Diritto Tributario (La Rosa 2012)
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Diritto Tributario
Introduzione
Il tributo è quel prelievo di ricchezza coattivo imposto da un ente pubblico per
finanziare le proprie attività istituzionali.
Perché è importante distinguere ciò che è tributo da ciò che non lo è?
Per una serie di motivi:
- per identificare il giudice competente a risolvere le controversie (infatti per
i tributi la giurisdizione è devoluta alle Commissioni Tributarie);
presenta:
- un elemento soggettivo (cioè l’Ente impositore è un sogg. pubblico)
- un elemento strutturale (cioè è un prelievo coattivo)
- un elemento finalistico (cioè serve per coprire le spese pubbliche)
Ognuno di questi elementi è solo orientativo, infatti: per quanto riguarda la natura pubblica dell’ente a volte è stata riconosciuta
natura tributaria a delle entrate di soggetti non propriamente pubblici, come
ad es. i contributi obbligatori ai Consorzi di Bonifica;
per quanto riguarda la coattività questo elemento serve per distinguere le
entrate tributarie da quelle che l’ente può ottenere dalla gestione del proprio
patrimonio (entrate patrimoniali) o dal ricorso all’indebitamento (debito
pubblico) o dall’esercizio di attività economiche riservate all’ente pubblico
(monopoli fiscali) o dalla conclusione di negozi di diritto privato (canoni di
locazione). A volte, però, si definisce tributaria un’entrata che deriva dalla
domanda di servizi pubblici (ad es. le tasse scolastiche o universitarie) o
ancora una somma pagata per svolgere legittimamente una determinata
attività (ad es. tasse di concessione governativa);
per quanto riguarda la finalità questo elemento serve per distinguere le
entrate tributarie da quei prelievi di ricchezza fatti per reprimere determinati
fenomeni o cmq con effetto deterrente (ad es. le sanzioni amm. pecuniarie).
Ma, a volte, si definisce tributario quel prelievo effettuato non a fini finanziari,
come nel caso dei dazi doganali istituiti per contenere l’ingresso di alcune
merci estere nel mercato italiano.
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- perché il tributo non può essere soggetto ad altro tributo;
- perché i tributi sono impignorabili;
- per capire se sono applicabili le norme speciali tributarie.
L’ampia nozione di tributo include 3 sottocategorie: imposte, tasse e contributi.
Sono forme di prelievo strutturalmente diverse; le relative nozioni si ricavano
dalla scienza delle finanze.
IMPOSTE sono quei tributi prelevati per coprire il costo dei servizi pubblici
indivisibili (ad es. difesa nazionale, tutela dell’ambiente) al pagamento del
tributo il soggetto obbligato non riceva un’immediata controprestazione;
TASSE sono quei tributi prelevati per coprire il costo dei servizi pubblici
divisibili e sono posti a carico dei relativi utenti (ad es. sanità, istruzione) al
pagamento del tributo il soggetto obbligato riceverà in cambio un servizio che
può ottenere solo dall’ente impositore (carattere commutativo e non contributivo
il cittadino potrebbe anche rifiutarsi di pagare se non ha ricevuto il servizio);
CONTRIBUTI sono quei tributi prelevati per finanziare interventi pubblici che,
pur avendo carattere generale, avvantaggiano determinate categorie di
consociati (ad es. contributi di bonifica) hanno il carattere dell’obbligatorietà
tipico dell’imposta e determinano un intervento pubblico a favore dei soggetti
obbligati, come le tasse.
Questa distinzione è solo descrittiva.
Altra distinzione
Perché 2 tipologie di prelievo? Per frazionare l’elevato prelievo complessivo in
tanti tributi e per arginare il fenomeno dell’evasione.
Negli ultimi anni si sono ridotte le imposte sui trasferimenti che inibiscono la
circolazione della ricchezza e sono, invece, aumentate le imposte su redditi e
IMPOSTE DIRETTE colpiscono il reddito o il patrimonio dei
contribuenti. Infatti, la ricchezza che si possiede o che si guadagna
costituisce la manifestazione diretta e immediata della capacità
contributivaIMPOSTE INDIRETTE colpiscono i trasferimenti e i consumi, 2 eventi con i quali non si
manifesta direttamente la ricchezza ma che indicano la titolarità di una ricchezza che si
trasferisce o che si consuma (potrei aver ottenuto un prestito ma cmq pago l’imposta).
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consumi. Per quanto riguarda le imposte sul patrimonio, queste sono
costituzionalmente ammissibili solo come forme di prelievo straordinario o se
fronteggiabili con i redditi prodotti ordinariamente dal patrimonio, perché
altrimenti si potrebbe configurare una sorta di espropriazione senza indennizzo,vietata dall’art. 42 Cost.
Altra distinzione IMPOSTE PROPORZIONALI sono quelle in cui l’aliquota non varia al
variare della base imponibile. Ad es. un’imposta del 10% su imponibilisia di 100 che di 1000 l’imposta aumenta proporzionalmente
all’aumentare della ricchezza imponibile (ad es. su 100 devo pagare
10, su 200 devo pagare 20, su 300 devo pagare 30… sempre il 10%)
IMPOSTE PROGRESSIVE sono quelle in cui l’aliquota cresce all’aumentare della base
imponibile. Ad es. un’imposta del 10% su imponibili da 0 a 100; un’imposta del 15% su
imponibili da 100 a 200 l’imposta aumenta più che proporzionalmente
all’aumentare dell’imponibile (ad es. su 100 pago 10 ma su 200 pago 30).
Ci sono varie tecniche di attuazione della progressività di un’imposta:
- progressività per classi le aliquote sono diversificate in base alle diverse classi
nelle quali vengono suddivisi i contribuenti;
- progressività per scaglioni le aliquote sono diversificate in base ai diversi
scaglioni nei quali è suddivisa la ricchezza dei contribuenti;
- progressività attuata mediante detrazione di una quota fissa dalla base
imponibile e applicazione di un’aliquota costante sulla ricchezza residua (ad es. si
detrae 50 e si applica un’aliquota del 10%: se l’imponibile è 100, si applica
l’aliquota su 50; se l’imponibile è 200, si applica l’aliquota su 150).
La progressività risponde ad esigenze di equità verticale, cioè livellare i sacrifici
derivanti dal prelievo tributario basandosi sulla legge dell’utilità marginale decrescente
della ricchezza secondo la quale al crescere della ricchezza, diminuisce l’utilità
apportata dall’ultima unità di ricchezza.
In questo caso, il prelievo è giustificato da esigenze di equità orizzontale: cioè si ritiene
che i redditi provenienti dal patrimonio esprimono una > capacità contributiva rispetto al
reddito da lavoro e possono essere tassati di +.
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Per entrambe le nozioni è importante il concetto di ALIQUOTA rapporto %
stabilito dalla legge tra l’ammontare dell’imposta dovuta e la base imponibile.
Astrattamente possibili sono
Ancora possiamo distinguere tra
Entrambe queste definizioni riguardano le imposte sui redditi.
Questa distinzione ha molte implicazioni giuridico-sistematiche:
1. le imposte reali possono operare solo sui redditi prodotti all’interno del
territorio dell’ente che le istituisce, mentre le imposte personali si
estendono ai redditi prodotti all’estero;
2. dal punto di vista delle aliquote, le imposte reali sono necessariamente
proporzionali perché la progressività discriminerebbe irrazionalmente
redditi di pari ammontare, a seconda del numero delle fonti produttive;
mentre quelle personali sono normalmente progressive.
3. le imposte reali sono insensibili alle condizioni personali e sociali del
contribuente, aspetti che, invece, sono valorizzati nelle imposte personali.
Non esistono imposte che siano assolutamente reali o assolutamente personali
perché bisogna contemperare la tutela dell’equità sia orizzontale che verticale
le imposte personali contengono aperture ad aspetti reali e viceversa.
Le fonti – La Costituzione
IMPOSTE FISSE quelle il cui ammontare non
varia al variare del presupposto di fatto del tributo;
IMPOSTE REGRESSIVE quelle il cui ammontare decresce all’aumentare della
ricchezza tassabile
IMPOSTE REALI prelievo di una parte dei redditi
prodotti dalle singole fonti produttive,
indipendentemente dalla situazione personale deipercettori
IMPOSTE PERSONALI prelievo di una parte del reddito complessivo dei singoli soggetti
passivi, indipendentemente dalla fonte dalla quale provengono
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ARTT. 23 e 53 Cost. dedicati rispettivamente alla riserva di legge e alla capacità
contributiva.
L’ART. 81 è dedicato all’equilibrio tra le entrate e le spese dello Stato.
Ma possiamo citare tanti altre norme costituzionali rilevanti a livello fiscale: ad
es. l’art. 14 sull’inviolabilità del domicilio consente all’amm. finanziaria di fare
accertamenti nel domicilio del contribuente se c’è un interesse pubblico.
Riserva di legge
ART. 23 Cost.: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge” .
E’ inevitabile il collegamento al principio di legalità dell’azione amm. dal quale si
distingue per il fatto di contenere una negazione della possibilità che le leggi
attribuiscano all’amm. un potere discrezionale nella determinazione e
applicazione dei prelievi tributari.
Ambito di operatività dell’art. 23
La giurisprudenza costituzionale ritiene che si estende a qualunque prestazione
personale e patrimoniale che venga imposta a chi deve effettuarla.
Inizialmente la Corte aveva interpretato restrittivamente la nozione di
“prestazione patrimoniale imposta”: infatti la configurava solo in presenza di un
atto di autorità a carico di una persona senza il concorso della sua volontà. Però,
in questo modo, rimanevano fuori dall’art. 23 le tasse (perché servono ad
ottenere un servizio).
Successivamente la Corte affermò l’irrilevanza della volontà del privato quando
la prestazione pecuniaria non è inserita in un rapporto contrattuale, anche se
correlata al godimento di servizi pubblici. Infine, è giunta ad affermare che
anche quando la fonte del rapporto è contrattuale e il regime è privatistico, la
prestazione contrattuale può cmq essere “imposta”: infatti, la libertà si riduce
alla possibilità di scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno
Inoltre, altri profili finanziari e tributari li troviamo nelle disposizioni relative aipoteri di Regioni, Province e Comuni.
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essenziale e l’accettazione di condizioni e obblighi prefissati in modo unilaterale e
autoritativo.
Inoltre, siccome la riserva di legge fa riferimento solo al momento
dell’imposizione, si ritiene che per legge devono essere fissati: oggetto, soggettiattivi e passivi, base imponibile e aliquote di ogni tributo. Ma tutto ciò che
riguarda il momento applicativo e procedimentale delle imposte (accertamento,
riscossione, ecc…) il principio fondamentale è quello della legalità dell’azione
amm.
Le esenzioni e le agevolazioni fiscali rientrano nell’ambito di operatività dell’art.
23? Si tende a rispondere affermativamente per il loro carattere derogatorio:
cioè siccome derogano a delle norme, devono essere disposte con atti altrettanto
normativi. Però si obietta che le esenzioni e agevolazioni fiscali sono forme di
intervento pubblico con funzione surrogatoria delle sovvenzioni finanziarie e
quindi fuoriescono dal campo dei tributi sono costituzionalmente ammissibili
leggi che attribuiscano all’amm. delle discrezionalità simili a quelle ammesse in
materia di contributi pubblici.
Intensità della riserva di legge
il termine “legge” comprende anche il d.lgs. e il d.l. Però all’art. 4 dello Statuto
del contribuente viene esclusa la possibilità di istituire nuovi tributi o di
estendere i tributi esistenti ad altre categorie di soggetti con il d.l.
ATTENZIONE!!!
Lo statuto del contribuente non può certo derogare una norma costituzionale
dobbiamo interpretare l’art. 4 come un monito per il governo: non abusare del
decreto legge e utilizzarlo solo quando effettivamente sussistono le condizioni
richieste nella costituzione, cioè necessità e urgenza.
Mentre è frequente il ricorso alla legge delega per elaborare i testi normativi
tributari.
E’ controversa la riferibilità dell’art. 23 Cost. alle leggi tributarie regionali e alle
fonti normative comunitarie.
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Per quanto riguarda le leggi tributarie regionali trovano il loro fondamento
costituzionale non tanto nella riserva di legge quanto nelle norme cost. che
disciplinano contenuti e limiti delle autonomie regionali (artt. 5, 117 e 119).
Mentre, le fonti normative comunitarie sono costituzionalmente ammesse in virtùdell’ art. 11 Cost.: infatti, sottoscrivendo il trattato internazionale l’Italia ha
accettato la limitazione della propria sovranità.
Esistono ambiti che possono essere disciplinati con fonti normative sub-primarie
(come i regolamenti)?
La Corte Cost., facendo leva sul testo dell’art. 23 che dice “in base alla legge” e
non “per legge”, ha affermato il carattere relativo della riserva la legge
tributaria può essere integrata e specificata da regolamenti. L’importante è che
con la legge primaria siano fissati gli elementi essenziali delle prestazioni
patrimoniali.
Dimostrazione di riserva di legge relativa: IMU e IRAP perché sono istituite con
legge statale ma si consente ai comuni e alle regioni di apportare delle modifiche
(ad es. le aliquote) in base alle necessità degli enti locali. Ad es. se un comune
ha molti alberghi potrebbe prevedere aliquote > per gli alberghi rispetto alle
unità abitative.
Capacità contributiva
ART. 53 Cost.: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione
della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” .
Inizialmente questa norma fu ritenuta meramente programmatica, cioè non
vincolava la delineazione concreta dei profili oggettivi e soggettivi dei singoli
tributi. E tutt’ora viene attribuita valenza programmatica al 2° com., infatti non
sono considerate costituzionalmente illegittime le imposte fisse o proporzionali.
Invece, con riferimento alla capacità contributiva di cui al 1° com., dottrina e
giurisprudenza le hanno subito dato rilevanza in 2 direzioni:
1. i tributi devono necessariamente essere correlati a manifestazioni di
ricchezza e capacità economica il legislatore ordinario nella scelta dei
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fatti da sottoporre a tassazione deve sempre partire da fatti indicativi di
ricchezza e di disponibilità economica.
La Corte ha limitato questa esigenza alle sole imposte e non anche alle
tasse. Inoltre, la Corte ha affermato che, nonostante non siaespressamente sancito il divieto di retroattività delle norme tributarie, le
disposizioni che prevedono l’applicazione di prelievi tributari a fattispecie
anteriori alla loro emanazione, possono essere costituzionalmente
illegittime per violazione del principio di capacità contributiva se non
contengono una ragionevole presunzione della persistenza della capacità
economica riscontrata in passato.
2.
l’art. 53 costituisce anche il fondamento del principio di eguaglianza
tributaria, che è una specificazione del principio di cui all’art. 3. Dall’art. 53
si è fatta discendere anche l’esigenza della ragionevolezza delle
discriminazioni tributarie.
Altri principi costituzionali
ART. 75, 2° com. Cost.: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di
bilancio” questo per il timore di iniziative popolari irresponsabili.
ART. 81, 3° e 4° com. Cost. il testo precedente disponeva che: “Con la legge di
approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte".
Per quanto riguarda il 3° com., il divieto si ricollegava al timore di decisioni affrettate da
parte del Parlamento che doveva solo sindacare e controllare le soluzioni applicative
delle norme finanziarie programmate dall’esecutivo. Successivamente, però, si rese
necessario consentire un adeguamento della legislazione finanziaria ai mutamenti
economici. Ecco perché dal 1978 l’approvazione del bilancio è stata strettamente
collegata all’approvazione della legge di stabilità, con la quale vengono adeguati i
contenuti delle leggi finanziarie previgenti (sia di entrata che di spesa) agli obiettivi di
politica economica cui si ispirano il bilancio annale e pluriennale dello Stato e che
rappresenta lo strumento col quale sono attuate le manovre finanziarie di fine anno.
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Il 4° com. tende a garantire l’equilibrio finanziario tra entrate e spese pubbliche
attraverso la previsione dell’obbligo di copertura delle nuove spese.
Quest’art. veniva criticato per 2 motivi: sia per l’ampiezza della nozione di “nuova” o
“maggiore” spesa, sia per il fatto che i mezzi per far fronte alle spese non devono
necessariamente provenire da aggravi tributari, infatti potevano provenire anche da
riduzioni di spese preesistenti.
L’attuale testo normativo dell’art. 81, modificato dalla l. cost. 1/2012, prevede al 2°
com.:
“Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo
economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei
rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”.
Mentre al 5° com. stabilisce che:
“Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare
l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso
delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge
costituzionale”.
Leggi finanziarie e decentramento finanziario Art. 5 Cost.: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio
decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento” .
L’autonomia politica degli enti locali presuppone necessariamente l’autonomia
finanziaria: infatti, ciascun ente deve disporre delle risorse adeguate da
spendere in modo autonomo per lo svolgimento dei compiti istituzionali.
La l. cost. 3/2001 ha modificato l’intero titolo V e l’art. 114 stabilisce ora che “La
Rep. è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle
Regioni e dallo Stato.
Per quanto riguarda, in particolare, la materia finanziaria le nuove norme cost.
stabiliscono:
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1. all’art. 117, 2° com., lett. e) che lo Stato ha legislazione esclusiva in
materia di sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie;
2.
all’art. 117, 3° com.
che rientra tra le materie di legislazioneconcorrente l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario;
3. all’art. 117, 1° com. che Comuni, Province, Città metropolitane e
Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
4. all’art. 119, 2°, 3° e 4° com. che “I Comuni, le Province, le Città
metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Cost. e secondo i
princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di
destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante” .
Queste disposizioni sono state variamente interpretate: alcuni hanno ravvisato
l’attribuzione alle Regioni di una potestà impositiva primaria, mentre altri
ritengono che i poteri impositivi delle Regioni devono essere esercitai solo nei
casi e nei limiti stabiliti dalle leggi statali, a salvaguardia dell’unità
dell’ordinamento tributario.
La legge delega sul federalismo fiscale ha seguito, invece, una linea intermedia:
infatti puntualizza che per tributi delle Regioni si intendono
i “tributi propri derivati” cioè
istituiti e regolati da leggi
statali ma con gettito
attribuito alle regioni
le addizionali sulle basi
imponibili dei tributi statali
i tributi propri istituiti dalle
Regioni con propria legge in
base a presupposti non
assoggettati a imposizione
erariale. Inoltre, si è data alle
Assemblee regionali la
possibilità di modificare lediscipline sostanziali dei tributi
riservati alle Regioni, entro i
limiti fissati dalla legge statale.
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Quindi le Regioni possono istituire tributi propri però, siccome tra le materie di
legislazione esclusiva dello Stato c’è il sistema tributario, le Regioni non possono
istituire tributi che colpiscono eventi che rientrano nel “sistema”. L’ oggetto del
tributo deve essere qualcosa che riguardi solo quella regione che istituisce iltributo. Ad es. la legge statale ha stabilito che le plusvalenze non d’impresa che
costituiscono reddito tassabile sono solo quelle che risultano nella categoria
redditi diversi e cioè quelle di fonte immobiliare (detto in parole povere: compro
e vendo un immobile, la differenza è reddito tassabile). Non costituisce
plusvalenza la differenza di fonte mobiliare: cioè compro un quadro a 50 e lo
rivendo a 100 quei 50 di differenza non costituiscono plusvalenza tassabile per
una scelta del legislatore una regione non può prevedere che quei 50 siano
tassabili. Infatti si tratterebbe di un evento che si potrebbe verificare ovunque
sul territorio nazionale e quindi rientra nel “sistema”. Invece, ad es. la raccolta
dei tartufi che si realizza solo in Toscana, non rientra nel sistema la regione
Toscana potrebbe benissimo istituire un tributo proprio che ha per oggetto la
raccolta dei tartufi.
Altre fonti del diritto tributario
Usi e consuetudini non hanno valenza normativa dato che vige il principio della
riserva di legge. E la stessa cosa si deve dire per le Circolari e le Risoluzioni
ministeriali che sono atti interni tra uffici amm. centrali e periferici e hanno la
funzione di assicurare l’imparzialità e il buon andamento dell’amm.
REGOLAMENTI possono disciplinare aspetti specifici delle prestazioni
tributarie. Ciò risulta sia dagli artt. 3 e 4 delle preleggi sia dalla l. 400/88 che ha
classificato i regolamenti in:
di attuazione ed
esecuzione integrano e
completano la disciplina
prevista dalle norme
primarie;
di organizzazione
regolano l’organizzazione
ed il funzionamento dei
pubblici Uffici;
autonomi disciplinano materie
non regolate dalla legge purché
non coperte da riserva di
legge (non possono disciplinare
gli aspetti sostanziali dei tributi)
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In molti casi la legge rimette ad atti dell’esecutivo la disciplina sostanziale dei
tributi e le modalità della loro concreta applicazione e riscossione: pensiamo ai
decreti ministeriali in materia di determinazione dei coefficienti di aggiornamento
delle rendite catastali o ai decreti con i quali vengono approvati i modelli per ledichiarazioni dei redditi. Inoltre, gli enti territoriali esercitano i loro poteri
attraverso atti di natura regolamentare, ad es. per la determinazione delle
aliquote dei tributi a loro devoluti (ovviamente tra un min. e un max. stabilito
dalla legge).
FONTI COMUNITARIE
direttive = hanno come destinatari gli Stati membri, i cui legislatori dovranno
adeguarsi alle regole in esse contenute.
regolamenti = hanno un’efficacia diretta in ogni Stato membro.
Di recente, però, anche alle direttive è stata riconosciuta un’efficacia diretta
quando formulate in modo così preciso e dettagliato da avere un’ immediata
applicazione, una volta scaduti i termini per la ricezione (direttive self-executive).
Per quanto riguarda la collocazione delle fonti comunitarie, prima si riteneva che
il regolamento potesse prevalere sulla disciplina interna difforme solo se questa
veniva prima dichiarata incostituzionale. Oggi, invece, si ritiene che la
prevalenza sussiste a prescindere dalla dichiarazione di incostituzionalità per il
solo fatto che l’Italia, sottoscrivendo il trattato ha accettato una limitazione di
sovranità.
Le norme sovranazionali cmq non possono stravolgere i principi identitari dello
Stato: ad es. il principio di capacità contributiva.
Interpretazione delle norme tributarie e clausole antielusive
la disciplina dei tributi viene integrata e specificata con atti che non possono derogare
alla legge primaria e che, avendo natura amm., possono essere impugnati davanti al
giudice amm. e disapplicati dal giudice ordinario.
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In passato le norme tributarie, siccome limitano la libertà patrimoniale, erano
assimilate alle norme penali. Ne derivava ad es. la regola “in dubio contra
fiscum”, privilegiando il contribuente. Altri si opponevano a tale impostazione e,
considerando preminente l’interesse pubblico sotteso al prelievo dei tributi,sostenevano il principio “in dubio pro fisco”.
Oggi, invece, si ritiene che per l’interpretazione delle leggi tributarie valgono le
regole generali di cui all’art. 12 delle preleggi:
“Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una
precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi
generali dell'ordinamento giuridico dello Stato” .
Il problema principale riguarda l’analogia:
è possibile l’estensione analogica delle leggi tributarie?
viene esclusa per le norme impositive, per quelle eccezionali e per quelle a c.d.
fattispecie esclusiva, perché si riferiscono ad ipotesi specificamente individuate.
Le maggiori problematiche sorgono sul piano applicativo delle norme tributarie.
1° problema:
- qualificazione degli atti e dei negozi giuridici
Le norme tributarie spesso ritengono rilevanti fiscalmente gli atti e i negozi
giuridici posti in essere dai contribuenti, al fine di colpire i fenomeni
economici che si accompagnano ad essi. Siccome non sempre quell’atto o
negozio giuridico dà luogo a quel fenomeno giuridico che le norme
tributarie vogliono colpire, bisogna stabilire se e in che misura l’amm. e il
giudice possano prescindere dalla forma giuridica dell’atto ed applicare le
norme tributarie alla sostanza economica (ad es. considerare vendita
quella che formalmente è una divisione).
Alcuni ordinamenti hanno accolto il principio generale per cui le norme
tributarie vanno applicate guardando alla sostanza economica della
http://www.brocardi.it/dizionario/4258.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4272.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4273.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4274.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4274.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4273.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4272.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/4258.html
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fattispecie e non alla forma giuridica. Tuttavia, in questo modo viene meno
la certezza del diritto.
In Italia non esistono regole generali ma solo disposizioni settoriali che, a
volte, sono considerate espressione di un principio generale.
la riqualificazione delle fattispecie tributarie consiste nella corretta
applicazione delle norme tributarie senza modificare gli assetti negoziali intercorsi
tra le parti.
- l’elusione fiscale e le clausole antielusive
L’elusione fiscale sorge quando vi è il ricorso a forme negoziali anormali o
atipiche per conseguire vantaggi che diversamente non si potrebbero
ottenere. L’elusione viene definita come una situazione intermedia tra il
lecito risparmio d’imposta (che si ha quando il minor carico tributario viene
ottenuto nel pieno rispetto della legge) e l’evasione fiscale (che è invece
caratterizzata dalla violazione delle leggi tributarie).
L’elemento che caratterizza l’elusione fiscale è, appunto, il fatto che le
norme tributarie non vengono violate, bensì aggirate.
Proprio perché manca una violazione, il fenomeno dell’elusione viene
contrastato con 2 tipi di misure:
1. emanando nuove norme volte a chiudere, di volta in volta, gli spazi che
consentono l’elusione;
art. 20 DPR 131/86 dove leggiamo che le imposte di registro vanno applicate
secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati per la
registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente.
art. 37, 3° com, DPR 600/73 a proposito delle imposte sui redditi “In sede di
rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui
appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di
presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per
interposta persona” .
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2. attribuendo all’amm. finanziaria e al giudice tributario il potere di
disapplicare le norme che hanno permesso l’elusione e di disconoscere i
correlati vantaggi tributari.
Nel nostro ordinamento si segue soprattutto la 1° via con conseguenteframmentazione e complessità della normativa tributaria. Però, una svolta
verso la 2° via si è avuta con l’art. 37-bis DPR 600/73 che, con riferimento
ad alcune operazioni economico-finanziarie, ha stabilito che i relativi atti,
fatti e negozi giuridici se privi di ragioni economiche e diretti ad aggirare
obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario divengono inopponibili
all’amm. finanziaria. Inoltre, in queste circostanze, l’amm. disconosce i
vantaggi tributari conseguiti dai contribuenti applicando le imposte
determinate sulla base delle disposizioni eluse, al netto delle imposte
dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amm. Si
consente all’amm. di determinare le imposte dovute applicando i principi
ispiratori della disciplina elusa; e ciò in deroga all’art. 12, 2° com. preleggi
che vuole che i principi si applichino solo in assenza di una specifica
disposizione regolatrice del caso concreto.
Questa disciplina è stata considerata espressione del generale divieto di
abuso del diritto: cioè si nega che il contribuente abbia la possibilità di
trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici
idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in assenza di ragioni
economicamente apprezzabili che giustifichino l’ operazione e diverse dalla
mera aspettativa del risparmio fiscale.
Ad es. nell’acquisto e vendita infraquinquennale di immobili che genera
plusvalenza non d’impresa tassata come reddito diverso, se il cedente
vende a 5 anni e 1 giorno, se non c’è una valida giustificazione economica,
l’amm. finanziaria può tassare cmq la plusvalenza perché c’è un abuso del
diritto.
L’efficacia delle leggi tributarie nel tempo e nello spazio
Nel tempo
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Valgono le regole generali ma con alcune eccezioni introdotte dalla l. 212/2000
contenente lo Statuto dei diritti del contribuente.
PRINCIPIO DI FISSITA’
Art. 1
le disposizioni costituiscono principi generali dell’ordinamento tributarioe possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi
speciali.
Questa norma ha suscitato qualche perplessità perché, essendo leggi ordinarie,
non possono limitare la sovranità istituzionale del Parlamento.
In realtà, dobbiamo guardare alle norme dello Statuto come enunciati generali
assunti a canoni interpretativi e non come norme di rango superiore.
LIMITI ALLA RETROATTIVITA’ DELLE NORME TRIBUTARIE
ART. 3 Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Con riferimento
ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo
d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle
disposizioni che le prevedono.
Questa disposizione serve a tutelare l’affidamento del contribuente negli oneri
tributari previsti dalle norme vigenti al momento in cui si verificano i fattifiscalmente rilevanti, assicurando il collegamento dell’imposizione alla capacità
contributiva. Proprio questa finalità garantista per il contribuente fa sì che il
divieto non si applica alle norme istitutive di agevolazioni, sanatorie, ecc… In
ogni caso la norma vale più come canone interpretativo che come regola di
successione delle leggi nel tempo.
ALTRE REGOLE PARTICOLARI
Sempre con finalità garantiste sono dettate altre disposizioni per le quali le
norme tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la
cui scadenza sia fissata anteriormente al 60° giorno dalla loro entrata in vigore.
Inoltre, i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti di imposta non
possono essere prorogati.
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Nello spazio
Le norme tributarie italiane possono essere applicate solo nel territorio italiano e
dagli organi amm. e giurisd. italiani, ma possono riguardare fatti avvenuti
all’estero (tassazione di redditi realizzati all’estero da italiani) o avvenuti in Italiama aventi come protagonisti soggetti stranieri (tassazione dei redditi prodotti da
stranieri in Italia)
può esserci dissociazione tra il contenuto delle norme e la capacità operativa
degli organi chiamati ad applicarle; ma può anche esserci la possibili di una
doppia imposizione internazionale di uno stesso reddito.
In genere questi problemi vengono risolti applicando convenzioni internazionali
che prevedono scambi di informazioni e forme di collaborazione.
L’extrafiscalità e le agevolazioni fiscali
L’extrafiscalità ha dei limiti di natura costituzionale? Soprattutto per quanto
riguarda i principi di uguaglianza e capacità contributiva.
A tal proposito si ritiene che l’extrafiscalità sia in contrasto con il principio
generale della partecipazione alle spese pubbliche secondo la capacità
contributiva individuale una parte della dottrina ha sostenuto che è
ammessa solo quando è orientata a valori sanciti in altri principi costituzionali.
Tuttavia, si tratta di una dottrina minoritaria perché quella prevalente e la
giurisprudenza costituzionale riconoscono l’incidenza di fattori extrafiscali
nell’apprezzamento della capacità contributiva; l’importante è che le conseguenti
discriminazioni rispondano ad esigenza di ragionevolezza e non siano arbitrarie.
Per quanto riguarda più in dettaglio le agevolazioni fiscali, sono sorte questioni
più delicate per vari motivi:
si ha quando le discipline tributarie vengono orientate a fini politico-sociali diversi dal
riparto della spesa pubblica.
Ad es. se si vogliono disincentivare alcuni fatti li si penalizza fiscalmente come
avviene per i dazi protettivi volti ad ostacolare l’importazione di merci estere. Oppure,
se si vogliono incentivare alcune operazioni, si attenuano gli oneri fiscali ad esse
connesse, come avviene per le agevolazioni fiscali nelle zone depresse.
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la varietà di forme in cui possono presentarsi (esenzioni, detrazioni, crediti
d’imposta, ecc …); carenza di principi e regole generali; difficoltà a distinguere
tra agevolazioni tributarie, che rimangono all’interno della disciplina dei singoli
tributi, e agevolazioni fiscali che, invece, costituiscono forme di spesa pubblicaperché si tratta di sovvenzioni finanziarie erogate attraverso i circuiti tributari.
Proprio per queste difficoltà, una parte della dottrina sostiene che le agevolazioni
fiscali comportano sempre una disciplina derogatoria senza distinzioni
qualitative; mentre un’altra parte della dottrina ha sostenuto che solo nel caso di
credito d’imposta comporta una forma di spesa pubblica; un’altra parte ancora
della dottrina ha poi distinto tra agevolazioni fiscali proprie e improprie:
proprie operano all’interno della disciplina dei singoli tributi;
improprie sostituiscono di fatto una sovvenzione pubblica con
conseguente spesa pubblica
sottolineando poi che la distinzione deve essere fatta su un piano di
interpretazione sistematica, considerando tutti gli interessi in gioco nelle
discipline positive.
In altri ordinamenti troviamo una disciplina specifica della spesa fiscale che stabilisce
regole contabili e di bilancio; cosa che manca in Italia dove l’approccio è di tipo
casistico.
La natura delle leggi tributarie
Le leggi tributarie, pur provenendo dal Parlamento, mancano di alcuni requisiti
tipici delle leggi: generalità, bilateralità, astrattezza. Infatti, semplicemente
trasformano in regole la funzione di governo, sono + simili agli atti amm.
Queste concezioni, formatesi all’inizio del ‘900 furono poi contrastate: infatti non
poteva confondersi lo Stato legislatore, che esercita la sua sovranità imponendo i
tributi con legge, con lo Stato amministratore, che è soggetto alla legge e che,
quindi, può accertare e riscuotere i tributi solo se e nella misura in cui ciò è
consentito dalla legge. i tributi sono oggetto di rapporti giuridici di
debito/credito tra contribuente e amm. finanziaria (requisito della bilateralità) e
hanno la loro fonte nel verificarsi dei fatti previsti astrattamente dalle norme
impositive (requisito dell’astrattezza).
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Ma le leggi tributarie sono anche legate alle leggi di spesa: infatti le leggi
tributarie regolano le entrate, mentre le leggi di spesa si occupano della
redistribuzione, il tutto nell’ambito della stessa attività finanziaria pubblica.
Questo legame assume rilievo giuridico per 2 motivi:1. per il principio dell’unicità del bilancio cioè le entrate tributarie
concorrono indistintamente a soddisfare l’unitario fabbisogno pubblico
(quindi sono prelievi di ricchezza senza rapporto sinallagmatico con le
controprestazioni), tranne nei casi di imposte di scopo, cioè entrate
destinate a coprire specifiche spese pubbliche;
2. perché anche in materia tributaria va dato rilievo all’annuale approvazione
del bilancio da parte del Parlamento. Infatti, l’approvazione del bilancio
costituisce il presupposto costituzionale per legittimare l’esecutivo a
riscuotere le entrate e ad erogare le spese. Ecco perché si parla delle leggi
tributarie come leggi “condizionate” all’approvazione del bilancio.
A queste concezioni si è obiettato che le previsioni di bilancio limitano solo
la spesa ma non anche le entrate pubbliche, per cui l’esecutivo deve
procedere alla riscossione anche oltre gli importi indicati nei bilanci annuali
di previsione. E in ogni caso, l’approvazione del bilancio costituisce condicio
sine qua non per l’esercizio dei poteri da parte dell’amm. in materia
tributaria, ma le leggi tributarie sono pienamente operanti, anche prima
dell’approvazione del bilancio, per la parte in cui pongono obblighi o
attribuiscono diritti ai contribuenti.
Struttura giuridica dei tributi
a) imposte “con” e “senza” accertamento preliminare da parte
dell’Amm. finanziaria
CON è istituzionalmente riservato all’Amm. finanziaria il compito di
applicare delle norme impositive e determinare le imposte dovute nei
singoli casi concreti. I contribuenti avranno solo obblighi di natura
strumentale e servente per facilitare l’azione amm. (ad es. dichiarare i fatti
fiscalmente rilevanti).
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Queste sono le caratteristiche
Ne deriva un modello unitario del procedimento di prelievo:
iniziale dichiarazione dei contribuenti; controlli amm.; determinazione
amm. dell’imposta dovuta; riscossione (anche coattiva) dell’imposta.
SENZA significa che
b) distinzione tra struttura economico-finanziaria e quella giuridica
dei tributi
Le discipline sostanziali sui tributi contengono alcuni elementi essenziali:
o presupposto la legge indica quale manifestazione della capacità
contributiva è assunta ad oggetto del tributo (ad es. il reddito, la
vendita, ecc…). Di fatto, è spesso costituito non da un solo fatto
giuridico ma da molteplicità di fatti, qualificati da norme diverse e
produttivi di effetti giuridici diversi;
tenuità degli obblighi posti a
carico dei contribuenti e delle
conseguenti sanzioni
le imposte vengono parametrate
su valori medio-ordinari
piuttosto che sulle dimensioni
effettive dei fenomeni economici
colpiti
l’Amm. ha soprattutto poteri di
valutazione estimativa della
materia imponibile
il contribuente ha il compito
di procedere alla
determinazione e al
versamento delle imposte
stabilite dalla legge;
esistono pesanti
sanzioni (anche penali)
per chi non provvede
l’Amm. ha il compito di orientare il
contribuente all’assolvimento degli
obblighi posti a suo carico e in più
ha il compito di reprimere i
comportamenti antigiuridici
senza accertamento vuol dire che i controlli amm.
vengono fatti ex post.
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o soggetti passivi sono coloro che vengono gravati dal tributo
perché si verifica in capo a loro il presupposto. Di fatto, non sempre
vengono gravati direttamente (pensiamo alle ritenute alla fonte);
o
base imponibile
è la grandezza che rappresenta il parametro per ladeterminazione, attraverso l’aliquota, dell’importo dovuto;
o aliquota è il criterio di quantificazione del tributo, espresso come
rapporto % tra l’importo dovuto a titolo d’imposta e la base
imponibile.
Di recente, si è affermata l’idea per cui le imposte non discendono solo da una
norma sostanziale: la prestazione tributaria, anche se economicamente
unitaria, può essere il risultato di una pluralità di norme e di situazionigiuridiche soggettive non necessariamente passive.
A formare questa idea ha contribuito molto l’IVA che comprende obblighi di
versamento e diritti di detrazione dalla cui combinazione possono scaturire
posizione soggettive sia attive che passive verso l’Amm. finanziaria.
c) distinzione tra norme costitutive di situazioni soggettive
unilaterali, di rapporti giuridici o attributive di poteri normativi
norme costitutive situazioni giuridiche sogg. unilaterali in pratica le
norme collegano ai fatti giuridici degli effetti, positivi o negativi, che
incidono sulla posizione giuridica di un solo soggetto; quindi hanno il
carattere dell’assolutezza (come avviene nel campo dei diritti reali);
norme costitutive di rapporti giuridici in pratica le norme collegano ai
fatti giuridici degli effetti che consistono nella costituzione di relazioni
giuridiche intersoggettive; quindi il diritto di un soggetto è il riflessodell’obbligo che incombe sull’altro.
norme attributive di poteri normativi in pratica le norme collegano ai
fatti giuridici l’attribuzione ad un soggetto del potere di determinare la
disciplina del caso concreto, attraverso un proprio atto normativo di tipo
negoziale (se privato) o provvedimentale (se pubblico).
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La disciplina delle prestazioni tributarie, pur avendo qualcosa in comune con le
normali obbligazioni pecuniarie, se ne differenzia per 3 motivi:
le situazioni sogg. delcontribuente non sono
sempre passive e cmq sono
accompagnate da sanzioni
che non ricorrono nei normali
casi di inadempimento delle
obbligazioni pecuniarie
l’Amm. è investita i poteriautoritativi (an e quantum
debeatur) che non dispone un
comune creditore
esistono ipotesi in cui ilcontribuente può
autodeterminare la disciplina
applicabile ai casi concreti
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Imposte sui redditi
IRPEF e IRES
Sez. I - Evoluzione storica
Originariamente il sistema era fondato sull’idea che l’imposizione reddituale sidovesse risolvere in un prelievo generale di una certa % di tutti i redditi prodotti
nello Stato. Poi, nel 1923, si era aggiunta un’imposta personale complementare
sul reddito complessivo delle persone fisiche, con l’intento di introdurre degli
elementi di equità verticale. Nel 1954 fu aggiunta un’imposta sul reddito delle
società di capitali, sempre aggiuntiva rispetto alle imposte gravanti sui singoli
redditi, e sempre motivata da finalità di equità verticale: infatti si volevano
limitare i vantaggi fiscali conseguiti dai soci, cioè il non assoggettamento degli
utili non distribuiti all’imposizione progressiva.
Nei primi anni ’70, il sistema tributario italiano venne totalmente ridisegnato:
restarono ferme le diverse tipologie di reddito ma fu ribaltato il rapporto tra
imposizione di tipo reale e quella di tipo personale, a vantaggio della
progressività della tassazione.
Infatti, le imposte sui singoli redditi furono sostituite da 3 tributi:
IRPEF imposta sul reddito delle persone fisiche unica, personale e
fortemente progressiva;
IRPEG imposta sul reddito delle persone giuridiche unica, personale e
proporzionale, sul reddito delle società di capitali e degli altri Enti pubblici e
privati, commerciali e non commerciali.
ILOR imposta locale sui redditi aggiuntiva, reale e proporzionale, a carico di
persone fisiche e giuridiche ma gravante solo sui redditi di natura totalmente o
parzialmente patrimoniale, motivata da finalità di equità orizzontale.
Nel ’77 fu poi introdotto il “credito d’imposta sui dividendi” per eliminare ogni
forma di doppia imposizione degli utili distribuiti dalle società di capitali (prima
società e poi soci).
Infine, tutto il sistema impositivo trovò un assetto definitivo nel T.U. delle
imposte sui redditi, approvato con DPR 917/’86 (TUIR).
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Negli anni ’90 vengono istituite l’ICI (imposta comunale sugli immobili – oggi
IMU) e l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Gradualmente viene
soppressa l’ILOR.
Una nuova riforma era stata avviata dalla legge delega 80/2003, che però èstata attuata solo per le imposte sui redditi col d.lgs. 344/2003 e con la l.
244/2007.
Le innovazioni hanno operato in 2 direzioni:
Esaminiamo il TUIR. E’ composto da 3 titoli:
1. disciplina l’IRPEF imposta personale e progressiva sul reddito complessivo delle
persone fisiche con aliquote tra il 23 e il 43%;
2. disciplina l’IRES imposta proporzionale sul reddito complessivo delle società di
capitali e di altri Enti pubblici e privati, con aliquota unica del 27,5%
3. contiene le “disposizioni comuni” cioè norme particolari e settoriali, riferibili sia
all’IRPEF che all’IRES. In realtà, l’area delle disposizioni comuni è + ampia sia
perché molte norme vengono ripetute nella disciplina di entrambe le imposte, sia
perché sono presenti numerosi rinvii dall’uno all’altro settore. Ad es. la disciplina
del reddito d’impresa è collocata nell’IRES e poi richiamata ai fini dell’IRPEF.
abbassamento delle aliquote
privilegiando le forme impositive di
tipo reale e proporzionale.La progressività viene limitata ai
redditi immobiliari e di lavoro che non
possono essere delocalizzati.
Mentre ai redditi d’impresa e di
capitale va riservato un trattamento
fiscale + favorevole, obiettivo
raggiunto soprattutto con
l’introduzione dell’IRES (in sostituzione
dell’IRPEG).
scelta di una disciplina dei redditi
societari + adeguata alle particolarità
dei rapporti economici di naturatransnazionale (imprese italiane
all’estero, imprese straniere in Italia,
gruppi di società). L’obiettivo è stato
quello di aumentare la competitività
del sistema produttivo, adottando un
modello fiscale omogeneo a quelli +
efficienti nell’ambito dei Paesi dell’U.E.
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Sez. II - Principi generali
Il TUIR non contiene una nozione generale di reddito. Infatti, gli artt. 1 e 72
identificano i presupposti, rispettivamente, dell’IRPEF e dell’IRES nel “possesso di
redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6” si rimanda alle regole di settore per individuare cosa si intende per reddito.
Tuttavia, esiste un comune denominatore per la cui identificazione dobbiamo
partire dalla definizione economica di reddito.
In genere, la nozione di reddito si contrappone a quella di patrimonio
Per quanto riguarda il REDDITO CONSUMO, si differenzia dal modello precedente
per il fatto che considera tassabile solo quella parte di reddito prodotto destinato
identifica la ricchezza nel suo
aspetto statico, cioè definisce
quel che si possiede in un certo
momento storico.
identifica quel che si guadagna o si perde in
un certo arco temporale comporta
sempre un confronto tra 2 diversi momenti
temporali che delimitano il c.d. periodo
d’imposta. Ma ci sono diversi modi per
effettuare il confronto. In particolare, la
dottrina economico-finanziaria ha elaborato 3
teorie:
1. REDDITO PRODOTTO
2.
REDDITO CONSUMO3. REDDITO ENTRATA
identifica il reddito nella sola ricchezza novella che sia:
derivante da una fonte produttiva e suscettibile di esserereinvestita per generare nuova ricchezza
si sottolinea la differenza tra fonte produttiva (può essere un immobile, un lavoro, ecc…)
e prodotto. In questo modo si ottiene la tassazione di tutto il reddito prodotto nazionale
senza salti o duplicazioni d’imposta.
Ciò comporta 2 conseguenze:
irrilevanza delle vicende (ad es. alienazione) che riguardano le fonti produttive
perché vanno ad incidere sul patrimonio del contribuente e non sul suo reddito;
si nega la natura reddituale degli arricchimenti o impoverimenti derivanti da
liberalità o da atti a titolo gratuito perché incidono sul patrimonio e cmq si tratta
di ricchezza già soggetta a tassazione in capo al soggetto che l’ha prodotta.
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- il regime degli interessi moratori e dilatori hanno una natura ambigua
perché da un lato incrementano la ricchezza del percettore, e dall’altro
costituiscono, in un certo senso, un risarcimento del pregiudizio per il
ritardo nel pagamento. Oggi, sulla base del principio di accessorietà, l’art.6, 2° com. TUIR afferma che: “Gli interessi moratori e gli interessi per
dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli
da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati” .
Ad es. gli interessi per ritardata corresponsione di compensi per prestazioni
lavorative sono tassabili come redditi di lavoro.
Questo perché viene data importanza centrale alla fonte produttiva del
reddito.
- la disciplina dei proventi illeciti in passato, i proventi derivanti da fatti,
atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amm. dovevano
ritenersi compresi nelle singole categorie reddituali, se classificabili in esse
e se non già sottoposti a sequestro o confisca penale bisognava
valutare caso per caso la riconducibilità dei proventi ad una categoria
reddituale. Ad es. i proventi da usura erano tassabili perché derivanti da
impiego di capitali; mentre i proventi da furti e rapine non erano tassabili
perché non rientravano in alcuna categoria reddituale, infatti erano
assimilabili all’arricchimento, non reddituale, di chi trova un portafogli per
strada. Inoltre, molte ipotesi restavano controverse.
Per superare queste incertezze è stata introdotta una norma secondo la
quale l’art. 14 l. 537/93 si interpreta nel senso che i proventi illeciti, se non
sono classificabili nelle categorie di reddito di cui all’art. 6…sono cmq
considerati come redditi diversi tutti i proventi illeciti hanno natura
reddituale per il solo fatto della loro illiceità.
Sotto il profilo sogg., il presupposto sia dell’IRPEF che dell’IRES è il possesso del
reddito, cioè la titolarità delle situazioni sogg. nelle quali si concretizzano i singoli
redditi. Ad es. i redditi dei beni immobili si considerano posseduti dal soggetto
che ne è titolare, anche se il bene è sottoposto a procedure esecutive o
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concorsuali e quindi i relativi frutti vanno a vantaggio dei creditori; un provento
commerciale non viene meno perché viene estinto per compensazione; ed
esistono alcuni casi nei quali il reddito viene fiscalmente imputato a soggetti
diversi da quelli che lo hanno prodotto: come avviene per i redditi delle societàdi persone che vengono imputati direttamente ai soci, per trasparenza,
indipendentemente dalla distribuzione.
Da un punto di vista qualitativo, i redditi in denaro e in natura sono equiparati.
Redditi in natura sono ad es. i compensi per attività lavorativa corrisposti sotto
forma di beni e servizi, i quali andranno considerati secondo il loro valore
normale, cioè il prezzo mediamente praticato per beni similari nelle stesse
condizioni di mercato.
Soggetti passivi dell’IRPEF e il regime dei redditi familiari (appunti)
ART. 2 TUIR “Soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e
non residenti nel territorio dello Stato” .
La distinzione tra soggetti residenti e non residenti sta nel fatto che ai residenti
si applica il principio della commisurazione dell’imposta all’ammontare
complessivo di tutti i redditi prodotti ovunque (c.d. principio della tassazione del
reddito mondiale); mentre, per i non residenti vale la regola secondo cui sono
soggetti ad IRPEF solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Questo, però, può determinare il fenomeno della c.d. doppia imposizione
internazionale di uno stesso reddito (Stato di residenza e Stato in cui viene
prodotto). Per evitare questo, l’ordinamento italiano consente ai residenti di
detrarre dall’IRPEF le imposte pagate a titolo definitivo allo Stato estero, fino a
raggiungere la quota di imposta italiana che corrisponde al rapporto tra il reddito
prodotto all’estero e quello complessivo.
Ad es. se il reddito estero è pari al 30% del reddito complessivo, si potrà
detrarre dall’IRPEF solo il 30% dell’imposta pagata allo Stato estero. La parte
dell’imposta estera che supera questo limite rimane a carico del contribuente.
L’art. 2 TUIR prosegue dicendo che: “Ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta
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sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio
dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del c.c.” .
E l’art. 43 c.c. afferma che: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa
ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogoin cui la persona ha la dimora abituale.”
I cittadini italiani continuano ad essere considerati residenti nel territorio delloStato, salvo prova contraria, se si trasferiscono in Stati o territori non compresi
nella c.d. white list
Se, invece, il cittadino si trasferisce in uno Stato indicato nella lista, sarà l’Amm.
finanziaria a dover dimostrare la residenza del contribuente in Italia.
Per quanto riguarda i redditi familiari, le imposte progressive determinano
esigenze di livellamento del trattamento fiscale dei redditi familiari, a parità del
loro ammontare complessivo.
Per fare questo, inizialmente si ricorreva all’istituto del cumulo dei redditi che
commisurava l’imposta alla sommatoria dei redditi di tutti i componenti della
famiglia. Ma questa regola fu dichiarata costituzionalmente illegittima nel ’76 per
violazione degli artt. 3 e 31 Cost.: infatti, comportava una penalizzazione delle
famiglie legittime rispetto alle convivenze di fatto.
la legge tributaria considera decisivo il dato formale dell’iscrizione anagrafica; inoltre
equipara residenza e domicilio e considera automaticamente abituale una dimora che si
protragga per + di 6 mesi.
è una lista di Stati, individuati con decreto ministeriale, che consentono un adeguato
scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente
inferiore rispetto a quello esistente in Italia.
Spetta al contribuente dimostrare l’effettività del trasferimento in uno di questi Stati
non compresi nella white list.
http://www.brocardi.it/dizionario/652.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/3617.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/3617.htmlhttp://www.brocardi.it/dizionario/652.html
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Oggi, si applica la regola della tassazione distinta dei redditi dei singoli
componenti di ciascuna famiglia, nonostante la Corte Cost. abbia + volte invitato
il legislatore ad adottare regole che non penalizzino le famiglie monoreddito,
come ad es. il criterio del quoziente familiare.
Soggetti passivi dell’IRES e distinzione tra Enti commerciali e non
commerciali
ART. 73 TUIR individua 4 categorie:
1. società di capitali residenti nel territorio dello Stato;
2. gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel
territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale
l'esercizio di attività commerciali;
3. gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per
oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gliorganismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio
dello Stato;
4. le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità
giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. In questa categoria
rientrano le società di persone e le associazioni tra artisti e professionisti di
cui all’art. 5 TUIR, che non sono residenti nel territorio (perché se sono
residenti, i relativi redditi sono imputati ai soci per trasparenza).
Dobbiamo esaminare 2 distinzioni:
A. ENTI RESIDENTI – ENTI NON RESIDENTI
La residenza si identifica nel fatto che l’Ente, per la maggior parte del
periodo d’imposta, abbia avuto la sede legale o la sede
dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività nel territorio dello
Stato.
si divide l’ammontare complessivo dei redditi familiari per un coefficiente stabilito in base
al nucleo familiare (ad es. coniuge=1, ogni figlio=0,5, ogni altro familiare a carico=0,3).
Dopodiché si misura l’imposta sulla somma ricavata e si moltiplica per il quoziente.
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Agli enti residenti si applica il criterio della tassazione del reddito ovunque
prodotto; a quelli non residenti si applica il criterio della tassazione del solo
reddito prodotto nel territorio dello Stato (inoltre, opera il meccanismo del
credito d’imposta). B. ENTI COMMERCIALI – ENTI NON COMMERCIALI
Agli enti commerciali si applica il principio secondo il quale tutti i redditi, da
qualunque fonte provengano, sono considerati redditi d’impresa e si
determinano guardando le risultanze del conto economico.
Agli enti non commerciali si applica il principio della determinazione del
reddito imponibile attraverso la sommatoria dei redditi fondiari, di capitale,
d’impresa e diversi secondo le regole applicate nei confronti delle persone
fisiche.
Questa distinzione investe anche le società di persone, anche se non
soggette ad IRES, e si effettua sulla base di 2 criteri:
criterio formale si guarda alla
natura giuridica del soggetto, infatti
alcuni soggetti sono sempre
considerati commerciali, a
prescindere dall’attività svolta: così
tutte le società di capitali, le s.n.c. e
le s.a.s.; invece, le società semplici
sono sempre non commerciali
tutte le società, a parte quelle
semplici, sono enti commerciali anchese non svolgono attività commerciale
criterio sostanziale si guarda alla natura
dell’oggetto esclusivo o principale dell’attività
dell’ente. Questo criterio opera nel campo degli
enti non societari.
La legge precisa che:
l’oggetto esclusivo o principale si desume
in base alla legge o dall’atto costitutivo e
dallo statuto (se esistenti in forma di atto
pubblico o scrittura privata autenticata);
in alternativa, si guarda all’attivitàeffettivamente svolta;
l’oggetto principale si identif ica
nell’attività essenziale per realizzare
direttamente gli scopi istituzionali
dell’ente.
In ogni caso, anche se astrattamente lo statuto
non parla di attività commerciale, se l’Ente
svolge, per un intero periodo d’imposta, attività
prevalentemente commerciale, questo è
sufficiente per qualificarlo come ente
commerciale.
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PRINCIPIO DI TRASPARENZA – vige per le società di persone
Il reddito della società viene imputato direttamente ai singoli soci,
proporzionalmente alle quote di partecipazione, indipendentemente dalla
percezione. Sulla società incombono tutti gli obblighi e i diritti relativi alladeterminazione e dichiarazione dei risultati positivi o negativi dell’attività sociale;
mentre i soci hanno l’obbligo di dichiarare, insieme agli altri eventuali redditi, la
quota di propria pertinenza del reddito o della perdita della società e
corrispondere le relative imposte. A tal fine, le quote di partecipazione si
presumono proporzionali al valore dei conferimenti se non risultano
diversamente determinate da atto pubblico o scrittura privata autenticata di data
anteriore all’inizio del periodo d’imposta. Inoltre, se non risulta determinato il
valore del conferimento, le quote si presumono uguali.
Il principio di trasparenza è stato poi esteso alle società di armamento, alle
società di fatto, alle imprese familiari e alle associazioni tra artisti e professionisti
(le quali sono equiparate alle società semplici con la differenza che le quote di
partecipazione possono essere determinate mediante atto redatto ex post – cioè
fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’ associazione).
Per quanto riguarda, in particolare, l’impresa familiare: il reddito d’impresa,
limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi
del titolare, viene imputato a ciascun familiare che abbia prestato in modo
continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa,
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, ma a 3 condizioni:
1. i familiari partecipanti devono risultare nominativamente individuai in atto
pubblico o scrittura privata autenticata prima dell’inizio del periodo
d’imposta;
2. la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore deve recare l’attestazione che
le quote attribuite ai singoli familiari sono proporzionate alla qualità e
quantità del lavoro prestato nell’impresa;
3. ciascun familiare deve attestare, nella propria dichiarazione dei redditi, di
aver prestato la propria attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo
e prevalente.
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Il principio di trasparenza è stato esteso anche al regime IRES dei gruppi di
società di capitali, alla disciplina dei redditi prodotti dalle società controllate da
soggetti residenti in Italia e localizzate in Stati a fiscalità privilegiata, e alle s.r.l.
di dimensioni ridotte. Inoltre, è stato esteso, come regime opzionale, alle s.r.l.che abbiano:
a) un volume di affari che non supera le soglie previste per l’applicazione
degli studi di settore;
b) una compagine sociale costituita da non + di 10 persone fisiche (20 per le
società cooperative);
c) e nelle quali esiste una volontà comune di tutti i soci di optare
irrevocabilmente, per 3 anni consecutivi, per l’adozione di questo regime.
In genere, questa opzione è vantaggiosa per le società in difficili condizioni
economiche (infatti le perdite della società possono essere dedotte
proporzionalmente dagli altri redditi propri dei singoli soci) e se si vuole
evitare la parziale doppia tassazione del reddito che si accompagna al
regime IRES (prima in capo alla società e poi in capo al socio). Dobbiamo,
però, aggiungere che l’adozione di questo principio ha la conseguenza di
rendere la società partecipata responsabile in solido con i soci per il
pagamento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi conseguenti
all’imputazione del reddito ai singoli soci c’è il rischio che la
compagine sociale sia esposta alle conseguenze delle inadempienze fiscali
di ogni socio.
Localizzazioni dei redditi
Quando un reddito può dirsi prodotto nel territorio dello Stato?
Esistono diversi criteri per le singole tipologie di reddito:
- proventi immobiliari rileva la localizzazione del bene si considerano
prodotti nel territorio dello Stato i redditi fondiari, cioè quelli provenienti da
immobili iscritti o iscrivibili nel catasto dei terreni o dei fabbricati;
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- redditi di capitale rileva la localizzazione dell’erogante si considerano
prodotti nel territorio dello Stato i proventi corrisposti dallo Stato italiano o
da altri soggetti residenti in Italia;
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redditi di lavoro autonomo e dipendente
rileva il luogo in cui è statasvolta la prestazione lavorativa dalla quale discende il reddito;
- redditi d’impresa sono considerati prodotti in Italia quando derivano da
attività esercitate in Italia attraverso una stabile organizzazione;
- redditi diversi rileva la localizzazione dell’attività o dei beni dai quali
derivano; mentre, per quanto riguarda le plusvalenze su partecipazioni,
queste si considerano prodotte in Italia quando derivano da negoziazione
di partecipazioni in Società residenti.
Quando un reddito di un soggetto residente si considera prodotto all’estero?
Sulla base di criteri reciproci a quelli previsti per individuare i redditi prodotti nel
territorio dello Stato.
Periodo d’imposta, il riporto delle perdite e la tassazione separata
Il periodo d’imposta è rappresentato dall’anno solare, per le persone fisiche, e
dal periodo di gestione, per società ed enti (così come determinato dall’atto
costitutivo o dallo Statuto, quindi può essere > o < dell’anno solare).
Fanno eccezione eventi come la liquidazione volontaria delle imprese o il
fallimento.
questa nozione ha sempre creato delle difficoltà nell’applicazione del
criterio di localizzazione. Secondo l’ART. 162 TUIR la “stabile
organizzazione” consiste in una sede fissa di affari per mezzo della quale
l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul
territorio dello Stato (succursale, ufficio, laboratorio, …); invece, non
rientrano nella nozione quelle installazioni usate a meri fini di deposito,
esposizione o consegna delle merci, o per acquistare beni.
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2 anni anteriori non c’è stato reddito, si considera solo l’altro anno. E se
non c’è stato reddito in alcuno dei 2 anni, si applica l’aliquota stabilita per il
1° scaglione di reddito.
In pratica, il livello dell’aliquota applicabile prescinde sempre dalle dimensioni delreddito sottoposto a tassazione separata. Ma, mentre nel 1° caso è condizionato
dal numero di anni in cui è maturata l’indennità di fine rapporto, nel 2° caso
dipende dal livello medio di tassazione subito dal contribuente nei 2 anni
precedenti.
La tassazione separata è un istituto che opera solo per l’IRPEF: infatti serve a
superare le conseguenze della progressività, problema che non si pone per i
soggetti IRES dato che l’IRES è già un’imposta proporzionale.
La disciplina della base imponibile e il regime dei dividendi
IRPEF e IRES sono imposte uniche perché la loro base imponibile è costituita
dalla sommatoria di tutti i redditi conseguiti nel periodo d’imposta. Ma dobbiamo
fare alcune considerazioni:
- sono esclusi dalla base imponibile i redditi esenti e quelli soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.
- possono concorrere a determinare la base imponibile sia dell’IRPEF che
dell’IRES le risultanze negative delle singole fonti reddituali. Infatti, per il
calcolo della base imponibile dell’ IRPEF, possono essere detratte dagli altri
redditi le perdite derivanti dall’esercizio d’impresa commerciale o
dall’esercizio di arti e professioni (ART. 8 TUIR). Inoltre, i redditi e le
rappresentano forme di prelievo proporzionali che assorbono ogni altro
obbligo IRPEF o IRES e che si differenziano per il fatto di essere operate
da un altro soggetto (per quanto riguarda le ritenute alla fonte) o dallo
stesso contribuente (per quanto riguarda le imposte sostitutive).
In particolare, le ritenute alla fonte operano soprattutto nel campo dei
redditi di capitale percepiti da persone fisiche o da enti non commerciali;
mentre, le imposte sostitutive si applicano soprattutto nel campo dei
redditi d’impresa.
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perdite devono determinarsi in base al risultato complessivo netto di tutti i
cespiti che rientrano nella stessa categoria (ART. 9 TUIR).
Questa stessa regola è richiamata nell’IRES per gli enti non commerciali
residenti. Mentre, per gli enti commerciali non si pone il problema perché ilreddito è sempre determinato secondo le regole del reddito d’impresa.
- un trattamento fiscale particolare è riservato ai dividendi distribuiti dai
soggetti passivi dell’IRES. Questi proventi costituiscono redditi del socio
ma sono già sottoposti a tassazione IRES come reddito proprio della
Società distributrice bisogna introdurre delle misure volte a contenere
il fenomeno della doppia imposizione.
Nel tempo e nei vari ordinamenti sono state individuate varie soluzioni:
ad es. l’applicazione di aliquote minori sugli utili distribuiti; ma +
frequentemente si preferisce intervenire sul regime tributario del socio
attraverso 2 tecniche:
Nel nostro ordinamento per molti anni è stato seguito il principio
dell’ imputazione: cioè la società pagava l’imposta sul suo reddito, poi
distribuiva gli utili che il socio inseriva nella sua dichiarazione. Calcolato il
reddito complessivo, il socio andava a detrarre il credito d’imposta cioè
l’imposta pagata dalla società e se emergeva un’eccedenza, questa poteva
essere rimborsata ma…solo al soggetto residente. Quindi si creava una
disparità di trattamento rispetto ai soci non residenti si passò al
principio della esenzione, secondo il quale la tassazione è già definitiva in
capo alla società. Tuttavia l’esenzione non è mai totale. Infatti, se chi
imputazione si riconosce al socio la
possibilità di defalcare dalla propria
imposta, in tutto o in parte, quella già
pagata dalla società su quel reddito.
In pratica il socio vantava un credito
d’imposta pari all’imposta pagata
dalla Società
esenzione il percettore è esente
dall’imposizione su quei dividendi
già tassati in capo alla società.
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percepisce gli utili è un soggetto IRES, allora si tassa solo il 5% degli utili.
Cioè il 95% è esente.
Se chi percepisce è una società di persone o un imprenditore individuale, a
prescindere dalla partecipazione, si tassa il 49,72% (quindi il 50,28% èesente); se chi percepisce è una persona fisica bisogna vedere se la
partecipazione è qualificata o no. Nel 1° caso si tassa il 49,72%, nel 2°
caso c’è una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta = 20%.
Gli oneri deducibili e le detrazioni dall’imposta
Le deduzioni dal reddito incidono sulla dimensione della base imponibile
determinano risparmi d’imposta differenziati e tanto > quanto > è il reddito
complessivo dei singoli contribuenti.
Invece, le detrazioni d’imposta comportano vantaggi economici = per tutti i
contribuenti, indipendentemente dal livello del loro reddito imponibile.
Le detrazioni sono molte di + perché realizzano meglio i principi di uguaglianza e
di capacità contributiva. Infatti, prevedono l’applicazione di un’aliquota
proporzionale a valle della determinazione progressiva dell’imposta.
Nel nostro ordinamento, rientrano tra le deduzioni: gli oneri deducibili e le
deduzioni per l’abitazione principale. Mentre, rientrano tra le detrazioni: le
detrazioni per carichi di famiglia e le detrazioni per oneri.
ONERI DEDUCIBILI
sono, normalmente, delle erogazioni finanziarie necessitate
(cioè un consumo di reddito obbligato che non può costituire
imponibile. Ad es. spese mediche in caso di grave e
permanente invalidità, gli assegni periodici corrisposti al
coniuge separato) o che, pur non essendo necessitate, il
legislatore le ritiene meritevoli di apprezzamento (ad es.
contributi versati a forme pensionistiche complementari)
sono previsti, con elenco tassativo, e disciplinati dall’ART. 10 TUIR.
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DEDUZIONI PER L’ABITAZIONE PRINCIPALE
DETRAZIONI D’IMPOSTA PER CARICHI DI FAMIGLIA sono accordate per:
-
il coniuge non legalmente ed
effettivamente separato (nella misura di 800€),
- ogni figlio (nella misura di 800€)
- gli altri familiari conviventi (nella misura di 750€)
DETRAZIONI PER ONERI sono riconosciute a fronte di spese tassativamente
elencate. In pratica il legislatore consente al contribuente di detrarre dall’imposta
lorda il 19% del loro importo fiscalmente riconosciuto. Ad es. il contribuente che
paga le tasse universitarie = 1000€ potrà detrarre 190€ dall’imposta dovuta.
Naturalmente in campo IRES non sono applicabili le deduzioni per l’abitazione
principale né le detrazioni d’imposta per carichi di famiglia, ma sono riconosciuti
alcuni oneri deducibili e alcune detrazioni per oneri.
sono consentite quando alla
determinazione del reddito
complessivo hanno concorso redditi
di immobili destinati ad abitazione
principale del contribuente o dei
suoi familiari.
sono = alla rendita catastale del bene, per la
quota e per l’arco temporale di possesso da
parte del contribuente.
a condizione che non
posseggano redditi
propri > 2840€.
Inoltre, sono rapportate
al numero dei mesi nei
quali sussistono queste
condizioni.
Provento trovo la fonte produttiva e lo inserisco e lo inserisco in una
categoria reddituale applico le norme relative a quella categoria e calcolo
il reddito netto di categoria sommo tutti i redditi netti di ciascuna
categoria e trovo il reddito complessivo lordo opero le deduzioni
consentite dalla legge e trovo il reddito complessivo netto applico
l’aliquota progressiva e trovo l’ imposta lorda opero tutte le deduzioni e
detraggo crediti d’imposta, acconti e ritenuto e trovo l’ imposta netta.
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Categorie reddituali
Per una scelta del legislatore ogni reddito deve rientrare nelle 6 categorie
individuate dall’art. 6 TUIR: redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di
lavoro autonomo, d’impresa e diversi. Per società di capitali, enti commerciali e società di persone di tipo commerciale
sussiste solo il reddito d’impresa. Mentre, per le persone fisiche, gli enti non
commerciali e per i non residenti si configurano tutte le categorie.
REDDITI FONDIARI
Comprendono i redditi da fonte immobiliare. Si distinguono dagli altri perché non
viene tassato il reddito effettivo ma un quantum astrattamente determinato che
discende dall’applicazione delle tariffe d’estimo. In pratica viene tassato il reddito
medio-ordinario che l’immobile astrattamente produce.
Perché?
Per 2 motivi: semplificare gli adempimenti tributari e perché si tratta di redditi
stabili non soggetti a variazioni come avviene ad es. per i redditi di lavoro
autonomo. Inoltre, si vogliono scoraggiare gli inutilizzi del fondo: infatti, se il
soggetto sa che pagherà sempre la stessa somma, cercherà di renderlo
produttivo.
Da questa definizione derivano 3 conseguenze:
rientrano in questa categoria
solo i redditi dei terreni e
fabbricati situati nel territorio
dello Stato perché solo questi
possono e devono essere iscritti
in catasto. Mentre, rientrano
nella categoria dei redditi
diversi quelli derivanti da beni
immobili situati all’estero.
tutti i redditi insuscettibili di
determinazione catastale
rientrano nella categoria dei
redditi diversi (ad es. redditi
derivanti dall’affitto del
terreno per uso non agricolo)
è irrilevante la percezione o
meno del reddito perché, in
ogni caso, i redditi fondiari
concorrono a formare il
reddito dei soggetti che
possiedono gli immobili.
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Perché si parla di reddito MEDIO-ORDINARIO?
Presupposto che dà luogo a reddito fondiario
titolarità di 1 diritto reale su terreno o fabbricato (proprietario, usufruttuario,
locatario, ecc…).
Nel caso del terreno, il reddito fondiario si scinde in reddito dominicale e
agrario. Perché? Perché spesso i terreni sono dati in affitto a terzi ci sarà
un’imposizione per il proprietario (reddito dominicale) e una per l’affittuario
(reddito agrario – cioè il reddito dell’imprenditore agricolo) che beneficia del
favor: cioè produce quanto vuole ma viene tassato il reddito medio-ordinario (è
importante non costituire società di tipo commerciale perché altrimenti anche il
reddito fondiario viene attratto nel reddito d’impresa).
Dobbiamo partire dal presupposto che il prodotto del terreno si determina
tenendo conto
- della fertilità propria del terreno (vis naturalis produttiva);
- dei capitali fissi investiti (ad es. canalizzazioni, terrazzamenti);
- dei capitali di esercizio (ad es. concimi, sementi) e del lavoro di
organizzazione dell’attività agricola;
- dell’eventuale lavoro dipendente prestato da terzi.
perché i terreni alternano
periodi di produttività a
periodi di fermo per larigenerazione dei principi
nutritivi. Quindi si fa una
media della produttività.
perché si tiene conto dell’utilizzazione che
normalmente si può fare del terreno in condizioni di
normale agricoltura.Se manca la condizione di ordinarietà per una calamità
(ad es. una siccità, un alluvione), il reddito si abbatte
se c’è stata una perdita del prodotto del fondo = 30%.
L’evento dannoso va denunciato entro 3 mesi dalla
data in cui si è verificato o, se la data non è
determinabile, almeno 15 gg prima del raccolto. La
denuncia va fatta all’ufficio tecnico erariale che accerta
la diminuzione, sentito l’ispettorato provinciale
dell’agricoltura, e la trasmette all’ufficio delle imposte.
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Possiamo dire che la parte dominicale del reddito è quella riferibile alla fertilità
della terra e ai capitali fissi investiti; mentre, il reddito agrario è costituito dalla
parte del prodotto della terra che va a remunerare il capitale di esercizio e il
lavoro di organizzazione dell’attività agricola e che va imputata all’imprenditoreagricolo.
Se c’è un solo soggetto c’è 1 solo quadro A con 2 sez: reddito agrario e
dominicale e il soggetto compilerà entrambe.
Se ci sono 2 soggetti il titolare del diritto reale compilerà solo la sez. relativa
al reddito dominicale; l’affittuario compilerà, nella propria dichiarazione, solo la
sez. sul reddito agrario
Si dichiara sempre la rendita catastale… ATTENZIONE!!!
Questo vale finch�