dell'oreficeria, - Galleria · PDF filecostituisce com anelle o di congiunzione fr ua n...
Transcript of dell'oreficeria, - Galleria · PDF filecostituisce com anelle o di congiunzione fr ua n...
realistica posa; il volto della madre ha assunto, in una r i correnza singolarmente puntuale nelle fasi fortemente convenzionalizzate della rappresentazione umana, una espressione interpretabile come un «enigmatico» sorriso; l'andamento della scultura, ancora una volta decifrabile dal basso verso l'alto, impegna la totalità del volume, rompendo la staticità della vista frontale e alludendo, con le linee curve che costituiscono l'evidente perimetro della statua, alla globalità del tutto tondo.
Si è precedentemente fatto riferimento alla funzione trainante svolta, nella divulgazione e nell'affermazione della statuaria dell'Ile-de-France, dalla grande decorazione in pietra che coinvolge le facciate e i portali delle «No-tre Dame»: una loro influenza sulla scultura in legno coeva può essere colta direttamente in due coppie consecutive di documenti ( N n . 102-103 e 104-106) in cui alla diversità del materiale utilizzato (appunto pietra e legno) corrisponde una sostanziale affinità, se non una dipendenza. La scultura n. 103 oltretutto presenta evidenti tracce di policromia, a testimoniare la persistenza della coloritura indipendentemente dal materiale di partenza. Se per i l legno la stesura cromatica sembra quasi essere una contraffazione naturalistica necessaria per superare l'organicità della vena e gl i stessi segni di giunzione di pezzi diversi, per la pietra l'operazione di occultamento del materiale è evidentemente ascrivibile al gusto della luce che la sensibilità gotica rinnova originalmente.
Le due statue che abbiamo messo a confronto sono caratterizzate da un solido impianto di base, moderatamente variato dallo sviluppo verticale della figura, a sottolineare una continuità con l ' immaginario precedente: i l mutamento stilistico passa attraverso una acquistata l i bertà impaginativa e una attenzione al dettaglio decorativo precedentemente tralasciate o ricondotte alla più generale impaginazione del volume. La sagomatura e l'espressione del volto della Vergine ( N . 103) ricordano in modo stringente la stilizzazione inaugurata nel portale N o r d di Notre Dame a Parigi.
Nel corso del X I V secolo i l gotico dell'Ile-de-France è linguaggio internazionale, capace di suscitare nei paesi del N o r d la grande fioritura del rinascimento fiammingo e di imporsi, nell'ambiente delle corti trecentesche, come lo stile comune, capace oltretutto di ridisegnare la totalità dell'arredo, dall'architettura alle suppellettili, alla decorazione. N o n è questo l 'ambito per seguirne l'evoluzione: è comunque, a t i tolo puramente indicativo, segnalare i l continuo rapporto tra produzione in pietra e produzione lignea come testimoniato dal confronto delle due statue N n . 10-1-106 entrambe riferibili alla seconda metà del X I V secolo, e l'evoluzione successiva, nell'importanza attribuita all'elemento decorativo, che i l sentire gotico mani-testa, chiaramente leggibile nella Vergine col Bambino N . 105: la monumentalità, ancora presente nei due precedenti esempi citati, e la staticità corretta dall'andamento spezzato delle figure, cedono il passo all'eleganza della l i
nea periterica della figura, che conosce soluzioni frastagliate e varietà formali volutamente insistite.
LE SEDES SAPIENTIAE M O S A N E
I l terzo insediamento preso in esame è individuabile nel corso medio della Mosa, in una regione che corrisponde culturalmente alla diocesi della Liegi medioevale e la cui identificazione come centro autonomo ha esordito con l'esposizione parigina del 1881 per poi precisarsi in successive tappe (1952, Museo d'arti decorative, Parigi; 1953, Museo di belle arti, Liegi; fino alla grande esposizione a Colonia e successivamente a Bruxelles (1972), in cui veniva messa a confronto, nell'arco di sei secoli dall'800 al 1400, una produzione «mosana» e una «renana»). Commenta Jacques Stiennon: «l'arte "mosana" è durata quanto i l fiorire della diocesi (Liegi) che ne ha stimolato le energie e la stessa diocesi ebbe come stimolo l'istituzione della Chiesa imperiale; i l quadro cronologico ha dunque un fondo politico nel senso Iato che questa parola ebbe nel medioevo. L'arte mosana è quindi in un certo senso un'arte imperiale» (1974, p. 23).
I l territorio in esame in effetti ha conosciuto, f in dalla dominazione romana, una intensa urbanizzazione, ponendosi come via necessaria di collegamento verso i l N o r d e verso l'Est, verso la più avanzata frontiera del Reno. La stessa presenza di giacimenti di ferro sfruttati in epoca imperiale è un ulteriore motivo dello sviluppo dell'insediamento; un nuovo impero, o meglio due fasi distinte di esso, quello di Carlo Magno e quello del periodo ottomano sono le premesse decisive per la fioritura de l l 'XI e del X I I secolo, cui giocoforza dobbiamo fare r i ferimento per la nostra particolare ottica.
L'impero carolingio, pur nella pluralità delle sedi e nel suo carattere itinerante, accentua le caratteristiche proiettive della regione nelle due direttive prima accennate, la prima verso Roma, già capitale dell 'impero e ora centro religioso cui fare costantemente riferimento, sia verso l'Oriente, che Carlo evangelizza con la violenza della conquista armata. Aquisgrana, posta nella diocesi di Liegi, doveva essere agli occhi dell'imperatore una «seconda Roma», a gara con la precedente ma anche con quella più lontana, Bisanzio, presente in modo significativo nei programmi imperiali sia dal punto di vista diplomatico sia da quello dell'influenza culturale e di modelli di comportamento.
La produzione più tipica e celebrata fin dalla contemporaneità dell'insediamento mosano è quella della lavorazione dell'ottone (Dmandtrit della città di Dinant) e dell'oreficeria, in una specializzazione sugli smalti che si
119
costituisce come anello di congiunzione fra un precedente deuir barbarico e l'esigenza di una nuova «classicità» impeli ale. Anche la scultura in legno ebbe comunque grande diffusione, privilegiando sostanzialmente i due temi tradizionali, quello del Cristo crocefisso e quello della Vergine in trono, nota come Sedes sapientiae. Le prime rappresentazioni della Vergine risalgono al X I secolo, si veda ad esempio la Maestà di Walcourt completamente ricoperta da lamine d'argento ( N . 107).
Essa si presenta a noi, a differenza delle classiche rappresentazioni frontali, reggendo i l bambino spostato sulla gamba sinistra e colto in atto benedicente mentre con la sinistra regge un libro.
I l capo della Vergine è coperto da un velo che cade simmetricamente sulle spalle e la veste è riccamente decorata a sbalzo con rilievi floreali. Pur presentandosi nella tridimensionalità del volume, i l gruppo della Vergine e del Bambino, probabilmente anche per le sue ridotte d i mensioni, appartiene più al mondo del bassorilievo che non a quello vero e proprio della scultura a tut to tondo: i l rilievo risulta evidente una volta si consideri la dipendenza della figura del figlio rispetto al corpo contenente della madre. Per queste caratteristiche la sua «ospitalità» all ' interno di un ragionamento sulla scultura a tut to tondo è quasi esclusivamente motivato dalla documentazione dell'iconografia del soggetto. Ancora dipendente dal gusto del feticcio cui si è fatto precedentemente riferimento, questa Maestà è contemporanea alla famosa Sedes sapientiae di Clermont Ferrand precedentemente discussa, a testimoniare contatti fra i centri, o comunque un comune terreno di cultura.
D i poco posteriori sono la Vergine d'Evegnée ( N . 109), conservata presso i l Museo diocesano di Liegi e quella d'Hermalle sous Huy , ora al Museo di Storia, e A r te di Bruxelles ( N . 108).
La prima, di fattura più sommaria, risulta essere ora recisa all'altezza dei polpacci, rendendo in questo modo diffìcile la lettura complessiva del gruppo; in questo esempio è ancora visibile i l tema della Vergine che forma con i propri avambracci solidali allo scranno, i braccioli per la postura del figlio, quasi a indicare la solidarietà fra i tre soggetti che compongono compattamente il gruppo. I l capo ipertrofico e l'ampiezza dello sguardo denunciano un elevato carisma religioso, lontano dalle rappresentazioni naturalistiche di poco successive; tali deformazioni sono ulteriormente avvertibili nella diversità di scala fra la Madre e il f iglio; singolare i l modo con cui l'artista ha eseguito le braccia di quest'ultimo, una benedicente e l'altra che regge i l l ibro sapienziale solidale al corpo rigido, i n bassorilievo. E proprio quest'alternarsi di effetto e di l i m i tato e modulato rilievo sembrano essere le caratteristiche più evidenti di una prima produzione mosana.
La seconda, di fattura più fine, regge i l f iglio in posizione centrale, ed è mancante delle mani della Vergine e del braccio sinistro del bambino.
Essa risulta concepita come un rilievo tratto dagli
120
107 - prima metà X I setolo, Sedes Sapientone di Walcourt, Belgio.
108 - Arte Mosana, X I secolo. Maestà d'Hermalle, Museo Reale Arte e Storia, Bruxelles, h. 75.
109 - Circa 1100, Sedes Sapientiae d'Evegnee. Museo Diocesano, Liegi, h. 54.
schemi iconografici bizantini e, forte di espressività marcata nei tratti del viso, ricorda somaticamente le prime rappresentazioni del tema prodotte in Alvernia, derivanti dal prototipo di Clermont-Ferrand.
At t r ibu ib i l i alla produzione mosana del X I I I secolo sono le Maestà conservate presso i l museo diocesiano di Namur ( N . 110), quella della Chiesa di S.Jean PEvangeli-ste a Liegi ( N . I l i ) , ed infine quella del museo diocesiano di Liegi ( N . 112).
La prima di grande bellezza e finemente eseguita probabilmente verso i l 1220-1240 secondo Stiennon, dalla cosiddetta scuola di Liegi, è carica di una forte influenza romanica.
La seconda, proveniente dalla Basilica di S. Giovanni evangelista a Liegi, è considerata una delle «più belle del genere nella cristianità» dal conte Borkgrave ed è sicuramente uno dei maggiori capolavori dell'arte mosana medioevale.
Assisa su di un trono arricchito da incastonature in pietre dure accoglie sulle sue ginocchia «la sapienza incarnata» divenendone letteralmente i l trono.
Tradizionalmente paragonata alla contemporanea produzione d'oreficeria (tesi avanzata e confortata documentalmente da Stiennon che riportava (1974): « l'incastonatura dei "cabochons" nel trono deriva dalla tecnica dell'oreficeria e dalla decorazione comune nella miniatura
122
mosana»), è cronologicamente riferita al 1230, nell'ambiente culturale della scuola di Liegi.
Dal X I I secolo in poi troviamo le Maestà mosane rappresentate mentre calpestano con il piede un drago, soluzione d'impaginazione tra alto e basso, fra cielo e terra (gli Interi nel nostro caso) comune all'immaginario dell'alto Medioevo che tende a replicare simbolicamente nel microcosmo i grandi e superiori eventi della storia della salvezza: il trono è sopraelvato dalla terra e si pone
come soglia verso l'alto, ai piedi i l nemico. L'iconografia, come è noto, è tratta da un passo della Genesi (3,15) w... Io porrò inimicizia tra te e La donna, tra la sua stirpe e la tua stirpe: questa t i schiaccerà la testa...» che l'interpretazione dei Padri orienterà verso Maria, la «nuova Eva», destinata a portare la redenzione nel mondo, indipendentemente da una più corretta lettura del passo nella versione greca, che riferisce la vittoria tinaie alla discendenza della donna e non a quest'ultima. Ma per una identificazione
123
116 - Fine arte mosana, inizio Gotico, 1250 (?) , Madonna col Bambino, Namur, Museo di Gaiffier. 117 - X V secolo. Madonna col Bambino e S. Anna, ubic. ignota, h. 43.
fra l'autore della vittoria sul principe delle tenebre ha senza dubbio inciso i l X I I capitolo àt\Y Apocalisse di Giovanni, in cui i l conflitto fra la Donna partoriente e i l drago si rinnova fino alla sconfìtta definitiva di quest'ultimo. Questa particolare soluzione iconografica è verificabile sia nel gruppo ligneo ( N . 112), sia in quello ( N . 113). La terza Vergine del gruppo maestosamente assisa, denuncia una dipendenza dal gruppo della Basilica di S. Giovanni evangelista, ed e attribuibile alla produzione mosana,
realizzata fra i l 1230 e i l 1250. A un frangente cronologico sostanzialmente identico
possono essere riferite le Maestà ex. coli. Peereboom ora ai Musei Reali di Bruxelles, ( N . 114), e quella della collezione Tastet ad Amiens, ( N . 113), quella della collezione Pincket in Belgio ( N . 115).
La prima che può essere considerata un limite cronologico del periodo in questione fu attribuita alla prima metà del X I I I secolo. D i dimensioni maggiori rispetto al-
I 2 l
le altre, quasi 110 centimetri, scolpita in legno di quercia, policromato e dorato, la Vergine, regalmente incoronata, è mancante delle braccia come il tìglio.
La scultura in questione fu interpretata dajansen, per la sua limpida espressione, come preannunciantc l'arte gotica.
La seconda maestà appare anch'essa coronata e ricca di pietre dure incastonate che sottolineano la sua regalità ed e attribuibile alla produzione mosana intorno al 1 2 3 0 cir-t i . Mentre la terza, tedele all'iconografìa mosana del X I I I setolo, denuncia con la sopracitata affinità con i l gruppo di S. Giovanni evangelista. A conclusione la maestà conservata ( N . 116) al museo di Gaiffier presso Namur, dove la vergine non più seduta ma raffigurata in piedi mentre calpesta un drago è da considerare come fine dell'arte mosana inizio arte gotica e secondo Muller «... documenta l'influenza dell'arte della Champagne sulle regione mosana».
Singolare l'iconografia della scultura ( N . 1 1 7 ) , che raffigura S. Anna che regge sul braccio sinistro la vergine Maria che a sua volta accoglie sulle proprie ginocchia i l figlio. Essa passò sul mercato come mosana e fu attribuita al X V secolo.
LA P R O D U Z I O N E R E N A N A
11 secondo insediamento legato alla vitalità e alla centralità del corso come mezzo di trasporto e come isolante confine è quello renano, spostato verso Est rispetto alla Mosa ma non per questo incapace di mantenere e appro-tondire l'esperienza della classicità romana. E con la d iv i sione dell'impero di Carlo Magno, l'attenuarsi delle scorrerie vichinghe e il riflusso dei Magiari negli stanziamenti ungheresi e conseguentemente l'affermarsi dell ' impero germanico con gli Ot toni che si può parlare di seconda r i -nast ita dell'insediamento renano. E proprio lungo il corso elei fiume, da Colonia a Spira, a Strasburgo che si sviluppa la via, di pace e di armi che dal Mare del N o r d raggiunge l'Italia e Roma. 11 particolare rapporto che si instaura fra potere religioso, spesso investito anche di cariche civili nell'elaborato sistema di distribuzione dei poteri caratteristico del mondo feudale tedesco, e potere impenale unisce, sia pure in contrasti violenti , scomuniche e scismi, i due poteri e la loro iconografia. 11 monumentale Cristo in croce della Cattedrale di Colonia precedentemente richiamato ( N . 43), la chiesa di S. Pantaleone sempre a Colonia, databile al 980 circa, come la di poco suc-tessiva ( attedrale t l i Hildesheim che conoscerà nei portali bronzei uno dei cicli narrativi della nuova sensibilità, la i ro te gemmata di Lotario infine, ora nel tesoro della Cappella Palatina di Aquisgrana costituiscono i punti es
senziali dell'arte ottomana. Soprattutto l'opera di oreficeria (oro, filigrana, pietre preziose e smalto cloisonné, alta 5 0 cm.) è segnale a tutt i gli effetti emblematico dell'immaginario imperiale: «La vittoria di Cristo - Chrislus triumphans - è simboleggiata da immagini imperiali classiche. Sul rovescio c'è però un'incisione di Cristo morto o morente, più vicina al convenzionalismo bizantino che al crocefisso dell'arcivescovo Geronc... Quando la si esibiva nel r i tuale delle incoronazioni imperiali, questa faccia stava di fronte al clero, l'altra era rivolta all'imperatore. N e l suo insieme, la croce simboleggiava così l 'unione fra Chiesa e Stato sotto un imperatore unto e incoronato dal papa, un'unione appassionatamente perseguita per tutto il Medioevo ma raramente raggiunta» (Honour , Fleming 1 9 8 2 , p. 2 7 3 ) .
I secoli che vanno dal X al X I I I conoscono i l progressivo maturarsi e affermarsi di una specificità dell'espressione plastica renana combinata e in contrasto spesso con i l sogno di una restaurano imperii che persegue l 'ul t imo Ottone e che spingerà Federico I I a spostare progressivamente l'asse d'azione verso l'Italia, abbandonando l'insediamento tedesco, paradossalmente emancipandolo dalla sudditanza dell'arte ufficiale. Ma le strade che dal Reno si spingono verso la penisola non vedono solo imperatori alla caccia della legittimazione del proprio status o desiderosi di abbassare le tendenze centrifughe che si manifestano nel corpo disomogeneo dell ' impero: con intenzioni in cui l'interesse politico si mescola al prestigio spirituale, vescovi e abati dell 'Impero arricchiscono le proprie cattedrali e le proprie abbazie con reliquie e documenti trafugati o acquistati nella penisola.
Restringendo i l nostro intervento alla sedes sapientiae lignea è opportuno partire da quella conservata presso i l Museo diocesano di Monaco ( N . 1 1 8 ) . Realizzata in una posa fortemente centrale, che accentua i l carattere rigido del corpo, vede nel lo slancio del c o l l o e nella dolcezza d'espressione del viso della Vergine i suoi caratteri più significativi, a segnalare una caratteristica stilistica tipica del centro di produzione renano.
U n grosso cabochon al centro del petto richiama i prodot t i dell'oreficeria mosana i l cui uso comunque sarà comune e frequente nella rappresentazione dei soggetti religiosi in scultura come in pittura, mentre un grosso bracciale sulle braccia costituisce una frequente e tipica soluzione iconografica della scultura renana non riscontrabile in alcun altro centro di produzione europeo. La Vergine, solidamente impiantata sul sedile fino ad aderirne perfettamente, è «trono» del figlio, risultando la sua anatomia assolutamente indifferente rispetto al peso e alla presenza di Cristo; l'osservazione è evidentemente confortata dalla perdita della statua dell'infante. L'attuale doratura tu realizzata in un tempo successivo rispetto all'intaglio del legno, nel corso del X I V secolo.
Analoga impostazione frontale può essere individuabile nel gruppo ligneo ( N . 119) della Coli . R. Forrer di Strasburgo; attribuibile alla produzione della Renania
125