De Kerckhove La Mente Accresciuta Derrick

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La mente accresciutaDerrick de Kerckhove

ISBN: 9788865860366

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il 19 maggio 2011 17:09

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La mente accresciutaDerrick de Kerckhove

Traduzione di Valentina Riolo

Titolo originale ingleseThe Augmented Mind© 2010 by Derrick de Kerckhove

Copyright for digital edition for all languages© Digitpub srl 2010via Adige 20 - 20135 Milano, Italiawww.40kbooks.com - [email protected]

ISBN 978-88-6586-036-6

Copertina di Roberto Grassilliwarehouse.robertograssilli.com

Questo titolo è disponibile anche in inglese

Questo saggio è diventato un ebook nel mese di dicembre 2010

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Le tre ere del linguaggio

Se è vero che gli esseri umani restano pur sempre esseri umani eche il divario tra chi ha vissuto in una condizione di esclusiva oralitàe ciò che siamo noi oggi non può essere radicale, le nostre attitudinisociali e personali sono state significativamente modificate daquando l’elettricità ci ha globalizzati e interconnessi. Osserviamol’immagine qui di seguito:

Le tre grandi avventure del linguaggio, orale, scritta edelettronica, sono tre fasi ben distinte dell’evoluzione dell'uomo. Sitratta dunque di provare a capire, adottando questa ampiaprospettiva, a che punto sia oggi l’evoluzione umana e che cosaaspettarci nell’immediato futuro. La figura rende l’idea della portata,della crescita e della velocità di diffusione dell’uso del linguaggio e

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dei suoi supporti tecnologici. Il grafico ci mostra 1.700 generazioniche si sono servite del solo linguaggio, senz’altro appoggio che ilcorpo del parlante e dell’ascoltatore. È il linguaggio praticato dalleculture tribali, dalle società orali in cui la conoscenza si distribuiscelentamente e i mutamenti sociali ricorrono solo su lunghi periodi ditempo. “Verba volant”. In condizioni simili, le parole non “sifermano” mai. Nessuno può vederle, le si ascolta e basta, circolanotra una persona e l’altra, non dentro. Nelle culture orali le parolehanno potere sul corpo di chi le usa. E si crede che questo poteresu cose e persone agisca anche a distanza, come nelle formulemagiche e negli incantesimi.

In basso, abbiamo 300 generazioni che hanno sviluppato unaforma di scrittura (non solo in Occidente e in Medio Oriente, maanche in Cina e altrove, già molto presto). Tutti gli studi storiciconvergono su una straordinaria accelerazione dei cambiamentisociali e politici ed evidenziano una specie di maturazione in queiparticolari tipi di cultura che hanno adottato la scrittura. Maguardiamo meglio le ultime 35 generazioni, dall’introduzione dellastampa in poi. Lì c’è tutta la storia della società occidentale e latipica mentalità dei suoi individui. L’invenzione dell’alfabeto hainoltrato gli effetti generali della scrittura in una nuova dimensione,ovverosia nella rappresentazione visiva dello stesso linguaggio e nonpiù delle idee, come invece era propria ai geroglifici egiziani o agliideogrammi cinesi. Anche le antiche scritture sillabiche – sumeresoprattutto, e di varie zone dell’India – si fondavano su un principiofonografico, ma erano ancora troppo ambigue per liberarepienamente il linguaggio dalla condizione orale. Nonostante i Sumerifossero arrivati a inventare il denaro e una forma rudimentale distampa, non completarono mai il passaggio a una cultura alfabetica.Sarebbe toccato ai greci.

Al contrario di quanto avviene nella comunicazione orale, informa scritta il linguaggio trova nuove collocazioni e si redistribuiscenei vari corpi. Gli alfabeti fonetici hanno il potere di separare illinguaggio dal corpo dei parlanti, non perdendo in efficacia nelriprodurre, trasportare e accumulare il significato. Nelle societàpienamente alfabetizzate, i corpi (e, va da sé, le menti) riacquistanopotere e controllo sul linguaggio. È un passaggio fondamentale percomprendere non solo il destino delle parole, ma della politica, dellareligione e delle vite individuali di ciascuno.

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Ogni atto di scrittura è un tentativo di controllo sul linguaggio(Jay David Bolter, Writing Space: Computers, Hypertext, andthe Remediation of Print, seconda edizione, 2001, LawrenceErlbaum Associates). Le culture dei primi manoscritti, come laGrecia nel VI - V secolo a.C. o il Sacro Romano Impero nell’AltoMedioevo, hanno ancora bisogno, come i bambini quandoimparano, di vocalizzare il testo, che in larga parte circola per viaorale. I patrizi dell’Antica Grecia avevano a disposizione scribi eschiavi che leggessero per loro. Anche se non posso affermarlo concertezza, ritengo probabile che quelle persone sapessero leggere (laPaideia, il sistema scolastico dell’Antica Grecia, prevedeva infattiche ogni cittadino di sesso maschile imparasse a farlo), ma dato chela lettura si praticava ad alta voce, e di lì andava ascoltata emeditata soltanto con l’udito, perché non chiedere a uno schiavocon una bella voce di farlo al posto loro? La lettura silenziosa siaffermò con lentezza, divenne prassi comune probabilmente inEuropa intorno al XIII secolo e si diffuse ulteriormente (PaulSaenger, Space Between Words. The Origins of Silent Reading ,1997, Stanford University Press) grazie all’invenzione della stampa.Un libro, un giornale impresso su carta o una lettera scritta non sonoaltro che forme di controllo sulla lingua. Le parole sono statiche,siamo noi che muoviamo gli occhi e interpretiamo il contenuto. Inogni altro tipo di situazione linguistica, è il linguaggio a controllarenoi: è mobile e sfuggente, oppure dobbiamo condividerne il dominiocon la tecnologia che lo supporta[1].

La stampa ha spinto molto in là l’avventura linguistica,innescando un rapidissimo mutamento evolutivo che nell’arco di nonpiù di 35 generazioni ha portato alla scoperta e all’usodell’elettricità, punto di partenza di una nuova impresa dellinguaggio.

Con la lettura silenziosa, il corpo riprende pieno possesso dellalingua. La coscienza delle parole si insedia in uno spazio interioreprivato, ed esse risuonano nella mente del lettore che può ormaidecidere come e quando interpellarle. Lettura e scrittura instradanoil linguaggio nella mente in modo controllato, e consentonoall’identità del lettore individuale di astrarsi in un’immagine di sédistaccata, quella di un homunculus che pensa. Questohomunculus è destinato a riapparire, proiettato stavolta su unoschermo in ambienti simulati a tre dimensioni come, tra gli altri,

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Second Life.

La mente accresciuta

In termini semplici, la “mente accresciuta” è la mente così comela conosciamo (o pensiamo di conoscerla) dentro le nostre teste,ma esteriorizzata, condivisa, moltiplicata, accelerata, accessibile inogni singolo elemento e generalmente elaborata in un processoconnettivo che avviene fuori dalle nostre teste. A partiredall’invenzione del telegrafo, un numero crescente di luoghilinguistici interiori ha trovato collocazione spaziale grazieall’elettricità. Con i sistemi d’informazione elettronica, l’utentecondivide la responsabilità del contenuto sullo schermo con unprogramma o un’emittente. È quanto accade con la televisione, checondiziona l’esperienza quotidiana (Joshua Meyrowitz, No Sense ofPlace: The Impact of Electronic Media on Social Behaviour.1985, Oxford University Press – Oltre il senso del luogo. Come imedia elettronici influenzano il comportamento sociale, 1995,Baskerville), modificando la nostra identità e le nostre facoltàcognitive (Giovanni Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero, 1997, Laterza).

La televisione è stata per un po’ – ed è tuttora – una forma dicontrollo mediatico sull’immaginazione accresciuta. Porta il pubblicodove vuole quando invece l’interattività, già con l’introduzione deiprimi telecomandi, consente alle persone di riacquistare il controllodei loro schermi, dovendo pur tuttavia spartirselo con i protocolli diqualsiasi sistema in uso.

A ognuna delle sette generazioni a colori, nel grafico,corrisponde un nuovo medium elettronico di supporto edesportazione del linguaggio, che a sua volta genera un’espansionedella mente verso l’esterno. A ciascuno corrisponde una o piùgenerazioni. In cima alla scala troviamo la generazione “sempre inlinea” (always on): quelli nati con un telefonino in mano. Hopartecipato a uno studio sull’uso dei telefoni cellulari da parte dipersone tra i 15 e i 25 anni e il gruppo campione era di milleindividui. Abbiamo scoperto che nella categoria under 18, l’80%dei ragazzi dorme con il telefono sotto al cuscino o acceso accantoal letto. Intendo proprio questo con “sempre in linea”. Ed è moltopiù di una metafora. Significa essere disponibili, sempre e

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comunque, a tutti, in ogni istante della propria vita, una situazioneperfettamente normale in una dimensione locale di esperienza, mache una volta estesa alla scena globale, assume un’altra magnitudo.Il fenomeno non è circoscritto a quella generazione. La maggiorparte di noi è “sempre in linea”.

Siamo in linea continuamente e più che mai, in connessionesempre più prossima a un numero crescente di persone e servizi. Latecnologia del linguaggio oggi dominante, di più profondapenetrazione in tutte le culture, persino nelle più povere, è il telefonocellulare. Sempre più persone portano in tasca sofisticate interfacceper un nuovo livello di cognizione connettiva.

Il telefonino è una figura comune e ubiquitaria di quella che iochiamo la terza fase dell’elettricità. Il processo è molto chiaro: laprima fase è cominciata con la fornitura elettrica di energia, luce eriscaldamento. Il corrispettivo del sistema muscolare. La secondafase, di ordine cognitivo, è l’epoca di una graduale evoluzione ematurazione della mente accresciuta. Nell’era digitale, l’elettricitàdiventa intelligente, si fa informazione, si trasforma in contenutocognitivo. Nella terza fase, dove l’elettricità è wireless, talecontenuto si fa azione cognitiva. E segna un ulteriore avanzamentodella dimensione cognitiva.

La mente accresciuta e l’intelligenza artificiale

Entro i 18 anni, la dieta media di questi iperstimolati ragazzinisempre in linea è consistita di 10.000 ore di videogiochi, 15.000email e sms, 5.000 ore al cellulare, 15.000 ore di televisione(questa cifra è adesso in diminuzione in Usa e Canada), 500.000spot pubblicitari, e tutto questo contro 5.000 ore di lettura di libri.Quelle 5.000 ore dedicate ai libri sono molto preziose perchérappresentano la garanzia di mantenere un’identità privata. DavidBooth esplora l’argomento da un’altra angolazione:Quando gli studenti sono dentro l’esperienza, portati a leggere escrivere per afferrare i concetti e le materie in discussione, quandol’interpretazione e la costruzione di un testo sono parte del processodi apprendimento, allora lì intuisco che si sta realizzando un nuovolivello di alfabetizzazione. Il giovane non solo ha bisogno di calarsinelle parole e nelle immagini, ma di vedersi come l’interprete di ciòche ha imparato, come colui che si rappresenta il sapere e se ne

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appropria. Legge e scrive con tutto se stesso, col suo corpo, con lesue emozioni, con il suo background di figlio, di studente e cittadino;si siede a scuola, di fianco ai membri della sua famiglia, e legge ognitesto che incontra accanto a loro, all’interno del suo ambienteculturale. La padronanza della parola scritta si costruisce attraversol’identità[2].

O potremmo rovesciare la questione e dire che l’identità sicostruisce attraverso la padronanza della parola scritta.

David Booth si spinge oltre:I nuovi alfabetizzati, come sono stati etichettati, hanno a che farecon testi multi-modali, come fumetti, riviste, giornali, internet,grafica, video e suono. Insieme, questi “testi” riempiono le vite deinostri studenti, e il significato si accumula man mano che i ragazzicombinano i messaggi provenienti dai diversi media nella loropersonale costruzione del mondo[3].

Leggere allarga la mente, senza dubbio, ma l’ampliamentoavviene dentro la testa. Lavorare al computer implica che quasi tuttal’elaborazione mentale, che riguardi testi, immagini o suoni, si spostafuori dalla propria testa. L’interattività è una condizione, nonun’opzione. I miei studenti sono nativi digitali. Io li chiamo“screttori”[wreaders]. Uno “screttore” è qualcuno che non ècapace di leggere nulla senza al contempo scrivere. Interagire con ilmateriale è d’obbligo. Il popolo multimediale non è fatto per imanuali. È l’ultima cosa che vuole, leggere un manuale. Deve calarsinella materia e lavorarci da dentro. È abituato a operare in gruppo,in squadra, è multi-tasking, vuole toccare con mano, e realizza fuoridal suo cervello, su uno schermo, tutto quello che un “immigrato”come me era stato abituato a fare dentro. Quello che sto dicendo èche il nostro rapporto con lo schermo è molto complesso, è unrapporto in cui a tutti gli effetti una grande quota delle nostrefunzioni cognitive viene data in delega. Un brillante video chedescrive la “rivoluzione dei media”, dai vecchi ai nuovi, ci fornisceun buon esempio di questo processo (www.youtube.com/watch?v=HsJLRX-nK4w).

Come me, Eric McLuhan è un insegnante che usa dei test perindagare le strategie cognitive dei suoi allievi:Un paio di settimane fa, ho posto ai miei studenti una domanda cheavevo accantonato da almeno dieci anni. Ho chiesto: “Pensate inparole o in immagini?” [...] A metà degli anni Settanta, circa il 70%

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dell’uditorio rispondeva “in parole” e il 30% “in immagini”. Alla finedegli anni Ottanta, eravamo già al cinquanta e cinquanta. La miaclasse di adesso ha risposto, al 100%, “in immagini”: avevo davantiun gruppo interamente dominato dall’emisfero destro. Stupito, quelgiorno ho ripetuto l’esperimento con le altre classi, ottenendo lostesso risultato: il 90-100% rispondeva “in immagini”. [...] Ilsignificato è questo: l’individualismo, che deriva dalla separazionedel conoscente dal conosciuto, è funzione specifica dell’alfabetofonetico. [...] Nessun’altra forma di scrittura, sillabario opittogramma ha il potere di frammentare che ha l’alfabeto.Evidentemente però su questi studenti non ha presa salda, e si puòsupporre che la stessa osservazione sarebbe valida anche per i lorocolleghi dell’intero sistema scolastico occidentale. Siamo davantialla generazione dell’emisfero destro, e noi siamo gli alieni.

Eric McLuhan conclude:In questo nuovo contesto dobbiamo cominciare a lavorare sulproblema della coscienza. Sappiamo cosa pensare della coscienzaquando si trova dentro al corpo; quando si trova fuori dal corpo ètutta un’altra storia. Disincarnata, la modalità naturale dellacoscienza è l’inconsapevolezza, o la subcoscienza, o le sensazioniistintive (viscerali) piuttosto che razionali. La massa conosce solo sestessa, ed è una conoscenza tacita.

Ora che ci stiamo trasferendo da una cultura che era dominatadalla scrittura su carta e dalla stampa a una che è sempre piùcontrollata dall’elettricità è obbligatorio chiederci quale destino siriserva alle parole. Di fatto, “il volatile testo elettronico sembrerebbeminare l’autorità costituita” (Richard A. Lanham, A Computer-Based Harvard Red Book. General Education in the DigitalAge, in Gateways to Knowledge, a cura di Lawrence Dowler,1997, The MIT Press). In questo modo, il lettore elettronico e glistudenti “sempre in linea” hanno l’opportunità di crescere con unanuova libertà e responsabilità, grazie al loro connaturato modo dileggere.

Le implicazioni cognitive dell’uso di schermi e software

Second Life (2L) è un esempio concreto di come le facoltà chetutti noi abbiamo sempre considerato esclusivamente interiori, comela memoria, che è il richiamo attivo di qualunque cosa, e

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l’immaginazione, che è la creazione di immagini mentali, stiano inrealtà migrando verso schermi posizionati fuori della nostra testa, alservizio di nuove finalità. Un altro esempio, antecedente all’era diSecond Life, è stato The Sims: un videogioco in 3D che simulava lavita quotidiana con tutti i suoi desideri, aspettative e progetti. Ognigiocatore era infatti rappresentato da un avatar, dotato di proprisogni interiori ed esteriori e di una precisa caratterizzazione. Loscopo del gioco era quello di riprodurre la vita di ogni giorno,offrendo ai giocatori il piacere e l’illusione che un’altra vita e un’altraidentità fossero possibili. Da quel momento sono nati numerosimondi tridimensionali. Ambienti come Interactive City(www.icyou.se) o Multiverse (www.multiverse.net) stannomodificando le nostre percezioni e il nostro modo di comunicare,offrendo accesso a una dimensione vasta e strutturata (MarioGerosa, Rinascimento virtuale, 2008, Meltemi editore).

La dinamica fondamentale della transizione da un modo dirapportarsi al linguaggio a un altro richiede un processo bifase diesteriorizzazione a cui consegue una nuova interiorizzazione.L’invenzione del teatro nell’antica Grecia è stata necessaria perdare a una cultura scritta ai suoi esordi un esempio esterno di cosa ecome immaginare, ovverosia di come trasformare parole in immaginidurante la lettura di un’opera. La dinamica del linguaggio, la suaredistribuzione interna alle menti delle nuove generazioni di lettori,richiedeva che fosse disponibile un modello da seguire. Era questo ilruolo delle rappresentazioni, che proponevano narrazioni strutturatein dialoghi su un simbolico palcoscenico spazio-temporale. Latragedia dava un’interpretazione lineare e causale a eventi mitologicio storici che ora riguardavano direttamente gli individui, non più solole comunità. Il testo teatrale in realtà riduceva i valorimultidimensionali e multitemporali del mito a una sequenza di parole,parole che dovevano essere espresse dagli attori per esserecomprese, prima che la cultura scritta si dotasse della letturasilenziosa; quando quest’ultima divenne comune, il teatro fusoppiantato dal romanzo, un mezzo più economico e maneggevoledi stimolare l’immaginazione. La lettura di romanzi contribuì atrasformare i parlanti in pensatori e critici. L’interiorizzazione dellinguaggio a quel punto poté dirsi compiuta, rimanendo la modalitàprevalente della coscienza nelle culture occidentali fino all’avventodell’elettricità. Sin dalle prime invenzioni e dall’uso del telegrafo,

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l’elettricità si è votata senza sosta alla creazione di tecnologie chel’avrebbero trasformata in uno strumento di controllo sul linguaggio.Oggi, stiamo assistendo a una nuova fase di esteriorizzazione (suglischermi) che molto probabilmente nell’immediato futuro condurrà aun ulteriore livello di interiorizzazione.

Eric McLuhan propone un’analisi dettagliata del rapporto traalfabetizzazione e nuovi media:Una volta trasformata in software, qualsiasi cosa diventa malleabile,fluida, intercambiabile. Il digitale è un mondo in costante mutazionee, ora come ora, viaggia a velocità supersonica. Il vortice dei nuovimedia nell’ultimo decennio ha generato un caleidoscopio di stili eforme di consapevolezza. Quando il cambiamento è relativamentelento, il bisogno di allenare la consapevolezza non è così impellente.Ma quando ogni tre o quattro anni appare un nuovo medium digrande impatto, la necessità diventa questione di sopravvivenza.Ogni nuovo medium è una nuova cultura e a ciascuno devecorrispondere una rotazione di identità; ognuno attecchisce inquesto o quel gruppo sociale, e man mano che l’uno confluiscenell’altro o se ne separa, le interfacce abrasive generano moltaviolenza. Urge cominciare a studiare tutte le forme del sapere,chiamate oggi competenze. Multimedialità significa semplicementecompetenze composite. Man mano che il discorso si sposta dallapagina allo schermo e, in modo più significativo, a un ambienteinterconnesso, ovvero man mano che il discorso si decentralizza, ledefinizioni e le relazioni convenzionali subiscono automaticamente uncambiamento sostanziale. Lo spostamento della nostra visione delmondo, dall’individuo alla rete, comporta una radicalericonfigurazione della cultura[4].

Una modesta ma significativa parte di questa riconfigurazione sipuò osservare in Second Life, che è una sorta di raccontoelettronico esteriorizzato che invita la gente a immaginare le cosenon dentro, ma fuori dalla propria testa. Io definisco “ImmaginarioOggettivo” (IO) questa delega delle nostre attività immaginative auno schermo.

Second Life è un forte punto di maturazione della tendenza, cheè andata sviluppandosi quantomeno nel corso degli ultimi quindicianni, a creare rappresentazioni tridimensionali condivisibili online.

Ciò che affascina di 2L è che abbiamo sullo schermo unaproduzione immaginativa (produzione connettiva) che, seppur meno

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dettagliata, ha un livello maggiore di affidabilità del tipo diimmaginario che si sviluppa nel cervello. Se leggiamo un romanzo, ilgiorno dopo, quando riapriamo il libro, rievochiamo lo spaziomentale che abbiamo creato, ci ricordiamo dei personaggi e,fondamentalmente, ce ne riappropriamo, ponendoci così incondizione di proseguire la lettura. La peculiarità di Second Life èche consente, come solo l’immaginazione personale può fare, divedere il mondo da un punto di vista realmente soggettivo, cioèdirettamente con i propri occhi, o di raffigurarsi come unhomunculus che interpreta una parte a teatro. Entrambe le opzionisono sempre a disposizione della nostra mente, ma non sono maistate possibili con nessun altro medium. 2L ha la stessa affidabilità intermini di immaginazione spaziale e caratterizzazione, ma in piùpossiede l’imprevedibile presenza degli altri personaggi checondividono quell’ambiente. Senza aggiungere che quello stessoambiente affidabile è costruito da una vasta collettività di processiimmaginari individuali tradotti in un unico terreno comune.

2L intreccia mente e schermo. Quando osserviamo il mondovirtuale con gli occhi dell’avatar, ci dimentichiamo di avere davantiuno schermo, così come ci dimentichiamo che stiamo leggendo unlibro quando la nostra mente si cala davvero nei panni di unpersonaggio. 2L è in effetti un curioso ibrido di oggettività esoggettività, in cui l’elemento oggettivo è fornito dallo scenario edagli altri attori sullo schermo, ma dove la nostra soggettività,esteriorizzata e in parte oggettivata dal nostro avatar, continua aestendere la dimensione personale che sta dentro di noi. Certo,possiamo facilmente proiettare la nostra soggettività in figure menostravaganti, come i personaggi di un film o di un romanzo.Possiamo, senza troppi sforzi, prendere il posto del narratore in unracconto, in particolare se la narrazione è in prima persona. Ma, aparte noi, non c’è nessun altro in un film o in un romanzo, soltantofigure. Anche un avatar è una figura, e dunque non è molto diversoproiettarsi su quella. La differenza sta nel fatto che le figure deglialtri avatar hanno qualcuno dietro, dotato come noi di una propriasoggettività, e nel fatto che l’interazione avviene nello stesso spazioimmaginario. Spingiamoci oltre: quanto si discosta l’ambiente diSecond Life dallo spazio ludico di un qualsiasi bambino in cui altribambini possono unirsi a lui, interpretando a loro volta una parte nelgioco?

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Tralasciando le considerazioni più ovvie, e cioè che nello spaziodi gioco di un bambino i giocatori si limitano a un contatto faccia afaccia, Second Life è un ambiente creato dall’immaginazione di tuttii partecipanti, un mondo d’invenzione da poter condividere. DonChisciotte non avrebbe potuto condividere l’immaginario delle sueavventure mentre leggeva, e nemmeno Cervantes. C’è una nettaopposizione tra il vedere rappresentato su uno schermo il fruttodella propria immaginazione o figurarselo solo in testa.Letteralmente, quello che prima stava dentro di noi ora è su unoschermo. 2L assume il ruolo dei romanzi nell’abituare gli internautialla pratica dell’immaginario oggettivo, e all’ingresso nella fase dellacognizione connettiva.

Second Life è il più letterale – e letterario – esempio diesteriorizzazione delle nostre facoltà. Detto questo, praticamentetutto ciò che accade sullo schermo può essere considerato come ilnostro immaginario oggettivo, poiché gran parte dell’immagine è làdi fronte a noi su uno schermo anziché essere qui dentro la nostratesta.

2L rappresenta e promuove uno scatto cognitivo grazie al qualeuna tecnologia del linguaggio multisensoriale, presentata sotto lespoglie innocenti di un prodotto di hardware o software, si evolve inun ambiente di natura commerciale. In contesti del genere, lasequenza verbale scompare e lascia il posto a stimolazionisimilsensoriali (sensorial s(t)imulations). Fondamentalmente, ladinamica di 2L è quella di proporre, come faceva il teatronell’antica Grecia, un modello esterno di coscienza destinato a uncerto punto a essere interiorizzato.

Quello che si sta sviluppando in Second Life e in altre tecnologiedi realtà virtuale è perciò il contrario di quanto accadde con ilprocesso di alfabetizzazione greco-romano, in cui i sensi venivanoastratti in rappresentazioni verbali. In quel caso, fu laframmentazione dell’arcaico Logos creativo a far nascere lacontemplazione e a condurre alla separazione di sensi e ragione.Nell’avvicendamento tra senso o significato, le personecominciarono ad affidarsi a concetti e teorie piuttosto che a ciò chesuggeriva loro l’intuito (si veda in proposito la teoria delle immaginimentali di Changeux).

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Una rete di tag

Una nuova figura che oggi sta emergendo dal sottoboscotecnologico, ma che i più considererebbero un mero “apparatoidraulico”, è il tag. Un tag è un indirizzo elettronico associato a ogniframmento di contenuto elettronico. È l’infrastruttura elementaretramite cui i naviganti entrano in connessione l’uno con l’altro e contutto a richiesta.

Le keyword e i tag sono le unità minime, i monomeridell’ambiente cognitivo condiviso che rapidamente si sviluppaintorno al mondo e sugli schermi. I tag disambiguano econtrassegnano individualmente ciascun elemento, così come leparole chiave propongono le associazioni necessarie comeconnessioni pertinenti e accessibili.

Che cos’è un tag? Un tag è l’anima di internet. È l’indirizzo di unpacchetto, che è l’unità minima di contenuto di un messaggio. Ilmessaggio è suddiviso in pacchetti, i pacchetti hanno un indirizzo ecompaiono in sequenza; alla fine del processo di trasmissione siricompongono nel messaggio. I tag e la telefonia cellularecostituiscono una sfera di informazioni che ci circonda ovunque citroviamo. Attraverso i tag, locale e globale, specialistico egeneralista, la storia e l’attualità, tutto questo e molto altro ciraggiunge con un semplice gesto intenzionale, da ogni parte, daqualunque punto in cui sia in atto un processo produttivo. Il mondocome ipertesto: ecco l’era del tag.

L’era del tag è la stessa di “Everyware”, il termine con cuiAdam Greenfield ha sintetizzato la costante presenza di sensoriintorno a noi, nel cyber-spazio e nello spazio urbano. Siamoimmersi così in un ambiente informatico che contribuiamo aplasmare lasciandoci le impronte, rendendoci quindi semprerintracciabili. Forniamo automaticamente informazioni che ciriguardano a un buon numero di banche dati; da cui ovviamentepreleviamo anche materiale in abbondanza, che poi rielaboriamo.Per dirla con Richard Lanham:Il cuore della rivoluzione informatica, come nuovo sistema diespressione umana, è nel suo codice centrale polivalente. Lo stessocodice che serve a esprimere parole è in grado di generare immaginie suoni. L’informazione può essere spostata da una modalitàsensoriale a un’altra, pur rimanendo sempre supportata dallo stesso

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dato. Nella scelta di simili mezzi di espressione è insita naturalmenteuna coscienza di sé con uno stile ben preciso[5].

La mente accresciuta discende dal principio operativo dellamente individuale, che dipende dalle sinapsi: è l’interconnettivitàespandibile quasi del tutto all’infinito (si veda il notevole studio diNeil Gershenfeld in materia). Affinché l’intelligenza funzioni,praticamente ogni cosa deve essere reperibile e accessibile arichiesta. Da lì, tutti i nostri contenuti mentali sono, in qualche modo,interconnessi.

Strategie cognitive individuali

In rete, le persone navigano in un ambiente ipertestuale eipermediatico. Nel farlo, stanno solo affidando alle tecnologielinguistiche le strategie di cui si sono sempre servite mentalmente.

Ci troviamo ormai in una situazione in cui gli uomini stannosviluppando (interiorizzando) una forma d’intelligenza ipertestuale.La testa si fa ipertesto. Qualsiasi pensiero elaboriamo, lo ricaviamoda frammenti e piccole parti che abbiamo immagazzinato da qualcheparte e che, nel momento in cui cominciamo a pensare, sipresentano in un insieme. Possiamo benissimo manipolare ilpensiero, cambiandolo, deformando contorni e situazioni apiacimento. È ciò che chiamiamo immaginazione. Ma l’informazionesembra sopraggiungere come una riga lineare e continua o comeuna rappresentazione filmica, come un’entità compatta le cui singoleparti sono indistinguibili.

Il miglior modo per comprendere come funziona la menteipertestuale è pensare a come interpretiamo l’oroscopo. Il nostrooroscopo non è altro che un paio di paragrafo scritti nonespressamente per noi ma per molti. Com’è possibile che ci riguardicosì da vicino? E non solo vi leggiamo un significato pertinente allanostra vita, ma ci crediamo anche! Tutto questo accade perchésiamo stati noi a concepirlo in un modo ben preciso: abbiamo presoun’immagine qua, una parola là, un ricordo di chissà cosa e ilineamenti di qualcuno che ci è capitato di incontrare, una vocemagari ci si è insinuata nell’orecchio, abbiamo mescolato bene iltutto ed ecco che è apparso il significato! La differenza è che lanormale riflessione intracranica può ormai trasformarsi in unarappresentazione esterna, su uno schermo, pescando qua e là con i

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nostri telefonini che, a loro volta, operano in modalità ipertestuale.La generazione “sempre in linea” attinge e seleziona informazioni

ovunque e senza sosta, esplorando a piacimento Google, Wikipediae le innumerevoli fonti di conoscenza sulla piazza. Sa prelevare,trascinare e assemblare. Il suo modo di vivere, pensare e agire èipertestuale. Le sue risorse, in ogni caso, derivano da una sorgenteinesauribile di dati ed entità virtuali delle più disparate provenienze.Di fatto, “la novità sta nel servirsi di computer e mezzi diacquisizione elettronici per collegare rapidamente una grossa moledi informazioni” (Roy Rosenzweig e Steve Brier, Historians andHypertext: is it more than Hype?, a cura di Lawrence Dowler,1997, The MIT Press). È ciò che accade con Twitter o Facebook,che consentono di cercare e visualizzare facilmente grandi quantitàdi informazioni. Da un lato, lo sviluppo di linguaggi intelligenti, comei tag, i feed o le parole chiave, agevola il reperimento di informazioniper noi rilevanti, dall’altro, gli “smart mobs” (H. Rheingold) online el’“intelligenza connettiva” migliorano l’associazione tra concetti,contenuti e idee.

Un esempio perfetto di intelligenza ipertestuale o connettiva èWikipedia. Come funziona Wikipedia? Qualcuno propone unadefinizione su un “wiki”, una piattaforma dove chiunque, in ognimomento, può apportare contenuti, correzioni e variazioni aqualsiasi elemento postato. Una definizione o una spiegazione,finanche dei concetti o dati più anodini, può così essere rifinita oaggiunta per consenso. Persone che collaborano anonimamente adistanza possono giungere alla decisione “questo è quanto possiamodire su un argomento o su una parola in questo preciso istante”.Quello che mi affascina di Wikipedia è l’interconnessione delleconoscenze della gente. L’enciclopedia collettiva era statapreconizzata da McLuhan nel 1962, insieme ad altre nove profezieche si stanno pienamente realizzando solo oggi:Il prossimo medium, qualunque esso sia – 1 potrebbe essereun’estensione della coscienza – 2 includerà la televisione comecontenuto, non come contenitore – 3 trasformerà la televisione inuna forma d’arte. Un computer usato come 4 strumento di ricerca ecomunicazione potrebbe 5 incrementare il recupero di informazioni,6 rendere obsoleto il sistema di classificazione delle biblioteche, 7recuperare il potenziale enciclopedico degli individui e riversarlo in 8una linea di accesso privata 9 a dati rapidamente tagliati su misura e

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10 facilmente rivendibili[6].Buona parte di queste previsioni oggi potrebbe sembrare ovvia,

come il fatto che la tv sia diventata contenuto del nuovo medium,che è Internet, naturalmente. YouTube è la televisione come formad’arte. Meno scontata era forse l’idea che i venerandi archivi dellebiblioteche sarebbero diventati obsoleti. Processo che, a dire ilvero, non è ancora completo, ma – come ha acutamente illustratoClay Shirky – interconnettere in rete un libro o parti di un librotramite i tag rende ormai fruibile un accesso casuale di tipoipertestuale che indebolisce il predominio dei codici alfanumerici. IlWeb 3.0, secondo uno dei suoi più ardenti promotori, Tim Berners-Lee (che ha inventato e sviluppato il primo web) potrà dirsicompiuto quando le qualità del Web semantico si combineranno allerisorse di un ambiente costellato di tag.

Ai miei occhi, tuttavia, la previsione più originale e pregnante èquella che ci vede in grado di condividere il potenzialeenciclopedico di ogni mente individuale. È Wikipedia[7].

Wikipedia non è solo un buon esempio della componenteipertestuale di quel nuovo ambiente che è il Web 2.0, ma è anche lapiù elegante figura di una ben specifica geometria della connettività,ovverosia una configurazione connettiva aperta a tutti ma cheseleziona solo gli elementi pertinenti a un determinato gruppo e lideposita in un grande archivio pubblico accessibile a richiesta.

La configurazione di Wikipedia, la sua geometria reticolare, èmolto diversa da quella di un altro sito intelligente, InnoCentive,dove centomila chimici, farmacisti, fisici quotidianamente si prestanoa rispondere a domande e richieste di aiuto nella ricerca.

Ognuno dei centomila sottoscrittori, se conosce la soluzione alladomanda posta da un’altra persona del suo settore, è libero dirispondere: come minimo, chi risponde guadagna reputazionenell’ambito del sistema, ma può anche nascerne un giro d’affari checoncorre a creare un prodotto commerciale e valorizza il talento.

InnoCentive è quasi contrario e speculare a Wikipedia. Mentrequesta assomiglia a una formazione di correnti che soffiano da ogniparte del globo, nel caso di InnoCentive da una singola scintilla delprocesso connettivo si originano l’innovazione, la scoperta e viadicendo. Potremmo definirlo un motore di innovazione – un altroaspetto della grammatica di Internet. Grazie ai nuovi strumenti,stiamo letteralmente ipertestualizzando, ed esteriorizzando, i nostri

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processi mentali in una cognizione connettiva e condivisa.Una volta digitalizzate e taggate, le parole si ritrovano

frammentate in varie unità molto più piccole di loro; si riconnettonoalle immagini e ai suoni, si distribuiscono all’istante, tutte insieme,ovunque. Per usare il linguaggio geek, possiamo dire che latecnologia sta man mano progredendo dalla fase del “cloudcomputing” a quella della “polvere intelligente”.

La letteratura dell’ipertesto sono gli ipermedia, simcities, 2L, iblog, YouTube, Twitter. La multimedialità annuncia ed evidenzia ilritorno dei sensi nel discorso umano, pur se per via indiretta, comeci avrebbe specificato Walter Ong. Ancora una volta stiamoassistendo al rovesciamento dei primitivi processi dialfabetizzazione. I sensi, una volta astratti in una stringa di paroleben compiuta, erano stati espunti dal discorso culturale e sublimatinel mito delle muse. Ogni musa rappresentava un’arte differente,separata, un’emanazione sensoriale e a se stante del Logos, ildiscorso divino. Nella realtà virtuale e multimediale, i contenutisensoriali del linguaggio vengono paradossalmente recuperati, lemuse si ritrovano di nuovo insieme.

La mente accresciuta: il Logos secondario

Di certo non si tratta di una semplice questione nominale, madella mente accresciuta come versione elettronica del Logos.Internet, con tutte le sue permutazioni e configurazioni, ha un poterecomparabile a quello delle età eroiche. Nella sua forma pre-grammaticale il Logos è il creatore, il principio. In numerose cultureil mondo è stato creato da un intreccio di parole proferite da unabocca. È onnicomprensivo, comunicazione assoluta. È il periodomagico, del mythos (la prima parola greca che significasse“parola”). Un mito è la condensazione dell’esperienza umana in unaparticolare configurazione. È facile notare che cosa abbia in comunecon la parola, o con un cliché. Le parole inglobano grosse sacche diinformazione ed esperienza; i cliché nascono per stemperare eattagliarsi a un gran numero di occorrenze umane. Come le parolegeneriche e i luoghi comuni, i miti compilano e plasmano tutti gliavvenimenti simili tra loro, nello spazio e nel tempo, dell’esperienzaumana. Con l’alfabeto, in seguito, il Logos ha gradualmentesostituito il mythos nel linguaggio e nella mentalità dell’antichità

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classica. Fu allora che le parole, da un significato inclusivo,passarono ad assumere un significato esclusivo. Una parola per ognicosa. Lo stesso Logos divenne una semplice categoria, logos, ingreco “parola”, e non più un principio creativo.

Quello che sta succedendo oggi è che, nella loro nuova vesteelettronica, le parole stanno riacquistando, grazie a una distribuzioneubiquitaria, potere d’inclusione. In rete troviamo parole dappertutto:da Google (Francesco Antinucci, L’algoritmo al potere, 2009,Laterza) a Flickr, dai blog a Delicious. Tag, categorie, parole chiavesono tutti esempi di quel “Logos secondario” che governa lacomunicazione e la comprensione online. Il linguaggio, ancora unavolta, si pone all’esterno, e dunque in condizione di poterriguadagnare un po’ di quel controllo sui corpi di cui gode di solitoin contesti unicamente orali. Ma il problema, sollevato anche da EricMcLuhan, è stabilire se là fuori un corpo ci sia ancora:La nostra rete mondiale dunque ha il centro dappertutto e il marginein nessun luogo. […] Richiamando la nozione medievale di Diocome presente dappertutto e circoscritto in nessun luogo. Ilnetwork mondiale propone uno stato di completa uguaglianza,l’uguaglianza dei Nessuno. Non c’è un padrone […] nessunocomanda; non esiste sede centrale. Ciascun utente può dire, in tuttafede, “Io sono tutti”, o “Il mio nome è Legione”[8].

Il miglior approccio a questo strano “Logos secondario” checirconda le persone come un’aura e le connette al tutto in unadimensione globale è un’interazione accorta. Sebbene sia difficileresistere alla sua forza propulsiva sempre più rapida e complessa,ognuno di noi può ritagliarsi un margine di individualità imparando anegoziare l’interazione. L’interattività è di fatto la nuova modalità. Ilcorpo è l’interfaccia del linguaggio.

Il punto perciò non è stabilire se la multimedialità agevoli oostacoli la leggibilità, ma se la leggibilità sia più consona almultimedia o alle parole così come le conosciamo. Come osserva inproposito Eric McLuhan: “Le persone oggi SANNO leggere ma lamaggior parte di loro lo ritiene faticoso, è impaziente di gratificazionipiù immediate, come solo la televisione e i film sanno assicurare”.Potremmo tranquillamente aggiungere “come internet e tutti i mediainterattivi”. Se la valutazione di McLuhan è corretta, abbiamo laprova irrefutabile che gli esseri umani stanno gradualmentedelegando la loro capacità di immaginarsi le cose a dei processi che

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svolgono per loro il lavoro immaginativo.

Leggere o non leggere, questo è il problema

Per tirare le somme, ancora una volta: “che cos’è la menteaccresciuta?” È l’espansione e l’accelerazione della mente delsingolo, certo, ma è anche una formazione spontanea di unaggregato di menti, che svolgono diverse funzioni cooperative perrealizzare miriadi di obiettivi corali e iniziative. La mente accresciuta,per quanto una (unificata da elettricità e digitalizzazione), non èaffatto una mente collettiva, è solo connettiva. Vuol dire che lamente singolare si amplia ma non viene sommersa, non vieneriassorbita in un’entità monolitica. Si connette senza vincolarsi.Internet, la rete, è un’estensione della mia mente, ma io sono ancorapadrone di me stesso. Non sono un nodo come un altro di unamente globale.

Quella di “mente globale” è un’idea un po’ naïf. Il concetto di“noosfera” di Teilhard de Chardin va già molto meglio, poiché siriferisce a una sfera mentale, all’area in cui si elabora l’informazione.Il ricorrere, nel dibattito attuale, di termini come “convergenza” e“cloud computing” ci anticipa le prossime tendenze. Sono i logicicomponenti e sistemi di supporto della mente accresciuta. Siprofilano di certo anche minacce alla libera manifestazione delladivergenza, discendenti dallo strapotere di alcuni software(Microsoft, iTunes, Google) o dal controllo mediatico di stampopolitico (Cina, Italia, Corea). Comunque, grazie all’infinitàcomplessità del linguaggio e alle sue molteplici possibilità,l’elaborazione mentale individuale rimarrà dominante. Soltanto unregime fortemente repressivo come la Corea del Nord, peresempio, può esercitare tanta forza da impedire alle persone dirovesciare la linea ufficiale del partito (fuori e dentro la rete).

Controllare il linguaggio è molto più importante, per la ricchezzadella miscela tra individuale e connettivo, di controllare suoni eimmagini. Le persone manterranno il controllo sulle loro vite e suiloro destini finché continueranno a leggere.

(Voglio ringraziare Lucilla Fuiano, che mi ha aiutato nellericerche, e Cristina Miranda, Matteo Ciastellardi ed EmanuelaPatti per i preziosi commenti e suggerimenti.)

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[1]Un video divertente che illustra il tragico passaggio daimanoscritti ai libri è “Medieval Helpdesk”(http://www.youtube.com/watch?v=pQHX-SjgQvQ) in cui apparechiaro il potere rivoluzionario del nuovo medium, capace dicatalogare un’abnorme quantità di informazioni se paragonato aisistemi medievali.[2]Reading Doesn’t Matter Anymore. Shattering the Myths ofLiteracy, 2006, Pembroke Publishers Limited, pagina 53. Unautistico rivela lo stesso processo: “Linguaggio per me non significamodellare parole o persino simboli visivi che gli altri possanointerpretare. Significa essere in conversazione costante con ogniaspetto del mio ambiente, dover reagire a tutto ciò che micirconda”.[3]Op. cit., pagina 33.[4]Literacy in a new key, Proceedings of the Media EcologyAssociation, Volume 10, 2009.[5]Richard Lanham, The Economics of Attention, 2006,University of Chicago Press, pagina 143.[6]Understanding Media. The Extension of Man, 1964,McGraw Hill (Gli strumenti del comunicare, 1967, Il Saggiatore).La numerazione è stata aggiunta per distinguere i vari elementi diuna visione riportata in sintesi.[7]Riconosco i possibili problemi di Wikipedia, ma non mi sembrache questo ne infici i meriti in nessun modo, nonostante capiti diincontrare informazioni del tutto false o errate di cui nessuno si èancora accorto. Possiamo imbatterci in una notizia falsa, suWikipedia, ma se paragoniamo una sua voce – prendiamole ancheuna per una – alla corrispettiva voce di qualunque enciclopediastampata, sfido chiunque a riportarmi un caso in cui Wikipedia nonfaccia a pezzetti la versione libresca.[8]Eric McLuhan’s Wheaton College Presentation, 2 settembre2010 http://trueslant.com/readschuchardt/2010/09/24/a-wee-sip-from-the-fire-hose/.

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Bibliografia

Francesco Antinucci, L’algoritmo al potere, 2009, LaterzaJay David Bolter, Writing Space: Computers, Hypertext, and

the Remediation of Print, seconda edizione, 2001, LawrenceErlbaum Associates

David Booth, Reading Doesn’t Matter Anymore. Shatteringthe Myths of Literacy, 2006, Pembroke Publishers

Mario Gerosa, Rinascimento virtuale, 2008, Meltemi editoreDerrick De Kerckhove, Brainframes. Mente, tecnologia,

mercato, 1993, BaskervilleGeorge P. Landow, Hypertext 3.0 Critical Theory and New

Media in an Era of Globalization, terza edizione, 2006, TheJohns Hopkins University Press

Richard A. Lanham, A Computer-Based Harvard Red Book:General Education in the Digital Age, in Gateways toKnowledge: The role of Academic Libraries in Teaching,Learning and Research a cura di Lawrence Dowler, 1997, TheMIT Press

Joshua Meyrowitz, No Sense of Place: The Impact ofElectronic Media on Social Behaviour. 1985, Oxford UniversityPress (Oltre il senso del luogo. L’impatto dei media elettronicisul comportamento sociale, 1995, Baskerville)

Roy Rosenzweig, Steve Brier, Historians and Hypertext: Is It

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more Than Hype?, in Gateways to Knowledge: The role ofAcademic Libraries in Teaching, Learning and Research a curadi Lawrence Dowler, 1997, The MIT Press

Giovanni Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero .1997, Laterza

Gene Smith, Tagging: People-powered Metadata for theSocial Web, 2008, New Riders Press

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Sitografia

Di seguito, alcuni esempi di siti che, ognuno a suo modo,raccontano la mente accresciuta.

Visual ThesaurusTipico e semplice strumento di “accrescimento” della mente;

con base a New York, Thinkmap sviluppa e commercializzasoftware che sfruttano la visualizzazione di cluster di parole perfacilitare la comunicazione, l’apprendimento, la scoperta. Èspecializzata in interfacce utente e in meccanismi che consentanoagli utenti finali di consultare e comprendere al meglio informazionicomplesse.

ICYou Group ABFondata nell’estate del 2007 dell’imprenditore Fredrik Nilsson,

ICYou AB è un’azienda svedese focalizzata su global media &interactive marketing che cerca di far incontrare le esigenze delleimprese con il crescente bisogno delle persone di incontrarsi esocializzare tra loro nelle comunità virtuali.

Multiverse. Changing the virtual worldMultiverse è network di entertainment interattivo, giochi web-

based e mondi virtuali 3D.

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Medieval helpdesk - con sottotitolo inglesi“Helpdesk support” nel Medioevo, in una clip apparsa nel 2001

alla televisione norvegese (lo show è “Øystein og jeg”). Gli attorisono Øystein Backe (il supporto tecnico) e Rune Gokstad (ilmonaco disperato). Scritto da Knut Nærum.

Prometeus. La rivoluzione dei media, Casaleggio AssociatiQuesta sorta di pseudo-documentario di Casaleggio Associati ci

porta nel 2027, in un mondo dove Google ha comprato laMicrosoft, Amazon si è mangiata Yahoo e Laurence Lessig èdiventato il Ministro della Giustizia degli Stati Uniti.

Derrick de Kerckhove, Pierre Lévy. Due filosofi a confronto,Intelligenza collettiva e intelligenza connettiva: alcuneriflessioni, Biblioteca Digitale, Mediamente, 1998

Derrick de Kerckhove e Pierre Levy dialogano sul tema“intelligenza collettiva e intelligenza connettiva”.

38 cute animals, 1 cool screen, 8 different uses, SamsunglabsUn divertente video sui diversi usi dello schermo di un telefonino

da parte degli animali.

Electro robot 2011 computer revolution, AdriankeiboardUn video a tema “computer revolution”, con musica ispirata al

sound dei Kraftwerk.

Visual complexities, Manuel VimaL’obiettivo principale di VisualComplexity.com – che mira a

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essere la risorsa più importante per chiunque sia interessato allavisualizzazione di reti complesse – è la comprensione critica deimetodi di visualizzazione attraverso una serie di discipline diversecome la biologia, i social network o il World Wide Web. Solo unotra le decine di stupendi esempi di connettività e analisi statistica cheforniscono una panoramica su situazioni ed eventi complessi. Unelemento chiave nella “mente aumentata”.

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Altri 40kIl nostro futuro nei mondi virtuali– Un saggio di Peter Ludlow

Osservando quante cose sono virtuali, o virtuali almeno in parte,non dobbiamo andare lontano per arrivare a chiederci se persinoentità come gli Stati possano essere virtuali. La risposta,ovviamente, è affermativa. Non soltanto possono essere virtuali,ma lo sono già. Non vorremo certo confondere il governo degliStati Uniti con gli edifici a Washington DC, con gli apparati militario ancora con i politici e capi di governo. Questi sono tutti fattoriimportanti nella condotta delle attività governative, ma il governoin sé è un’entità virtuale che è a un livello superiore rispetto aedifici, apparati e politici.

Città-stato, imperi, stati-nazione sono già virtuali. C’è dunque unaragione per cui non possano darsi stati o governi che esistanosolo o in gran parte online? Io non solo credo che istituzioni similipossano esistere, ma sono convinto che esistano già adesso sottoforma di “mondi virtuali” e che le persone stiano già spostandosiverso mondi in cui gli stati virtuali cominciano a prendere forma.Spingendomi oltre, penso che presto molte persone scoprirannoche le loro vite lavorative, affettive, sociali, artistiche e politiche sistanno trasferendo online. E la struttura e la costituzione degli stativirtuali diverranno cruciali.

La fuga narrativa– Un saggio di Tom Stafford

Qual è il nostro rapporto con le storie? Come ce le raccontano ecome le viviamo? Come ce le raccontiamo noi stessi?

E quanto conta «la “storia” che ci raccontano o ci raccontiamo»nel definire le scelte che facciamo e nel guidare le decisioni cheprendiamo?

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«È necessario descrivere il mondo per dargli un senso. Questedescrizioni diventano quindi simboli potenti.»

In un saggio bello e appassionante, che spazia dalla letteratura agliesperimenti scientifici, Tom Stafford ci aiuta a comprendere ilnostro rapporto con le narrazioni. Quelle degli altri e quelle che cicostruiamo da soli per descrivere la nostra vita.

La strategia del cyborg– Un saggio di Thierry Crouzet

È un cyborg colui che riesce a pensare diversamente, non ametabolizzare diversamente.

“Thierry Crouzet parte da qui per andare oltre, per raccogliere lasensibilità di un’umanità aumentata, di uno stato di costanteinterazione e connessione con gli altri in simbiosi con le macchine,che è la condizione stabile delle nostre vite e la premessa dellanostra evoluzione verso la cyborghizzazione. [dall’Introduzioneall’edizione italiana di Giovanni Boccia Artieri]

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Our Future in Virtual Worlds– An essay by Peter Ludlow

Given all of the things that are virtual or at least partially virtual, itis a short step to ask whether things like states can be virtual too.The answer is that of course they can. Not only can they bevirtual, but they already are. You don’t want to confuse the UnitedStates government with buildings in Washington DC, or withmilitary hardware, or with the politicians and leaders of thegovernment. These are all important agents in the conduct ofgovernmental activities, but the government itself is a virtual entitythat is layered on top of the buildings and hardware andpoliticians.

City-states, empires, and nation states are already virtual, so isthere any reason why there couldn’t be governments or states thatexist mostly or entirely online? I think that not only can there besuch states, but that they exist now in the form of virtual worldsand that people are already moving into worlds where these virtualstates are taking form. Even stronger, I think that soon manypeople will find that their business lives, love lives, social lives,artistic lives, and political lives will be moving online, and thestructure and constitution of these virtual states will be crucial.

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The Narrative Escape– An essay by Tom Stafford

We instinctively tell stories about our experiences, and get lost instories told by other people. This is an essay about our story-telling minds. It is about the psychological power of stories, andabout what the ability to enjoy stories tells us about thefundamental nature of mind.

«I discuss psychological research into how we understand, howwe make choices and moral reasoning. This research, I argue, isincomplete or misleading if we don’t recognise that moral choicesrequire an extra step, not just of making the correct choices basedon a description of the world, but of also realising that there aremany possible ways to describe the world».

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The Narrative Escape– An essay by Tom Stafford

We instinctively tell stories about our experiences, and get lost instories told by other people. This is an essay about our story-telling minds. It is about the psychological power of stories, andabout what the ability to enjoy stories tells us about thefundamental nature of mind.

«I discuss psychological research into how we understand, howwe make choices and moral reasoning. This research, I argue, isincomplete or misleading if we don’t recognise that moral choicesrequire an extra step, not just of making the correct choices basedon a description of the world, but of also realising that there aremany possible ways to describe the world».