i tubi, la temperatura di mandata dell’acqua rappresental’altra incognita da determinare nella fase di progettazione. Si definiscetemperatura di mandatadi progetto θV,des, quella calcolata partendo dal locale piu sfavorito, cio`e quello con flusso termicospecifico piu alto. La differenza tra questo valore e la temperatura dell’ambiente viene definita come:

∆θV,des = θV,des − θi

Per il locale piu sfavorito si fissa come riferimentoσ ≤ 5 K.La ∆θV,des puo essere ricavata direttamente dalla espressione di∆θH,des

15, infatti dalle equazioni2.3 e 2.4 si ottiene:

∆θH =σ

ln( ∆θV

∆θV −σ)

da questa, passando dal logaritmo agli esponenziali si esplicita rispetto a∆θV e si ottiene:

∆θV =σ

1 − e−

σ∆θH

(2.5)

La stessa equazione 2.5 si puo usare per il valore di progetto ∆θV,des, e sufficiente sostituire∆θH con∆θH,des. In alternativa alla 2.5, la norma propone due espressioni approssimate per∆θV a secondadel valore del rapportoσ/∆θH , i due casi sono:

σ/∆θH ≤ 0, 5

oppureσ/∆θH > 0, 5

Nel primo caso, se si assumeσ = 5 K allora∆θH ≥ 10 K e si ha:

∆θV,des ≤ ∆θH,des +σ

2

15il pedicedes indica il valore assunto in condizioni progetto

Page 57: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 56

σ/∆θH > 0, 5, e quindi seσ = 5 K ∆θH ≤ 10 K, si ha:

∆θV,des ≤ ∆θH,des +σ

2+

σ2

12∆θH,des

Nelle precedenti equazioni la norma permette di utilizzareal posto della differenza∆θH,des cor-rispondente alla emissione in condizioni di progettoqdes la differenza∆θH,G corrispondente allaemissione limiteqG per lo stesso passo, con la limitazione:

∆θV,des ≤ ∆θH,G +σ

2

con σ ≤ 5 K. Dal diagramma si ottengono la∆θH,des a partire daqmax e dalla curva caratteristicadel pannello scelto per il locale e la∆θH,G in corrispondenza della intersezione tra la stessa curvacaratteristica e la curva limite inferiore, come rappresentato nella figura 2.8 Se l’ambiente e previsto

Figura 2.8: Uso del diagramma per la scelta della temperatura di mandata dell’acqua

con la zona periferica a temperatura piu elevata la scelta della temperatura di mandata acqua puoessere fatta con riferimento alla curva limite superiore seil circuito della zona periferica e separatoda quello della zona occupata ed e alimentato con un controllo separato della temperatura dell’acqua,oppure anche nel caso in cui il circuito sia in serie, a monte di quello della zona calpestabile, purcheil salto termico sul circuito della zona periferica sia calcolato in modo che la temperatura dell’acquaall’ingresso della zona occupata non violi il limite imposto dalla curva limite inferiore, per la curvacaratteristica corrispondente al passo scelto per la zona occupata.

Page 58: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 57

q'' R finitura scelta

q max.

∆θ h∆θ h, des

q''

R finitura scelta

q max.

∆θ h

∆θ h, des

∆θ h, G

∆θ v, des

σ/2

Salto termico per l’acqua negli altri ambienti

Per gli altri ambienti alimentati con la stessa temperaturadi mandata e quindi con lo stesso∆θV,des, ilvalore della differenza di temperatura media logaritmica acqua-ambiente∆θH,j si ricava dal diagram-ma delle curve caratteristiche in corrispondenza della emissioneqj richiesta per il localej−esimo. Sicalcola il salto termico sull’acqua:

σj = 2(∆θV,des − ∆θH,j)

tale valore e accettabile se soddisfa la limitazione(σj/∆θH,j) < 0, 5 altrimenti deve essere calcolatocon la seguente formula:

σj = 3∆θH,j

[(1 +

3

4

∆θV,des − ∆θH,j

∆θH,j

) 12

− 1

]

Portata d’acqua nei circuiti

Fissato il salto termico∆θV,des tra acqua e ambiente ed il salto termico sull’acquaσj resta da determi-nare la portata d’acqua nei circuiti. Ogni circuito deve fornire una potenza termicaQNf,j verso l’altoal locale da riscaldare ma contemporaneamente disperde verso il basso una potenza termicaQu,j infunzione della condizione al contorno inferiore e della resistenza termica della struttura al disotto deitubi.

Quindi, per ilj-esimo locale, la totale potenza che l’acqua deve fornire e:

Qw,j = QNf,j + Qu,j = mH,jcw(θV − θR)j = mH,jcwσj (2.6)

dove:

mH,j portata di fluido nelj-esimo circuito;

cw = 4190 J/(kg K) calore specifico dell’acqua;

Qu,j perdita dal pannello verso il basso.

Page 59: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 58

Con riferimento alla unita di superficie di pannello, la potenza che l’acqua deve fornire puo essereespressa come:

Qw,j

AF,j= qJ + qu,j

dove:

qu,j perdita dal pannello verso il basso, per unita di superficie

AF,j area del pavimento

Tralasciando per brevita il pedicej, con riferimento alla figura 2.9, indicando conqo = qj il flussotermico da fornire verso l’alto e conθw la temperatura dell’acqua in un generico punto del circuito, sipossono fare le seguenti considerazioni:

Finitura superficiale Ti

Tu

Ro

Ru

Tw

Isolante

Supporto

Figura 2.9: Schema di riferimento per la determinazione della portata d’acqua

Flusso termico specifico verso l’alto:

qo =θw − θi

Ro

dove conRo si e indicata la resistenza termica per unita di superficietra i tubi e l’ambiente superiore,ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficialesuperiore:

Ro =1

hi

+ Rλ,B +su

λu

1hi

= 0, 093 (m2 K)/W dove:

1hi

= 0, 093 (m2 K)/W e la resistenza superficiale superiore

Rλ,B e la resistenza conduttiva del rivestimento,

su e lo spessore dello strato di supporto,

λu e la conduttivita termica dello strato di supporto.

Flusso termico specifico verso il basso:

qu =θw − θu

Ru

Page 60: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 59

dove conRo si e indicata la resistenza termica per unita di superficietra i tubi e l’ambiente inferiore,ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficialeinferiore:

Ru = Rλ,ins + Rλ,sol + Rλ,int +1

hu

dove:

Rλ,ins e la resistenza conduttiva dell’isolante,

Rλ,sol e la resistenza conduttiva della soletta,

Rλ,int e la resistenza conduttiva dell’intonaco,1

hu= 0, 017 (m2 K)/W e la resistenza superficiale inferiore.

Somma dei due contributi:

qo + qu =θw − θi

Ro

+θw − θu

Ru

si aggiunga e si sottraggaθi al numeratore della seconda frazione del membro di destra, si ottiene:

qo + qu =θw − θi

Ro

+θw − θi

Ru

+θi − θu

Ru

infine:

qo + qu =θw − θi

Ro

(1 +

Ro

Ru

+Ro

Ru

θi − θu

θw − θi

)

e poiche

qo = qj =θw − θi

Ro

si ha:

qo + qu = qj

(1 +

Ro

Ru+

θi − θu

qjRu

)

Cosı, moltiplicando per l’area del pavimento, la potenza totale da fornire al localej-esimo risulta:

Qw,j = (qj + qu,j)AF,j = AF,jqj

(1 +

Ro

Ru

+θi − θu

qjRu

)

dalla equazione 2.6 per il localej-esimo si ha la seguente portata d’acqua:

mH,j =Qw,j

cwσj

=AF,jqj

cwσj

(1 +

Ro

Ru

+θi − θu

qjRu

)

Nel caso in cui si abbiaθu = θi, ovvero l’ambiente sottostante sia riscaldato, la formulasisemplifica come segue:

mH,j ==AF,jqj

cwσj

(1 +

Ro

Ru

)

Il qu (calore ceduto verso il basso) e equivalente al calore di unpannello radiantea soffittoper il vanoinferiore, e bisogna tenerne conto.

Page 61: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 60

Lunghezza dei circuiti

La lunghezza dei circuiti puo essere valutata con buona approssimazione, trascurando il contributodelle curve, nel modo seguente:

L =AF

T

doveAF e l’area del pavimento, eT il passo tra i tubi. E’ preferibile che la lunghezza dei circuiticada nel seguente intervallo:

30 < L < 100 m

In quanto percorsi molto lunghi hanno perdite di carico elevate, gravando troppo sulla pompa dicircolazione, la cui prevalenza dipende direttamente dalla lunghezza del circuito piu sfavorito. Da taleprevalenza e dalla portata totale dipende poi lapotenzaed il consumo di energia della pompa. Se dalcalcolo risultano valori diL troppo elevati, occorre spezzare il circuito in 2 o piu rami, ridistribuendola portata a parita di salto termico sull’acqua cosı si riducono di molto le perdite di carico. Questo econsigliato nel caso ci sia un circuito molto piu lungo degli altri, che condiziona tutto l’impianto.

Stanza 1 Stanza 2

Nella posa in opera ci sono dei locali (di solito i corridoi) in cui passano i tubi di diversi circuiti ed ilpasso puo essere troppo stretto per il rispetto della temperatura massima del pavimento, in tal caso siprovvede ad isolare alcuni tratti di tubo per evitare surriscaldamento. Tale isolamento protegge anchedalla formazione di condensa superficiale nel caso i pannelli vengano usati anche per il raffrescamentoestivo.

Per concludere, si sottolinea che gli impianti di riscaldamento in cui il fluido termovettore e abassa temperatura come per i pannelli radianti e spesso per iventilconvettori si possono utilizzareefficacemente le caldaie a condensazione che in questi casi funzionano in condizioni ottimali.

2.5 Confronto tra caldaie tradizionali ed a condensazione

Nelle caldaie tradizionali i fumi vengono espulsi a temperature tali da evitare la formazione di con-dense nel condotto dei fumi: per le caldaie a gasolio, a naftao ad olio pesante, a causa della presenzadello zolfo nei fumi i valori tipici sono attorno ai120/140oC per evitare la condensa acida dei com-posti dello zolfo. Per le caldaie a gas la temperatura dei fumi puo scendere a valori molto piu bassifino a circa80oC. Nelle caldaie a condensazioneinvece, gli scambiatori fumi-acqua sono fatti in

Page 62: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 61

modo da tollerare la condensazione del vapor d’acqua presente nei fumi e di sfruttarne cosı il caloredi cambiamento di faser che per i livelli di temperatura in gioco vale circa 2500 kJ/kg. Il metano(CH4), combustibile utilizzato in queste caldaie, tra gli idrocarburi e quello che presenta il maggiorrapportoH/C, che si traduce nella maggior in una maggior quantita di acqua nei fumi ed una maggiordifferenza tra il potere calorifico inferiore e quello superiore (circa il 10%).

Combustibile Potere calorifico a 25oC Densitanormale

[kJ/kg] [kJ/m3n] [kg/m3

n]inferiore superiore inferiore superiore

Idrogeno 120000 141900 10800 12770 0,090Metano 50050 55550 35890 39830 0,717Propano 46350 50400 93630 101800 2,020

Tabella 2.3: Poteri calorifici per alcuni combustibili gassosi

Da qui la convenienza nel far condensare il vapore presente nei fumi, che normalmente contengo-no acquaCO2, N2 e tracce di altri composti trascurabili dal punto di vista energetico. La temperaturadi rugiada del vapore contenuto nei fumi di una combustione stechiometrica di metano e di circa59oC16. Raffreddando i fumi sotto tale vapore si ha dunque formazione di condensa. Piu fredda el’acqua di ritorno dall’impianto, piu bassa puo essere latemperatura dei fumi in uscita, maggiore sarala quantita di vapore condensato, e dunque il calore latente recuperato. Le caldaie a condensazionesi accoppiano quindi perfettamente con gli impianti apannelli radianti a pavimento, che hanno tem-perature del fluido circolante molto piu basse di quelle deiradiatori. La temperatura superficiale delpavimento deve infatti restare al disotto dei29oC, che corrisponde ad una temp. di mandata attornoa 40 ÷ 50oC. Altro buon accoppiamento e quello con iventilconvettori, che per evitare un eccessi-vo riscaldamento dell’aria vengono fatti funzionare con una termperatura dell’acqua dell’ordine di45 ÷ 50oC. Si noti che le temperature di ritorno sono minori, tipicamente di10K, rispetto a quelle dimandata, e risulta quindi molto semplice far condensare il vapore nei fumi. Comunque, non si realiz-za mai la condensazione di tutto il vapore presente nei fumi in quanto man mano che questi si seccanodiminuisce la pressione di vapore e la temperatura di rugiada. Per aumentare le prestazioni di questecaldaie esse sono di solito accoppiate ad una sonda climatica esterna17 e ad una centralina elettronicache regola la temperatura di mandata dell’acqua all’impianto facendola diminuire all’aumentare dellatemperatura esterna18. Una caldaia a condensazione provvista di sonda climatica esterna e centralinadi controllo puo risultare vantaggiosa anche su un impianto a radiatori, in quanto ai carichi parziali letemperature di ritorno possono scendere al disotto del valore critico. Una caldaia a condensazione chelavori a temperature sufficientemente basse arriva ad avererendimenti superiori del 10/15% rispettoad una tradizionale.

• caldaia tradizionale aCH4 ad alto rendimento ha:

ηt100 =Φu

mcHi + R≈ 91%

16La combustione avviene sempre con un eccesso d’aria ed il valore della temperatura di rugiada diminuisce all’aumen-tare dell’eccesso d’aria nella combustione a causa della diluizione dei fumi ed una minore pressione parziale del vapord’acqua.

17Sonda che misura la temperatura dell’aria esterna18La regolazione si basa sulla dipendenza quasi lineare tra ilcarico sull’impianto e la differenza di temperatura tra gli

ambienti riscaldati e l’esterno

Page 63: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 62

dove

ηt100 = rendimento a massimo carico riferito adHi

Hi = potere calorificoinferiore

R = potenza del ventilatore del bruciatore (trascurabile)

Si vede che la massima potenza ottenibile e forzatamente legata all’Hi, non avendosi conden-sazione.

• caldaia a condensazione aCH4:

Acqua di ritorno

Condensa

η =Φu, cond

mcHs≈ 90/92%

ηt100 = 98/102%

dove

η rendimento a massimo carico riferito adHs

Hs potere calorificosuperiore

Si noti che il valore diηt100 puo superare l’unita in quanto e riferito al potere calorifico inferiore.

Come si puo notare, il rendimento effettivo di una caldaia acondensazione puo essere nettamen-te superiore, anche se bisogna controllare con continuitala temperatura dell’acqua per garantire lacondensazione in tutte le situazioni in cui e possibile.

In definitiva, una caldaia a condensazione rispetto ad una normale comporta:

- minori spese di combustibile

maggiori spese di acquisto e manutenzione.

Page 64: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 63

2.6 Locali caldaie e sicurezza

La caldaia e un sistema che trasforma l’energia chimica di una portata di combustibile,mc, in energiatermica, trasportata poi all’edificio con una linea di distribuzione del fluido caldo. La portata di fluidoin uscita e garantita da unapompa, e poche il circuito e chiuso e il regime stazionario ci sara un ritornocon la stessa portata. Si rendono necessaridispositivi di controllo e sicurezza:

-

VASO ESPANSIONE

TRM REG TRM

CD

VAC

VS(RM)

RITORNO

MANDATASFIATO

TRM RM

POMPA

PRST RM

MANOMETRO

• TRM RM= termostato di sicurezza a riarmo manuale: si interviene manualmente per riattivareil sistema. Scatta quando la temperatura supera quella di regolazione.

• TRM REG= termostato di regolazione, spegne la caldaia quando si raggiunge la temperaturadell’acqua voluta.

• VAC= valvola di controllo del combustibile, che puo esserechiusa da un dispositivo di sicurezzaattiva quando si raggiungono temperature troppo elevate.

• TRM CAL= tremometro caldaia, senza funzioni di sicurezza.

• TRM MA= termometro sulla tubazione di mandata

• MAN= manometro per controllare la pressione

• PRS RM= pressostato a riarmo manuale, scatta al superamentodi una pressione ritenuta peri-colosa

• SFT= sfiato, che sfiata i gas presenti nella caldaia

• VS RM= valvola di sicurezza, la cui apertura e controllata da una molla, quando scatta si hauno scarico di parte del fluido contenuto nel generatore. anche questa e a riarmo manuale, ed esensibile alla pressione nel fluido.

• VE= vaso di espansione, che compensa le dilatazioni del fluido alle diverse temperature.

Page 65: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 64

2.6.1 Vasi di espansione

Il fluido che riempie tutti i componenti dell’impianto e tutti i tubi, durante il funzionamento dell’im-pianto subisce delle variazioni di temperatura cicliche (cicli giornalieri, settimanali, stagionali). Lemaggiori variazioni si hanno tra i lunghi periodi di spegnimento ed i periodi di pieno regime. Acausa delle variazioni di temperatura il fluido e soggetto avariazioni di volume per effetto della dila-tazione termica. Per impianti a liquido, la variazione di volume tra impianto freddo e impianto caldo(espansione) si valuta in funzione del contenuto di fluido19 e delle sue caratteristiche, come segue:

E = Vlα(θ)(θmax − θmin)

con:

E variazione di volume del liquido dell’impianto;

Vl volume di liquido contenuto nell’impianto;

α(θ) coefficiente di dilatazione volumica del liquido20;

θmax massima temperatura prevista per il funzionamento normaledell’impianto;

θmin minima temperatura prevista per il liquido dell’impianto.

Per gli impianti di riscaldamento ad acqua, assumendo normalmente:

θmax = 80oC

θmin = 10oC

tenuto conto della dipendenza diα dalla temperatura si puo assumere:

α(θmax − θmin) = 0, 03

In pratica la variazione di volume del liquido risulta pari al 3% del volume iniziale. Per gli impiantia radiatori il volume d’acquaVl contenuto nell’impianto e proporzionale alla potenza dell’impianto evale circa15÷20 l/kW. La variazione di volume del fluido, durante l’esercizio normale dell’impianto,e compensata mediante dei dispositivi detti vasi di espansione21. I vasi di espansione sono collegatial generatore mediante dei tubi detti tubi di sicurezza che devono rispettare particolari disposizionidimensionali e di collegamento riportate nella Norma gia citata UNI 10412.

I vasi di espansione possono essere di due tipi,aperti o chiusi.

Vasi aperti:

Presenti solo nei vecchi impianti e negli impianti con generatore di calore a combustibile solido nonpolverizzato, sono posti al di sopra del punto piu alto dell’impianto e sono collegati a questo puntomediante un tubo detto tubo di sicurezza. Sono costituiti dauna vaschetta con coperchio e di solitosono muniti di galleggiante per il controllo del livello minimo. All’interno della vaschetta il liquidopuo oscillare tra il livello minimo, controllato dal galleggiante, ed un livello massimo, determinatoda un tubo di troppo pieno che scarica il liquido in eccesso inuna tubazione o canale di scarico. Leoscillazioni del liquido all’interno del vaso devono compensare le variazioni di volume del liquido

19Il progettista ha l’obbligo di dichiarare il volume di fluidocontenuto nell’impianto20Il coefficiente di dilatazione volumica e una proprieta che dipende sensibilmente dalla temperatura21La norma di riferimento per i vasi di espansione e gli altri dispositivi di sicurezza sugli impianti ad acqua calda e la

UNI 10412.

Page 66: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 65

nell’impianto che passando da impianto freddo a impianto caldo subisce una dilatazione. Pertantoil volume compreso tra il livello dell’acqua a impianto inattivo (punto di chiusura del galleggiante)ed il livello dell’acqua in corrispondenza al bordo inferiore del tubo di troppo pieno deve essere noninferiore all’espansioneE del fluido. Oltre al troppo pieno il vaso aperto deve essere dotato di untubo di sfogo comunicante con l’atmosfera. Il tubo di troppopieno e quello di sfogo devono essereindipendenti e senza valvole di intercettazione. I vasi di espansione, i tubi di sicurezza e i tubi ditroppo pieno devono essere protetti dal gelo.

E

troppo pieno

canale di sfogo

tubo di sicurezza

Figura 2.10: Schema di un vaso di espansione aperto

Vasi chiusi:

Si possono classificare nel modo seguente:

autopressurizzati senza diaframma o membrana;

prepressurizzati senza membrana o con membrana;

a pressione costante senza membrana;

a pressione e volume costanti costituiti da due serbatoi senza membrana.

Vengono collegati alla tubazione di mandata, al di sotto della flangia oppure al ritorno in prossi-mita della caldaia; i primi due tipi si evita di collegarli avalle della pompa di circolazione per nonassoggettarli alla prevalenza della pompa. I vasi di espansione chiusi senza membrana, vedi Figura2.12, quando vengono collegati all’impianto sono pieni di gas (solitamente aria o azoto), a pressioneatmosfericapo se auto pressurizzati o alla pressione di precaricapp se prepressurizzati. Il collegamen-to e fatto in modo che l’ingresso dell’acqua sia rivolto verso il basso in modo da non lasciare uscirel’aria o il gas.

Durante il caricamento dell’acqua nell’impianto il vaso siriempie parzialmente d’acqua e la pres-sione interna si porta alla pressione dell’impianto spentopio di inizio esercizio (pressione idrostatica

Page 67: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 66Schema di impianto con tubo di sicurezza e tubo di carico

Legenda

1 Tubo di sfiato

2 Tubo di troppo pieno

3 Tubo di caricamento

4 Andata

5 Ritorno

6 Generatore di calore

7 Tubo di sicurezza

8 Vaso d’espansione aperto

Figura 2.11: Schema di impianto con vaso aperto

in corrispondenza del vaso)22. Nei vasi autopressurizzati la pressione di inizio carica `e pari allapressione atmosfericapo. Durante l’esercizio, a causa della dilatazione dell’acqua contenuta nell’im-pianto, dell’acqua entra nel vaso, ne occupa una parte e comprime il gas contenuto in esso. Allatemperatura massima di esercizio la pressionepf all’interno del vaso non deve determinare in altreparti dell’impianto il superamento del valore della pressione massima di esercizio dei componentidell’impianto alla quale sono tarati i dispositivi di sicurezza quali ad es. le valvole di sicurezza. Lapressione assoluta massimapf viene posta pari alla pressione di taratura della valvola disicurezzadiminuita di una quantita corrispondente al dislivello diquota esistente tra il vaso di espansione sequest’ultima e posta piu in basso ovvero aumentata se posta piu in alto. Per calcolare il volume delvasoVv si ipotizza che le trasformazioni, prima descritte, di compressione del gas all’interno del vasosiano isoterme e che il gas abbia comportamento ideale. Pertanto, l’espansione del liquidoE e com-pensata dalla diminuzione di volume del gas contenuto nel vaso compresso dalla pressione assolutainiziale d’eserciziopi alla pressione assoluta massima d’eserciziopf

23. Cosı si puo scrivere:

E = Vi − Vf (2.7)

con:

Vi volume occupato dal gas a impianto fermo;

Vf volume occupato dal gas alla pressione massima di esercizio;

22Nei calcoli del volume del vaso il valore della pressione assoluta inizialepi viene aumentato di una quantita stabilitadal progettista comunque non minore di 15 kPa.

23Con riferimento alla pressione massima d’esercizio, gli impianti si distinguono in impianti con pressione di eserciziominore o maggiore di 5 bar (0,5 MPa).

Page 68: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 67

ip E

fp

Vi

Vf

Figura 2.12: Schema di un vaso di espansione chiuso senza membrana

Per la compressione isoterma di gas ideale si ha:

poVo = piVi = pfVf

doveVo = Vv e pari al volume occupato dal gas alla pressione atmosfericapo.Si possono esprimereVi eVf in funzione diVv come:

Vi = Vvpo

pie Vf = Vv

po

pf

sostituendo nella equazione 2.7 si ottiene:

E = Vv

(po

pi− po

pf

)

ed infine:

Vv =E

po

pi− po

pf

(2.8)

Sul valore diVv e accettabile una tolleranza del± 10%Nei vasi prepressurizzati (con o senza membrana) la pressione inizialepp (pressione di precarica)

nel vaso e superiore alla pressione atmosfericapo. Nei vasi senza membrana questa pressione deveessere inferiore alla pressione minima di eserciziopi per evitare la fuoriuscita del gas a impiantofreddo mentre in quelli con membrana o diaframma, in cui il gas e trattenuto dalla membrana, deveessere superiore a tale valore per sfruttare tutta la capacita del vaso. In tal caso (vasi con membrana),vedi Figura 2.13, il volume massimoVi occupato dal gas a impianto fermo coincide col volume delVv del vaso. L’equazione 2.7 diventa:

E = Vv − Vf

Mentre, sempre nell’ipotesi di trasformazione isoterma siha:

ppVv = pfVf

Page 69: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 68

ip

Vi

fp

Vf

acqua

gasgas

membrana

Figura 2.13: Schema di un vaso di espansione chiuso con membrana

si espliciti rispetto aVf e si sostituisca nella precedente e si ottiene:

Vv =E

1 − pp

pf

(2.9)

I diaframmi o membrane di separazione dei vasi chiusi devonoessere fabbricati con materiali resi-stenti alla massima pressione e temperatura di esercizio prevista per l’impianto.

Per i vasi prepressurizzati senza membrana si potrebbe utilizzare l’equazione 2.8 usando la pres-sione di precaricapp al posto della pressione atmosfericapo. La Norma UNI 10412, invece, impone diutilizzare l’equazione 2.9 per calcolareVi e poi di aggiungere a questo il volume di liquido presentenel vaso a impianto freddo24. A parita di variazioni di volume da compensare e di pressioni mini-ma e massima d’esercizio, i vasi d’espansione chiusi prepressurizzati senza membrana risultano piupiccoli di quelli autopressurizzati e quelli con membrana risultano minori di quelli senza membranaprepressurizzati.

I vasi di espansione privi di diaframma o membrana di separazione tra l’acqua e il gas in pressionedevono essere muniti di un mezzo per accertare il livello dell’acqua all’interno del vaso stesso25.

I vasi di espansione a pressione costante sono dei serbatoi chiusi, all’interno dei quali viene man-tenuta la pressione minima possibile nell’impianto, pari aquella idrostatica di carica dell’impianto,grazie ad un cuscino d’aria, vedi la figura 2.14. Il livello diliquido nel vaso deve poter variare per unavariazione di volume pari alla espansioneE. In pratica il vaso a pressione costante e come un vasoaperto che invece di lavorare a pressione atmosferica lavora alla pressionepi. La pressione nel vasoviene mantenuta costante mediante una valvola che scarica aria all’esterno quando nel vaso entra delliquido a causa dell’aumento di temperatura nell’impiantoe mediante un compressore che introdu-

24Questo e probabilmente voluto per cautelarsi dalla incertezza che ci puo essere sul valore dipp per i vasi senzamembrana.

25Ad esempio un tubicino che collega la parte inferiore del vaso, in cui c’e il liquido, con la parte superiore, in cui c’eil gas, ed avente un tratto trasparente in corrispondenza della variazione di livello prevista.

Page 70: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 69

ce aria nel vaso quando questo si svuota di liquido durante lefasi di raffreddamento dell’impianto.Questo tipo di vaso ha i seguenti vantaggi:

• ha le dimensioni minime possibili, infatti il suo volume e di poco maggiore dell’espansioneE;

• non produrre aumenti di pressione nell’impianto per compensare le dilazioni del liquido

e quindi adatto per i grandi impianti e per quegli impianti che sono gia soggetti a impianto freddo apressioni prossime a quelle massime accettabili per qualche componente dell’impianto. Ovviamen-te la presenza del compressore aumento sensibilmente il costo del sistema di compensazione delledilatazioni del liquido.

E

Vi

Vf

ip

Figura 2.14: Schema del vaso di espansione a pressione costante

Per i grossi impianti in cui il contenuto di liquido e elevato anche il volume dell’espansioneE egrande. Per non utilizzare un serbatoio di grande diametro aelevata pressione26 puo essere conve-niente adottare vasi di espansione a pressione e volume costanti. Essi sono costituiti da due serbatoi:uno di dimensioni minori operante alla pressionepi ed uno di dimensioni maggiori operante alla pres-sione atmosfericapo, vedi la figura 2.15. Il serbatoio di piccole dimensioni deveconsentire le minimeoscillazioni di livello del liquido che gli strumenti devono percepire per far intervenire i dispositi-vi di carica o svuotamento mentre il serbatoio di elevate dimensioni serve alla compensazione delladilatazione. A impianto freddo il liquido nel serbatoio pi`u grande e al livello minimo; durante il ri-scaldamento, mentre il liquido nell’impianto si dilata, illivello nel serbatoio piccolo si alza, i sensoripercepiscono la variazione di livello e fanno aprire la valvola di scarico verso il serbatoio di dimensio-ni maggiori, questo fino al raggiungimento della temperatura di esercizio. Durante il raffreddamentodell’impianto il liquido nell’impianto si contrae e richiama liquido dal serbatoio piu piccolo nel qualeil livello diminuisce e gli strumenti fanno intervenire la pompa per trasferire liquido dal serbatoiomaggiore, alla pressionepo a quello minore, alla pressionepi.

Evidentemente il serbatoio va dimensionato per un volume maggiore diE, mentre il serbatoiominore va dimensionato per le oscillazioni consentite dagli strumenti di controllo.

26A parita di pressione e di materiale per la resistenza meccanica lo spessore della lamiera di cui e costituito il serbatoioaumenta proporzionalmente al diametro del serbatoio.

Page 71: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 70

E

Vi

Vf

op

ip

Figura 2.15: Schema del sistema a pressione e volume costanti per la compensazione dell’espansione

Se si vuol fare una modifica sostanziale all’impianto (es. ristrutturazioni) inserendo un nuovocircuito, si deve cambiare il vaso di espansione. Talvolta si inseriscono vasi di espansione anche suicircuiti secondari.

2.6.2 Dimensionamento delle valvole di sicurezza

La valvola di sicurezza e un dispositivo sensibile alla pressione nell’impianto. La valvola di sicurezzae dimensionata in funzione dellapotenza utiledella caldaia27. Dal punto di vista della sicurezza, gliimpianti termici vengono classificati a seconda che la loro potenza termica sia inferiore o superiore a350 kW. La valvola di sicurezza deve intervenire quanto la pressione nel generatore supera la pressio-ne di taratura che non deve mai superare la massima ammessa per il generatore. Quando la valvola disicurezza interviene (a meno che non ci sia un guasto nel vasodi espansione) le condizioni dell’acquasono tali per cui espandendo dalla pressione nell’impiantoalla pressione atmosferica passa allo statodi vapore. Pertanto si vuole che la portata di vapore in uscita equilibri la potenza termica utile dellacaldaia

mvr = Φu

dovemv e la portata di vapore, edr e il calore di vaporizzazione (circa 2500 kJ/kg). Dimensionare lavalvola significa scegliere la sezione di scarico:

Φu = mvr =V

vvr =

wmax

vvA r

dove

wmax velocita’ massima del vapore sulla valvola;

vv volume specifico del vapore

27Ogni generatore di calore deve essere dotato di valvola di sicurezza.

Page 72: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 71

A area della valvola

Si ottieneA = Φu

vv

wmaxr

si vede che attraverso la potenza del generatore e la velocita massima del vapore si determina subitola sezione di scarico della valvola.

Nella Norma UNI 10412 la sezione di scarico della valvola si calcola con la seguente formula:

A = 0, 005mvM

0, 9K

con:

A area minima netta dell’orifizio della valvola, in centimetri quadrati;

mv portata di vapore della valvola di sicurezza, in kilogrammiora;

M fattore della valvola, da ricavare da tabella;

K coefficiente di portata della valvola.

Il termine M/(0, 9K) presente nella precedente formula viene riportato in una tabella della normaper le valvole di sicurezza ordinarie28.

2.6.3 Valvola di scarico termico

Le valvole di scarico termico sono dispositivi azionati da elementi sensibili alla temperatura nel gene-ratore di calore. Devono intervenire in modo da evitare che la temperatura dell’acqua nel generatoresuperi la temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica. Le valvole di scarico termico sca-ricano acqua dal generatore che viene reintegrata con acquadalla rete idrica; devono assicurare untrasferimento all’esterno di una quantita di potenza termica non inferiore alla potenza termica utiledel generatore e devono anche essere dotati di un dispositivo per l’intercettazione dell’alimentazionedel combustibile o dell’aria comburente nel caso di generatori a combustibile solido non polverizzato.

2.6.4 Locale caldaia e camino

Il locale caldaiao centrale termica, deve soddisfare determinati requisiti di sicurezza:

• le dimensioni devono sottostare a vincoli di norma

• devono essreci aperture per l’ingresso dell’aria comburente, e per lo sfogo del combustibile nelcaso ci fosse una perdita: in alto per il metano (piu’ leggerodell’aria) ed in basso per il GPL(piu’ pesante).

• se il combustibile e GPL, la centrale deve essere completamente fuori terra.

• il canale di fumo deve essere a pendenza sempre positiva

• il caminodeve garantire l’evacuazione dei fumi pertiraggio naturale, garantito dalla differenzadi densita’ tra i fumi caldi e l’aria fredda esterna. Nel camino si prevede uno sportello diispezione per la rimozione del materiale accumulato.

28Le valvole di sicurezza ordinarie sono quelle per le quali non viene effettuata alcuna determinazione sperimentale,per tali valvole si deve assumereK = 0, 05.

Page 73: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 72

Aria GPL

Aria CH 4

H

si puo tracciare unandamento delle pressioninelle caldaieatmosferiche(ovvero senza ventilatore)e pressurizzate:

• Caldaia atmosferica:

H

Entra aria a P atmosferica

Patm Sbocco

∆ Ptiraggio

∆P = gH(ρA − ρF )

con H altezza del camino,ρA densita’ dell’aria fredda in ingresso,ρF densita’ dei fumi. Si hache

ρA > ρF

• Caldaia pressurizzata:

H

Patm Sbocco

∆ Ptiraggio

Ventilatore

Page 74: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 73

Il canale da fumo ed il camino devono comunque essere indepressionerispetto all’ambiente,per evitare la fuoriuscita di fumi nel tragitto. Quindi, anche nella caldaia pressurizzata, l’e-spulsione dei fumi deve essere dovuta al tiraggio del camino, che comunque e limitato per lapresenza del ventilatore che favorisce il moto del fluido in caldaia.

Per il dimensionamento dei camini le norme di riferimento sono le UNI 7129 e la UNI10641, che rego-lano anche losbocco: esso deve essere piu’ alto del tetto, in modo da evitare la zona di ricircolazioneed arresto.

Tetto

Zone di ricircolazione e di arresto causa del vento

2.7 Schemi e funzionamento di diverse tipologie di impianti

Verranno trattate diverse tipologie di impianti, seplici ecomplessi, a seconda delle esigenze, con osenza circuiti secondari.

2.7.1 Impianto di riscaldamento monofamiliare piccolo

E’ servito da una caldaia che possiede gia’ al suo interno tutti i sistemi di sicurezza e la pompa dicircolazione. Viene realizzato di solito acollettori complanari, il cui collegamento alla caldaia ediretto con tubi di acciaio. Dai collettori ai terminali si usano invece tubi in rame.

Collettore caldo

Collettore freddo

Termostato ambiente

Radiatori

Caldaia

T

La regolazione avviene attraverso iltermostato ambienteche interviene sulla pompa e sul bruciatore,regola anche gli orari di accensione. Si possono installareanche dellevalvole termostatiche, collo-cate nei terminali, che regolano la differenza di temperatura acqua-ambiente, e sono regolate dallatemperatura ambiente stessa. Queste non vanno poste nello stesso locale del termostato ambiente.

2.7.2 Impianto di riscaldamento monofamiliare grande

L’impianto, piu’ grande del precedente, viene diviso inpiu’ zone, di solito zona notte e zona giorno,per permettere il funzionamento in dorari differenti.

Page 75: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 74

Secondari

Collettori

Primario

Caldaia

Zona 1 Zona 2

Si noti che la soluzione prevede secondari senza pompe, e regolazione trmitevalvole a ter vie,

B

A

A + B

che regolano la temperatura dell’acqua di mandata e sono controllate dai termostati ambiente dellerispettive zone. La valvola funziona con A chiuso e B aperto,o viceversa, ma senza posizioni inter-medie, e sono attuate da motori elettrici od elettrocalamite. Gli impianti visti finora presentano unasola pompa di circolazione sul primario. In realta’ si possono avere anche variepompe sui circuitisecondari, ed in questo caso non si fanno distinzioni tra impianti piccoli e grandi.

2.7.3 Impianto di riscaldamento a MISCELAZIONE

Sono impianti molto diffusi, meno complessi e costosi di quelli ad iniezione.

Primario

CaldaiaZona 2

ms−mp

ms

mp

Carico zona 1

Si vede che, rispetto agli impianti ad iniezione:

mancano le valvole di taratura

la valvola a 3 vie e posta sulla mandata del secondario, anziche’ sul ritorno. Questo perche’la valvola a 3 vie funziona meglio come miscelatrice, che come deviatrice.

i due collettori sul primario sono collegati, e non c’e dunque differenza di pressione.

Naturalmente, si ha:ms > mp

a meno che non si chiuda il ricircolo. Anche qui si effettua una regolazione della temperatura dimandata al secondario, pero si puo variare anche la portata.

Page 76: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 75

2.7.4 Impianto di riscaldamento a MISCELAZIONE senza pompasul prima-rio

hhPrimario

Caldaia

Carico zona 1

Zona 2ms−mp

ms

mp

In questa tipologia di impianto e assente la pompa sul primario, e non c’e collegamento tra i duecollettori. se l’impianto e molto grande e prevista una piccola pompa di ricircolo presso la caldaia,per mantenere la temperatura di ritorno ad un valore abbastanza elevato da evitare la formazione dicondensa all’interno della caldaia stessa. Questo perche’il contatto tra i fumi caldi ed un tubo troppofreddo (sotto la temperatura di rugiada dei fumi stessi) porta alla formazione di conensa che puocorrodere gli scambiatori. Questo tipo di impianto puo essere utilizzato anche con sistemi a bassatemperatura (pannelli a pavimento), come nello schema seguente:

Primario

Carico zona 1

CaldaiaZona 2

mp

ms

viene garantita una portata di ricircolo che limita la temperatura di mandata del secondario al valoremassimo previsto per non avere pavimenti troppo caldi.

2.7.5 Analisi degli impianti a MISCELAZIONE

serve a determinare le portate nei rami della rete e dei rapporti fra di esse per la regolazione con lavalvola miscelatrice a 3 vie.

hhPrimario

Carico zona 1

ms, tms

Zona 2

mp

ms-mp

Caldaia

trs

trs

Page 77: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 76

L’impianto puo essere considerato come diviso in 2 maglie diverse:

1

2

3

4

I rami 1 e 2 sono in parallelo, cosi’ come i rami 3 e 4.Nella condizione dicarico massimodell’impianto, si ha:

B

A

A + B

la valvola a 3 vie presenta A completamente chiuso: le portate su perimario e secondario coincidono,e quindi anche le temperature:

ms = mp

θs = θp

ms − mp = 0

qmax = mscw(θms − θrs)max

qmax = mp cw(θmp − θrs)max

conθms = θmp eθrs = θrp, e dunque per il carico massimo occorre la portata seguente:

ms =qmax

cw(θms − θrs)max

Poiche’ il carico non e quasi mai al massimo, e molto importante anche ilfunzionamento a caricoparziale: la valvola A e aperta, e si ha:

q < qmax

q = ms cw(θms − θrs)

q = mp cw(θmp − θrs)

La regolazione modifica la portata al secondario:

mp

ms=

θms − θrs

θmp − θrs

si vede che il rapporto delle portate e legato al rapporto delle temperature, e si puo scrivere anche:

q

mscw=

mp

ms(θmp − θrs)

Page 78: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 77

q

mscw

=mp

ms

[(θmp − θamb) − (θrs − θamb)]

inoltreq

qmax(θms − θrs)max =

mp

ms[(θmp − θamb) − (θrs − θamb)max

q

qmax]

da cui, si ha:mp

ms=

(θms − θrs)maxq

qmax

(θmp − θamb) − (θrs − θamb)maxq

qmax

Un termostato sulla mandata del primario e uno sul secondario regolano il rapporto tra le portate.

2.7.6 Impianti con un unico circuito:

ms, tms

A

B AB

ms, trsmc, trs

ms-mc

mc, tc

Anche in questo caso si ha regolazione con valvola miscelatrice: entramc a θc, escemc a θrs. ilbilancio di entalpie e il seguente:

q = mc c (θc − θrs)

q = ms c (θms − θrs)

mc

ms=

θms − θrs

θc − θrs

Nelle condizioni di carico massimoqmax si avra’ il massimo salto di temperatura sul secondario:

qmax = ms c (θms − θrs)max

q

ms c=

mc

ms(θc − θamb) =

mc

ms[(θc − θamb) − (θrs − θamb)]

q

ms c=

q

qmax(θms − θcs)max

q

ms c=

mc

ms

[(θc − θamb) − (θrs − θamb)maxq

qmax

]

dove

(θrs − θamb) =(θrs − θamb)max

(θrs − θamb)max(θrs − θamb)

e dunqueq ∝ (θrs − θamb)

qmax ∝ (θrs − θamb)max

Page 79: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 78

da cuimc

ms=

(θms − θrs)maxq

qmax

(θc − θamb) − (θrs − θamb)maxq

qmax

e si vede che il rapporto tra le portate e funzione delle temperature controllateθc eθamb.

2.7.7 Impianto di riscaldamento a INIEZIONE

Secondari

Collettori

Primario

CaldaiaZona 2

ms

mi

mp−mi

ms−mi

mp

Carico zona 1

Si vede che sono presenti due circuiti distinti, primario e secondario, ognuno con la propria pompa.Le valvole di taraturagarantiscono una portata costante, e si indicano come segue:

Oppure

In particolare,mi e la portata di iniezione,ms la portata sul secondario emp quella sul primario. Ilby-pass permette un ricircolo parziale della portata del secondario. Da notare che:

- i collettori sono a pressioni diverse

le due pompe (sul primario e sul secondario) lavorano a portata costante, e lo si vede dal fattoche il circuito che chiude la pompa non ha regolazioni.

-- grazie alla valvola di taratura si ha portata sul secondario costante, pur variando la portata diinezione d dunque la temperatura.

La regolazione serve a mantenere al secondario una opportuna temperatura per quegli impiantiche non possono funzionare alla temperatura massima della caldaia che circola nel primario. Tipicoutilizzo, per i pannelli radianti a pavimento). In definitiva, questo impianto lavora a portata costante alsecondario, e permette di variare la temperatura di mandata. Questo avviene grazie alla portata di inie-zione, che ha la temperatura che arriva dalla caldaia, ed e regolata dalla valvola a tre vie. Diminuendola mi e grazie al ricircolo, la temperatura di mandata del secondario si mantiene sufficientementebassa.

q (fornitura calore)

ms, hrs

ms, hms

Page 80: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 79

q = ms(hms − hrs) = mscw(θms − θrs)

conhms ehrs entalpie di mandata e di ritorno sul secondario;

θ(mi) > θ(ms)

grazie al ricircolo si mantiene una differenza di temperatura tra i due circuiti di almeno 10 K. Danotare infine che la pompa sul primario e necessaria per garantire la circolazione in questo circuito,che non ci sarebbe con la sola pompa sul secondario per la presenza del by-pass.

Osservazione:le valvole a 3 vie possono essere utilizzate comemiscelatrici, con 2 entrate ed 1uscita, o comedeviatrici, con 1 entrata e 2 uscite.

2.7.8 Scelta delle valvole di regolazione:

Si scelgono in funzione delleperdite di caricoa cavallo della valvola.Per una valvola di regolazione a tre vie, ad esempio: la valvola introduce una perdita di carico nel

B

A

AB

Funzionamento a miscelazione

circuito, che va sommarsi a tutte le altre presenti.

B

A

AB

∆Pc

∆Pv

Nella condizione divalvola aperta, si deve soddisfare la condizione seguente:

∆pv ≈ ∆pc

dove∆pv sono le perdite della valvola, e∆pc quelle del circuito. La valvola opera su di un circuitoin cui le perdite sono dovute anche alla valvola stessa: talecircuito funziona bene se la perdita dovutaalla valvola e elevata, in quanto il comportamento risultapoco influenzato dalle variazioni di∆pv

Page 81: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 80

e∆pc introdote dalla regolazione. I costruttori caratterizzano le valvole con uncoefficiente dellavalvolaKV :

KV =V√∆pv

In praticaKV e laportata volumetrica corrispondentead un salto∆pv = 1 bar, ossia una perdita dicarico unitaria. Ora, posta la condizione

∆pv = ∆pc

e dato il valore della portataV , si trova il valore delKV s di scelta:

KV s =V√∆pc

da cui si sceglie la valvola dai cataloghi in modo da avere

KV < KV s

ed un diametro adeguato al diametro dei tubi. Da notare che ilKV di una valvola e calcolato dalproduttore misurando la portata che provoca un∆pv = 1 bar, mentre ilKV s e ricavato dal progettistain funzione dell’impianto, determinando la perdita di carico effettiva sulla valvola.

2.7.9 Scelta delle pompe di circolazione:

La pompa deve vincere una determinata perdita di carico∆p in un circuito con portata assegnataV .Sui cataloghi sono forniti i diagrammi di funzionamento prevalenza/portata alle diverse velocita’ dirotazione delle varie pompe:

Le pompe di circolazione di piccola potenza sono di solito a rotore bagnato (chiamatecircolatori),questa soluzione costruttiva consente di alleggerire il carico assiale sui cuscinetti. Nella Figura 2.18e riportata una sezione di un circolatore a rotore bagnato.

Una stessa pompa puo essere predisposta per lavorare a diverse velocita di rotazione ottenibiliagendo opportunamente sul motore elettrico. Sui cataloghisono forniti i diagrammi di funzionamentoprevalenza/portata (curve caratteristiche) alle diversevelocita’ di rotazione delle varie pompe. Lacurva caratteristica puo essere piu o meno inclinata, si puo parlare di caratteristiche piatte oppureripide per variabilita rispettivamente ridotta o elevatadella prevalenza in funzione della portata. NellaFigura 2.19 sono riportate qualitativamente una caratteristica piatta ed una ripida.

La curva caratteristica della pompa e la sua pendenza sono elementi determinanti ai fini dellevalutazioni tecniche e del comportamento dell’impianto. L’aspetto si evidenzia negli impianti di ri-scaldamento degli edifici civili, in particolare dove sono installate valvole termostatiche sui corpiriscaldanti; queste provocano punti di lavoro variabili connessi alla variazione di portata che determi-nano. In questi casi la pompa e scelta per portata utile al trasporto della massima quantita di calorerichiesto, e quindi per la copertura del massimo fabbisognotermico. Le valvole termostatiche con-trollano la portata che scorre nei corpi riscaldanti strozzando il passaggio. Conseguente a questavariazione s’instaura un nuovo punto di lavoro sulla curva caratteristica della pompa corrispondentead una maggiore prevalenza. Le ripercussioni dovute alle differenti pendenze della curva caratteristicadella pompa, riferita alla caratteristica dell’impianto,sono rappresentate in Figura??

Page 82: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 81

Figura 2.16: Esempio da catalogo di famiglie di pompe per impianti

Figura 2.17: Simbolo grafico per una pompa in un impianto

Curva caratteristica piatta

Con andamento piatto della curva si possono verificare anchenotevoli variazioni della portata, senzache questo provochi rilevanti variazioni della prevalenza. Grazie a tale caratteristica della curva si ot-tengono i seguenti vantaggi: Non sono generati rumori fastidiosi. Il comportamento della regolazionenon e influenzato. Le pompe con curva caratteristica piattaassicurano che, con la chiusura dei corpiscaldanti, la portata del fluido in circolazione diminuiscesenza provocare inaccettabili aumenti dellaprevalenza.

Curva caratteristica ripida

Con l’andamento della curva ripida, gia con modeste variazioni della portata, si verificano rilevan-ti e non trascurabili variazioni della prevalenza. Le ripercussioni negative sul funzionamento dellevalvole termostatiche sono ottenute con l’impiego di regolazioni delle prestazioni della pompa. L’im-piego delle elettropompe con inverter impedisce, in modo automatico, l’aumento della prevalenza aldiminuire della prevalenza. Per gli impianti dove non si hanno ripercussioni dovute alla presenza di

Page 83: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 82

Figura 2.18: Sezione di un circolatore

valvole termostatiche, si possono adottare vantaggiosamente pompe con curva caratteristica ripida,per esempio impianti a panelli radianti o monotubo, o in tutti quei casi dove per ragione di sicurezza,in fase di progetto, sono ipotizzate perdite di carico maggiori rispetto a quelle reali. L’esperienzapratica insegna che spesso, le perdite di carico reali dell’impianto sono inferiori a quelle calcolate,pertanto risulta che la curva caratteristica e piu piatta. Nella circostanza la curva ripida della pompaoffre il vantaggio che il punto di lavoro, (punto d’intersezione fra curva dell’impianto e della pompa),non si scosta troppo verso destra, provocando un aumento di portata inferiore a quello di una curvapiatta. Si evita l’instaurarsi di rumori fastidiosi, causati dall’eccessiva portata lungo le tubazioni.

Q (portata)

H (prevalenza)

Curve di funzionamento

Velocita' di rotazione

Il calcolo sul circuito fornira i due valori, corrispondenti ad un punto sul diagramma, che in generenonappartiene ad una curva caratteristica di una pompa in commercio: la scelta di solito e quella di

Page 84: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 83

Figura 2.19: Esempi di curva caratteristica piatta e ripidadi una pompa

una macchina con la caratteristica piu vicina che passaal di sopradel punto stesso. In realta ancheuna pompa con curva caratteristica che incroci la caratteristica dell’impianto al di sotto del punto difunzionamento nominale puo essere una buona scelta. Infatti, soprattutto negli impianti a radiatori,in quanto la resa dei radiatori in funzione della portata, a portate prossime a quella nominale, variapoco al variare della portata. In pratica, per questi impianti si puo tollerare una variazione sulla por-tata dell’ordine del±10% del valore nominale senza compromettere minimamente ilfunzionamentodell’impianto.

H

V.

curve caratteristiche delle pompe

curva caratteristica

dell'impianto

curva dell'impianto

modificata

Page 85: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 84

La curva caratteristica dll’impianto e praticamente parabolica perche le perdite sono proporzionali av2 e quindi aV 2.

Le pompe dei grandi impianti sono di solitogemellate, dotate di sistemi automatici che ne rego-lano il funzionamento alternato, in modo da garantire sempre il funzionamento dell’impianto, anchein caso di guasto ad una pompa.

La curva caratteristica di un sistema gemellato in cui le pompe funzionano in parallelo e ugualea quella della singola pompa, solo che risulta allargata, avendo il doppio della portata a parita’ diprevalenza. Si usano, ovviamente, per impianti con grosse portate e basse prevalenze.

Q

HPompa singola

2 pompe gemellate

Page 86: Dispensa Impianti 1

Capitolo 3

FABBISOGNO DI ENERGIA PER ILRISCALDAMENTO

3.0.10 Premessa sul quadro normativo

In Italia, fin dall’emanazione della L.10/91 e del D.P.R.412/93, attuativo di una parte della stessa leg-ge, nel caso di interventi sugli involucri degli edifici e/o sugli impianti di riscaldamento devono essererispettati alcuni requisiti minimi per quanto riguarda le prestazioni energetiche dei sistemi edificio–impianto. All’atto della denuncia dell’inizio lavori, e previsto il deposito presso gli uffici comunalidi una relazione tecnica che illustri l’intervento1. Nel caso di nuovi edifici e di nuovi impianti nellarelazione tecnica devono essere riportati i valori calcolati di alcuni parametri tra cui il fabbisognodi energia per il riscaldamento2. In seguito e stata emanata una direttiva C.E.E. sulla certificazioneenergetica degli edifici3 e per il suo recepimento sono stati emanati due Decreti Legge(il D.L.192 del19/08/2005 ed il D.L. 311 del 29/12/2006 che modifica il precedente). In questi Decreti e previstal’emanazione di ulteriori Decreti contenenti delle linee guida per le nuove modalita di calcolo del fab-bisogno energetico. Successivamente e stato emanato il D.L. 115 del 30/05/2008 che, oltre a definiremeglio la figura professionale del certificatore, richiede che la valutazione dei fabbisogni di energiasiano valutati secondo le specifiche tecniche UNI TS 11300 (completate e pubblicate solo parzial-mente) e rimanda ulteriormente alle linee guida ancora da emanare. Nell’attesa dell’emanazione diqueste linee guida ci si trova ad operare in un regime normativo transitorio definito negli allegati alD.L .311/2006 e nel D.L. 115/2008.

In particolare, per tutti i nuovi edifici, per tutti gli edifici esistenti in cui viene installato un nuovoimpianto e per gli edifici in ristrutturazione con una superficie utile di pavimentoAp superiore a1000 m2 e reso obbligatorio il calcolo del Fabbisogno di energia per il riscaldamento ed il rispetto divalori massimi di trasmittanza termica degli elementi costruttivi costituenti l’involucro edilizio. Perla ristrutturazione di edifici conAp non superiore a 1000 m2 non e richiesto il calcolo del Fabbisognodi energia ma solamente il rispetto di limiti (piu restrittivi dei precedenti) sulla trasmittanza termicadegli elementi costituenti l’involucro edilizio4.

1La relazione tecnica va attualmente redatta secondo l’allegato E del DL 311/06.2Per i dettagli sui casi previsti dalla legge e le modalita diapplicazione si rimanda al testo del DL 311/2006 che regola

attualmente la materia3DIRETTIVA 2002/91/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2002 sul rendi-

mento energetico nell’edilizia. L’aspetto interessante `e che il certificato energetico dell’edificio gradualmente diventeraun documento da allegare obbligatoriamente agli atti di compravendita di immobili (secondo l’articolo 6 del DL 311/2006dal 01 luglio 2009 anche gli atti di compravendita delle singole unita abitative dovranno essere accompagnati da undocumento che abbia la valenza di un certificato energetico.

4Vedere l’Articolo 3 e l’Allegato C del D.L.311/06 (e successive eventuali modifiche).

85

Page 87: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 86

Comunque, il fabbisogno di energia va valutato in termini dienergia primaria, cioe di energiaassociata al combustibile consumato per produrre l’energia necessaria, compresa quella elettrica peril funzionamento di tutti i componenti dell’impianto5. Nell’ottica dellacertificazione energeticadegli edifici il calcolo del fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento degli edifici risulta unpassaggio determinante. Il fabbisogno di energia primariacalcolato in modo convenzionale e soggettoa restrizioni che la legge fissa in dipendenza del clima cui esoggetto l’edificio, attraverso il parametrogradi giorno GG (vedere nota?? a pagina??), ed alle sue caratteristiche geometriche, attraversoil rapporto di forma (S/V )6. Siccome il DL 311/06 nell’Allegato M riporta una lista di Normetecniche (UNI e CTI) da utilizzare per i calcoli, nel seguitosi fara riferimento alla procedura illustratain queste normative che consentono un calcolo del fabbisogno energetico in forma semplificata. Ilfabbisogno cosı calcolato e pertanto convenzionale ma risulta abbastanza prossimo a quello realecon scostamenti dell’ordine del 20% ; lo scostamento sara tanto piu elevato quanto piu le condizioniclimatiche e di utilizzo dell’edificio saranno diverse da quelle assunte nella procedura.

3.1 Calcolo del Fabbisogno di energia primaria per il riscalda-mento

7

Il fabbisogno dienergia primaria per il riscaldamentoQ e il parametro che serve a valutarel’indice di prestazione energetica per la climatizzazioneinvernaleEPi (nel seguito brevementeEP )introdotto nel D.L.311/2006. L’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale edefinito in modo diverso per le abitazioni rispetto agli altri edifici8.

Per gli edifici residenziali e assimilabili (categoria E.19) con alcune esclusioni, si fa riferimentoall’area calpestabile e si ha:

EP =Q

Ap

(3.1)

dove:

Q fabbisogno di energia primaria necessaria al riscaldamento durante tutta la stagione

Ap superficie utile calpestabile

Per tutti gli altri edifici si fa riferimento al volume lordo riscaldato:

EP =Q

V(3.2)

L’indice EP rappresenta cosı una energia media per unita di superficie(o di volume). Risultaquindi un parametro che consente di confrontare gli edifici dal punto di vista del consumo per il

5In realta la Direttiva CE fa riferimento anche alla energiaper la produzione dell’acqua calda sanitaria, perl’illuminazione e anche il fabbisogno per il raffrescamento estivo, queste parti saranno regolamentate nelle linee guida.

6Nel rapporto di formaS/V come definito nell’Allegato C del D.L. 311/06S e la superficie, espressa in m2, chedelimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotatidi impianto di riscaldamento), il volume riscaldatoV che e ilvolume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificioriscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano .

7Nel seguito si fa riferimento prevalentemente alle Specifiche tecniche UNI TS 11300 parti 1 e 2 anche se talvolta lasimbologia adottata non corrispondera perfettamente anche a causa di alcune disuniformita nella simbologia delle stesseSpecifiche tecniche.

8Vedere l’allegato A del DL 311/06.9Nel DL 311/06 per le categorie degli edifici si fa riferimentoalle definizioni riportate nell’Art.3 del D.P.R. 412/1993

Page 88: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 87

riscaldamento, a parita di condizioni climatiche. Il fabbisogno cosı definito e un parametro che faparte dei dati che il progettista deve dichiarare nella relazione da depositare presso l’Ufficio tecnicodel Comune dove sara realizzato l’edificio. La relazione dideposito sara il punto di partenza per lacertificazione energetica dell’edificio che e in corso di definizione a livello ministeriale. La relazionetecnica di deposito deve essere accompagnata da una dichiarazione di rispondenza fatta dal progettistain cui si attesta di aver proceduto nei calcoli secondo quanto previsto dal Decreto e dalle normetecniche. Inoltre, alla fine dei lavori, anche il Direttore dei lavori dovra asseverare che gli stessi sonostati realizzati nel rispetto di quanto previsto nel progetto e nelle varianti depositate. Il D.L.311/2006(Allegato M) ed il D.L. 115/2008 che chiarisce quali norme tecniche devono essere seguite nellaredazione del calcolo10.

La norma UNI 10379:2005, invece che alEP fa riferimento ad un diverso parametro: ilFEN(Fabbisogno Energetico Normalizzato). Pur essendo comunque possibile passare agilmente dalFEN11

all’indice EP e viceversa, basta usare le norme tecniche per arrivare al calcolo di Q e far riferimentoal DL 311/06 per l’indice di prestazione energetica, ignorando il punto 4 della UNI 10379:200512.

Le norme tecniche a cui si fa riferimento permettono un calcolo del fabbisogno per il riscaldamen-to come somma di contributi mensili calcolati separatamente oppure come una valutazione stagionalecomplessiva.

• METODO MENSILE: semistazionario: l’energia necessaria risulta come somma dei contri-buti mensili in ipotesi di stazionarieta delle condizioninell’arco dei singoli mesi⇒ regimestazionario nel mese e variabile da mese a mese durante la stagione di riscaldamento.

• METODO STAGIONALE:stazionario: il fabbisogno e ottenuto in base a condizioni climatichemedie stagionali.

Nel seguito si fara riferimento al metodo mensile che risulta piu accurato soprattutto per i climitemperati.

L’ energia primaria Q per il riscaldamento e l’energia relativa a tutti i consumidi combustibilenecessari al riscaldamento nell’arco di un anno (medio dal punto di vista climatico):

Q = Qc +Qaux

ηsen

dove

Qc energia primaria associata al combustibile bruciato localmente in caldaia

Qaux energia elettrica per gli ausiliari (pompe e ventilatori)13;

10In particolare per il calcolo del fabbisogno di energia primaria il Decreto prevede l’utilizzo della UNI 10379:2005,della UNI EN 832 e della UNI EN ISO 13790 senza specificare quale seguire per le parti in sovrapposizione; si consigliadi seguire la UNI 10379, che rimanda alle procedure presentinella UNI EN 832, con qualche modifica e con qualche datoprecalcolato.

11Il Fabbisogno Energetico NormalizzatoFEN introdotto nel D.P.R. 412/93 e ridefinito nella norma UNI 10379.12Per effettuare il calcolo, la Norma UNI 10379:2005 fa riferimento esplicito allaUNI EN 832: Calcolo del fabbisogno

di energia per il riscaldamento. Edifici residenzialianche per edifici non residenziali, mentre il Decreto cita anche la UNIEN ISO 13790Prestazione termica degli edifici- Calcolo del fabbisogno di energia per il riscaldamentoche a differenzadella precedente e applicabile non solo agli edifici residenziali ma a tutti i tipi di edifici. Le due norme, di derivazioneeuropea differiscono leggermente in alcuni punti, in particolare nel modo in cui permettono di calcolare il regime difunzionamento non continuo.

13Qaux e molto piccola: per impianti a radiatori e a pannelli radianti 1 ÷ 2% di Qc mentre puo essere significativa perimpianti a ventilconvettori e per impianti di riscaldamento ad aria.

Page 89: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 88

ηsen rendimento del servizio elettrico nazionale, e il parametro per la conversione da energiadel combustibile ad energia elettrica; corrisponde a 0,40 in quanto il DL 311/06 fissa laconversione da energia elettrica in energia primaria come 1kWhe = 9 MJ.

Il rapporto Qaux

ηsenrappresenta l’energia primaria consumata per produrre l’energia elettrica utilizzata

dagli ausiliari.Qc e l’energia consumata in caldaia, e puo essere ricavata effettuando unbilancio di energiesul

generatore di calore, infatti sequendo lo schema di figura 3.1 si ottiene:

Qc = Qu + Qf + Qd + Qfbs (3.3)

Qu = Qp − Qpoηpo (3.4)

dove:

Qd dispersioni di energia attraverso il mantello della caldaia;

Qf perdite ai fumi (o al camino) a fiamma accesa;

Qfbs perdite ai fumi (o al camino) a bruciatore spento14;

Qpo energia elettrica fornita alla pompa;

ηpo frazione dell’energia elettrica della pompa trasferita alfluido;

Qu energia utile, fornita dalla caldaia;

Qp energia prodotta in base alle richieste dell’impianto, compreso il contributo della pompa15.

Qpo

QpQu

Qd

Qc

Qf

Figura 3.1: Bilancio di energia al generatore di calore

Per risolvere il precedente bilancio e necessario determinareQp. Tale termine si calcola, come illustra-to di seguito, a partire dalle richieste di energia delle utenze (edificio) in condizioni di funzionamentoideale dell’impianto, tenendo poi conto di tutte le inefficienze dell’impianto nel trasferire l’energia dalgeneratore agli ambienti da riscaldare. Il fabbisogno ideale dell’edificio viene indicato col simboloQh se valutato con riferimento a un funzionamento dell’impianto senza interruzione e con temperatu-ra interna sempre pari a quella di riferimento, mentre vieneindicato col simboloQhvs se valutato conriferimento a un funzionamento dell’impianto con intermittenza (giornaliera e/o settimanale) oppurecon periodi di attenuazione della temperatura interna (di almeno 4 K). Per il calcolo dell’indiceEPla Legge prescrive il calcolo in regime di funzionamento continuo.

14Durante il funzionamento dell’impianto il bruciatore della caldaia non e sempre acceso. Negli intervalli di tempoin cui e spento ci sono delle perdite al camino dovute al tiraggio anche in assenza di fiamma, inoltre prima di ogniriaccensione del bruciatore c’e una fase di lavaggio dellacamera di combustione durante la quale viene soffiata aria checontribuisce a raffreddare la caldaia;Qfbs tiene conto di entrambi questi contributi.

15Negli impianti ad acqua l’energia prodottaQp solitamente e poco diversa daQu in quantoQpo e di solito inferioreall’1% di Qu edηpo assume valori inferiori a 0,9. Negli impianti ad aria, invece, l’energia fornita dai ventilatori

Page 90: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 89

3.1.1 Calcolo del fabbisogno ideale di energiaQh

Per il calcolo del fabbisogno di energia gli ambienti vengono raggruppati in funzione delle modalitadi riscaldamento e pertanto si definiscono:

• ZONA TERMICA: parte dell’edificio in cui si ha uniformita ditemperatura interna, di apportigratuiti e di tutti i parametri che entrano in gioco nel calcolo del fabbisogno ideale di energiaper il riscaldamento (vedi in seguito).

• EDIFICIO: insieme di tutte le zone termiche da riscaldare con un unico impianto di riscal-damento. Spesso l’edificio non corrisponde al FABBRICATO come nel caso frequente di unappartamento riscaldato autonomamente in un condominio, oppure, meno frequentemente piucorpi di fabbrica serviti da una stessa centrale termica come nel teleriscaldamento.

Il fabbisogno di energia ideale per il riscaldamentoQh e calcolato separatamente per ciascunazona termica servita dallo stesso impianto. Il fabbisogno dell’edificio si calcola come somma deicontributi delle singole zone16.

All’impianto di riscaldamento viene richiesto di mantenere, nelle ore di accensione, le condizioniinterne costanti, al variare di quelle esterne, che raggiungono quelle di progetto solo per brevi periodi.Le ore giornaliere di funzionamento a regime sono limitate per legge (tranne nelle localita con piudi 3000 gradi-giorno, zona F); nelle ore rimanenti l’impianto deve essere spento (intermittenza) ofunzionare garantendo una temperatura interna inferiore di almeno 4 K rispetto a quella di regime(funzionamento in attenuazione). I fabbisogni ideali vengono stimati per ogni singola zona termicacome la differenza tra le energie disperse e le energie rese disponibili da fonti diverse dall’impiantoper altri scopi (gratuite ai fini del riscaldamento).

Il fabbisogno ideale si ricava da un bilancio di energia sulla zona termica come rappresentato infigura 3.2:

Locale caldaia

Qsi

����������������

����������������

seQ

QL

Qi

Qhvs

Figura 3.2: Schema di riferimento per il calcolo del fabbisogno di energia

16Spesso e possibile semplicemente far coincidere la zona termica con tutto l’edificio (uniformita di esposizioneclimatica, di destinazione d’uso e di tipologia di rete di distribuzione dell’energia).

Page 91: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 90

Qh = (QL − Qse) − ηu(Qi + Qsi) (3.5)

dove i termini rilevanti sono

QL energie disperse dall’edificio verso l’esterno;

Qse apporti gratuiti solari sulle superfici esterne delle murature opache;

Qsi apporti gratuiti solari, disponibili all’interno del locale, entrati attraverso le finestre;

Qi apporti gratuiti interni (persone, elettrodomestici, macchine d’ufficio, etc..);

ηu fattore di utilizzazione degli apporti gratuiti. Tiene conto delle possibili situazioni in cuiil termine dovuto agli apporti gratuiti supera le perdite, portando ad un surriscaldamento(inutile!) dei locali. Percio si penalizzano gli apporti gratuiti con il fattore di utilizzazione,tipicamente< 1.

L’equazione (3.5) e valida per regime di funzionamento continuo, tipicamente pero gli impianti fun-zionano con periodi di spegnimento temporaneo (intermittenza) oppure di attenuazione dell’impianto(abbassamento di almeno 4 K della temperatura interna). Perla valutazione del fabbisogno in re-gime non continuo la (3.5) viene pertanto modificata (nella UNI 10379) introducendo i coefficientik; Fil; Fig, si ottiene quindi il fabbisogno energetico utile in regimenon continuoQhvs

Qhvs = k[Fil(QL − Qse) − ηuFig(Qsi + Qi)] (3.6)

dove:

k coefficiente per modalita di funzionamento: intermittenzak = 1, attenuazionek > 1;

Fil ≤ 1 fattore di riduzione delle dispersioni;

Fig ≤ 1 fattore di riduzione degli apporti gratuiti;

questi coefficienti si ricavano in funzione dei seguenti parametri:

tc costante di tempo dell’edificio, che serve anche nella determinazione diηu, in quanto anchein questo caso sono influenti le caratteristichedinamichedell’edificio stesso;

nag numero di ore di spegnimento o attenuazione notturne (dalle16,00 alle 8,00), nell’arco di unagiornata;

ndg numero di ore di spegnimento o attenuazione diurne (dalle 8,00 alle 16,00)17;

∆θsb differenza tra la temperatura interna prefissata e la temperatura limite di attenuazione;

∆θ = θi − θem differenza tra la temperatura interna e la temperatura esterna media del periodo.

3.1.2 Nota sul calcolo dell’indiceEP e del rendimento globale stagionaleηg

Il calcolo del Fabbisogno di Energia Primaria si effettua considerando costante la temperatura internaper tutta la stagione di riscaldamento, quindi non si considera l’effetto dell’attenuazione o dello spe-gnimento, pertantok = Fil = Fig = 1 ed il fabbisogno di energia primariaQ mese per mese deveessere calcolato utilizzando la (3.5), va fatto notare che questo e un calcolo convenzionale. Per unastima del fabbisogno energetico effettivo degli edifici va invece utilizzata la (3.6) che tiene conto della

17L’eventuale intermittenza settimanale (negozi, uffici) viene considerata ampliando proporzionalmente l’intermittenzagiornaliera (UNI 10379:2500)

Page 92: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 91

non stazionarieta della temperatura interna. I due calcoli coincidono nella zona climatica E dove eprevisto il funzionamento continuo dell’impianto. Il calcolo in regime intermittente o attenuato eraprevisto nelle procedure precedenti al DL 311/06 per la verifica delrendimento globale medio sta-gionaleηg quale rapporto tra il fabbisogno di energia termica utile per la climatizzazione invernalee l’energia primaria delle fonti energetiche, ivi compresal’energia elettrica dei dispositivi ausiliari.Questa verifica e prevista anche nel D.L. 311/2006 ma, mentre per il calcolo di EP il decreto fa rife-rimento esplicito al calcolo in regime continuo, per il rendimento globale medio stagionale non vienespecificata la modalita di calcolo delle energie. La Norma UNI 10379:2500 per la determinazione diηg prevede il calcolo in regime intermittente o attenuato che fornisce fabbisogni inferiori e valori diηg

migliori (piu alti). Pertanto, possiamo definire il rendimento globale medio stagionale con riferimentoal regime continuo nel modo seguente:

ηg =Qh

Q(3.7)

oppure con riferimento al regime non continuo:

ηg =Qhvs

QR

(3.8)

nella equazione 3.8 il fabbisogno di energia primariaQ ed il fabbisogno di energia termica utileQhvs

sono da calcolare come somme dei corrispondenti valori mensili, ovviamente i valori mensili diQR18

devono essere calcolati a partire dai valori mensili diQhvs e non diQh.

3.2 Calcolo dei termini di Qh eQhvs

Il calcolo dei termini energetici che compaiono nella (3.6)o nella (3.5) viene fatto mese per mese sesi utilizza il metodo mensile, mentre viene fatto in una unica soluzione per tutta la stagione nel casodel metodo stagionale, nel seguito si indichera con∆τ il periodo corrispondente in secondi:

∆τ = 86400 · N (3.9)

dove86400 = 24 · 3600 sono i secondi in un giorno edN rappresenta il numero di giorni corrispon-denti al periodo considerato.

3.2.1 Calcolo dell’energia termica dispersa per trasmissione e ventilazioneQL

Questi termini si possono ricavare in modo analogo a quanto fatto per i termini di potenza nel pa-ragrafo 1.2, considerando pero coefficienti di esposizione e pari all’unita, differenze di temperaturamedie mensili o stagionali tra l’interno e l’esterno. Le potenze medie cosı calcolate si moltiplicanoper il corrispondente tempo di riferimento∆τ . Formalizzando quanto esposto si ha:

QL = (QT + QG + QU + QA) + QV (3.10)

QT energia trasmessa direttamente verso l’esterno da pareti,finestre, porte.

QG energia trasmessa passando attraverso il terreno

QU energia trasmessa attraverso i vani non riscaldati

18Vedere punto 8 della UNI 10379:2005

Page 93: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 92

QA energia trasmessa attraverso i vani a temperatura costantediversa da quella interna (es. cellafrigorifera)

QV energia scambiata per ventilazione.

Nel seguito si analizzera ogni singolo termine che comparenella (3.10)

energia trasmessa direttamente verso l’esterno da pareti,finestre, porte

QT = HT ∆θ ∆τ

HT coefficiente di dispersione (potenza dispersa per unita disalto termico) vedi (1.3) a pg. 7

∆θ salto termico∆θ = θi − θem

θem temperatura esterna media nel periodo considerato

energia trasmessa attraverso il terreno

QG = HG ∆θ ∆τ

HG coefficiente di dispersioneattraverso il terreno(potenza dispersa per unita di salto termico),trattato nella UNI EN 13370, vedi (1.6) a pag. 17;

∆θ salto termico∆θ = θi − θem

θem temperatura esterna media nel periodo considerato;

energia trasmessa attraverso i vani non riscaldati

QU = Hu ∆θ ∆τ

Hu coefficiente di dispersione tra interno ed esterno (potenzaper unita di salto termico) calcolatacon analogia elettrica, vedi (1.8) a pag. 24;

∆θ salto termico∆θ = θi − θem

θem temperatura esterna media nel periodo considerato;

energia trasmessa attraverso i vani a temperatura costantediversa da quella interna

QA = HA ∆θA ∆τ

HA (potenza per salto termico), e la somma dei termini di trasmissione e ventilazione:HA =HT,A + HV,A;

∆θA =θi − θA

θA temperatura del locale a temperatura fissa.

Page 94: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 93

energia scambiata per ventilazione

QV = HV ∆θ ∆τ

HV coefficiente di dispersione per ventilazione, vedi (1.11) apg. 28;

∆θ salto termico,∆θ = θi − θe;

θe temperatura esterna media nel periodo considerato.

In pratica si ha:HV = 0, 34nV

espresso in [W/K] con:

n numero di ricambi d’aria orari19 fissato convenzionalmente pari a 0,5 per gli edifici di civileabitazione20;

V volume netto della zona termica;

3.2.2 Calcolo dei termini relativi agli apporti dovuti alla radiazione solare

Gli apporti gratuiti dovuti alla radiazione solare sono di due tipi e sono dovuti rispettivamente allaradiazione solare incidente sulle superfici opache esterneQse e parzialmente assorbita, ed alla ra-diazione solare incidente su superfici trasparentiQsi, parzialmente trasmessa all’interno dove vieneassorbita. I due contributi hanno un effetto diverso: mentre Qse riduce le dispersioni aumentandola temperatura superficiale esterna delle pareti, il termine Qsi aumenta la temperatura delle superficiinterne.

In ogni caso, con riferimento al contributo mensile, si puoscrivere:

Qs = ∆τ

e∑

j=1

Is,j ·(

v∑

i=1

Aei

)

(3.11)

e numero di esposizioni (orientamento delle pareti);

v numero di superfici per esposizione;

∆τ intervallo di tempo del periodo considerato;

Ae area equivalente della superficie;

Is irradianza globale per unita di tempo, mediata sul mense, incidente sulla parete

Tenuto conto che l’irradianzaIs e riportata nella UNI 10349 (col simboloH) in MJ/(m2giorno) econveniente esprime l’intervallo di tempo come numero di giorni nel meseN per avereQs in MJ almese.

I contributi dovuti alla radiazione solare su superficie opaca o trasparente si differenziano consi-derando diverse metodologie di calcolo per l’area equivalenteAe

19Per i valori da utilizzare ai fini delle verifiche di legge fareriferimento alla UNI 10379:200520Categoria E.1(1) del D.P.R. 412/93

Page 95: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 94

est.

int.parete

��������

qs

R"e he= 1/ hi=R"i 1/R"

qs eU / hα

Figura 3.3: Radiazione solare incidente su una superficie opaca

Superfici opache

In questo caso l’area equivalente viene calcolata come:

Ae = Fs Fer A αU

he

Fs Fattore di schermatura legato alle ostruzioni;

Fer Fattore di riduzione per tener conto del re–irraggiamento verso la volta celeste;

A Area della superficie;

α coefficiente di assorbimento della radiazione solare;

U trasmittanza della parete;

he coefficiente di scambio superficiale esterno.

puo accadere che le pareti esterne opache siano ombreggiate da ostacoli (alberi, altri edifici, etc. . .): siintroduce quindi ilfattore di schermatura, Fs. Inoltre si corregge l’apporto radiativo solare per tenerconto dello scambio per re-irraggiamento verso la volta celeste mediante il coefficienteFer. Il termineα U / he rappresenta invece la frazione della radiazione solare che, assorbita, attraversa la parete versol’interno, infatti una parte della radiazione incidente viene riflessa,(1 − α) · Is, mentre della quantitaassorbitaα · Is solo una parte attraversa la parete mentre la restante vieneceduta all’ambiente esterno,come rappresentato in figura 3.3. Il flusso termico dovuto all’assorbimento della radiazione solare siripartisce, tra interno ed esterno secondo la regola della leva, con le resistenze termiche al posto delledistanze.

Il termine Uhe

e in relazione con le resistenze termiche della parete, infatti:

U

he=

R′′

e

R′′

tot

si vede quindi che l’importanza dei contributiQse diminuisce all’aumentare dell’isolamento termicodelle pareti e viceversa come succede nei climi piu temperati dove gli edifici di solito sono menocoibentati e, inoltre, la radiazione solare e piu intensa.

Page 96: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 95

Superfici finestrate

L’area equivalente viene espressa come:

Aej = FsjFcj

Ffjg Aj

dove

Fsjfattore di riduzione per gli schermi esterni non appartenenti all’edificio

Fcjfattore di riduzione per gli schermi esterni (aggetti, terrazze) ed interni (tende)

Ffjfattore per la riduzione dell’area trasparente dovuta al telaio

g trasmittanza solare totale dell’elemento.

A area del foro della finestra;

parte riflessa

parte efficace

Finestraqs

nei climi settentrionali,Qse < 10% di Qsi. Qsi rimane comunque elevato, ed il contributo e tanto piuimportante quanto piu isolate sono le pareti dell’edificio, cioe quanto piu piccolo e il termineQL.

3.2.3 Contributi gratuiti interni Qi

Questo termine deriva dal contributo di energia termica dovuto all’illuminazione, alle persone, aglielettrodomestici, alle macchine per ufficio, etc.., quindida tutte le sorgenti che producono caloreall’interno dell’edificio. Il valore e praticamente pari alla potenza di targa di ogni apparecchio per iltempo di utilizzo.

Qi =∑

j

Qij

Se il valore non e quantificabile, la norma impone di assumere valori convenzionali limite, per esem-pio per edifici adibiti a residenza (E.1)(1) si puo assumereun apporto gratuito pari a4 Apavimento [W].

3.2.4 Calcolo diηu, fattore di utilizzo degli apporti gratuiti

E’ un coefficiente riduttivo degli apporti gratuiti, gia introdotto nella (3.6), si calcola come

ηu =1 − γτ

1 − γτ+1se γ 6= 1

ηu =τ

τ + 1se γ = 1

dove:

γ =guadagni

dispersioni=

Qsi + Qi

QL − Qse

Page 97: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 96

τ = 1 +tc16

tc costante di tempo del’edificioespressa in ore, ovvero prodotto della costante termica dell’e-dificio per la resistenza termica.

tc =C

HK 3600

C capacita termica dell’edificio;C =

j=1

Ajmjcj

Aj area della parete;

mj massa termica areica (ovvero la parte della massa della parete che accumula energia nel-l’arco della giornata, calcolata come prodotto della densita per la profondita di penetrazionedell’onda termicad = 3, 71

√λ/ρ per pareti non isolate.

cj calore specifico del materiale della parete;

HK coefficiente di dispersione globaledell’edificio, ricavato dall’energia dispersaQL:

HK =QL

∆θ ∆τ

3.2.5 Nota sul calcolo della capacita termica C

La Norma UNI 10379:2005 fornisce una tabella di valori di capacita termica per unita di volumedell’edificio che e sufficiente moltiplicare per il volume lordoV dell’edificio per ottenere la capacitatermica.

Una procedura piu corretta per il calcolo della capacita termica dell’edificio e riportata nellaNorma UNI EN 13790:

C =

np∑

j=1

Aj

ns∑

k=1

ρk,jck,jsk,j (3.12)

con:

np numero di pareti dell’edificio;

Aj area dellaj-esima parete che partecipa all’accumulo (superfici rivolte verso l’ambiente in cuisi manifestano gli apporti gratuiti);

ns numero di strati dellaj-esima parete contati dall’interno fino all’isolante;

ρk,j densita dello stratok della paretej;

ck,j calore specifico dello stratok della paretej;

sk,j spessore dello stratok della paretej;

La sommatoria interna della equazione 3.12 va effettuata per gli strati interni allo strato di isolanteoppure fino a che

∑k sk ≤ δ in cui δ rappresenta la profondita di penetrazione dell’onda termica

Page 98: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 97

all’interno delle pareti. La profondita di penetrazione `e definita come la profondita alla quale l’am-piezza dell’onda termica e pari ae−1 volte l’ampiezza in superficie21. Dalla trattazione teorica dellaconduzione termica si ottiene:

δ =

√τ o

π

λ

ρc

con

τ o periodo di oscillazione dell’onda termica (24 ore);

λ, ρ, c proprieta termofisiche dello strato di materiale di spessore maggiore compreso inδ.

Se il lato interno dello strato di isolante cade all’internodi δ valutata secondo la precedente formula,δ viene posta pari alla posizione dello strato di isolante a causa della elevata attenuazione introdottada questo.

3.2.6 Calcolo dell’energia primaria consumata in caldaiaQc

Noto il valore del fabbisogno di energia in condizioni ideali per una zona termica, per mantenere lecondizioni interne desiderate, in regime continuoQh o in regime attenuatoQhvs, si risale all’energiache deve essere fornita dalla caldaiaQp, per poi arrivare all’energia primaria consumata dalla caldaiastessa,Qc. Nel seguito, per brevita, si fa riferimento solamente aQhvs e ci si limitera a mettere inevidenza le differenze per il caso in regime continuo essendo la procedura la medesima.

Il primo passo si compie tenendo conto delle inefficienze delsistema di trasferimento dell’energiadai terminali di erogazione all’ambiente:

Qr =Qhvs

ηeηc

con

Qr l’energia da fornire alla zona termica in condizioni reali;

ηe rendimento di emissione;

ηc rendimento di regolazione o controllo.

Il rendimento di emissioneηe, tiene conto delle inefficienze nel trasferimento dell’energia dalterminale d’impianto all’ambiente (es. aumento delle dispersioni a causa dell’innalzamento dellatemperatura della parete posteriore dei radiatori, irraggiamento diretto da un radiatore verso una fi-nestra ad esso affacciata, ecc.). Il valore diηe varia da 0,95 (per pannelli radianti in strutture pocoisolate) a 0,99 (per i termoconvettori). Il rendimento di regolazione o controllo,ηc, tiene conto dellecaratteristiche del sistema di regolazione, anche in dipendenza della tipologia dei terminali di impian-to, che possono portare la temperatura interna a valori superiori a quelli di riferimento nel calcolo conconseguenti maggiori dispersioni (es. isteresi del termostato ed anche disuniformita di temperaturatra i locali termostatati e gli altri, oppure assenza del termostato come nei vecchi impianti centralizzatidotati solamente di sonda climatica esterna, inerzia termica dell’impianto, ecc.). Il valore di questorendimento varia in funzione del sistema di regolazione e del tipo di impianto, ad es. per i radiatori eventilconvettori non e mai inferiore a 0,93.

21Per i dettagli si consiglia di consultare un teso di Trasmissione del calore nella parte che tratta la conduzionemonodimensionale in regime periodico.

Page 99: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 98

Come secondo passo si tiene conto delle perdite lungo la retedi distribuzione dalla centrale termi-ca fino alle singole zone termiche e si calcola l’energia prodotta (uscente dalla centrale) come sommadei contributi delle diversenz zone termiche servite, divisa per l’efficienza della rete didistribuzione:

Qp =

nz∑

j=1

Qr,j

ηd

conηd, rendimento di distribuzione, funzione delle dispersioni dovute alla distribuzione, siattestaattorno a 0,9.

I metodi di calcolo ed i valori consigliati dei rendimenti diregolazione, emissione e distribuzionesono riportati nella Norma UNI 10348.22

Dall’energia prodottaQp si risale all’energia utileQu, al netto del contributo della pompa (figura3.1):

Qu = Qp − Qpoηpo

ηpo rendimento della pompa, indica la frazione di energia che dalla pompa viene trasferita al fluido.La differenza traQp eQu risulta di solito molto piccola, dell’ordine del 1% . Dall’energia utileQu siricava infine l’energia primaria consumata,Qc:

Qc =Qu

ηtu

≈ Qhvs

ηtuηeηcηd

conηtu, rendimento termico utile della caldaia, rappresenta il rendimento medio del generatore nelperiodo considerato (mese o stagione), esso dipende dalla tipologia della caldaia stessa, in particolaredalle perdite al mantelloQd e ai fumiQf e Qfbs, e da come essa viene utilizzata, cioe dal livello dipotenza richiesta rispetto alla potenza nominale del generatore.23. Infine , noto il valore diQc, si ricavail fabbisogno di energia primaria necessaria al riscaldamentoQ durante il periodo di riferimento:

Q = Qc +Qaux

ηsen

= Qc +Qpo + Qbruc

ηsen

Se il periodo di riferimento e mensile, i valori stagionalidi Qhvs e di Q si ricavano banalmentecome somma dei valori calcolati mensilmente.

3.3 Calcolo del rendimento della caldaia

Per il calcolo del rendimento termico utileηtu dei generatori a combustione si fa riferimento alla nor-ma UNI 10348, la formula del rendimento si ottiene da un bilancio sulla caldaia come rappresentatoin figura3.1.

ηtu = 1 + Fbr −

(Pf + Pd

FC+ Pfbs

(1−FC)FC

)

100(3.13)

dove:22Si fa notare che a questo punto del calcolo, per poter scegliere correttamente questi rendimenti bisogna aver scelto la

tipologia dei terminali di impianto e le caratteristiche del sistema di regolazione.23La norma UNI 10348 prende in considerazione come generatoridi calore lepompe di caloreoltre alle caldaie. Questi

sistemi, che trasferiscono energia termica da un ambiente piu freddo a un fluido o ambiente piu caldo grazie alla spesa dilavoro meccanico di un motore elettrico, vanno consideratiseparatamente e le loro prestazioni vengono tenute in contoattraverso il coefficiente di effetto utile o COP (coefficient of performance).

Page 100: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 99

Pf perdite ai fumi [%];

Pd perdite al mantello della caldaia [%];

Pfbs perdite ai fumi a bruciatore spento [%];

FC fattore di carico al focolare,< 1;

Fbr frazione di energia che il bruciatore trasferisce al fluido (trascurabile).

Il denominatore100 serve a riferire all’unita le predite percentuali. Il fattore di carico al focolareFCe definito come

FC =Qc

Qcn(3.14)

dove;

Qc energia primaria richiesta dal generatore nel periodo considerato;

Qcn energia primaria richiesta dal generatore funzionante a massimo carico in regime continuo.

Esso si puo intendere come il rapporto tra la somma dei tempiin cui avviene la combustione nelgeneratore ed il tempo totale di disponibilita del generatore, cioe tempo in cui l’acqua in caldaia emantenuta al valore nominale.

L’equazione 3.13 si ricava a partire da un bilancio di energie sul generatore funzionante a pienocarico e da un bilancio a carico parziale nel modo illustratonel seguito.

Bilancio sul generatore a pieno carico

Durante il funzionamento a pieno carico il generatore non haperdite a bruciatore spento. Pertanto,sempre con riferimento alla figura 3.1 si ha:

Qcn + ηbrQbr = Qun + Qfn + Qdn (3.15)

dove il pedicen sta ad indicare la condizione di pieno carico (nominale) e:

Qbr e l’energia assorbita dal bruciatore;

ηbr rappresenta la frazione di energia trasferita dal bruciatore all’aria comburente per ogniunita di energia assorbita.

Si dividano i termini dell’equazione 3.15 perQcn, energia prodotta dalla combustione in condizioninominali:

1 +ηbrQbr

Qcn=

Qun

Qcn+

Qfn

Qcn+

Qdn

Qcn

in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:ηbrQbr

Qcn= Fbr vedi definizione precedente;

Qfn

Qcn= Pf perdite ai fumi a bruciatore acceso, riferite all’unita;

Qdn

Qcn= Pd perdite al mantello, riferite all’unita;

si espliciti rispetto aQun

Qcne si ottiene:

Qun

Qcn= 1 + Fbr − Pf − Pd (3.16)

dove, come anche nel seguito, per brevita, a differenza della Norma i simboliPd e Pf non sonoespressi in percentuale, ma sono riferite all’unita.

Page 101: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 100

Bilancio sul generatore a carico parziale

La Norma UNI 10348 fa riferimento a caldaie con regolazione ON-OFF e temperatura dell’acquacostante durante i periodi di disponibilita del generatore, questo comporta che il bruciatore sta perparte del tempo acceso al massimo con perdite ai fumi pari a quelle nominali e per l’altra parte spentocon perdite ai fumi corrispondenti e che le perdite al mantello si mantengono sempre pari a quellenominali a causa della temperatura costante dell’acqua in caldaia.

Cosı, il bilancio di energia per un intervallo di tempo in cui si susseguono fasi di accensione e fasidi spegnimento del bruciatore si puo scrivere come:

Qc + ηbrQbr = Qu + Qd + Qf + Qfbs (3.17)

Si dividano i termini dell’equazione 3.17 perQcn, energia prodotta dalla combustione in condizioninominali:

Qc

Qcn+

ηbrQbr

Qcn=

Qu

Qcn+

Qf

Qcn+

Qd

Qcn

in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:Qc

Qcn= FC vedi definizione precedente;

ηbrQbr

Qcn= FbrFC in quanto il bruciatore e acceso per una frazioneFC del tempo totale;

Qf

Qcn= PfFC per la stessa ragione del caso precedente;

Qfbs

Qcn= Pfbs(1 − FC) in quanto il bruciatore e spento per una frazione(1 − FC) del tempo

totale;Qd

Qcn= Pd in quanto la caldaia e a temperatura pari a quella a pieno carico;

Il termineQu

Qcnpuo essere trattato nel modo seguente:

Qu

Qcn=

Qu

Qcn

Qun

Qun= CP

Qun

Qcn

doveCP = Qu

Qune detto fattore di carico utile e rappresenta il rapporto tra l’energia richiesta dall’im-

pianto e l’energia che il generatore darebbe all’impianto se funzionasse sempre a pieno carico. Inparticolare si ha:

Qun = Φunta

dove conΦun si e indicata la potenza utile nominale della caldaia (ricavabile da catalogo) e conta sie indicato il tempo di disponibilita del generatore nel periodo di riferimento; cioe, ad esempio, nelcaso di funzionamento continuo o attenuato (disponibilit`a 24 ore su 24)ta = N · 24 · 3600 secondi,mentre nel caso di funzionamento intermittente con disponibilita di 14 ore al giorno (zona climaticaE) si hata = N · 14 · 3600 secondi. Il fattore di carico utileCP e sempre minore del fattore dicarico al focolareFC perche il bruciatore funziona non solo per fornireQu all’impianto, ma ancheper mantenere l’acqua in caldaia alla temperatura di funzionamento. Si sottolinea che il fattore dicarico utileCP e un parametro calcolabile quando e nota l’energiaQu richiesta dall’impianto nelperiodo, la potenza nominale della caldaiaΦn ed il tempo di attivazioneta24 mentre il fattore di caricoal focolare e calcolato come specificato di seguito. Si sostituiscano i vari termini come ora definitinell’equazione precedente, si raccolganoFC eCP , si ottiene:

FC(1 + Fbr − Pf + Pfbs) = CP (1 + Fbr − Pd − Pf) + Pd + Pfbs

24I tempi di attivazione massimi sono fissati per le diverse zone climatiche dall’art.9 del D.P.R.412/93.

Page 102: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 101

si espliciti rispetto aFC e si ha:

FC =Pd + Pfbs + CP (1 + Fbr − Pf − Pd)

1 + Fbr − Pf + Pfbs(3.18)

A questo punto, si puo ricavare l’espressione diQu dalla equazione 3.17:

Qu = Qc + ηbrQbr − Qd − Qf − Qfbs

Allora il rendimento termico utile del sistema di generazione diventa:

ηtu =Qu

Qc=

Qc + ηbrQbr − Qd − Qf − Qfbs

Qc

in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:

ηbrQbr

Qc=

(ηbrQbr)n

Qcn= Fbr

in quanto il contributo del bruciatore si ha quando il bruciatore e acceso e quindi proporzionalmenteall’energia consumataQc;

Qd

Qc

=Qd

Qcn

Qc

Qcn

=Pd

FCQf

Qc=

Qfn

Qcn= Pf

Qfbs

Qc=

Qfbs

Qcn

Qcn

Qc= (1 − FC)Pfbs

1

FC=

(1 − FC

FC

)Ppfbs

Infine si ottiene:

ηtu = 1 + Fbr − Pf −Pd

FC− Pfbs

(1 − FC)

FC(3.19)

L’equazione 3.19 e analoga alla 3.13 a parte le perite che sono unitarie invece che percentuali.Tenuto conto che i produttori di generatori di calore sono tenuti a fornire nei cataloghi diversi

parametri tra cui:

η100=Qun

Qcnrendimento termico a pieno carico;

η30=Qun

Qcnrendimento termico al 30% del carico(CP = 0, 30);

Φcn=mcHi potenza termica al focolare, detta anche portata termica;

Φfc=Φcn(1 − Pf) = Φcn · (η100 + Pd) potenza termica convenzionale;

Φun=Φcn(1 − Pd − Pf) = Φcn · η100 potenza utile nominale;

Si possono ottenere le seguenti espressioni piu sintetiche:

ηtu =Qu

Qc

=Qu

Qun

Qcn

Qc

Qun

Qcn

=CP

FC· η100 (3.20)

questa espressione e utilizzabile appena calcolatiCP edFC.

Page 103: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 102

Se i terminiPf , Pd ePfbs non sono forniti dalla documentazione del generatore di calore possonoessere ricavati dalle potenze prima elencateΦcn, Φfc e Φun nel modo seguente: Per le perdite alcaminoPf :

Φfc

Φcn=

Φcn − Φfn

Φcn= 1 − Pf

doveΦfn rappresenta la potenza persa ai fumi in condizioni di pieno carico, quando la caldaia lavorain condizioni nominali; pertanto:

Pf = 1 − Φfc

Φcn

Per le perdite al mantello:Φun

Φcn= η100 = 1 − Pf − Pd

e quindi:Pd = 1 − Pf − η100

Il termine di perdite al camino a bruciatore spentoPfbs se non disponibile puo essere ricavatodalla tabella 3.1.

In alternativa all’uso della tabella 3.1 le perdite a bruciatore spentoPfbs si possono ricavare, conuna buona approssimazione25, ponendoCP = 0, 30 e calcolando il valore corrispondente diFC, nelmodo seguente: Si consideri:

η100 = ηtu(CP = 1)

edη30 = ηtu(0, 30)

dalla equazione 3.20 si ottiene:

η30 =0, 30

FC(0, 30)η100

dalla equazione 3.16

η100 =Qun

Qcn

= 1 + Fbr − Pf − Pd

25L’approssimazione consiste nel fatto cheη30

e ottenuto in laboratorio con temperatura media dell’acqua in caldaia di50oC e non di 70oC come viene fatto perη

100

Tipo di generatore Pfbs(%)

a combustibile liquido o gas con bruciatore ad aria soffiatacon serranda sull’aspirazione dell’aria comburente

0,1

a combustibile liquido o a gas con bruciatore ad aria soffiatasenza serranda sull’aspirazione dell’aria comburente:con camino fino a 10 m 0,6con camino oltre 10 m 0,8

a gas con bruciatore atmosferico e rompitiraggio 0,6

Tabella 3.1: Valori delle perdite al camino a bruciatore spento

Page 104: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 103

cosı si ottiene:FC(0, 30) = 0, 30

η100

η30

ed anche, manipolando algebricamente l’equazione 3.18:

Pfbs = η100

FC − 0, 30

1 − FC− Pd

Nella figura 3.4 viene riportato l’andamento qualitativo del rendimento termico utileηtu ricavatocon l’equazione 3.13 al variare del fattore di carico utileCP . Si fa notare che molte caldaie moder-ne, con bruciatore modulante, hanno un comportamento che non e correttamente rappresentato dalla(3.13), infatti in questo caso si nota che il rendimento ha unandamento decisamente piu favorevole aldiminuire diCP .

1

caldaia tradizionale

caldaia modulante

CP

Pd+Pf

1

ηtu

0

η100

0,3

η30

Figura 3.4: Andamento del rendimentoηtu di una caldaia al variare del fattore di carico utileCP .

Le perditePd, Pf e Pfbs sono misurate in laboratorio in condizioni di prova corrispondenti aduna temperatura media dell’acqua in caldaia di 70oC ed una temperatura ambiente di 20oC con unacorrispondente differenza di temperatura tra acqua e aria pari a:

∆θn = (70 − 20) = 50K

Qualora la differenza di temperatura∆θ tra acqua e aria sia diversa da∆θn, la Norma UNI 10348prevede che nelle precedenti formule le perditePd, Pf ePfbs vengano sostituite con le perdite correttenel modo seguente:

P ′

f = Pf

(∆θ

∆θn

)0,02

P ′

d = Pd

(∆θ

∆θn

)

P ′

fbs = Pfbs

(∆θ

∆θn

)

Page 105: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 104

limFEP

0,90,2

GG

S/V

Figura 3.5: andamento delEPlim al variare del rapportoS/V e dei gradi giorno

3.4 Calcolo diEP limite e sua verifica

L’indice di prestazione energeticaEP va calcolato a partire dal valore diQ stagionale espressa in kWhutilizzando la formula 3.1. Come previsto dal piu volte citato D.L.311/2006 l’indice di prestazioneenergetica per il riscaldamento deve essere inferiore al limite previsto dal Decreto all’Allegato C. LaTabella 1 relativa ai limiti per gli edifici di categoria E.1 `e riportata di seguito nella Tabella 3.4.

La Legge (Art.2 del D.P.R.412/93) considera le localita appartenenti azone climatichein funzionedei gradi giorno, da A (piu calda, GG≤ 600) ad F (piu fredda, GG> 3000). Per ciascuna zona sihanno due valori diEPlim, rispettivamente uno perS/V = 0, 2 ed uno perS/V = 0, 9, come riportatoin tabella 3.4.

Si deve avere:EP ≤ EPlim

Il limite impostoEPlim varia in funzione dei gradi giorno GG del comune26 in cui e situato l’edificio edel Rapporto di formaS/V dell’edificio. Il limite di Legge, espresso in kWh/m2 di area utile calpesta-bile va calcolato nel modo seguente. Il primo passo per determinare l’EPlim dello specifico edificioe quello di interpolare linearmente in funzione dei GG (ricavati dall’allegato A al D.P.R.412/93 esuccessive modifiche27) del Comune di appartenenza dell’edificio tra i valori estremi per la fasciaclimatica in corrispondenza diSd/Vl=0,2 e poi in corrispondenza diSd/Vl=0,9. Si ottengono cosı ivalori estremi dell’EPlim0,2

e EPlim0,9per il Comune28. A questo punto, se l’edificio ha un rapporto

Sd/Vl ≤ 0, 2 oppureSd/Vl ≥ 0, 9 il FEPlim sara pari aFEPlim0,2o EPlim0,9

rispettivamente. Al-trimenti (con0, 2 < S/V < 0, 9) si procede interpolando in funzione diS/V dell’edificio tra i duevalori EPlim0,2

eEPlim0,9determinati al passo precedente ricavando cosı il valore finale delEPlim.

Negli edifici residenziali della classe E.1, esclusi collegi, conventi, case di pena e caserme valgonole seguenti limitazioni sul massimo valore diEP .

3.5 Calcolo del rendimento globale medio stagionale

Si vuole garantire che il sistema di riscaldamento funzionicon un buon rendimento non solo al caricodi progetto, ma anche ai carichi parziali durante tutta la stagione invernale. Percio il rendimento

26Vedere la tabella dei Gradi Giorno messa a disposizione nel materiale didattico del corso.27Ad esempio il Comune di Trieste ha subito un cambiamento recente dei GG ed e passato dalla zona D alla zona E.28Tali valori saranno gli stessi per qualsiasi edificio dello stesso territorio comunale

Page 106: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 105

Tabella 3.2: Valori limite dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernaleespresso in kWh/m2 anno.

valori da rispettare fino al 31/12/2007

Rapporto Zona climatica

di forma A B C D E F

S/V 600 601 900 901 1400 1401 2100 2101 3000 3000≤ 0,2 10 10 15 15 25 25 40 40 55 55≥ 0,9 45 45 60 60 85 85 110 110 145 145

limFEP

limFEP

S/V

S/V

0,2 0,9

Figura 3.6: doppia interpolazione per ottenere ilEPlim in funzione della zona climatica e del rapportoS/V

globale medio stagionale definito come nella equazione 3.7 onella 3.8 qui ripetuta:

ηg =Qhvs

QR

Qhvs fabbisogno ideale richiesto dall’edificio per essere riscaldato

QR fabbisogno di energia primaria totale per il riscaldamento.

deve risultare non inferiore al valore minimo fissato per legge:

ηg ≥ ηg,min

Nelle norme transitorie del D.L. 311/2006 il rendimento minimo, espresso in percentuale, per lecaldaie con potenza nominale fino a 1000kW e posto pari a:

ηg,min = 65 + 3 log(Pn)

con log logaritmo in base 10 ePn = Φun potenza utile nominale del sistema di generazione espressain kW. Per potenze nominali superiori a 1000kW il limite resta pari a 74% . Nel caso di interventisolo sugli impianti o sul generatore, invece, il valore minimo e stato elevato di 10 punti percentualicome segue29:

ηg,min = 75 + 3 log(Pn)

29Vedi Allegato I comma 3.

Page 107: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO 106

Si puo notare che al crescere della potenza cresce anche il rendimento minimo ammissibile: ad esem-pio, con riferimento al valore previsto per i nuovi edifici, se per una caldaia da 10 kWηg,min = 68%,per una da 100 kWηg,min = 71%.

Page 108: Dispensa Impianti 1

Capitolo 4

VERIFICA TERMOIGROMETRICA

La diffusione dell’acqua sia liquida che allo stato di vapore nei componenti edilizi e un fenomenoparticolarmente complesso e la conoscenza dei suoi meccanismi, delle proprieta dei materiali, dellecondizioni iniziali e al contorno e spesso insufficiente, inadeguata e ancora in via di sviluppo. Ilproblema viene qui affrontato secondo le procedure semplificate presenti nella norma UNI EN ISO13788:20031.

La norma prende in considerazione due fenomeni che si possonoo verificare in corrispondenzadelle pareti rivolte verso l’esterno:

• la condensa superficialesulle superfici interne

• la condensa interstizialeall’interno delle pareti esterne.

Le verifiche vengono condotte mese per mese, con ipotesi di stazionarieta delle condizioni di tem-peratura e di pressione del vapore nel mese considerato; le condizioni al contorno corrispondono aivalori medi mensili. La standardizzazione di questi metodidi calcolo non esclude l’uso di metodi piuavanzati. I metodi di calcolo utilizzati forniscono in genere risultati cautelativi e quindi, se una strut-tura non risulta idonea secondo questi, possono essere utilizzati metodi piu accurati che ne dimostrinol’idoneita.

4.1 Parametri fondamentali e dati necessari per il calcolo

4.1.1 Caratteristiche dei materiali

Per i calcoli devono essere utilizzati valori di progetto. Possono essere utilizzati i valori di progettoriportati nelle specifiche su prodotti o materiali, o quellitabulati forniti nelle norme indicate nellaseguente tabella.

La conduttivita termicaλ e il fattore di resistenza al vaporeµ sono applicabili per materiali omo-genei mentre la resistenza termicaR e lo spessore equivalente di aria per la diffusione al vaporesd

soprattutto per prodotti compositi o di spessore non ben definito.

4.1.2 Condizioni climatiche

Per il calcolo del rischio di crescita di muffe superficiale ola valutazione del rischio di condensazioneinterstiziale nelle strutture, devono essere utilizzati valori medi mensili di temperatura e di umidita

1Per valutazioni piu dettagliate fare riferimento al progetto di Norma europea prEN 15026:Hygrothermal performanceof building components and building elements - Assesment ofmoisture transfer by numerical simulation.

107

Page 109: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 108

dell’aria esterna, rappresentativi della localita in cuie collocato l’edificio, ottenuti dalla norma UNI10349. Per elementi a contatto col terreno, la temperatura del terreno va assunta pari al valor medioannuale della temperatura dell’aria esterna ed una umidit`a pari a quella di saturazione. Per il calcolodel rischio di condensazione superficiale su elementi a bassa inerzia termica, come ad esempio finestree telai, deve essere utilizzata la temperatura minima di progetto e una umidita relativa del 95%.

4.1.3 Condizioni interne

Per la temperatura dell’aria interna devono essere usati valori in accordo all’uso previsto dell’edificio,ad esempio20◦C per gli edifici civili e 18◦C per gli edifici industriali. Il D.L.192/2005 prevedecondizioni interne costanti corrispondenti a una temperaturaθi = 20oC e una umidita relativaφi =65%.

4.2 Verifica della condensa superficiale

Quando sulle superfici interne, dei componenti edilizi che separano gli ambienti dall’esterno, le con-dizioni di umidita dell’aria si approssimano a quelle di saturazione si possono verificare problemiche, a seconda del tipo di superficie vanno dal rischio di corrosione, alla formazione di muffe fino allaformazione di condensa. Il controllo del rischio si traducein una limitazione dell’umidita relativaϕdell’aria ambiente.

I valori limiti per i casi predetti sono:

ϕsi <

60% pvi < 0, 6ps(θsi) per superfici sensibili alla corrosione80% pvi < 0, 8ps(θsi) per prevenire la formazione di muffe100% pvi < ps(θsi) per i telai dei serramenti (presenza di liquido)

dove

θsi temperatura superficiale interna

ps pressione di saturazione del vapor d’acqua (funzione dellatemperatura)

pvi pressione di vapore nell’ambiente interno.

Tabella 4.1: Proprieta termofisiche dei materiali e dei prodotti

Proprieta Simbolo Norme di riferimento

conduttivita termica λ da UNI 10351 e da UNI 10355 o da EN 12524 o determinateresistenza termica specifica R in accordo con ISO 10456

permeabilita al vapore δ da UNI 10351 o da EN 12524 o determinatefattore di resistenza al vapore µ in accordo con ISO 12572spessore equivalente d’aria sd

Page 110: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 109

Test, Pve

Tint, Pvi

Tse

Tsi

Parete

Per la valutazione del contenuto di vapore nell’aria oltre che alla pressione parziale di vapore nellaNorma si fa riferimento al contenuto di vapore per unita di volumeν (umidita volumica)2 che permetteuna facile correlazione tra le condizioni igrometriche esterne e quelle interne. Infatti, in assenza diproduzione di vapore, il contenuto di vapore nell’aria interna si mantiene uguale al contenuto di vaporedell’aria esterna. Una produzione di vaporeG negli ambienti comporta un aumento del contenuto divapore legato al rinnovo d’aria come segue:

νi − νe = ∆ν =G

nV

dove

n tasso di rinnovo dell’aria

V volume dell’ambiente

Il tasso di ventilazionen viene assunto variabile in funzione della temperatura esterna secondo laseguente relazione:

n = 0, 2

perθe ≤ 0◦Cn = 0, 2 + 0, 04θe

perθe > 0◦CPossiamo mettere in relazione la pressione parziale di vaporepv con l’umidita volumicaν consi-

derando il vapor d’acqua come aeriforme a comportamento ideale, tenuto conto del valore basso dellapressione parziale del vapore in aria:

pvV = mvRvT = mvR0

MvT

pv =mv

V

R0

MvT = ν

R0

MvT

dove

mv massa di vapore

V volume d’aria che contiene la massa di vaporemv;

2In pratica si tratta della densita che avrebbe il vapore se avesse a disposizione tutto il volume occupato dalla miscelaaria-umida

Page 111: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 110

pv pressione di vapore;

Mv massa molare dell’acqua;

R0 = 8, 314 kJ/(kmolK) costante universale dei gas;

T temperatura assoluta dell’aria umida.

L’aumento di umidita puo essere espresso anche in funzione della pressione di vapore:

pvi − pve = ∆ pv = (νiTi − νeTe)R0

Mv≃ (νi − νe)

(Ti + Te

2

)R0

Mv= ∆ν

R0

MvTm

La normativa prevede che le condizioni interne da utilizzare nei calcoli vengano maggioratemediante un coefficiente di sicurezza per cautelarsi dalle approssimazioni insite nel metodo.

pvi = pve + Cs∆ pv

∆ pv = f(θe, destinazione d′uso)

doveCs coefficiente di sicurezza posto, nella Norma pari a1, 1 ma definibile diversamente alivello nazionale e∆ pv e funzione sia della temperatura esternaθe che della destinazione d’uso dellocale, questo valore e si pua ricavare dal diagramma di figura 4.1 utilizzando i valori riportati nellatabella 4.2.

Noto cheϕ = pv

psle limitazioni sull’umidita relativa si traducono in un controllo della pressione

di vapore nell’aria ambiente, in funzione della pressione di saturazione. Per valutare la pressio-ne di saturazioneps (in pascal) in funzione della temperatura (in celsius) si utilizzino le seguentiespressioni:

psat = 610, 5 e(17,269·θ

237,3+θ ) se θ ≥ 0◦C (4.1)

psat = 610, 5 e(21,875·θ265,5+θ ) se θ < 0◦C. (4.2)

La verifica alla condensa interstiziale va ripetuta ogni mese. Nei mesi in cui si haθe > 20oC laverifica e necessaria solo se, che comunque va eseguita meseper mese nella stagione di riscaldamento.I dati di pressione di vapore esterna per le diverse localit`a si trovano sulla UNI 10349 (dati climatici).La pr

0

270

540

810

1080

0 20 Test

Diff. di Pv (Pa)

Produzione di vapore

Figura 4.1: differenza di pressione di vapore in funzione della temperatura e della destinazione d’uso

Page 112: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 111

Tabella 4.2: differenza di pressione di vapore in funzione della destinazione d’uso

Produzione di vapore ∆ pv

Produzione di vapore molto bassa (magazzini) ≤ 270 Pabassa (uffici) ≤ 540 Pamedia (alloggi poco affollati) ≤ 810 Paalta (alloggi molto affollati) ≤ 1080 Pamolto alta (locali speciali come cucine, lavanderie, piscine) da calcolare

La variazione di∆ pv al variare delle temperatura esterna e dovuta all’assunzione di una ventila-zione naturale crescente al crescere della temperatura. Lanorma considera la ventilazione costante aldi sotto di0◦C e linearmente crescente al di sopra di0◦C a fronte di una produzione di vapore internacostante. In pratica i ricambi d’aria (tasso di ventilazione)n viene assunto pari a0, 2 perθe ≤ 0◦C evariabile secondo la seguente relazione:

n = 0, 2 + 0, 04 θe

perθe > 0◦C.Resta l’incognita dellatemperatura superficiale interna. La sua determinazione non e difficile nel

caso di regime monodimensionale stazionario, pero il calcolo si complica per la presenza di ponti ter-mici. Si definisce quindi unfattore di temperatura sulla superficie interna o fattore di resistenzainterna, fRsi

:

fRsi=

θsi − θe

θi − θe

=Rsi/e

Ri/e

doveRsi/e edRi/e rappresentano, rispettivamente, la resistenza termica tra la superficie interna el’ambiente esterno e la resistenza termica tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno. In assenza dialtre indicazioni, nel calcolo diRi/e si possono adottare i seguenti valori dihi:

hi = 4 W/(m2K) per parete piana senza schermatura

hi = 2 W/(m2K) nel caso in cui sia prevista o sia probabile la presenza di una schermatura termica(mobili, quadri, ecc.).

Quanto minore efRsi= 1

hitanto minore saraθsi e di conseguenzaps(θsi). I valori minimi del

fattore di resistenza si hanno in corrispondenza dei ponti termici, per il calcolo dettagliato del pontetermico si veda la UNI EN 10211-1, per quello semplificato la UNI EN 10211-2 oppure le tabelle deifattori di temperatura presenti nell’atlante delle strutture.

4.3 Verifica della condensa interstiziale

Si deve verificare mensilmente che all’interno dalle paretiesterne non si formi condensa. Questofenomeno si presenta quando la pressione di vapore supera ilvalore assunto a saturazione. Vieneutilizzato il metodo di Glaser: si ipotizza un fenomenomonodimensionale e stazionario, in modoche si possanano utilizzare relazioni simili a quelle dellatrasmissione del calore:

φ′′ = −λdθ

dx= −λ

∆θ

∆x[W/m2]

Page 113: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 112

θ1

θ2

p2

p1

p2

p1

psat

+ =

Figura 4.2: a) Andamento della temperatura, b) andamento della pressione di vapore c) andamentodella pressione di saturazione

φ′′ e il flusso termico per unita di superficie, con∆θ = θ1 − θ2 salto di temperatura tra due strati diconduttivitλ e distanza∆x. In analogia a questa formula, si puo scrivere ilflusso di vaporeg:

g = −δpdp

dx= −δp

∆p

∆x[kg/m2s]

conδp permeabilita al vapore,∆p = p1 − p2 differenza di pressione di vapore tra due superfici.

∆x

p1

p2

Accanto all’andamento della pressione parziale di vaporepv puo essere riportato anche l’andamentodella pressione di saturazionepsat funzione questa solo della distribuzione di temperatura all’internodella pareteθ(x) come riportato in figura 4.2. La condensazione inizia quandola pressione di vaporeraggiunge quella di saturazione.

La condensa inizia quando la retta dellepv interseca la curva di saturazionepsat, funzione questadelle temperatureθ1 e θ2.

p1

p2

psat

zona di condensa

Page 114: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 113

Nelle pareti multistrato l’analisi pu essere svolta tracciando lepsat in funzione della temperaturae confrontandole con l’andamento lineare a tratti dellapv :

Parete

Tint

Test

Tsi

Tse

Psat(T)

La normativa, per semplificare il calcolo, introduce unmateriale fittizio, con permeabilita al ugualea quella vapore dell’aria: cosı per ogni strato di spessore∆xj e possibile determinare unospessored’aria equivalente Sdj avente la stessa resistenza al vapore.3

∀ strato ∆xj → Sdj

∆xj

δpj

=Sdj

δariap

da cui

Sdj =δaria

p

δpj

∆xj

in questo modo tutta la parete risulta costituita dello stesso materiale, eliminando gli spigoli edottenendo un andamento lineare dipv. Assumendo che:

δ0 = δariap = 2 · 10−10 [kg/(m · sPa)]

si definisce per il materialej−esimo un fattore di resistenza al vapore:

µj =δaria

p

δpj

ottenendo quindiSdj = µj∆xj

Gli elementi ad alta resistenza termica, come gli isolanti,si suddividono in un numero di strati ca-ratterizzati ciascuno da una resistenza termica non superiore a 0,25 m2K/W; ciascuno di questi vieneconsiderato come singolo strato di materiale in tutti i calcoli e pure la distribuzione della pressione disaturazionepsat viene assunta lineare a tratti.4

Nel caso ci sia interferenza tra andamento della pressione di vapore e della pressione di saturazionee necessario calcolare l’accumulo di acqua, verificando che sia inferiore al limite consentito e checomunque evapori tutta nei mesi piu caldi. Ipotizzando la parete asciutta all’inizio del calcolo, siprocede mese per mese come segue:

3I valori di permeabilita al vapore dei materiali sono riportati sulla norma UNI 10351.4in realta l’andamento nonE lineare come si puo vedere considerando le eqns (4.1) e (4.2), ma la suddivisione degli

strati con elevata resistenza termica riduce l’errore semplificando comunque il calcolo

Page 115: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 114

• si fissanoθi, θe, pi e pe medie mensili, conpi = pe + 1, 1 ∆p

• si calcola l’andamento della temperaturaθ(x) nella parete reale;

• a ciascuno strato si fa corrispondere unostrato d’aria equivalente. Gli spessori equivalentisono di solito maggiori di quelli reali perche ogni materiale ha permeabilita minore di quelladell’aria.

• sulla parete fittizia si traccia l’andamento dipsat e dellepv, il cui andamento ora e lineare sututto lo spessore, essendo il materiale omogeneo.

• Si verifica che non ci sia intersezione, come in figura 4.3, in caso contrario si deve calcolare laquantita di acqua accumulata nella stagione.

Parete fittizia

Pint

Pest

Psat

Figura 4.3: parete senza condensazione

4.3.1 Calcolo della quantita di acqua condensata

Si possono distinguere due casi: condensazione su un piano di interfaccia e condensazione su piupiani di interfaccia come riportato in figura 4.4:

pint

pest

psat

d,Ts’

d,c2s’

d,c1s’

pv

d,Ts’

pint

pest

psat

d,cs’

a) b)

Figura 4.4: a) Condensazione su un piano d’interfaccia, b)su piu piani d’interfaccia

Page 116: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 115

Il flusso di vapore condensatog si ottiene da un bilancio tra il vapore che entra dalla facciainternae quello che esce dalla parete esterna nel periodo considerato. Nel caso di accumulo su un solo pianodi interfaccia, e facendo riferimento alla figura 4.4a si ottiene:

gc = δ0

(pi − pc

sd,T − sd,c

− pc − pe

sd,c

)(4.3)

dovepc e la pressione del vapore all’interfaccia di condensazione,pc = psat(θc) pari alla pressione disaturazione alla temperatura dell’interfaccia dove avviene la condensazioneθc.

Se la condensazione avviene su piu interfacce, facendo riferimento alla figura 4.4b si possonocalcolare i flussi di condensazione nelle due interfacciegc1 egc2:

gc1 = δ0

(pc2 − pc1

sd,c2 − sd,1

− pc1 − pe

sd,c1

)(4.4)

gc2 = δ0

(pi − pc2

sd,T − sd,c2− pc2 − pc1

sd,c2 − sd,c1

)(4.5)

l’accumulo nel mese considerato risulta dunque

Gm = gcond∆τm

[kg/m2] con ∆τm tempo (in secondi) del mese considerato. Questo valore va aggiunto alla quantit‡eventualmente accumulato nei mesi precedenti. In presenzadi condensazione la pressione di vaporesi assume quindi sempre pari alla pressione di saturazione alla temperatura dell’interfaccia anche neimesi sucessivi. Passando al mese sucessivo si ha quindi:

p = ps(θmese successivo)

mentre per le pressioni esterne e interne si assumono i nuovivalori:

pi = pi(m + 1)

pe = pe(m + 1)

con le nuove distribuzioni di pressione e temperatura si pu`o avere ancora condensazione oppureevaporazione

psat(θm+1) < pi → continua a condensare

ps(θm+1) > pi → si ha evaporazione

Nel caso in cui l’accumulo continui, la quantita condensata va sommata a quella accumulata nei mesiprecedenti; se la condensa finale supera i 0,5kg/m2, la parete risulta inaccettabile. Se invece nonsi supera tale valore si deve comunque verificare che tutta lacondensa evapori nel corso dell’anno,per avere ad ottobre la parete sempre asciutta. Per il calcolo dell’acqua evaporata si possono ancorautilizzare le (4.3), e (4.5), in questo caso l’andamento delle pressioniE riportato nella figura 4.5ottienendo dig ≤ 0. La quantit‡ evaporata nel periodo risulta quindi pari a

Em = gev∆τ

valore che va sottratto alla quantit‡ precedentemente accumulata, se tale quantit‡ assume valorinegativi siglifica che tutta l’acquaE evaporata e pertanto l’interfacciaE asciutta.

Page 117: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 116

d,Ts’

d,cs’

pest

pint

psat

pest

psat

d,Ts’

d,c2s’

d,c1s’

pint

vp

b)a)

Figura 4.5: a) Evaporazione da una sola interfaccia, b) Evaporazione da due interfacce

4.4 Posizionamento ottimale degli strati di isolante

Tipicamente, si utilizzano 3 tipi di installazione dell’isolante nella parete:

• esterna: soluzione recente (ultimi decenni), presenta costi alti,difficolt di attuazione e menodurevole delle altre.

• centrale: piuttosto rara, esistono comunque delle soluzioni inermedie che si avvicinano alcentro della parete.

• interna: tra le soluzioni possibili e la piu’ utilizzata, ha costi bassi, e semplice da effettuare, el’isolante ha limitati problemi di sostegno

Finora e stato considerato un comportamento dell’edificiodi tipo stazionario, approssimando il fe-nomeno reale, che in realt e di tipoperiodico. Poiche il posizionamento dell’isolante influenza lecaratteristichedinamichedell’edificio, valutiamone il comportamento:

4.4.1 aspetti legati al comportamento termico ed igrometrico dell’edificio

Il problema igrometrico e legato a quello termico. I problemi nascono, come visto, quando lapressione di vapore supera quella di sturazione:

pv > ps(θ)

conpv, θ e ps che diminuiscono dall’interno verso l’esterno. Il salto massimo di temperatura si ha incorrispondenza dello strato di isolante:

• Isolamento interno:

Page 118: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 117

Test

Tint

Isolante

Parete con isolamento interno

La pressione di saturazione segue l’andamento della temperatura:

Isolante

Andamento della Psat

Psat

mentre la pressione di vapore e indipendente, ed ha un andamento in funzione della permeabilital vapore di ogni stratoδp

Isolante

Andamento della P

Pi

Pe

Con l’solamento interno laps ha un valore basso nella maggior parte della parete, favorendo lacondizione di condensapv > ps.

• Isolamento esterno:

Page 119: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 118

Test

Tint

Isolante

Parete con isolamento esterno

Isolante

Andamento della Psat

Psat

Isolante

Andamento della P

Pi

Pe

Conps elevata nella maggior perte della parete, la condizione di saturazione si raggiunge piu’difficilmente, in regime stazionario.

In regime periodicoinvece si ha andamento di tipoondulatoriodella temperatura e del flusso termico(con periodo di oscillazione di 24 ore). L’irraggiamento solare e caratterizzato da piccole lunghezzed’ondaλ, con un picco di radiazione fino a 1µm, secondo la legge di WienλmaxT = cost = 2898µK,dove T nel caso del Sole vale 5700 K.

Page 120: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 119

Interno Esterno

q

Nei periodi in cui manca il flusso si ha dispersione, mentre quando c’e irraggiamento si ha riscalda-mento. La radiazione entra in gran parte dai vetri, che sono trasparenti alle basse lunghezze d’ondadel Sole, ma opachi alle alteλ corrispondenti ai 300 K degli oggetti interni all’edificio:si ha dunqueun ’effetto serra.

Lungh. d'onda

Emiss.

Temperatura

Nel caso di andamento periodico, si ha:

θx = θm + ∆θe−γxsen(ωτ − γx)

dovee−γx e il termine di attenuazione: man mano che si entra nel corposi ha smorzamento dell’am-piezza dell’onda termica.

Interno Esterno

q

γ =

√ω

2a=

√ω

2λ/ρc

mettendo uno strato di isolante, conλ molto bassa (<< λ parete), aumenta il valore diγ. Valori tipici:

Page 121: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 120

λisolante ≈ 10−2W/mK

λmuro ≈ 100, 101W/mKQuindi, con isolante,γ aumenta, e dunque, a parit dix, e−γx diminuisce, e con esso ancheθx.

Interno

Esterno

q

Andamento senza isolante

Andamento con isolante

Strato isolante

Con isolanteinterno la temperatura si smorza piu’ rapidamente verso l’esterno,e la quantit di calorerisulta essere minore, infatti:

Q =

∫ π

0

q

l’isolante haρ bassa,ρisol << ρc Inoltre l’ambiente e piu’ soggetto asurriscaldamento: θsup haescursione piu’ elevate:

(δθe)isol > (δθe)c

Tutto questo farebbe propendere verso un isolamento esterno, magari concappotto, che per presentagli svantaggi visti. L’isolamento interno invece da questaanalisi risulta adatto solo a stanze poco abi-tate (ad es case di vacanza), ma in realt viene comunque preferito quasi sempre. Come soluzione otti-male si pone l’isolante dalla parte interna , sorretto da unostrato di mattoni forati, con intercapedined’aria e schermature alla radiazione (fogli di alluminio).

Sezione parete

Barriera al vapore

Isolante Intercapedine d'aria

Schermatura alla radiazione

Laterizio

Int.

Est.

Questi fogli possono fare anche da barriera al vapore, producendo un salto nell’andamento dellapressione di vapore, come raffrigurato nella figura seguente:

Page 122: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 121

Pi

Pe

Parete reale

Pi

Pe

Parete fittizia

La barriera va posta preferibilmente dal lato caldo dell’isolante, in modo che il salto dipv avvengaprima di quello dips. Tale barriera va applicata molto accuratamenteovunque, onde evitare checi siano delle lacune che porterebbero ad un passaggio preferenziale del vapore con formazione dicondensa. Altre soluzioni efficaci sono rappresentate nelle figure seguenti.

Sezione parete

Barriera al vapore

IsolanteIntercapedine d'aria

Schermatura alla radiazione

Laterizio

Int.

Est.

Nel caso disolaio + cordolo:

Page 123: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 122

Int. Est.

Solaio +

cordolo

Isolante

Solaio

4.4.2 Intercapedini d’aria

Un significativo contributo all’isolamento dell’edificio lo possono fornire le intercapedini d’aria pur-che di spessore limitato. La loro efficacia compromessa quando i moti convettivi al loro internodiventano significativi ed aumentano sensibilmente gli scambi termici. L’intercapedine d’aria pu con-tribuire anche alla prevenzione del danneggiamento delle struttura dovuto alla condensa interstizialesoprattutto se vengono ventilate nei mesi caldi. Nei climi mediterranei molto spesso l’intercapedined’aria costituisce l’unico strato di isolante adottato e lasua efficacia si manifesta anche nel periodoestivo. Infatti, l’intercapedine tipicamente uno strato intermedio nella parete e non porta ai surri-scaldamenti estivi che si manifestano negli edifici isolatiinternamente (e magari dotati di notevolisuperfici finestrate. Il comportamento delle intercapedi d’aria pu essere riassunto come segue. Fra ledue superfici dell’intercapedine, a temperatura diversa, si hanno tre tipi di scambio termico attrversolo strato d’aria:

• Conduzione, si ha con aria ferma.

q′′k =λ

s(θ1 − θ2)

• Convezione, dipende dal movimento dell’aria nell’intercapedine

h1 ≈ h2 =Nu λ

s H

con NusseltNu = f(Gr, Pr) , Gr Grashof e Pr Prandtl. Dunque

q′′c = h(θ1 − θ2)

• Irraggiamento: poiche l’aria e anche trasparente all’irraggiamento, si ha un flusso termicoanche in questa forma, indipendentemente dal moto dell’aria.

q′′r =σ(T 4

1 − T 42 )

1−ǫ1ǫ1

+ 1 + 1−ǫ2ǫ2

q′′r =σ(T 4

1 − T 42 )

1ǫ1

+ 1ǫ2− 1

dove:

Page 124: Dispensa Impianti 1

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA 123

ǫ = emissivit delle superfici

σ = costante di Boltzmann

T = θ + 273 temperatura assoluta: considerandoT1 ≈ T2 = Tm, si ha:

(T 41 − T 4

2 ) = (T 21 + T 2

2 )(T 21 − T 2

2 )

= (T 21 + T 2

2 )(T1 + T2)(T1 − T2)

= (T 21 + T 2

2 )(T1 + T2)(θ1 − θ2)

≈ 2T 2m2Tm(θ1 − θ2)

= 4T 3m(θ1 − θ2)

e dunque

q′′r =σ4T 3

m(θ1 − θ2)1ǫ1

+ 1ǫ2− 1

il flusso specifico finale risultaq′′tot = q′′k + q′′c + q′′r

Osservazione:λaria ≈ 0, 026W/mK, h ≈ 1 ÷ 2W/m2K,

Tm ≈ 280K, ǫ1 ≈ ǫ2 ≈ ǫ =≈ 0, 9

allora:

q′′r = σǫ4T 3m(θ1 − θ2) ≈ 4, 1

W

m2K(θ1 − θ2)

e dunque

q′′tot = q′′k + q′′c + q′′r = (λ

s+ h + hr)(θ1 − θ2)

ad esempio, per una intercapedine da 2 cm si ha:

= (0, 026

0, 02+ 2 + 4, 1)(θ1 − θ2)

=(θ1 − θ2)

R′′

conR′′ = 0, 14 m2K/W . Il termine preponderante e quello dovuto allo scambio termico per irrag-giamento (almeno pari a quello per convezione) e che aumentasensibilmente all’aumentare diTm.Per limitarlo si potrebbero adottare trattamenti superficiali che abbiano bassa emissivit per elevatelunghezze d’onda, ad esempio fogli d’alluminio.